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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 741 del 2024, proposto da: Lu. Sq., rappresentata e difesa dall'avvocato Gi. La., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. De Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento i) della determinazione recante RGC n. 248/2024 del 28 febbraio 2024, pubblicata sull'Albo pretorio online del Comune di (omissis) dal 29 febbraio 2024 al 15 marzo 2024 con cui è stato disposto il diniego della domanda di condono presentata dalla sig.ra Lu. Sq., notificata alla sig.ra Sq. in data 4 marzo 2024; ii) della nota n. 961 del 9 gennaio 2024 recante la comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di condono n. 23710 del 10 dicembre 2004; iii) di ogni altro atto presupposto, preparatorio, collegato, connesso, consequenziale, antecedente e successivo, ivi comprese le richieste di integrazione prot. n. 6728 del 27 novembre 2006 e prot. 266 del 20 gennaio 2009; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2024 la dott.ssa Gaetana Marena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; FATTO e DIRITTO Premesso che la ricorrente in epigrafe è proprietaria di un immobile sito in (omissis), catastalmente identificato al foglio 23, mappali n. 983 - 986, particella 1441, sub 3 e 1442, sub 3; il de cuius presentava domanda di condono edilizio ex L. 326/2003, n. 23709 del 10 dicembre 2004, in cui dichiarava che i ridetti lavori, relativi al piano terra ed iniziati nel mese di dicembre 1999, fossero in quel momento “allo stato grezzo”, poiché erano stati realizzati esclusivamente pilastri, solaio di copertura, tompagnatura esterna e interna con relativa pavimentazione, non essendo invece stati invece realizzati gli infissi; all’istanza era allegata copia delle prime rate di versamenti a titolo di oblazione e oneri concessori, di importo pari rispettivamente ad Euro 1.886,40 ed Euro 1.037,52, oltre che una documentazione fotografica raffigurante lo stato dei luoghi; con nota del 10.12.2004, prot. n. 23710, la ricorrente presentava istanza di condono; con nota recante prot. n. 961 del 9 gennaio 2024, l’Ente comunicava i motivi ostativi; con determinazione, n. 248/2024 del 24 febbraio 2024, notificata in data 4 marzo 2024, il Comune rigettava la domanda di condono; avverso l’atto de quo, unitamente al preavviso di rigetto, insorge la ricorrente epigrafata, mediante gravame di annullamento, RG 2024/741, ritualmente notificato e depositato, sorretto da una serie di censure di illegittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso; resiste in giudizio il Comune intimato, depositando documentazione e memoria difensiva, nella quale, controdeducendo alle avverse prospettazioni di parte ricorrente, conclude per il rigetto del gravame; nell’udienza camerale del 29 maggio 2024, la causa è introitata per la decisione; Considerato che Sussistono le condizioni per la definizione della controversia mediante sentenza in forma semplificata ex art. 60 cpa; il gravame è manifestamente fondato e, come tale, va accolto; si controverte della legittimità o meno del diniego dell’istanza di condono edilizio ex L. 326/2003; ed invero, sulla base della disamina dello stato degli atti, il provvedimento impugnato si appalesa al Collegio illegittimo; lo stato degli atti è chiaro; l’istanza di condono edilizio riguarda la realizzazione di un manufatto al piano terra, avente destinazione civile abitazione; il diniego, oggetto del presente gravame, si fonda su un duplice ordine di ragioni, così di seguito espresse: “dagli atti dell’ufficio risultano notificate le richieste di integrazioni prot. 3620 del 30/05/2007 notificata in data 07/06/2007 e prot. 264 del 20 gennaio 2009 notificata il 28/01/2009 alle quali non è pervenuta nessuna integrazione documentale; ... la parte non ha dato dimostrazione in relazione al vincolo idraulico, inoltre, l’art. 3, comma 1, lett. b) della l. r. 12/2004, a propria volta, stabilisce che - ferma restando la disciplina degli artt. 32 e 33 della l. n. 47/85 e dell’art. 32, comma 27, lett. d) l. n. 326/2003 - non è in ogni caso possibile la sanatoria delle opere abusive realizzate, anche prima dell’apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su degli immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all’interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali”; ed invero, il provvedimento impugnato è illegittimo, in ragione di due rilievi riscontrati; anzitutto, perché difetta la prova dell’avvenuta notifica delle richieste integrative di cui alle citate note, prot. 3620 del 30 maggio 2007 e prot. 264 del 20 gennaio 2009, in relazione alle quali la parte ricorrente, nel suo gravame, deduce proprio la mancata ricezione e conoscenza; in secondo luogo, per il richiamo al vincolo sopravvenuto di tipo idrogeologico, assunto a condizione ostativa automatica dell’invocata sanabilità del manufatto; sul punto, invece, la giurisprudenza è piuttosto inequivoca; assume, infatti, che solo i vincoli di inedificabilità imposti anteriormente all'edificazione abusiva ne impediscono ex lege la sanatoria (in base all'art. 33, l. n. 47/1985); qualora vengano in rilievo, come nel caso di specie, vincoli imposti successivamente all'edificazione, il condono edilizio non è precluso, a condizione che l'opera risulti compatibile con il vincolo; il vincolo sopravvenuto alla realizzazione dell'abuso è rilevante, nel senso che è comunque necessario acquisire il parere dell'Autorità preposta alla tutela dello stesso; tale obbligo, infatti, sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca di introduzione del vincolo stesso, poiché tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con lo stesso, dei manufatti realizzati abusivamente (T.A.R. Napoli, sez. VII, 06/02/2023, n. 811); ed invero, traslando le coordinate ermeneutiche nella fattispecie in esame, ne discende che, nel caso in esame, difetta evidentemente il parere dell’Autorità preposta al vincolo sopravvenuto, nei termini giurisprudenzialmente declinati; e tanto basta al Collegio; la peculiarità della fattispecie consente di compensare le spese di giudizio tra le parti; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla la determinazione, n. 248/2024 del 24 febbraio 2024, di rigetto della domanda di condono. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 29 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario, Estensore Laura Zoppo - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1935 del 2023, proposto da St. - Se. e Te.En.Pu. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9717380BA5, rappresentata e difesa dall'avvocato Pa.Ce., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Da.Gi. in Salerno, via (...); contro Comune di Omissis, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Do.Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Provincia di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Os.Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti S.G.R.T. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma.Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cardito, via (...); per l'annullamento: - determina 24 ottobre 2023, n. 2349 del Dirigente del settore 3 della Provincia di Avellino -in qualità di SUA- di aggiudicazione definitiva della gara (CIG 9717380BA5) per il «servizio digestione e riscossione volontaria, accertamento e riscossione coattiva IMU, TARI, Canone Unico Patrimoniale e Canone mercatale del Comune di Omissis, con recupero anche delle entrate pregresse» (doc. 1) e tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi espressamente compresi l'avviso di avvenuta aggiudicazione 26 ottobre 2023 (doc. 2), i verbali della commissione di gara 10 agosto 2023 n. 5 (doc. 3), 5 settembre 2023 n. 6 (doc. 4), 3 ottobre 2023 n. 7 (doc. 5), 9 ottobre 2023 n. 8 recante proposta di aggiudicazione (doc. 6), l'avviso 7 settembre 2023 relativo all'anomalia dell'offerta S.G.R.T. (doc. 7), l'avviso 12 settembre 2023 relativo alla chiusura dei lavori della commissione (doc. 8), nonché i giustificativi prodotti dall'aggiudicataria (doc. 9), per l'eventualità che si ritenga che l'amministrazione abbia fatto rinvio ad essi implicitamente o per relationem, si chiede che il TAR: - in sede cautelare, sospenda gli atti impugnati, disponendo che interinalmente i servizi siano erogati da ST., quale gestore uscente; - nel merito, annulli i provvedimenti impugnati, meglio descritti in epigrafe, assumendo ogni conseguente statuizione, in particolare con riguardo all'esclusione di S.G.R.T. dalla gara e alla conseguente aggiudicazione della stessa a ST.; - sempre nel merito, per l'eventualità che il Comune e S.G.R.T. siano già addivenuti o addivengano medio tempore alla stipula del contratto, ne dichiari l'inefficacia e disponga il subentro di ST. nel contratto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Omissis, della Provincia di Avellino e di S.G.R.T. S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 la dott.ssa Anna Saporito e uditi per le parti i difensori Ce.Pa., Pe.Do., Ru.Ma.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO La Provincia di Avellino, nella veste di stazione unica appaltante su delega del Comune di Omissis, ha indetto ad aprile 2023 procedura di gara per l’affidamento del “servizio di accertamento, liquidazione e riscossione spontanea e coattiva dell’imu, tari, canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria e del canone mercatale” di durata quinquennale, per un importo complessivo posto a base di gara di € 500.000, oltre IVA, da aggiudicarsi sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. 1.1. All’esito della gara St. (gestore uscente del servizio e odierna ricorrente) si è collocata al secondo posto in graduatoria; prima graduata è risultata S.G.R.T. S.p.A, cui la commessa è stata aggiudicata, previo esito favorevole del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, con determina del 24 ottobre 2023. 1.2. St. ha formulato, il 25 settembre 2023, istanza di accesso al fine di acquisire la documentazione relativa all’offerta di S.G.R.T. e i giustificativi presentati; l’istanza è stata esitata in data 13 novembre 2023 a seguito di ripetuti solleciti (in data 18 ottobre, 3 novembre e 7 novembre). Con atto notificato l’11 dicembre 2023 e depositato il successivo 19 dicembre, St. ha impugnato la disposta aggiudicazione, deducendo, con un unico motivo (rubricato “Violazione di legge per errata applicazione dell’art. 97 d.lgs. 50/2016. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, illogicità manifesta e difetto di istruttoria”) l’illegittimità dell’aggiudicazione per l’inaffidabilità dell’offerta nel suo complesso, nonché per manifesta irragionevolezza della valutazione di congruità operata dalla stazione appaltante all’esito del subprocedimento di verifica dell’anomalia. Si sono costituti S.G.R.T., il Comune di Omissis e la Provincia di Avellino, che hanno contrastato la fondatezza delle avverse censure. Gli enti locali hanno eccepito l’irricevibilità del gravame atteso che il provvedimento di aggiudicazione è stato pubblicato il 26 ottobre 2023 ed il ricorso è stato notificato solo l’11 dicembre 2023; S.G.R.T. e il Comune di Omissis ne hanno altresì eccepito l’inammissibilità poichè le censure formulate implicherebbero un’inammissibile ingerenza nella sfera di discrezionalità tecnica riservata all’amministrazione. Alla camera di consiglio del 10 gennaio 2024 parte ricorrente ha rinunciato all’istanza cautelare, in vista di una fissazione del merito a breve. Previo deposito di memorie e memorie di replica, all’udienza pubblica dell’8 maggio 2024 la causa è stata introitata in decisione. Preliminarmente devono essere scrutinate le eccezioni formulate in rito, che si appalesano tutte infondate per quanto appresso si dirà. 6.1. Non sussiste la dedotta irricevibilità del ricorso per tardività atteso che la ricorrente ha tempestivamente formulato istanza di accesso e che, tuttavia, soltanto il 13 novembre 2023 la pretesa ostensiva è stata compiutamente soddisfatta mediante la trasmissione dell’offerta tecnica, dell’offerta economica, delle giustificazioni e dei verbali di gara; deve trovare pertanto applicazione la c.d. “dilazione temporale” di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 12/2020 (che ha statuito che “la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara comporta la 'dilazione temporalé quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l'offerta dell'aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta”), con conseguente tempestività del ricorso spedito per la notifica l’11 dicembre 2023. 6.2. Destituita di fondamento è anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto volto a provocare un non consentito sindacato giudiziale sulla presunta anomalia dell’offerta. Se è vero che la verifica di anomalia è connotata da ampi margini di discrezionalità, costituendo anzi espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica di esclusiva pertinenza dell'Amministrazione, tale ampia latitudine non è tale da precludere in toto il sindacato giurisdizionale, da ricondursi tuttavia entro lo stringente perimetro di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza o errore di fatto. Venendo al merito, con l’unico motivo di gravame la ricorrente sostiene l’inaffidabilità dell’offerta e la manifesta irragionevolezza della valutazione di congruità operata dalla stazione appaltante atteso che il margine di utile indicato da S.G.R.T. nelle proprie giustificazioni (complessivi € 54.196,43 per il quinquennio), già esiguo, è all’evidenza frutto della palese sovrastima degli introiti e, al contempo, della sottostima degli esborsi necessari per l’espletamento della commessa. In dettaglio, per quanto concerne i ricavi, non sarebbero attendibili le asserzioni della S.G.R.T. di poter ottenere, nonostante gli ingentissimi ribassi offerti rispetto agli importi a base di gara, ricavi (€ 826.315,79) decisamente più elevati di quelli stimati dal Comune e posti a base di gara (€ 500.000,00) considerato, sul piano generale, che i positivi risultati ottenuti dall’aggiudicataria nei Comuni di Bresso e Caivano rappresentano esperienze isolate non estensibili, sic et simpliciter, alla (diversa) realtà del Comune di Omissis, e che, nello specifico: a) con riguardo al servizio di riscossione coattiva, gli incassi ipotizzati (€ 276.045,41 a fronte di ricavi posti a base di gara per € 84.309,27) sono stati erroneamente stimati su un arco temporale quinquennale, omettendo tuttavia di considerare il concessionario uscente “è autorizzato da contratto a completare le procedure di riscossione coattiva fino a incasso/discarico”, con la conseguenza che (almeno) per il primo anno di affidamento S.G.R.T. non gestirà la riscossione coattiva; ne consegue che i ricavi devono essere decurtati di almeno € 55.209,082 (pari ad un quinto di € 276.045,41) per il primo anno di affidamento in cui l’aggiudicataria non svolgerà il servizio; b) le medesime considerazioni valgono per la sottovoce «oneri di riscossione a carico del debitore», che analogamente deve essere calcolata su quattro anni e non su cinque, con conseguente decurtazione degli incassi stimati di € 31.055,108; c) l’aggiudicataria ha considerato all’interno dei ricavi € 195.000 per recupero esborsi anticipati per la riscossione coattiva (di cui € 75.000 per «recupero spese di notifica dai debitori» ed € 120.000 per «recupero spese di procedura dai debitori») che tuttavia, proprio in quanto somme che l’aggiudicatario è tenuto ad anticipare prima di poterle recuperare tramite rimborso (cfr. lex specialis, secondo la quale “all’affidatario spetta un rimborso spese...postali e di notifica, conteggiate al costo applicato da Poste Italiane, che saranno contabilizzate e rendicontate separatamente. Le spese per le spedizioni dei plichi e per le notifiche saranno anticipate dall’affidatario e fatturate all’Ente”) non avrebbero dovuto essere indicate fra i ricavi (ovvero, in alternativa, l’importo corrispondente avrebbe dovuto essere inserito anche fra i costi); d) l’aggiudicataria ha infine inserito un’ulteriore sottovoce dedicata al «compenso per ciascuna ingiunzione emessa» (pari ad € 4.000) che non trova più riscontro nella vigente normativa in forza dell’introduzione del c.d. accertamento esecutivo ad opera della l. 160/2019. Risulterebbero altresì gravemente sottostimate plurime voci di costo, con riguardo sia ai costi di struttura che alle spese del personale. In particolare, quanto ai costi di struttura: e) nelle «altre spese generali», indicate in complessivi € 200.000, ricadono anche le spese di notifica e di procedura (che la stessa aggiudicataria ha stimato, a titolo di ricavi per recupero, in € 195.000), con la conseguenza che per le restanti voci di costo residuerebbero unicamente € 5.000 nell’arco di un quinquennio, insufficienti a coprire i costi per la sede (indicati in € 30.000 per 5 anni) e i costi anticipati non recuperabili, i costi per automezzi e carburanti e le spese varie (quantificabili in almeno € 30.000); ne discende che i costi per la voce spese generali risultano sottostimati di almeno € 55.000; f) del pari sottostimati risulterebbero (nell’ordine di circa euro 15.000,00 complessivi): il «costo di stampa atti tributari» (indicato in € 5.000, valore estremamente contenuto in relazione all’ammontare degli atti da emettere e alla durata quinquennale del contratto); i «costi per la fornitura dei servizi aggiuntivi riportati nell’offerta tecnica» (pari ad € 3.750,00, nonostante ricomprendano anche il «servizio di assistenza domiciliare per particolari categorie di cittadini a fini informativi», che presuppone almeno una risorsa dedicata, tuttavia non considerata fra i costi del personale); i costi relativi alla struttura tecnica di Omissis, che prendono in considerazione solo le voci relative a software e utenze e non anche il costo del personale ivi operante. Per quanto concerne i costi per il personale, emergerebbero ulteriori sottostime con riguardo: g) all’importo preventivato quale costo complessivo della manodopera (23 unità per l’espletamento del servizio, per € 86.008,01 annui e € 430.040,05 per l’intero quinquennio) sostanzialmente corrispondente a quello stimato dall’amministrazione (€ 86.008,07 annui; € 430.040,35 per l’intero quinquennio) per un numero di risorse tuttavia nettamente inferiore (16 unità); h) al costo del personale da riassorbimento, considerato che l’aggiudicataria, nonostante abbia dichiarato di accettare la clausola sociale e di assumere i due impiegati addetti alle attività di front office (n. 1 impiegato di IV livello del CCNL del commercio full time, per 40 ore settimanali, con un costo annuo aziendale pari a € 29.032,30; 1 impiegato di III livello del CCNL del commercio full time, per 40 ore settimanali, con un costo annuo aziendale pari a € 31.475, 77) ha tuttavia, nel proprio progetto di assorbimento, affermato di voler assumere in caso di aggiudicazione due lavoratori del CCNL del credito part time (26 ore settimanali) con un costo annuo aziendale pari a € 23.781,68 per il primo ed € 31.096,00 per il secondo; in tal modo, oltre a non aver garantito al personale riassorbito lo stesso monte orario svolto presso il concessionario uscente, ne ha arbitrariamente sottostimato il costo per un importo complessivo pari ad almeno € 28.151,95; i) al costo dei di 2 professionisti per l’attività di supporto legale, che l’aggiudicataria ha indicato di voler impiegare per 100 h/anno imputando tuttavia costi al Comune di Omissis per appena € 616,65 annui (corrispondenti all’1% del costo annuale dei professionisti, comune a tutte le commesse su cui sono trasversalmente impiegati, pari ad € 61.665,00); risulterebbe tuttavia irragionevole ipotizzare che le 100 ore indicate rappresentino l’1% dell’impegno dei legali, poiché ciò si tradurrebbe in un monte ore annuo di 10.000 ore (13 ore al giorno per 365 giorni l’anno) con retribuzione oraria di circa € 6 (mentre l’art. 22-bisM. Giustizia 10 marzo 2014, n. 55 stabilisce che per la consulenza stragiudiziale “nel caso di pattuizione dei compensi a tempo, si tiene conto di un parametro indicativo da un minimo di euro 200,00 ad un massimo di euro 500,00 per ciascuna ora o frazione di ora superiore a trenta minuti”); pertanto, anche a voler quantificare il compenso orario in € 100 (metà del compenso minimo previsto dal sopracitato D.M.), tale voce di costo appare largamente sottostimata, quantomeno nella misura di € 46.916,75 (€ 100 x 100h x 5anni = € 50.000 - € 3.083,25 = € 46.916.75). 7.1. La doglianza, nelle sue diverse articolazioni, è infondata. 7.2. Giova preliminarmente richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale: a) la finalità della verifica di anomalia dell’offerta è quella di evitare, da un lato, affidamenti ad offerte che nel loro complesso non appaiono suscettibili di buon esito riguardo agli interessi pubblici perseguiti e, dall'altro, comportamenti di dumping contrari al principio di libera concorrenza in un mercato regolato, senza in alcun modo pregiudicare il confronto concorrenziale fra le diverse possibili tecnologie e strategie imprenditoriali e senza, evidentemente, sovrapporsi alla necessità di un costante monitoraggio amministrativo e di un efficace presidio giurisdizionale della successiva fase attuativa, posto che la bontà dell'esecuzione del rapporto contrattuale - e quindi la realizzazione dell'interesse pubblico perseguito - non sono necessariamente rapportate al maggiore costo dell'offerta prescelta (Consiglio di Stato sez. III, n. 1470 del 2020); b) nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; id., sez. III, 6 febbraio 2017, n. 514); c) il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto se la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, cioè se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell’azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala (Consiglio di Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2053). Tale connotazione discrezionale del giudizio di anomalia risulta ulteriormente accentuata laddove, come nel caso di specie, venga in rilievo una concessione in luogo di un appalto. La giurisprudenza amministrativa ha infatti più occasioni evidenziato la sostanziale differenza di contenuto del giudizio sull’anomalia delle offerte, a seconda che si tratti di concessione di servizi, piuttosto che di altri appalti, ciò in quanto “in effetti, nella concessione si controlla l'attendibilità di una previsione economico-finanziaria con pieno o preponderante accollo del rischio economico del peculiare mercato del servizio da parte del concessionario, onde siffatta verifica, pur sempre rigorosa, è sull'attendibilità d'una ragionevole e ponderata previsione economica (nella specie, basata sui dati della stazione appaltante e sulla stessa esperienza professionale dell'appellata, anch'essa gestrice di servizi similari.... che lascia un margine d'incertezza a chi confeziona l'offerta ed un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale a chi la riscontra, opinabilità non sindacabile in sede di legittimità se non per evidenti errori di fatto e macroscopica irragionevolezza” (Consiglio di Stato, sez. VI, 7 maggio 2020, n. 2885). In tema di concessioni dunque, la verifica di anomalia - considerato che anche la voce dei ricavi risulta ex ante indefinita - assume connotazioni ancor più discrezionali “e in qualche misura flessibili (in quanto condizionata da una rilevante componente previsionale), se non caratterizzata da margini di incertezza” (Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 2022, n. 4108). Ciò in quanto “il rischio imprenditoriale di cui il concessionario è portatore discende non solo dal flusso di accesso degli utenti al servizio e dalle variazioni di mercato, ma anche dalle scelte dell’imprenditore in merito all’organizzazione dei propri mezzi e delle modalità di offerta del servizio” (Consiglio di Stato, sez. V, 1 dicembre 2022, n. 10567), di modo che “ciò che rileva nell'applicazione dei principi dettati in materia di verifica della sostenibilità dell'offerta formulata dall'operatore economico nella gestione di un servizio è il riscontro della rimuneratività dell'operazione economica nel suo complesso e dell'equilibrio globale del rapporto, tenuto conto delle singole componenti di costo, unitamente alla capacità gestionale del concessionario” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 2 maggio 2024, n. 2899). 7.3. Tanto premesso, nel caso di specie dall’esame complessivo delle doglianze non emerge alcuna macroscopica irragionevolezza, inattendibilità o erroneità nella valutazione di non anomalia espressa dall'Amministrazione. 7.4. Per quanto concerne la sovrastima dei ricavi si osserva che, su un piano generale, non può essere condivisa l’asserzione della ricorrente secondo la quale, tenuto conto che S.G.R.T. gestisce in concessione centinaia di Comuni “se solo in due di essi (per giunta, molto più grandi di Omissis) S.G.R.T. ha raggiunto i risultati dichiarati in termini di maggiori introiti, è evidente che il dato non può avere alcun rilievo statistico in altre realtà”. Nelle giustificazioni si legge infatti che “gli incassi in ambito di riscossione coattiva realizzati da S.G.R.T. S.p.a. relativamente ad una delle entrate comunali considerata di più difficile esazione, quale la Tariffa Rifiuti, non sono mai state inferiori al 52% sia in Comuni del Nord che del Sud Italia. comprova di quanto rappresentato, si allegano campioni di n°2 attestazioni rilasciate dai Comuni di Caivano (NA) (Sud Italia) e Bresso (MI) (Nord Italia)”; il riferimento ai risultati raggiunti nei Comuni di Bresso e Caivano assume dunque, nel contesto dei giustificativi, il ruolo di mero “esempio” atto a comprovare la capacità gestionale del concessionario (rilevante nell’ambito della verifica di anomalia laddove vengano in rilievo concessioni di servizi, come indicato nel precedente § 7.2). 7.5. Con riguardo alle singole voci oggetto di contestazione si rileva poi che: - quanto al servizio di riscossione coattiva e alla sottovoce “oneri di riscossione a carico del debitore”, gli appunti di parte ricorrente non tengono conto della circostanza che la clausola di ultrattività (invocata a sostegno della censura) opererà anche per il nuovo aggiudicatario, rendendo pertanto non irragionevole la proiezione degli incassi su un orizzonte quinquennale; - in ordine al recupero degli esborsi anticipati per la riscossione coattiva, risultano convincenti le difese dell’aggiudicataria, che ha indicato di aver effettivamente considerato tali voci come una “partita di giro”, allocandole coerentemente sia nei ricavi che nei costi (nella voce spese generali); residua pertanto semmai il problema (che verrà esaminato di seguito, al § 7.6) di un’eventuale sottostima degli ulteriori costi allocati nella voce spese generali; - non coglie nel segno neppure la doglianza afferente al compenso per ciascuna ingiunzione emessa, previsto dalla stessa lex specialis (cfr. art. 1.7 CSA, che riconosce, con riguardo alla “riscossione coattiva entrate comunali”, il “compenso di € 5,00, per ciascuna ingiunzione fiscale emessa”) e peraltro computato anche dalla ricorrente. 7.6. Infondate, nei sensi di seguito precisati, risultano anche le censure riferite ai costi di struttura. La deduzione secondo la quale l’importo residuo disponibile delle “spese generali” (pari ad € 5.000,00 al netto delle spese di notifica e di procedura, stimate, in sede di ricavi, in complessivi € 195.000) sarebbe incapiente rispetto alla copertura delle ulteriori voci ivi incluse, pur se in astratto condivisibile, non conduce in ogni caso ad affermare l’inattendibilità dell’offerta nel suo complesso, considerato che: - su un piano generale “la quantificazione della voce "spese generali" è fisiologicamente mutevole (essendo inscindibilmente legata alla singola, peculiare realtà produttiva), tanto che la giurisprudenza ha chiarito come non viga una regola contabile o giuridica in base alla quale per ogni contratto stipulato deve necessariamente trovare capienza una quota di spese generali non attinenti allo specifico contratto, potendo il riparto degli oneri generali avvenire in modo diverso tra contratto e contratto” (T.A.R. Veneto, sez. I, n. 659 del 2019) e l’importo di tali spese può essere influenzato da condizioni specifiche delle singole imprese (“le spese generali variabili comprendono le spese per il personale ed i locali della sede, la gestione mano d'opera e di direzione tecnica di cantiere e esercizio delle attrezzature di cantiere, nulla osta sul piano logico che siano condizionate da situazioni specifiche delle singole imprese e concorrano a determinare il prezzo offerto in modo differenziato”, Consiglio di Stato, sez. V, n. 3819 del 2007), di modo tale che il giudizio sulla loro congruità costituisce espressione di lata discrezionalità tecnica, come tale insuscettibile di sindacato in assenza di profili di illogicità apprezzabili (Consiglio di Stato, sez. V, n. 4330 del 2003); - al netto dei costi per la sede (stimati dalla stessa aggiudicataria in € 30.000) gli ulteriori costi richiamati (costi anticipati non recuperabili, i costi per automezzi e carburanti e le spese varie) sono quantificati dalla ricorrente in “almeno € 30.000”, in modo arbitrario e non supportato da alcun elemento, neppure indiziario, e senza tenere conto che, nei giustificativi, la controinteressata ha precisato che, per quanto riguarda i costi degli automezzi, “S.G.R.T. S.p.a. è già proprietaria di propri autoveicoli/automezzi per l’espletamento dei servizi oggetto di gara nei Comuni della Regione Campania, con utilizzo comune a più commesse. Pertanto a carico del Comune di Omissis nel computo delle altre spese generali è stata considerata solo una quota di partecipazione ai costi di manutenzione, assicurazione e tasse, oltre alla quota carburante necessaria per l’utilizzo degli stessi in favore del Comune di Omissis”; - pertanto, le argomentazioni della ricorrente non risultano idonee a dimostrare che la sottostima delle spese in questione - oltre a non poter essere assorbita nella globale analisi economica della proposta - determini una completa erosione dell’utile di impresa, stimato in € 54.196,43, anche tenuto conto che, per pacifica giurisprudenza, “al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico” (ex plurimis, Consiglio di Stato, n. 607 del 2017). Con riguardo poi agli ulteriori costi (in disparte le censure attinenti alla quota dei costi per il personale adibito alla struttura di Omissis da imputare alla commessa, che risultano estremamente generiche e non circostanziate) si osserva che, quanto alla “stampa atti tributari” e alla “fornitura dei servizi aggiuntivi riportati nell’offerta tecnica”, gli importi indicati dall’aggiudicataria non risultano implausibili alla luce delle precisazioni contenute nei giustificativi secondo cui, per quanto attiene alla stampa, “il CED S.G.R.T. S.p.a. è dotato di propria apparecchiatura informatica che consente l’elaborazione automatica e meccanizzata di oltre 2.000 atti quotidiani con costi per singola operazione di stampa ed imbustamento pari a € 0,10 per atto; pertanto non essendo prevedibile in tale sede il numero preciso di atti da produrre, in un’ottica di massima affidabilità delle presenti spiegazioni si è preso a riferimento una stima annua di atti da stampare ed imbustare pari a 10.000 dal quale deriva una stima complessiva di 50.000 atti per l’intera durata del contratto” mentre, per ciò che riguarda i servizi migliorativi di supporto ai contribuenti, gli stessi “fanno parte della ordinaria organizzazione aziendale di S.G.R.T. S.p.a., ed erano già attivi nella propria struttura aziendale” di modo che “viene presa in considerazione solo la quota di adattamento degli stessi al Comune di Omissis, nonchè per quanto attiene ai servizi di natura informatica, la quota parte dei costi di erogazione e manutenzione”. 7.8. Infine, con riguardo alle spese per il personale si osserva quanto segue. 7.8.1. Come rilevato anche dalla stazione appaltante, la sostanziale invarianza del costo esposto dall’aggiudicataria rispetto a quello stimato dalla stazione appaltante, pur a fronte di un aumento (di 7 unità) del personale impiegato, risulta adeguatamente giustificata dal decremento delle ore di esecuzione di ciascun addetto, fermo il monte-ore complessivo. 7.8.2. È infondata anche la contestazione attinente all’asserita inosservanza della clausola sociale, che sfocerebbe nella consequenziale sottostima del costo delle unità di personale riassorbite considerato che So.Ge.R.T avrebbe dovuto assumere due impiegati di III e IV livello del CCNL del commercio (full time, per 40 ore settimanali, con un costo annuo aziendale pari rispettivamente a € 29.032,30 e € 31.475,77), mentre ha dichiarato nel proprio progetto di riassorbimento di voler assumere, in caso di aggiudicazione, due lavoratori livello UNI e 201 del CCNL Settore Credito (da impiegare per 26 ore settimanali, con retribuzione annua lorda rispettivamente di € 23.781,68 e € 31.096,00). In proposito si osserva che l’art. 26 della lex specialis ha stabilito che “al fine di promuovere la stabilità occupazionale nel rispetto dei principi dell’Unione Europea, e ferma restando la necessaria armonizzazione con l’organizzazione dell’operatore economico subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto, l’aggiudicatario del contratto di appalto è tenuto ad assorbire prioritariamente nel proprio organico, qualora ciò fosse coerente con la propria organizzazione d’impresa, il personale già operante alle dipendenze dell’aggiudicatario uscente, garantendo l’applicazione dei CCNL di settore, di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. L’elenco e i dati relativi al personale attualmente impiegato dal contraente uscente per l’esecuzione del contratto sono riportati nell’allegato Progetto del servizio”. Orbene, in linea con le acquisizioni consolidate della giurisprudenza, l'interpretazione della clausola sociale non può condurre ad un annichilimento dell'autonomia che va preservata in capo all'appaltatore nell'organizzazione dei fattori produttivi aziendali, tra i quali la manodopera assume un rilievo preponderante; autonomia che costituisce il tratto distintivo dell'esercizio dell'impresa, come si evince dalla stessa definizione del contratto di appalto ex art. 1655 c.c. Solo siffatta interpretazione consente infatti di ricondurre a conformità la clausola sociale rispetto all'ordinamento costituzionale ed eurounitario: “secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, la clausola sociale non può essere intesa in senso rigido: è condizione stessa di validità della clausola la sua elasticità nel senso che essa "deve essere intesa conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti limitativa della platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d'impresa, riconosciuta e garantita dall'art. 41 Cost." (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 28 dicembre 2020, n. 8442).8.3. È stato, infatti, ripetutamente chiarito che nella lex specialis la clausola cd. sociale va formulata e intesa in maniera elastica e non rigida, rimettendo all'operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all'assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario, anche perché "solo in questi termini essa è conforme alle indicazioni della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto” (Consiglio di Stato, sez. V, 1 agosto 2023, n. 7444). Alla luce di tali principi è stato anche escluso che la clausola sociale possa implicare la necessaria conservazione dell'inquadramento e dell'anzianità del lavoratore assorbito dall'impresa aggiudicataria, poiché l'aspetto inerente al modo con cui l'imprenditore subentrante dà seguito all'impegno assunto con la stazione appaltante di riassorbire i lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario (id est come rispetti la clausola sociale) attiene alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 12 settembre 2019, n. 6148; sez. III, 29 gennaio 2019, n. 726; V, 15 dicembre 2016, n. 5311). Se dunque la ratio sottesa alla normativa sociale è quella di garantire ai lavoratori assorbiti di essere effettivamente assunti ed impiegati dal nuovo gestore, resta tuttavia rimessa alla piena autonomia di quest’ultimo, tenuto conto delle proprie esigenze gestionali, la facoltà di dedicare i lavoratori anche a diverse commesse; in tal senso è stato anche affermato che un conto è il diritto del lavoratore ad essere mantenuto in servizio dal subentrante concessionario, un conto è ritenere che i relativi costi debbano essere necessariamente ed integralmente ribaltati sul costo del servizio oggetto di affidamento: “trattasi di due aspetti differenti, ben potendo il nuovo gestore mantenere il dipendente in servizio destinandolo ad attività e mansioni differenti da quelle precedentemente espletate, magari anche presso altri enti concedenti o stazioni appaltanti”(T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 11 luglio 2023, n. 4148). 7.8.3. Infondata è anche la censura relativa alla sottostima del costo dei n. 2 professionisti per supporto legale. Nell’offerta tecnica l’aggiudicataria ha indicato, con riferimento al criterio B.1 (“Modalità organizzative e gestionali del front-office con particolare riferimento ai servizi innovativi offerti, anche da remoto, e la presenza capillare sul territorio del Comune di Omissis oltre la sede prevista all'art. 1.8 del presente capitolato nonché agli orari di apertura degli sportelli proposti”) che “al fine di consentire l’ottimale presidio delle attività di front office, S.G.R.T. mette a disposizione dell’Ente un proprio gruppo di lavoro”, composto da svariate figure professionali, tra cui anche “Supporto Legale: N° 2 Legali esperti in contenzioso tributario che collaborano continuativamente da oltre un decennio presso il nostro Ufficio Legale. Per tali figure si presume un impiego pari a 100 H/anno”. Nei giustificativi S.G.R.T. ha poi precisato che il supporto legale sarà affidato a “n° 2 Avvocati abilitati, esperti in materia tributaria, che collaborano quotidianamente con la S.G.R.T. S.p.a. da diversi anni dietro presentazione di fattura per compenso fisso indipendentemente dalla mole di contenzioso gestito e dal numero di commesse acquisite dall’azienda” precisando che “lo staff legale che sarà utilizzato in quota parte anche per il Comune di Omissis, ha in affidamento la cura dei servizi legali, compreso il contenzioso per n°100 Enti locali gestiti dalla S.G.R.T. S.p.a. con un costo annuale totale comune a tutte le commesse pari ad € 61.665,00; pertanto viene imputato a carico della commessa del Comune di Omissis una quota costo pari al 1% del costo totale sopra previsto”. Tanto premesso, si osserva preliminarmente che non può essere condivisa la deduzione della ricorrente secondo la quale “tale dichiarazione [i.e. quella riferita al numero di ore svolte dai legali in favore del Comune di Omissis] ha consentito a S.G.R.T. di ottenere più punti di St. da ben due commissari su 3” (memoria 22 aprile 2024, pag. 6), rappresentando il supporto legale solo uno dei numerosi elementi complessivamente offerti per il criterio B1. Venendo al cuore della censura si rileva poi che i citati legali, in quanto già incardinati nell'organizzazione aziendale della controinteressata, non rappresentano dipendenti impiegati stabilmente nella commessa ma figure professionali che svolgono mansioni trasversali a tutte le commesse che l'operatore economico ha in corso di esecuzione, sicchè i relativi costi sono sopportati dalla ditta, gravando sul suo bilancio, a prescindere dal numero di contratti che essa riesce ad aggiudicarsi. Con riferimento alla retribuzione di quei dipendenti o consulenti esterni che sono impiegati dall'operatore economico per diversi (o tutti) gli appalti assunti e non per un singolo e specifico appalto, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che “detti costi della manodopera sono efficacemente definiti "costi indiretti della commessa" poiché relativi al personale di supporto all'esecuzione dell'appalto o a servizi esterni, da tener distinti dai "costi diretti della commessa" compresivi di tutti i dipendenti impiegati per l'esecuzione della specifica commessa.... È preferibile, però, riferire il costo della manodopera di cui al citato art. 95, comma 10, ai soli costi diretti della commessa, esclusi, dunque, i costi per le figure professionali coinvolti nella commessa in ausilio e solo in maniera occasionale secondo esigenze non prevenibili (in termini Cons. Stato, sez. III, 26 ottobre 2020, n. 6530; V, 21 ottobre 2019, n. 7135, che, in relazione alle figure professionali che prestano la propria opera a beneficio di più contratti di appalto riferiti alla stessa impresa, parla di attività "trasversale" e le enuncia in tutte quelle che hanno un ruolo direttivo o di coordinamento). L'obbligatoria indicazione dei costi della manodopera in offerta - e la correlativa verifica della loro congruità imposta alla stazione appaltante - risponde all'esigenza di tutela del lavoro sotto il profilo della giusta retribuzione (art. 36 Cost., cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 2020, n. 6306; V, 22 giugno 2020, n. 3972; V, 10 febbraio 2020, n. 1008); serve ad evitare, infatti, manovre speculative sulla retribuzione dei dipendenti finalizzate a rendere l'offerta in gara maggiormente competitiva rispetto alle altre. Tale essendo la ratio della citata prescrizione, è gioco forza riconoscere che l'esigenza di tutela è avvertita solo e proprio per quei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell'offerta per la specifica commessa; non è così, invece, per le figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente (nella vicenda de qua il dietista), ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti (il direttore del servizio), il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all'offerta da presentare per il singolo appalto” (Consiglio di Stato, sez. V, 3 novembre 2020, n. 6786). Ne discende che non risulta censurabile l’imputazione pro quota alla commessa in questione dei costi relativi al supporto legale. Nè risulta irragionevole il criterio seguito per il computo della quota (determinata rapportando il costo totale delle retribuzioni dovute ai legali al numero di enti gestiti dall’aggiudicataria), tenuto conto che il compenso dovuto ai citati professionisti, secondo quanto dichiarato dall’aggiudicataria, è corrisposto in misura fissa “indipendentemente dalla mole di contenzioso gestito e dal numero di commesse acquisite dall’azienda” mentre l’impegno lavorativo (diversamente da quanto argomentato dalla ricorrente) ben può essere diversamente articolato fra le varie commesse, anche in relazione ai contenuti delle offerte presentate. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto. 8.1. La complessità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Anna Saporito, Referendario, Estensore Rosa Anna Capozzi, Referendario L'ESTENSORE IL PRESIDENTE Anna Saporito Salvatore Mezzacapo IL SEGRETARIO
