Sentenze recenti Tribunale Salerno

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 281 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gu. Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Gi. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via (...); per l'annullamento Per quanto riguarda il ricorso introduttivo e i ricorsi per ulteriori motivi depositati da -OMISSIS-. in data 4 aprile 2023 e in data 4 maggio 2023: a. della ordinanza n. -OMISSIS-, notificata in pari data, con la quale il Comune di (omissis) ha disposto l'annullamento in autotutela del permesso di costruire n. -OMISSIS- e delle successive segnalazioni certificate di inizio attività n. -OMISSIS-, n. -OMISSIS-e n. -OMISSIS- e, nel contempo, ordinato l'abbattimento delle opere medio tempore realizzate; b. della nota prot. n. -OMISSIS- di comunicazione di avvio del procedimento di annullamento dei titoli edilizi elencati sub a; c. della "nota prot. n. -OMISSIS- resa dal dr. -OMISSIS- quale responsabile del procedimento dei titoli edilizi" esplicativa dei presupposti tecnico-istruttori del provvedimento di autotutela impugnato; d. della "perizia resa dal geom. -OMISSIS- quale consulente tecnico nominato dall'ufficio" parimenti richiamata a presupposto del provvedimento di autotutela impugnato; e. di ogni ulteriore atto non conosciuto, presupposto, connesso e consequenziale; nonché per la condanna, ai sensi dell'art. 30 c.p.a. del Comune di (omissis) al risarcimento dei danni subiti per effetto degli atti impugnati. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2023 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il ricorso introduttivo del presente giudizio veniva impugnata l'ordinanza n. -OMISSIS-, notificata in pari data, con la quale il Comune di (omissis) aveva disposto l'annullamento in autotutela del permesso di costruire n. -OMISSIS- e delle successive segnalazioni certificate di inizio attività n. -OMISSIS-, n. -OMISSIS-e n. -OMISSIS-, ordinando nel contempo l'abbattimento delle opere medio tempore realizzate; venivano chiesti altresì la condanna del Comune al risarcimento del danno asseritamente subito per effetto dell'atto impugnato e l'accertamento, ai sensi dell'art. 116 c.p.a., del diritto della ricorrente ad acquisire copia degli atti richiamati e/o presupposti al provvedimento, così come richiesti con istanza di accesso del 5 gennaio 2023. La ricorrente eccepiva che l'atto in autotutela impugnato: - era stato adottato a distanza di quasi dieci anni dall'emanazione del titolo edilizio; - sulla scorta di una istruttoria il cui sottostante apparato tecnico-motivazionale risultava sconosciuto; - all'esito di un contraddittorio meramente apparente, nell'ambito del quale la ricorrente era stata chiamata a produrre "osservazioni e memorie", senza nemmeno conoscere le ragioni giustificative delle contestazioni sollevate dall'amministrazione. Deduceva in fatto la società di essersi immediatamente avveduta, una volta immessasi nel possesso del bene, che la sua estensione effettiva e reale era ben superiore a quella riportata nelle risultanze catastali e di aver quindi provveduto alla rettifica dell'estensione catastale. Rappresentava inoltre che, ottenuto il p.d.c., si era vista costretta a interventi ulteriori, consistenti: - nel consolidamento della porzione del lotto edificatorio prospiciente la pubblica viabilità di Via L. -OMISSIS- con una palificata di contenimento; - nell'abbattimento di uno dei due corpi di fabbrica preesistenti (identificato dalla documentazione progettuale con la lettera "B"), in quanto privo di fondazioni e, quindi, a fortissimo rischio di crollo, oltre che totalmente inidoneo a sorreggere le strutture a farsi. Rilevava di aver segnalato un tanto all'amministrazione a mezzo SCIA, seguita poi da altre di variante e di consolidamento. Affermava che con nota del 3 gennaio 2023 prot. n. -OMISSIS-di "comunicazione avvio procedimento di annullamento permesso di costruire n. -OMISSIS-del 06/06/2014 e tutte le istanze successive", il Comune aveva comunicato di essersi determinato ad avviare "il riesame di tutta la documentazione presentata dalla -OMISSIS-... al fine di verificare la veridicità e gli effetti prodotti sui titoli rilasciati... unitamente a personale dell'aliquota operativa del comando compagnia carabinieri di Sala Consilina"; che gli esiti di tale attività erano confluiti nella "istruttoria n. -OMISSIS-del 26/09/2022 resa dal dr. -OMISSIS- quale responsabile del procedimento sui titoli edilizi"; che la summenzionata nota aveva rilevato di "PRESUNTI errori ed imperfezioni... in relazione alla quantificazione del lotto" e che, a loro volta, i suddetti "PRESUNTI errori ed imperfezioni" sarebbero stati disvelati "dalla perizia resa dal geom. -OMISSIS-... consulente tecnico nominato dall'ufficio"; che era emerso in particolare come i grafici e gli atti presentati durante il procedimento autorizzatorio sarebbero stati "non corrispondenti al reale e fedele stato dei luoghi ed alla reale consistenza dell'immobile oggetto di intervento"; che, pertanto, tale documentazione avrebbe indotto "l'ufficio tecnico ad errate valutazioni e conclusioni"; che, in definitiva, "le autorizzazioni... rilasciate...con riguardo al permesso di costruire n. -OMISSIS-del 06/06/2014 e tutte le istanze successive... sui presupposti di quanto emerso, SE CONFERMATO, non potevano essere rilasciate e vanno revocate poiché fondate su presupposti errati e non corrispondenti al reale stato dei luoghi, dei titoli, dei presupposti e della realtà di fatto e diritto che hanno tratto in errore questa pubblica amministrazione...". Concludeva evidenziando che, con il provvedimento impugnato, il Comune aveva reiterato la contestazione inerente "presunti errori ed imperfezioni in particolare in relazione alla quantificazione della superfice del lotto", da cui sarebbe scaturita una "infedele e falsa rappresentazione dello stato dei luoghi... in modo da far apparire come regolare e legittima l'estensione dell'area", contestando ulteriormente che "il costruendo fabbricato è stato realizzato attraverso la totale demolizione dei manufatti esistenti, comportando la realizzazione di un organismo edilizio planovolumetricamente diverso dal preesistente in luogo del previsto intervento di risanamento ed ampliamento". La società eccepiva la mancanza di un effettivo contraddittorio in fase procedimentale e deduceva l'assenza dei presupposti per il ricorso all'autotutela ai sensi dell'art. 21 nonies della Legge n. 241/1990, contestando in particolare l'assunto secondo cui la ricorrente avrebbe fornito una "falsa rappresentazione" dei fatti riferita all'estensione dell'area di intervento. Si costituiva in resistenza il Comune di (omissis) ribadendo che i titoli edilizi oggetto di autotutela erano stati rilasciati sulla base di false rappresentazioni in ordine all'estensione del lotto, sicché, essendo la reale estensione del lotto inferiore alla "superficie minima del lotto di mq. 500" prescritta dall'art. 11 delle -OMISSIS-, i suddetti titoli avevano illegittimamente assentito l'ampliamento dei preesistenti fabbricati, che non era invece consentito. Aggiungeva che gli interventi erano in realtà consistiti nella completa demolizione di entrambi i corpi di fabbrica preesistenti, compreso quello "A", dando così luogo ad un nuovo organismo edilizio, non riconducibile alla nozione di ristrutturazione edilizia. All'udienza camerale del 1° marzo 2023 parte ricorrente dichiarava di non avere più interesse all'istanza di accesso in quanto i documenti richiesti erano stati depositati. Con ordinanza n. -OMISSIS-/2023 il Collegio dichiarava pertanto l'improcedibilità di tale istanza. Inoltre, con il medesimo provvedimento, il Tribunale, preso atto che le parti concordavano sulla necessità di provvedere a una verifica tecnica dello stato dei luoghi e condividendo tale necessità, disponeva l'espletamento di una verificazione sui seguenti quesiti: "1) se nel "Permesso di Costruire" n. -OMISSIS-del 6 giugno 2014 e in tutte le istanze successive SCIA n. -OMISSIS- del 5 aprile 2016, SCIA n. -OMISSIS-del 2 gennaio 2018 e SCIA n. -OMISSIS- del 28 marzo 2019, risultino eventuali errori ed imperfezioni in particolare in relazione alla quantificazione della superficie del lotto così come indica il Comune resistente in base alla perizia resa dal geom. -OMISSIS- quale Consulente tecnico nominato dall'ufficio; 2) se il costruendo fabbricato sia stato realizzato attraverso la totale demolizione dei manufatti esistenti determinando la realizzazione di un organismo edilizio plano volumetricamente diverso dal preesistente in luogo del previsto intervento di risanamento ed ampliamento". Nelle more dello svolgimento delle operazioni, venivano depositati due ricorso per ulteriori motivi. Con il primo la ricorrente, presa visione dei documenti depositati dal Comune relativi all'istruttoria precedente all'emanazione del gravato provvedimento di annullamento in autotutela dei titoli edilizi, deduceva che l'amministrazione aveva posto in essere una vera e propria caccia all'errore nella pratica edilizia, all'esito della quale non era però stato ricavato alcun valido elemento ostativo ai fini del legittimo esercizio né del generale potere di autotutela ex art. 21 nonies della Legge n. 241/1990 (i cui termini perentori erano tutti spirati da anni) né, tantomeno, degli speciali poteri repressivi in materia urbanistico-edilizia. La ricorrente ribadiva inoltre che era mancato un effettivo contraddittorio nella fase prodromica all'adozione dell'atto impugnato e che le misurazioni sulle quali il Comune si era basato risultavano errate. Con il secondo ricorso (di cui si affermava la tempestività per avere l'amministrazione reso note le ragioni alla base del provvedimento di autotutela soltanto in data 28 febbraio 2023, in ossequio all'istanza incidentale ex art. 116 c.p.a. formulata contestualmente al ricorso introduttivo), la ricorrente evidenziava di aver fortuitamente appreso che l'intera sequenza procedimentale al centro del presente giudizio era stata regolamentata da disposizioni urbanistiche non più vigenti, essendo quelle successive più favorevoli rispetto alla tesi attorea. Rappresentava, infine, di aver avuto accesso alle risultanze della consulenza tecnica svolta in sede penale su iniziativa dell'autorità inquirente, la quale aveva riscontrato: - che "l'immobile in costruzione (è )... conforme agli atti di assenso che ne hanno autorizzato la edificazione"; - che "non si rinvengono nelle istanze o negli elaborati di progetto redatti dal geom. -OMISSIS-, attestazioni o rappresentazioni non corrispondenti al reale stato dei luoghi"; - che "non vi è stata nel tipo particellare prot. -OMISSIS--OMISSIS-del 23.09.2009 redatto dal p.a. -OMISSIS-, alcuna rappresentazione dello stato dei luoghi non conforme a quello reale". In data 10 settembre 2023 è stata depositata la relazione di verificazione, che così conclude: "In relazione al primo quesito si ribadisce che nel Permesso di Costruire n. -OMISSIS-del 6 giugno 2014 e in tutte le istanze successive SCIA n. -OMISSIS- del 5 aprile 2016, SCIA n. -OMISSIS-del 2 gennaio 2018 e SCIA n. -OMISSIS- del 28 marzo 2019 non risultano eventuali errori ed imperfezioni. In particolare in relazione alla quantificazione della superficie del lotto così come indica il Comune resistente in base alla perizia resa dal geom. -OMISSIS- quale consulente tecnico nominato dall'Ufficio, si condivide solo quanto fatto dal consulente comunale in fase di rilievo dal vero, raggiungendo conclusioni (mq. 509 circa) analoghe a quelle del tipo particellare -OMISSIS-del 24 settembre 2009 (mq. 505), redatto dal p.a. -OMISSIS- per il Committente. In relazione al secondo quesito si ribadisce che il costruendo fabbricato è stato realizzato, per motivazioni insorte durante il corso dei lavori e comunicate con SCIA n. -OMISSIS-, attraverso la totale demolizione dei due piccoli manufatti esistenti. Ciò non ha determinato la realizzazione di un organismo edilizio planovolumetricamente diverso da quello assentito". Le parti hanno depositato memorie e repliche. Il Comune ha contestato la verificazione sia ove perviene alla conclusione che nella specie risulterebbe rispettata la predetta prescrizione del lotto minimo di almeno 500 mq, affermando invece che l'estensione del lotto urbanisticamente utile è di appena 465,37 mq [509,95 mq - 44,58 mq = 465, 37 mq], inferiore a quello minimo richiesto, sia ove afferma che la demolizione dei due manufatti esistenti (aventi una cubatura complessiva di appena mc. 260,27), con la realizzazione di un nuovo fabbricato significativamente più consistente (ben mc. 560,76 abitativi + mc. 354,17 non residenziali) non avrebbe dato luogo ad un organismo edilizio planovolumetricamente diverso. Parte ricorrente ha evidenziato che al virtuale sconfinamento contestato non corrisponde alcuna reale ed effettiva realizzazione di opere idonee a realizzarlo, che l'intervento assentito con il permesso di costruire n. -OMISSIS- prevedeva espressamente l'ampliamento dei manufatti esistenti e che la consistenza immobiliare realizzata dalla ricorrente è identica a quella assentita con il summenzionato permesso di costruire. Il Comune ha replicato che la modifica alle -OMISSIS- del P.R.G. invocata da controparte non è stata mai approvata dalla Regione Campania; ha ribadito che l'artifizio che ha indotto in errore l'Amministrazione comunale è consistito nella mancata rappresentazione che il lotto, nel suo stato di fatto, era occupato in parte (mq. 44,58) da strade pubbliche (SS19 e strada comunale Santa Venere), per cui la sua effettiva e concreta estensione, che è quella urbanisticamente da tenere presente, era di 465,37 mq., inferiore al lotto minimo prescritto dagli artt. 10 e 11 delle -OMISSIS-; che al momento del rilascio del permesso di costruire n. -OMISSIS-, la questione del lotto minimo era irrilevante, posto che con tale titolo edilizio si consentiva solo il risanamento conservativo dei due preesistenti corpi di fabbricato, mentre è stato con gli ulteriori titoli edilizi rilasciati nel 2016, 2018 e 2019, che è stata prevista la demolizione di entrambi i manufatti esistenti (aventi una cubatura complessiva di appena mc. 260,27), con la costruzione di un nuovo fabbricato significativamente più consistente (ben mc. 560,76 abitativi + mc. 354,17 non residenziali), configurandosi così l'intervento come di "nuova costruzione" secondo l'art. 3 del D.P.R. n. 380/01 vigente ratione temporis. La ricorrente ha controreplicato affermando che l'estensione effettiva e reale misurata da tutti i tecnici che si sono succeduti sui luoghi è sempre stata superiore a 500 mq. La causa è stata chiamata all'udienza pubblica del 18 ottobre 2023 ed è stata trattenuta in decisione. L'azione demolitoria proposta con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti è fondata e va accolta. La gravata ordinanza n. -OMISSIS-, che ha disposto l'annullamento in autotutela dei precedenti titoli edilizi (costituiti da un permesso di costruire e tre SCIA), è infatti illegittima e va annullata. Ai sensi dell'art. 21 nonies della Legge n. 241/1990, "Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a dodici mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione". Il comma 2 bis della medesima disposizione prevede poi che: "I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di dodici mesi di cui al comma 1". Infine, l'art. 19 della stessa Legge, che disciplina la Segnalazione certificata di inizio attività, prescrive che: "L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. (...) Decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies". Orbene, nel caso di specie, il Comune nel provvedimento impugnato ha ritenuto che, stante la "infedele e falsa rappresentazione dello stato dei luoghi da parte della ditta richiedente", fosse legittimo l'esercizio del potere di autotutela anche dopo il decorso del termine ragionevole di cui all'art. 21 nonies citato. Sul punto, le doglianze di parte ricorrente sono fondate, non sussistendo le false rappresentazioni dei fatti che avrebbero potuto consentire al Comune