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1227 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da 3R Co. S.r.l., e Ir. Ge. Ed., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9651654CD5, rappresentate e difese dagli avvocati Cl. Pa. e Ol. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), As. Co. Soc. Cons. A. R. L., non costituiti in giudizio; nei confronti Costruzioni Lo Ru., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fe. Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Sc. Co. Ge. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Per quanto riguarda il ricorso introduttivo, per l’annullamento: - della Determinazione del Settore Tecnico del Comune di (omissis) n. 76 del 27.06.2023 di aggiudicazione dei “Lavori di Consolidamento versante sud-est Fo. - Lavori di risanamento-Intervento idraulico e geotecnico” alla Costruzioni Lo Ru. S.r.l., comunicata, ai sensi dell''''art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, con PEC in pari data; - nei limiti di interesse, di tutti i verbali di gara nella parte in cui è stata disposta l''''ammissione di Costruzioni Lo Ru. S.r.l. e Sc. Co. Ge. s.r.l. e sono state valutate le relative offerte tecniche, economiche e tempo con attribuzione dei connessi punteggi (n. 1 del 03.05.2023; n. 2 del 08.05.2023, n. 3 del 12.05.2023, n. 4 del 17.05.2023; n. 5 del 20.05.2023; n. 6 del 26.05.2023; n. 7 del 31.05.2023; n. 8 del 08.06.2023; n. 9 del 21.06.2023); - ove occorrer possa e nei limiti di interesse, di tutti gli atti di Gara e dei relativi allegati (Determinazione a contrarre n. 22 del 15.02.2023, Bando di Gara, Disciplinare di gara, Progetto Esecutivo); - di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche allo stato non conosciuto; e per il conseguimento dell''''aggiudicazione, previa declaratoria di inefficacia del contratto di appalto nelle more eventualmente stipulato tra la Stazione Appaltante e la Aggiudicataria, dichiarando sin d''''ora la disponibilità al subentro a norma degli artt. 122 e 124 c.p.a.; nonché per la condanna dell''''Amministrazione resistente al risarcimento dei danni ex art. 30 c.p.a., in forma specifica ovvero, in subordine, per equivalente pecuniario che ci si riserva di richiedere con separato giudizio. a. della Determinazione del Responsabile del Servizio Settore Tecnico del Comune di (omissis) n. 76 del 27.06.2023 nella parte in cui approva gli atti di gara ed ha aggiudicato i “Lavori di Consolidamento versante sud-est Fo. - Lavori di risanamento-Intervento idraulico e geotecnico”; b. della comunicazione, ai sensi dell''art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, della intervenuta aggiudica, effettuata con PEC in pari data; c. ove dovesse occorrere, della determinazione del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di (omissis), Registro generale n. 236 - Settore n. 120 del 31.08.2023, comunicata a mezzo pec in data 04.09.2023, con la quale sono stati positivamente verificati i requisiti di cui all''art. 80 del D.Lgs. 50/2016 ed è stata dichiarata l''efficacia dell''aggiudica, nella parte di interesse; d. di tutti i verbali di gara nella parte in cui è stata disposta l''ammissione del costituendo RTI 3R Co. s.r.l. - Ir. Ge. Ed., ed è stata valutata la relativa offerta tecnica, economica e tempo con attribuzione dei connessi punteggi (n. 1 del 03.05.2023; n. 2 del 08.05.2023, n. 3 del 12.05.2023, n. 4 del 17.05.2023; n. 5 del 20.05.2023; n. 6 del 26.05.2023; n. 7 del 31.05.2023; n. 7 (sic!) del 08.06.2023; n. 9 del 21.06.2023); e. di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche allo stato non conosciuto. - della Determinazione del Settore Tecnico del Comune di (omissis) n. 120 del 31 agosto 2023 di dichiarazione di efficacia dell''aggiudicazione dei “Lavori di Consolidamento versante sud-est Fo. - Lavori di risanamento-Intervento idraulico e geotecnico” alla Costruzioni Lo Ru. S.r.l., comunicata, ai sensi dell''art. 76 del D.lgs. n. 50/2016 in data 4 settembre 2023; - della Comunicazione del RUP n. 4536 del 26 agosto 2023, nonché della relazione del RUP prot. n. 4313 del 9 agosto 2023 nonché degli atti afferenti alla verifica di congruità dei costi della manodopera; - ove occorrer possa e nei limiti di interesse, di tutti gli atti di Gara e dei relativi allegati (Determinazione a contrarre n. 22 del 15.02.2023, Bando di Gara, Disciplinare di gara, verbali di gara, Progetto Esecutivo); - di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche allo stato non conosciuto; - della Determinazione del Settore Tecnico del Comune di (omissis)n. 76 del 27.06.2023 di aggiudicazione dei “Lavori di Consolidamento versante sud-est Fo. - Lavori di risanamento-Intervento idraulico e geotecnico” alla Costruzioni Lo Ru. S.r.l., comunicata, ai sensi dell''art. 76 del D.Lgs. n. 50/2016, con PEC in pari data; - ove occorrer possa e nei limiti di interesse, di tutti gli atti di Gara e dei relativi allegati (Determinazione a contrarre n. 22 del 15.02.2023, Bando di Gara, Disciplinare di gara, Progetto Esecutivo, Verbali di gara); - di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale, anche allo stato non conosciuto; e per il conseguimento dell''aggiudicazione, previa declaratoria di inefficacia del contratto di appalto nelle more eventualmente stipulato tra la Stazione Appaltante e la Aggiudicataria, dichiarando sin d''ora la disponibilità al subentro a norma degli artt. 122 e 124 C.p.A. Nonché per la condanna dell''Amministrazione resistente al risarcimento dei danni ex art. 30 c.p.a., in forma specifica ovvero, in subordine, per equivalente pecuniario che ci si riserva di richiedere con separato giudizio. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Costruzioni Lo Ru. e di Sc. Co. Ge. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 maggio 2024 il dott. Fabio Di Lorenzo e uditi per le parti i difensori Pa. Cl., Li. Fe., Io. Lo. in dichiarata sostituzione dell’avv. Me.; Con ricorso principale ritualmente notificato e depositato la parte ricorrente principale, premettendo di essere terza graduata con punti 88,811 all’esito della gara di evidenza pubblica per cui è causa alle spalle di Sc. Co. Ge. S.r.L. con punti 89,739 e di Costruzioni Lo Ru. S.r.L. con punti 97,050, ha impugnato la Determinazione del Settore Tecnico del Comune di (omissis) n. 76 del 27.06.2023 di aggiudicazione dei “Lavori di Consolidamento versante sud-est Fo. - Lavori di risanamento-Intervento idraulico e geotecnico” alla Costruzioni Lo Ru. S.r.l., articolando censure avverso gli operatori economici primi due graduati. La parte ricorrente principale ha proposto motivi aggiunti avverso la determinazione del Comune di (omissis) n. 120 del 31 agosto 2023 con cui è stata dichiarata l’efficacia di tale aggiudicazione. Sc. Co. Ge. S.r.L. ha proposto ricorso incidentale, lamentando la mancata esclusione della parte ricorrente principale, o comunque l’erronea attribuzione dei punteggi in favore di quest’ultima. Non si sono costituiti As. Co. e il Comune di (omissis). Con ordinanza n. 390 del 12.10.2023 il Collegio ha respinto la domanda cautelare articolata dalla parte ricorrente principale terza graduata, ritenendo la insussistenza del fumus boni juris delle sue censure avverso la seconda classificata Sc. Co. Ge. S.r.L.. Dopo lo scambio di memorie, all’esito dell’udienza pubblica di discussione del giorno 22 maggio 2024 il Collegio ha deliberato la decisione. Con il primo dei due motivi di ricorso, articolati dalla ricorrente principale nei confronti della seconda graduata Sc. Co. Ge. S.r.L., è lamentata la violazione del divieto di commistione dell’offerta tecnica ed economica, in quanto la Sc. Costruzioni avrebbe inserito nel proprio computo metrico non estimativo, afferente la documentazione tecnica, tutte le voci di prezzo relative alle migliorie, in tesi così violando le clausole del disciplinare che vietavano la quotazione di tale lavorazioni all’interno dell’offerta tecnica; in particolare, per ogni lavorazione sarebbe stato indicato il codice tariffa relativo al vigente prezzario regionale approvato dalla Regione Campania oltre alla quantità delle lavorazioni, con la conseguenza che, tramite una semplice operazioni aritmetica, sarebbe possibile ricavare l’intero valore delle migliorie offerte. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata. Infatti è condivisibile l’orientamento secondo cui «il divieto di commistione non va inteso né in senso assoluto, né in senso formalistico, ben potendo nell’offerta tecnica essere contenuti “elementi economici che non fanno parte dell’offerta economica, quali i prezzi a base di gara, i prezzi di listini ufficiali, i costi o prezzi di mercato, ovvero siano elementi isolati e del tutto marginali dell’offerta economica che non consentano in alcun modo di ricostruire la complessiva offerta economica» (Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 8011 del 15.09.2022; cfr. Cons. Stato, V, 29 aprile 2020, n. 273; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., V, 11 giugno 2018, n. 3609; Id., III, 12 luglio 2018, n. 4284; Id., III, 3 aprile 2017 n. 1530). Peraltro, trattandosi di una voce di listino, come tale accessibile a chiunque tramite consultazione dei listini di riferimento, deve ritenersi che non è anticipato il contenuto offerta economica, il quale invece dipende soprattutto dal ribasso offerto. Con il secondo dei due motivi di ricorso, articolati dalla ricorrente principale nei confronti della seconda graduata Sc. Co. Ge. S.r.L., è lamentata la mancanza del requisito del possesso della SOA in capo all’aggiudicataria, in tesi non soddisfatto dall’avvalimento stipulato. In particolare, la ricorrente principale, premettendo che la legge di gara richiedeva il possesso di attestazione SOA categoria OG8 Classifica 4-bis o superiore, in tesi mancante in capo a Sc. Co. Ge. S.r.L., ha affermato che la Sc. ha stipulato un contratto di avvalimento con l’impresa G.E.. S.R.L. nel quale è stato previsto quanto segue: «l’impresa G.E.. Srl come sopra indicato, si obbliga a fornire all'Impresa ausiliata tutti i requisiti di carattere tecnico, ma anche economico, finanziario ed organizzativo previsti dal Bando di Gara indicato in premessa con riferimento particolare al “certificato di iscrizione SOA, n. 5673/66/02 rilasciato dall’Organismo di attestazione IMPRESOA in data 27/04/2021 con scadenza quinquennale 26/04/2026 per le Cat. OG-01 Cl.IV bis - OG-03 Cl.V - OG-06 Cl.IIIbis - OG-08 Cl.V - OG11 Cl.II - OG13 Cl.III - OS21 Cl.III BIS - OS24 Cl.II - OS12A Cl.I mettendo a disposizione le risorse i mezzi e le condizioni che hanno consentito il rilascio della certificazione stessa, tutte le altre risorse economiche, tecniche e organizzative e le garanzie necessarie ad eseguire l'opera a perfetta regola d'arte che saranno necessari. In particolare, saranno forniti e messi a disposizione la seguente certificazione - in corso di validità - ed i seguenti requisiti, mezzi e risorse (specificare in maniera dettagliata mezzi e risorse umane messe a disposizione ex art 88 DPR 207/2010): -qualificazione SOA nella categoria OG 11 II (assorbente l’OS28 COM da disciplinare); -elenco mezzi e attrezzature; n. 1 escavatore cingolato new holland E175B ZEF126TSN7LA06092; - Personale: n. 1 operaio; - Autista». Secondo la ricorrente principale, l’avvalimento per cui è causa non consentirebbe a Sc. Co. di poter disporre della qualificazione richiesta per la categoria OG 8 classifica V, in quanto i mezzi e le risorse messi a disposizione dall’ausiliario al concorrente ausiliato sarebbero relativi ad una categoria SOA differente da quella oggetto della Gara (“OG8 Classifica IV - Bis o superiore”). Peraltro, secondo la ricorrente principale i mezzi indicati (cioè un escavatore e prestazioni di un addetto) sarebbero insufficienti a garantire il passaggio effettivo del requisito relativo alla descritta SOA. Sc. Co. Ge. S.r.L. ha replicato sostenendo che l’avvalimento è stato stipulato tenendo conto della circostanza che essa già disponeva in parte dei requisiti richiesti dalla lex specialis, per cui quanto messo a disposizione dall’ausiliaria è sufficiente per assicurare a Sc. Co. Ge. S.r.L. i requisiti richiesti dalla legge generale di gara. In particolare, Sc. Co. Ge. S.r.L. ha evidenziato di essere autonomamente qualificata per la categoria OG8 classifica III (circostanza non specificamente contestata dalla parte ricorrente principale), e quindi di essere già in possesso di mezzi e personale per realizzare i lavori per cui è causa; dato che per la partecipazione alla gara occorreva il possesso della categoria OG8 classifica IV - bis, la società ha sottoscritto un contratto di avvalimento con la G.E.. Srl, in possesso della categoria OG8 classifica V, e nello stesso contratto di avvalimento è precisato che «la medesima ditta Sc. Co. Ge. Srl, sebbene tecnicamente ed economicamente organizzata, è carente in parte nei requisiti relativi alle Cat. OG8», a conferma quindi che solo in parte Sc. Co. Ge. S.r.L. era carente dei requisiti relativi a tale Categoria. Il Collegio ritiene convincente la difesa della Sc. Co. Ge. S.r.l., la quale ha allegato di essere già autonomamente qualificata per la categoria OG8 classifica III, e quindi già in possesso di mezzi e personale per realizzare i lavori in parola, e, poiché per la partecipazione alla gara occorreva il possesso della categoria OG8 classifica IV - bis, di avere sottoscritto il contratto di avvalimento con la G.E.. Srl, in possesso della categoria OG8 classifica V. Ciò trova testuale conferma nello stesso contratto di avvalimento, nel quale è specificato che «la medesima ditta Sc. Co. Ge. Srl, sebbene tecnicamente ed economicamente organizzata, è carente in parte nei requisiti relativi alle Cat. OG8»; se quindi Sc. Co. Ge. S.r.L. è carente solo in parte dei requisiti richiesti per la Categoria, è infondata la censura della parte ricorrente principale nel punto in cui lamenta che le risorse messe a disposizione dall’ausiliaria sarebbero ridotte e non sarebbero sufficienti rispetto alla Categoria per cui è causa. Insomma tutte le censure articolate dalla terza graduata parte ricorrente principale nei confronti della seconda graduata Sc. Co. Ge. S.r.L. sono infondate. In ragione della infondatezza delle censure articolate contro la seconda graduata, il Collegio ritiene superfluo esaminare anche le censure della terza classificata avverso la prima classificata Costruzioni Lo Ru. S.r.L. nel ricorso principale e nei motivi aggiunti, in quanto, pur se per ipotesi tali doglianze risultino fondate, ugualmente la terza graduata non potrebbe conseguire l’aggiudicazione, essendo infondati i motivi proposti contro la seconda graduata Sc. Co. Ge. S.r.L.. Per analoghe ragioni, dalla infondatezza del ricorso principale proposto dalla parte ricorrente principale avverso Sc. Co. Ge. S.r.L., consegue l’improcedibilità del ricorso incidentale proposto da Sc. Co. Ge. S.r.L. per lamentare la mancata esclusione della parte ricorrente principale, o comunque l’erronea attribuzione dei punteggi in favore di quest’ultima, non residuando alcun interesse apprezzabile della ricorrente incidentale all’esame nel merito del ricorso incidentale. Dunque il ricorso principale e i motivi aggiunti proposti dalla parte ricorrente principale sono infondati e vanno respinti (e dalla infondatezza delle censure della ricorrente principale discende l’infondatezza anche della domanda risarcitoria, non spettando alla ricorrente il bene della vita e non sussistendo alcun danno ingiusto), mentre il ricorso incidentale proposto da Sc. Co. Ge. S.r.L. è improcedibile. Nel rapporto processuale tra la parte ricorrente principale da un lato, e Sc. Co. Ge. S.r.L. e Costruzioni Lo Ru. S.r.L. dall’altro, le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Nel rapporto processuale tra la parte ricorrente principale da un lato, e i non costituiti As. Co. e il Comune di (omissis) dall’altro, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: 1) respinge il ricorso principale e i motivi aggiunti proposti dalla parte ricorrente principale; 2) dichiara improcedibile il ricorso incidentale proposto da Costruzioni Lo Ru. S.r.L.; 3) condanna la parte ricorrente principale al pagamento delle spese di lite in favore di Costruzioni Lo Ru. S.r.L. e Sc. Co. Ge. S.r.L., liquidandole nella somma di euro 5.000,00 in favore di ciascuna, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Fabio Di Lorenzo - Referendario, Estensore Raffaele Esposito - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1104 del 2022, proposto da Er. Pe., Im. Pi., rappresentati e difesi dall'avvocato Cl. Mi. Gu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lu. Di Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento - dell'ordinanza n. 294 del 21.03.2022, notificata in data 25.03.2022, con la quale l'Ente ricorrente ordinava al sig. Pe. Er. e alla sig.ra Pi. Im., quali proprietari delle aree identificate catastalmente al F. (omissis) p.lle n. ri (omissis) del Catasto Terreni e responsabili dell'abuso, "la demolizione del Corpo A, la rimozione del Corpo C ed il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 (novanta) giorni dalla notifica del presente provvedimento con l'avvertimento che, decorso tale termine, l'ordinanza verrà eseguita a cura del Comune e a spese dei responsabili dell'abuso"; - di ogni altro atto preordinato connesso e conseguente. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il ricorso introduttivo del presente giudizio i ricorrenti insorgono avverso l'ordinanza n. 294 del 21.03.2022, notificata in data 25.03.2022, con la quale il Comune di (omissis) ha ordinato loro "la demolizione del Corpo A, la rimozione del Corpo C ed il ripristino dello stato dei luoghi entro 90 (novanta) giorni dalla notifica del presente provvedimento con l'avvertimento che, decorso tale termine, l'ordinanza verrà eseguita a cura del Comune e a spese dei responsabili dell'abuso", nonché avverso tutti gli atti a questa preordinati, connessi e conseguenti. I ricorrenti rappresentano che in data 12.08.2021 è stato effettuato un sopralluogo sulle aree di loro proprietà site nel Comune di (omissis) e identificate catastalmente al F. (omissis) p.lle nn. (omissis) del Catasto Terreni, nel corso del quale è stata accertata l'esistenza di varie opere edilizie costruite in difformità al Permesso di Costruire n. 717/2005 ("a- Realizzazione di un manufatto in c.c.a. (identificato come CORPO A) con variazioni essenziali rispetto a detto titolo abilitativo in quanto non risulta avere la sistemazione al contorno assentita. Non sono stati rispettati, infatti, il piano quotato e la sistemazione plano-altimetrica di progetto né l'inserimento di un muro di sostegno di una scarpata sul lato sud-ovest del manufatto ovvero quegli elementi che avrebbero garantito la conservazione dell'originario profilo del terreno e l'interramento del manufatto previsto, condizione imprescindibile per il rilascio del citato permesso. Il mancato ripristino, infatti, della scarpata sul lato sud-ovest del manufatto ne ha comportato la relativa emersione fuori terra contrariamente al presupposto necessario per il rilascio del P. di C. per la realizzazione di autorimessa interrate con conservazione dell'andamento plano-altimetrico originario dell'area. Infine il manufatto presenta sul fronte principale una pensilina non prevista nel progetto. b- Destinazione d'uso del manufatto di cui al punto che precede diversa dall'unica assentibile ed assentita con il detto titolo abilitativo e segnatamente di autorimessa interrata pertinenziale all'abitazione, ovvero quella a cui, invece, la realizzazione del manufatto appare non essere mai stata preordinata atteso che gli infissi ivi installati, con telaio in alluminio e vetrate trasparenti a 2 ante laterali fisse e 2 ante centrali apribili, non sono certamente del tipo idoneo a consentire l'ingresso di autovetture. Al momento del sopralluogo all'interno del locale vi sono sistemati arredi e complementi cosmetici ed attrezzature proprie di un laboratorio estetico e vi sono parcheggiate bici. c- Diverso disegno in pianta e tipologia dei materiali della pavimentazione nel senso che sono state inserite prevalentemente pavimentazioni in piastrelle in luogo delle previste sistemazioni a scarpata, area a prato e a prato rinforzato con grigliato. d- Diverso disegno ed andamento plano-altimetrico di una scala pedonale e di una rampa carrabile, diversa recinzione prospiciente il vialetto e diverso posizionamento del cancello pedonale. e- Non è riportata in progetto una piccola casetta da giardino in legno indicata (nel verbale come CORPO B) e ricadente con buona approssimazione sulla particella 921, solo appoggiata al suolo e utilizzata come deposito/ricovero attrezzi. f- Non è riportata in progetto una piccola casetta da giardino in plastica (indicata nel verbale come CORPO C) dotata di impianto elettrico e utilizzata come deposito/ricovero attrezzi. Essa ricade sulla particella 285 di altra proprietà e perciò non era inseribile nel progetto di cui al precitato P. di C. n. 717/2005 (che era invece correttamente riferito alle p.llen. ri (omissis), le sole in ditta Pericolo-Picillo). Ana discorso vale per la sistemazione a piazzale della stessa particella e, dunque, non presente in progetto. L'impianto elettrico risulta, quindi, installato su un manufatto ricadente sulla particella 285 e quindi in area non di proprietà . g- Esistenza sulla parete destra del corpo A (che dovrebbe, invece essere interrata) di un tubo di scarico dei fumi di una stufa a legna precedentemente installata all'interno del corpo A ma al momento del sopralluogo disinstallata e collocata all'esterno del locale stesso. Il tubo non rispetta la distanza di 5 metri dall'accesso al Corpo B né dei dieci metri previsti dalle finestre dell'edifico Rapa - Polcaro"). Sulla scorta del verbale di accertamento edilizio prot. n. 1168 del 9.03.2022, il Comune di (omissis) ha dunque emanato l'ordinanza n. 294 del 21.03.2022, oggetto di gravame, con la quale ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione del Corpo A, la rimozione del Corpo C e il ripristino dello stato dei luoghi. Censurando l'anzidetto ordine ripristinatorio, i ricorrenti ne deducono preliminarmente l'illegittimità per violazione degli artt. 7 e ss. L. 241/1990, non essendo stato loro comunicato l'avvio del procedimento volto alla sua emissione e non avendoli la P.A. notiziati della nuova data fissata per il sopralluogo nonché degli esiti del sopralluogo stesso. Lamentano, nel merito, la violazione e la falsa applicazione degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 380/2001, non costituendo le opere abusive dettagliatamente descritte ai punti a), b), c) e d) delle variazioni essenziali rispetto al titolo edilizio. In particolare, deducono che il manufatto indicato come Corpo A non costituisce opera eseguita in totale difformità dalla concessione e comportante la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche iniziali, in quanto: - non determina mutamento della destinazione d'uso che comporta variazione degli standards; - non determina aumento della cubatura assentita; - non determina modifiche sostanziali dei parametri urbanistici ed edilizi del progetto approvato e rispetta la localizzazione approvata; - non muta le caratteristiche dell'intervento edilizio assentito ed infine non ha comportato alcuna violazione delle norme vigenti in materia antisismica. Affermano, al riguardo, che le opere dettagliate al punto a) risultano essere completamente interrate rispetto al piazzale sovrastante e sostanzialmente incassate sia nella sistemazione esterna realizzata che in quella preesistente, oltre ad avere il solaio di copertura ricoperto di uno strato vegetale coltivato ad orto, di talché l'attuale sistemazione appare ricompresa nel concetto di "garage pertinenziale" realizzato in aree libera di cui alla legge regionale 19/2001. Quanto opere dettagliate al punto b), contestano la sussistenza di una diversa destinazione del manufatto, non avendo alcuna rilevanza l'uso che ne fa in concreto il soggetto che lo utilizza (mutamento d'uso di fatto) rispetto a quello individuato nel titolo abilitativo. Quanto alle opere dettagliate ai punti c) e d), rappresentano come le stesse siano tutte opere non prescrittive del titolo originario che non contrastano in alcun modo con eventuali limiti urbanistici di zona e che tuttalpiù sarebbero soggette all'irrogazione di una sanzione pecuniaria. Quanto alle opere elencate ai punti e) ed f) (consistenti nel posizionamento di mero "arredo da giardino"), rappresentano che le stesse non costituiscono volume edilizio ad uso residenziale in quanto soggiacciono alla disciplina dell'edilizia libera, ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. e) quinques del D.P.R. n. 380 del 2001, rilevando, tra l'altro, che la particella n. 285 oltre 20 anni è stata sempre nella disponibilità del sig. Pericolo e non di proprietà dei sig.ri Rapa-Polcaro. Evidenziano, infine, che pure le contestazioni circa le opere dettagliate al punto g) sono destituite di fondamento in quanto il tubo non risulta utilizzato né funzionante e potrà essere facilmente rimosso. Si è costituito in resistenza il Comune di (omissis) eccependo l'insussistenza di qualsivoglia violazione del giusto procedimento, atteso che per gli atti aventi natura vincolata, come le ordinanze di demolizione, non è richiesta la comunicazione di cui all'art. 7, L. 241/1990, e aggiungendo, in ogni caso, che ai ricorrenti sono state effettuate tutte le notifiche dell'avvio del procedimento e dei sopralluoghi. Nel merito, l'Ente comunale ha dedotto l'integrale legittimità dell'impugnato provvedimento demolitorio, contestando la dedotta violazione degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 380 del 2001 e ribadendo la sussistenza degli abusi edilizi riscontrati, nonché la violazione dell'art. 6 dello stesso D.P.R., posto che i ricorrenti stessi ammettono che il terreno su cui è collocato il corpo C non è di loro proprietà, sicché non è ad essi consentita neanche l'attività prevista dall'art. 6 cit. La causa è stata chiamata all'udienza pubblica del 15 maggio 2024 ed è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Il ricorso deve essere respinto per i motivi di cui appresso. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 7, L. 241/1990, il Collegio intende dare continuità al consolidato e condivisibile principio in forza del quale la mancata osservanza delle garanzie partecipative non inficia la legittimità dell'ordinanza di demolizione in quanto l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti assurgono ad atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto (ex multis Consiglio di Stato, sez. II, 17/11/2023, n. 9892; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 03/01/2018, n. 24). Nel merito, il provvedimento de quo si appalesa parzialmente legittimo, atteso che le censure di parte ricorrente risultano in massima parte destituite di fondamento. Più di precipuo, relativamente al manufatto identificato come Corpo A, le opere dettagliate ai punti a) e b) costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato con il Permesso di Costruire n. 717/2005 ai sensi dell'art. 32, co. 1, lett. a) e d) del D.P.R. n. 380/2001, correttamente sanzionate con l'ingiunzione di demolizione ex art. 31 del medesimo testo normativo. Il titolo edilizio summenzionato ha, invero, autorizzato la realizzazione di un locale interrato destinato ad autorimessa e legato da un vincolo di pertinenzialità all'abitazione dei ricorrenti. Tuttavia, come emerge dal verbale di accertamento e dai fotogrammi ad esso allegati, il manufatto risulta avere delle caratteristiche diverse da quelle dell'intervento edilizio assentito e la sua destinazione d'uso appare mutata rispetto a quella autorizzata, così come dimostra l'installazione di infissi in telaio e vetrate trasparenti inidonei a consentire l'ingresso di autovetture. A tal proposito la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che: "nel caso in cui il proprietario ponga in essere opere atte a trasformare un garage in abitazione senza le prescritte autorizzazioni, si verifica un mutamento di destinazione d'uso da autorimessa ad abitazione, che comporta inevitabilmente un aggravio del carico urbanistico; tale intervento, in effetti, non costituisce un intervento di restauro e risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia leggera, ma deve essere qualificato come ristrutturazione edilizia pesante, necessitando permesso di costruire o della scia sostitutiva" (ex plurimis T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 20/09/2022, n. 12000; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 02/04/2009, n. 3579). Con riferimento alle opere descritte al punto c) e d) si osservi quanto segue. Il mancato rispetto del disegno, dell'andamento plano-aritmetico della scala pedonale, della rampa carrabile e della recinzione prospiciente il vialetto, nonché il cambio di posizione del cancello pedonale costituiscono interventi che mutano le caratteristiche dell'intervento edilizio assentito, ovvero modificano sostanzialmente parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato e la localizzazione della costruzione sull'area di pertinenza. Legittimo pertanto si appalesa anche per tali abusi il ricorso all'ordinanza ripristinatoria da parte del competente ente locale. Quanto al mutamento della tipologia del materiale della pavimentazione esterna e alla modifica del disegno in pianta, essi assurgono ad interventi realizzabili in regime di edilizia libera laddove risultino irrilevanti dal punto di vista urbanistico ed edilizio, ossia non comportino una trasformazione urbanistica del suolo ed un cambio della sua destinazione. Non va tuttavia sottaciuto come in materia di abusi edilizi non sia prospettabile una valutazione separata degli interventi edilizi effettuati, allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario volto a realizzare una determinata complessiva opera risultante priva di titolo ed idonea ad alterare l'assetto urbanistico ed edilizio del territorio. In altre parole, non è ammissibile una considerazione astratta ed atomistica delle opere realizzate, dovendosi necessariamente predicarsene una valutazione unitaria sintetica e complessiva, in quanto divenute parti di un più ampio quadro di illecito sostanzialmente unitario dal quale attingono il medesimo regime giuridico di illegittimità (si veda T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 27/07/2022, n. 2153; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 15 novembre 2018, n. 6632; cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2018, n. 5887). Nel caso di specie gli interventi contestati, riguardati nella loro organica globalità, denotano la commissione continuativa di illeciti edilizi tra loro complementari, che ha portato alla formazione progressiva di un complesso edilizio profondamente trasformato, sotto il profilo planovolumetrico, morfologico e funzionale, rispetto al progetto originariamente assentito. Appurata, dunque, l'abusività dei lavori, l'esercizio del potere repressivo assume natura doverosa e vincolata, per cui il provvedimento demolitorio è sufficientemente motivato con l'individuazione delle opere contestate e delle ragioni della loro illiceità (ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 13/1/2022, n. 251). Ancora, l'intervento edilizio dettagliatamente descritto alla lettera f) (piccola casetta da giardino in plastica indicata come Corpo C), pur ammesso che la stessa - sebbene munita di impianto elettrico e di un congelatore - non costituisca volume edilizio ad uso residenziale, soggiacendo alla disciplina di cui al citato art. 6 D.P.R. n. 380/2001, rappresenta comunque un'opera realizzata in assenza di legittimazione. Infine, quanto al tubo di scarico (descritto alla lett. g) presente sulla parete destra del corpo A, lo stesso costituisce pertinenza di un immobile abusivo ed inoltre non rispetta le distanze, sicché la gravata ingiunzione è legittima nella parte in cui ne ha prescritto la demolizione. Questo in disparte al possibile difetto d'interesse, essendosi affermato in ricorso che esso "potrà essere facilmente rimosso dall'odierno ricorrente". In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, le contestazioni proposte dalla ricorrente non appaiono meritevoli di accoglimento. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna i ricorrenti alle spese di lite, che liquida in euro 1.500,00, oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario Laura Zoppo - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1786 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ni. Mi., rappresentato e difeso dagli avvocati Fe. Eg. Eg., Sa. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Salerno, piazza (...); contro Comune di Salerno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Ma., An. At., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Si. Di La., rappresentata e difesa dall'avvocato An. Ri., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Pa. Tr., non costituito in giudizio; per l'annullamento delle note del 30 agosto 2022, prot. n. 211785, e del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, recanti la declaratoria di inefficacia della SCIA (n. 174) del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e della CILA (n. 1522) del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, nonché dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022 (prot. n. 274294). Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Salerno e di Si. Di La.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO 1. Col ricorso in epigrafe, Mi. Ni. (in appresso, M. N.) impugnava, chiedendone l'annullamento, la nota del 30 agosto 2022, prot. n. 211785, con la quale il Direttore del Settore Trasformazioni Edilizie del Comune di Salerno aveva dichiarato inefficace la SCIA (n. 174) del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, integrata il 15 luglio 2015 (prot. n. 109102). 2. Le opere contemplate dalla SCIA interdetta afferivano all'unità immobiliare ad uso abitativo ubicata in Salerno, via (omissis), e censita in catasto al foglio (omissis), particella (omissis), sub (omissis), ed all'unità immobiliare adibita a box auto, ubicata in Salerno, via (omissis), e censita in catasto al foglio (omissis), particella (omissis), sub (omissis), entrambe ricadenti in zona denominata Ca. Ar. ed assoggettata a vincolo paesaggistico giusta d.m. 27 febbraio 1957. In dettaglio, si trattata della realizzazione di: a) una botola di ispezione tra il box auto interrato e il sovrastante lastrico solare; b) un vano montacarichi; c) un pergolato in acciaio a sostegno di un impianto fotovoltaico; d) un prolungamento di una tettoia preesistente; e) un impianto solare termico; f) un ripostiglio ligneo per attrezzi; g) un prolungamento di un balcone tramite ballatoio con scala di sicurezza metallica e antistante tenda a pergola in plastica; h) modifiche della pavimentazione esterna e della perimetrazione dei giardini e delle aiuole. 3. Il gravato atto caducatorio della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, era, segnatamente, motivato in base al rilievo che quest'ultima non figurava assistita dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, la quale si imponeva in ragione dell'esistenza del vincolo gravante sull'area di intervento e sottaciuto dall'interessato. Ed era, altresì, motivato in base ai seguenti ulteriori rilievi: a) il pergolato a sostegno dell'impianto fotovoltaico presentava le caratteristiche proprie del gazebo e, in quanto tale, risultava collocato a distanze inferiori rispetto a quelle minime prefissate, nonché ragguagliare dimensioni necessitanti del previo rilascio del permesso di costruire ai sensi dell'art. 19.02 del Regolamento urbanistico-edilizio comunale (RUEC) di Salerno; b) il ripostiglio per attrezzi necessitava, del pari, del previo rilascio del permesso di costruire ai sensi dell'art. 96.01, lett. i, del RUEC di Salerno; c) la prevista trasformazione di un locale tecnico in locale wc, dacché implicante un incremento volumetrico, non avrebbe potuto essere legittimata in base a SCIA; d) la rappresentazione progettuale non consentiva di individuare l'esatta consistenza delle tettoie. 4. Nell'avversare siffatta determinazione, il ricorrente deduceva, in estrema sintesi, che: a) la sussistenza del vincolo paesaggistico gravante sull'area di intervento sarebbe stata indicata in sede di presentazione della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, incombendo, in ogni caso, sull'amministrazione comunale procedente l'onere di interpellare la competente autorità tutoria ai fini della valutazione di compatibilità paesaggistica; b) per di più, la realizzazione delle opere di cui alla menzionata SCIA non avrebbe dovuto considerarsi subordinata al previo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica né del permesso di costruire, il c.d. "gazebo fotovoltaico" essendo una struttura leggera e agevolmente amovibile, il ripostiglio per attrezzi essendo un manufatto meramente pertinenziale e rientrando nella soglia di tolleranza del 2% ex art. 34 bis del d.p.r. n. 380/2001, il locale tecnico essendo un vano per l'alloggiamento di impianti tecnologici non trasformato funzionalmente dall'installazione di servizi igienici e rientrando nella soglia di tolleranza del 2% ex art. 34 bis del d.p.r. n. 380/2001, le tettoie essendo aperte su tre lati e non comportando, quindi, incrementi volumetrici; c) la misura caducatoria sarebbe stata disposta in violazione dei previsti presidi partecipativo-motivazionali ed oltre il previsto limite temporale annuale per l'esercizio dell'autotutela decisoria ex artt. 19, comma 4, e 21 nonies della l. n. 241/1990. 