l'esercizio dei poteri di autotutela oltre i limiti temporali stabiliti dalla legge. Ciò, sulla base delle risultanze della verificazione, che il Tribunale condivide, per l'idoneo approfondimento tecnico e il completo contraddittorio fra le parti. In particolare, quanto all'estensione del lotto (funzionale alla verifica del rispetto della misura del lotto minimo richiesta dalle -OMISSIS-), il verificatore afferma che: "il risultato di mq. 465,37, calcolato "virtualmente", non è attendibile. Viceversa, si rileva che la misurazione dal vero effettuata dal consulente comunale, indicata al precedente punto b), ha condotto ad un risultato (mq. 509,95) sostanzialmente in accordo con quanto rilevato dal p.a. -OMISSIS- (mq. 505), redattore del tipo particellare del 2009. Pertanto, valutata la sostanziale coincidenza della misurazione in sito effettuata dal consulente comunale con quanto rilevato nel tipo particellare del 2009, lo scrivente ha raggiunto il convincimento che l'intervento proposto come assentito è privo di errori significativi e in particolare la superficie del lotto oggetto di intervento è superiore al lotto minimo di mq. 500". Quanto poi alla eventuale variazione planovolumetrica dell'edificio, nella relazione di verificazione si legge: "Dalla lettura del citato art. 10 si rileva che è consentita la demolizione e la ricostruzione nella zona omogenea B1, rispettando gli standard dell'art. 11. Infatti il Committente con la SCIA n. -OMISSIS- comunicava la necessità di demolire, in luogo del risanamento, i due volumi relativi ai corpi di fabbrica denominati A e B. Tale variazione non modificava, a giudizio dello scrivente, sostanzialmente quanto assentito con il permesso di costruire rilasciato. Tant'è che anche a seguito del sopralluogo comunale del 24/08/2016, effettuato dopo la demolizione dei corpi A e B, si accertava la sostanziale conformità dell'intervento in corso. Pertanto lo scrivente in merito al secondo quesito ha raggiunto il convincimento che, nonostante sia intervenuta la demolizione e ricostruzione dei due manufatti preesistenti nel lotto di intervento, in luogo della prevista operazione di risanamento, questa non ha affatto modificato l'intervento assentito". E tanto basta per acclarare l'illegittimità del provvedimento gravato, risultando assorbite tutte le ulteriori doglianze. Il gravame principale, con i suoi motivi aggiunti, va quindi accolto in parte qua. Va invece disattesa la domanda risarcitoria, non avendo parte ricorrente fornito adeguata prova dei danni asseritamente subiti. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la responsabilità civile della pubblica amministrazione non consegue automaticamente all'annullamento del provvedimento amministrativo, occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all'emanazione dell'atto illegittimo. Si ritiene, pertanto, di dare continuità all'orientamento giurisprudenziale secondo cui: "Il principio generale dell'onere della prova previsto dall'art. 2697 c.c. si applica anche all'azione di risarcimento per danni proposta dinanzi al giudice amministrativo, con la conseguenza che spetta al danneggiato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria, e quindi del danno di cui si invoca il ristoro per equivalente monetario, con la conseguenza che, laddove la domanda di risarcimento manchi della prova del danno da risarcire, la stessa deve essere respinta" (Cons. Stato Sez. V, Sent., n. 3195/2022). La reciproca parziale soccombenza costituisce grave ed eccezionale motivo che giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato dai motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, così dispone: - accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso principale, integrato dai motivi aggiunti, e, per l'effetto, annulla l'ordinanza del Comune di (omissis) n. -OMISSIS-; - rigetta la domanda risarcitoria proposta con il ricorso principale, integrato dai motivi aggiunti; - liquida il compenso spettante al verificatore, come da ordinanza n. -OMISSIS-/2023, nella misura di complessivi euro 2.000 comprensivi di spese, oltre accessori di legge, ponendoli a carico del Comune di (omissis); - compensa tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato, anche di luogo, idoneo ad identificare enti o persone. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Olindo Di Popolo - Consigliere Laura Zoppo - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 953 del 2023, proposto da -OMISSIS-, parte rappresentata e difesa dall'avvocato An.Ab., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; contro -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, parte rappresentata e difesa dall'avvocato An.Or., con domicilio digitale come da PEC da Registro di Giustizia; avverso e per l'annullamento: a) del-OMISSIS- opposto sull'istanza di accesso agli atti formulata da parte ricorrente in data 20.4.2023; b) se ed in quanto possa occorrere di ogni altro atto presupposto, conseguente e consequenziale con l'atto che precede, ivi compresa la -OMISSIS-, con la quale viene designato il RUP; nonché per l'accertamento e la declaratoria del diritto di parte ricorrente ad avere accesso alla documentazione richiesta con l'istanza ut sopra ed al rilascio di copia; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ASL; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2023 il dott. Marcello Polimeno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue; FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato parte ricorrente indicata in epigrafe ha impugnato gli atti sopraindicati ed ha dedotto: - di aver svolto il ruolo di dirigente avvocato presso l’ASL resistente a far data dal 2.7.2005 quale vincitrice di concorso pubblico; - per quanto di rilievo nella presente sede, di essere stata confermata nell’incarico di direttore dell’UOC dell’Assistenza Giuridico Legale con delibera n. 877 dell’1.6.2018 e scadenza 1.6.2023; - che con-OMISSIS-che si sarebbe avvalso di una squadra di supporto all’interno della stessa ASL; - che tale nomina era funzionale alla stesura da parte di un legale esterno di una relazione riguardante: "1) l’analitica ricognizione di tutte le cause pendenti, con analogo petitum, al fine di individuare in dettaglio le motivazioni che hanno originato l’azione giudiziaria; 2) la chiara identificazione delle lacune, inerzie e/o omissioni endoprocedimentali, ove esistenti, che non hanno consentito il compiuto e regolare perfezionamento della procedura e ne hanno determinato l’evoluzione patologica fonte del contenzioso; 3) la formulazione di una proposta operativa volta a procedimentalizzare il percorso amministrativo-contabile in modo appropriato così da evitare, per il futuro, l’insorgere di analoghe cause; 4) l’elaborazione di una opportuna strategia difensiva in ordine al contenzioso già in essere..."; - che -OMISSIS- predetta è stata soppressa e sostituita da tre unità operative semplici dipartimentali facenti capo a tre dirigenti avvocati; - che -OMISSIS-disposto la revoca anticipata della ricorrente dall’incarico suddetto, con assegnazione alla stessa dell’incarico di Struttura Semplice Dipartimentale "Project Management", privandola del ruolo di avvocato; - che in tale delibera è stato sottolineato quanto segue: "la mancata evidenziazione in tempo utile, da parte del Direttore della UOC AGL delle problematiche afferenti, ex plurimis, al contenzioso seriale con il privato accreditato, ha determinato la necessità strategica di istituire, con deliberazione n° 2039 del 21.10.2022, idoneo team operativo, il quale ha evidenziato una lunga serie di imponenti disfunzionalità, anche sotto il profilo della non adeguata ed efficace difesa in giudizio..."; - che la relazione affidata al legale esterno suddetto -OMISSIS-d avviso di parte ricorrente, sarebbe stata volta a ricostruire "tutta l’attività lavorativa e professionale svolta dalla ricorrente, giudiziale e stragiudiziale, con individuazione di eventuali lacune, omissioni ed inerzie, e la individuazione della potenziale "riconducibilità" alla ricorrente dell’attuale contenzioso dell’ASL unitamente alla indicazione di una eventuale nuova "strategia" difensiva in ordine al contenzioso già in essere" (v. pag. 4 del ricorso); - che la ricorrente si propone di impugnare la disposta revoca dell’incarico di UOC di cui alla delibera n. 366/2023 dinanzi al Giudice del Lavoro; - di aver richiesto copia della "documentazione istruttoria propedeutica alla revoca dell’incarico de quo, ivi inclusa la eventuale relazione a firma dell’avv. Ma.La., atto presupposto e necessario non solo per la esatta comprensione dell’atto di revoca adottato, ma soprattutto per la impugnativa giudiziale dello stesso, che allo stato è impedito proprio dal mancato rilascio della documentazione richiesta" (v. pag. 4 del ricorso); - che con provvedimento del 18.5.2023 il Direttore Amministrativo ha negato l’accesso, motivando sulla mancanza di interesse concreto, attuale e diretto a fondamento dell’istanza proposta, sulla sua natura esplorativa e sulla non riferibilità della revoca dall’incarico suddetto alla relazione affidata al legale esterno; - che parte ricorrente ha censurato gli atti impugnati con un unico motivo rubricato come segue: "I.-VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 24 E 97 DELLA COSTITUZIONE; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART.24, COMMA 7, LEGGE 241/1990.VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI TRASPARENZA, IMPARZIALITÀ E BUON ANDAMENTO DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA". In definitiva, parte ricorrente ha chiesto di annullare il diniego opposto sull’istanza di accesso del 20.4.2023 e dichiarare il di lei diritto "all’accesso - mediante il rilascio di copia -alla documentazione istruttoria propedeutica alla disposta revoca all’incarico di UOC, ivi inclusa la relazione del legale esterno e/o del "Team di supporto" designato dalla ASL, atti questi presupposti del provvedimento di revoca anticipata di cui alla delibera n. 366 del 21.03.2023" (v. pag. 8 del ricorso). 2. L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, si è difesa come in atti ed ha chiesto la reiezione del ricorso proposto. In primo luogo, l’ASL ha eccepito la mancata notifica del ricorso ad almeno uno dei controinteressati indicati come le "controparti dei procedimenti pendenti" indicate nella relazione del legale esterno in relazione alla quale parte ricorrente ha chiesto l’accesso (v. pag. 6 della memoria depositata in data 23.9.2023). In secondo luogo, parte resistente ha sostenuto che la relazione suddetta avrebbe natura di parere legale relativo a contenzioso, con conseguente inammissibilità della proposta istanza di accesso. Infine, l’amministrazione intimata ha sostenuto la scorrettezza della tesi di parte ricorrente per cui la relazione del legale esterno sarebbe stata posta a fondamento della revoca di parte ricorrente dall’incarico. La resistente ha sottolineato che nella revoca di parte ricorrente dall’incarico non vi sarebbe alcun riferimento alla relazione, che la revoca sarebbe stata fondata soltanto sulla condotta di parte ricorrente e che, in sostanza, la predetta relazione non sarebbe stato in alcun modo un atto propedeutico alla revoca dall’incarico. 3. All’udienza celebrata in camera di consiglio in data 10.10.2023 la presente causa è stata riservata in decisione. 4. Va prima di tutto respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per omessa notifica ai controinteressati per come indicati dall’ASL. Questo Collegio condivide e fa proprio quanto affermato sul punto da Consiglio di Stato, VI Sez., 2 gennaio 2020, n. 30 secondo cui: "- l’Amministrazione deve valutare l'esistenza di controinteressati ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, per il quale, "fermo quanto previsto dall'articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione"; - se, nel procedimento avviato dall'istanza di accesso ai documenti, l'Amministrazione individua un controinteressato, a quel soggetto dovrà essere notificato l'eventuale ricorso proposto dall'istante avverso il rifiuto all'accesso adottato dall'amministrazione (ovvero avverso il silenzio); per converso, nel caso in cui l'Amministrazione non abbia in sede procedimentale individuato alcun controinteressato, l'istante non sarà onerato a notificare il ricorso, a pena di sua inammissibilità, ad alcun controinteressato; - qualora l'amministrazione, in sede procedimentale, non ravvisi posizioni di controinteresse rispetto alla domanda di accesso e, dunque, l'istante non sia tenuto a notificare il ricorso ad altri oltre all'Amministrazione, il giudice adito deve valutare comunque, anche d'ufficio, l'esistenza di controinteressati e imporre la notifica del ricorso di primo grado ai fini dell’integrazione del contraddittorio; - dall'art. 3, comma 1, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 emerge che, in sede giurisdizionale, non può essere dichiarato inammissibile il ricorso per l'accesso, per mancata notifica al controinteressato, quando l’Amministrazione, in sede procedimentale, non abbia consentito la partecipazione di altri soggetti suscettibili di essere pregiudicati dall'accoglimento dell’istanza di accesso, che acquisterebbero la qualifica di controinteressati nel caso di impugnazione del conseguente diniego: in tali ipotesi -ove ravvisi posizioni di controinteresse - il giudice adito è tenuto a imporre la notifica del ricorso di primo grado alla parte controinteressata, al fine di integrare il relativo contraddittorio processuale" (v. più di recente Consiglio di Stato, III Sez., 15 febbraio 2022, n. 1118). Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso di specie, va detto che dalla lettura provvedimento di diniego di accesso impugnato non risulta che l’amministrazione abbia coinvolto nel procedimento relativo all’istanza di accesso alcun soggetto dalla stessa ritenuto controinteressato. Ne deriva che non è configurabile l’inammissibilità del presente ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato. 5. Sgombrato il campo da tale eccezione, deve comunque verificarsi d’ufficio se siano effettivamente configurabili nel presente giudizio delle posizioni di controinteresse. La risposta a tale quesito è negativa. 5.1. Per la verità, ai fini "della qualifica di controinteressato rispetto al diritto all'accesso ai documenti, pertanto, non basta che un soggetto sia, in qualche modo, nominato nel documento richiesto, essendo necessario, invece, che costui sia anche titolare di un diritto alla riservatezza dei dati racchiusi nello stesso documento" (Consiglio di Stato, III Sez., 15 febbraio 2022, n. 1118). In altre parole, "deve riconoscersi la qualità di controinteressato non già a tutti coloro che, a qualsiasi titolo, siano nominati o comunque coinvolti nel documento oggetto dell'istanza ostensiva, ma solo a coloro che, per effetto dell'ostensione, vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento ... "ai fini della qualifica di un soggetto come controinteressato non basta che taluno venga chiamato in qualche modo in causa dal documento richiesto, ma occorre in capo a tale soggetto un quid pluris, vale a dire la titolarità di un diritto alla riservatezza sui dati racchiusi nello stesso documento, atteso che in materia di accesso la veste di controinteressato è una proiezione del valore della riservatezza, e non già della mera oggettiva riferibilità di un dato alla sfera di un certo soggetto" (Consiglio di Stato, IV Sez., 24 novembre 2017, n. 5483). Ancora, "non tutti i dati riferibili ad un soggetto sono per ciò solo rilevanti ai fini in discorso, ma solo quelli rispetto ai quali sussista, per la loro inerenza alla personalità individuale, o per i pregiudizi che potrebbero discendere da una loro diffusione, una precisa e ben qualificata esigenza di rischio" (Consiglio di Stato, VI Sez., 29 agosto 2016, n. 2863). 