5. In pendenza di lite, il Direttore del Settore Trasformazioni Edilizie del Comune di Salerno, con nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, dichiarava inefficace la CILA (n. 1522) del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, avente per oggetto la realizzazione della recinzione esterna (mediante muretto sormontato da rete metallica) dell'immobile controverso. Tanto, in base al rilievo che neppure la menzionata CILA figurava assistita dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, la quale si imponeva in ragione dell'esistenza del vincolo gravante sull'area di intervento e sottaciuto dall'interessato. Successivamente, il medesimo Direttore del Settore Trasformazioni Edilizie del Comune di Salerno, sulla scorta delle risultanze del verbale di sopralluogo prot. n. 268421 del 20 ottobre 2022, emetteva l'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022 (prot. n. 274294). Gli abusi contestati erano i seguenti: a) opere eseguite in assenza di qualsivoglia titolo edilizio: aa) pergolato realizzato in prosecuzione della struttura in metallo con sovrapposta pannellatura solare (pergolato fotovoltaico), installata sul terrazzo di copertura del garage, a protezione del sottostante manufatto per attrezzature e impianti; pergolato che presentava dimensioni pari a m 5,93 x 6,96 con altezza max di m 3,47 e min di m 2,52, in violazione dei limiti fisasti dall'art. 191 del RUEC; ab) tettoia in metallo e tegole realizzata a partire del tratto di balcone in prosecuzione di quello esistente sulla parete est e fino alla recinzione nord; ac) pergolato in metallo realizzato in corrispondenza dell'ingresso carrabile ed a ridosso della recinzione esterna sul lato ovest; pergolato che presentava dimensioni pari a m 2,60 x 10,60 con altezza max di m 3,14 e min di m 2,63, in violazione dei limiti fisasti dall'art. 191 del RUEC; b) opere eseguite in forza della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, integrata il 15 luglio 2015 (prot. n. 109102), dichiarata inefficace con provvedimento del 30 agosto 2022, prot. n. 211785: ba) botola di ispezione tra il box auto interrato e il sovrastante lastrico solare; bb) installazione di montacarichi per il collegamento tra il garage ed il sovrastante terrazzo e "vano tecnico per l'extracorsa" avente dimensioni di m 2,70 x 2,08 con altezza max di m 2,70 e min di m 2,25; bc) struttura in metallo con sovrapposta pannellatura solare (pergolato fotovoltaico), installata sul terrazzo di copertura del garage, a protezione del sottostante manufatto per attrezzature e impianti, avente dimensioni pari a m 5,63 x 6,42, con altezza max di m 3,47 e min di m 2,52, in violazione dei limiti fissati dall'art. 191 del RUEC; struttura che, ove considerata a guisa di gazebo, risultava contrastante con gli artt. 96 e 191 del RUEC; bd) manufatto in legno sul lato ovest del terrazzo, avente dimensioni pari m 2,97 x 3,04, con altezza max di m 2,37 e min di m 2,02, distante m 0,95 dalla recinzione; be) prolungamento della esistente tettoia a copertura del forno, assentita con permesso di costruire (PdC) n. 71/2008, in violazione dei limiti dimensionali fissati dall'art. 191 del RUEC; bf) prolungamento per m 3,50, verso nord, del balcone posizionato lungo la parete est, con installazione di scala in ferro di collegamento al piano giardino esterno; bg) tettoia in metallo e tegole con pilastri metallici ancorati alla ringhiera, avente dimensioni pari a m 3,34 x 1,35, con altezza max di m 2,77 e min di m 2,40; bh) divisione, mediante tramezzatura, del locale tecnico assentito col PdC n. 71/2008, con creazione di due ambienti, bagno e deposito, entrambi dotati di finestre e finitura di tipo civile, e conseguente cambio di destinazione d'uso e creazione di volumetria urbanisticamente rilevante; bi) struttura in legno tipo gazebo (designata come "pergotenda") realizzata sul terrazzo sovrastante il suindicato locale tecnico, coperta da una tenda elettrica e perimetrata da tende avvolgibili con telo trasparente, avente dimensioni pari a m 8,62 x 2,23, con altezza max di m 3,00 e min di m 2,75; struttura che non risultava rispettare le caratteristiche stabilite per le pergotende dall'art. 47.16 del RUEC né quelle previste per i gazebo dal successivo art. 191; c) opere eseguite in forza della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, dichiarata inefficace con provvedimento del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858: ca) recinzione mediante la realizzazione di muretto e sovrastante rete metallica dell'area retrostante al forno esterno; cb) rifacimento della pavimentazione esterna; cc) pitturazione dei muretti e inferriate; d) gazebo in metallo ancorato lungo la parete est del fabbricato e la recinzione est, tramite due pilastri in metallo, coperto da una tenda elettrica, sormontante una piscina smontabile, avente dimensioni pari a m 4,04 x m 4,33, a fronte del m 3,00 x 4,80 assentiti col PdC n. 71/2008; gazebo che, comunque, non risultava rispettare i limiti dimensionali fissati dall'art. 191 del RUEC. 6. Nel proporre motivi aggiunti avverso la nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, ed avverso l'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022, il M. lamentava, in estrema sintesi che: a) l'interdizione della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, sarebbe nulla, trattandosi di atto esulante dal perimetro dei poteri repressivi normativamente tipizzati in subiecta materia; b) dacché incidente su opere assistite da titoli abilitativi (SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647) illegittimamente invalidati (nell'erroneo presupposto della sottaciuta sussistenza del vincolo di cui al d.m. 27 febbraio 1957 e della necessità dell'autorizzazione paesaggistica), la misura repressivo-ripristinatoria sarebbe, a sua volta, illegittima; b) in dettaglio: ba) il pergolato in prosecuzione del pergolato fotovoltaico rispetterebbe i limiti dimensionali fissati dall'art. 191 del RUEC e sarebbe riconducibile al punto 46 ("Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza - Pergolato, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo") del Glossario Edilizia Libera di cui al d.m. 2 marzo 2018; bb) la tettoia in metallo e tegole realizzata a partire del tratto di balcone in prosecuzione di quello esistente sulla parete est e fino alla recinzione nord per le sue caratteristiche morfologiche (apertura su tre lati) e dimensionali (ridotte), sarebbe un manufatto pertinenziale rientrante nel perimetro dell'attività edilizia libera; bc) il pergolato in metallo realizzato in corrispondenza dell'ingresso carrabile ed a ridosso della recinzione esterna sul lato ovest rispetterebbe i limiti dimensionali fissati dall'art. 191 del RUEC e sarebbe riconducibile al punto 46 ("Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza - Pergolato, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo") del Glossario Edilizia Libera; bd) la botola di ispezione avrebbe dovuto intendersi assentita con la SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538; be) il montacarichi sarebbe riconducibile al punto 28 ("Eliminazione delle barriere architettoniche - Ascensore, montacarichi") del Glossario Edilizia Libera ed al punto A.4 ("Interventi indispensabili per l'eliminazione di barriere architettoniche") dell'Allegato A al d.p.r. n. 31/2017 e raggiungerebbe il livello del terrazzo sovrastante il garage entro un "vano extracorsa" qualificabile in termini di mero volume tecnico; bf) il pergolato fotovoltaico sarebbe riconducibile al punto 42 ("Pannelli fotovoltaici a servizio degli edifici - Pannello solare, fotovoltaico e generatore microeolico") del Glossario Edilizia Libera e riverrebbe dalla sostituzione di una preesistente struttura ammalorata, assentita col PdC n. 71/2008; bg) il ripostiglio per attrezzi sul lato ovest del terrazzo sarebbe riconducibile al punto 48 ("Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza - Ripostiglio per attrezzi, manufatto accessorio di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo") del Glossario Edilizia Libera; bh) il prolungamento della tettoia metallica a copertura del forno rientrerebbe nei margini di tolleranza ex art. 34 bis del d.p.r. n. 380/2001 e sarebbe riconducibile al punto 44 ("Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza - Gazebo, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo") del Glossario Edilizia Libera; bi) il prolungamento del balcone sulla parete est sarebbe una semplice passerella in ferro di modeste dimensioni, urbanisticamente irrilevante; bl) la tettoia in metallo e tegole, per le sue caratteristiche morfologiche (apertura su tre lati) e dimensionali (m 3,34 x 1,35), sarebbe un manufatto pertinenziale rientrante nel perimetro dell'attività edilizia libera; bm) il locale tecnico sarebbe rimasto tale, a nulla rilevando la presenza in esso di un tramezzo, servizi igienici e finestre; bn) la struttura in legno tipo gazebo sarebbe una pergotenda, riconducibile al punto 50 ("Aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza - Tenda, tenda a pergola, pergotenda, copertura leggera di arredo") del Glossario Edilizia Libera; bo) la recinzione dell'area retrostante al forno esterno sarebbe preesistita alla CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, e, in forza di quest'ultima, soltanto sostituita; bp) il gazebo in metallo ancorato lungo la parete est del fabbricato e la recinzione est avrebbe dimensioni pari a m 4,04 x 2,35, non debordanti quelle (m 3,00 x 4,80) assentite col PdC n. 71/2008. 7. Costituitosi in resistenza, l'intimato Comune di Salerno, eccepiva la tardività dell'impugnazione della nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, nonché l'infondatezza di tutte le censure rassegnate col ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti. Si costituiva, altresì, in giudizio la controinteressata Di Landri Silvana (in appresso, D. L. S.), la quale eccepiva l'infondatezza dei gravami esperiti ex adverso. 8. All'udienza pubblica del 27 marzo 2024, la causa era trattenuta in decisione. DIRITTO 1. Ai fini del decidere, preme, innanzitutto, al Collegio sgombrare il campo da un equivoco di fondo che alimenta l'intero impianto censorio allestito da parte ricorrente. E cioè dall'assunto che le opere contestate non avrebbero potuto sanzionarsi, in quanto legittimate giusta SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, ancorché non assistite da autorizzazione paesaggistica. A ripudio di una simile impostazione, giova, in primis, rammentare che, per ius receptum, la disciplina urbanistica e quella paesaggistica si completano al fine di garantire una tutela integrata del territorio, ed il titolo paesaggistico è atto presupposto e necessario per il valido ed efficace rilascio del titolo edilizio: a norma dell'art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, l'autorizzazione paesaggistica costituisce, cioè, atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio e dà luogo ad un rapporto di presupposizione necessitato e strumentale tra valutazioni paesistiche e valutazioni urbanistiche, per modo che questi due apprezzamenti sono destinati ad esprimersi sullo stesso oggetto in stretta successione provvedimentale e che l'autorizzazione paesaggistica va acquisita prima di intraprendere il procedimento edilizio, il quale non può essere definito positivamente per l'interessato in assenza del previo conseguimento del titolo paesaggistico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 8260/2010; n. 521/2016; TAR Umbria, Perugia, n. 261/2011; TAR Campania, Napoli, sez. III, n. 4000/2022). Giova, altresì, rammentare che, come affermato in giurisprudenza, sia la SCIA sia la CILA sono atti soggettivamente e oggettivamente privati che abilitano all'esecuzione di determinate categorie di interventi edilizi, ferma restando, però, la necessaria sussistenza di tutti gli altri presupposti richiesti dalla normativa, soprattutto quelli richiesti a presidio di interessi particolarmente sensibili e rilevanti, in carenza dei quali la denuncia non può esplicare alcun effetto; con la conseguenza che esse sono inefficaci, ove non accompagnate dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, che ne costituisce appunto presupposto normativamente richiesto (cfr. TAR Lombardia, Milano, II, n. 1303/2020; sez. IV, n. 1427/2021), e che, quindi, le opere eseguite sulla base di SCIA o CILA inefficaci (perché prive di autorizzazione paesaggistica) sono da considerarsi alla stregua di opere sine titulo (cfr. TAR Marche, Ancona, n. 409/2016). Giova, infine, rammentare che, come pure affermato in giurisprudenza, qualsiasi intervento edilizio suscettibile di alterare l'assetto territoriale di un'area vincolata è sanzionabile in via demolitoria, ove non assistito dall'autorizzazione paesaggistica (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 7426/2021; n. 1766/2023): l'art. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001, laddove impone l'applicazione della misura repressivo-ripristinatoria a tutte le opere sine titulo (e, quindi, anche difettanti di SCIA o CILA) in aree sottoposte a vincolo paesaggistico (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5524/2018), sancisce, infatti, il canone generale di indifferenza della richiesta tipologia di titolo abilitativo rispetto all'individuazione del regime sanzionatorio applicabile agli abusi edilizi commessi in zone vincolate (sul punto, cfr., ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. VI, n. 2644/2012; sez. IV, n. 2898/2013; sez. VI, n. 5116/2013; n. 5119/2013; n. 3774/2018; sez. III, n. 1093/2018; Salerno, sez. II, n. 1789/2018; Napoli, sez. III, n. 26/2019; sez. IV, n. 3103/2019; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 539/2018). Alla stregua delle coordinate ermeneutiche dianzi declinate, se non assistite dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, la SCIA o la CILA sono da considerarsi in radice inefficaci, ossia 'tamquam non essent', per non essersene perfezionato un indefettibile presupposto idoneativo, e, se esse sono inefficaci, le opere eseguite in base alle medesime sono da considerarsi prive di copertura non solo paesaggistica, ma anche edilizia e risultano, quindi, sanzionabili in via demolitoria ai sensi dell'art. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001. 2. Il ricorrente non può, dunque, fondatamente dolersi della circostanza che la sussistenza del vincolo paesaggistico gravante sull'area di intervento sarebbe stata indicata in sede di presentazione della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, incombendo, in ogni caso, sull'amministrazione comunale procedente l'onere di interpellare la competente autorità tutoria ai fini della valutazione di compatibilità paesaggistica. Ed invero, in disparte il rilievo che il M. non ha dimostrato per tabulas di aver debitamente rappresentato al Comune di Salerno la sussistenza del vincolo di cui al d.m. 27 febbraio 1957, e pure in disparte il rilievo che, in ogni caso, - come eccepito dall'amministrazione resistente - lo stesso non risulta aver specificamente richiesto il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in via contestuale ovvero in via separata rispetto alla presentazione della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, sta in fatto che egli ha posto in essere le attività edilizie progettate senza attendere il necessario pronunciamento dell'autorità preposta alla tutela del vincolo anzidetto. Pertanto, considerato che, nel caso in esame, il procedimento abilitativo paesaggistico non risulta giammai avviato dall'interessato né, tanto meno, perfezionato, il Comune di Salerno del tutto legittimamente ha ritenuto inefficaci la SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, in quanto prive del necessario assenso di carattere paesaggistico riguardo alle opere da esse contemplate (cfr. TAR Sardegna, Cagliari, sez. I, n. 680/2023). 3. A fronte delle superiori considerazioni, perdono consistenza le proposizioni attoree volte a far valere, da un lato, l'intempestività della determinazione declinatorio-interdittiva assunta in rapporto alla SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, e, d'altro lato, la carenza assoluta dell'esercitato potere caducatorio degli effetti abilitativi della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647. L'acclarata inettitudine idoneativa dei menzionati titoli edilizi ha, infatti, posto l'amministrazione resistente nelle condizioni di esercitare legittimamente in via immediata e diretta, a prescindere dalla prodromica ricognizione di inefficacia, il potere sanzionatorio ex art. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 in relazione alle opere eseguite in forza degli stessi. Se, cioè, tanto la SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, quanto la CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, era da considerarsi 'tamquam non essent', ossia inidonee, in radice, a consolidare effetti abilitativi, il Comune di Salerno è rimasto nella legittima condizione di esercitare direttamente - senza l'intermediazione delle forme e dei presupposti applicativi della funzione inibitoria e dell'autotutela decisoria - i poteri di controllo di cui al citato art. 27, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001, affrancati dall'art. 19, comma 6 bis, della l n. 241/1990 dal previsto termine decadenziale di 30 giorni (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 3498/2005; n. 4828/2007; n. 6378/2008; n. 781/2010; sez. II, n. 8032/2020; TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 8539/2010; Napoli, sez. VIII, n. 2133/2015; n. 4717/2015; n. 4718/2015; n. 5136/2015; n. 2798/2016; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 8735/2020; n. 1006/2022; TAR Lombardia, Milano, sez. IV, n. 1508/2022; cfr. anche TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 2025/2022, secondo cui, "in caso di intervento edilizio realizzato all'esito di presentazione di SCIA, per il quale era tuttavia precluso il ricorso a detto titolo abilitativo, esigendosi di contro il rilascio di permesso di costruire, non trova applicazione il termine decadenziale per l'esercizio del potere inibitorio previsto dall'art. 19 della l. n. 241 del 1990, il cui decorso esaurisce gli ordinari poteri di vigilanza edilizia, in quanto tale termine opera solamente nelle ipotesi in cui gli interventi realizzati o realizzandi rientrino fra quelli eseguibili mediante SCIA; per gli interventi soggetti a permesso di costruire, invece, deve applicarsi il comma 2 bis dell'art. 21 della medesima legge a mente del quale "restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20""). 4. Con precipuo riguardo alla CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, occorre rimarcare che, come argomentato da TAR Lazio, Latina, n. 517/2022, la peculiare natura giuridica della CILA non preclude all'amministrazione l'esercizio degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori, implicitamente previsti dall'art. 6 bis d.p.r. n. 380/2001, allorquando l'attività libera si discosti dal paradigma normativamente tipizzato, con la conseguenza che, in tal caso, l'amministrazione comunale si trova ad esercitare legittimamente il proprio potere di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia (cfr. TAR Sicilia, Catania, sez. III, n. 2451/2021). E deve, quindi, osservarsi che, "sebbene in materia di SCIA sussista una disciplina che prevede espressamente l'applicazione dei requisiti procedurali e sostanziali di cui all'art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990, mentre disposizioni simili non sono invece previste in ordine alla CILA, al riguardo il Consiglio di Stato (comm. spec., parere n. 1784 del 4 agosto 2016) ha fornito le seguenti precisazioni: (i) qualora la comunicazione sia utilizzata al di fuori della fattispecie legale, ossia per eseguire opere che richiedano il permesso di costruire (o la stessa SCIA) ovvero in violazione della normativa in materia, l'amministrazione dispone degli ordinari poteri repressivi e sanzionatori dell'abuso; (ii) in questi casi, in particolare, la CILA è del tutto inidonea a legittimare un'opera senza titolo e la sua natura totalmente abusiva può essere rilevata, in ogni momento e senza limiti di tempo, dalla p.a.: (iii) l'attività assoggettata a CILA è libera, come nei casi di SCIA, ma a differenza di quest'ultima non è sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, dovendo essere solo conosciuta dalla p.a. affinché possa verificare che effettivamente le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. In definitiva, quindi, l'amministrazione mantiene sempre integro il potere di vigilanza contro gli abusi, delineato in via generale (TAR Lazio, Sez. II, 20 settembre 2019, n. 11155). In sostanza, che l'attività tramite CILA sia considerata "liberalizzata" non sta a significare che sia stata sottratta del tutto al generale potere di vigilanza e di repressione del Comune, che può intervenire anche senza schemi precostituiti, se individua specifiche carenze, difformità nella comunicazione e/o la non conformità dell'immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia, come tali inidonee a configurare l'assentibilità tramite CILA, secondo quanto accaduto nel caso di specie (TAR Campania, Napoli, sez. V, 6 aprile 2020, n. 1338; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 22 gennaio 2020, n. 126)" (cfr., nello stesso senso, TAR Campania, Napoli, sez. IV, n. 4625/2022: "la natura essenzialmente privatistica della CILA, non preclude all'amministrazione di esercitare, quanto al suo oggetto, il proprio potere di controllo. Pur non sussistendo... una disciplina che postula espressamente l'applicazione dei requisiti procedurali e sostanziali di cui all'art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990 (arg. ex art. 19, commi 3, 4 e 6 bis, della l. n. 241 del 1990), atta a configurarne un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, restano infatti intatti i poteri di vigilanza contro gli abusi delineati in via generale dall'art. 27 del d.p.r. n. 380 del 2001 (cfr. altresì in tal senso TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 29 novembre 2018, n. 2052). E "nella specie l'esercizio del potere consiste nel semplice rilievo, non soggetto a termini o procedure particolari e comunque non rientrante nell'ambito di applicazione dell'art. 21 nonies della l. n. 241 del 1990, dell'inefficacia della CILA in vista della sospensione dei lavori e dell'adozione dei conseguenti provvedimenti repressivi" (TAR Lazio, Roma, sez. II, 20 settembre 2019 n. 11155)" (cfr. TAR Puglia, Lecce, sez. I, 11 giugno 2021, n. 901; in senso conforme, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 24 febbraio 2022, n. 462)"). 5. Da quanto sopra discende che il M. non può vantare alcun interesse concreto e attuale a impugnare la nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858: questa si limita, infatti, ad accertare la condizione di inefficacia della CILA del 10 ottobre 2019, prot. n. 187647, alla quale è conseguito l'esercizio del potere repressivo-ripristinatorio (mediante l'emissione dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022), incidente, in termini di lesività, sulla posizione soggettiva azionata dal ricorrente. Al riguardo, il Collegio non ignora che, secondo un indirizzo già invalso nella Sezione, la determinazione declinatorio-interdittiva della CILA è stata reputata inficiata da nullità ex art. 21 septies della l. n. 241/1990, azionabile, come tale, ai sensi dell'art. 31, comma 4, cod. proc. amm., in quanto assunta extra ordinem, al di fuori del perimetro dei poteri repressivi normativamente tipizzati (cfr. sent. n. 2627/2022) e che, secondo un altro indirizzo, accreditato dall'isolata pronuncia di Cons. Stato, sez. II, n. 4110/2023, la CILA soggiacerebbe, in via analogica, ai medesimi poteri ed alle medesime forme di interdizione e di autotutela decisoria previsti per la SCIA dall'art. 19 della l. n. 241/1990. A suffragio della rilevata carenza di interesse ad agire avverso la nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, convincono, tuttavia, le seguenti argomentazioni formulate da TAR Campania, Napoli, sez. VI, n. 5057/2023: "... mentre in materia di SCIA sussiste una disciplina che postula espressamente l'applicazione dei requisiti procedurali e sostanziali di cui all'art. 21 nonies, l. n. 241 del 1990, la legge non contiene disposizioni simili in ordine alla CILA, venendo in rilievo con riferimento a quest'ultima un'attività non solo libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di quest'ultima, non sottoposta a un controllo sistematico, da espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta dall'amministrazione, affinché essa possa verificare che, effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto sul territorio. Pertanto, la CILA non può essere oggetto di una valutazione in termini di ammissibilità o meno dell'intervento, da parte dell'amministrazione comunale, sebbene a quest'ultima non sia precluso il potere di controllare la conformità dell'immobile oggetto di CILA alle prescrizioni vigenti in materia (TAR Campania, Salerno, sez. II, 14 dicembre 2020, n. 1935). Invero, l'atto con cui l'amministrazione comunale respinge (archiviando o dichiarando improcedibile/irricevibile/improponibile) una CILA presentata per l'effettuazione di alcuni lavori non ha valore provvedimentale, bensì di semplice avviso, privo di esecutorietà e di forza inibitoria, circa la (non) regolarità delle opere oggetto di comunicazione, vertendosi in ambito di attività di edilizia libera e non essendo, peraltro, legislativamente previsto che il Comune debba riscontrare le comunicazioni di attività di tal fatta con provvedimenti di assenso o di diniego". Resta, beninteso, fermo l'esercizio sia del potere sanzionatorio sia del potere di autotutela esecutiva ex artt. 35, comma 3, del d.p.r. n. 380/2001 e 823 cod. civ., qualora l'attività posta in essere debordi dal paradigma normativamente tipizzato per la CILA (cfr. TAR Campania Napoli, sez. II, n. 5516/2018; TAR Veneto, Venezia, sez. II, n. 415/2015). In altri termini, l'azione impugnatoria non è configurabile sotto il profilo ontologico e strutturale, a causa dell'inesistenza di un atto amministrativo (declinatorio o inibitorio) qualificabile come di esercizio della funzione amministrativa di controllo della CILA (cfr. Cons. Stato sez. IV, 23 aprile 2021, n. 3275; TAR Campania, Napoli, sez. III, 3 maggio 2022, n. 3026), mentre si rende esperibile solo allorquando l'attività da quest'ultima contemplata sia repressa, siccome abnorme. Il superiore rilievo di inammissibilità del gravame avverso la nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, comporta l'assorbimento della sollevata eccezione di tardività dello stesso. 6. Le considerazioni svolte retro, sub n. 5, in punto di inammissibilità dell'impugnazione della nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858, sono replicabili anche con riferimento all'impugnazione della nota del 30 agosto 2022, prot. n. 211785, nella misura in cui quest'ultima, al pari della prima, si limita ad acclarare la radicale inefficacia della SCIA del 7 luglio 2015, prot. n. 104538, ogni effetto provvedimentale concretamente lesivo per la sfera soggettiva del M., dovendosi intendere prodotto soltanto a valle dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022. 7. A questo punto, deve rilevarsi che il M., con nota via p.e.c. del 13 febbraio 2024, corredata da perizia giurata del 6 febbraio 2024, ha comunicato di voler ottemperare all'ingiunta misura repressivo-ripristinatoria, limitatamente alle seguenti opere contestate, così come, rispettivamente, designate retro, in narrativa, sub n. 5.bc, 5.aa, 5.bd, 5.be, 5.bg, 5.bh: - pergolato fotovoltaico; - prolungamento del pergolato fotovoltaico; - manufatto in legno adibito a deposito per attrezzi; - prolungamento della esistente tettoia a copertura del forno; - tettoia in metallo e tegole con pilastri metallici ancorati alla ringhiera; - trasformazione del locale tecnico. Nel contempo, deve rilevarsi che lo stesso M., ha preannunciato, per il tramite della cennata perizia giurata del 6 febbraio 2024, di voler rassegnare SCIA in sanatoria ex art. 37 del d.p.r. n. 380/2001 in relazione alle seguenti opere contestate, così come, rispettivamente, designate retro, in narrativa, sub n. 5.bf e 5.c: - prolungamento verso nord del balcone sul lato est; - recinzione con muretto sormontato da rete metallica; ed ha, quindi, espressamente dichiarato, in apposita memoria difensiva di voler circoscrivere il richiesto sindacato giurisdizionale alla propugnata legittimità delle seguenti opere contestate, così come, rispettivamente, designate retro, in narrativa, sub n. 5.bb, 5.d, 5.ac: - montacarichi; - gazebo in metallo ancorato lungo la parete est del fabbricato e la recinzione est, coperto da una tenda elettrica; - pergolato in metallo realizzato in corrispondenza dell'ingresso carrabile ed a ridosso della recinzione esterna sul lato ovest. Di qui, dunque, la sopravvenuta carenza di interesse a coltivare, in parte qua (ossia in riferimento alle opere indicate retro, in narrativa, sub n. 5.aa, 5.bc, 5.bd, 5.be, 5.bf, 5.bg, 5.bh, 5.c) per prestata acquiescenza, l'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022. 8. Ciò posto, e tenuto conto del necessario rapporto di presupposizione tra la contestazione di assenza del prescritto titolo paesaggistico e la configurazione delle opere enumerate retro, in narrativa, sub n. 5.ab-ac, 5.ba-bb, 5.bi, in termini di abusi assoggettati alla sanzione demolitoria, si tratta, in primis, di stabilire, in via analitica, se queste ultime rientrassero - secondo la prospettazione dell'amministrazione resistente - o non rientrassero - secondo la prospettazione del ricorrente - nel perimetro degli interventi sottratti al regime abilitativo (ordinario o semplificato) dell'autorizzazione paesaggistica ed elencati nell'Allegato A al d.p.r. n. 31/2017. Al riguardo, il Collegio osserva, in dettaglio, quanto segue: 5.ab) tettoia in metallo e tegole realizzata a partire del tratto di balcone in prosecuzione di quello esistente sulla parete est e fino alla recinzione nord: trattasi di manufatto necessitante di autorizzazione paesaggistica semplificata, stante la relativa riconducibilità alla categoria B.17 dell'Allegato B al d.p.r. n. 31/2017 ("realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc"); 5.ac) pergolato in metallo realizzato in corrispondenza dell'ingresso carrabile ed a ridosso della recinzione esterna sul lato ovest: trattasi, anche in questo caso, di manufatto necessitante di autorizzazione paesaggistica semplificata, stante la relativa riconducibilità alla citata categoria B.17 dell'Allegato B al d.p.r. n. 31/2017, piuttosto che alla categoria A.19 dell'Allegato A al medesimo d.p.r. n. 31/2017, la quale concerne i soli interventi inerenti all'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale ex art. 149, comma 1, lett. b, del d.lgs. n. 42/2004; 5.ba) botola di ispezione tra il box auto interrato e il sovrastante lastrico solare: trattasi di opera, all'evidenza, riconducibile alla categoria A.1 dell'Allegato A al d.p.r. n. 31/2017 ("opere interne che non alterano l'aspetto esteriore degli edifici, comunque denominate ai fini urbanistico-edilizi, anche ove comportanti mutamento della destinazione d'uso"); 5.bb) installazione di montacarichi per il collegamento tra il garage ed il sovrastante terrazzo e "vano tecnico per l'extracorsa" avente dimensioni di m 2,70 x 2,08 con altezza max di m 2,70 e min di m 2,25: in particolare, a differenza del montacarichi, che è ascrivibile alla categoria A.4 ("interventi indispensabili per l'eliminazione di barriere architettoniche, quali la realizzazione di rampe esterne per il superamento di dislivelli non superiori a 60 cm, l'installazione di apparecchi servoscala esterni, nonché la realizzazione, negli spazi pertinenziali interni non visibili dallo spazio pubblico, di ascensori esterni o di altri manufatti consimili") dell'Allegato A al d.p.r. n. 31/2017, oltre che alla categoria di cui al punto 28 ("Eliminazione delle barriere architettoniche - Ascensore, montacarichi") del Glossario Edilizia Libera, il menzionato "vano tecnico per l'extracorsa" risulta necessitare di autorizzazione paesaggistica, in quanto - come evincesi dalla documentazione fotografica a corredo del verbale di sopralluogo prot. n. 268421 del 20 ottobre 2022 - integrante un manufatto avente propria consistenza plano-volumetrica e incidente sulla morfologia del fabbricato, nonché in quanto adibito ad una funzione (deposito per attrezzi) autonoma rispetto a quella dell'impianto montacarichi; 5.bi) struttura in legno tipo gazebo (designata come "pergotenda") realizzata sul terrazzo sovrastante il locale tecnico, coperta da una tenda elettrica e perimetrata da tende avvolgibili con telo trasparente, avente dimensioni pari a m 8,62 x 2,23, con altezza max di m 3,00 e min di m 2,75: come evincesi dalla documentazione fotografica a corredo del verbale di sopralluogo prot. n. 268421 del 20 ottobre 2022, un simile manufatto, per le relative caratteristiche di stabile ancoraggio al terrazzo ed alla perpendicolare parete esterna (cfr. schede tecniche a corredo dell'esibita relazione istruttoria comunale del 22 febbraio 2024, prot. n. 50261), oltre che di significativa consistenza dimensionale, non è configurabile a guisa di pergotenda (dove l'opera principale è costituita dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzato ad ottimizzare il godimento dello spazio esterno dell'unità abitativa, e non, invece, dalla struttura in sé, che deve restare relegata alla funzione accessoria di sostegno della prima (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1619/2016; n. 5737/2018; n. 2206/2019; sez. IV, n. 4472/2019; sez. VI, n. 3321/2022; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 12632/2017; n. 4791/2018; 1439/2020; TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 646/2018; TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 183/2019; n. 1462/2020; cfr. anche Cons. Stato, sez. II, n. 5567/2023, "perché possa parlarsi di pergotenda, anche c.d. bioclimatica, è necessario che l'opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili. Deve, quindi, trattasi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, idonea a supportare una "tenda", anche in materiale plastico (c.d. "pergotenda"), a condizione che: - l'opera principale sia costituita, appunto, dalla "tenda" quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno; - la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all'estensione della stessa; - gli elementi di copertura e di chiusura (la "tenda") siano non soltanto facilmente amovibili ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell'edificio "principale" (Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472; sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2206; sez. VI, 9 luglio 2018, n. 4177; sez. VI, 25 dicembre 2017, n. 306; sez. VI, 27 aprile 2016, n. 1619)"; Cons. Stato, sez. II, n. 840/2021: - la pergotenda, "al pari dei gazebo, dei pergolati e delle tettoie "leggere" non tamponate lateralmente su almeno tre lati, si caratterizza invece per il suo carattere pertinenziale e meramente accessorio rispetto allo stabile cui afferisce, in quanto non muta il preesistente utilizzo esterno dei luoghi... ma, al contrario, si limita a valorizzarne la fruizione al servizio dello stabile, ponendo un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall'umidità che rende più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all'esterno, senza peraltro creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall'umidità e dai connessi fenomeni di condensazione"; - "la c.d. "pergotenda", non necessitante di titolo abilitativo, è un'opera costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all'estensione della tenda; non è invece configurabile una pergotenda se la struttura principale è solida e permanente e, soprattutto, tale da determinare una evidente variazione di sagoma e prospetto dell'edificio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1 luglio 2019, n. 4472)"); non è, cioè, riconducibile alla categoria A.22 ("installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato") dell'Allegato A al d.p.r. n. 31/2017; piuttosto, è configurabile a guisa di porticato o gazebo, necessitante di autorizzazione paesaggistica semplificata, stante la relativa riconducibilità alla categoria B.17 dell'Allegato B al d.p.r. n. 31/2017 ("realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc"). In definitiva, fatta salva le opere di cui ai punti 5.ba (botola di ispezione tra il box auto interrato e il sovrastante lastrico solare) e 5.bb (limitatamente all'installazione di montacarichi per il collegamento tra il garage ed il sovrastante terrazzo), le altre opere di cui sopra, esulanti dal perimetro dell'acquiescenza dichiarata da parte ricorrente, sono da reputarsi legittimamente contestate con l'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022, in quanto non assistite dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, a nulla rilevando la circostanza che, sotto il profilo urbanistico-edilizio, le stesse possano eventualmente ricadere entro il perimetro applicativo dell'art. 6 del d.p.r. n. 380/2001. Ed invero, "le norme urbanistiche e quelle paesistiche hanno finalità diverse, e anche quando utilizzano gli stessi parametri (ad esempio, volumi e superfici utili) associano agli stessi un significato diverso. Ad esempio, un volume utile per la disciplina urbanistica è tale anche per la disciplina paesistica solo se ha un impatto evidente sul paesaggio tutelato. Per converso, un'opera di contenuto edilizio ridotto o minimo richiede comunque l'autorizzazione paesistica, quando intercetti un elemento paesistico di pregio" (TAR Lombardia, Brescia, sez. II, n. 528/2020). Come già chiarito dalla Sezione, "hanno una indubbia rilevanza paesaggistica tutte le opere realizzate sull'area sottoposta a vincolo, anche se trattasi di volumi tecnici ed anche se si tratta di una eventuale pertinenza, poiché le esigenze di tutela dell'area sottoposta a vincolo paesaggistico - da sottoporre alla previa valutazione degli organi competenti - possono anche esigere l'immodificabilità dello stato dei luoghi (ovvero precluderne una ulteriore modifica). Sicché, anche qualora abbiano natura pertinenziale o precaria e, quindi, siano assentibili con mera DIA o SCIA, se realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico, i manufatti abusivi debbono considerarsi comunque eseguiti in totale difformità dalla concessione, laddove non sia stata ottenuta alcuna preventiva autorizzazione paesaggistica e, conseguentemente, deve essere applicata la sanzione demolitoria (ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2018, n. 5524)" (sent. n. 486/2023). 9. Rimane ora da stabilire se il manufatto indicato retro, in narrativa, sub n. 5.d (gazebo in metallo ancorato lungo la parete est del fabbricato e la recinzione est, tramite due pilastri in metallo, coperto da una tenda elettrica sormontante una piscina smontabile), sia o meno abusivo. All'uopo, si tratta di verificare se le dimensioni effettive del manufatto in parola fossero o meno conformi rispetto a quelle (m 3,00 x 4,80) assentite col PdC n. 71/2008. Ebbene, in base all'esame dei ragguagli forniti nel verbale di sopralluogo prot. n. 268421 del 20 ottobre 2022, a tenore del quale il gazebo de quo avrebbe "larghezza" pari a m 4,04 e "lunghezza che copre anche la sottostante piscina smontabile, delle dimensioni m 2,35 x 4,33", nonché delle allegate riproduzioni fotografiche, è agevole inferire, ictu oculi, che i lati più corti della struttura non possono corrispondere ai lati più lunghi (m 4,33), ma devono corrispondere ai lati più corti (m 2,35) della piscina smontabile, di guisa che le proporzioni della prima (m 4.04 x 2,35) risultano contenute entro quelle (m 4,80 x 3,00) assentite col PdC n. 71/2008. 10. In ultimo, rileva il Collegio che, a dispetto di quanto assunto da parte ricorrente, e come eccepito dall'amministrazione resistente, la difformità di altezza (m 2,95, anziché m 2,76) del piano garage rispetto al progetto assentito col PdC n. 71/2008 non ha formato oggetto di contestazione ai fini repressivo-ripristinatori, in quanto espressamente reputata rientrante nelle "tolleranze di cantiere". Di qui, dunque, la carenza di interesse a dolersi del meramente incidentale rilievo formulato al riguardo nell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022. 11. In conclusione: - difettando la carenza di interesse a impugnare le note del 30 agosto 2022, prot. n. 211785, e del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858; - essendo sopravvenuta la carenza di interesse a impugnare l'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022 in relazione alle opere indicate retro, in narrativa, sub n. 5.aa, 5.bc, 5.bd, 5.be, 5.bf, 5.bg, 5.bh, 5.c; - essendosi ravvisata l'infondatezza dell'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022, laddove contestante le opere indicate retro, in narrativa, sub n. 5.ab-ac, 5.bb (in relazione al solo "vano tecnico per l'extracorsa"), 5.bi; - essendosi ravvisata fondatezza della stessa, laddove contestante le opere indicate retro, in narrativa, sub n. 5.ba (botola di ispezione tra il box auto interrato e il sovrastante lastrico solare), 5.bb (in relazione al solo montacarichi) e 5.d (gazebo in metallo ancorato lungo la parete est del fabbricato e la recinzione est, tramite due pilastri in metallo, coperto da una tenda elettrica sormontante una piscina smontabile): - i motivi aggiunti vanno accolti limitatamente a questi ultimi profili, con conseguente annullamento in parte qua della menzionata ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022; - il ricorso introduttivo (avverso la nota del 30 agosto 2022, prot. n. 211785) va dichiarato inammissibile ed i medesimi motivi aggiunti vanno, per il resto, in parte dichiarati inammissibili (quanto all'impugnazione della nota del 7 ottobre 2022, prot. n. 242858), in parte dichiarati improcedibili e in parte respinti (quanto all'impugnazione dell'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022). 12. Quanto alle spese di lite, la reciproca soccombenza ne giustifica l'integrale compensazione tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe, mentre in parte dichiara inammissibili, in parte dichiara improcedibili, in parte respinge e in parte accoglie i relativi motivi aggiunti, come specificato in motivazione, per l'effetto annullando in parte qua l'ordinanza di demolizione n. 6 del 27 ottobre 2022. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Olindo Di Popolo - Consigliere, Estensore Gaetana Marena - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SALERNO (...) nella persona del giudice unico Dott. (...) ha pronunciato, ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa civile n. (...)/2020 R.G. iscritta a ruolo il (...), avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. (...)/2020 reso il (...) dal (...) di Salerno, notificato il (...); TRA (...) (CF: (...)) nato il (...) in (...) e residente in (...) alla via (...) n. (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) (CF: (...)); OPPONENTE E (...) S.R.L., IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE PRO-TEMPORE (P. Iva (...)), con sede (...)(...) alla via (...) n. (...), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti (...) (CF: (...)) e (...) (CF: (...)); OPPOSTA CONCLUSIONI All'udienza odierna le parti concludevano come da relativo verbale, qui da intendersi integralmente riportato e trascritto. MOTIVAZIONI IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con ricorso per decreto ingiuntivo iscritto al n. r.g. (...)/2020 l'(...) di (...) s.r.l. ricorreva al (...) di Salerno affinché ingiungesse al sig. (...) il pagamento della somma di "Euro 134.200,00 (Euro 110.000,00 oltre i.v.a. al 22% pari ad Euro 24.200,00), oltre interessi legali nonché le spese, diritti ed onorari della presente procedura". (...) di Salerno in data (...) emetteva il decreto ingiuntivo n. (...)/2020, notificato a mezzo pec in data (...). La società ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, assumeva: - di aver ceduto al dott. (...) in forza di atto per (...) (rep. n. (...); racc. n. (...)) del 15.04.2016, "porzione di fabbricato composta da due abitazioni contigue, destinate ad uso abitativo, al piano terra e da due locali garage in piano interrato; confinanti nell'insieme con proprietà della società "(...) S.R.L." da due lati, con area condominiale, salvo altre. Detta consistenza immobiliare è riportata nel (...) del Comune di (...) al foglio 9: particella 2204, subalterno 40, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 41, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 22, in corso di costruzione; (locale garage): particella 2204, subalterno 33, in corso di costruzione; (locale garage)"; - che il corrispettivo della compravendita dei beni, convenzionalmente fissato in Euro275.000,00 (Euro115.000,00 per ciascun appartamento ed Euro 10.000,00 per ciascun locale garage oltre iva al 10%), veniva interamente corrisposto con le modalità indicate nel rogito notarile; - che in data (...), ovvero in data precedente a detto atto notarile e su incarico del dott. (...) il (...) redigeva una relazione di stima di detti immobili, corredata da fotografie da cui si evince lo stato a grezzo degli immobili e con calcolo delle spese per il completamento degli stessi (come appartamenti per civile abitazione) pari ad Euro 130.000,00 oltre iva; - che, successivamente all'acquisto di detti immobili il dott. (...) volendo destinare gli appartamenti a struttura sanitaria (studio dentistico), con accorpamento e cambio di destinazione urbanistica, affidava all'(...) S.R.L, il completamento degli stessi sulla scorta, sosteneva la ricorrente, della perizia di stima redatta dal (...) e, quindi, per un importo complessivo di Euro 126.680,51 oltre i.v.a. al 22 %; - che tutti i lavori indicati in detta perizia di stima del (...) sono stati eseguiti e completati dalla società istante, fino al deposito della (...) di (...) protocollata al Comune di (...) in data (...) al n. (...); - che l'importo spettante alla società (...) di (...) S.r.l. è pari ad euro 126.680,51 oltre IVA al 22%; - che nonostante il dott. (...) abbia ottenuto le certificazioni di agibilità ed eserciti la propria professione negli immobili suddetti, ha rinviato sempre il pagamento di quanto dovuto; - che con pec in data (...) la società istante formulava richiesta di pagamento al Dott. (...) per l'esatto importo di Euro 126.680,51 oltre iva al 22%; - che con pec di riscontro del 17.06.2020 il procuratore di parte ingiunta nell'interesse del dott. (...) riferiva che il dott. (...) aveva corrisposto la somma di Euro385.000,00 rispetto alla somma di Euro 400.000,00 dallo stesso riconosciuta come complessivamente dovuta a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori, assumendo - in particolare - di non aver corrisposto esclusivamente la somma di Euro 15.000,00 in relazione ad un dedotto inadempimento; - che con pec del 25.06.2020 la società istante chiedeva la documentazione dei pagamenti asseritamente effettuati dal dott. (...) senza riceverne risposta; - che, conseguentemente, il debito complessivo del dott. (...) doveva ritenersi essere quello dallo stesso riconosciuto con la richiamata pec, ovvero Euro 385.000,00 dal cui importo doveva essere sottratta la sola somma di Euro 275.000,00 quietanzata in atto pubblico, residuando la somma di Euro 110.000,00 oltre iva al 22% per un totale di Euro 134.200,00. 