5.2. Orbene, nel caso di specie non sono configurabili le prospettate posizioni di controinteresse, in quanto: a) per come desumibile dalla-OMISSIS- i privati menzionati nella relazione predetta sono strutture private accreditate aventi rivendicazioni economiche legate alla mancata liquidazione di saldi o altri importi; b) tali strutture private accreditate sono inserite in un complesso sistema pubblico-privato in virtù del rapporto di accreditamento e sono accomunate dal raggiungimento di finalità di pubblico di interesse di particolare rilevanza costituzionale; c) peraltro, si tratta di strutture i cui nominativi sono pubblicati ed annualmente aggiornati sul sito istituzionale dell’amministrazione sanitaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 2, comma 2 e 41, comma 4, del Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33; ai sensi di tale ultima disposizione sono poi altresì pubblicati gli accordi intercorsi con queste strutture; d) ne deriva che tali strutture, stante la pubblicità dei rispettivi dati e rapporti con le ASL, certamente non potrebbero far valere alcun interesse giuridicamente tutelato alla mancata conoscenza da parte di soggetto interno all’ASL dei rispettivi dati; e) del resto, alla luce di quanto precede non vengono in discussione esigenze di tutela della personalità individuale, visti i rapporti di rilievo pubblicistico intrattenuti tra le stesse e l’ASL; f) infine, nel caso di specie l’istanza di accesso viene presentata da un soggetto, l’ex dirigente avvocato dell’UOC dell’Assistenza Giuridico Legale presso l’ASL (tutt’ora in servizio presso l’ASL), il quale proprio in virtù delle mansioni svolte fino a pochi mesi fa era già a conoscenza delle cause pendenti tra l’ASL e le strutture accreditate, nonché dell’oggetto delle relative controversie; g) vale a dire che dall’ostensione della relazione suddetta non potrebbe derivare alcun rischio oggettivo e qualificato per l’ASL resistente. 5.3. Concludendo sul punto, nel presente giudizio non si ravvisa l’esistenza di controinteressati rispetto ai quali vada disposta l’integrazione del contraddittorio. 6. Si può quindi passare ad affrontare l’eccezione di parte resistente per cui nel caso di specie l’accesso sarebbe precluso dalla asserita natura di parere legale, funzionale al contenzioso, del documento per il quale viene richiesto l’accesso. Neanche tale eccezione coglie nel segno. 6.1. Prima di procedere oltre va chiarito che la circostanza che un tale motivo ostativo all’accesso non sia stato espressamente posto a fondamento del provvedimento di diniego impugnato nel presente giudizio non rileva, poiché, come correttamente sostenuto dall’ASL, "il giudizio proposto, ai sensi dell'art. 116 c.p.a., avverso il diniego ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto medesimo, piuttosto che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità del diniego impugnato. Il giudice può, quindi, ordinare l'esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all'Amministrazione e ordinandole un facere, solo se ne sussistono i presupposti, il che, pertanto, implica che, anche al di là degli specifici vizi e della specifica motivazione addotta nell'atto amministrativo di diniego dell'accesso, il giudice deve verificare se sussistono o meno i requisiti prescritti dalla legge per l'accesso, potendolo anche negare per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo" (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III quater, 17 marzo 2023, n. 4684, nonché più di recente T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III quater, 27 settembre 2023, n. 14316). 6.2. Ciò posto, va ricordato che: "la normativa statale di cui all’art. 7 della legge 8 giugno 1990 n. 142 e agli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241, pur affermando l’ampia portata della regola dell’accesso, la quale rappresenta la coerente applicazione del principio di trasparenza, che governa i rapporti tra Amministrazione e cittadini, introduce alcune limitazioni di carattere oggettivo, definendo le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all’accesso. L’art. 24 della legge n. 241/1990 esprime tale principio, stabilendo che il diritto di accesso "è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento"; disposizione questa che testimonia come l’innovazione legislativa introdotta con la legge n. 241/1990, se ridimensiona la portata sistematica del segreto amministrativo, non travolge tuttavia le diverse ipotesi di segreti, previsti dall’ordinamento, finalizzati a tutelare interessi specifici, diversi da quello, riconducibile alla mera protezione dell’esercizio della funzione amministrativa. I documenti, seppure formati o detenuti dall’Amministrazione, in tale eventualità non sono suscettibili di divulgazione, giacché il principio di trasparenza cede innanzi alla esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto. Sulla base del richiamato orientamento giurisprudenziale, i due criteri direttivi volti ad orientare l’interprete per l’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non travolte dalla nuova normativa in materia di accesso ai documenti vanno individuati, da un lato, nel fatto che il "segreto" preclusivo dell’accesso ai documenti non deve costituire la mera riaffermazione del tramontato principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa e, dall’altro lato, nella circostanza che il segreto fatto salvo dalla legge n. 241/1990 deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente amministrativi. È stato affermato, in tale contesto, dalla giurisprudenza sopra indicata, che, nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’Amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. Più specificamente, si è precisato che la previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM 26 gennaio 1996, n. 200, mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale. In particolare, la disposizione riferita alle "categorie di documenti inaccessibili nei casi di segreto o di divieto di divulgazione previsti dall’ordinamento", dispone, come accennato, che, "ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, in virtù del segreto professionale già previsto dall’ordinamento, al fine di salvaguardare la riservatezza nei rapporti tra difensore e difeso, sono sottratti all’accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in potenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)". La medesima giurisprudenza sopra menzionata ha chiarito poi che la detta regola ha una portata generale, codificando il principio, valevole per tutti gli avvocati, siano essi del libero foro o appartenenti ad uffici legali di enti pubblici, secondo cui, essendo il segreto professionale specificamente tutelato dall’ordinamento, sono sottratti all’accesso gli scritti defensionali, rispondendo il principio in parola ad elementari considerazioni di salvaguardia della strategia processuale della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale, gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie ed ha, altresì, chiarito, che, quanto alle consulenze legali esterne, a cui l’Amministrazione può ricorrere in diverse forme ed in diversi momenti dell’attività di sua competenza, che, nell’ipotesi in cui il ricorso alla consulenza legale esterna si inserisce nell’ambito di un’apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l’espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell’atto finale, la consulenza legale, pur traendo origine da un rapporto privatistico, normalmente caratterizzato dalla riservatezza della relazione tra professionista e cliente, è soggetto all’accesso, perché oggettivamente correlato ad un procedimento amministrativo. Allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose e l’Amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva, il parere del legale, invece, non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico-giuridici utili per tutelare i propri interessi; in tal caso le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non soltanto l’opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell’Amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento. Peraltro, il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta pure nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma precedente l’instaurazione di un giudizio o l’avvio dell’eventuale procedimento precontenzioso, perché, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire all’Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale; il che avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede all’Amministrazione l’adempimento di una obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda all’Amministrazione l’adozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita" (Consiglio di Stato, VI Sez., 30 settembre 2010, n. 7237). Più di recente, TAR Lazio, Roma, Sez. I-ter, 1 ottobre 2020, n. 10015 ha così riassunto i principi affermati dalla giurisprudenza in materia: "il discrimine tra l'ostensibilità o meno dei pareri legali, pertanto, va ravvisato in relazione alla finalità che l'amministrazione persegue con la richiesta del parere, nel senso che il diniego di accesso è illegittimo nel caso in cui il parere sia stato acquisito in relazione alla fase istruttoria del procedimento amministrativo, mentre l'ostensione è legittimamente negata quando il parere richiesto sia stato acquisito in rapporto ad una lite già in atto o ad una fase evidentemente precontenziosa o di lite potenziale al fine di definire la futura strategia difensiva dell'amministrazione (ex multis: Cons. Stato, V, 23 giugno 2011, n. 3812). Insomma, è sottratto all’accesso solo il documento che attiene alla strategia difensiva della parte, che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, sicché i pareri legali sottratti all'accesso sono "quelli che attengono alle tesi difensive, relative ad un procedimento giurisdizionale (cioè quando i pareri legali vengono redatti dopo che è già iniziata una controversia giurisdizionale) o ad una fase precontenziosa e/o ad una lite potenziale che definiscono e/o delineano la relativa strategia difensiva e/o la futura condotta processuale più conveniente per l'Amministrazione, da assumere nella controversia giurisdizionale già instaurata o nella futura, eventuale e probabile lite giudiziaria, che il soggetto leso attiverà". (Cons. Stato, V, 23 giugno 2011, n. 3812). Devono viceversa ritenersi accessibili i pareri legali che, anche per l'effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio di un procedimento amministrativo in corso e, una volta acquisiti dall'Amministrazione, vengono ad innestarsi nell'iter procedimentale, assumendo la configurazione di atti endoprocedimentali e perciò costituiscono uno degli elementi che condizionano la scelta dell'Amministrazione". 6.3. Nel caso di specie per come desumibile dalla-OMISSIS- la relazione richiesta all’avvocato esterno all’ASL, affiancato da team interno all’ASL, doveva in sintesi riguardare: il riepilogo delle cause pendenti e delle domande azionate; eventuali inerzie e/o omissioni verificatesi nel corso del procedimento amministrativo e che hanno portato all’instaurazione del contenzioso; la formulazione di proposte relative al piano amministrativo-contabile e volte a prevenire pro futuro l’insorgenza di analogo contenzioso; l’elaborazione di strategia difensiva rispetto al contenzioso già pendente. Alla luce del contenuto indicato come richiesto dal Direttore Generale dell’ASL al legale esterno la relazione predetta ad un sommario esame non sembrerebbe essere stata direttamente e specificamente volta e richiesta allo scopo di individuare eventuali responsabilità relative alla gestione del contenzioso ad opera di parte ricorrente. 6.4. Tuttavia, questo Collegio, nell’ottica di un esame approfondito della vicenda per cui è causa, non ritiene che si possa in alcun modo trascurare di considerare: le premesse contenute in tale delibera, il contesto in cui la stessa è stata adottata, nonché l’indubbio rilievo che la relazione richiesta ed il lavoro funzionale alla sua stesura hanno assunto rispetto alla posizione della ricorrente. 6.4.1. In particolare, iniziando dalle premesse contenute in tale delibera assumono rilevanza ai fini del presente giudizio i due passi che vengono di seguito riportati: - così, con riferimento alle cause seriali relative al contenzioso instaurato da strutture private accreditate si legge "in tali casi, di numero molto elevato, in base a quanto comunicato dalla UOC Assistenza Giuridico Legale, si può registrare un’evidente esposizione dell’Azienda ad altissimo rischio di soccombenza per verosimile mancata messa a punto di fondamentali iter procedimentali obbligatori, cui sarà necessario, d’ora in avanti, porre proficuo rimedio"; - "si configura indispensabile quanto improcrastinabile, pertanto, affrontare e gestire nella sua interezza la problematica in questione e, per gli effetti, porre in essere una complessa ed analitica valutazione delle criticità emerse in sede di analisi del contenzioso attivato dalle strutture private accreditate...". 6.4.2. Orbene, il contesto in cui questa delibera è stata adottata in data 21.10.2022 traspare della stessa delibera n. 366 del 21.3.2023 della Direzione Strategica dell’ASL resistente. Da tale delibera ben si comprende altresì la centrale importanza che la relazione richiesta ed il lavoro funzionale alla stesura della stessa hanno assunto rispetto alla posizione della ricorrente ed all’adozione dell’atto di revoca della stessa dalla posizione in precedenza ricoperta. Più nel dettaglio, con questa delibera si è contestato a parte ricorrente, per quanto di rilievo nella presente sede, che: - le relazioni dalla stessa inviate e datate 18.8.2022 e 30.9.2022 "non recavano cenno alcuno a criticità importanti e perniciose, quali quelle successivamente delineatesi quale fonte di attuale pregiudizio per l’Azienda, in taluni casi connotato da irreparabilità, in altri casi da gravissima esposizione economica ovvero da entrambi i profili"; - "la mancata evidenziazione in tempo utile, da parte del Direttore della UOC AGL, delle problematiche afferenti, ex plurimis, al contenzioso seriale con il privato accreditato, ha determinato la necessità strategica di istituire, con deliberazione n. 2039 del 21.10.2022, idoneo team operativo, il quale ha evidenziato una lunga serie di imponenti disfuzionalità, anche sotto il profilo della non adeguata ed efficace difesa in giudizio"; - "tale modus operandi della struttura complessa A.G.L., preposta oltre che alla gestione del contenzioso insorto, anche all’assistenza legale, volta a prevenire i giudizi, con idonea prospettazione alla Direzione strategica del corredo di misure azionabili per l’immediata risoluzione di una serie di criticità gestionali, è stato caratterizzato negli anni dalla sottovalutazione degli effetti negativi che sarebbero potuti derivare all’Amministrazione dal mancato rispetto di procedure e tempistiche relative alla gestione dei contratti con le strutture private accreditate, circostanza che si è poi rivelata in tutta la sua gravità"; - "il mancato assolvimento da parte del Direttore della UOC AGL del ruolo centrale di raccordo con tutte le macrostrutture e funzioni istituzionali, gestionali e strategiche, ha esposto, quindi, l’Azienda, nella particolare fattispecie di cui trattasi, ad una prognosi del contenzioso insorto contraddistinto da esito da esito sfavorevole nella quasi totalità dei giudizi, connotati da identica causa petendi e petitum,...". 6.4.3. Vale a dire che, in primo luogo, la decisione di nominare un legale esterno per la stesura della relazione suddetta è pacificamente maturata nell’ottobre 2022 proprio per porre rimedio ad asserite omissioni già all’epoca addebitate dall’ASL a parte ricorrente nello svolgimento del proprio incarico. In secondo luogo, il lavoro funzionale alla stesura della predetta relazione è stato espressamente valorizzato nella delibera predetta come elemento a sostegno della disposta revoca di parte ricorrente dall’incarico in precedenza rivestito. Tanto emerge dalla parte della delibera di revoca predetta nella quale si è evidenziato che proprio il team operativo guidato dal legale esterno ha evidenziato "una lunga serie di imponenti disfuzionalità, anche sotto il profilo della non adeguata ed efficace difesa in giudizio". 