2. Con atto di citazione regolarmente notificato (...) conveniva in giudizio innanzi a questo (...) per l'udienza del 23.03.2021 l'(...) di (...) s.r.l. allo scopo di opporsi al suddetto decreto ingiuntivo. (...) confermava la circostanza di essersi reso acquirente degli immobili in questione, ma ciò in esecuzione di un vincolo a contrarre assunto per effetto del contratto preliminare di vendita del 26.07.2015, a causa mista, intercorso tra le parti, nel quale la società opposta prometteva di vendere al dott. (...) i cespiti - poi, di fatto ceduti in forza dell'atto pubblico innanzi richiamato - e contestualmente si obbligava all'art. 5 del medesimo atto "ad eseguire a regola d'arte negli immobili compromessi in vendita tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)". Le parti convenivano espressamente al primo comma del disposto di cui al richiamato art. 5 del contratto preliminare di far riferimento, al fine dell'individuazione "degli oneri e dei materiali adottati nell'opera di edificazione", al capitato generale dei lavori che allegavano al contratto sotto la lettera "B". All'art. 2 del medesimo contratto i contraenti fissavano il corrispettivo per la cessione dei beni e per l'esecuzione delle lavorazioni, espressamente individuate nel documento allegato alla lett. B, nella complessiva somma di Euro400.000.00. Rispetto a tale somma, il dott. (...) all'esito della disamina della documentazione in suo possesso, appurava di aver corrisposto alla società opposta, a fronte del corrispettivo inizialmente convenuto nel corpo del contratto preliminare già richiamato ed in adempimento degli obblighi assunti, l'importo complessivo di Euro 391.500,00 di cui Euro 275.000,00 in forza dell'atto pubblico di compravendita anzidetto; Euro 78.500.00 in contanti mediante reiterati versamenti, tutti corredati della firma di quietanza resa dal legale rappresentante della società opposta; Euro 34.000,00 mediante assegni bancari; ed Euro6.000,00, infine, mediante bonifico bancario. Precisava, l'opponente, di aver consapevolmente rifiutato di assolvere al pagamento del debito residuo in ragione del grave inadempimento di cui si sarebbe resa responsabile la società opposta per non aver provveduto al completamento delle lavorazioni puntualmente descritte nel capitolato allegato al richiamato preliminare. Quanto innanzi troverebbe riscontro probatorio nella relazione tecnica redatta dal geom. (...) che, all'esito di un confronto a carattere compartivo tra le opere eseguite e quelle promesse, così come desumibili dal capitolato generale allegato al contratto preliminare, è pervenuto alla quantificazione del valore delle lavorazioni inadempiute ovvero parzialmente inadempiute nella misura complessiva di Euro 80.112,48. Tanto premesso, l'opponente, riservando espressamente di agire separatamente per il risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento della controparte, così concludeva: Voglia l'On.le (...) adito accertare e dichiarare l'insussistenza - come meglio dedotto in narrativa - dei presupposti richiesti dall'art. 648 c.p.c. perché il monitorio opposto possa essere corredato della provvisoria esecuzione, rigettando conseguentemente l'istanza eventualmente proposta all'uopo dalla società opposta; nel merito (...) l'On.le (...) adito accogliere la spiegata opposizione e per l'effetto revocare ovvero dichiarare inammissibile e privo di effetti il decreto ingiuntivo opposto n. (...)/2020, depositato in data (...) e ritualmente notificato a mezzo pec in pari data per insussistenza della pretesa creditoria in esso dedotta ed in ogni caso per carenza dei presupposti di validità e(...) art. 633 e 634 c.p.c. così come meglio esposto in narrativa e per tutte le ragioni ivi articolate, riservando espressamente il diritto e la correlativa azione tesa al risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento ritualmente eccepito in atti da proporre nell'ambito di autonomo e separato giudizio; (...) di spese, diritti ed onorari di causa con relativa distrazione in favore del procuratore antistatario. 3. Con comparsa depositata in data (...) si costituiva la (...) di (...) s.r.l. sostenendo che il contratto preliminare stipulato in data (...) era stato erroneamente qualificato, dall'opponente, quale preliminare di vendita a causa mista (vendita e appalto) trattandosi, in realtà, di vendita di cosa futura, essendo, all'epoca dei fatti, gli immobili ancora in costruzione. Precisava che detto contratto non veniva eseguito, anche se la volontà di non dare esecuzione al contratto preliminare del 26.07.2015, non rappresentava l'abbandono di tutti gli scopi che sarebbero discesi dall'esecuzione dello stesso. In sostanza, a seguito della perizia svolta in data (...) dal tecnico incaricato dal Dott. (...) volta ad individuare il prezzo degli immobili allo stato grezzo, il medesimo riteneva di acquistare gli immobili per poi, successivamente, decidere di appaltare differenti lavori (non per civile abitazione bensì per studio medico dentistico) di ristrutturazione all'odierna società opposta. Ed infatti, con l'atto del 20.04.2016 per (...) le parti stipulavano l'atto di compravendita degli immobili (due appartamenti e due garage) allo stato grezzo ad uso di civile abitazione per il prezzo di Euro 275.000,00 comprensivo di IVA al 10%. A seguito della stipula del predetto atto di compravendita per (...) il Dott. (...) ormai proprietario dell'immobile allo stato grezzo, decideva, anche sulla scorta di un nuovo progetto esecutivo redatto dal tecnico dallo stesso incaricato, (...) di appaltare all'odierna opposta lavori edili finalizzati al completamento dei due appartamenti acquistati, con predisposizione di ogni opera idonea a trasformare gli stessi in studio dentistico con cambio di destinazione. (...) di (...) S.r.l. provvedeva ad eseguire a regola d'arte tutte le opere commissionate e sotto la direzione tecnica dell'(...) senza che il committente formulasse alcuna contestazione. Il Dott. (...) non ha mai negato di aver affidato all'impresa opposta i suddetti lavori di ristrutturazione, anzi ha confermato la circostanza ammettendo che l'importo complessivamente dovuto fosse pari ad Euro 400.000,00 (somma riconosciuta come complessivamente dovuta a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori). Considerato l'avvenuto pagamento della somma di Euro 275.000,00 (iva al 10% compresa) a titolo di acquisto degli immobili al grezzo, l'importo residuo (con IVA al 22% trattandosi di opere successive all'acquisto) doveva ritenersi pattuito a titolo di corrispettivo dei lavori di ristrutturazione proprio secondo la ricostruzione basata sulle ammissioni di parte opponente. Tanto premesso e dedotto, l'opposta rassegnava le seguenti conclusioni: (...) l'Ill.mo (...) adito, previa concessione della provvisoria esecuzione dell'opposto decreto ingiuntivo n. (...)/2020 emesso dal (...) di Salerno e(...) art. 648 c.p.c. o, in via subordinata, previa concessione dell'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alla somma di Euro 40.000,00 non contestata. In via del tutto preliminare espungere dalla produzione di causa e, comunque, non ammettere il documento inserita nel fascicolo di parte opponente. In subordine, ordinare all'opponente il deposito dell'originale e(...) art. 2719 cod. civ. del menzionato documento prodotto unicamente in copia fotostatica, al fine di consentire alla concludente di effettuare, ai sensi degli artt. 214 e ss., c.p.c. il disconoscimento dello stesso e della sottoscrizione. Nel merito si chiede il rigetto integrale dell'opposizione così come proposta dal dott. (...) perché infondata in fatto ed in diritto per i motivi soprariportati. Per l'effetto si chiede la conferma del decreto ingiuntivo n. (...)/2020 emesso dal (...) di Salerno. subordinata si chiede che il Dott. (...) venga condannato al pagamento della medesima somma allo stesso ingiunta con l'opposto decreto (...) prima udienza del 23.03.2021, svolta a trattazione scritta, il procuratore di parte opponente si riportava al contenuto dell'atto di opposizione chiedendone l'accoglimento, impugnando il contenuto della comparsa di costituzione e risposta di controparte; per converso il procuratore di parte opposta chiedeva concedersi la provvisoria esecuzione del (...) riportandosi ai propri atti, e chiedendo i termini e(...) art. 183 comma 6, c.p.c. Il G.I. si riservava in ordine alla richiesta di concessione della provvisoria esecuzione dell'opposto decreto ingiuntivo, e, a scioglimento della riserva assunta, concedeva la provvisoria esecuzione. Seguivano udienze (13.09.2021; 4.10.2021; 15.11.2021) finalizzate al bonario componimento della controversia. Su richiesta delle parti, con ordinanza del 15.12.2021 il Giudice formulava proposta conciliativa che prevedeva il pagamento, da parte dell'opponente, della somma di Euro 50.000,00 in favore di parte di parte opposta, nonché dell'importo di Euro 5.000,00 a titolo di compenso professionale in favore del difensore di parte opposta. All'udienza del 1.3.2022 parte opponente si dichiarava disponibile ad accettare la proposta conciliativa, mentre parte opposta formulava una controproposta, disattesa dall'opponente. Seguiva, su richiesta delle parti, breve rinvio nello stato, all'udienza del 4.4.2022 ove le parti chiedevano la concessione dei termini e (...) art. 183, comma 6, c.p.c.. A scioglimento della riserva assunta alla successiva udienza del 18.10.2022, il Giudice ammetteva, per quanto di ragione, i mezzi istruttori richiesti dalle parti e rinviava all'udienza del 28.03.2023 per l'interrogatorio formale dell'opponente, ordinando, altresì, all'opponente di esibire, per la successiva udienza, gli originali dei documenti di cui agli allegati nn. 6 e 7 dell'atto di citazione. All'udienza successiva, celebrata il (...), veniva disposto un ulteriore rinvio su richiesta delle parti all'8.5.2023, ove veniva espletato l'interrogatorio formale dell'opponente. All'esito dell'udienza dell'8.5.2023 l'opponente reiterava l'istanza di verificazione già formulata in atti con riferimento ai documenti depositati in originale e contestati dall'opposta. Con successiva ordinanza del 23.05.2023 il Giudice disponeva consulenza tecnica d'ufficio nominando, all'uopo, la dott.ssa (...) affinché rispondesse al seguente quesito: - esaminati gli atti ed in particolare i documenti in originale di cui agli allegati nn. 6 e 7 all'atto di citazione in opposizione, valutate le necessarie ed incontestate scritture in atti e quelle che il CTU potrà richiedere alle parti e presso i pubblici uffici, dica se le sottoscrizioni apposte ai medesimi siano appartenenti o meno al sig. (...) All'udienza del 27.06.2023 veniva conferito l'incarico al CTU e la causa rinviata al 26.03.2024. In data (...) il CTU provvedeva al deposito dell'elaborato peritale. All'udienza del 26.03.2024 il giudice si riservava e con ordinanza del 11.5.2024, ritenuta matura per la decisione, rinviava la causa al 21.05.2024 per la discussione orale e la decisione e (...) art. 281-se(...)ies c.p.c. All'udienza odierna, le parti precisavano le conclusioni e discutevano oralmente la causa, che veniva decisa e (...) art. 281 c.p.c. mediante lettura della motivazione e del dispositivo. 4. Prima di passare al merito della controversia, occorre osservare che il giudizio di opposizione rappresenta uno sviluppo, anche se meramente eventuale, della fase monitoria, e devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso, con la conseguenza che l'oggetto di tale giudizio non è affatto limitato al controllo di validità o merito del decreto ingiuntivo, ma involge il merito e, cioè, la fondatezza della pretesa azionata dal creditore fin dal ricorso. Sul piano sostanziale, la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l'ingiunzione, con la conseguenza che, in base ai principi generali in materia di prova, incombe sul medesimo l'onere di provare l'esistenza del credito, mentre spetta invece all'opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi o impeditivi. Ciò posto, va osservato che la società opposta sostiene che il credito ingiunto deriverebbe dalla esecuzione a regola d'arte del contratto di appalto orale stipulato con il (...) Ai fini della individuazione e quantificazione del proprio credito l'(...) di (...) s.r.l., nel ricorso monitorio, richiama la relazione di stima redatta in data (...), su incarico del dott. (...) dal (...) che stimava in Euro 130.000,00 oltre iva le spese per il completamento degli oggetto del contratto di compravendita, nonché la perizia di stima redatta dal (...) successivamente alla stipula del rogito, che stimava i suddetti lavori nella somma di Euro 126.680,51 oltre i.v.a. al 22%. In realtà, però, la somma ingiunta non viene desunta dai suddetti documenti, né da una dettagliata contabilità redatta all'esito dei lavori eseguiti, bensì dal contenuto di una pec di riscontro del 17.06.2020 nella quale il procuratore di parte ingiunta riferiva che il dott. (...) aveva corrisposto la somma di Euro 385.000,00 rispetto alla somma complessivamente riconosciuta come di Euro 400.000,00 a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori, assumendo - in particolare - di non aver corrisposto esclusivamente la somma di Euro 15.000,00 per un asserito inadempimento dell'impresa appaltatrice. Conseguentemente, conclude la ricorrente, confermando che il debito complessivo del dott. (...) doveva ritenersi essere quello riconosciuto con la richiamata pec, ovvero Euro 385.000,00, detraendo dalla suddetta somma l'importo di Euro 275.000,00 quietanzata in atto pubblico, residuerebbe la somma di Euro 110.000,00, cui la ricorrente aggiunge la somma di Euro 24.200,00 per iva al 22%, per un totale di Euro 134.200,00. 5. Così ricostruita la domanda di pagamento avanzata dalla ricorrente/opposta, va osservato che le parti in data (...) stipularono un "contratto preliminare di vendita" avente ad oggetto i medesimi beni immobili che successivamente furono oggetto del contratto di compravendita stipulato per (...) in data (...), e cioè consistenza immobiliare riportata nel (...) del Comune di (...) al foglio 9: particella 2204, subalterno 40, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 41, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 22, in corso di costruzione; (locale garage): particella 2204, subalterno 33, in corso di costruzione; (locale garage). Trattandosi di immobile in costruzione, l'(...) si obbligava, all'art. 5 del medesimo atto, "ad eseguire a regola d'arte negli immobili compromessi in vendita tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)". All'art. 2 del medesimo contratto i contraenti fissavano il corrispettivo per la cessione dei beni e per l'esecuzione delle lavorazioni, espressamente individuate nel documento allegato alla lett. B, nella complessiva somma di Euro400.000.00. In ordine alla qualificazione giuridica del suddetto contratto non vi è concordanza tra le parti, atteso che secondo l'opponente dovrebbe intendersi quale contratto a causa mista (preliminare di vendita e appalto), mentre secondo l'opposta si tratterebbe di contratto (...) di vendita di cosa futura. Occorre richiamare, a riguardo, quanto espresso dalla Suprema Corte, a partire dalla Sentenza SS.UU. n. 11656/2008, secondo la quale il contratto riguardante la cessione di un fabbricato non ancora realizzato, con previsione dell'obbligo del cedente - che sia proprietario anche del terreno su cui l'erigendo fabbricato insisterà - di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene e di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto, caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (il suolo, con conseguente effetto traslativo immediato dello stesso) e dell'appalto, a seconda che assuma rilievo centrale, nel sinallagma contrattuale, l'intento delle parti avente ad oggetto il conseguimento della proprietà dell'immobile completato ovvero il trasferimento della proprietà attuale del suolo e l'attività realizzatrice dell'opera da parte del cedente, a proprio rischio e con la propria organizzazione. In tema di contratto misto (nella specie, di vendita e di appalto), la relativa disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell'assorbimento o della prevalenza), senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l'ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente. Più recentemente, la Corte di Cassazione (cass. 23110/2021), sul punto, ha affermato che il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente, che sia anche imprenditore edile, di eseguire i lavori necessari a completare il bene o a renderlo idoneo al godimento, può integrare gli estremi della vendita di cosa futura se nel sinallagma contrattuale l'obbligo di completamento dei lavori assume un rilievo soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà. Nel caso di specie, tenuto conto del tenore dell'atto, deve ritenersi che l'obbligo di completamento dei lavori non assume un rilievo meramente accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà. Tale circostanza testimoniata dal fatto che le parti, al primo comma dell'art. 5 del contratto, richiamavano un dettagliato capitato generale dei lavori, che allegavano al contratto sotto la lettera "B". La circostanza, poi, che nell'atto rogitato in data (...) è stata espunta, rispetto all'atto del 26.07.2015, la parte attinente all'appalto, dimostra l'autonomia e il rilievo della parte del contratto che mutua la causa dal contratto di appalto. Deve ritenersi, pertanto, maggiormente plausibile l'ipotesi del contratto a causa mista. Ciò posto, a prescindere dall'opzione ermeneutica prescelta, non pare condivisibile la tesi sostenuta da parte opposta secondo la quale vi sarebbe una cesura netta e totale tra il contratto preliminare del 26.07.2015 e la vendita del 15.04.2016. La stessa opposta ha ritenuto di dover precisare, al riguardo, nella comparsa di costituzione e risposta, che "la volontà di non dare esecuzione al contratto preliminare del 26.07.2015, non rappresentava l'abbandono di tutti gli scopi che sarebbero discesi dall'esecuzione dello stesso". Entrambi gli atti negoziali hanno ad oggetto i medesimi beni e, non avendo le parti, successivamente alla stipula del preliminare, manifestato nella medesima forma scritta, un nuovo atto finalizzato allo scioglimento dei vincoli obbligatori reciprocamente assunti, deve dedursi che il secondo costituisca l'esecuzione del primo. I lavori a farsi, che erano stati convenuti tra le parti al momento della stipula del contratto preliminare ("(...) tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)", contrariamente a quanto sostenuto dall'opposta, non mutano dopo la stipula del definitivo e non divergono da quelli poi realizzati, consistendo, per quanto dichiarato dalla opposta nella comparsa di risposta, in "lavori edili finalizzati al completamento dei due appartamenti acquistati, con predisposizione di ogni opera idonea a trasformare gli stessi in studio dentistico con cambio di destinazione". Peraltro, i lavori, se si tiene conto della relazione redatta dal geom. (...) avrebbero avuto inizio in data (...), e quindi prima ancora del trasferimento della proprietà degli immobili. La circostanza che nell'atto rogitato in data (...) venga espunta, rispetto all'atto precedente, la parte attinente all'appalto, si giustifica da un lato, per il fatto che i beni, pacificamene, non erano ancora ultimati e dall'altro che solo l'atto di compravendita in senso stretto richiedeva la forma solenne. Tanto considerato, non risulta che quanto stabilito per iscritto dalle parti nel contatto del 26.07.2015 in ordine alla quantificazione dei lavori da eseguirsi per l'ultimazione degli immobili promessi in vendita sia stato superato/modificato/integrato da successive pattuizioni scritte delle medesime parti, con la conseguenza che complessivamente, il prezzo dell'operazione (acquisto dell'immobile grezzo + ultimazione dei lavori per realizzazione di studio medico-dentistico) deve ritenersi fissato nella somma di Euro400.000,00, quantificazione posta a base delle difese di parte opponente e, indirettamente, confermata dalla opposta la quale, per la quantificazione della somma ingiunta, prende spunto dalla pec del 17.06.2020 del procuratore di parte ingiunta, di cui si è dato conto. Deve però osservarsi che, in questa prospettiva, la somma di Euro24.200,00 per iva al 22%, aggiunta dall'opposta, non trova giustificazione e ciò in ragione del fatto che il procuratore dell'opponente faceva riferimento alla somma di Euro400.000,00 comprensiva dell'(...) così come definita dal contratto preliminare del 27.07.2015. Ciò posto, considerato che la ricorrente/opposta, nelle conclusioni dell'atto di citazione in opposizione, si espressamente riservata "il diritto e la correlativa azione tesa al risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento ritualmente eccepito in atti da proporre nell'ambito di autonomo e separato giudizio", e che, analogamente, l'opposta si è riservata di agire per resistere al dedotto inadempimento, deve ritenersi che la somma complessivamente dovuta dal dott. (...) all'(...) S.r.l. sia pari ad Euro400.000,00, iva compresa. 6. Ciò posto, va osservato che l'opponente ha dedotto di aver versato la somma di Euro391.500,00, effettuando i seguenti pagamenti in favore dell'impresa opposta: - Euro275.000,00 in forza dell'atto pubblico di compravendita; - Euro78.500.00 in contanti; - Euro34.000,00 mediante assegni bancari; - Euro6.000,00, infine, mediante bonifico bancario. Procedendo all'esame dei singoli pagamenti, va osservato che il versamento della somma di Euro275.000,00 non è contestato ed è documentato in atto pubblico. Quanto ai versamenti in contanti per Euro78.500.00, gli stessi sarebbero desumibili dalle sottoscrizioni per ricevuta e quietanza apposte dal legale rappresentante della società opposta sui documenti versati in atti dall'opponente (allegati n. 6 e 7 all'atto di citazione in opposizione). Con riferimento alle sottoscrizioni apposte al documento n.6 (collocate in una tabella, in corrispondenza di annotazioni pagamenti in contanti o mediante assegni), nonché alla sottoscrizione apposta al documento n.7 (annotazione in calce ad un assegno di un pagamento di Euro2.000,00 datato 11.08.2015) è stata espletata perizia calligrafica a cura della dott. (...) le cui conclusioni appaiono pienamente condivisibili in quanto immuni da errori e vizi logici, la quale è giunta ad affermare che "con elevatissima probabilità prossima quasi alla certezza le dodici sottoscrizioni in accertamento, di cui agli allegati 6 e 7 dell'atto di citazione in opposizione, sono riconducibili all'autore che ha redatto le comparative", e quindi al sig. (...) legale rappresentante della impresa opposta. Andando ad esaminare il documento di cui all'allegato n.6 si può rilevare che lo stesso è composto da una griglia in cui sono presenti una colonna riportante pagamenti in contanti, ed una colonna riportante i pagamenti mediante assegni. Per ogni pagamento è indicata la data ed è apposta la firma del sig. (...) Nella colonna dei pagamenti in contanti è indicato il pagamento della somma di Euro50.000,00 avvenuto il (...). Tale pagamento trova riscontro con quanto dichiarato dalle parti nel contratto preliminare del 26.07.2015 ("euro 50.000,00 ? sono versati alla sottoscrizione della presente scrittura privata, all'ordine della parte promettente venditrice ?"). Le altre annotazioni, in mancanza di ulteriori riscontri che ne consentano l'imputazione, non possono ritenersi rilevanti ai fini del decidere. Anche l'assegno bancario n. (...)-12 tratto su (...) - (...) è espressamente indicato all'art. 2 del contratto preliminare come strumento di pagamento dell'importo di Euro30.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, per il quale la società promittente venditrice/opposta ha rilasciato formale quietanza non disconosciuta. Avendo le parti, successivamente, con atto pubblico, definito il trasferimento dell'immobile allo stato grezzo senza richiamare i due descritti incontestati pagamenti (Euro50.000,00 ed Euro30.000,00), gli stessi non possono che essere imputato ai lavori appaltati dal (...) all'impresa (...) Non può essere riconosciuto in favore dell'opponente il pagamento di Euro6.000,00 effettuato mediante bonifico bancario, recante espressa causale "acconto competenze professionali geom. (...) Gerardo" e quindi diversa imputazione. Detti importi, pertanto, pari complessivamente ad Euro80.000,00, concorrono alla determinazione dell'ammontare complessivo versato in favore della società odierna opposta in esecuzione del contratto preliminare intercorso tra le parti, per un totale di Euro355.000,00, residuando un debito, da parte dell'opponete, di Euro45.000,00 comprensivo di iva. In definitiva, pertanto, va revocato il decreto ingiuntivo opposto e, per l'effetto, in parziale accoglimento dell'opposizione, l'opponente deve essere condannato al pagamento in favore della opposta della somma di Euro45.000,00 oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo. 7. Considerato il parziale accoglimento dell'opposizione, le spese di lite sono proporzionalmente compensate nella misura di 2/3, con condanna dell'opponente al pagamento del restante 1/3 delle stesse, che vengono liquidate per intero (ossia comprensive della parte compensata) tenuto conto della natura della controversia (...), del suo valore, dell'attività processuale effettivamente espletata, secondo valori e i criteri di cui al D.M. n. 55/2014 (così come modificato con D.M. n. 147/2022), nella somma di Euro. 12.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% come per legge, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione in favore del procuratore di parte opposta, antistatario. Le spese di CTU sono poste a carico di parte opposta, e ciò in ragione delle risultanze della (...) P.Q.M. Il Tribunale di Salerno, seconda sezione civile, in composizione monocratica, in persona del giudice unico Dott. (...) definitivamente pronunciando sulla domanda di opposizione al decreto ingiuntivo n. decreto ingiuntivo n. (...)/2020 reso il (...), uditi i procuratori delle parti, ogni altra istanza disattesa, così provvede: 1) accoglie, per quanto di ragione e parzialmente, la proposta opposizione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; 2) condanna, conseguentemente, parte opponente al pagamento in favore di parte opposta della somma di Euro45.000,00 oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo; 3) compensa per 2/3 le spese processuali e condanna l'opponente al pagamento, in favore dell'opposta, della restante parte di 1/3 delle stesse, che si liquidano per intero in Euro12.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; pone le spese di CTU a carico di parte opposta.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 326 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto da Società F.l. Ru. S.r.l.", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno alla Via (...); contro Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lo. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Società Co. S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Pe. e El. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Presidenza del Consiglio Dei Ministri - Struttura di Missione ZES Unica- Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata ex lege in Salerno, corso (...); nei confronti per l'annullamento quanto al ricorso introduttivo: a - della deliberazione del Comitato Direttivo del Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino n. 2023/31/405 del 28.12.2023, con la quale è stato assegnato in via diretta alla Co. S.p.a. un lotto di terreno (lotto "ex Ce."), precedentemente richiesto dalla società ricorrente, nonché concesso il nulla osta alla realizzazione del relativo progetto di insediamento; b - ove e per quanto occorra, della relazione istruttoria prot. n. 7196 del 28.12.2023 richiamata nel provvedimento sub a); c - della delibera del Consiglio Generale del Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino n. 2023/2/4 del 31.01.2023, con la quale è stato modificato il Regolamento per le attività produttive del Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino, nonché della presupposta delibera del Comitato Direttivo n. 2022/23/285 del 06.12.2022; d - ove e per quanto occorra, della delibera del Comitato Direttivo del Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino n. 2023/27/368 del 05.12.2023, con la quale è stato approvato il preliminare di compravendita relativo alla riacquisizione del lotto "ex Ce."; e - ove e per quanto occorra, della deliberazione n. 2023/30/402 del 21.12.2023, con la quale il Comitato Direttivo ha preso atto del preliminare sottoscritto in data 12.12.2023 con la originaria assegnataria; f - dell'autorizzazione unica n. 94 del 29.12.2023, rilasciata dal Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania in favore della Co. S.p.a. sulla base della delibera sub a); g - ove e per quanto occorra, della nota del Commissario Z.E.S. recante l'indizione della Conferenza di Servizi di cui alla pratica di insediamento presentata dalla Co. S.p.a. in data 14.12.2023, non conosciuta; h - ove e per quanto occorra, del verbale della Conferenza di Servizi, non conosciuto; i - di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali nonché di ogni ulteriore provvedimento, non conosciuto, recante l'assegnazione in favore della controinteressata nonché l'illegittima possibilità di assegnazione diretta; quanto ai motivi aggiunti presentati il 26 aprile 2024: a - della delibera n. 2024/8/82 del 13.03.2024, con la quale il Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino ha: - dichiarato inammissibile la manifestazione d'interesse depositata dalla ricorrente in data 29.09.2022 (prot. n. 5169) per l'acquisto di un lotto limitrofo a quello di proprietà ovvero del lotto da ultimo ceduto dalla stessa P.A. alla Co. S.p.a., con i provvedimenti impugnati con il ricorso introduttivo; - contestato la carenza di legittimazione a partecipare ad una procedura comparativa per l'acquisto del suddetto lotto; - ritenuto il progetto di insediamento proposto dalla Co. compatibile con la disciplina di zona; b - di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali ivi compreso, ove lesivo, l'art. 9 del regolamento consortile; nonché per la declaratoria dell'inefficacia del contratto di compravendita di cosa altrui sottoscritto tra il Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino e la società Co. S.p.a. in data 29.12.2023, così come di qualsivoglia altro atto di esecuzione dei provvedimenti impugnati ovvero di illegittima assegnazione dell'area in oggetto in favore della Co. S.p.a.; quanto al ricorso incidentale presentato dalla Società Co. S.p.a. in data 25 aprile 2024: della nota prot. n. 6109 adottata in data 17 novembre 2022 dal Dirigente dell'Area tecnica del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia; ove occorrer possa e per quanto di interesse, della nota prot. n. 6108 adottata in data 17 novembre 2022 dal Dirigente dell'Area tecnica del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia; della nota prot. n. 7196 adottata in data 28 dicembre 2022 dal Dirigente dell'Area tecnica del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia; della relazione istruttoria allegata alla nota prot. n. 7196 adottata in data 28 dicembre 2022 dal Dirigente dell'Area tecnica del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia; di ogni altro provvedimento ad essi presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto dalla ricorrente incidentale, ove lesivo. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto il ricorso incidentale e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino, del Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania e di Co. S.p.a.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il ricorso introduttivo del presente giudizio si impugna la deliberazione del Comitato Direttivo del Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino n. 2023/31/405 del 28.2.2023, con la quale è stato assegnato in via diretta alla Co. S.p.a. un lotto di terreno (lotto "ex Ce."), precedentemente richiesto dalla società F.l. Ru. S.r.l., nonché concesso il nulla osta alla realizzazione del relativo progetto di insediamento, in uno a tutti gli atti presupposti e conseguenziali, compresa l'autorizzazione unica n. 94 del 29.12.2023 rilasciata dal Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania in favore della medesima società assegnataria sulla base della delibera de qua. Si domanda poi, conseguentemente, la declaratoria di inefficacia del contratto di compravendita di cosa altrui sottoscritto tra il Consorzio resistente e la società Co. in data 29.12.2023. Con ricorso per motivi aggiunti si censura altresì la sopravvenuta delibera n. 2024/8/82 del 13.3.2024 con la quale il Consorzio A.S.I. della Provincia di Avellino ha dichiarato inammissibile la manifestazione di interesse all'acquisto del controverso lotto depositata dalla ricorrente, contestato la carenza di legittimazione di quest'ultima a partecipare ad una procedura comparativa per l'acquisto del detto lotto e ritenuto il progetto di insediamento proposto dalla Co. S.p.a. compatibile con la disciplina di zona. Con ricorso incidentale la Società controinteressata Co. S.p.a. ha proposto gravame avverso la nota prot. n. 6109 adottata in data 17 novembre 2022 dal Dirigente dell'Area tecnica del Consorzio resistente e di ogni altro provvedimento ad essa presupposto. La società ricorrente, avendo interesse ad ampliare i propri spazi aziendali, rappresenta di aver depositato in data 28.9.2022 al Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino una manifestazione d'interesse per l'acquisto di un lotto limitrofo di proprietà della società "Ce.", tenuto conto di una precedente delibera consortile con la quale l'Ente aveva avviato la procedura di riacquisizione di tale lotto. Il Consorzio, con nota prot. n. 6109 del 17.11.2022 ha comunicato alla ricorrente che avrebbe attivato la procedura di assegnazione dell'area "non appena riottenuta la disponibilità del lotto in epigrafe". In seguito, con delibera n. 2023/27/368 del 5.12.2023, ha approvato il contratto preliminare volto alla riacquisizione del lotto e, con delibera n. 2023/31/405 del 28.12.2023 ha assegnato quest'ultimo alla Co., accogliendo l'istanza depositata qualche giorno prima da detta Società, concedendole peraltro il nulla osta all'insediamento. Il giorno successivo ha poi stipulato con la medesima società un contratto di compravendita di cosa altrui, quindi, in pari data, ha acquisito il lotto "ex Ce.". Nel frattempo e prima ancora della formale assegnazione, la Società assegnataria ha ottenuto dal Commissario ZES l'autorizzazione unica. Censurando l'anzidetta procedura di assegnazione diretta del lotto in commento, parte ricorrente lamenta la mancata attivazione della procedura comparativa e/o ad evidenza pubblica imposta al Consorzio dal menzionato Regolamento nel caso di più richieste concorrenti per l'assegnazione di uno stesso lotto. Deduce, poi, un vizio di eccesso di potere per contraddittorietà della delibera di assegnazione del lotto alla Co., atteso che, ignorando quanto evidenziato nella relazione istruttoria del proprio Dirigente e il riscontro alla richiesta formulata dalla ricorrente, il Consorzio ha comunque violato l'autovincolo che si era imposto, oltre che la disciplina regolamentare sopra rubricata. Rappresenta che l'ipotesi in esame non rientra tra quelle che consentono al Consorzio l'assegnazione diretta giacché, ai sensi dell'art. 37, comma 1, R.D. n. 827/1924, i contratti dai quali deriva entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli e, in ogni caso, eventuali motivi di deroga della pubblica evidenza devono rispondere ad esigenze dell'Ente ovvero al perseguimento di un pubblico interesse. Rileva, da ultimo, che i provvedimenti impugnati sono altresì illegittimi per incompatibilità del progetto di insediamento proposto dalla Co. con la disciplina di zona. Si è costituita in giudizio in resistenza la controinteressata Co. che ha proposto ricorso incidentale avverso la nota prott. nn. 6109 del 17 novembre 2022 adottata dal Dirigente dell'Area Tecnica del Consorzio A.S.I., nonché delle note ad essa presupposte e della relazione istruttoria allegata. Deduce la società controinteressata che, in seguito alla notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio, il Consorzio ha adottato la deliberazione 2024/8/82 del 13.3.2024, con la quale ha in primis dichiarato l'inammissibilità, per difetto assoluto degli elementi costitutivi richiesti dal Regolamento già menzionato, dell'istanza di insediamento presentata dalla ricorrente e, dunque, la carenza di legittimazione attiva di quest'ultima a partecipare ad una eventuale procedura comparativa avente ad oggetto il lotto "ex Ce.", anche in quanto già proprietaria nell'area A.S.I. di Pianodardine di un immobile concesso in affitto ad altro operatore economico ed ha, poi, ritenuto il progetto proposto dalla Co. compatibile con la disciplina di zona. Ne consegue, a detta della società assegnataria del lotto, che la gravata nota risulta superata dalla predetta delibera ed è dunque illegittima e meritevole di annullamento, anche perché emessa in violazione delle disposizioni statutarie consortili attributive della competenza a deliberare a tal proposito. La deliberazione 2024/8/82 del 13.3.2024 è stata poi impugnata con motivi aggiunti dalla ricorrente per: - violazione dell'art. 10 bis della L. n. 241/90 atteso che, se la P.A. avesse attivato la procedura comparativa o avesse quantomeno comunicato i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, la ricorrente avrebbe potuto preventivamente rappresentare di non essere proprietaria di altri lotti precedentemente acquistati dall'A.S.I. e concessi in locazione a terzi; - difetto di istruttoria e di motivazione, giacché il provvedimento in questione è stato assunto sulla base di rilievi asseritamente erronei; - violazione dell'art. 9 del Regolamento per l'insediamento e il monitoraggio degli insediamenti produttivi nelle aree e negli agglomerati industriali Consortili, nonché dell'art. 6, comma 1, lett. b), L. 241/1990 che disciplina l'istituto del cd. soccorso istruttorio procedimentale; - violazione dell'art. 4, comma 4, lett. f), L.R.C. n. 13/19 che prevede che i Consorzi A.S.I. "favoriscono i processi di espansione aziendale anche assicurando priorità, nell'assegnazione delle aree, agli stabilimenti contigui già insediati nell'area interessata"; - incompatibilità del progetto di insediamento proposto dalla Co. con la disciplina di zona (art. 7 delle NN.TT.AA. del P.R.T. A.S.I.). Con memoria dell'11.5.2024, la Co. ha ribadito le proprie contestazioni e difese, concludendo per la legittimità della procedura consortile di assegnazione del lotto in contestazione. Con memoria del 13.5.2024 la ricorrente ha eccepito l'irricevibilità per tardività del ricorso incidentale della Co., deducendo che gli atti da questa impugnati sono richiamati ed allegati alla deliberazione n. 2023/31/405 del 28.12.2023, recante l'assegnazione diretta del lotto. Ha rilevato, nel merito, che ai sensi degli artt. 11 e 12 del Regolamento per l'insediamento, la competenza ad istruire i procedimenti di insediamento è del responsabile del procedimento ovvero dell'area tecnica, essendo di competenza del Comitato Direttivo il solo provvedimento finale di assegnazione. Conseguentemente, il provv. prot. n. 6109 del 17.11.2022 con il quale il Consorzio, preso atto della manifestazione di interesse della ricorrente, ha comunicato che avrebbe proceduto ad attivare la relativa procedura di assegnazione, è stato correttamente sottoscritto dal responsabile dell'Area tecnica. Si è costituito in resistenza il Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia Avellino eccependo preliminarmente la carenza di legittimazione e interesse al ricorso da parte della Ditta ricorrente. Ha dedotto, in aggiunta, che la predetta istanza è inammissibile anche sul piano sostanziale, non potendo la Società ricorrente, già proprietaria nell'Area di Pianodardine di un altro immobile produttivo, concorrere per l'assegnazione di lotti produttivi nel perimetro del Consorzio A.S.I., stante il divieto di cui all'art. 9, comma 3, del già citato Regolamento. Ha rappresentato, poi, che la competenza in tema di insediamenti e assegnazioni è riservata al Comitato Direttivo del Consorzio A.S.I. e che dunque eventuali comunicazioni di Uffici interni non sono impegnative verso l'esterno e tantomeno integrano un autovincolo giuridicamente rilevante. Ha aggiunto che, a fronte di un'istanza irricevibile, la declaratoria di inammissibilità è vincolata, sicché non può essere rimossa per omessa comunicazione ex art. 10 bis L. 241/1990. Da ultimo, ha rilevato che l'inammissibilità formale e sostanziale della manifestazione di interesse della Società esclude in radice qualsiasi obbligo, rectius facoltà, di comparazione e, dunque, di evidenza pubblica e che l'art. 37, comma 1, R.D. 827/1924 è riferito al