6.5. Sulla scorta di quanto precede non risulta quindi seriamente sostenibile che la relazione richiesta abbia effettivamente natura di mero parere legale collegata ad una o più controversie e che la richiesta della stessa sia scaturita da questioni non connesse all’operato di parte ricorrente nell’ambito della posizione dalla stessa in precedenza rivestita. In sostanza, non si può ritenere che la relazione predetta ed il lavoro propedeutico alla stesura di essa non abbiano avuto come loro oggetto anche l’operato di parte ricorrente non soltanto nell’ambito dei singoli giudizi, bensì anche nel coordinamento con le varie macrostrutture dell’ASL (stante il ruolo rivestito da parte ricorrente nel periodo oggetto di esame da parte del team operativo). Ne deriva che non si ritiene che si sia in presenza di parere sottratto all’esercizio del diritto di accesso sulla scorta dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza sopra richiamata. Del resto, non si potrebbero neppure qualificare come parere legale sottratto all’accesso in quanto coperto da segreto gli ulteriori contenuti della relazione e relativi a proposte di miglioramento dell’organizzazione delle procedure amministrativo-contabili propedeutiche a prevenire l’insorgenza del contenzioso. Stesso discorso va poi fatto quanto al mero riepilogo delle cause pendenti, essendo quest’ultima attività meramente compilativa. 6.6. Va poi aggiunto che è vero che tale relazione non è stata espressamente configurata come atto endoprocedimentale nell’ambito della delibera n. 366 del 21.3.2023 di revoca. Tuttavia, la relazione richiesta al legale esterno ha finito in sostanza per acquisire una tale natura, in quanto le risultanze del lavoro del team operativo menzionate nella delibera predetta non potrebbero che essere state veicolate e comunicate alla Direzione dell’ASL se non in forma scritta e proprio per mezzo di tale relazione. 6.7. Concludendo sul punto, alla stregua di tutte le considerazioni che precedono, l’eccezione proposta dall’ASL resistente volta a qualificare la relazione predetta come mero parere legale va respinta. 7. Alla stregua delle ampie valutazioni sopra svolte da questo Collegio, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento di diniego impugnato, non è neppure in alcun modo ravvisabile la natura esplorativa dell’istanza di accesso. Neanche risulta condivisibile la motivazione del provvedimento di diniego impugnato laddove sostiene la mancanza di un interesse idoneo a sostenere l’istanza di accesso. In effetti, alla luce dell’ampio percorso argomentativo sinora svolta ed applicando al caso di specie le coordinate ermeneutiche disegnate dall’Adunanza Plenaria (v. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 25 settembre 2020, n. 19), non si può dubitare che nel caso di specie la relazione richiesta al legale esterno sia: a) documento rispetto al quale parte ricorrente ha necessità di conoscenza, al fine di acquisire elementi di prova in ordine ai fatti integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale che intende azionare dinanzi al Giudice del Lavoro; in altre parole, si tratta di documentazione pertinente rispetto all’oggetto dell’instauranda controversia; b) rilevante ai fini della controversia da instaurare dinanzi al Giudice Ordinario, non essendo richiesto ai fini della delibazione favorevole dell’istanza di accesso il requisito dell’attuale pendenza di un processo in sede giurisdizionale; c) corrispondente e collegata alla situazione giuridica soggettiva di parte ricorrente. Ne deriva che l’ASL resistente ha denegato in modo illegittimo l’accesso richiesto da parte ricorrente alla relazione del legale esterno (rispetto alla quale peraltro l’ASL nell’ambito delle sue difese non ha sollevato alcun reale dubbio circa la sua effettiva esistenza). 8. Diverso esito ha invece il ricorso proposto quanto alla richiesta di consentire l’accesso ad ulteriore non meglio specificata documentazione relativa alla "documentazione istruttoria propedeutica alla disposta revoca all’incarico di UOC". Sul punto la genericità della richiesta e la mancata specificazione dei documenti rispetto ai quali è concretamente richiesto l’accesso ostano all’accoglimento della relativa domanda. Del resto, depone nel senso del rigetto anche la circostanza che nelle conclusioni dell’istanza di accesso proposta in data 20.4.2023 sia stato richiesto l’accesso soltanto alla relazione del legale esterno e non anche all’ulteriore documentazione predetta. 9. In conclusione, il ricorso proposto va accolto in parte. Per l’effetto: va annullato il provvedimento di diniego pronunciato dall’amministrazione resistente, recante prot. 44978-2023 del 18.5.2023, ed opposto sull'istanza di accesso agli atti formulata da parte ricorrente in data 20.4.2023; va ordinata all’ASL resistente l'esibizione del documento richiesto da parte ricorrente entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente decisione o dalla notifica di parte se anteriore, specificandosi che si tratta del documento costituito dalla relazione del legale esterno, avv. M. Laudadio, richiesta dal Direttore Generale con delibera n. 2039/2022. 10. Le spese di lite vanno compensate in considerazione dell’avvenuto accoglimento solo parziale del ricorso proposto e della peculiarità e complessità della fattispecie trattata. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto: A) Annulla il -OMISSIS- resistente; B) Ordina all’ASL resistente l'esibizione a parte ricorrente del documento indicato al paragrafo 9 della parte motiva della presente sentenza entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della presente decisione o dalla notifica di parte se anteriore; C) Dichiara integralmente compensate le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte ricorrente, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità e di ogni altro dato idoneo ad identificare la stessa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati: Pierluigi Russo - Presidente Michele Di Martino, Referendario Marcello Polimeno, Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1180 del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Al. Co. e Br. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Università degli Studi di Salerno - Fisciano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so (…); nei confronti -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fr. Sa. Ma., Va. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento a) del Decreto Rettorale prot. n. -OMISSIS- del 24.5.2021 - Rep. decreti del Rettore N. -OMISSIS-, dell'Università degli Studi di Salerno, con il quale, sono stati approvati gli atti della Commissione giudicatrice nominata per la procedura di valutazione comparativa, indetta con D.R. n. 15.9.2020 n. 1494, pubblicato sulla G.U. - 4 Serie Speciale - n. 78 del 6.10.2020, per la copertura di n. 1 posto di professore universitario di ruolo, di seconda fascia, da coprire mediante chiamata, ai sensi dell'art. 18, comma 4, L. n. 240/2010, per il settore scientifico disciplinare Med/43 (Medicina legale), settore concorsuale 06/M2 (Medicina legale e del Lavoro), presso il Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria “Scuola Medica Salernitana” (Codice Concorso COMP/E/29), ed è stato dichiarato vincitore del concorso “il dott. -OMISSIS-, nato ad Alatri (FR) 12.1.1987”; b) di tutti gli atti connessi, preordinati e conseguenti, comunque lesivi dei diritti e degli interessi del ricorrente ed, in particolare: 1) della relazione riassuntiva della Commissione giudicatrice del -OMISSIS-, allegata al verbale conclusivo e dei relativi allegati, ovvero gli all.ti 1 e 2 contenenti schede valutative con i giudizi di ciascun commissario relativamente ai titoli e alle prove di ciascun candidato, nonché il giudizio collegiale, e l'all. 3, recante la graduatoria finale (con l'individuazione del dott. -OMISSIS- primo graduato, non pubblicata), e gli allegati 4 e 5, contenenti le dichiarazioni di concordanza dei commissari (non pubblicati); 2) ove e per quanto occorra degli ulteriori verbali e/o atti della Commissione, comprese graduatorie di merito provvisorie e/o definitive, ovvero, del verbale conclusivo dei lavori (non pubblicato), e dell'allegato 1.1 al verbale del 9.3.2021, di fissazione dei criteri di valutazione stabiliti dalla Commissione; 3) del successivo, eventuale, provvedimento di nomina; nonché per la declaratoria di inefficacia, del contratto, eventualmente, stipulato tra il dott. -OMISSIS- e l'Università di Salerno. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Salerno - Fisciano e di -OMISSIS-; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2023 la dott.ssa Rosa Anna Capozzi; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con atto notificato il 22/07/2021 e depositato il successivo 27/07/2021 il ricorrente -OMISSIS- ha esposto di aver partecipato alla procedura bandita dall'Università degli Studi di Salerno per la copertura di n. 1 posto di professore universitario di ruolo, di seconda fascia, per il settore scientifico-disciplinare Med/43 (Medicina legale), settore concorsuale 06/M2 (Medicina legale e del Lavoro), presso il Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Odontoiatria “Scuola Medica Salernitana” (Codice Concorso COMP/E/29), all’esito della quale è stato dichiarato vincitore il candidato -OMISSIS- -OMISSIS-. Ha, quindi, impugnato gli atti in epigrafe indicati, sulla base di un unico e articolato motivo di gravame, di seguito riportato: Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; violazione dell’artt. 3 della l. 7.8.1990 n. 241; violazione dell’art. 18 della l. 30.12.2010 n. 240; violazione degli artt. 2, 4, 5 e 7 del d.m. n. 120/2016; violazione dell’art. 2 del d.m. 25.5.2011 n. 243; violazione dell’art. 11 del regolamento di ateneo per il reclutamento di professori di prima e di seconda fascia e di ricercatori a tempo determinato (emanato con 9 d.r. 21.11.2013, rep. n. 3434, modificato con dd.rr. del 30.05.2014, rep. n. 1672 e del 23.04.2018, rep. n. 3309, in vigore dal 24/04/2018); violazione degli artt. 1 e 9 del bando di concorso “indicazione dei criteri generali di valutazione cui la commissione dovrà attenersi”; eccesso di potere per difetto di istruttoria; disparità di trattamento; illogicità; irragionevolezza; contraddittorietà; arbitrarietà e perplessità; difetto di motivazione; ingiustizia manifesta. A suo parere, la Commissione non avrebbe tenuto conto dei criteri di valutazione in ordine ai titoli previsti dall’art. 1 del bando, eludendo i criteri che essa stessa si era data nell’allegato 1.1 al verbale 1, in quanto: I.A) il ricorrente avrebbe dovuto riportare un voto parziale migliore in tre voci di titoli valutativi (curriculum e attività di ricerca, attività didattica e incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale) su cinque, a fronte di due voti parziali riconosciuti al vincitore (prova didattica e produzione scientifica); I.B) la Commissione avrebbe errato nella valutazione della produzione scientifica e della prova orale; I.C) la Commissione avrebbe dovuto predeterminare dei sub-criteri di valutazione; I.C.1) il giudizio sintetico finale risulterebbe insufficiente a spiegare l’attribuzione di punteggi così sproporzionati ai due candidati sui punti indicati. Si sono costituiti il controinteressato e l'Università chiedendo il rigetto del ricorso. Previo scambio di memorie e memorie di replica ex art. 73 c.p.a., all'udienza pubblica dell’11 ottobre 2023 la causa è stata introitata in decisione. Preliminarmente va dichiarata l’infondatezza delle eccezioni di improcedibilità ed inammissibilità del ricorso, rispettivamente per difetto di interesse e per difetto di specificità dei motivi, sollevate dal controinteressato. 4.1. Quanto alla permanenza dell’interesse al ricorso, la giurisprudenza ha più volte affermato che l'omessa impugnazione degli atti successivi all'approvazione degli atti della procedura di chiamata disposta dal Rettore non è in grado di elidere l'interesse, che sorregge il ricorso di primo grado, ad ottenere l'annullamento del risultato della procedura di selezione pubblica. Ciò in quanto, nella fattispecie del reclutamento del personale docente, l'intervenuto annullamento dell'atto che definisce la fase concorsuale è destinato a spiegare un effetto "direttamente caducante" (e non meramente viziante) sui provvedimenti di chiamata e presa di servizio, che si pongono in un rapporto di "derivazione immediata" rispetto al precedente decreto rettorale impugnato (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 21/04/2023, n. 4068 che richiama Cons. St., Sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 20, che si è pronunciata su fattispecie sostanzialmente sovrapponibile relativa alle conseguenze dell'omessa impugnazione della proroga del rapporto a tempo determinato di un ricercatore). Detto approdo ermeneutico si pone in linea con il risalente e costante orientamento della giurisprudenza amministrativa che ha avuto, anche di recente, modo di chiarire come «nell'ambito del procedimento amministrativo, occorre distinguere tra invalidità ad effetto caducante e invalidità ad effetto viziante; per la prima forma di vizio, di natura più dirompente, occorrono due elementi precisi: a) il primo dato dall'appartenenza, sia dell'atto annullato direttamente come di quello caducato per conseguenza, alla medesima serie procedimentale; b) il secondo individuato nel rapporto di necessaria derivazione del secondo dal primo, come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, con particolare riguardo al coinvolgimento di soggetti terzi; pertanto, qualora almeno uno dei due detti presupposti sia inesistente, è inapplicabile lo schema concettuale della caducazione e debbono ritenersi utilizzabili unicamente le usuali impugnative tipiche del diritto amministrativo» (Cons. Stato sez. II, 28/05/2021, n. 4130). Ed invero, nel caso di specie, il nesso esistente tra gli atti della Commissione approvati dal Rettore dell'Ateneo e le successive determinazioni degli organi dell'Ateneo è evidentemente immediato, diretto e necessario sicché queste ultime, oltre a non richiedere nuove ed ulteriori valutazioni di interessi rispetto alle mera presa d'atto del risultato della selezione e ad inerire alla medesima sequenza procedimentale, appaiono una conseguenza dovuta e inevitabile dell'esito della procedura concorsuale (rappresentando la vittoria del concorso presupposto unico ed imprescindibile per l'instaurazione ex art. 97 comma 4 Cost. del rapporto di lavoro non privatizzato con l'Ateneo). 4.2. Quanto alla specificità dei motivi di ricorso, va ricordato che «gli artt. 3,40 e 101 c.p.a. intendono definire gli elementi essenziali del ricorso, con riferimento alla causa petendi (i motivi di gravame) ed al petitum, cioè la concreta e specifica decisione richiesta al giudice; con particolare riguardo alla stesura dei motivi, lo scopo delle disposizioni è quello di incentivare la redazione di ricorsi dal contenuto chiaro e di porre argine ad una prassi in cui i ricorsi, oltre ad essere poco sintetici non contengono una esatta suddivisione tra fatto e motivi, con il conseguente rischio che trovino ingresso i c.d. "motivi intrusi", ossia i motivi inseriti nelle parti del ricorso dedicate al fatto, che, a loro volta, ingenerano il rischio della pronuncia di sentenze che non esaminano tutti i motivi per la difficoltà di individuarli in modo chiaro e univoco e, di conseguenza, incorrano nel rischio di revocazione» e che « lungi dal porsi come un "ostacolo" alla esplicazione del diritto alla tutela giurisdizionale, i principi di specificità chiarezza e sinteticità sono funzionali alla più piena e complessiva realizzazione del diritto di difesa in giudizio di tutte le parti del processo, in attuazione degli artt. 24 e 111 Cost., e sostengono, una volta di più, le ragioni della necessità di difesa tecnica e, dunque, della natura "protetta" della professione intellettuale legale» (cfr., amplius, Consiglio di Stato sez. IV, 20/04/2023, n. 4009). Nel caso in esame, il Collegio rileva che, dopo la premessa in fatto, il ricorrente ha correttamente articolato l’unico motivo di ricorso in diverse censure, ben identificate in sottoparagrafi. Ne consegue, anche sotto questo profilo, l’ammissibilità del ricorso. Nel merito, i motivi sub I.A) e sub I.B) possono essere congiuntamente esaminati, data la loro stretta connessione. 