sistema di contabilità dello Stato e non vale per gli Enti Pubblici Economici e procedure consortili nell'ambito della ZES. Si è formalmente costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza produrre alcuna memoria difensiva. La causa è stata chiamata alla Camera di Consiglio del 15 maggio 2024 ed è stata trattenuta in decisione con preavviso a verbale sulla possibilità di una sentenza in forma semplificata. DIRITTO Il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti sono infondati. In limine, va precisato che l'art. 8 del Regolamento per l'insediamento e il monitoraggio degli insediamenti produttivi nelle Aree e negli Agglomerati Industriale consortili, rubricato "Promozione degli insediamenti produttivi", dispone che in attuazione della Legge Regionale 6 dicembre 2013, n. 19, il Consorzio A.S.I. della provincia di Avellino promuove nuovi insediamenti produttivi e/o l'ampliamento di quelli esistenti in aree/immobili di cui abbia la proprietà e disponibilità, sia in via negoziale che mediante esproprio. Più di precipuo, ai sensi del successivo art. 9, comma 2, le unità immobiliari esistenti e le aree da destinare a nuova edificazione di cui all'art. 8, comma, 2 lett. a) ("aree da destinare a nuova edificazione, dotate o meno di infrastrutturazione primaria di cui il Consorzio abbia e/o sia nella facoltà di avere la proprietà e disponibilità in via negoziale, mediante esproprio, acquisizione bonaria, ovvero mediante riacquisizione coattiva ai sensi delle norme vigenti") possono essere assegnate e concesse in proprietà o in locazione a soggetti che esercitano attività di impresa sia attraverso la presentazione all'Ente di specifiche istanze di assegnazione, sia attraverso il ricorso a procedure di evidenza pubblica. Invero, in presenza di una singola istanza il Comitato Direttivo provvederà alla relativa valutazione in materia di conformità del progetto di insediamento presentato; nell'ipotesi di più autonome proposte contestualmente presentate all'Ente, il Comitato Direttivo ha la facoltà di attivare una procedura comparativa tra queste, tenuto conto di una serie di criteri specificamente indicati al comma 3. L'attivazione di una procedura ad evidenza pubblica è invece necessaria qualora venga domandata l'assegnazione, in prima istanza, di "unità immobiliari esistenti e/o parzialmente dismesse, da ristrutturare e riconvertire conformemente ai piani di lottizzazione e infrastrutturazione di cui il Consorzio abbia e/o sia nella facoltà di avere la proprietà e disponibilità in via negoziale, mediante esproprio, acquisizione bonaria, ovvero riacquisizione coattiva ai sensi delle norme vigenti" e di "unità immobiliari realizzate e/o attrezzate dall'Ente, di cui il Consorzio abbia e/o sia nella facoltà di avere la proprietà e disponibilità in via negoziale, mediante esproprio, acquisizione bonaria ovvero riacquisizione coattiva ai sensi delle norme vigenti". In entrambe le anzidette ipotesi l'attivazione di una procedura comparativa e/o ad evidenza pubblica ai fini dell'assegnazione dell'unità disponibile è comunque subordinata alla corretta presentazione di autonome istanze da parte di più operatori economici. Tanto premesso, l'Ente resistente con la delibera gravata attraverso il ricorso per motivi aggiunti deduce che la manifestazione d'interesse pervenuta da parte della ricorrente (di cui si dà atto anche nella relazione istruttoria prot. n. 7196 del 28.12.2023 relativa al progetto presentato dalla Co. S.p.a.) non assurge a vera e propria istanza di insediamento, mancando dei requisiti e dei documenti richiesti all'art. 12, comma 2, del citato Regolamento. Conseguentemente, stante la manifesta inammissibilità della richiesta pervenuta, non sussisteva in capo all'Ente alcun onere di attivazione della procedura comparativa di assegnazione e/o ad evidenza pubblica, avendo questo peraltro comunicato alla parte ricorrente unicamente che, non appena riottenuta la disponibilità del lotto, avrebbe proceduto ad assegnare lo stesso ai fini di un insediamento produttivo di interesse generale. In effetti, nessuna delle dichiarazioni e dei documenti di cui all'Allegato 2 al Regolamento pocanzi indicato sono stati prodotti dalla società ricorrente unitamente alla manifestazione di interesse all'assegnazione del contestato lotto, laddove, per contro, essi sono stati allegati all'istanza di insediamento di Co. del 6 febbraio 2023 e alla sua domanda di rilascio dell'Autorizzazione unica, pure oggetto di gravame. Il Consorzio resistente ha dunque correttamente considerato come non prodotta alcuna istanza di assegnazione da parte della ricorrente, tant'è che non ha neppure proceduto a comunicare a quest'ultima, ai sensi del comma 2 dell'art. 12 del Regolamento, il nominativo del Responsabile del Procedimento che avrebbe esaminato la richiesta redigendone apposita relazione istruttoria. Quanto alla lamentata mancata attivazione del rimedio del soccorso istruttorio, che avrebbe asseritamente consentito alla ricorrente di rendere l'istanza conforme al Regolamento, si osservi che tale istituto può operare solamente qualora sia necessario richiedere integrazioni e/o chiarimenti formali in ordine ad una istanza comunque formalmente presentata e /o alla documentazione ad essa allegata, non potendo invece applicarsi nel caso in cui una domanda vera e propria non possa neppure considerarsi presentata ovvero la documentazione richiesta ex lege manchi del tutto, pena una palese violazione della par condicio che verrebbe vulnerata per mezzo della sanatoria di una documentazione incompleta o insufficiente ad attestare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di assegnazione da parte del concorrente. Ne consegue che, a fronte di una istanza di insediamento priva dei prescritti requisiti e considerata, dunque, tamquam non esset, il Consorzio non era tenuto ad attivare alcuna procedura comparativa atteso che, si ribadisce, la nota prot. 6109 adottata dal Dirigente dell'Area Tecnica del Consorzio il 17.11.2022 non contiene alcun autovincolo per l'Ente ma si limita unicamente a dichiarare che, una volta acquisita la disponibilità del lotto, sarebbero state poste in essere tutte le azioni necessarie ai fini della sua assegnazione, circostanza che di fatto si è verificata in favore della società controinteressata, l'unica ad aver validamente presentato l'istanza di insediamento. Si aggiunga che nemmeno la lamentata violazione dell'art. 10 bis della L. 241/1990 per mancata comunicazione delle ragioni che deponevano nel senso del rigetto dell'istanza di assegnazione di parte ricorrente prima dell'adozione della delibera n. 2024/8/82 del 13.3.2024 da parte dell'Ente resistente può ritenersi fondata. Oltre al fatto che, per quanto già detto, la ricorrente ha unicamente manifestato la propria generica disponibilità all'acquisto del controverso lotto senza tuttavia depositare una valida istanza, è d'uopo rilevare come il contenuto del provvedimento finale di assegnazione non avrebbe comunque potuto essere differente da quello in concreto adottato giacché, ai sensi dell'art. 9, comma 3, del Regolamento per l'insediamento e il monitoraggio degli insediamenti produttivi nelle Aree e negli Agglomerati industriali consortili, affinché possa essere attivata la procedura comparativa contemplata dalla disposizione in questione, i proponenti non devono essere proprietari nelle aree A.S.I. di almeno un immobile concesso in affitto ad altri operatori economici, ovvero, condotto indirettamente a qualsiasi titolo da altri operatori economici. La Ditta ricorrente, alla data di acquisizione della disponibilità da parte del Consorzio A.S.I. del lotto oggetto di odierna controversia era, invece, proprietaria dell'immobile situato in Zona A.S.I. di Pianodardine al foglio 17, particelle n. 628, subalterni 1, 742, 743 e 924, bene che risulta ad oggi locato alla Società Tresol S.r.l. Va peraltro confermata la legittimità dell'assegnazione del lotto controverso alla Co. S.p.a. anche per quanto concerne la compatibilità dell'attività oggetto del progetto di insediamento da questa proposto con il piano di zona. A tal uopo si precisa che, ai sensi dell'art. 5 bis del D.L. n. 91/2017, i progetti inerenti alle attività economiche o all'insediamento di attività industriali, produttive e logistiche all'interno della ZES sono soggetti ad autorizzazione unica, la quale viene rilasciata dal Commissario Straordinario della ZES in esito ad apposita Conferenza di Servizi e costituisce una variante agli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale ad eccezione del piano paesaggistico regionale. Nell'anzidetta autorizzazione confluiscono tutti gli atti di assenso e nulla osta comunque denominati previsti dalla vigente legislazione in relazione all'opera da eseguire, al progetto da approvare o all'attività da intraprendere. Trattasi di un procedimento unico che assorbe al suo interno ogni atto di assenso o nulla osta superando ogni diversa prescrizione di Piano o di Regolamento, tranne quelle di carattere paesaggistico. Nel caso di specie il Commissario ZES, all'esito di apposita conferenza di Servizi, ha rilasciato l'Autorizzazione Unica n. 94/2023 dichiarando l'intervento di interesse pubblico, indifferibile ed urgente. Peraltro, si rileva che le attività svolte dalla controinteressata, attenendo anche all'ambito della manifattura industriale, risultano compatibili con le prescrizioni di zona. In definitiva, il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti sono respinti per le assorbenti ragioni sopra estesamente indicate. Stante il rigetto del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti, è evidente come l'interesse della cointrointeressata Co. S.p.a. nel proporre ricorso incidentale venga completamente meno, avendo questa conservato il bene della vita ottenuto (l'aggiudicazione del lotto) (ex plurimis T.A.R. Roma, (Lazio) sez. III, 09/04/2024, n. 6825; T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 10/02/2023, n. 2373). Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo; appare invece equo compensare integralmente le spese nei confronti del Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania, costituitosi solo formalmente. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: - rigetta il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti; - dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso incidentale; - condanna la ricorrente alla rifusione delle spese in favore del Consorzio per l'Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Avellino e di Co. S.p.a., nella misura di euro 1.000,00 ciascuno, oltre accessori di legge, unitamente alla refusione del contributo unificato nella misura di quanto versato; - compensa le spese tra le parti private e il Commissario Straordinario del Governo della ZES Campania. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario Laura Zoppo - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1108 del 2022, proposto da Ga. Ce. e Gi. Ce., rappresentati e difesi dall'avvocato An. Di Li., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, Corso (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliata ex lege in Salerno, Corso (...); per l'annullamento - del provvedimento n. 6292/22 del 12 maggio 2022 a firma del Responsabile dell'Area Tecnica-Edilizia Privata e del Responsabile del procedimento per la Tutela del Paesaggio del Comune di (omissis) -notificato il 19.5.2022-, recante il diniego dell'accertamento di compatibilità paesaggistica e di conformità urbanistica avanzati dai ricorrenti il 2 dicembre 2019, prott. nn. 15845 e 15846, e la ripresa dell'efficacia dell'ordinanza di demolizione n. 36/2019; - di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compreso il parere contrario al rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica emesso dal Soprintendente Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino con l'atto n. U012/03/03/2021/0004610-P -notificato ai ricorrenti il 6.4.2022-, nonché, ove occorra, anche dell'atto soprintendizio n. U012/07/12/2021/0026693-P, del parere contrario alla sanatoria paesaggistica espresso dalla Commissione Locale per il Paesaggio del Comune di (omissis) col verbale n. 10/2021, nonché, sempre ove occorra, del preavviso di diniego di cui all'atto soprintendizio n. 0022638- P del 20.10.2021 e dei preavvisi comunale di diniego dell'autorizzazione paesaggistica e del permesso di costruire in sanatoria prot. n. 751 del 20.1.2020 e n. 5701 del 5.5.2020. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con il ricorso introduttivo del presente giudizio si impugna il provvedimento n. 6292/22 del 12 maggio 2022 a firma del Responsabile dell'Area Tecnica-Edilizia Privata e del Responsabile del procedimento per la Tutela del Paesaggio del Comune di (omissis) recante il diniego all'accertamento di compatibilità paesaggistica e di conformità urbanistica sulle istanze avanzate dai ricorrenti il 2 dicembre 2019 (prott. nn. 15845 e 15846) e la reviviscenza dell'ordinanza di demolizione n. 36/2019, nonché tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, ivi compreso il parere contrario al rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica emesso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Salerno e Avellino. I ricorrenti, comproprietari pro indiviso di un complesso immobiliare sito in Positano, via G. Marconi, n. 127/131, adibito in parte ad attività di ristorazione ed in parte ad uso abitativo, rappresentano che con ordinanza n. 36 del 21 agosto 2019, prot. n. 10522, il Comune di (omissis) ha contestato loro l'esecuzione sine titulo di alcune opere (A. Volumi ubicati sotto la rampa di accesso al terrazzo. 1. Locale deposito di circa mq 16,00 x h. mt. 2,18 (altezza massima) ÷ h. mt. 1,60 (altezza minima); 2. Ulteriore locale di circa mq. 4,00; 3. Bagno di circa mq. 7,00 x h. 2,18 ÷ 1,60; 4. Locale deposito e corridoio di circa mq. 8,50. Le volumetrie richiamate ai punti 1-2 sono state separate da un muro divisorio in laterizio rispetto quanto rappresentato dagli elaborati grafici del 1977; l'intervento ha determinato la realizzazione di un nuovo varco sul prospetto lato mare di circa mt. 1,23 x mt. 2,00 avente funzione di accesso ai locali n. 1-2 (realizzato in epoca postuma al 1997). B. Abitazione della famiglia della sig.ra Ce. Gi.. Ubicata in adiacenza alle volumetrie sopra relazionate, presenta una struttura originaria preesistente, composta da muratura portante in pietra e copertura in cupola, ed una parte edificata in epoca successiva composta da murature in blocchetti e solai piani. Le opere in ampliamento all'originario corpo di fabbrica consistono nella realizzazione una volumetria composta da: 5. Salotto di mq. 18,00 x h. 2,30; 6. Camera bambini di mq 9,20 x h. 2,30; 7. Bagno bambini mq. 5,57 x h. 2,30; 8. Cucina di circa mq. 17,60 x h. 2,30; 9. Locale di mq. 3,90 x h. 2,30; 10. Terrazzo esterno di mq. 14,20, con soprastante pergolato in ferro e copertura"), ingiungendone la demolizione. Il provvedimento ripristinatorio de quo, tempestivamente impugnato dinanzi a questo T.A.R., è stato annullato con sentenza n. 1303/2022 del 18 maggio 2022 nella parte in cui ha ordinato la demolizione delle opere descritte sub B), mentre è stato confermato con riferimento a quelle indicate sub A). Deducono i ricorrenti di aver presentato in via gradata, nelle more del suddetto procedimento giudiziale, domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica ed urbanistica (prott. nn. 15845 e 15846 del 2 dicembre 2019) per quanto eseguito sine titulo sui preesistenti manufatti. Su tale istanza l'amministrazione comunale, con gli atti nn. 751 del 20.1.2020 e 5701 del 5.05.2020, ha comunicato loro il preavviso di diniego sia ai fini paesaggistici che edilizi e la Commissione Locale per il Paesaggio del Comune di (omissis), con verbale n. 10/2021, ha espresso parere contrario all'accertamento di compatibilità paesaggistica. In aggiunta, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, con atto n. 0022638-P del 20.10.2021, ha comunicato il preavviso di espressione del parere negativo. Rappresentano i ricorrenti che, pur avendo prontamente controdedotto ai rilievi mossi dalle Amministrazioni ai sensi dell'art. 10-bis L. 241/90 con atto U012/03/03/2021/0004610-P, notificato ai ricorrenti in data 6.04.2022, il Soprintendente ha espresso il parere contrario alla sanatoria paesaggistica e, conseguentemente, il Responsabile dell'Area Tecnica-Edilizia Privata ed il Responsabile del procedimento per la Tutela del Paesaggio del Comune di (omissis) hanno emesso il definitivo diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica e di conformità urbanistica n. 6292/22 del 12.05.2022, affermando la ripresa dell'efficacia dell'ordinanza di demolizione n. 36 del 21.08.2019. Censurando i provvedimenti de quibus, i ricorrenti ne sostengono dunque la illegittimità eccependo in fatto quanto segue: le dimensioni reali dei corpi di fabbrica indicati come A) e B) nell'ordinanza comunale n. 36/2019 sono inferiori rispetto a quelle ivi indicate; con la domanda di sanatoria è stata prevista "la demolizione di tutte le pareti divisorie interne ed esterne (lasciando solo quelle portanti)" del corpo di fabbrica indicato sub A); sempre con riferimento al manufatto sub A) non è possibile ingiungere la demolizione di quella parte di esso eseguita in assenza del prescritto titolo abilitativo senza danneggiare la parte realizzata in conformità ; il manufatto sub B) corrisponde al vecchio rudere ed è preesistente al 1954, data di apposizione del vincolo paesaggistico. Più precisamente, a detta dei ricorrenti, giacché in seguito alla proposta demolizione delle pareti divisorie residuerebbe del fabbricato indicato sub A) unicamente la parete avente funzione portante della sovrastante rampa autorizzata e degli altri assentiti manufatti e che per il manufatto indicato sub B) le opere di ristrutturazione del rudere esistente risultavano già eseguite alla data di apposizione del vincolo, trova applicazione nel caso di specie l'art. 167 del D.lgs. 42/2004, con conseguente sanabilità delle opere eseguite sine titulo sia dal punto di vista urbanistico che paesaggistico, non essendovi alcun incremento né di superficie, né di volume. Aggiungono che comunque, con riferimento al corpo di fabbrica sub A), può al più applicarsi l'art. 34 del D.P.R. 380/01 relativo agli interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire, che prevede la sola irrogazione di una sanzione pecuniaria qualora la demolizione non possa avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte del manufatto legittimamente costruita. I ricorrenti deducono poi che gli impugnati provvedimenti sono illegittimi pure perché emessi in violazione degli artt. 7 e 10-bis della L. 241/90. Da ultimo, rappresentano che comunque l'ordinanza di demolizione è stata annullata in parte qua con la sentenza n. 1303/2022 del 18 maggio 2022 del T.A.R. Campania- Salerno, sicché essa non può riacquistare efficacia almeno nella parte in cui è stata giudiziariamente annullata. Pur ritualmente intimato, il Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio. Si è costituita in resistenza la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, la quale, senza depositare memoria difensiva, ha prodotto documentazione. La causa è stata chiamata all'udienza pubblica del 15 maggio 2024 ed è stata trattenuta in decisione. DIRITTO Il ricorso è in parte accolto per quanto di ragione. Va premesso, com'è noto, che la sanatoria di cui all'art. 36, d.P.R. n. 380/2001 si fonda sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l'area sia soggetta a vincolo paesaggistico che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall'art. 167 comma 4, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 ed è subordinato al rilascio del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo chiamata ad accertare la compatibilità dell'immobile con il contesto ambientale relativamente al momento in cui viene esaminata la domanda di sanatoria (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 20/05/2022, n. 3450; si veda pure Consiglio di Stato, sez. VII, 18/08/2023, n. 7807). Ed invero, l'art. 146, co. 4 del d.lgs. n. 42 del 2004 precisa anzitutto che l'autorizzazione paesaggistica costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio. Aggiunge che, in linea di massima, siffatta autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione - anche parziale - degli interventi cui si riferisce, salvo che questi consistano in interventi cc.dd. 'minorà, ossia inidonei a determinare creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, ai sensi dell'articolo 167, comma 4. In base ai criteri ermeneutici generali, posto che le ipotesi di cui al citato comma 4 recano eccezione a un principio di ordine generale (quello della non sanabilità ex post degli interventi assoggettati ad autorizzazione paesaggistica), le relative previsioni sono di stretta interpretazione e dunque, in casi dubbi, l'interprete deve prediligere l'opzione che abbia per effetto quello di restringerne il campo di applicazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VII, 31/12/2023, n. 11390). Tanto premesso, quanto agli interventi edilizi indicati sub A) occorre domandarsi se l'intervenuto mutamento di destinazione d'uso dei locali ubicati sotto la rampa di accesso, peraltro accertato con sentenza n. 1303/2022 di questo T.A.R., abbia determinato la "creazione di superfici utili" richiamata dal già indicato comma 4, lett. a). Siffatta locuzione si presta, invero, ad una duplice interpretazione: quella secondo cui, nel caso di mancato aumento del volume o della superficie, l'intervento debba essere ascritto al novero di quelli minori e quella secondo cui anche il mero cambio di destinazione che abbia consentito un diverso e più intenso utilizzo della superficie preesistente, comunque invariata in termini assoluti, impedisce la possibilità di ottenere una sanatoria. Questo Collegio, propendendo per la seconda delle richiamate opzioni ermeneutiche anche alla luce di quanto già previamente detto, ritiene che anche un intervento realizzato in invarianza, ma che abbia in sostanza modificato la composizione della superficie e la sua concreta utilizzabilità, non possa essere ascrivibile al genus delle opere di carattere minore. A tal riguardo va pure richiamato quell'orientamento secondo cui "gli interventi che abbiano quale conseguenza quella di alterare l'originaria consistenza fisica dell'immobile con la modifica dell'originaria destinazione d'uso sono incompatibili con i concetti di manutenzione straordinaria e risanamento conservativo" (Consiglio di Stato, sez. VII, 31/12/2023, n. 11390) e pertanto non possono essere neanche ricondotti a quelli contemplati dall'art. 167, co. 4 lett. c) del D.lgs. n. 42/2004. Neppure rileva ai fini di cui è causa la circostanza secondo cui i ricorrenti si siano offerti di demolire le pareti divisorie interne ed esterne (lasciando solo quelle portanti) e non abbiano dunque richiesto la sanatoria paesaggistica ed urbanistica del corpo di fabbrica sul A) quale oggi esso si presenta, atteso che le competenti amministrazioni sono chiamate ex lege ad accertare la compatibilità con il contesto urbanistico ed ambientale con riferimento alla situazione dei luoghi esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di sanatoria. Similmente, è del tutto inconferente ai fini del decidere l'asserita impossibilità di demolire senza danneggiare la parte legittima dell'immobile. A tal proposito si rinvia a quanto già affermato nella citata sentenza n. 1303/2022 di questo Tribunale. Anche dal punto di vista procedimentale non è riscontrabile alcuna irregolarità giacché i ricorrenti sono stati messi nelle condizioni di partecipare al procedimento da loro stessi azionato e di controdedurre alle Amministrazioni procedenti nella maniera ritenuta più opportuna. Si aggiunga che comunque il procedimento per la verifica di conformità sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, che non può avere in ogni caso contenuto diverso da quello emanato e non necessita di una particolare motivazione. Ne consegue che il gravato diniego di accertamento di conformità che ha fatto seguito al mancato rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, anche sulla scorta del vincolante parere negativo della Soprintendenza, non può che dirsi legittimo nella parte in cui ha statuito in ordine alla impossibilità di sanatoria urbanistica e paesaggistica degli interventi sub A) ed ha affermato la reviviscenza dell'ordinanza di demolizione n. 36/2019 in parte qua. Quanto alle opere dettagliate sub B) si osservi quanto segue. Questa Sezione ha statuito in ordine al riscontrato difetto di istruttoria e di motivazione dell'ordinanza demolitoria n. 36 del 21 agosto 2019, prot. n. 10522, determinando l'annullamento della stessa limitatamente agli interventi edilizi in commento. Le medesime conclusioni non possono, tuttavia, riproporsi con riguardo al provvedimento di diniego di sanatoria oggetto dell'odierno gravame. In premessa è d'uopo precisare che le opere realizzate in aree sottoposte a vincoli, ivi compresi quelli ambientali e paesaggistici, sono sanabili solo alla duplice condizione che esse siano state realizzate prima dell'imposizione del vincolo e che siano conformi alle prescrizioni urbanistiche e degli strumenti urbanistici. Per giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata, "grava esclusivamente sul privato l'onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell'opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio...tale onere discende attualmente, in linea di principio, dagli artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. in forza dei quali spetta al ricorrente l'onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità " (Consiglio di Stato, sez. II, 05/02/2021, n. 1109; cfr. anche Consiglio di Stato, sez. II, 08/05/2020, n. 2906) e "spetta al ricorrente l'onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità e al soggetto che ha commesso l'abuso edilizio l'onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell'immobile abusivo e, in mancanza di tali prove, l'amministrazione può negare la sanatoria dell'abuso" (Consiglio di Stato sez. VII, 17/08/2023, n. 7804). Ciò non toglie, tuttavia, che le competenti Amministrazioni siano chiamate ad assolvere un minimo onere motivazionale in ordine al diniego di sanatoria dovuto alla mancata prova circa l'esatta collocazione temporale delle opere abusive. In altri termini, se l'onere della prova dell'ultimazione entro una certa data di un'opera edilizia, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per cui non è richiesto un titolo ratione temporis, incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, tale onere non esclude che, secondo ragionevolezza, l'amministrazione debba valutare tutti gli elementi, seppur indiziari, forniti dal privato interessato al fine di dichiararne la loro irrilevanza probatoria in ordine della richiesta sanatoria. Dunque, a fronte della produzione di taluni elementi probatori da parte dei ricorrenti (tra cui la foto dell'IGM del 1956 - Strisciata III, fotogramma 1802) le Amministrazioni resistenti hanno adeguatamente motivato sulla circostanza per cui l'attività costruttiva che ha comportato la creazione di nuovo volume sarebbe stata svolta dopo la data di apposizione del vincolo paesaggistico (1954) e, dunque, in ordine alla impossibilità di sanare l'abuso sia dal punto di vista urbanistico che edilizio. In particolare, la Soprintendenza, nel parere negativo sull'istanza de qua, rappresenta che "dalla sovrapposizione con la pianta catastale (di cui non si legge l'epoca) sulla Tav. 5 non si evince la preesistenza della volumetria che si vorrebbe preservare" e che "non viene in alcun modo dimostrata, nella sua attuale consistenza, la preesistenza alla data del vincolo paesaggistico del volume che occuperebbe l'area del vecchio rudere e del quale si chiede il mantenimento". Il Comune, tenuto conto della vincolatività del parere reso dalla Soprintendenza, ha dunque legittimamente affermato che gli interventi descritti non sono astrattamente sanabili poiché in contrasto sia con la normativa dettata dal vigente PRG (art. 9 NTA), sia con la normativa paesaggistica, trattandosi di nuova edificazione con la creazione di nuove superfici e volumi non rientranti tra le opere ammissibili elencate al co. 4 dell'art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004. Ciò non toglie tuttavia che l'impugnato diniego di sanatoria sia illegittimo laddove ha comportato la ripresa dell'efficacia dell'ingiunzione alla demolizione n. 36 del 21/08/2019 con riferimento alle opere de quibus. Non può invero restituirsi efficacia ad un provvedimento ripristinatorio comunque annullato in parte qua da questo T.A.R. con sentenza n. 1303/2022, seppur per difetto di istruttoria e di motivazione. Ne consegue l'annullamento del provvedimento n. 6292/22 del 12 maggio 2022 del Comune di (omissis) solo nella parte in cui afferma la reviviscenza dell'efficacia dell'ingiunzione alla demolizione n. 36 del 21/08/2019 per le opere edili indicate sub B). La reciproca soccombenza consente di compensare le spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: - accoglie in parte il ricorso e per l'effetto annulla provvedimento n. 6292/22 del 12 maggio 2022 del Comune di (omissis) nella sola parte in cui afferma la reviviscenza dell'efficacia dell'ingiunzione alla demolizione n. 36 del 21/08/2019 per le opere edili indicate sub B); - rigetta il ricorso per il resto; - compensa le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario Laura Zoppo - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SALERNO Seconda Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Grazia Roscigno ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6707/2023 promossa da: Parte_l (C.F. c.F._l), con il patrocinio dell'avv. (...) ATTORE/I contro Controparte_2 (C.F. p.iva, con il patrocinio dell'avv. Parte_2 e dell'avv. (...) CP_2 CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Parte_l ha citato in giudizio il Controparte_3 (...) "per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "1. Dichiararsi esclusiva proprietà dell'attrice l'intero appartamento, sito al piano sesto, interno, dell'edificio ubicato in indirizzo_i, in cp_2; 2. Dichiararsi che la pertinenza di tale appartamento, ovvero la quota di terrazzo al piano (...) sovrastante l'appartamento, è di esclusiva proprietà dell'attrice, così come, quindi, risulta essere anche l'immobile costruito sulla stessa; 3. Dichiararsi nulli ed inefficaci tutti gli atti lesivi della proprietà dell'attrice; 4. Dichiararsi, in specie, l'inesistenza dei diritti affermati dai convenuti Controparte_2 e Sig. Controparte_4; 5. Dichiararsi, in specie, nullo ed inefficace il presunto contratto di locazione immobiliare stipulato tra il Controparte_2 in persona dell'amministratore pro tempore, sig.ra Controparte_5 e il sig. cp_4 (...) in quanto inesistente ed infondato per carenza di titoli giustificativi del diritto alla locazione dell'immobile; 6. In via gradata, si chiede la rimozione dell'immobile costruito sul terrazzo al piano (...); sovrastante l'appartamento di proprietà dell'attrice, occupato senza alcun titolo valido. 7. Ancora in via gradata si chiede che l'Ili.mo Tribunale voglia riconoscere la proprietà del bene di cui è causa alla sig.ra Parte_i, attrice, in virtù del principio di accessione. Il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari con attribuzione al sottoscritto avvocato". A fondamento della domanda l'attrice ha dedotto l'esistenza di un manufatto sulla quota del terrazzo di copertura del fabbricato di proprietà esclusiva, illegittimamente locato dal Controparte_6. Il Condominio si è costituito a mezzo del suo procuratore, ossia dell'Controparte_7 Controparte_8 Controparte_5 contestando l'ammissibilità dell'azione intrapresa, ossia quella di accertamento negativo, in quanto l'attrice non ha mai avuto il possesso o la disponibilità dell'immobile situato sul terrazzo e, comunque, l'infondatezza dell'azione, per essere l'immobile di proprietà del Condominio, fin dalla costruzione del fabbricato. Nelle memorie ex art. 171 ter c.p.c. Fattrice ha eccerpito il difetto di rappresentanza del cp_2 non avendo la società che lo amministra provveduto a depositare la delibera di ratifica dell'assemblea; ha quindi chiesto il rigetto delle avverse domande. Al verbale della prima è stato concesso termine per il deposito della delibera di ratifica dell'assemblea, che però non è stata prodotta. La causa è stata rinviata per la decisione in merito alla legittimazione passiva dell'amministratore. Orbene, alla luce dell'ampio disposto di cui alla prima parte del secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., sussiste la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio nel caso di domanda volta alla rivendica di un bene che il condominio utilizza come proprietà comune, dunque, l'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, tuttavia, la resistenza in giudizio ad azione di accertamento negativo della proprietà sui beni comuni, non rientra tra le attribuzione ex lege dell'amministratore, in quanto "In tema di condominio, la legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore in caso di pretese concernenti l'affermazione di diritti di proprietà, anche comune, può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito da ciascuno dei condomini al medesimo amministratore e non già - ad eccezione della equivalente ipotesi di unanime positiva deliberazione di tutti i condomini - nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, che vale ad attribuire, nei limiti di legge e di regolamento, la mera legittimazione processuale ex articolo 77 cod. proc. civ., presupponente peraltro quella sostanziale. Ne consegue che, in assenza del potere rappresentativo in capo all'amministratore in relazione all'azione esercitata, la mancata costituzione del rapporto processuale per difetto della legittimazione processuale inscindibilmente connessa al potere rappresentativo sostanziale mancante - vizio rilevabile anche d'ufficio, pure in sede di legittimità - comporta la nullità della procura alle liti, di tutti gli atti compiuti e della sentenza" (Sez. 2, Sentenza n. 5862 del 13/03/2007). le S.U. (Cass. civ., Sezioni Unite, 6 agosto 2010, n. 18331), successivamente, hanno affermato che "L'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma cod. civ., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione. Dunque deve essere affermata l'assenza di legittimazione passiva del cp_2 mancando la delibera di ratifica assembleare. Le spese di lite devono compensarsi integralmente, in quanto unitamente al cp_2 si è costituiti un'altra condomina e, separatamente, con distinti atti d'intervento, anche altri condomini, partecipando alle stesse identiche difese svolte dal cp_2, per cui nessuno sforzo difensivo ulteriore è stato svolto dall'attrice. Va, inoltre, considerata l'assenza di qualsiasi responsabilità in capo all'amministratrice dell'omessa ratifica dell'assemblea, avendo la s.a.s. resistito per la difesa di un bene comune. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - Dichiara il difetto di rappresentanza sostanziale del Condominio, nella persona di Contatto cp_8 di Controparte_5; - Compensa per intero le spese di lite tra le parti. Si precisa che la presente sentenza è resa solo tra le parti intestate e non tra l'attrice e le altre parti costituite, che ne restano estranee. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. 16 maggio 2024
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 124 del 2024, proposto da: An. Br., rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ca., Gi. Se. e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliata ex lege in Salerno, c.so (...); per l'annullamento a - del provvedimento prot. 70376 del 06.12.2023, con il quale il Comune di (omissis), sulla base del parere sub b), ha respinto l'istanza di autorizzazione paesaggistica depositata dal ricorrente in data 22.12.2021 ai fini della realizzazione di un intervento di "demolizione e ricostruzione di un fabbricato di civile abitazione in area di sedime prevista dal Piano di Recupero"; b - del provvedimento prot. n. 25577 del 08.11.2023, con il quale la Soprintendenza ha reso parere contrario al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica; c - della nota prot. n. 70392 del 06.12.2023, con la quale il Comune di (omissis) ha comunicato il provvedimento sub a); d - della nota prot. n. 67487 del 21.11.2023, con la quale il Comune di (omissis) ha comunicato i motivi ostativi; e - della nota prot. n. 24589 del 26.10.2023, con la Soprintendenza ha comunicato i motivi ostativi; f - di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), del Ministero della Cultura e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2024 la dott.ssa Gaetana Marena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; FATTO e DIRITTO Con istanza, prot. n. 74378 del 22.12.2021, il ricorrente chiedeva il rilascio del permesso di costruire, nonché dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 D.Lgs 42/2004 per la realizzazione di un intervento di "demolizione e ricostruzione di un fabbricato di civile abitazione in area di sedime prevista dal Piano di Recupero". L'istanza veniva più volte integrata: in data 17.05.2022 con nota prot. n. 29844; in data 22.03.2023 con nota prot. n. 18154; in data 19.09.2023 con nota prot. n. 54562. Parte ricorrente rappresenta l'inserimento dell'immobile oggetto di istanza nel Piano di Recupero di Castagneto. Con nota, prot. n. 24589 del 26.10.2023, la Soprintendenza comunicava i motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza. Con nota, prot. n. 25577 del 08.11.2023, la Soprintendenza formalizzava il diniego definitivo. Con nota, prot. n. 70376 del 06.12.2023, il Comune negava l'autorizzazione paesaggistica. Avverso il parere negativo e il diniego comunale, insorge il ricorrente, mediante gravame di annullamento, sorretto da una serie di censure di legittimità, variamente scandite nei diversi motivi di ricorso, così di seguito sintetizzate. I - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 146 DEL D.LGS. N. 42/2004 IN RELAZIONE ALL'ART. 10 BIS DELLA L. N. 241/1990) - ECCESSO DI POTERE (ERRONEITA' MANIFESTA - DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ARBITRARIETA' - TRAVISAMENTO - SVIAMENTO - ILLOGICITA' MANIFESTA) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO Parte ricorrente deduce una violazione del giusto procedimento: la Soprintendenza, infatti, avrebbe elevato a motivo di diniego una asserita carenza documentale, opponendo tale incompletezza soltanto in sede di comunicazione dei motivi ostativi. Senonché, osserva parte ricorrente, la lacuna documentale andrebbe rilevata nel corso della fase istruttoria: l'istruttoria e la comunicazione dei motivi ostativi costituiscono momenti cronologicamente distinti, finalisticamente eterogenei, sicché la seconda non potrebbe assorbire un elemento logicamente appartenente alla prima. II - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 146 DEL D.LGS. N. 42/2004 IN RELAZIONE ALL'ART. 10 BIS DELLA L. N. 241/1990) - ECCESSO DI POTERE (ERRONEITA' MANIFESTA - DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ARBITRARIETA' - TRAVISAMENTO - SVIAMENTO - ILLOGICITA' MANIFESTA) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO Parte ricorrente individua un ulteriore profilo di violazione del giusto procedimento, nello specifico deducendo la lesione del principio del dissenso costruttivo: la Soprintendenza avrebbe omesso qualsiasi valutazione in ordine alla possibile rimodulazione dell'intervento, trascurando di indicare possibili alternative edificatorie assentibili. III - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 146 DEL D.LGS. N. 42/2004 IN RELAZIONE ALL'ART. 3 DELLA L. N. 241/1990) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - DI MOTIVAZIONE - ERRONEITA' MANIFESTA - SVIAMENTO - ARBITRARIETA' - ILLOGICITA' - IRRAGIONEVOLEZZA) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO Premesso che l'autorizzazione paesaggistica - per via della propria autonomia funzionale e strutturale - dovrebbe saggiare soltanto i profili ambientali e paesaggistici, e non anche gli aspetti concernenti alla regolarità urbanistico-edilizia dell'opera, il provvedimento della Soprintendenza sarebbe altresì illegittimo per contenere ragioni preclusive attinenti alla sfera edilizia, e come tali collidenti col succitato assetto di competenze. Parte ricorrente aggiunge che il provvedimento negativo si discosta dalle valutazioni favorevoli formulate dalla C.L.P. e dal responsabile del procedimento, oltre a disallinearsi dalla valutazione compiuta dal Comune, senza offrire al riguardo una compiuta motivazione. IV - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 146 DEL D.LGS. N. 42/2004 IN RELAZIONE ALL'ART. 3 DELLA L. N. 241/1990) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - DI MOTIVAZIONE - ERRONEITA' MANIFESTA - SVIAMENTO - ARBITRARIETA' - ILLOGICITA' - IRRAGIONEVOLEZZA) Parte ricorrente, identificate le ragioni fondanti il diniego recate dalla Soprintendenza, procede alla loro singola contestazione. Taluni profili della prospettata carenza documentale, oltre ad afferire alla sfera urbanistico-edilizia eccedente la cornice funzionale della Soprintendenza, sarebbero invero imputabili al Comune. Le ulteriori carenze, in astratto ascrivibili all'istante, sarebbero insussistenti. Infatti, nel provvedimento impugnato si contesterebbe al privato l'omessa valutazione del tecnico incaricato in punto di compatibilità paesaggistica dell'intervento; tuttavia, siffatta valutazione spetterebbe, ai sensi del D.P.C.M. n. 12/12/2005, alla Soprintendenza. Inoltre, l'istanza sarebbe corredata della planimetria catastale, della prescritta documentazione tecnica e grafica, anche presentando una esaustiva documentazione fotografica comprensiva di foto panoramiche. Sarebbero altresì allegate le tavole dalle quali cogliere la caratterizzazione arborea e vegetazionale del contesto. Altre lacune riguarderebbero esclusivamente la dimensione edilizio-urbanistica, sottratta alla valutazione della Soprintendenza. Dalle predette rappresentazioni seguirebbe l'erroneità del rilievo di incompletezza e superficialità documentale opposto dalla Soprintendenza. Parte ricorrente, proseguendo