5.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce l'erronea sottovalutazione del proprio curriculum e delle attività di ricerca, dell’attività didattica e degli incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale. In particolare, sostiene di essere in possesso di un numero di titoli superiore a quelli del controinteressato, anche sotto il profilo qualitativo e di continuità temporale, sicché avrebbe dovuto riportare un voto parziale migliore in tre voci di titoli valutativi (curriculum e attività di ricerca, attività didattica e incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale) su cinque, a fronte di due voti parziali riconosciuti al vincitore (prova didattica e produzione scientifica). Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’errata valutazione della produzione scientifica e della prova orale (prova didattica). 5.2. Sul punto va premesso che, per consolidata giurisprudenza, «la commissione esaminatrice di un pubblico concorso è titolare di ampia discrezionalità nel catalogare i titoli valutabili in seno alle categorie generali predeterminate dal bando, nell'attribuire rilevanza ai titoli e nell'individuare i criteri per attribuire i punteggi ai titoli nell'ambito del punteggio massimo stabilito, senza che l'esercizio di tale discrezionalità possa essere oggetto di censura in sede di giudizio di legittimità, a meno che non venga dedotto l'eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e arbitrarietà» (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III bis, 10.3.2022 n. 2805; id. sez. III, 27/10/2022, n. 13921). Ed ancora costituisce ius receptum che nel formulare il giudizio tecnico sui titoli posseduti dal candidato, l'amministrazione è chiamata ad applicare regole elastiche, contrassegnate da un fisiologico margine di opinabilità (cd. concetti giuridici indeterminati). In particolare, «nell'attribuire i punteggi relativi a titoli, esperienze lavorative, curricula, pubblicazioni, attività d'insegnamento ecc., l'amministrazione non applica scienze esatte che conducono ad un risultato certo ed univoco (es. accertamento dell'altezza di un determinato candidato o del grado alcolico di una determinata sostanza), ma formula un giudizio tecnico connotato da un fisiologico margine di opinabilità, per sconfessare il quale non è sufficiente evidenziare la mera non condivisibilità del giudizio, dovendosi piuttosto dimostrare la sua palese inattendibilità.» (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 04/02/2022, n. 803). In assenza di una simile attività allegatoria e puntualmente contestativa, volta a dimostrare evidenti travisamenti, chiare pretestuosità o palesi irrazionalità, la censura si appunta soltanto sui margini di fisiologica opinabilità e non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale operata dalla P.A. (es. attribuzione di un voto parziale migliore in tre voci di titoli valutativi), cosicché appare inidonea a sovvertire tale valutazione della commissione. Il giudice non potrebbe, d’altra parte, sovrapporre alla valutazione opinabile del competente organo della P.A. quella (sempre meramente opinabile) del ricorrente e neppure la propria: diversamente opinando, egli sostituirebbe un giudizio opinabile (quello della commissione giudicatrice) con uno altrettanto opinabile (quello del consulente o del giudice), assumendo così un potere (invadendo un campo di attività) che la legge riserva alla Commissione giudicatrice. Il ricorrente, pertanto, non poteva limitarsi a censurare la mera non condivisibilità della valutazione tecnico-discrezionale della Commissione giudicatrice in ragione esclusivamente dell'elevato numero di titoli posseduti, ma aveva l'onere di dimostrare la palese inattendibilità del giudizio compiuto dalla commissione giudicatrice, organo cui la legge riserva la valutazione dell'idoneità tecnica degli aspiranti a una selezione pubblica. Peraltro, nell’allegato n. 5.1. al verbale del 13 maggio 2021, il giudizio collegiale sul ricorrente motiva ampiamente la definizione del livello “discreto” della sua attività di ricerca nel SSD, dell’attitudine scientifica, nonché dell’attività istituzionale, evidenziando che «l’attività assistenziale, di per sé estesa e di livello buono, è solo in misura modesta rispondente al tipo di impegno assistenziale richiesto dal bando». Così anche per la produzione scientifica, la Commissione motiva il “livello appena discreto” esplicitando la minore coerenza con le indicazioni del bando di molte pubblicazioni, la natura discreta dell’originalità, della loro collocazione editoriale e degli indicatori di carattere bibliometrico. Dal giudizio collegiale sul candidato controinteressato emerge, invece, una valutazione di livello “più che buono” dell’attività di ricerca nel suo complesso, nonché la valutazione di piena coerenza con le indicazioni del bando della “modesta esperienza istituzionale”, della sufficiente attività didattica e della solo iniziale responsabilità assistenziale. Quanto alla produzione scientifica, la Commissione evidenzia l’«ottima attitudine alla ricerca del candidato che si è espressa su temi di grande importanza nella medicina legale, con contributi originali e coerenti anche con le indicazioni del bando (medicina necroscopica, gestione del contenzioso e della sicurezza nelle cure); la produzione scientifica a collocazione editoriale migliore affronta argomenti facilmente identificabili in un percorso autonomo di interessi che coinvolgono la patologia forense e la gestione della sicurezza nelle cure. Argomenti che intercettano in maniera diretta e specifica quelli citati nel bando». Con riferimento alla prova didattica, infine, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la Commissione ha dato ampia motivazione del suo giudizio collegiale sull’«incompleta padronanza dell’argomento, con assoluta carenza nell’aggiornamento (tanto da dedicare attenzione all’analisi di una norma abrogata nel 2019 e di non aver tenuto conto delle più recenti modifiche normative, in particolare per l’art. 583 c.p. e segg.)», nonché sulla capacità di inquadramento logico-sistematico che «ha risentito di tale difetto»; sulla capacità di sintesi, la chiarezza espositiva e la capacità di attirare attenzione definite “discrete”; considerando, da ultimo, non soddisfatto il “rigore metodologico”. Non si ravvisano, quindi, elementi che dimostrano la palese inattendibilità del giudizio espresso dalla Commissione di prevalenza qualitativa dei titoli e della produzione scientifica riportati dal candidato -OMISSIS- rispetto alla quantità di titoli e di pubblicazioni riportati dal candidato ricorrente. 5.3. In conclusione, le valutazioni formulate dalla Commissione, sia nei giudizi collegiali, sia nei giudizi individuali, esprimono con chiarezza ed in modo compiuto le ragioni sottese alla preferenza indicata per il controinteressato, cosicché risulta rispettata nel caso di specie la funzione della motivazione degli atti amministrativi, che è quella di consentire di ricostruire l'iter logico che ha condotto la P.A. ad assumere una data decisione (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. VII, 30/06/2023, n. 6416; id., Sez. III, 4 febbraio 2020, n. 923; id., 2 maggio 2016, n. 1656). Con il motivo sub I.C) il ricorrente deduce sia l’illegittimità della valutazione di prevalenza del controinteressato «per una presunta superiorità sia della prova didattica dallo stesso sostenuta che della sua produzione scientifica», sia l’omessa indicazione di un punteggio minimo-massimo attribuibile per ciascuna tipologia di titoli valutabili e di sub-criteri di valutazione e graduazione di tali punteggi. 6.1. Per quanto riguarda il primo profilo della censura, è necessario richiamare l’art. 9 del bando di gara che prevedeva che: «La Commissione giudicatrice, nella prima riunione, predetermina i criteri per la valutazione dell’attività didattica, di ricerca ed eventuali incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale, del curriculum vitae, e delle pubblicazioni scientifiche presentate nel rispetto degli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale tenendo conto dei criteri secondo quanto riportato all’art. 1». La Commissione giudicatrice ha, quindi, specificato i criteri per la valutazione preliminare del curriculum, delle pubblicazioni scientifiche, dell’attività didattica, di ricerca ed eventuali incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale dei candidati, senza prevedere l’attribuzione di punteggi diversi, ma collocandoli effettivamente tutti sullo stesso piano di importanza (cfr. Allegato n. 1.1 al Verbale 1 del 9 marzo 2021). Tuttavia, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, dalle relazioni riassuntive e schede di valutazione individuali emerge una valutazione inferiore del profilo del ricorrente con riferimento a tutti i criteri di valutazione e non solo per i criteri della prova didattica e della produzione scientifica. 6.1.1. In dettaglio, il professor -OMISSIS- ha valutato come “discreta” l’esperienza istituzionale e didattica del ricorrente; l’attività assistenziale «quella di maggiore responsabilità (unità operativa semplice) non completamente coerente con le indicazioni del bando (valutazione del danno psicopatologico)», concludendo nel senso che «nel complesso il candidato è discreto, soprattutto per gli elementi curriculari inerenti esperienza istituzionale ed in parte quella didattica, peraltro interferiti da una prova didattica non adeguata, ma non spicca dal punto di vista della attività scientifica e non sembra aver ancora costruito un suo percorso di ricerca originale e consolidato». La professoressa -OMISSIS-ha riconosciuto la robustezza dell’esperienza didattica del ricorrente, ma ha ritenuto che «l’attività istituzionale del candidato è da considerare di livello discreto, mentre l’attività assistenziale, di per sé estesa e di livello buono, è solo in misura modesta rispondente al tipo di impegno assistenziale richiesto dal bando». Invece, con riferimento al controinteressato il professor Cingolani ha ritenuto “più che buono” il profilo generale del candidato, valutando l’attività istituzione, seppur modesta, «in parte versata però su argomenti coerenti con il bando (medicina necroscopica, gestione del contenzioso e del rischio clinico)» nonché la sufficiente attività didattica e la solo iniziale responsabilità assistenziale, comunque “completamente coerente” con le indicazioni del bando. La professoressa -OMISSIS-evidenzia «L’attività istituzionale è modesta; l’attività assistenziale, ancorché recente e non strutturata, sembra del tutto rispondente al tipo di impegno assistenziale richiesto dal bando». Ne discende che, comparando i giudizi espressi da 2 commissari su 3, il profilo del ricorrente è stato valutato con giudizi deteriori per tutti i criteri di valutazione adottati dalla Commissione, in conformità a quanto richiesto dal bando. 6.2. Con riguardo al secondo profilo del motivo sub I.C) e al motivo sub I.C 1), è giurisprudenza pacifica quella secondo la quale «i criteri di valutazione della selezione possono essere fissati direttamente dal bando oppure rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice, con l'unico vincolo tassativo costituito dal fatto che, in tale ultimo caso, essi devono essere fissati prima dell'avvio delle operazioni valutative, e ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell'azione amministrativa; la predeterminazione dei relativi criteri in un momento antecedente alla valutazione delle prove è volta ad evitare che l'attribuzione del punteggio per i titoli stessi possa essere condizionata dalla previa conoscenza del risultato delle prove precedenti, calibrando i punteggi da attribuire ai singoli candidati» (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 2 aprile 2021, n. 4015). La predeterminazione dei criteri è del resto prevista con riferimento alla specifica procedura sia dal bando, dall’art. 9, sopra già citato, sia dal Regolamento di Ateneo per la disciplina del reclutamento dei professori di prima e seconda fascia e di ricercatori a tempo determinato (D.R. 21.11.2013, n. 3434 modificato con D.R. 30.05.2014, n. 1672), il quale all'art. 11, comma 1, prevede che «La Commissione [...] predetermina i criteri, con particolare riferimento ai criteri generali di valutazione di cui all'art. 8, comma 1, lett. e), in ordine alla valutazione di: a) pubblicazioni scientifiche; b) curriculum; c) attività didattica, di ricerca ed eventuali incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale». Alcun riferimento viene, quindi, fatto alla necessità di individuare un punteggio minimo e massimo per ciascun sub-criterio, né di prevedere sub-criteri di graduazione di tali punteggi. Orbene, nell’Allegato n. 1.1 al Verbale 1 del 9 marzo 2021, già citato, risultano effettivamente predeterminati diversi sub-criteri per la valutazione del curriculum, delle pubblicazioni scientifiche, dell’attività didattica, di ricerca ed eventuali incarichi di responsabilità organizzativa e gestionale dei candidati, che risultano adeguati, specifici e rispondenti ai requisiti di predeterminazione. Il ricorso va, quindi, rigettato. Si ravvisano giusti motivi, in ragione della complessità delle questioni trattate, per compensare le spese di lite fra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2023 con l'intervento dei magistrati: Leonardo Pasanisi - Presidente Fabio Di Lorenzo - Referendario Rosa Anna Capozzi - Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 216 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto dall'Associazione Va. Ca. o.d.v., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. Gi. Fe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via (...); contro ASL di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Va. Ca., Em. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi., Associazione Gi. Gi. Vi., in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Fe. Be., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Ma. Ri. in Salerno, via (...); per l'annullamento, previa sospensione per quanto riguarda il ricorso introduttivo e i relativi motivi aggiunti: 1) della deliberazione del Direttore Generale dell'A.S.L. Salerno n. 1433 del 15.12.2022, comunicata alla ricorrente con nota prot. 261604 del 20.12.2022 a firma del Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione dei beni e servizi ed Economato", nella parte in cui ha dichiarato aggiudicataria - affidandole il servizio in questione ("Trasporto sanitario di Emergenza Urgenza 118 dell'ASL Salerno" - Lotto n. 11 "Santa Maria di Castellabate - Bellosguardo - Roccadaspide - Piaggine"), per la durata di un biennio, con opzione di rinnovo per un ulteriore anno - la controinteressata A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi.; 2) della relativa proposta di provvedimento formulata il 13.12.2022 dal Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione dei beni e servizi ed Economato", conosciuta solo in quanto riprodotta nel corpo della deliberazione di cui al punto che precede; 3) del "Disciplinare delle operazioni della procedura comparativa", approvato con deliberazione del Direttore Generale dell'A.S.L. Salerno n. 166/2021, nella parte in cui, al § 11 comma 9, prevede la possibilità della sanatoria, mediante soccorso istruttorio, della cauzione provvisoria intestata "solo ad alcuni partecipanti al RTI"; 4) ove occorra e per quanto di ragione, della nota prot. 261604 del 20.12.2022 a firma del Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione dei beni e servizi e Economato" di comunicazione della delibera di cui al punto 1) che precede; 5) ove occorra e per quanto di ragione, del verbale del "seggio di gara" del 13.12.2021, nella parte in cui, in sede di verifica della documentazione amministrativa dell'A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi., avendo rilevato l'intestazione della cauzione provvisoria alla sola Associazione Gi. Gi. Vi., ha consentito in via di soccorso istruttorio di "rettificare l'intestazione della polizza"; 6) ove occorra e per quanto di ragione, della Determina del Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione di Beni e Servizi ed Economato" n. 48375 del 15/12/2021, di presa d'atto delle risultanze di cui al predetto verbale del 13/12/2021, sempre nella parte in cui, avendo rilevato l'intestazione della cauzione provvisoria alla sola Associazione Gi. Gi. Vi., ha consentito in via di soccorso istruttorio di "rettificare l'intestazione della polizza"; 7) ove occorra e per quanto di ragione, del verbale del "seggio di gara" del 21.2.2022, nella parte in cui, all'esito dell'acquisizione in via di "soccorso istruttorio" della documentazione integrativa ("Appendice" alla cauzione provvisoria), l'A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi. è stata illegittimamente ammessa alla gara de qua; 8) ove occorra e per quanto di ragione, della Determina del Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione di Beni e Servizi ed Economato" n. 7063 del 23/02/2022, nella parte in cui, all'esito dell'acquisizione in via di "soccorso istruttorio" della documentazione integrativa ("Appendice" alla cauzione provvisoria), è stata illegittimamente ammessa alla gara de qua l'A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi.; 9) ove occorra e per quanto di ragione, dei verbali della Commissione Giudicatrice del 27.4.2022, dell'11.5.2022, del 25.5.2022, del 6.7.2022, del 14.9.2022, del 22.9.2022, del 28.9.2022 e del 18.10.2022, con i quali si è proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, ed in particolare del verbale della Commissione Giudicatrice del 3/11/2022, di presa d'atto della graduatoria di merito formulata, nella parte in cui, per il lotto n. 11, è stata illegittimamente attribuito all'A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi. il punteggio di 80,00, anziché quello notevolmente inferiore spettantele; nonchè per la declaratoria d'inefficacia ex art. 121 e/o, in subordine, art. 122 del d.lgs. n. 104/2010 del contratto/convenzione nelle more eventualmente stipulata tra l'A.S.L. Salerno e l'A.T.S. Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. - Associazione Gi. Gi. Vi. per l'esecuzione del servizio di "Trasporto sanitario di Emergenza Urgenza 118 dell'ASL Salerno" - Lotto n. 11 "Santa Maria di Castellabate - Bellosguardo - Roccadaspide - Piaggine") e conseguentemente per la declaratoria del diritto della ricorrente a subentrare nel contratto ai sensi dell'art. 124 c.p.a., ed ancora per la condanna dell'A.S.L. Salerno, in persona del legale rappresentante p.t., al risarcimento, ex art. 30 c.p.a., dei danni subiti dalla ricorrente, per effetto dell'illegittima condotta amministrativa, ed al pagamento delle sanzioni pecuniarie previste dall'art. 123 c.p.a.; per quanto riguarda il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti: a) della deliberazione del Direttore Generale della ASL Salerno n. 1433 del 15/12/2022 avente ad oggetto "PROCEDURA COMPARATIVA PER L'AFFIDAMENTO BIENNALE, CON OPZIONE DI RINNOVO PER UN ALTRO ANNO DEL SERVIZIO DI TRASPORTO SANITARIO DI EMERGENZA URGENZA 118 DELL'ASL SALERNO. AGGIUDICAZIONE" (e composta di numero 159 pagine, di cui numero 149 allegati che formano parte integrante e sostanziale della stessa) nella parte in cui la "Va. Ca. O.D.V." non è stata esclusa dalla procedura di gara per l'aggiudicazione del Lotto 11, b) ove occorra e per quanto di ragione, delle "Modalità di redazione della graduatoria", c) ove occorra, del verbale del seggio di gara del 21.2.2022, nella parte in cui, all'esito dell'acquisizione in via di "soccorso istruttorio" della documentazione integrativa, la Associazione "Va. Ca. O.D.V." è stata illegittimamente ammessa alla gara de qua, d) ove occorra e per quanto di ragione, della Determina del Direttore UOC "Gestione dell'Acquisizione di Beni e Servizi ed Economato" n. 7063 del 23/02/2022, nella parte in cui, all'esito dell'acquisizione in via di "soccorso istruttorio" della documentazione integrativa la "Va. Ca. O.D.V." è stata illegittimamente ammessa alla gara de qua, e) ove occorra e per quanto di ragione, dei verbali della Commissione del 27.4.2022, del 11.5.2022, del 25.5.2022, del 6.7.2022, del 14.9.2022, del 22.9.2022, del 28.9.2022, del 18.10.2022 e del 3/11/2022 nella parte in cui la offerta tecnica di "Va. Ca. O.D.V." è stata ritenuta conforme alle prescrizioni di cui al Capitolato speciale di gara, f) ove occorra e per quanto di ragione, dei verbali della Commissione del 27.4.2022, del 11.5.2022, del 25.5.2022, del 6.7.2022, del 14.9.2022, del 22.9.2022, del 28.9.2022, del 18.10.2022 e del 3/11/2022 con i quali si è proceduto alla valutazione delle offerte tecniche, ed in particolare del verbale della Commissione Giudicatrice del 3/11/2022, di presa d'atto della graduatoria di merito formulata, nella parte in cui, per il lotto n. 11, è stato illegittimamente attribuito alla "Va. Ca. O.D.V." il punteggio di 77,80. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'ASL di Salerno, dell'Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi. e dell'Associazione Gi. Gi. Vi.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2023 il dott. Raffaele Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso notificato il 19 gennaio 2023 e depositato il 1° febbraio 2023, l'Associazione ricorrente principale impugna l'aggiudicazione relativa al lotto 11 della procedura di gara per l'affidamento del "servizio di trasporto sanitario di Emergenza Urgenza 118", indetta dall'ASL di Salerno; classificatasi al secondo posto della graduatoria con un punteggio di 77,80 punti e preceduta dalla associazione temporanea di scopo tra l'Associazione di Vo. dei "Qu. Co." So. So. Onlus di Pi. (mandataria) e l'Associazione Gi. Gi. Vi. (mandante) con 80 punti, poi risultata aggiudicataria, espone di aver presentato istanza di accesso agli atti dell'ATS controinteressata il 21 dicembre 2022 (il giorno successivo alla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, avvenuta il 20 dicembre 2022) e di aver ottenuto dall'Amministrazione la documentazione amministrativa e l'offerta tecnica della controinteressata rispettivamente in data 9 gennaio 2023 e in data 18 gennaio 2023. La ricorrente deduce: - la violazione del par. 11, comma 1, n. 3 e comma 3, n. 6, del disciplinare di gara nonché dell'art. 93, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, espressamente richiamato dal disciplinare di gara, in quanto la cauzione provvisoria della controinteressata, costituita mediante polizza fideiussoria, non reca l'impegno al rilascio della garanzia definitiva né risulta altrimenti presentato l'impegno di alcun fideiussore al rilascio della garanzia definitiva, con la conseguenza che l'offerta della controinteressata risulta sprovvista di tale impegno e avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura. Ciò evidenzia altresì la falsità della dichiarazione resa nell'ambito della dichiarazione di partecipazione circa l'avvenuta presentazione del già citato impegno; - la violazione del par. 11, comma 3, n. 2 del disciplinare di gara nonché dell'art. 93, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 in quanto la garanzia presentata risulta intestata alla sola mandante e non anche alla mandataria, considerato altresì che l'appendice della polizza prodotta, pur indicando anche il nome della mandataria, non individua correttamente i ruoli assunti dalle controinteressate nell'ambito dell'associazione temporanea di scopo. Si contesta specificamente il par. 11, comma 9, del disciplinare di gara nella parte in cui prevede la sanabilità, mediante soccorso istruttorio, della non completa intestazione della garanzia provvisoria, in quanto la stessa deve ritenersi parte dell'offerta e pertanto non modificabile. 2. Con motivi aggiunti, notificati il 17 febbraio 2023 e depositati il 20 febbraio 2023, la ricorrente principale contesta i punteggi attribuiti alle controinteressate in relazione: - al criterio di valutazione n. 2, in quanto le stesse non disporrebbero dei locali specificamente dedicati all'aggregazione del personale non in servizio (con sottrazione di 2 punti) e gli spazi destinati ad autorimessa, ad aule di formazione, a ufficio amministrativo, alla catalogazione e all'inventario del materiale sanitario non sarebbero collocati nello stesso stabile ma addirittura in Comuni diversi (con sottrazione di 8 o di 4 punti); - al criterio di valutazione n. 8, in quanto le stesse avrebbero proposto un unico sistema informatico, valorizzabile quindi con un punteggio di soli 0,5 punti. 3. Si è costituita l'ASL rilevando l'inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del punto 15 dell'avviso (in particolare della tabella 1 recante i criteri di valutazione delle offerte) e contestando la fondatezza del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti. 4. Si sono costituite altresì le controinteressate che: - hanno contestato la fondatezza del ricorso principale; - con istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a., regolarmente notificata e depositata, hanno chiesto l'accesso all'offerta tecnica della ricorrente principale. - con ricorso notificato e depositato il 17 febbraio 2023, hanno proposto ricorso incidentale, evidenziando l'inidoneità di due delle ambulanze indicate per lo svolgimento del servizio in quanto di tipologia B e pertanto non conformi alla vigente normativa per il soccorso avanzato, in violazione del par. 14.1 dell'avviso e delle prescrizioni di cui all'allegato 2 "requisiti e dotazioni dei mezzi" del capitolato; ciò avrebbe dovuto comportare l'esclusione dell'offerta della ricorrente alla luce del par. 16 del disciplinare di gara ovvero la riduzione del punteggio attribuito in relazione al criterio n. 11 relativo alla "media degli anni di anzianità delle ambulanze (anzianità dalla prima immatricolazione, calcolata all'atto della scadenza del bando, non saranno conteggiate né l'idroambulanza né le ambulanze del potenziamento estivo, tali mezzi dovranno in ogni caso essere compatibilità con le prescrizioni)"; - a seguito dell'ordinanza n. 729/2023 di questo Tribunale, con cui è stata disposta l'esibizione dell'offerta tecnica della ricorrente principale (non sussistendo segreti tecnici o commerciali), hanno proposto motivi aggiunti, contestando la disponibilità dei locali indicati dalla ricorrente principale nell'ambito dell'offerta tecnica e il punteggio attribuito in relazione al criterio di valutazione n. 2. 5. Si è costituita la ricorrente principale contestando la fondatezza del ricorso incidentale dei relativi motivi aggiunti. 6. Nell'ambito delle memorie conclusionali, le ricorrenti incidentali contestano l'ammissibilità del ricorso per motivi aggiunti proposto dalla ricorrente principale in quanto questa, alla data della notifica del ricorso introduttivo, aveva già acquisito conoscenza dell'offerta tecnica delle controinteressate ed era pertanto in condizioni per formulare censure già nell'ambito del ricorso introduttivo. 7. All'udienza pubblica del 7 giugno 2023, la causa è stata trattenuta in decisione. 8. Occorre innanzitutto rilevare che, come evidenziato nell'istanza di correzione di errore materiale presentata dalle ricorrenti incidentali, la predetta ordinanza n. 729/2023 decide l'istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a. presentata dalle stesse, cosicché il termine "ricorrenti" deve intendersi riferito proprio alle controinteressate rispetto al ricorso principale e ricorrenti con riferimento alla predetta istanza di accesso (come reso evidente dall'obiettivo dell'istanza enunciato nella predetta ordinanza ovvero quello di valutare la correttezza delle operazioni compiute dalla Commissione giudicatrice e di proporre ricorso incidentale); in tal senso deve intendersi corretto il dispositivo della predetta ordinanza "dichiara il diritto delle istanti Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi. e Associazione Gi. All'accesso ai documenti indicati, ordinando all'ASL di Salerno l'esibizione dei medesimi documenti nel termine di trenta giorni dalla comunicazione (o notificazione se anteriore) della presente ordinanza". 9. Si procede all'esame del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti, con priorità rispetto al ricorso incidentale e ai relativi motivi aggiunti in ragione di considerazioni di economia processuale legate al venir meno dell'interesse relativo al secondo gruppo di impugnazioni in caso di rigetto di quelle del primo gruppo e di consolidamento della aggiudicazione disposta nei confronti dell'associazione temporanea di scopo composta dalle ricorrenti incidentali. 10. Occorre tuttavia preliminarmente rigettare l'eccezione di inammissibilità formulata dall'Amministrazione in quanto la ricorrente principale contesta non i criteri di valutazione formulati ma la loro corretta applicazione da parte dell'Amministrazione. 11. Si procede quindi all'esame del ricorso principale che risulta infondato. La censura di cui al secondo motivo di ricorso è smentita in fatto prima ancora che in diritto. La garanzia provvisoria prodotta dalle controinteressate, oggetto della contestazione, risulta intestata sia alla mandante sia alla mandataria della costituenda associazione temporanea di scopo costituita dalle stesse. La predetta garanzia individua in maniera esatta sia la procedura di gara (anche con riferimento al lotto in questione) nell'ambito della quale è destinata a dispiegare i suoi effetti sia la mandante della predetta ATS, con la conseguenza che risulta irrilevante la non corretta denominazione della mandataria della medesima ATS riportata dalla garanzia ("Soccorso sociale" anziché "Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi."); le indicazioni contenute nell'ambito della polizza fideiussoria consentono infatti di determinare in maniera univoca la procedura di gara e i soggetti garantiti e di escludere quindi che la garanzia possa dirsi riferita alla sola mandante. A ciò si aggiunga che il soccorso istruttorio attivato, con particolare scrupolo, dall'Amministrazione ha consentito di precisare l'intestazione della garanzia mediante la produzione di una appendice numericamente riferita alla predetta polizza e riportante la denominazione completa ed esatta di entrambe le associazioni. Non assume rilevanza il fatto che la predetta appendice riporta in maniera non corretta i ruoli rivestiti dalle controinteressate nell'ambito dell'associazione temporanea di scopo, in quanto la garanzia così costituita copre gli eventi di cui all'art. 97, comma 6, del d.lgs. n. 50/2016 riferiti ad entrambe le associazioni componenti il soggetto associativo (peraltro non ancora costituito) indipendentemente dal ruolo rivestito nell'ambito dello stesso. Tali profili, esclusivamente formali, non recano alcun vulnus alla garanzia offerta all'Amministrazione e non si traducono pertanto in una violazione delle disposizioni generali e speciali indicate dalla ricorrente, ancor più ove si consideri che è stato altresì prodotta copia della predetta polizza sottoscritta da entrambi i legali rappresentanti delle associazioni in questione. Allo stesso modo non può dirsi che il par. 11, comma 9, del disciplinare di gara sia in contrasto con la disciplina recata dall'art. 83, comma 9 del d.lgs 50/2016. La citata disposizione della lex specialis della procedura consente di sanare non la mancata produzione di una garanzia provvisoria ma, in relazione a una garanzia provvisoria comunque prodotta in gara, di rimediare a carenze o irregolarità della stessa, come consentito dalla giurisprudenza (cfr. TAR Campania - Napoli, Sez. II, 11 gennaio 2021, n. 183). Risulta altresì infondato il primo motivo di ricorso. È pur vero che la polizza prodotta non reca l'impegno del fideiussore al rilascio della garanzia definitiva di cui all'art. 103 del d.lgs. n. 50/2016; tuttavia, occorre considerare che: - il par. 11, comma 1, n. 1, del disciplinare di gara richiama espressamente e