nell'esposizione del suddetto motivo, censura il parere in quanto, ancorché in astratto connotato da ampia discrezionalità tecnica, sarebbe in concreto affetto da infondatezza, irragionevolezza, illogicità . Il parere in questione, costruito su formule generiche e stereotipe, non consentirebbe di apprezzare l'iter logico-argomentativo ad esso sotteso; sarebbe del tutto assente una effettiva valutazione paesaggistica correlata alle specifiche coordinate dell'intervento e calata nel relativo ambito di riferimento. Inoltre, atteso l'inserimento dell'immobile oggetto dell'istanza in un contesto ospitante immobili affini, si appaleserebbe l'irragionevolezza del diniego, anche considerato che l'intervento in istanza sarebbe teso alla demolizione-ricostruzione di un manufatto in attuale stato di abbandono, in piena coerenza con le pertinenti N.T.A.. In aggiunta parte ricorrente contesta il quadro fattuale presentato dalla Soprintendenza per la quale la ricostruzione interesserebbe una diversa area di sedime. L'intervento in istanza sarebbe poi conforme alla disciplina di zona. V - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 146 D.LGS. N. 42/2004) - ECCESSO DI POTERE (ERRONEITA' MANIFESTA - DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO - DI ISTRUTTORIA - ARBITRARIETA' - TRAVISAMENTO - SVIAMENTO - ILLOGICITA' MANIFESTA) Parte ricorrente deduce l'illegittimità derivata del diniego di istanza di autorizzazione paesaggistica, in quanto esclusivamente fondato sul parere negativo della Soprintendenza. Resiste in giudizio la Soprintendenza, la quale, contro-deducendo alle prospettazioni di parte ricorrente, conclude per il rigetto del gravame. Anzitutto, rileva che la violazione procedurale prospettata dal ricorrente nel primo motivo sarebbe invero priva di riflessi sostanziali sul contraddittorio: il privato è stato in ogni caso posto in condizione di rimediare alle lacune documentali. In secondo luogo, oppone che, per effetto dell'incompatibilità paesaggistica, nessuna opzione alternativa percorribile, in omaggio al dissenso costruttivo, poteva in concreto essere fornita. Di seguito richiama, ai fini del completamento delle difese, la relazione tecnica del funzionario della Soprintendenza. Si costituisce in giudizio il Comune intimato. Nella memoria finale, il ricorrente ribadisce gli argomenti e le conclusioni già svolti col ricorso ed evidenzia l'assenza di difese della Soprintendenza rispetto ad una serie di censure. Nell'udienza pubblica del 15 maggio 2024, la causa è introitata per la decisione. Il gravame è accolto. La materia del contendere verte sulla legittimità o meno del diniego comunale e del relativo parere negativo della Soprintendenza. Ed invero, sulla base della disamina della documentazione in atti, i due provvedimenti si appalesano al Collegio illegittimi. Anzitutto, è di palmare evidenza il vizio di violazione del giusto procedimento, come profilato dalla parte ricorrente nel suo primo motivo di gravame, che inficia inevitabilmente l'atto consultivo. La cornice argomentativa del parere impugnato enuclea, infatti, quale specifica ragione di diniego, la carenza documentale. Come ben rimarca il ricorrente epigrafato, la Soprintendenza ha evidentemente omesso di richiedere integrazioni documentali, prima di addivenire alla soluzione tranciante del preavviso di rigetto, in palese violazione delle regole di dialettica procedimentale nonché di leale cooperazione tra privato ed amministrazione. Senza dubbio alcuno, infatti, la richiesta di integrazione documentale e il preavviso di rigetto attengono a fasi dell'istruttoria sia cronologicamente che funzionalmente distinte. L'istruttoria afferisce al momento prodromico alla fase finale decisoria, dove si esplica, in chiave comparativa e ponderativa dei contrapposti interessi in gioco, la sostanziale valutazione discrezionale; ciò giustifica, in un'ottica finalistica di esatta ricostruzione fattuale e circostanziale, la formalizzazione di un'eventuale richiesta di integrazione documentale. La comunicazione dei motivi ostativi, invece, inerisce già ad una fase pre-decisoria e, come tale, segue la definizione dell'istruttoria, culminata nell'esame degli atti disponibili. In questo scenario ricostruttivo, è evidente come la Soprintendenza abbia omesso un ineludibile passaggio preliminare, con conseguenziale vulnerazione delle stesse garanzie partecipative. Vale, altresì, soggiungere che il gravame è accolto anche per la parte in cui si affronta il merito paesaggistico. La Soprintendenza, nel suo parere, assume che "l'immobile è ubicato in un insediamento di carattere storico ed ambientale, il cui valore discende proprio dall'intrinseco legame spaziale e formale che si innesta tra edilizia e paesaggio tutelato; ...il villaggio di (omissis) è uno dei 16 casali di cava dal tessuto medievale urbano conservato...; l'intervento progettato incide negativamente sull'antico paesaggio circostante..". Ed invero, la documentazione fotografica, versata in atti, non dà prova dell'esistenza del prefato villaggio e, parimenti, dimostra che l'immobile esistente è privo dell'invocato pregio, a sostegno del giudizio di incompatibilità paesaggistica. L'immobile in oggetto è ricompreso in zona E1 - demolizione e ricostruzione del Piano di Recupero "Frazioni Sud- Ovest". L'art. 1 del piano di recupero così recita: "per gli interventi con categoria E1 - E2 - E3 la superficie utile di calpestio, residenziale e non, ricavata a seguito dell'intervento, non può essere superiore di oltre il 15% a quella iniziale (art. 37 delle N.T.A. del vigente P.R.G.), per cui la superficie utile abitabile può essere incrementata fino al 15% rispetto alla superficie abitabile preesistente ed analogamente la superficie non destinata alla residenza può essere incrementata fino al 15% rispetto alla superficie preesistente". Le stesse N.T.A. hanno previsto che la zona, nell'ambito della quale ricade l'immobile in oggetto, "riguarda le unità edilizie di nessun valore, con valori architettonici in contrasto sia con l'ambiente che con l'impianto urbanistico". Il Piano regolatore generale classifica l'area come insediamento, e non zona di pregio. L'immobile è, dunque, ricompreso nell'ambito di un'area per la quale è stata espressamente prevista la demolizione e ricostruzione. In ultimo, si aggiunge, poi, come evidenziato dal ricorrente, che la stessa C.L.P. ha espressamente chiarito che l'intervento è caratterizzato da una limitata volumetria e limitata articolazione spaziale e dalla presenza di elementi naturalistici che si ripropongono in continuità con quelli esistenti, a garanzia degli aspetti tutelati, in uno con quelli architettonici. E tanto basta al Collegio. Sulla scorta delle predette considerazioni giuridiche, il parere della Soprintendenza ed il diniego comunale sono illegittimi. In ragione della peculiarità della fattispecie, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - sezione staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e, per l'effetto, annulla il parere, prot. n. 25577 del 08.11.2023, ed il diniego comunale, prot. n. 70376 del 06.12.2023. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario, Estensore Laura Zoppo - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1992 del 2023, proposto dal Consorzio Stabile En., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG A0114A3A80, rappresentato e difeso dall'avvocato Lo. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), e l'Agenzia per la Coesione Territoriale, non costituiti in giudizio; Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Ministro per gli Affari Europei il Sud e le Politiche di Coesione e per il Pnrr, con il patrocinio dell'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so (...); nei confronti L.G. Co. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. Di. Pe. e Ma. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento: a) della determina n. 1110 del 29.11.2023 del Comune di (omissis), con la quale si è disposta la aggiudicazione dell''appalto integrato di progettazione definitiva ed esecutiva e realizzazione dei lavori di riqualificazione dell''area di Via (omissis) in favore della L.G. Co. s.r.l.; b) della comunicazione del Comune di (omissis) della determina sub a); c) dei verbali di gara nella parte in cui hanno valutato ed attribuito il punteggio alla impresa LG. Co., formulando proposta di aggiudicazione in suo favore; d) ove occorra, del disciplinare di gara, se inteso a non prevedere l'attribuzione del punteggio di qualità per le imprese in aggiornamento nella white list o, in subordine, del criterio sub A.5, nella parte in cui ha previsto l'attribuzione di un punteggio qualitativo per un requisito di partecipazione; e) del disciplinare di gara, nella parte in cui al punto 24 ha ritenuto non applicabile il termine dilatorio di 35 giorni per la stipula del contratto; f) di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e consequenziali; e per l''accertamento del diritto del Consorzio ricorrente, in sede di giurisdizione esclusiva, ai sensi dell''art. 133 lett. e) n. 1) c.p.a., alla aggiudicazione previa declaratoria di inefficacia d''ufficio ai sensi dell''art. 121 del contratto stipulato in data 14.12.2023, per violazione del termine dilatorio applicabile anche agli appalti PNRR. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis), della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Interno, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, del Ministro per gli Affari Europei il Sud e le Politiche di Coesione e per il Pnrr, e di LG. Co. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il dott. Fabio Di Lorenzo e uditi per le parti i difensori Le. Lo. e Pe. Ma.; 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato il Consorzio Stabile En., premettendo di essere secondo graduato con punti 89,5520 alle spalle della prima graduata aggiudicataria LG. Co. S.r.L. con punti 91,2712, ha impugnato la determina n. 1110 del 29.11.2023 del Comune di (omissis), con la quale è stata disposta la aggiudicazione dell'appalto integrato di progettazione definitiva ed esecutiva e realizzazione dei lavori di riqualificazione dell'area di Via (omissis) in favore della L.G. Co. s.r.l., indetto con determina dirigenziale n. 854 del 29.9.2023, su fondi PNRR. Si è costituito il Comune di (omissis) per resistere al ricorso. Si è costituita la controinteressata LG. Co. S.r.L. deducendo l'infondatezza delle censure di LG. Co. S.r.L. Si sono costituiti con memoria di stile, per resistere al ricorso, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Interno, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministro per gli Affari Europei, il Sud e le Politiche di Coesione e per il Pnrr. Non si sono costituite né la Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), né l'Agenzia per la Coesione Territoriale. Con ordinanza n. 10 del 11.1.2024 è stata respinta la domanda cautelare del ricorrente, ed è stata disposta la verificazione al fine di accertare l'asserita irragionevolezza della attribuzione dei punteggi per le offerte prime due graduate lamentata da Consorzio Stabile En.. Depositata la relazione del verificatore, dopo lo scambio di memorie, all'esito dell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 il Collegio ha deliberato la decisione. 2. Con il primo motivo la parte ricorrente ha lamentato che erroneamente l'amministrazione non avrebbe assegnato il punteggio premiale di due punti per l'iscrizione nella white list, mentre erroneamente tale punteggio sarebbe stato assegnato a LG. Co. S.r.L. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata. 2.1. In via preliminare, è corretta l'affermazione della parte ricorrente, secondo cui la sussistenza dei presupposti per l'attribuzione del citato punteggio premiale deve essere accertata in capo alla consorziata esecutrice; infatti la centrale di committenza nel punto 5 delle FAQ ha chiarito che "ai fini della valutazione dell'offerta tecnica le certificazioni prese in considerazione saranno solo quelle possedute dagli operatori economici che eseguiranno i lavori e non dagli operatori economici che svolgeranno il servizio di progettazione esecutiva". Orbene, con riferimento al Consorzio ricorrente, la consorziata esecutrice G.M. Costruzioni non è in possesso di iscrizione nella white list. Nell'offerta tecnica presentata da parte ricorrente infatti è documentata solo una richiesta di iscrizione nella white list datata 24.7.2023, di cui non è documentato il riscontro; peraltro LG. Co. S.r.L. ha rilevato che i legali rappresentanti del Consorzio ricorrente hanno omesso di dichiarare ai sensi dell'art. 76 del DPR 445/2000 la sussistenza di tale iscrizione. Ai fini della attribuzione del punteggio premiale non è sufficiente la richiesta di iscrizione nella white list, ma occorre l'effettiva iscrizione, che l'amministrazione, se sussistono i presupposti, è tenuta a effettuare entro 90 giorni dalla richiesta; sotto tale ultimo profilo, la ricorrente aveva la possibilità di verificare l'esistenza e lo stato della domanda nell'elenco pubblicato sul portale della Prefettura, attivando, ove ne avesse ritenuto la necessità, eventuali tutele, anche giurisdizionali, ciò che non è in concreto avvenuto. Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che "la regolazione dei requisiti di esecuzione va rinvenuta nella lex specialis", con la conseguenza che "se richiesti come elementi essenziali dell'offerta o per l'attribuzione di un punteggio premiale, la loro mancanza al momento di partecipazione alla gara comporta, rispettivamente, l'esclusione del concorrente o la mancata attribuzione del punteggio" (Cons. Stato, n. 9255/2023). Trattandosi inoltre di documentazione riguardante l'offerta tecnica, non sarebbe possibile neppure il soccorso istruttorio. Chiarito che ai fini del descritto punteggio premiale il requisito della iscrizione deve essere verificato in capo alla consorziata esecutrice, ad abundantiam il Collegio evidenzia che difetta tale iscrizione anche in capo al Consorzio. Infatti l'iscrizione nella white list del Consorzio ricorrente è scaduta il 28.04.2022 e non risulta in fase di aggiornamento, né dall'offerta della ricorrente emerge alcuna richiesta di permanenza nell'elenco della white list, la quale sarebbe dovuta essere inoltrata entro il 28.03.2022. 2.2. Il Collegio ritiene che non è fondata la censura della parte ricorrente in ordine alla attribuzione del punteggio a LG. Co. S.r.L. per la iscrizione nella white list, secondo cui, in tesi, l'impresa aggiudicataria non avrebbe allegato alla offerta tecnica la Certificazione di iscrizione nella white list con preclusione per la assegnazione del relativo punteggio premiale. Il possesso del requisito premiale della iscrizione nella white list, dichiarato dall'offerente LG. Co. S.r.L., è stato accertato dalla Commissione di gara; dalla documentazione della Prefettura emerge che LG. Co. S.r.L. ha ottenuto tale iscrizione, la quale, scaduta in data 16.5.2023, era in stato di aggiornamento. Alla luce di ciò, non è fondata la censura della parte ricorrente, secondo cui LG. Co. S.r.L. non avrebbe prodotto al momento dell'offerta la certificazione a dimostrazione della iscrizione, come in tesi sarebbe richiesto dal disciplinare per i criteri A.5 del disciplinare. In realtà sotto il criterio A.5 sono inseriti vari requisiti, tra cui varie certificazioni ISO, e anche l'iscrizione nella white list; la previsione del disciplinare secondo cui con riferimento ai criteri di cui al punto A.5 occorre la "dichiarazione delle certificazioni possedute da ogni partecipante con allegate copie delle stesse" certamente si riferisce alle certificazioni ISO indicate nel punto A.5, ma non anche alla iscrizione alla white list prevista nel medesimo punto A.5, per la quale non sono previste certificazioni, essendo comprovabile con l'autocertificazione inserita nella domanda e con la possibilità per la Stazione appaltante di consultare gli elenchi tenuti dalla Prefettura. Sul punto, a conferma che la stazione appaltante può in ogni momento verificare la veridicità della dichiarazione del possesso del requisito premiale dell'iscrizione, è utile richiamare l'art. 7 c. 2 del d.p.c.m. 18 aprile 2013 (Modalità per l'istituzione e l'aggiornamento degli elenchi dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190), aggiornato al d.p.c.m. 24 novembre 2016, in base al quale "I soggetti di cui all'art. 83, commi 1 e 2, del Codice antimafia verificano l'iscrizione nell'elenco attraverso i siti istituzionali delle Prefetture competenti di cui all'art. 8"; a sua volta, il citato art. 83 del Codice Antimafia prevede che "Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici". Sulla stessa linea si pone l'art. 99 c. 3 del d.lgs. n. 36/2023: "Agli operatori economici non possono essere richiesti documenti che comprovano il possesso dei requisiti di partecipazione o altra documentazione utile ai fini dell'aggiudicazione, se questi sono presenti nel fascicolo virtuale dell'operatore economico, sono già in possesso della stazione appaltante, per effetto di una precedente aggiudicazione o conclusione di un accordo quadro, ovvero possono essere acquisiti tramite interoperabilità con la piattaforma digitale nazionale dati di cui all'articolo 50-ter del co-dice di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005 e con le banche dati delle pubbliche amministrazioni". Coerentemente con tali previsioni si pone il punto 6.1 della lex specialis di gara: "Per la comprova del requisito la stazione appaltante acquisisce d'ufficio i documenti in possesso di pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'operatore economico, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti". Anche sotto tale profilo quindi la censura della parte ricorrente è infondata. 2.3. Il Consorzio Stabile En. ha inoltre lamentato l'illegittimità del disciplinare di gara nella parte in cui ha prescritto l'attribuzione di un punteggio premiale per iscrizione nella white list, dovendo tale iscrizione essere piuttosto inserita tra i requisiti di partecipazione alla gara ai fini dell'ammissione. Il motivo è infondato. Occorre premettere che l'iscrizione alla white list non è indispensabile per l'esecuzione dei lavori per cui è causa, poiché le attività imprenditoriali iscrivibili nell'elenco della Prefettura sono solo quelle espressamente individuate nell'art. 1, comma 53, della legge 190/2012. Ciò premesso, non è sindacabile, in quanto non connotata da irragionevolezza, illogicità e contraddittorietà, la scelta dell'amministrazione, contenuta nel disciplinare, di attribuire valore premiale alla iscrizione alla white list. Anche sotto tale profilo quindi il primo motivo di ricorso è infondato. 3. Con il secondo motivo di ricorso il Consorzio Stabile En. ha censurato le valutazioni effettuate dalla Commissione di gara per l'attribuzione dei punteggi relativi ai sub-criteri A1a e A1b, rivendicando il diritto ad un maggior punteggio, e sostenendo che il punteggio attribuito a LG. Co. S.r.L. sarebbe illogicamente eccessivo. Quindi Consorzio Stabile En. ha lamentato l'illogicità delle valutazioni dell'amministrazione. Con ordinanza n. 10 del 11.1.2024 il Collegio ha disposto verificazione al fine di accertare l'asserita irragionevolezza della attribuzione dei punteggi per le offerte prime due graduate lamentata dal Consorzio Stabile En.. 3.1. Il sub criterio A1a ("interventi migliorativi progettuali") si riferisce al "miglioramento delle caratteristiche dei materiali utilizzati finalizzati ad un miglioramento delle caratteristiche costruttive e prestazionali della piazza, strutture e dell'involucro costruttivo (chiusure verticali e orizzontali, ecc.)". Il disciplinare prevede al riguardo il seguente criterio di valutazione ai fini del punteggio: "I concorrenti dovranno formulare proposte che tendano a migliorare la qualità, le caratteristiche in termini di qualità, durabilità e resistenza dei materiali previsti in progetto con utilizzo di materiali, tecniche e/o tecnologie che consentano un minor grado di usura dell'opera ed estensione della garanzia contrattuale e, di conseguenza, un minor costo di manutenzione in particolare per ottenere una maggiore manutenibilità, riduzione oneri di gestione, riduzione impatto ambientale ed efficienza energetica, aumento requisiti passivi strutture orizzontali di separazione piazza locali sottostanti. Saranno valutati positivamente i materiali utilizzati prodotti con un contenuto di materiali riciclati superiore al 20%, altresì saranno valutati l'utilizzo di materiali di costruzioni con utilizzo di un contenuto di materiale riciclato superiore al 10%". Tale previsione del disciplinare deve essere letta in modo complessivo e non parcellizzato, nell'ottica funzionale complessiva di migliorare il Progetto di Fattibilità Tecnico-Economica (PFTE) con utilizzo di materiali, tecniche e/o tecnologie caratterizzati dalle diverse e molteplici proprietà . Per tale ragione non è condivisibile la doglianza del ricorrente che, facendo leva su una lettura parcellizzata della citata previsione sul criterio di valutazione, ha lamentato che LG. Co. S.r.L. non sarebbe stata precisa nella indicazione della percentuale di materiale riciclato, per cui avrebbe dovuto ricevere un punteggio più basso. Infatti l'ultimo periodo della citata previsione del disciplinare, cioè il periodo in base al quale "Saranno valutati positivamente i materiali utilizzati prodotti con un contenuto di materiali riciclati superiore al 20%, altresì saranno valutati l'utilizzo di materiali di costruzioni con utilizzo di un contenuto di materiale riciclato superiore al 10%", non può essere letto in modo isolato per sostenere che una più precisa indicazione della percentuale di materiali riciclati contenuti nell'offerta del Consorzio Stabile En. avrebbe comportato il diritto a un maggior punteggio per il criterio A1a; piuttosto, dovendosi seguire una lettura complessiva della citata previsione non limitata al profilo dell'impiego di materiali riciclati, non è irragionevole la valutazione dell'amministrazione, che ha operato una valutazione complessiva sulla rispondenza dei materiali proposti alle principali caratteristiche tecniche (tra le quali vi è anche il profilo dei materiali riciclati, che quindi non è l'unico da valutare). Va quindi condiviso quanto affermato dal verificatore, secondo cui il contenuto del sub-criterio A.1a non può essere arbitrariamente limitato alla sola enunciazione relativa all'utilizzo di materiali riciclati: "la lettura integrale della stessa enunciazione evidenzia che la richiesta posta agli operatori economici è più ampia rispetto a quanto previsto nel secondo periodo in merito all'impiego di materiali riciclati e materie prime rinnovabili. Infatti, le caratteristiche tecniche, le soluzioni tecnologiche e gli obiettivi descritti nel primo periodo non prevedono necessariamente l'impiego di materiali riciclati o provenienti da fonti rinnovabili". Quindi la censura del ricorrente è infondata con riferimento al criterio A1a. 3.2. Con riferimento invece al sub criterio A1b relativo a "Miglioramenti delle caratteristiche costruttive e prestazionali degli impianti tecnologici (illuminazione interna, climatizzazione, idrici) a servizio dell'opera", con valutazione immune da vizi logici il verificatore "ritiene di non ravvisare "illogicità ", "irragionevolezza manifesta" o "macroscopici errori di fatto" che possano inficiare la valutazione delle Offerte Tecniche condotta dalla Commissione Giudicatrice. Pertanto, a parere dello Scrivente, i punteggi attribuiti dalla stessa alle Offerte Tecniche presentate dai due OO.EE. in causa con riferimento al sub-criteri A.1.b possono considerarsi quale espressione dell'"ampia discrezionalità tecnica" dei commissari, come è previsto nell'espletamento di gare d'appalto la cui aggiudicazione si basa sul criterio dell'"Offerta Economicamente Più Vantaggiosa" (OEPV)". 3.3. Quindi la valutazione tecnico discrezionale dell'amministrazione in ordine ai sub criteri A1a e A1b è immune da vizi logici, da irragionevolezza e da travisamento dei fatti. Ne discende che è infondato il secondo motivo di ricorso. 4. Con il terzo motivo parte ricorrente ha lamentato l'inefficacia del contratto di appalto, sottoscritto in data 14.12.2023, in quanto asseritamente in elusione del termine dilatorio di 35 giorni (stand and still), prescritto dall'art. 32 del D.Lgs. 50/2016. Secondo la ricostruzione del Consorzio Stabile En., la stazione appaltante avrebbe pretermesso di considerare che la procedura controversa è finanziata con fondi PNRR, per cui sarebbe soggetta ad un regime speciale previsto dall'art. 225 co. 8 D.Lgs. 36/2023 in relazione al D.L. 77/2021 e ss.mm.ii. Secondo tale prospettazione gli appalti PNRR, ancorché indetti dopo il 1 luglio 2023, non sarebbero soggetti all'applicazione del d.lgs. 36/2023, ma resterebbero governati dalle norme del previgente d.lgs. 50/2016, per cui non potrebbe trovare ingresso la disciplina innovativa dell'art. 18 comma 2 lett. d) del D.Lgs. 36/2023, in tema di esclusione della clausola dello stand and still, per gli affidamenti sottosoglia, ma dovrebbe essere applicato il d.lgs. 50/2016, e quindi anche la previsione del termine dilatorio dell'art. 32 comma 9 del d.lgs. 50/2016. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata, in quanto le procedure di affidamento riguardanti investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal PNRR, e bandite successivamente all'entrata in vigore del D. Lgs. n. 36/2023, sono soggette a quest'ultima disciplina. Con specifico riferimento alle procedure di affidamento e ai contratti riguardanti investimenti pubblici finanziati con le risorse previste dal PNRR e dal PNC, nonché dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, ivi comprese le infrastrutture di supporto ad essi connesse, anche se non finanziate con dette risorse, l'art. 225, co. 8, del d.lgs. n. 36/2023 dispone che si applicano, anche dopo il 1° luglio 2023, le disposizioni di cui al decreto- legge n. 77 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 108 del 2021, al decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, nonché le specifiche disposizioni legislative finalizzate a semplificare e agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti dal PNRR, dal PNC nonché dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030 di cui al regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018. Sul punto è utile richiamare la sentenza n. 758/2023 del TAR Umbria, Perugia, relativa appunto alla individuazione della disciplina applicabile ad una procedura di gara finanziata con le risorse del PNRR, e bandita successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 2023, la quale, dopo aver premesso che "il d.l. n. 77/2021 non reca una compiuta disciplina delle procedure di affidamento degli appalti finanziati con le risorse del PNRR", ha affermato quanto segue: "anche successivamente all'entrata in vigore (rectius: all'acquisto dell'efficacia) delle disposizioni del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023, alle procedure di affidamento di contratti finanziati con le risorse del PNRR continuano senz'altro ad applicarsi le norme derogatorie e, comunque, speciali di cui al d.l. n. 77/2021, come convertito, in forza della specifica previsione di cui all'art. 225, co. 8, del nuovo codice, rimane però il problema se, per quanto non derogato o comunque non diversamente disciplinato dal d.l. n. 77/2021, alle suddette procedure debba applicarsi il d.lgs. n. 36/2023, secondo la regola generale di cui all'art. 226, co. 2, del nuovo codice, o, per una sorta di effetto di trascinamento, la fonte derogata dalle succitate disposizioni del d.l. n. 77/2021, ovvero il d.lgs. n. 50/2016. (...) al di là delle disposizioni di cui al d.l. n. 77/2021 (...) dovranno trovare dunque applicazione le norme ed i principi del nuovo codice dei contratti pubblici, dovendosi ritenere ad essi riferito "ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50". Quindi, secondo tale condivisibile orientamento, nella fattispecie concreta in esame occorre applicare l'art. 226 del d.lgs. n. 36/2023, che, dopo aver sancito l'abrogazione del d.lgs. n. 50/2016 dal 1 luglio 2023, e la sua residua applicazione "esclusivamente ai procedimenti in corso", prevede nel comma 5 che ogni richiamo al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, contenuto in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti, deve intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni del nuovo codice, o, in mancanza, ai principi da esso desumibili, per cui nel caso in esame, relativo a una gara indetta dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 36 del 2023, trovano applicazione le norme ed i principi del nuovo codice dei contratti pubblici. Infatti, nella gara per cui è causa, la determinazione a contrattare è stata adottata - ai sensi dell'art. 17, co. 1, del d.lgs. n. 36/2023 - con Determina reg. gen. n. 854 del 29.09.2023, e il bando è stato pubblicato il 4.10.2023, cioè successivamente al momento in cui le disposizioni del d.lgs. n. 36 del 2023 sono divenute efficaci (1.7.2023). Trova quindi applicazione l'art. 18, comma 3, del d.lgs. n. 36/2023, secondo cui "il contratto non può essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione. Tale termine dilatorio non si applica nei casi: (...) d) di contratti di importo inferiore alle soglie europee, ai sensi dell'articolo 55, comma 2". Orbene, l'importo del contratto oggetto del presente giudizio è inferiore alla soglia europea, fissata per gli appalti di lavori Euro 5.538.000, ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 36/2023, per cui la Stazione Appaltante non era tenuta al rispetto del termine dilatorio di 35 giorni in virtù dell'art. 18, comma 3 d.lgs. 36/2023. 5. Il ricorso è pertanto respinto. 6. Nel rapporto processuale tra la parte ricorrente da un lato, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Interno, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministro per gli Affari Europei, il Sud e le Politiche di Coesione e per il Pnrr dall'altro, in quanto costituiti con memoria di mero stile sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite. Nel rapporto processuale tra la parte ricorrente e le altre parti costituite le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite nel rapporto processale con le parti non costituite Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), e l'Agenzia per la Coesione Territoriale. 7. Il compenso del verificatore prof. Ing. En. Ma., in ragione della qualità e quantità del lavoro svolto, può essere liquidato in euro 4.000,00 (da cui vanno detratti eventuali acconti percepiti), spese vive già incluse, a cui vanno aggiunti gli accessori come per legge. Tale compenso è posto a carico della soccombente parte ricorrente. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: 1) rigetta il ricorso; 2) condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di LG. Co. S.r.L., liquidandole in euro 5.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge, con distrazione in favore degli avvocati Lu. Di. Pe. e Ma. Pe.; 3) condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di (omissis), liquidandole in euro 5.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge; 4) compensa le spese nel rapporto processuale tra la parte ricorrente da un lato, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Interno, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, il Ministro per gli Affari Europei, il Sud e le Politiche di Coesione e per il Pnrr dall'altro; 5) non luogo a provvedere sulle spese di lite nel rapporto processale con le parti non costituite Centrale Unica di Committenza tra i Comuni di (omissis), e l'Agenzia per la Coesione Territoriale; 6) pone in via definitiva il compenso del verificatore prof. Ing. En. Ma., come liquidato in motivazione, a carico della parte ricorrente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Fabio Di Lorenzo - Referendario, Estensore Raffaele Esposito - Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 498 del 2020, proposto da Do. Pe., rappresentato e difeso dall'avvocato Do. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (Omissis), non costituito in giudizio; per l'annullamento, previa sospensione - della deliberazione di Giunta Comunale n. 205 del 12.12.2019, notificata a mezzo pec in data 12.02.2020, con la quale il Comune di (Omissis) ha annullato in autotutela la deliberazione di G.M. n. 65/2018, con cui era stato approvato lo schema di transazione relativa agli onorari professionali per l’attività svolta dall’Avv. Do. Pe. nel periodo dal 2009 al 2017; nonché, e per quanto possa occorrere, - della nota prot. n. (…) del 18.01.2019 con la quale il Comune di (Omissis) comunicava all’Avv. Do. Pe. l’avvio del procedimento di annullamento della delibera G.M. n. 65 del 18.05.2018 e del connesso atto di transazione; nonchè - di tutti gli atti amministrativi precedenti, conseguenti e/o comunque connessi. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 la dott.ssa Anna Saporito e uditi per le parti i difensori Pennetta Donato; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con atto notificato il 3 marzo 2020 e depositato il successivo 7 maggio 2020 l’avv. Do. Pe., legale di fiducia del Comune di (Omissis) dal 2002 al 2017, ha impugnato, chiedendone l’annullamento previa sospensiva, la D.G.C. del citato Comune in epigrafe indicata, con la quale è stata annullata in autotutela la deliberazione di G.M. n. 65/2018, recante approvazione dello schema di transazione relativa agli onorari professionali per l’attività svolta dal ricorrente nel periodo dal 2009 al 2017. 1.1. A sostegno del gravame parte ricorrente ha formulato, a mezzo di cinque motivi, censure di violazione di legge (artt. 10 bis e 21 nonies l. n. 241/90; art. 193 T.U.E.L.) e di eccesso di potere (violazione dei principi di lealtà, buona fede, trasparenza, legalità, giusto procedimento, contraddittorio; difetto di istruttoria e di motivazione; difetto dei presupposti; errore di fatto; manifesta illogicità; sviamento di potere). 2. Non si è costituito l’intimato Comune di (Omissis). 3. Su richiesta di parte ricorrente la causa è stata cancellata dal ruolo delle sospensive del 27 maggio 2020 per verificare la possibilità di pervenire ad un bonario componimento. 3.1. Alla camera di consiglio del 9 novembre 2022 parte ricorrente ha chiesto ulteriore rinvio per pendenza di trattative; la causa è stata fissata alla camera di consiglio del 20 settembre 2023, ai sensi dell'art 71 bis c.p.a., per la verifica della permanenza dell'interesse alla decisione del ricorso. Con nota del 14 settembre 2023 il ricorrente ha confermato la permanenza dell’interesse, non essendosi pervenuti alla definizione bonaria della questione. 4. All’udienza pubblica dell’8 maggio 2024 il Collegio ha rilevato, dandone atto a verbale ex art. 73, comma 3, c.p.a., un profilo di eventuale inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione. La causa è stata quindi introitata in decisione. 5. Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. 6. Per costante orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione si determina in base al criterio del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2019, n. 2196; Cons. Stato, sez. IV, 5 gennaio 2018, n. 63; Cass. Sez. un. 7 marzo 2003, n. 5508; 17 gennaio 2002 n. 489; 23 febbraio 2001, n. 64). Nello specifico, spetta al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie intercorrenti fra soggetti privati e soggetti pubblici concernenti la liquidazione di crediti pecuniari derivanti dall'esercizio di contratti d'opera professionale, atteso che dette controversie, pur facendo riferimento a lamentate inadempienze di soggetti pubblici, coinvolgono esclusivamente posizioni di diritto soggettivo collegate a rapporti di tipo paritetico, senza la possibilità di alcuna valutazione discrezionale da parte dell'Amministrazione, e ciò a prescindere dall'adozione di atti amministrativi. 6.1. Le suesposte coordinate ermeneutiche devono trovare applicazione anche nel caso di specie, che involge questioni afferenti alla remunerazione delle prestazioni professionali effettuate dal ricorrente, poi definite con un atto di transazione già sottoscritto tra le parti (in data 8 giugno 2018). La controversia riguarda, infatti, l'esecuzione di un contratto transattivo ed è caratterizzata dall'esistenza tra le parti di un rapporto paritario (incompatibile con l'esercizio di poteri autoritativi da parte del contraente pubblico), rispetto al quale sono ravvisabili solo posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo. A una diversa conclusione non può nemmeno indurre la qualificazione della delibera impugnata in termini di "annullamento in autotutela" della precedente transazione, dovendo essa piuttosto configurarsi quale atto di recesso dalla transazione stessa. Deve infatti trovare applicazione il principio, costantemente affermato in giurisprudenza, secondo cui rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative a un qualsiasi atto - a prescindere dal nomen utilizzato: annullamento, revoca, ritiro, recesso, dichiarazione di nullità contrattuale - con il quale l’amministrazione si ritiri ex post da un contratto già stipulato. Infatti, la sottoscrizione dell'atto negoziale comporta il definitivo passaggio dalla fase pubblicistica (ove l'amministratore conserva poteri autoritativi di intervento in autotutela sugli atti amministrativi prodromici alla stipula) a quella privatistica, durante la quale il potere di autotutela scompare e il ritiro dal contratto si configura, nella sostanza, alla stregua di un recesso privatistico (Cassazione Civile, Sezioni Unite, 9 ottobre 2017, n. 23600; 6 settembre 2010, n. 19046; Cons. Stato Sez. III, 31 luglio2018, n. 4729; Sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562; id., sez. V, 30 luglio 2014, n. 4025; cfr. anche Consiglio di Stato Ad. Plen. n. 13/2014, che ha dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del G.A. il ricorso proposto avverso la deliberazione della Giunta regionale con la quale è stata parzialmente annullata d'ufficio, ai sensi dell'art. 21 nonies della l. 7 agosto 1990 n. 241, la precedente deliberazione della stessa Giunta recante l'autorizzazione alla stipulazione di contratti di derivati). 7. Va conseguentemente dichiarato il difetto di giurisdizione di questo T.A.R. in favore del giudice ordinario, innanzi al quale il giudizio potrà essere riassunto entro il termine perentorio di tre mesi, decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, con conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda, in applicazione dell'art. 11, comma 2, c.p.a. 7.1. Non vi è luogo a provvedere sulle spese non essendosi costituito il Comune intimato. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario. Nulla spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo, Presidente Anna Saporito, Referendario, Estensore Rosa Anna Capozzi, Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 1983 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ma. Te. Ma., rappresentata e difesa dall'avvocato Eu. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Vi. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Comune di (omissis), non costituito in giudizio; per l'annullamento dell'ordinanza di sospensione dei lavori n. 138 del 10 ottobre 2023, dell'ordinanza di demolizione n. 154 del 9 novembre 2023 e del provvedimento di riesame prot. n. 7602 del 15 febbraio 2024. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Premesso che: - col ricorso in epigrafe, Ma. Ma. Te. (in appresso, M. M. T.) agiva per: -- l'annullamento, nonché l'accertamento della nullità, previa sospensione: --- dell'ordinanza di demolizione n. 154 del 9 novembre 2023, emessa dal Responsabile del Settore Pianificazione Urbanistica del Comune di (omissis); --- dell'ordinanza di sospensione dei lavori n. 138 del 10 ottobre 2023, parimenti emessa dal Responsabile del Settore Pianificazione Urbanistica del Comune di (omissis); -- la condanna del Comune di (omissis) e del Comune di (omissis) al risarcimento dei danni derivanti dalla loro condotta asseritamente lesiva del legittimo affidamento; - l'abuso edilizio sanzionato consisteva nella realizzazione (arrestatasi al livello di scavo) di un fabbricato adibito ad attività commerciale al minuto sul fondo ubicato in (omissis), via (omissis), e censito nel catasto comunale di (omissis) al foglio (omissis), particelle (omissis), ossia ricadente nella c.d. "zona contestata" o "contesa", acclarata entro i confini territoriali del Comuni di (omissis) con sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 7855 del 21 agosto 2023, confermativa in appello della sentenza del TAR Campania, Salerno sez. I, n. 344 del 9 febbraio 2021; - tale contestazione scaturiva dal rilievo che il titolo di legittimazione dell'intervento, costituito dal permesso di costruire (PdC) n. 15 del 28 luglio 2022, risultava rilasciato dal Comune di (omissis) in difetto di attribuzione, ossia al di fuori del correlativo perimetro di competenza territoriale ed all'interno di quello spettante al limitrofo Comune di (omissis); - a sostegno delle domande proposte, la ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che: a) a dispetto di quanto ritenuto, in difetto di istruttoria, dal Comune di (omissis), il PdC n. 15 del 28 luglio 2022, considerata la sua antecedenza rispetto alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 7855 del 21 agosto 2023, sarebbe stato ritualmente rilasciato in conformità ai parametri urbanistico-edilizi dettati dal Comune di (omissis) e pro tempore applicabili al comparto territoriale di localizzazione dell'intervento; b) non sarebbe stato garantito all'interessata il necessario contraddittorio procedimentale, previa apposita comunicazione di avvio ex art. 7 della l. n. 241/1990; c) l'adottata misura repressivo-ripristinatoria sarebbe irragionevole, nella misura in cui oblitererebbe l'anomalo modus agendi durevolmente osservato, con riferimento alla "zona contesa", dai Comuni di (omissis) e di (omissis) prima della citata pronuncia giurisdizionale amministrativa; d) detto modus agendi avrebbe, inoltre, ingenerato il legittimo affidamento dell'interessata nell'esercizio del ius aedificandi, il quale sarebbe rimasto leso dalla ritenuta neutralizzazione dell'emesso titolo abilitativo; - costituitosi l'intimato Comune di (omissis), eccepiva, oltre all'infondatezza, l'inammissibilità del ricorso per genericità dei relativi motivi; - in esito alla camera di consiglio del 17 gennaio 2024, la Sezione, con ordinanza n. 18 del 18 gennaio 2024, accoglieva, ai fini del riesame, la proposta istanza cautelare, sulla scorta delle seguenti argomentazioni: " - il permesso di costruire n. 15 del 28 luglio 2022 figura rilasciato dal Comune di (omissis) prima che il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 7855 del 21 agosto 2023, nel confermare in appello la sentenza di questo TAR Campania, Salerno sez. I, n. 344 del 9 febbraio 2021 (dopo averla sospesa nell'esecutività con ordinanza n. 1552 del 26 marzo 2021), accertasse la localizzazione della c.d. "zona contestata" entro il territorio del Comune di (omissis), per l'effetto annullando la ricognizione dei confini compiuta con delibera del Consiglio provinciale di Salerno n. 131 del 4 dicembre 2019, recante l'assegnazione della predetta "zona contestata" in favore del Comune di (omissis); - dopo l'adozione delle qui gravate ordinanze di sospensione dei lavori n. 138 del 10 ottobre 2023 e di demolizione n. 154 del 9 novembre 2023, l'art. 32, comma 7, della l. r. Campania 23 dicembre 2023, n. 24 ("Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2024-2026 della Regione Campania - Legge di stabilità regionale per il 2024"), pubblicata sul BURC n. 92 del 28 dicembre 2023 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2024, ha introdotto il seguente art. 14 bis nel corpo della l. r. Campania 29 ottobre 1974, n. 54 ("Norme sulla istituzione di nuovi Comuni e sul mutamento delle circoscrizioni territoriali dei Comuni della Regione"): "1. Nei casi di istituzione di nuovi Comuni, mutamento delle circoscrizioni territoriali di quelli esistenti, determinazione, rettifica o definizione delle contestazioni dei confini comunali, i regolamenti e gli atti amministrativi a contenuto generale, ivi compresi gli strumenti urbanistici, dei Comuni di origine o di quelli che hanno amministrato gli ambiti territoriali interessati fino alla determinazione, rettifica o definizione della contestazione dei confini, continuano ad applicarsi fino all'entrata in vigore o all'adeguamento dei corrispondenti atti da parte del Comune di nuova istituzione o la cui circoscrizione territoriale risulti ampliata o comunque competente in base alla determinazione, rettifica o definizione della contestazione dei confini. 