integralmente l'art. 93, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, pur non riproducendo la facoltà prevista dal secondo periodo di tale disposizione ovvero quella delle microimprese, piccole e medie imprese e delle forme associative di partecipazione costituite esclusivamente da queste di non produrre il citato impegno; - il par. 11, comma 5, del medesimo disciplinare consente tuttavia la riduzione dell'importo della garanzia provvisoria nelle ipotesi previste dall'art. 93, comma 7, del d.lgs. n. 50/2016 tra cui è ricompresa la riduzione del 50% dell'importo della predetta garanzia nel caso di microimprese, piccole e medie imprese. Una interpretazione ragionevole del disciplinare di gara induce a ritenere applicabile alla procedura de qua anche il secondo periodo dell'art. 93, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016. Depongono in tal senso: - il richiamo onnicomprensivo e privo di limitazioni sia all'art. 93, comma 8 sia all'art. 93, comma 7: se gli operatori di minori dimensioni possono beneficiare della riduzione dell'importo della garanzia provvisoria, allo stesso modo gli stessi dovrebbero poter beneficiare anche della facoltà di non produrre l'impegno del fideiussore al rilascio della garanzia definitiva; -il particolare favor che ispira il medesimo art. 93, comma 8, secondo periodo: la ratio della disposizione è quella di favorire la partecipazione degli operatori minori, riducendo gli oneri gravanti sugli stessi; - l'assenza di una espressa esclusione dell'applicabilità del predetto art. 93, comma 8, secondo periodo, del d.lgs. n. 50/2016. L'estensione del beneficio in questione dovrebbe valere ancor più nell'ambito di una procedura di gara di per sé non soggetta alla disciplina di cui al d.lgs. n. 50/2016, applicabile tuttavia in virtù di un autovincolo posto dalla medesima Amministrazione e in grado di generare oneri che tuttavia possono essere contenuti mediante l'integrale applicazione delle medesime norme richiamate. Sarebbe infatti irragionevole ritenere tale norma applicabile nel caso di procedure di gara integralmente soggette alla disciplina di cui al d.lgs. n. 50/2016 a cui partecipano concorrenti animati da finalità lucrativa e non a procedure della specie, non soggette a tale decreto se non in virtù di un autovincolo posto dalla medesima Amministrazione e riservate alla partecipazione di associazioni prive di finalità lucrativa. A ciò si aggiunga che la medesima Raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, a cui occorre far riferimento ai fini della definizione di micro impresa e di piccola e media impresa per espressa disposizione normativa (cfr. art. 3, comma 1, lett. aa) del d.lgs. n. 50/2016), individua parametri che, in virtù del considerando n. 3 e dell'art. 1 della medesima raccomandazione, risultano applicabili anche alle associazioni che svolgono un'attività economica ovvero alle associazioni che svolgono un'attività che, pur non essendo caratterizzata da finalità lucrativa, tende comunque alla copertura dei costi sostenuti (cfr. art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 117/2017 richiamato dalla stessa ricorrente). È possibile a questo punto far riferimento a quello che la giurisprudenza ha definito come "soccorso istruttorio processuale" (cfr. all'origine della ricostruzione Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 275, ripresa da pronunce più recenti relative a procedure di gara disciplinate dal d.lgs. n. 50/2016). Infatti il disciplinare di gara chiariva la sanabilità mediante soccorso istruttorio sia delle irregolarità del DGUE sia della mancanza citato impegno (in quest'ultimo caso preesistente al termine di presentazione delle offerte e comprovabile con documento di data certa). L'obiettivo è quello di evitare che irregolarità e inadempimenti meramente formali alle regole di gara possano pregiudicare i concorrenti che sostanzialmente dispongono dei requisiti e delle condizioni di partecipazione. La disciplina del soccorso istruttorio, in quanto espressione di una impostazione sostanzialistica della gestione delle procedure di evidenza pubblica, deve di conseguenza essere estesa anche all'ambito processuale qualora mancanze, irregolarità o incompletezze della documentazione vengano dedotte come motivo di impugnazione dell'aggiudicazione. In tal caso è necessario tuttavia che il concorrente provveda in giudizio a sanare il vizio rilevato, evidenziandone il carattere solo formale e non sostanziale e dimostrando l'originaria sussistenza delle condizioni di partecipazione, "riparando una incompletezza o irregolarità che la stazione appaltante, se avesse tempestivamente rilevato, avrebbe dovuto comunicare alla concorrente, attivando l'obbligatorio procedimento di soccorso istruttorio"; sarebbe irragionevole, oltre che ingiusto, che la mancata attivazione del soccorso istruttorio in sede di gara da parte della Stazione appaltante si traducesse nell'esclusione del concorrente incorso in carenze documentali sanabili e in grado di dimostrare in giudizio che, ove lo stesso fosse stato correttamente attivato, avrebbe avuto esito favorevole. Tale soccorso istruttorio processuale, di origine giurisprudenziale, pertanto è esperibile nell'ipotesi di omessa o lacunosa attivazione del soccorso istruttorio procedimentale da parte della Stazione appaltante in relazione a carenze meramente formali della documentazione di gara, ricollegandosi ai medesimi presupposti e condizioni previsti dall'art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2016 ma dispiegandosi in ambito processuale. Nel caso di specie, qualora l'Amministrazione avesse attivato il soccorso istruttorio rappresentando alle controinteressate la mancata produzione dell'impegno del fideiussore alla prestazione della garanzia definitiva, le stesse ben avrebbero potuto rappresentare l'errore commesso nell'ambito DGUE e la propria qualità di operatore di minori dimensioni (evidenziato invece in sede processuale), beneficiando così dell'esonero dalla produzione del citato impegno. È inoltre da escludere che la positiva dichiarazione relativa alla presentazione dell'impegno possa configurarsi come falsa, trattandosi di un mero errore nella compilazione del documento (peraltro predisposto dall'Amministrazione senza tener conto della possibilità offerta dall'art. 93, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016) facilmente rilevabile da parte dell'Amministrazione mediante il mero esame della documentazione prodotta. Tale dichiarazione, inserita nell'ambito della dichiarazione di partecipazione in maniera anomala in quanto non rilevante a tali fini, rinvia infatti agli specifici documenti prodotti, nell'ambito dei quali era possibile, in maniera agevole e con un minimo onere di diligenza, rilevare l'assenza del predetto impegno. 12. Ciò posto, è possibile procedere all'esame dei motivi aggiunti presentati dalla ricorrente principale, motivi aggiunti che risultano tempestivi in quanto notificati e depositati entro il termine di legge, decorrente dalla acquisizione dell'offerta tecnica. Stante la non sincronicità della trasmissione della documentazione amministrativa e della offerta tecnica riferite alla controinteressate, è ragionevole ammettere che il ricorrente debba disporre dell'integrale termine di impugnazione ai fini della formulazione dei motivi di impugnazione riferiti a ciascuna componente. Nel merito, è infondato il secondo dei motivi aggiunti. Il criterio n. 8 prevedeva la valutazione della "presenza di sistemi di controllo degli accessi del personale, di controllo dei mezzi (telecontrollo), sistemi gestionali", con attribuzione di "0,5 punti per ogni sistema adottato ammesso come utile dalla commissione". La descrizione del sistema informatico utilizzato evidenzia, nella seppur breve descrizione, caratteristiche non solo di sistema gestionale ma anche di sistema di controllo degli accessi del personale (mediante installazione di specifici rilevatori). La Commissione giudicatrice ha pertanto correttamente attribuito alle controinteressate 1 punto. Il primo dei motivi aggiunti risulta inammissibile. Il criterio n. 2 prevedeva l'attribuzione di "2 punti per ognuno dei seguenti spazi nello stesso stabile (in possesso almeno dell'Associazione capofila in caso di ATS): presenza di autorimessa per ambulanza; presenza di locali dedicati all'aggregazione del personale con esclusione di quelli per il personale in servizio attivo; aule dedicate alla formazione; ufficio dedicato all'attività amministrativa ad accesso regolamentato (normativa sulla privacy); spazio dedicato allo stoccaggio del materiale di consumo". È pur vero che le controinteressate non dispongono di specifico locale dedicato all'aggregazione del personale non in servizio ma anche la ricorrente principale, come è possibile rilevare dalla relativa offerta tecnica e come evidenziato nell'ambito del ricorso incidentale, non dispone di uno specifico locale avente tale destinazione e separato dagli altri. Di conseguenza non può rilevare il vizio dell'offerta della controinteressata e della relativa valutazione in quanto tale vizio inficia anche la posizione della ricorrente principale. Secondo l'elaborazione giurisprudenziale, l'obbligo di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del principio di solidarietà sancito dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta di Nizza, si pone anche come limite alle pretese, ai poteri e alle facoltà delle parti nell'ambito della tutela processuale, come divieto di abuso del processo. Pertanto, alla stregua del divieto di abuso del processo, precipitato del più generale divieto di abuso del diritto e dell'obbligo di correttezza e buona fede, deve considerarsi inammissibile la deduzione di un motivo d'impugnazione idoneo di per sé a evidenziare illegittimità nella posizione dello stesso ricorrente che, pertanto, non può venire contra factum proprium strumentalizzando il giudizio alla tutela di un interesse sostanzialmente illegittimo. In ogni caso, la fondatezza della censura con riferimento sia alla ricorrente principale sia alla ricorrente incidentale comporterebbe la sottrazione di 2 punti ad entrambe lasciando inalterate le posizioni relative. In parte infondato e in parte inammissibile si rivela invece il terzo motivi aggiunti. L'offerta tecnica delle controinteressate rinvia agli allegati 17 e 18 in relazione alla disponibilità di una autorimessa (oggetto di valutazione nell'ambito del criterio n. 2); tali allegati devono essere pertanto riferiti specificamente ed esclusivamente al locale destinato ad autorimessa. L'allegato 18 e l'illustrazione ivi riportata non possono pertanto essere riferiti agli altri locali indicati nell'ambito dell'offerta tecnica ovvero alle aule dedicate alla formazione, all'ufficio amministrativo e a quello dedicato al materiale sanitario che, di conseguenza, devono ritenersi posti nello stesso stabile. La stessa formulazione dell'offerta tecnica chiarisce che: - con riferimento agli spazi diversi dall'autorimessa, "sono presenti aule spazi dedicati alla formazione del personale", "vi è l'ufficio amministrativo dell'associazione", "vi è uno spazio utilizzato per la catalogazione ed inventario del materiale sanitario, con persona responsabile della conservazione, custodia e controllo del medesimo", evidenziando pertanto la presenza, nel medesimo contesto, di spazi idonei a integrare le richieste del criterio di valutazione n. 2. La censura sotto tale profilo si rivela infondata; - con riferimento alla citata autorimessa, "l'associazione capofila è dotata di autorimessa, come da allegato contratto di locazione. Lo spazio è adibito ai mezzi di supporto, muletti sostitutivi e per effettuare eventuali manutenzioni", facendo genericamente riferimento alla disponibilità del citato spazio e allegando un contratto di locazione e una planimetria (allegati 17 e 18). Il citato contratto, sottoscritto dal legale rappresentante della mandataria, è riferito a uno specifico immobile destinato ad autorimessa e posto in un luogo diverso dalla sede sociale dell'Associazione e, presumibilmente, dai locali della stessa; la planimetria ha invece una evidentemente finalità illustrativa ed esemplificativa della struttura dell'autorimessa in quanto, da un lato, disegna un locale interrato suddiviso in piccoli spazi evidentemente destinabili a parcheggio e non ad uffici (considerato peraltro che il testo dell'offerta tecnica ricollega chiaramente il citato allegato all'autorimessa) e, dall'altro, si riferisce un immobile sito in un Comune diverso (con la conseguenza che non può riguardare l'autorimessa nella disponibilità dell'Associazione). Sotto tale profilo, anche a voler sottrarre alle controinteressate 2 punti in quanto l'autorimessa di cui hanno la disponibilità non è collocata nello stesso stabile in cui sono collocati gli uffici (sebbene tuttavia a breve distanza dagli stessi), la censura risulta inammissibile in quanto tale sottrazione di punteggio non consente di modificare la posizione in graduatoria delle parti. 13. Al rigetto del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti segue l'improcedibilità del ricorso incidentale e dei relativi motivi aggiunti, venendo meno l'interesse che li supporta a seguito del consolidarsi della posizione in graduatoria dell'associazione temporanea di scopo aggiudicataria. 14. In conclusione, il ricorso principale e i relativi motivi aggiunti sono in parte infondati e in parte inammissibili mentre il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti sono improcedibili. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con riferimento alle controinteressate. Alla luce della violazione delle regole di chiarezza e sinteticità degli atti da parte dell'Amministrazione (che ha depositato memorie meramente ripetitive delle relazioni tecniche elaborate dal Seggio e dalla Commissione di gara a seguito del ricorso), sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite con riferimento all'ASL di Salerno. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso principale, sul ricorso incidentale e sui relativi motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, respinge il ricorso principale e i relativi motivi aggiunti e dichiara improcedibili il ricorso incidentale e i relativi motivi aggiunti. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell'Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi. e dell'Associazione Gi. Gi. Vi., liquidate complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge. Compensa le spese di lite nei confronti dell'ASL di Salerno. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2023 con l'intervento dei magistrati: Leonardo Pasanisi - Presidente Anna Saporito - Referendario Raffaele Esposito - Referendario, Estensore Il TAR Salerno, sezione I, con decreto collegiale n. 202302228 del 10/10/2023 ha stabilito che, con correzione della precedente statuizione, nella sentenza 202301653 dell'11/07/2023 debba essere riportato quanto segue: "Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell'Associazione di Vo. dei Qu. Co. So. So. Onlus di Pi. e dell'Associazione Gi. Gi. Vi., liquidate complessivamente in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, nonché al rimborso del contributo unificato versato in relazione al ricorso incidentale, con attribuzione al procuratore antistatario".