2. Salvo diverso accordo tra i Comuni, i procedimenti amministrativi, anche in corso di svolgimento, sono definiti previa acquisizione degli atti e del parere, anche di conformità, del Comune che ha amministrato gli ambiti territoriali interessati fino alla istituzione dei nuovi Comuni, al mutamento delle circoscrizioni territoriali di quelli esistenti, alla determinazione, rettifica o definizione della contestazione dei confini. (...)"; - la circostanza che, da un lato, il permesso di costruire n. 15 del 28 luglio 2022 sia stato rilasciato dal Comune di (omissis) allorquando l'area di intervento risultava ancora riconducibile alla propria competenza territoriale, giusta delibera del Consiglio provinciale di Salerno n. 131 del 4 dicembre 2019 (rimasta efficace in virtù della sospensione cautelare della sentenza annullatoria di primo grado n. 344 del 9 febbraio 2021) e che, d'altro lato, all'indomani del definitivo annullamento giurisdizionale di quest'ultima (in virtù della sentenza di appello n. 7855 del 21 agosto 2023), il legislatore regionale abbia disciplinato la transizione amministrativa dall'uno all'altro ente locale riguardato dalla modifica dei confini impone al Comune di (omissis) di riesaminare la legittimazione dell'attività edilizia posta in essere dalla ricorrente in base alle sopravvenute prescrizioni normative primarie di coordinamento tra amministrazioni in punto di operatività dei rispettivi strumenti pianificatori e di definizione dei procedimenti rientranti nelle rispettive sfere di competenze"; - in esecuzione del disposto 'remand'cautelare, il Responsabile del Settore Pianificazione Urbanistica del Comune di (omissis), con provvedimento del 15 febbraio 2024, prot. n. 7602, confermava la propria precedente determinazione, in base al rilievo che l'art. 14 bis della l. r. Campania n. 54/1974 non sarebbe applicabile alla fattispecie in esame, siccome inerente ad un'area non già "residua", bensì disciplinata dalla strumentazione urbanistica di (omissis); - nell'avversare, con motivi aggiunti, siffatta determinazione, la M. deduceva, in estrema sintesi, che: e) a dispetto di quanto erroneamente ritenuto dal Comune di (omissis), l'art. 14 bis della l. r. Campania n. 54/1974 si riferirebbe non già alle c.d. zone bianche (o "residue"), bensì proprio alle zone regolamentate dagli enti locali contendenti; f) ai sensi del medesimo art. 14 bis della l. r. Campania n. 54/1974, i provvedimenti adottati dal Comune di (omissis) prima della sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 7855 del 21 agosto 2023 - e, quindi, anche il PdC n. 15 del 28 luglio 2022 - avrebbero dovuto considerarsi validi in ragione della normativamente riconosciuta ultrattività dei preordinati strumenti pianificatori e della preordinata prassi amministrativa in "zona contestata"; g) il Comune di (omissis) non avrebbe potuto legittimamente acclarare l'invalidità del titolo abilitativo edilizio conseguito dal P., e senza esperire, quindi, i rimedi all'uopo apprestatigli dal sistema di tutela a fronte dell'annullabilità o nullità di atti che sarebbero stati adottati dal Comune di (omissis); - il proposto ricorso per motivi aggiunti all'udienza del 14 febbraio 2024 per la trattazione dell'incidente cautelare; - nell'udienza camerale emergeva che la causa era matura per la definizione immediata nel merito, essendo integro il contraddittorio, completa l'istruttoria e sussistendo gli altri presupposti di legge; - le parti venivano sentite, oltre che sulla domanda cautelare, sulla possibilità di definizione della controversia nel merito e su tutte le questioni di fatto e di diritto che la definizione nel merito pone; Considerato, in limine ai ricorso introduttivo, che: - in esecuzione del'remand'cautelare impartito con ordinanza n. 18 del 18 gennaio 2024, il Responsabile del Settore Pianificazione Urbanistica del Comune di (omissis), con provvedimento del 15 febbraio 2024, prot. n. 7602, si è rideterminato in senso confermativo dell'adottata misura repressivo-ripristinatoria; - tale provvedimento ha assorbito e sostituito l'ordinanza di demolizione n. 154 del 9 novembre 2023 e la prodromica ordinanza di sospensione dei lavori n. 138 del 10 ottobre 2023, cosicché nessuna utilità pratica la proponente potrebbe ritrarre da una pronuncia giurisdizionale di annullamento di queste ultime; - di qui, dunque, la sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione dell'originaria domanda caducatoria; Considerato, in merito ai motivi aggiunti, che fondato si rivela essere l'ordine di doglianze rubricato retro, in premessa, sub lett. g, alla stregua del precedente conforme, deciso dalla Sezione con sentenza n. 569 del 4 marzo 2024, sulla base delle seguenti argomentazioni: "Rilevato che: - la Provincia di Salerno, con DCP n. 131 del 4 dicembre 2019, ha approvato, ai sensi dell'art. 13 della l. r. Campania n. 54/1974, la modifica dei confini tra il Comune di (omissis) e il Comune di (omissis) e la variazione delle relative circoscrizioni territoriali, con la "definitiva assegnazione della zona contestata di cui al foglio (omissis) della mappa catastale del Comune di (omissis) al Comune di (omissis)" e "l'assegnazione della zona contestata di cui al foglio (omissis) della mappa catastale del Comune di (omissis) al Comune di (omissis), ad eccezione di località (omissis)"; - siffatta determinazione è stata annullata da questo TAR Campania, Salerno, sez. I, con sentenza n. 344 del 9 febbraio 2021, confermata in appello dal Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 7855 del 21 agosto 2023; Considerato che: - pur assumendosi che, per effetto del suindicato dictum giurisdizionale, l'attestazione di perfezionamento del silenzio assenso sull'istanza di permesso di costruire... sia stata rilasciata dal Comune di (omissis) in carenza assoluta di potere (sul punto, cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 21 e n. 24 del 2 gennaio 2024), il Comune di (omissis) non avrebbe potuto, tuttavia, autonomamente accertare un simile vizio di nullità, obliterando i rimedi tassativi apprestatigli dall'ordinamento in presenza di condizioni e termini tipizzati, disapplicando in via diretta l'atto infirmato dal vizio anzidetto e così incorrendo in un difetto di attribuzione del potere esercitato ancor più grave della carenza assoluta di potere contestabile al Comune di (omissis); - prima e invece di irrogare la sanzione demolitoria, sulla base della considerazione che il titolo abilitativo tacito... sarebbe stato "tamquam non esset", avrebbe potuto, infatti, esperire, in sede giurisdizionale, l'azione di nullità ex art. 31, comma 4, cod. proc. amm. ovvero promuovere, in sede amministrativa, l'intervento in autotutela dell'altro ente locale in relazione al silenzio assenso formatosi sull'istanza di permesso di costruire prot. n. 12838 del 27 settembre 2021; e ciò avrebbe dovuto, in ogni caso, fare nell'osservanza, rispettivamente, del termine decadenziale di 120 giorni di cui al citato art. 31, comma 4, cod. proc. amm. ovvero del termine di 12 mesi di cui all'art. 21 nonies, comma 1, della l. n. 241/1990, i quali risultano, in pratica, aggirati con l'impugnata ordinanza di demolizione... essendo ormai spirati al momento della relativa emissione; - a suffragio dei superiori approdi, militano le seguenti argomentazioni, formulate da Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 2011, n. 5903, con riferimento alla questione della rilevabilità o meno, da parte di un'amministrazione, della nullità ex art. 21 septies della l. n. 241/1990 dell'atto adottato da altra amministrazione in difetto assoluto di attribuzione e dalla prima considerato, quindi, "tamquam non esset" ai fini delle proprie determinazioni: "E' noto - recita la pronuncia richiamata - che il tema della nullità (ante l. n. 15/2005, di modifica della l. n. 241/1990), non era sconosciuto alla giurisprudenza amministrativa. In particolare, il Consiglio di Stato (Ad. Plen. n. 2/1992), ha a suo tempo individuato una serie di norme, la cui violazione ha ritenuto comportasse una forma di illegittimità 'diversà dell'atto amministrativo, definita come illegittimità forte . Secondo la citata decisione, se è vero che 'l'illegittimità è la qualificazione tradizionale del provvedimento non conforme a legge idoneo a ledere anche interessi particolarà, tuttavia quando la situazione è ribaltata perché il provvedimento non conforme a legge favorisce il singolo, attribuendogli utilità che non gli spettano e lede, con effetti continuativi, principalmente interessi pubblici, la qualificazione di illegittimità, vuoi per la presumibile mancanza di soggetti legittimati all'impugnazione, vuoi per le non improbabili remore dell'autorità emanante ad esercitare i poteri di autotutela prima della convalescenza dell'atto per decorso del tempo, non è idonea allo scopo . In tale ultima ipotesi, secondo la sentenza, non sorprende, allora, che lo spostamento del fulcro della garanzia dal polo privatistico a quello pubblicistico dell'esercizio del potere dia luogo a quella qualificazione giuridica di illegittimità forte, che è la nullità in senso tecnico . Ciò in quanto per il provvedimento amministrativo, per il quale il principio generale è che la non conformità a legge ne determina l'illegittimità, strutturata come annullabilità, la nullità si produce nei casi tassativamente stabiliti dalla legge"; in tal senso "illegittimità e nullità del provvedimento amministrativo appaiono come il risultato di tecniche normative fondate su piani di interessi differenti e ispirate a logiche diverse. Anche il giudice penale ha elaborato (al fine di definire i limiti del proprio potere di disapplicazione) una sua nozione di nullità /inesistenza dell'atto amministrativo. Già le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione (sent. n. 3/1987), nel restringere notevolmente l'ambito di esercizio del potere di disapplicazione da parte del giudice penale, tuttavia lo hanno ammesso nelle ipotesi di provvedimento rilasciato da organo assolutamente privo del potere di provvedere ovvero nel caso di atto giuridicamente inesistente o illecito. Successivamente, si è sostenuta la possibilità di sindacato incidentale da parte del giudice penale di fronte ad illegittimità dell'atto amministrativo macroscopiche (Cass. pen., sez. III, n. 4421/1996) ovvero 'eclatantà (sez. III, n. 11988/1997). Attualmente, l'art. 21 septies l. 7 agosto 1990, n. 241... prevede che 'è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla leggè (comma 1). A sua volta, l'art. 31, comma 4, cod. proc. amm. prevede che 'la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice...'. Occorre, innanzi tutto, osservare che, per effetto del citato art. 21 septies, l. n. 241/1990, che enuclea le cause di nullità dell'atto amministrativo (cause che la giurisprudenza ha considerato numerus clausus: Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011 n. 1983), il'difetto assoluto di attribuzionè - in passato considerato quale indicatore di 'inesistenzà dell'atto amministrativo - è ora positivamente indicato quale causa di nullità del medesimo. Con riguardo al tema generale della nullità, si è affermato (Cons. Stato, sez. VI, n. 3173/2007 e n. 891/2006) che 'nel diritto amministrativo la nullità costituisce una forma speciale di invalidità, che si ha nei soli casi, oggi meglio definiti dal legislatore, in cui sia specificamente sancita dalla legge, mentre l'annullabilità del provvedimento costituisce la regola generale di invalidità del provvedimento, a differenza di quanto avviene nel diritto civile dove la regola generale in caso di violazione di norme imperative è quella della nullità '. Occorre, inoltre, osservare che, per il tramite della norma processuale, il legislatore: - per un verso, ha assoggettato la declaratoria di nullità dell'atto amministrativo alla proposizione della relativa domanda al giudice da parte di chi vi abbia interesse, entro il termine di centottanta giorni, da intendersi come decorrente dalla piena conoscenza dell'atto medesimo; - per altro verso, ha affermato, anche per la nullità dell'atto amministrativo, sia la opponibilità 'in perpetuum' della nullità ad opera della parte resistente, sia la rilevabilità di ufficio della medesima, da parte del giudice. Come è dato rilevare, la complessiva disciplina positiva della nullità dell'atto amministrativo ha recepito solo in parte gli aspetti salienti di tale forma di invalidità . Ed infatti, il legislatore, a fronte di un aspetto tipico della nullità, rappresentato dalla previsione di un'azione imprescrittibile volta ad ottenerne la declaratoria da parte di chiunque vi abbia interesse, ha invece previsto che la detta azione venga proposta entro il termine decadenziale di 180 giorni (e ciò sebbene parte della giurisprudenza avesse ritenuto l'imprescrittibilità dell'azione di nullità : Cons. Stato., sez. V, n. 4136/2007). Il legislatore ha invece positivamente recepito altri aspetti tipici di disciplina della nullità, quali sono quelli della sua perpetua opponibilità in giudizio e della rilevabilità di ufficio da parte del giudice. Orbene, il fatto che la rilevabilità di ufficio della nullità sia dall'art. 31, comma 4, cod. proc. amm. demandata solo al giudice, esclude che la medesima nullità possa essere rilevata ex officio dalla pubblica amministrazione (se non attraverso l'esercizio, ove ne ricorrano i presupposti, del potere di autotutela su atto proprio). Ciò appare coerente con il disegno complessivo del legislatore, che - pur in presenza dell'introdotto istituto della nullità - ha inteso conciliare quest'ultima con il più generale principio di imperatività dell'atto amministrativo, e, quindi, con la conseguente suscettività di produrre effetti da parte del provvedimento invalido (ma non ancora dichiarato tale). E ciò il legislatore ha perseguito sia con il prevedere un termine di decadenza (onde ottenere la stabilizzazione delle situazioni giuridiche sorte per effetto del provvedimento invalido), sia con il limitare al solo giudice (escludendo tutti gli altri soggetti dell'ordinamento, e quindi non solo i soggetti privati, ma anche la stessa pubblica amministrazione), il potere di dichiarare ex officio la nullità, salvo la possibilità per la p.a., ove ne ricorrano i presupposti, dell'esercizio del potere di autotutela sull'atto nullo da essa stessa emanato. (...). In definitiva, occorre affermare che il provvedimento amministrativo, ancorché nullo, ha, tuttavia, una propria efficacia "interinale" (fin tanto che la nullità non venga accertata), la quale rende possibile la stessa definizione dell'atto come provvedimento amministrativo dotato di imperatività (e che, pertanto, si impone unilateralmente ai suoi destinatari). Questi ultimi non possono sottrarsi agli effetti dell'atto, ovvero agire come se l'atto non esistesse e/o fosse improduttivo di effetti, ritenendo ovvero opponendo la nullità dello stesso, ma, onde tutelare le proprie posizioni giuridiche, hanno il potere di agire in giudizio al fine di ottenerne la declaratoria di nullità . Ciò vale anche per la pubblica amministrazione, avverso provvedimenti emanati da altra autorità amministrativa ritenuti nulli, ed avverso i quali la prima amministrazione non è titolare di potere di autotutela. Da quanto esposto, consegue che, nel caso di specie, il Comune... non poteva, sul piano della concreta attività amministrativa, 'semplicementè considerare nullo, e quindi 'tamquam non esset'il provvedimento emanato dal Commissario delegato... non essendo esso titolare, al pari di ogni altro soggetto dell'ordinamento diverso dal giudice amministrativo, di un potere dichiarativo della sussistenza della nullità dell'atto amministrativo. Laddove avesse ritenuto l'atto nullo, il Comune... avrebbe dovuto adire il giudice per la declaratoria di nullità del medesimo" (cfr. anche Cons. Stato, sez. IV, 28 ottobre 2011, n. 5799); - riconducendo ora alla fattispecie in esame le coordinate ermeneutiche dianzi declinate, è evidente che, col suo operato, il Comune di (omissis) ha finito per frustrare i principi ordinamentali di imperatività del provvedimento amministrativo e di certezza e stabilità del rapporto da esso regolato, nella misura in cui, arrogandosi prerogative cognitorie riservate all'autorità giurisdizionale e prerogative decisorie riservate ad altra autorità amministrativa, ha disapplicato il silenzio assenso serbato dal Comune di (omissis) (ratione temporis competente giusta DCP di Salerno n. 131 del 4 dicembre 2019) sull'istanza di permesso di costruire... ed ha, quindi, ingiunto la demolizione delle opere per tal via legittimate; - come pure affermato in giurisprudenza, "anche un eventuale titolo nullo è pur sempre un titolo esistente in punto di fatto"; cosicché un'amministrazione "avrebbe... l'onere di promuovere un'azione giudiziale di nullità, ovvero di sollecitare l'apertura, da parte" di altra amministrazione, "di un procedimento volto ad accertare e dichiarare la nullità " dell'atto da quest'ultima adottato, "con il coinvolgimento anche dei soggetti privati interessati" (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 13 agosto 2015, n. 1898)"; Ritenuto, in conclusione, che: - essendosene acclarata la sopravvenuta carenza di interesse a proporlo, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile, mentre, stante la ravvisata fondatezza dell'ordine di doglianze dianzi scrutinato, ed assorbiti quelli ulteriori, i motivi aggiunti vanno accolti, con conseguente annullamento del provvedimento con esso impugnato; - quanto alle spese di lite, la peculiarità della questione dedotta ne giustifica l'integrale compensazione tra le parti; P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando: - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo; - accoglie i motivi aggiunti e, per l'effetto, annulla il provvedimento con essi impugnato; - compensa interamente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Olindo Di Popolo - Consigliere, Estensore Gaetana Marena - Referendario
TRIBUNALE ORDINARIO DI SALERNO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Salerno, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) presidente, dott. (...) giudice relatore ed estensore, dott. (...) giudice, ha pronunciato, all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni e della concessione dei termini di sessanta + venti giorni previsti dall'art.190 c.p.c. per la predisposizione delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la presente SENTENZA nella causa civile contraddistinta dal n. (...)/2013 R.G. e promossa da: - (...) nato a (...) il (...) e residente (...) via (...) n. (...), rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine della memoria di costituzione di nuovo difensore depositata in data (...), dall'avv. (...) presso il cui studio è elettivamente domiciliato in (...), alla via M. Pastore n.3, - ATTORE, nei confronti di : - (...) nata ad (...) il (...) e residente (...) via (...) dei (...) n. (...), (...), rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione depositata l'1.7.2013, dall'avv. (...) presso il cui studio, sito in (...), alla via (...) n. (...), è elettivamente domiciliata, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il libello introduttivo regolarmente notificato il (...) per l'udienza del 22.7.2013, differita d'ufficio all'11.12.2013, (...) ha innanzitutto premesso di essere nipote di (...) nato a (...) dei (...) il (...) e deceduto il (...), in quanto figlio unico del fratello premorto dello stesso (...) di nome (...) a sua volta scomparso l'11.12.2008 e del quale il medesimo (...) è erede in uno alla madre vedova superstite (...) Ha, altresì, dedotto che il predetto (...) - con due distinti testamenti, l'uno per notaio (...) di (...) risalente all'11.9.2012 e l'altro per notaio (...) di (...) del 24.10.2012 - ha lasciato in eredità alla sig.ra (...) rispettivamente un'unità abitativa ed una zona di terreno ubicate in (...) dei (...), e alcune somme di danaro investite in titoli depositati in amministrazione e custodia sul conto intestato allo stesso (...) ed esistente presso la filiale di (...) dell'istituto bancario " (...) di (...) S.p.A. ". Ha, inoltre, sostenuto che il citato " de cuius " fosse, tuttavia, incapace di intendere e di volere al momento della deposizione delle sue ultime volontà, poiché in data (...), ovvero in epoca immediatamente successiva ai precisati atti testamentari, era stato ricoverato presso l'ospedale di (...) de' (...), ove era stato sottoposto a vari accertamenti clinici tra i quali una (...) ed una (...) dai cui referti erano emersi rispettivamente i " segni evidenti di " una " insufficienza sottocorticale cronica su base vascolare " ed una " diffusa ipodensità della sostanza bianca periventricolare e dei centri semiovali da encefalopatia sottocorticale cronica su base vascolare ": elementi sottoposti anche all'attenzione della (...) della Repubblica presso il Tribunale di (...) la quale ha iscritto nel registro degli indagati la nominata (...) per il reato di circonvenzione di incapace, aprendo il procedimento n. (...)/13/21 R.G.N.R. nel cui contesto è stato anche disposto l'esame autoptico del (...) Ne è conseguita l'evocazione in giudizio della stessa (...) dinanzi all'adìto Tribunale di (...) " per ivi sentir accogliere in suo danno le seguenti conclusioni: Voglia l'On.le Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, procedere all'annullamento dei seguenti testamenti pubblici: 1) Testamento per notar (...) in (...), dell'11.09.2012, al n. (...) del Rep. Atti di ultima volontà, Verbale di passaggio agli atti tra vivi a (...) n. (...), Racc. n. (...), registrato in (...) di (...), il (...), al n. (...); 2) Testamento per notar (...) in (...), del 24.10.2012, al n. 5 del Rep. Atti di ultima volontà, Verbale di passaggio agli atti tra vivi a (...) n. (...), Racc. n. (...), registrato in (...) il (...), al n. (...); in quanto al tempo della redazione degli stessi il (...) non possedeva più la prescritta capacità di intendere e di volere, avendo perso il pieno possesso delle facoltà intellettive e volitive e, per l'effetto, annullare le disposizioni ivi contenute in favore della convenuta (...) Con vittoria di spese di lite ed ogni altra spesa connessa occorrenda, competenze e onorari, da attribuirsi al procuratore antistatario. Con sentenza munita della clausola di provvisoria esecuzione ai sensi dell'art. 282 c.p.c. ". La convenuta (...) si è costituita in giudizio attraverso il deposito in cancelleria, in data (...), della comparsa di risposta, con la quale ha contestato analiticamente e specificamente, per quanto di ragione, i fatti addotti a fondamento della domanda attorea e tutto quanto " ex adverso " dedotto. Ha, tra l'altro, chiarito che ella " da circa cinque anni ... frequentava assiduamente casa (...) in quanto prestava assistenza alla (...)ra (...) sorella del (...) e con questi convivente ". Ha, inoltre, aggiunto che, " morta all'incirca due anni "prima la stessa "sig.ra (...) il (...) ... manifestò " alla medesima (...) "il desiderio che rimanesse per prestare assistenza a lui ultraottantenne, ed ella accettò volentieri". Ha ancora evidenziato che " non è affatto vero che, allorché furono redatti i due testamenti nel settembre-ottobre 12, il (...) fosse in uno stato di demenza senile, quindi incapace di intendere e di volere, e che fosse in corso una procedura di interdizione". Quanto, poi, alla sua iscrizione "nel registro degli indagati per il reato di circonvenzione di incapace", sempre la (...) ha sottolineato che "si tratta di "un" atto dovuto "emesso "in conseguenza" della "querela-denunzia sporta dal ... (...)", mettendo in risalto che "la domanda di annullamento dei testamenti "di controparte "si fonda sulle risultanze di accertamenti diagnostici compiuti cinque mesi dopo la redazione dei testamenti" medesimi. Ha, infine, rimarcato, nell'ottica or ora delineata, che "né i due notai che hanno redatto i testamenti, né i quattro testimoni che hanno assistito alla estrinsecazione della volontà del (...) hanno ravvisato segni di incapacità di intendere e di valore, né il medico specialista in neurologia e psichiatria che lo ha visitato al tempo del primo testamento "(il dott. (...) D'(...) della (...) di (...) "(...)" di (...) n.d.r.) "ha", a sua volta, "ravvisato disturbi della sfera cognitiva che lo rendessero incapace di intendere e di volere". Di qui la sollecitazione della designata autorità giudiziaria a "rigettare le domande tutte proposte dall'attore perché infondate in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi, (...) e (...) con attribuzione al sottoscritto procuratore". Concessi gli invocati termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. e depositate le memorie previste da tale disposizione normativa, sono stati escussi, nell'ordine, i testimoni (...)(...) (ascoltata ex art.257 c.p.c., n.d.r.) e (...) Si è, quindi, disposta la richiesta C.T.U. medico-legale, per l'effetto affidata al dott. (...) il quale è stato chiamato a rispondere ai seguenti quesiti: " 1) Stabilisca il C.T.U., previo l'esame della documentazione prodotta e senza tener, invece, conto delle risultanze delle prove testimoniali espletate, in quanto suscettibili di valutazione solo da parte di questo giudicante, se (...) alle date dell'11/09/2012 e del 24/10/2012 alle quali risalgono gli impugnati testamenti pubblici, fosse, o meno, capace di intendere e di volere. 2) Nel caso in cui, rispondendo al quesito n.1, dovesse escludere che vi siano agli atti gli elementi documentali per ritenere l'incapacità di intendere e di volere del (...) precisi, altresì, previo l'esame dei verbali delle prove testimoniali espletate, quali dei comportamenti attribuiti dai soggetti escussi allo stesso (...) potrebbe essere indicativo della medesima incapacità di intendere e di volere ". Depositato dal predetto ausiliario il prescritto elaborato peritale, la causa è stata assegnata a sentenza con la concessione dei termini previsti dall'art.190 c.p.c. per la predisposizione delle comparse conclusionali e delle memorie di replica: causa successivamente rimessa per la decisione al collegio perché avente, per l'appunto, ad oggetto l'impugnazione di testamenti e, dunque, ai sensi dell'art. 50 bis co. 1 n.6) c.p.c., nella versione "ratione temporis" vigente. MOTIVI DELLA DECISIONE La valutazione della fondatezza, o meno, della domanda attorea richiede la preliminare illustrazione di alcuni condivisibili principi ermeneutici. La Suprema Corte ha, infatti, ripetutamente e giustamente statuito che " l'annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l'esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del "de cuius", bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere" (così Cass. civ., sez. II, 15.4.2010, n.9081; ed, in maniera conforme, Cass. civ., sez. II, 23.12.2014, n.27351 e Cass. civ., sez. II, ordinanza n.3934 del 19.2.2018). Orbene, per verificare se il (...) abbia, o meno, adempiuto all'enucleato onere probatorio ex art.2697 c.c. di dimostrare che - all'atto delle dichiarazioni di ultime volontà rese dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012 e dinanzi al notaio (...) il (...) - le facoltà psichiche del (...) fossero effettivamente così perturbate da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti dei due negozi e, quindi, il formarsi di una volontà cosciente, è opportuno e doveroso esaminare dapprima le raccolte deposizioni testimoniali. Ed, in una simile ottica, non si può negare che alcune risultanze di queste stesse deposizioni, almeno in via di prima approssimazione, potrebbero apparire, in un certo senso, favorevoli alla tesi attorea. Ci si riferisce, in particolare, a quelle desumibili dalle asserzioni di un primo gruppo di soggetti escussi ed indicati dal C.T.U. dott. (...) alle pagg.25-27 del suo elaborato trasmesso telematicamente il (...). A partire da (...) (vedi il verbale di udienza del 25.2.2016, n.d.r.), il quale - nella sua veste di cugino di (...) e di persona abitante vicino a lui - ha denunciato la sussistenza, nei sei-sette mesi antecedenti al decesso dello stesso (...) risalente al 22.2.2013, di condotte bizzarre da parte del prevenuto, che, peraltro, alternava fasi di piena coscienza e consapevolezza ad altre di difficoltà di riconoscimento (" o si appisolava davanti all'abitazione, dormendo sulle scale, o era assente con lo sguardo e non mi riconosceva. Chiarisco che alternava questi momenti ad altri in cui invece mi riconosceva ed era, quindi, presente ... spesso si sporcava mangiando. Inoltre a volte si abbassava la tuta. Qualche volta mi è capitato anche di vederlo parlare da solo... (...) ultimi due anni (...) a volte urinava per la strada"), ragion per cui le stesse anomalie presentate non avevano, in ogni caso, il carattere della costanza e della continuità ("generalmente le parole che diceva, anche nell'ultimo periodo, erano comprensibili, anche se a volte potevano apparire un po' strane, vista l'originalità del soggetto"). Di analogo tenore sono le affermazioni dell'altra cugina del (...) (vedi sempre il verbale di udienza del 25.2.2016, n.d.r.), la quale ha delineato una condizione appalesatasi già nel settembre 2012 e contraddistinta sia dalla perdita di freni inibitori in ambito sociale che da alcune difficoltà nell'individuazione precisa della stessa (...) (" Ha cominciato a non riconoscermi ovvero a dire parole senza senso dal mese di settembre 2012. Anzi ricordo che, proprio nel mese di settembre del 2012, lo trovai mezzo nudo per la strada, con un semplice pantaloncino corto e le mutande, e senza maglietta"), ma sempre con oscillazioni psichiche temporali ("A partire da settembre 2012, a volte mi riconosceva; inoltre rispondeva con parole che non avevano senso rispetto a quanto io gli domandavo"). Quanto, invece, alla (...) (vedi il verbale di udienza del 19.4.2018, n.d.r.), ossia al (...) della (...) di (...) che conosceva (...) perché si recava a (...) dei (...) (Comune di dimora dello stesso (...) n.d.r.) per andare a trovare una zia, ella ha riferito di aver visto il prevenuto fino all'estate del 2012 e di aver notato, nell'ultimo periodo, stranezze ed esternazioni di timori persecutori ("(...) ancora di aver visto (...) e di aver parlato con lui fino all'estate del 2012. Nell'ultimo periodo in cui l'ho visto, anche se non so precisare con esattezza a partire da quando, l'ho sentito fare dei discorsi un po' strani. Ad esempio mi diceva che non voleva venire più ad (...) in quanto temeva che lo arrestassi perché egli parcheggiava in divieto di sosta "): esternazioni che, tuttavia, la predetta testimone ha, comunque, giustificato in qualche modo, facendo riferimento ai pregressi inviti che ella, nella sua veste istituzionale, gli aveva rivolto affinché rispettasse il codice stradale ("(...) a questo proposito che, in passato, mi era capitato di invitarlo a non sostare con l'auto nel centro di (...) ma sempre con modi cortesi e senza formulare alcun tipo di minaccia, trattandosi, peraltro, di una persona anziana e conosciuta") e ribadendo ugualmente che i disturbi da lei notati erano oscillanti e variabili ("(...) ultimi tempi qualche volta ho avuto l'impressione che non mi riconoscesse come (...) ma mi prendesse per una turista di passaggio. Altre volte invece avevo contezza, sempre sulla base dei discorsi da lui fatti, che mi avesse riconosciuto come (...)"). Senza dimenticare che gli ulteriori testimoni, non citati dal C.T.U., (...) e (...) (vedi il verbale di udienza dell'8.6.2017), quest'ultima sebbene madre dell'attore (...) si sono limitati a ricordare che, rispettivamente "a partire dal 2012" e "dall'agosto del 2012", il (...) "ha cominciato a non rispondere più al ... saluto "del primo e" ad avere uno sguardo assente "verso di lui, nonché "a parlare di meno con "la predetta cognata "ed a stare più in silenzio". Vi sono, poi, due testimoni che - individuati dal dott. (...) alle pagg.27-29 della sua relazione - hanno fornito, al contrario, come sottolineato giustamente dallo stesso dott. (...) "una versione del comportamento del (...) negli ultimi anni, consono agli input esterni" ed "in assenza di modifiche della sua lucidità mentale e del suo grado di autodeterminazione". Si tratta innanzitutto di (...) (vedi il verbale di udienza del 14.7.2016, n.d.r.), che, intervenuto come testimone nel testamento pubblico predisposto dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012, si è soffermato sui colloqui avuti con (...) allorquando, nel mese di agosto del 2012, ha affittato, nel Comune di (...) dei (...), una casa vicino all'abitazione dello stesso (...) Egli ha, in particolare, riferito che, "in questi 15 giorni" di permanenza a (...) dei (...), ha "incontrato a casa ... oppure in strada "il prevenuto ed ha "notato che era una persona ancora piuttosto lucida, visto che "gli" parlava di fatti passati a lui capitati, come, ad esempio, la sua esperienza di finanziere di frontiera, o di doganiere", e "confrontava il passato con la situazione attuale, evidenziando che oggi non vi sono più regole". Ha, altresì, sostenuto che, "anche dal punto di vista delle condizioni igieniche", "il (...) era in una situazione del tutto normale", precisando che, quando lo stesso (...) lo "chiamò perché" facesse "da testimone presso lo studio di un notaio ... in (...) e ciò in occasione di un rogito notarile riguardante il testamento del (...)", "fu il" medesimo "sig. (...) a dettare al notaio quello che voleva venisse scritto nel testamento", peraltro con "parole" che il (...) comprese "senza alcun problema": comprensione alla quale ha aggiunto il rilievo secondo cui, "durante l'arco temporale in cui "si sono" trattenuti dal notaio", " non "ha" notato comportamenti particolari del (...) che è sempre stato lucido ed, anzi, quando lo stesso notaio si è allontanato per prendere dei timbri, "gli" ha evidenziato il tempo piuttosto prolungato che ci voleva per compiere una cosa che egli riteneva piuttosto semplice". Quanto, invece, al (...) (vedi il verbale di udienza del 7.12.2016, n.d.r.), ossia al notaio dinanzi al quale è stato redatto il testamento pubblico del 24.10.2012, egli ha, in primo luogo, riferito che (...) in un pomeriggio del 2012, "si presentò senza appuntamento", gli "chiese di ricevere le sue ultime volontà" e gli "disse che era vedovo e senza figli ". Sempre il predetto professionista ha, altresì, rammentato che, "poiché non lo" conosceva, "né" gli "era stato presentato da qualcuno, lo "invitò "a riflettere e a ripresentarsi in un secondo momento", ragion per cui il citato "de cuius" "venne il giorno dopo ... o comunque a stretto giro", e gli "ribadì la sua volontà di attribuire somme di denaro, o comunque titoli depositati presso una banca di (...) alla signora (...)", che, "nel momento in cui fu redatto il testamento ... andò fuori, non era presente". Ha ancora rivelato di ricordare "perfettamente che i discorsi di (...) erano logici e conseguenziali e che egli risultò lucido sul piano mentale", avendo, peraltro, "con sé anche un certificato medico che attestava la sua capacità di intendere e di volere" e che il notaio ha "conservato allo studio in copia". Non va, d'altro canto, tralasciato che anche altri soggetti ascoltati, pur se non specificamente nominati dal C.T.U., hanno suffragato le dichiarazioni del (...) e del (...) come, ad esempio, (...) (vedi il verbale di udienza dell'8.6.2017, n.d.r.), la quale - essendo intervenuta proprio nel testamento pubblico redatto dinanzi al notaio (...) il (...) - ha, in primo luogo, confermato che (...) "è venuto due volte, la prima per parlare con il notaio, la seconda per fare testamento", e che "in entrambe le occasioni era accompagnato da una signora che l'aiutava anche a camminare perché aveva delle stampelle e, tra l'altro, per accedere allo studio occorreva percorrere delle scale": signora che, sempre a suo dire, "non entrò nella stanza in cui si tenne il colloquio medesimo, ma rimase con "la (...)" nella stanza in cui "lavorava, e, peraltro, "non ha nemmeno assistito alla lettura del testamento". Sempre la (...) ha, poi, ribadito di "non" aver "sentito parlare mai il (...) se non nell'occasione in cui, dopo che il testamento gli fu letto dal notaio (...) egli confermò le sue volontà così come trasfuse nel testamento medesimo", chiarendo, infine, di "non" aver "notato comportamenti particolari da parte del (...) ...". Altrettanto si dica ancora per (...) (vedi il verbale di udienza del 26.9.2018, n.d.r.), che è, invece, l'impiegato del notaio (...) che è stato presente alla lettura del testamento pubblico predisposto dinanzi al medesimo notaio (...) l'11.9.2012. Il predetto soggetto escusso, infatti, riferendosi, per l'appunto, al (...) ha asserito testualmente quanto segue: "è venuto una prima volta dal notaio (...) ha esposto al notaio la sua intenzione di fare testamento e, nell'occasione, ha parlato esclusivamente con lo stesso notaio (...) che ha evidentemente raccolto le sue volontà in una stanza in cui erano loro due soli. Sempre il notaio (...) ha poi invitato il (...) a tornare in un altro giorno per firmare l'atto ... ricordo che era anziano e che era claudicante, ma ricordo anche che non è stato sorretto da alcuna persona mentre camminava nello studio. Non so se sia stato accompagnato o meno da altre persone ...". Ed è evidente che le dichiarazioni provenienti da questo secondo gruppo di soggetti ascoltati - oltre ad essere state rese con apprezzabile analiticità, palese verosimiglianza ed intrinseca coerenza logica da individui sulla cui attendibilità non possono muoversi riserve, visto il loro " status " di persone indifferenti rispetto alle parti in causa - hanno trovato inconfutabili riscontri nelle ulteriori acquisizioni istruttorie, di carattere peritale e documentale, sulle quali ci si soffermerà più avanti. Di peculiare rilievo sono, d'altra parte, le asserzioni di coloro che hanno presenziato ai rogiti dei due testamenti e che hanno univocamente rimarcato l'insussistenza di elementi ostativi al genuino e corretto evolversi del processo decisionale funzionale alla formalizzazione, ad opera del (...) delle sue ultime volontà. Con particolare riferimento, poi, alla testimonianza del dott. (...) e, più in generale, all'attività professionale svolta dal prevenuto e dalla sua collega dott.ssa (...) rispettivamente il (...) e l'11.9.2012, non va dimenticato che l'art.47, comma 2 della (...) dispone espressamente che " il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell'atto ": un'indagine che - esplicitandosi nella verifica, anche contestualmente alla stipula dell'atto, che il testo del medesimo atto sia conforme alla volontà delle parti e che queste comprendano il significato di quanto in esso contenuto - conferisce una pregnante valenza, nella prospettiva che qui interessa, alla deposizione dello stesso dott. (...) e, comunque, ai due rogiti in questione. Senza dimenticare che - sebbene, "in tema di testamento pubblico, lo stato di sanità mentale del testatore, seppure ritenuto e dichiarato dal notaio per la mancanza di segni apparenti di incapacità del testatore medesimo" (nei nostri due casi lo è stato, quanto meno, implicitamente, n.d.r.), possa "essere", comunque, "contestato con ogni mezzo di prova, senza necessità di proporre querela di falso, poiché, ai sensi dell'art.2700 c.c., l'atto pubblico fa piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma nei limiti della sola attività materiale, immediatamente e direttamente richiesta, percepita e constatata dallo stesso pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni" (così Cass. civ., sez. II, 30.1.2019, n.2702) - comunque si sarebbe dovuta dare la prova che il (...) nel momento in cui ha manifestato la propria volontà di testare, fosse incapace di intendere e di volere: una prova che, in realtà, non può essere desunta nemmeno dalle riportate affermazioni dei testi appartenenti al cosiddetto primo gruppo ((...) e (...) n.d.r.). A questo proposito va, infatti, sottolineato che - come correttamente chiarito, alle pagg. 30, 44 e 45 del suo elaborato, dal C.T.U. dott. (...) anche dall'alto della sua indiscutibile competenza professionale legata al suo duplice "status" di specialista sia in neurologia-psichiatria che in medicina legale - "l'attento esame delle deposizioni testimoniali, soprattutto se si prende come riferimento il primo gruppo delle stesse, ""sicuramente "documenta" l'esistenza di una "encefalopatia vascolare cronica", ma non consente di pronunciarsi in favore di una marcata disabilità cognitiva raggiunta dal (...) all'epoca della stesura degli atti documentali, sia per l'assente compromissione di più domini cognitivi, come richiesto dal (...) (l'ultima edizione del (...) dei (...) ((...), nato nel 1952, ma diffusosi a partire dalla terza edizione del 1980, come chiarito dal dott. (...) nel rispondere, a pag.35, alle osservazioni del consulente di parte attrice dott. (...) n.d.r.) per una diagnosi di Disturbo Neurocognitivo Maggiore, sia per l'avvicendamento di fasi di lucidità mentale e di obnubilamento del sensorio con conseguenti anomalie della condotta, che sono più tipici di una forma demenziale evolutiva di tipo incipiente, ma non ancora di grado severo ". A questo assunto, d'altro canto, il predetto ausiliario è pervenuto anche esaminando analiticamente tutta la documentazione sanitaria presente agli atti, a partire dalla relazione di dimissione successiva al ricovero del (...) quale protrattosi, dal 22.10.2009 al 6.11.2009, presso la "(...) Stabia" (...) di (...) e (...) di (...) di (...): un ricovero "motivato esclusivamente da severi disturbi cardio-circolatori e perfusivi, che venivano compensati con idonee terapie farmacologiche", e nel cui contesto "non è stato effettuato alcun esame strumentale per una valutazione cerebrale, per l'assenza, evidentemente, all'epoca, di segni clinici focali neurologici o di natura neuropsichiatrica che indicassero l'esecuzione di tali accertamenti" (cfr. la pag. 16 dell'elaborato peritale). Si consideri, inoltre, sempre sul piano documentale, la prodotta relazione che è stata predisposta proprio l'11.9.2012 (ossia il giorno del primo testamento, n.d.r.) dal neuropsichiatra di (...) dott. (...) D'(...) il quale ha ivi attestato che "il sig. (...) nato a (...) dei (...) il (...), allo stato attuale non presenta disturbi della sfera cognitiva per cui è da considerarsi persona capace di intendere e di volere". Ed è evidente che - al di là della già sottolineata coincidenza temporale di questa medesima attestazione con il rogito per notaio (...) (coincidenza che, anche per la mancata escussione dello stesso notaio (...) può alimentare in proposito solo ipotesi prive di riscontri, alle quali si potrebbe anche aggiungere quella in base alla quale sarebbe proprio questo anche il certificato che, come riferito in udienza dall'altro notaio (...) il (...) aveva con sé quando si è recato il (...), dal medesimo notaio (...) n.d.r.) - "il dato inconfutabile che si ricava ... è, comunque, l'assenza di un deficit della sfera cognitiva del (...) in tale periodo cronologico, con specificazione di una conservata capacità di intendere e di volere": assenza insieme alla quale va rimarcato il rilievo secondo cui "non vi è traccia documentale (interventi sanitari ambulatoriali o domiciliari, interventi d'urgenza del 118, certificazioni del curante o di specialisti del settore, accessi nosocomiali) di alterazioni neurologiche e psichiche nel de cuius, nel periodo antecedente tale attestazione" (così il C.T.U. dott. (...) alle pagg.16-17 del suo contributo scritto). Quanto, poi, all'ulteriore documentazione sanitaria predisposta dopo circa quattrocinque mesi dagli atti testamentari e, segnatamente, a decorrere dalla sera inoltrata del 14.2.2013 nella quale il (...) si è recato presso il (...) del (...) di (...) de' (...), ancora il dott. (...) - facendo, nell'ordine, riferimento al referto iniziale (dove si precisa, tra l'altro, che "il pz. giunge ... per disartria e deficit della deambulazione", n.d.r.), alla TC total body praticata allo stesso (...) ed attestante la genesi vascolare del deficit di coscienza emerso ("(...) evidenti di insufficienza sottocorticale cronica su base vascolare"), alla TAC polmonare che evidenziò "un addensamento polmonare basale d(...)", alla cartella clinica relativa al ricovero nosocomiale praticato il (...) e all'esame TC del cranio del 18.2.2013 - ha affermato che, in particolare, da quest'ultimo "esame si deduce che il (...) in tale epoca, presentava sicuramente una demenza vascolare, ma, in assenza di altri riscontri precedenti in tal senso, non è possibile valutarne l'insorgenza e, soprattutto, l'epoca in cui tale infermità fosse diventata grave ed inabilitante", e ciò tenendo pure conto del fatto che "lo stato confusionale e di defedamento organico si sono presentati in maniera grave e drammatica nel febbraio 2013" (vedi le pagg.17-20 dell'elaborato peritale). Per ciò che concerne, invece, l'esame istologico dell'encefalo condotto sul cadavere dello stesso (...) all'indomani del suo decesso del (...), nonché dell'autopsia disposta dal P.M. ed effettuata dal prof. (...) sempre il designato C.T.U. ha osservato come si abbia "la contezza di un quadro degenerativo di grado mediograve, in quanto pur essendo presenti elementi di avanzata necrosi neuronale e di modificazioni dell'assetto liquorale, l'impianto neurogliale è ancora grossolanamente preservato e sono quasi assenti i focolai ischemici parenchimali" (cfr. le pagg. 20 e 21 della sua relazione). Di qui "il dato obiettivo certo" di come il (...) abbia "sofferto negli ultimi giorni di vita di un complesso pluripatologico (broncopneumopatia cronica ostruttiva, miocardiosclerosi, insufficienza renale da glomerulosclerosi, aritmia da intossicazione digitalica in encefalopatico vascolare), che ha richiesto l'instaurazione di diversi presidi sanitari urgenti, risultati, nonostante tutti gli sforzi profusi, inefficaci", e nel cui contesto bisogna aver riguardo, "in particolare, all'infermità neurologica (encefalopatia vascolare), "che è la" patologia rilevante ai fini della ... consulenza di ufficio "e che" costituisce la causa di demenza nel 20% dei casi": patologia rispetto alla quale si è, più di recente, elaborato il concetto "di "demenza vascolare" ((...)", in cui "sono state incluse tutte le forme di deterioramento mentale secondarie a una encefalopatia su base ischemica o emorragica e per la cui "diagnosi", comunque, "è necessario almeno un esame di neuroimaging cerebrale (TC, o RM)". Ed, invero, - sempre secondo il dott. (...) - "la TAC cerebrale effettuata sul periziando nel corso dell'ultimo ricovero permetteva di appurare una ipodensità della sostanza bianca limitata alle aree periventricolari ed i centri semiovali, in assenza di un processo abiotrofico-degenerativo massivo e globale", donde la conclusione secondo cui "non sussistono elementi certificali che orientano verso una grave entità della compromissione cognitiva del soggetto in vita o, almeno, all'epoca della redazione dei testamenti contestati, cioè di grado tale da determinare disabilità cognitive, di critica e di giudizio e di incongruenza dei nessi logici e volitivi, tutti elementi tipici di un quadro demenziale grave o avanzato, non registrato, almeno per tale periodo, nella fattispecie" (vedi le pagg.21-24 del contributo peritale trasmesso telematicamente il (...)). Non si possono, d'altro canto, valorizzare, a confutazione di quanto sin qui sostenuto, né il certificato che, richiamato dal consulente tecnico del (...) dott. (...) sarebbe stato "redatto nel giugno 2009 presso l'U.O. EmergenzaUrgenza della ASL di (...)" e non è stato rinvenuto agli atti (vedi la pag.35 della consulenza - (...), né la cartella clinica allegata alla memoria ex art.183 co.6 n.2) c.p.c. di parte attrice del 10.2.2014 e predisposta, ugualmente nel giugno del 2009, presso il plesso ospedaliero di (...) de' (...). Essi, infatti, - come opportunamente rilevato dal designato C.T.U. - esprimono, in ogni caso, la medesima diagnosi formulata dal predetto ausiliario (" (...) cerebrale cronica con decadimento cognitivo ... (...) iniziali di demenza senile "), a conferma di una portata decisamente limitata della patologia neurologica (vedi sempre la pag.35 dell'elaborato in atti). (...) parte - come giustamente chiarito dallo stesso C.T.U. ancora alle pagg.34 e 35 del suo medesimo elaborato - "il problema che ... si pone e per il quale è stata disposta la ... consulenza "è proprio quello di "valutare l'entità raggiunta dall'infermità che, per sue caratteristiche", "è cronica e progressiva, nei termini della compromissione dell'autonomia decisionale nel periodo in cui sono stati redatti gli atti giuridici contestati". E con riguardo a tale questione nodale - alla stregua di tutte le acquisizioni istruttorie di carattere orale, documentale e medico-legale diffusamente illustrate in precedenza - non si può che aderire all'assunto finale cui è pervenuto, con riferimento ai profili squisitamente tecnici che gli sono stati devoluti in virtù della sua peculiare competenza professionale, il dott. (...) Costui, infatti, ha conclusivamente affermato che "l'attenta valutazione degli atti esaminati e criticamente riportati, valutati nel loro complesso, NON permette di affermare che la sofferenza cerebrale riscontrata nel periodo settembre-ottobre 2012 a carico del sig. (...) "(...)" fosse di severità tale da comprometterne, all'epoca degli atti testamentari (settembre ed ottobre 2012)", "le sue abilità cognitive, di critica e di giudizio", ragion per cui lo stesso "(...) versava ... in una condizione di incapacità di intendere e di volere in tale contesto cronologico, tale da determinare un'incapacità di agire, ai sensi di (...)" (vedi la pag.44 della C.T.U. trasmessa telematicamente il (...)). Non va, poi, da ultimo, dimenticato che - pur reputando inutilizzabili (perché tardivamente depositati telematicamente dal legale della convenuta il (...), e, quindi, dopo la scadenza dei termini perentori previsti, anche a fini istruttori, dall'art.183 co.6 c.p.c., n.d.r.) alcuni atti del già citato procedimento penale n.(...)/ (...)/(...) R.G.N.R. (...) della Repubblica di (...) di cui, comunque, vi è traccia nella documentazione prodotta, in uno al libello introduttivo, dall'attore (...) il quale risulta aver anche presentato alla stessa (...) una denuncia-querela (si tratta del verbale delle sommarie informazioni rese ai (...) di (...) il (...) dal medico curante del (...) dott. (...) nonché dell'esito della delega di indagini del marzo 2013 avente ad oggetto le dichiarazioni del notaio (...) e del notaio (...) ed, infine, della richiesta e del decreto di archiviazione del medesimo procedimento n.(...)/ (...)/(...) R.G.N.R., a loro volta risalenti all'ottobre del 2013 e, dunque, sempre ad epoca antecedente alla scadenza dei termini ex art.183 co.6 c.p.c. entro i quali avrebbero potuto essere, di conseguenza, prodotti, n.d.r.) - nessuna valenza probatoria può essere, in ogni caso, data alla documentata instaurazione, a carico della (...) del più volte citato procedimento penale per il reato di circonvenzione di incapace, visto che non è stato, comunque, acclarato in giudizio che questo medesimo procedimento abbia avuto un esito favorevole alla tesi attorea. Di qui l'assunto finale secondo cui, nel caso di specie, il promotore della controversia non abbia pienamente adempiuto all'onere ex art.2697 c.c. di dimostrare che - nel momento in cui ha reso le sue dichiarazioni di ultime volontà dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012 e dinanzi al notaio (...) il (...) - il (...) in virtù di una infermità transitoria o permanente, ovvero di un'altra causa perturbatrice, fosse privo in modo assoluto della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, in quanto incapace di intendere e di volere: onere che - come si è già rimarcato inizialmente - era indiscutibilmente a carico dello stesso promotore della controversia (vedi le già segnalate Cass. civ., sez. II, 15.4.2010, n.9081; Cass. civ., sez. II, 23.12.2014, n.27351 e Cass. civ., sez. II, ordinanza n.3934 del 19.2.2018). Si impone, pertanto, il rigetto della domanda di annullamento dei due testamenti "de quibus", quale avanzata ex artt.428 e 591 c.c. dal (...) Per ciò che concerne, invece, le spese processuali, sono configurabili, nella fattispecie concreta in esame, i presupposti previsti dall'art.92 co.2 c.p.c. per disporne la compensazione nella misura della metà, limitatamente agli oneri di lite inerenti l'attività difensiva svolta. Depone, infatti, in tal senso l'obiettiva controvertibilità delle questioni fattuali esaminate, quale derivante dall'esistenza di elementi indiziari che, soprattutto prima dell'instaurazione del presente procedimento civile, potevano essere valutati, o, comunque, interpretati, in senso favorevole all'attore. (...) canto la prevalente giurisprudenza di legittimità e la più autorevole dottrina - soffermandosi sui " giusti motivi " in grado di legittimare la suddetta compensazione proprio ai sensi del comma 2 dell'art.92 c.p.c., nella sua formulazione antecedente all'entrata in vigore della legge n.69/'09 - hanno sostenuto che gli stessi "giusti motivi" non solo sfuggono a qualsiasi elencazione che non sia meramente esemplificativa (cfr. Cass. civ., 6.12.2003, n.18705; Cass. civ., 22.4.2000, n.5305), ma possono riguardare tanto il merito della controversia, come nel caso della controvertibilità, della novità, della particolarità o della complessità delle questioni trattate (cfr. Cass. civ., 1.12.2003, n.18352; Cass. civ., 23.5.2003, n.8210), quanto aspetti processuali o di condotta processuale (vedi Cass. civ., 5.4.2003, n.5373) o preprocessuale delle parti con riguardo alla necessità o meno della lite (vedi, in proposito, un'autorevole dottrina): elementi che, a parere del giudicante, possono essere, invero, ricondotti anche nell'ambito della diversa nozione delle " gravi ed eccezionali ragioni "riportata nell'art. 92 co. 2 c.p.c., quale modificato proprio a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 69/09 e, quindi, nella formulazione "ratione temporis" applicabile nella vicenda processuale che ci occupa. Quanto, poi, al compenso liquidato, con separato decreto, al C.T.U. dott. (...) ed alla residua metà degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva svolta, essi, in virtù del fondamentale principio dettato dall'art.91 c.p.c. e, segnatamente, della soccombenza del (...) vanno posti ad esclusivo carico del medesimo (...) Inoltre, il compenso spettante al difensore della convenuta, dichiaratosi pure antistatario, - tenuto conto dei criteri previsti dalla legge e, segnatamente, dal d.m. n.55/2014 e succ. mod. per le singole fasi del giudizio (di studio, introduttiva, di trattazione e/o istruttoria e decisoria, n.d.r.) ed in relazione ai procedimenti di cognizione di competenza del tribunale di valore indeterminabile, da farsi rientrare, nel caso di specie ed a norma dell'art.5 co.6 del d.m. n.55/2014 e succ. mod., nonché in ragione del grado di difficoltà della vertenza, nello scaglione da Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00 - va quantificato nei sensi di cui in dispositivo e deve essere distratto ex art.93 c.p.c.; il tutto avuto anche riguardo, ai sensi dell'art.4 co.1 dello stesso d.m. n.55/2014 e succ. mod., alla natura ed al livello di complessità delle prestazioni professionali poste in essere dal legale della (...) e che legittimano l'applicazione di parametri vicini a quelli medi di cui alla tabella allegata al medesimo d.m. n.55/2014 e succ. mod. Si consideri ancora, sempre a proposito degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva, che - per quanto concerne la questione di diritto intertemporale legata all'emanazione del d.m. 10.3.2014, n.55 e succ. mod. e contenente i nuovi parametri per la liquidazione dei compensi relativi alla professione forense che hanno sostituito quelli precedenti previsti dal d.m. n.140/2012, a loro volta sostitutivi delle pregresse tariffe - lo scrivente ritiene di dovere adottare il criterio del momento del completamento della prestazione difensiva eseguita. E', d'altra parte, appena il caso di rimarcare che - con riguardo all'art.41 del d.m. n.140/2012, ma con una statuizione estensibile alla situazione, per certi aspetti analoga, determinatasi per effetto dell'introduzione del d.m. n.55/2014 e succ. mod. - anche la giurisprudenza di legittimità ha autorevolmente sostenuto che, "per ragioni di ordine sistematico e dovendosi dare al citato art. 41 del decreto ministeriale un'interpretazione il più possibile coerente con i principi generali cui è ispirato l'ordinamento, la citata disposizione debba essere letta nel senso che i nuovi parametri siano da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che "- come è sicuramente avvenuto nel caso di specie in relazione sia al d.m. n. 140/2012 che al d.m. n.55/2014 e succ. mod. - "a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando erano ancora in vigore le tariffe professionali abrogate" (cfr. Cass. civ., SS.UU., 25.9.2012 - 12.10.2012, n.17406), ovvero il d.m. n.140/2012 ed il d.m. n.55/2014. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciandosi sulla domanda proposta dall'attore (...) nei confronti della convenuta (...) respinta ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede: 1) rigetta la suddetta domanda attorea; 2) condanna, per l'effetto, il citato (...) alla totale rifusione delle somme liquidate al C.T.U. dott. (...) con separato decreto, nonché - previa la compensazione della metà degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva svolta nell'interesse della predetta (...) dal suo legale - al pagamento, in favore della medesima (...) della residua metà, che viene determinata in Euro 17,90 per esborsi ed in Euro 3.627,00 per compenso, oltre il rimborso forfettario pari al 15% dello stesso compenso e l'I.V.A. ed il C.A.P. come per legge, e che va attribuita ex art.93 c.p.c. al procuratore antistatario avv. (...) Così deciso in Salerno il 6 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1248 del 2022, proposto dalla Ba. Sp. & We. di An. Ma. Bi. & C. s.a.s. in proprio e nella qualità di Mandataria dell'ATI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato St. Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato To. Ch., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento a) della nota prot. n. 004905 riportante la erronea data del 03 maggio 2021, notificata in data 07-9 maggio 2022 alla pec dell'avv. Ma. Gi., a firma del Sindaco, del Responsabile del Servizio del Settore Lavori Pubblici e Governo del Territorio e del Responsabile del Settore Affari Generali del Comune di (omissis), con la quale - tra l'altro - si è affermato "Da queste brevi note, dunque, intendiamo fare risultare con estrema chiarezza che non vi è alcuna intenzione dell'Amministrazione Comunale di prorogare la durata della concessione dell'impianto sportivo, tante e tanto gravi le inadempienze contrattuali riconducibili ad una esclusiva responsabilità del concessionario"; b) di ogni altro atto, connesso, collegato, presupposto e conseguenziale; e per ottenere il risarcimento del danno subito dalla ricorrente, in proprio e nella qualità esposta, derivato dall'adozione degli atti impugnati e dalla perdurante inerzia serbata dal Comune di (omissis) e dal diniego di proroga della concessione. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2024 il dott. Raffaele Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. La ricorrente è concessionaria della gestione dell'impianto sportivo sito in località (omissis) in (omissis), sulla base del contratto stipulato il 26 aprile 2012 a seguito di procedura di gara, di durata decennale e con effetti decorrenti dalla data di consegna dell'impianto e di sottoscrizione del relativo verbale (avvenute il 4 maggio 2012). Con il provvedimento impugnato l'Amministrazione comunale ha comunicato l'intenzione di non prorogare la durata del contratto, evidenziando che la concessionaria: - non ha provveduto a relazionare sui lavori previsti dalla delibera di Giunta n. 20 del 24 febbraio 2016, con cui si consentiva al concessionario di non corrispondere i canoni relativi alle residue sei annualità in cambio dell'esecuzione dei lavori ivi indicati, essendo state rilevate incongruenze "in ordine alla quantità di pannelli di coibentazione impiegati"; - non ha prodotto alcuna documentazione attestante l'esecuzione a regola d'arte dei lavori di controsoffittatura dell'intera superficie di copertura della palestra, previsti dall'art 26 del capitolato d'oneri, né documentazione attestante l'esecuzione delle opere migliorative proposte in gara; - ha invece cessato l'attività lamentando problemi strutturali dell'impianto, non sussistenti alla luce del sopralluogo effettuato dai tecnici comunali che hanno invece evidenziato le condizioni di scarsa manutenzione ordinaria (riguardanti in particolare il palazzetto dello sport); - non sono stati chiariti gli interventi realizzati in relazione al progetto di cui al D.M. 24 aprile 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico, destinato a finanziare la realizzazione di investimenti per la riduzione dei consumi energetici e che prevedeva un finanziamento di euro 58.482,00 destinato alla struttura in questione (euro 99.222,58 secondo la ricorrente); - ha lasciato l'impianto sportivo in condizioni di abbandono ed incuria, disattivato l'impianto di aerazione, disattivato la fornitura di energia elettrica, lasciato le vasche della piscina colme d'acqua, dando luogo ad esalazioni di cloro non aspirate dall'impianto. Sulla base di queste considerazioni, l'Amministrazione, anche in considerazione dell'imminente scadenza della concessione al 4 maggio 2022, con l'impugnato provvedimento del 3 maggio 2021 (recte, del 3 maggio 2022), notificato il 7-9 maggio 2022, ha manifestato la volontà di non prorogare la durata del contratto di concessione e invitato la concessionaria a riconsegna dell'impianto, diffidando la stessa ad esibire le certificazioni relative all'esecuzione dei lavori previsti dalla delibera n. 20 del 24 febbraio 2016, all'esecuzione delle opere di miglioria previste dall'offerta, delle opere di manutenzione previsti agli artt. 25 e 26 del capitolato d'oneri, a presentare la documentazione relativa agli interventi eseguiti sulla base del finanziamento ottenuto e alla relativa rendicontazione. 2. Con ricorso notificato il 6 luglio 2022 e depositato il 16 luglio 2022, la ricorrente precisa che: - i lavori previsti dalla delibera n. 20 del 24 febbraio 2016, relativi tra l'altro alla realizzazione della controsoffittatura della palestra e alla impermeabilizzazione della copertura della medesima palestra, sono stati sopportati dal Comune mediante l'esonero dal versamento del canone annuo sino al termine della concessione ed eseguiti a cura e spese del concessionario, sotto il controllo dell'ufficio tecnico comunale che, con verbale del 9 gennaio 2018, ne ha attestato la parziale esecuzione fissando il termine per il completamento al 22 gennaio 2018; - a causa della pandemia la struttura è rimasta chiusa, ha poi ripreso l'attività e ha subito un ulteriore blocco; - a partire dal 26 agosto 2020, la concessionaria ha più volte chiesto agli uffici comunali un sopralluogo, evidenziando la necessità di interventi di manutenzione straordinaria di competenza comunale ai fini della riapertura dell'impianto in sicurezza; - con verbale di sopralluogo del 20 gennaio 2021, è stato rilevato il distacco dei copriferri di alcune travi e coppelle del corpo della piscina, con armature a vista e ossidate, senza compromissione dell'anima della trave, rilevando altresì la posa in opera di pannelli finalizzati a limitare il riverbero acustico del corpo palestra; - nella successiva corrispondenza intercorsa con l'ente, la concessionaria ha più volte fatto presente la necessità di lavori strutturali di competenza comunale, al fine di consentire la riapertura in sicurezza della struttura, contestando le modalità di effettuazione del sopralluogo. In tale occasione è stata riscontrata l'assenza di compromissioni della sicurezza dell'impianto senza una osservazione ravvicinata delle strutture, affermando la riconducibilità dei distacchi alle esalazioni del cloro contenuto nell'acqua presente nelle vasche, in assenza di adeguata ventilazione, sebbene il problema si fosse manifestato già durante il normale esercizio delle attività con l'impianto, di ventilazione in azione, in ragione del ridotto spessore dei copriferri e della mancata applicazione di vernici idonee; - la struttura non è stata riconsegnata ma l'Amministrazione ha avviato la realizzazione dei lavori richiesti dalla concessionaria. 3. La ricorrente deduce, con un unico e articolato motivo di ricorso, "Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 3, 41 e 97 Costituzione; artt. 7, 21 e seguenti L. 241/1990; articolo 10 ter del D.L. 25 maggio 2021, n. 73 convertito in Legge 23 luglio 2021, n. 106 ("Decreto Sostegni bis"); DL 228/2021 ("Mille-proroghe"), convertito in Legge 15/2022) - Eccesso di potere (illogicità manifesta - carenza di istruttoria - inesistenza del presupposto - motivazione apparente - irrazionalità - violazione del principio del corretto agire amministrativo e della leale collaborazione - principio della continuità dell'agire amministrativo - sviamento". Le argomentazioni poste a fondamento del provvedimento sarebbero infondate in quanto "nell'affidamento del bene si erano celate una serie di problematiche, ben note al Comune, onerando il concessionario all'esecuzione di attività, alcune enunciate, altre non prevedibili, ma indispensabili per la fruibilità e la funzionalità dell'impianto, che la ricorrente ha assunto a proprie spese per ripristinare e rendere funzionante la struttura"; la stessa Amministrazione, dopo aver ritenuto insussistenti i problemi strutturali che hanno comportato l'impossibilità di utilizzo della struttura, ha dato "corso ad una serie di opere, più volte richieste e mai realizzate, senza nemmeno preoccuparsi di rientrare in possesso della struttura". I lavori inoltre sono stati eseguiti sotto il controllo dell'ufficio tecnico comunale, con la conseguenza che l'Amministrazione avrebbe dovuto chiedere ai propri uffici informazioni sull'esecuzione di tali attività . La pannellatura della palestra è stata realizzata necessariamente dopo l'impermeabilizzazione e l'eliminazione delle infiltrazioni che interessavano la medesima palestra e sotto il profilo tecnico mediante pannelli fonoassorbenti anziché una "struttura continua disposta orizzontalmente, che sarebbe stata sicuramente danneggiata dai continui urti della palla durante lo svolgimento delle attività sportive", con la conseguenza che le contestazioni formulate risultano pretestuose (in quanto l'intervento risulta migliorativo rispetto alle previsioni progettuali) e tardive (in quanto poste in essere a distanza di oltre quattro anni dalla loro esecuzione). L'interruzione dell'attività è legata alla caduta di strati di copriferri della copertura della piscina, che ha indotto la ricorrente, già nell'agosto del 2020, a chiedere, sulla base dell'art. 9 del contratto, un sopralluogo congiunto, richiesta reiterata nel settembre 2021. Il sopralluogo si è svolto solo nell'ottobre del 2021, peraltro in maniera sommaria mediante un esame dello stato della struttura e senza alcun saggio, non rientrando peraltro la ricostruzione dei copriferri nella manutenzione ordinaria prevista. L'Amministrazione non considera, ai fini della riduzione del canone o della proroga della concessione, che ciò non ha consentito l'utilizzo della struttura per oltre tre anni, anche nei periodi in cui l'attenuazione della pandemia avrebbe consentito la graduale ripresa. La ricorrente non ha mai potuto utilizzare la palestra per problemi strutturali (non causati dalle esalazioni di cloro dell'acqua contenuta nelle vasche in quanto i primi frammenti di copriferro si sono distaccati nell'estate 2020, con la conseguenza che il fenomeno di degrado ha avuto origine in tempi antecedenti, come rilevato dalla perizia tecnica, a causa del ridotto spessore di circa 1 cm dei predetti copriferri). L'Amministrazione non ha applicato la normativa nazionale che prevedeva una riduzione dei canoni in pendenza del blocco delle attività e neppure ha concesso una proroga, pur normativamente prevista, che avrebbe consentito il riequilibrio del piano economico-finanziario. La ricorrente lamenta inoltre di aver pagato per intero il corrispettivo della concessione ma di non aver potuto utilizzare mai la palestra e di non aver potuto utilizzare la piscina per le gare (non avendo dimensioni regolamentari) nonché di non aver potuto utilizzare la struttura per tre anni a causa della pandemia e dell'inerzia dell'Amministrazione. La ricorrente formula infine un'istanza risarcitoria. 4. Si è costituita l'Amministrazione eccependo l'inammissibilità del ricorso in quanto la nota impugnata non ha contenuto provvedimentale e, ove lo avesse, per intervenuta acquiescenza a seguito della riconsegna dell'immobile. Si eccepisce inoltre il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in quanto il rapporto concessorio è cessato per scadenza contrattuale prima ancora della notificazione del ricorso e le pretese della ricorrente sono comunque connesse a inadempimenti contrattuali. L'Amministrazione contesta infine la fondatezza del ricorso ed evidenzia che la ricorrente ha già fatto ricorso al giudice ordinario. 5. Dopo scambio di memorie e ampia discussione, all'udienza pubblica del 10 aprile 2024, la causa è stata trattenuta in decisione. 6. Sussiste, come rilevato dall'Amministrazione comunale, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. 7. Occorre premettere che il rapporto in questione è soggetto alla disciplina di cui al d.lgs. n. 163/2006. Infatti l'art. 253 del citato decreto prevede che "le disposizioni di cui al presente codice si applicano alle procedure e ai contratti i cui bandi o avvisi con cui si indice una gara siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure e ai contratti in cui, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte" e il bando relativo alla procedura è stato pubblicato il 15 settembre 2011. Pertanto la procedura e il contratto rientrano nel perimetro temporale di applicazione della predetta disciplina, peraltro richiamata dal medesimo bando, seppur negli strettissimi limiti previsti dall'art. 30 del d.lgs. n. 163/2006. 8. La concessione in questione deve essere, infatti, qualificata come concessione di servizi. Stando alle condizioni contrattuali (cfr., in particolare, gli artt. 14 - 17 del capitolato tecnico), nell'economia generale del rapporto è centrale il momento della gestione degli impianti per la prestazione di servizi in ambito sportivo, con lo specifico fine di promuovere la pratica sportiva e la partecipazione alle attività sportive da parte di tutti i cittadini. I servizi da assicurare alla collettività, in termini di "programmazione, organizzazione e coordinamento dell'attività sportiva, compresa l'attività didattica non agonistica e agonistica, la promozione dell'impianto sportivo nel suo complesso e dell'attività natatoria in modo particolare", devono infatti "offrire una risposta ottimale alle esigenze di pratica sportiva, attività agonistica, attività motoria e di mantenimento del benessere psicofisico, coniugando queste valenze con condizioni economiche che garantiscano i criteri di economicità della gestione. Il Concessionario deve assicurare continuità nello svolgimento di un servizio di rilevanza pubblica e sociale attraverso una gestione improntata a principi di efficacia, efficienza ed economicità ". La concessione riguarda pertanto, in ultima analisi, la prestazione di servizi volti a soddisfare le esigenze della cittadinanza; in quest'ottica, risulta meramente strumentale l'affidamento di beni di proprietà pubblica, destinati a essere utilizzati nell'ambito dell'organizzazione aziendale e a costituire l'infrastruttura indispensabile alla prestazione dei servizi e allo svolgimento della attività sportive, secondo un regime tariffario e orario soggetto comunque alla valutazione dell'Ente pubblico, considerato peraltro che, secondo quanto riportato nel capitolato d'oneri, l'impianto costituisce, per le sue caratteristiche, un unicum nell'area in questione. 9. Sotto il profilo della giurisdizione, con riferimento alle concessioni di servizi, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 27 novembre 2019, n. 31027 ha affermato che "La giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito, nel corso degli ultimi anni, che ai fini del riparto di giurisdizione tra il giudice ordinario ed il giudice amministrativo occorre distinguere a seconda che vi sia o meno esercizio, da parte dell'amministrazione, di un potere autoritativo pubblico e che la controversia si collochi in un momento antecedente o successivo rispetto a quello dell'aggiudicazione. Costituisce acquisizione ormai pacifica il fatto che nel quadro normativo di cui al D.Lgs. n. 163 del 2006, sussiste l'unica categoria della concessione di lavori pubblici, onde non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell'opera (o di costruzione e gestione congiunte), in quanto la gestione funzionale ed economica dell'opera non costituisce più un accessorio eventuale della concessione di costruzione, ma la controprestazione principale e tipica a favore del concessionario (sentenza 27 dicembre 2011, n. 28804, e ordinanza 9 novembre 2012, n. 19391). ... Successivamente, queste Sezioni Unite hanno affermato che in tema di concessioni di servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto, successiva all'aggiudicazione, sia se implicanti la costruzione (e gestione) dell'opera pubblica, sia se non collegate all'esecuzione di un'opera, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta di giudicare sugli adempimenti (e sui relativi effetti) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell'amministrazione e del concessionario, nonchè di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo; resta ferma, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo nei casi in cui l'amministrazione, sia pure successivamente all'aggiudicazione definitiva, intervenga con atti autoritativi incidenti direttamente sulla procedura di affidamento, mediante l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio o di eventuali altri poteri riconosciuti dalla legge, o comunque adotti atti autoritativi in un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. n. 241 del 1990, oltre che nei casi tassativamente previsti (così l'ordinanza 18 dicembre 2018, n. 32728). In linea con tale orientamento - e sulla premessa che l'impulso proveniente dal diritto dell'Unione Europea ha portato al sostanziale venire meno della differenza tra l'appalto e la concessione - queste Sezioni Unite hanno anche stabilito che in tema di concessione di costruzione e gestione di opera pubblica e di concessione di servizi pubblici, la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l'adempimento e l'inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell'ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge (ordinanza 8 luglio 2019, n. 18267)". In Particolare, Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 29 gennaio 2021, n. 2144 ha precisato che "Per altro verso, si è ritenuto che in caso di concessione di servizi pubblici, la giurisdizione del giudice ordinario, riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi, nella fase esecutiva del contratto di concessione, si estende alle questioni inerenti l'adempimento e l'inadempimento della concessione, nonché le conseguenze risarcitorie, vertendosi nell'ambito di un rapporto paritetico tra le parti, ferma restando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei casi in cui la P.A. eserciti poteri autoritativi tipizzati dalla legge - Cass., S.U., 7 maggio 2019, n. 18267". Ha rammentato recentemente TAR Umbria, Sez. I, 26 aprile 2024, n. 281 che "l'evoluzione della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sull'ipotesi di cui all'art. 133, comma 1, lett. c) cod. proc. amm. "è nel senso che per le questioni inerenti l'adempimento o l'inadempimento della concessione nelle controversie in materia di affidamento di pubblico servizio, in mancanza dell'esercizio dei poteri autoritativi della P.A. la giurisdizione, vertendosi nell'ambito del rapporto paritetico fra le parti, è del giudice ordinario" (Cass. civ., S.U., 28 febbraio 2020, n. 5594; cfr. Cass. civ. S.U., 8 luglio 2019, n. 18267; Id., 18 dicembre 2018, n. 32728). ... la giurisprudenza odierna è giunta ad evidenziare "come, (anche) nelle concessioni di pubblici servizi, lo spartiacque delle giurisdizioni, quella amministrativa esclusiva e quella ordinaria, debba rinvenirsi nella stipulazione del contratto o nell'aggiudicazione definitiva", fondandosi sulla stessa norma di riparto, l'art. 103 Cost., che consente di affidare la materia dei pubblici servizi alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo" (si invoca qui la dirimente sentenza 204/2004 della Corte costituzionale), che, salvi "tipizzati interventi autoritativi del concedente" anche dopo l'aggiudicazione, va escluso quando, "esaurita la fase pubblicistica della scelta del concessionario e sorto il "vincolo" contrattuale", si discute sul contenuto del rapporto, sugli adempimenti contrattuali e sui relativi effetti" (Cass. civ., S.U., 18 dicembre 2023, n. 35344; in senso conforme, ex multis, C.d.S., sez. V, 19 aprile 2019, n. 2543; T.A.R. Umbria 27 ottobre 2022, n. 779)". 10. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 18 ottobre 2018, n. 26253, ha invece affermato, con riferimento a una concessione di costruzione e gestione di un edificio, quindi a una concessione di lavori, soggetta al quadro normativo di cui al d.lgs. n. 163/2006, che "la ricorrente non ha chiesto l'adeguamento dei prezzi, ma un vero e proprio riequilibrio del sinallagma contrattuale, sotto il profilo sia della revisione dei costi di costruzione che del prolungamento della durata della concessione, e la deliberazione impugnata si pone nella fase esecutiva del rapporto concessorio, per cui anche la relativa cognizione si pone sul piano privatistico, esulando dal piano autoritativo, da cui la cognizione del giudice ordinario". 11. Alla luce di tali coordinate interpretative, la controversia all'attenzione del Collegio, attinente al diniego di proroga di un contratto di concessione di servizi con finalità di riequilibrio del rapporto nella fase esecutiva, non può ritenersi ricompresa nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo in quanto non coinvolge l'esercizio di poteri autoritativi. Occorre considerare, infatti, che l'art. 143, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, non più in vigore ma rientrante nel sistema normativo applicabile alla fattispecie, prevede espressamente che, nel caso di concessioni di lavori, le variazioni apportate dalla Stazione appaltante ai presupposti e alle condizioni di base che determinano l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione e le modifiche normative che stabiliscono nuovi meccanismi tariffari o che comunque incidono sull'equilibrio del piano economico-finanziario ne comportano la revisione, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equilibrio, anche tramite la proroga del termine di scadenza delle concessioni; le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza da ultimo citata, hanno ritenuto che la modifica delle condizioni del contratto di concessione di lavori (anche mediante proroga) con finalità di riequilibrio delle posizioni delle parti, pur espressamente disciplinata dal legislatore, non comporta l'esercizio di poteri autoritativi, risultando pertanto le relative controversie escluse dall'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Di conseguenza, se il quadro normativo delineato dal d.lgs. n. 163/2006 per le concessioni di servizi neppure disciplina il rapporto sotto il profilo del ripristino dell'equilibrio economico - finanziario (cfr. art. 30 del d.lgs. n. 163/2006 che prevede l'applicazione, per quanto compatibile, dell'art. 143, comma 7, del medesimo decreto ma non del comma 8), a fortiori deve essere escluso l'esercizio di poteri autoritativi da parte dell'Amministrazione in tale ambito, in quanto tali poteri risultano configurabili, proprio per le caratteristiche di tipicità connesse al principio di legalità, se espressamente previsti dalla norma o quantomeno dalla stessa desumibili. Tali argomentazioni trovano conferma anche nelle conclusioni raggiunte dalle pronunce del TAR Sardegna, Sez. I, 16 novembre 2021, n. 340 e 27 aprile 2022, n. 284, relative proprio al riequilibrio, anche mediante proroga, di un contratto di concessione di servizi. Analoghe considerazioni valgono con riferimento all'invocata (peraltro solo nella rubrica del motivo di ricorso e nella parte in fatto del ricorso medesimo) proroga del contratto in questione sulla base dell'applicazione dell'art. 10 ter del d.l. n. 73/2021, in quanto effetto derivante direttamente dalla legge e non dall'esercizio di poteri autoritativi. 12. La controversia attiene pertanto alla fase meramente esecutiva dei rapporti tra le parti e a una relazione che non comporta l'esercizio dei poteri autoritativi volti al bilanciamento di interessi pubblici e privati, afferendo unicamente a posizioni di carattere paritetico. 13. In conclusione, il ricorso in trattazione deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, indicandosi quale giudice munito di giurisdizione il giudice ordinario davanti al quale il processo andrà riassunto entro il termine di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a. con gli effetti ivi previsti. In considerazione dell'esito in rito della presente fase del giudizio, appare equa la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. l Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario, innanzi al quale il ricorso potrà essere riassunto nei termini e con gli effetti di cui all'art. 11, comma 2, c.p.a. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 10 aprile 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Fabio Di Lorenzo - Referendario Raffaele Esposito - Referendario, Estensore
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