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 452 del 2022, proposto dal Comune di (OMISSIS), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Fi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Eo. Sa. S.r.l. - Società Unipersonale - Direzione e Coordinamento Ic. Ho. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Ca. Co. e Ba. Co., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; condanna al pagamento di somme in adempimento alla convenzione di concessione n. 51/2007 e alla L. n. 145/2018. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Eo. Sa. S.r.l. - Società Unipersonale - Direzione e Coordinamento Ic. Ho. S.p.A.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2022 il dott. Fabio Di Lorenzo e uditi per le parti i difensori avv. Ci. Do. (in dichiarata sostituzione dell'avv. Fi. Ma.) per parte ricorrente e avv. Ci. Gl. (su delega di Co. Ca. e Co. Ba.) per parte resistente; 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, parte ricorrente ha chiesto la condanna di parte resistente al pagamento di € (...) oltre interessi come richiesti. Il ricorrente Comune di (OMISSIS) ha affermato di avere sottoscritto in data (...) con la società IC. HO. spa - alla quale è subentrata la società Eo. Sa. srl -, specifica convenzione REP n. (...) del (...), con la quale è stata rilasciata alla società la concessione esclusiva alla realizzazione, esercizio, gestione e manutenzione di un impianto eolico e delle relative opere accessorie e di collegamento, installati su terreni di proprietà del Comune di (OMISSIS). L'art. 8 della convenzione n. (...) del (...), in particolare, ha stabilito che, a cadenza semestrale entro il 30.6 ed il 31.12 di ogni anno il Comune di (OMISSIS) ha diritto a ricevere, quale corrispettivo da parte della Eo. Sa. SRL, un importo in danaro a titolo di canone di concessione annuo, consensualmente fissato nella percentuale del 3,00% dell'importo totale ricavato dalla vendita dell'energia elettrica e del 3,00% del ricavato dalla vendita dei certificati verdi connessi ad ogni KW/h prodotti dagli aerogeneratori installati nonché un ulteriore e distinto importo in danaro a titolo di canone di locazione pari ad € 2.500,00 per anno per MW prodotto da ciascun aerogeneratore installato su aree di proprietà comunale. Il Comune ricorrente ha dedotto che la società resistente ha provveduto nei primi anni al pagamento di quanto richiesto dalla Convenzione, ma poi ha interrotto i pagamenti, per cui il Comune, acquisita la relazione tecnico contabile asseverata dal professionista incaricato e verificato il parziale adempimento da parte della società debitrice, con deliberazione di GC n. (...) del (...), ha adottato la "Variazione di bilancio", previa acquisizione del parere favorevole dell'Organo di Revisione, giusta verbale n. (...) del (...). Si è costituita la società resistente, deducendo la nullità della previsione della convenzione in base a cui parte ricorrente ha chiesto il pagamento, e in subordine ha sostenuto che, pur se tale previsione della convenzione sia ritenuta valida, gli importi per cui è causa non potrebbero essere richiesti, in quanto in base all'art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145 tale tipo di obblighi di pagamento dovrebbe essere oggetto di rinegoziazione alla luce del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010. La resistente, in via riconvenzionale, ha chiesto la condanna del Comune ricorrente alla restituzione delle somme versate all'Ente in base alla descritta previsione della convenzione, nonché la condanna del Comune a rinegoziare gli accordi a far data dal dicembre 2010 alla luce dei criteri fissati dall'allegato 2 del Decreto Ministeriale 10 settembre 2010, nonché la declaratoria di risoluzione della convenzione in mancanza di rinegoziazione nel termine assegnato, nonché l'accertamento sull'impiego effettivo delle somme ricevute dall'Ente nel rispetto dei criteri fissati dall'allegato 2 del Decreto Ministeriale 10 settembre 2010. Dopo lo scambio di memorie la causa, all'esito dell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2022, è stata riservata in decisione. 2. In via preliminare, deve essere affermata la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia de qua. La convenzione per cui è causa, sulla quale si fonda la pretesa di pagamento di parte ricorrente, è inquadrabile nella cornice dell'art. 1, comma 5, della legge n. 239/2004, secondo cui "le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387"; una disposizione che prefigura un accordo sostitutivo di provvedimento ai sensi dell'art. 11 della legge n. 241/1990, le cui controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, del codice del processo amministrativo). 3. Ai fini della valutazione della fondatezza della domanda di pagamento formulata da parte ricorrente, è dirimente l'esame dell'art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145 (disciplina entrata in vigore in data 1.1.2019): «Ferma restando la natura giuridica di libera attività d'impresa dell'attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica, i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali, nel cui territorio insistono impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulla base di accordi bilaterali sottoscritti prima del 3 ottobre 2010, data di entrata in vigore delle linee guida nazionali in materia, restano acquisiti nei bilanci degli enti locali, mantenendo detti accordi piena efficacia. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, fatta salva la libertà negoziale delle parti, gli accordi medesimi sono rivisti alla luce del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010, e segnatamente dei criteri contenuti nell'allegato 2 al medesimo decreto. Gli importi già erogati e da erogare in favore degli enti locali concorrono alla formazione del reddito d'impresa del titolare dell'impianto alimentato da fonti rinnovabili». La Corte costituzionale, con la sentenza n. 46 del 2021, ha deciso le questioni incidentali di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 953, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), in riferimento agli artt. 3, 24, 41, 97, 101, 102, 111, 113 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione ai principi generali della materia della produzione energetica da fonti rinnovabili sanciti dagli artt. 6 della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità e 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), e agli obblighi internazionali sanciti dagli artt. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952, nonché dell'art. 2 del Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997 (Convenzione sui cambiamenti climatici), ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120. La Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 46 del 2021, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza adottata nel presente giudizio, ha fornito precise indicazioni per la soluzione della odierna controversia. La Corte ha precisato: a) che nel quadro normativo vigente alla data di stipulazione della convenzione in esame non era esclusa la possibilità per i Comuni di stipulare convenzioni con gli operatori economici del settore delle fonti energetiche rinnovabili contemplanti misure di compensazione, poiché: a1) l'art. 12, comma 6, d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 riferiva il divieto alle sole Regioni, titolari del potere autorizzatorio e alle Province, in quanto delegate dalle Regioni a provvedere al rilascio dell'autorizzazioni unica: era infatti disposto che l'autorizzazione non potesse essere subordinata a "misure di compensazione" e che la stessa non poteva prevederle a favore dell'ente che rilasciava l'autorizzazione, la Regione o la Provincia, appunto; a2) l'art. 1, comma 5, l. 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia), nella formulazione vigente (poi modificata dal d.l. 12 settembre 2014, n. 133 conv. in l. con mod. 11 novembre 2014, n. 164 che ha esteso il diritto alla stipulazione degli accordi anche agli "enti pubblici territoriali") prevedeva che: "Le regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387"; a3) la sentenza della Corte costituzionale 14 ottobre 2005, n. 383, che, pronunciando sull'art. 1, comma 4, lett. f) l. n. 239 del 2004, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'esclusione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili dalla previsione di misure di compensazione e di riequilibrio ambientale; a4) l'art. 1, comma 5, l. n. 239 del 2004 consentiva allo Stato e alle Regioni prevedere - allo scopo di garantire l'adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole Regioni - eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale; a5) la sentenza della Corte costituzionale 26 marzo 2010, n. 119 (già precedentemente citata) ha espressamente riconosciuto l'ammissibilità di accordi che contemplino misure di compensazione e di riequilibrio ambientale, sul presupposto che il legislatore abbia vietato solamente che il rilascio di titoli abilitativi per l'installazione e l'esercizio di impianti da energie rinnovabili sia condizionato a misure di compensazione patrimoniale (come, peraltro, ribadito dalla sentenza della Corte costituzionale 1°aprile 2010, n. 124); b) che il cambio del quadro regolatorio si è avuto solamente con il d.m. 10 settembre 2010 del Ministero dello sviluppo economico il cui allegato 2 conteneva le "Linee guida per il procedimento di cui all'art. 12 decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di impianti di produzione di elettricità da fonti rinnovabili nonché linee guida tecniche per gli impianti stessi", per aver queste: b1) (sul piano procedurale) stabilito che le eventuali misure di compensazione devono essere definite nell'ambito della conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, cui era precluso, pertanto, concordarle autonomamente con gli operatori economici, essendo tenuti ad accordarsi nel contesto procedimentale finalizzato all'emanazione del provvedimento di autorizzazione unica; b2) (sul piano oggettivo) ridotto notevolmente il novero delle misure compensative ammesse, escludendo espressamente la possibilità di imporre misure compensative di carattere "meramente patrimoniale", essendo, invece, possibile prevedere solo misure compensative "di carattere ambientale e territoriale", le quali, comunque, "non possono...essere superiore al 3 per cento dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti derivanti dalla valorizzazione dell'energia elettrica prodotta annualmente dall'impianto"; b3) (sul piano soggettivo) specificato che è possibile imporre misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale solo in caso di "concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale"; b4) sostanzialmente previsto una disciplina più restrittiva per le autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore (3 ottobre 2010); c) che l'art. 1, comma 953, l. 30 dicembre 2018, n. 145, ha risolto la situazione di squilibrio venutasi a determinare a seguito dell'adozione delle predette Linee guida tale per cui gli stessi operatori economici, nel medesimo settore delle energie rinnovabili, comprensive dell'energia eolica, erano soggetti a regole diverse quanto alle misure compensative e di riequilibrio ambientale in ragione della collocazione temporale (del provvedimento di) rilascio dell'autorizzazione unica, mediante: c1) l'imposizione di un obbligo di revisione degli accordi bilaterali di cui all'art. 1, comma 5, l. n. 239 del 2004 stipulati prima del 3 ottobre 2010 (data di entrata in vigore delle Linee guida) per renderli conformi ai criteri posti con le Linee guida stesse (vero e proprio "obbligo a contrarre" lo definisce la Corte costituzionale e non "mera esortazione"); c2) la previsione della piena validità di detti accordi - pur oggetto dell'obbligo di revisione pro futuro - per i quali è detto che "manten[gono] piena efficacia" con il conseguente effetto per cui "i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali (...) restando acquisiti nei bilanci degli enti locali"; c3) la precisazione che gli importi già erogati e da erogare in favore degli enti locali concorrono alla formazione del reddito d'impresa del titolare dell'impianto alimentato da fonti rinnovabili, con conseguente deducibilità a fini fiscali (anche quando derivanti dall'adempimento di misure di compensazione e riequilibrio ambientale di contenuto meramente patrimoniale). In considerazione dell'ordine logico finora descritto la Corte costituzionale ha concluso nel senso della ragionevolezza complessiva dell'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2018: nel loro insieme le misure previste dal legislatore hanno l'obiettivo "a un tempo di garantire la concorrenza, riallineando le condizioni degli operatori del settore, quanto all'onere delle misure compensative e di riequilibrio ambientale, e altresì di promuovere la tutela dell'ambiente e del paesaggio con misure compensative specifiche e non già (solo) per equivalente" (par. 14 della sentenza n. 46 del 2021). 3.1. Ciò premesso, l'art. 8 della convenzione n. 5/2005 del 11.3.2005 prevede che, a cadenza semestrale entro il 30.6 ed il 31.12 di ogni anno, il Comune di Sa. ha diritto a ricevere, quale corrispettivo da parte della Eo. Sa. SRL, un importo in danaro a titolo di canone di concessione annuo, consensualmente fissato nella percentuale del 3,00% dell'importo totale ricavato dalla vendita dell'energia elettrica e del 3,00% del ricavato dalla vendita dei certificati verdi connessi ad ogni KW/h prodotti dagli aerogeneratori installati nonché un ulteriore e distinto importo in danaro a titolo di canone di locazione pari ad € 2.500,00 per anno per MW prodotto da ciascun aerogeneratore installato su aree di proprietà comunale. Tale pattuizione risponde ad un interesse meritevole di tutela, per cui deve essere disattesa la censura di nullità. Tale previsione della convenzione è finalizzata ad imporre misure di compensazione a carattere meramente patrimoniale in capo all'impresa che avrebbe realizzato l'impianto di energia da fonte rinnovabile, alla luce del quadro normativo vigente al tempo della loro conclusione, per cui la convenzione ha causa proprio nell'assunzione da parte dell'operatore economico dell'impegno a corrispondere somme di denaro a favore del Comune a compensazione dell'impatto procurato dall'impianto da costruire sul territorio in cui sarebbe stato collocato, con una causa quindi lecita e corrispondente al tipo legale (art. 1, comma 5, l. n. 239 del 2004); l'accordo non è quindi finalizzato a condizionare il rilascio del provvedimento favorevole alle misure compensative (art. 12, comma 6, d.lgs. n. 387 del 2003), ma si limita a prevedere misure compensative nell'ambito di un libero accordo tra operatore economico ed ente locale (art. 1, comma 5, l. n. 239 del 2004). 3.2. La validità di tale pattuizione va affermata anche perché le differenti regole poste dalle Linee guida del 2010 - per le quali non sono più possibili accordi bilaterali direttamente tra Comune e operatore economico, né sono ammesse misure compensative esclusivamente monetarie - non trovano applicazione a convenzioni stipulate prima del 2010 (data di entrata in vigore delle stesse) perché non ne è stata prevista l'applicazione retroattiva agli accordi già stipulati ed ogni dubbio sulla loro validità è superato dalla norma confermativa adottata con l'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2018). Quindi in base all'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2018 restano validi ed efficaci gli accordi che stabiliscono proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali, nel cui territorio insistono impianti alimentati da fonti rinnovabili, sulla base di accordi bilaterali sottoscritti prima del 3 ottobre 2010. Nel caso in esame la convenzione è datata 11.3.2005, risultando quindi sottoscritta in data anteriore al 3.10.2010. Sul punto inoltre non è dirimente l'argomento di parte resistente secondo cui, applicandosi l'art. 7 della convenziona in base al quale l'efficacia della Convenzione è "sospensivamente condizionata all'ottenimento di parte di IC. HO. S.p.A. di tutte le necessarie autorizzazioni" ed essendosi tale condizione avverata solo nel dicembre 2010, ne conseguirebbe che la convenzione abbia acquisito efficacia dopo il 3.10.2010. Il Collegio infatti evidenzia che il citato art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145 richiede che prima del 3.10.2010 tali convenzioni siano sottoscritte, mentre non richiede che prima di tale data abbiano acquisito anche efficacia. Insomma, la previsione del citato carico economico a carico dell'impresa e a favore del Comune rientra pienamente nella portata del citato art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145, conservando piena validità ed efficacia, in quanto la convenzione in cui tale pattuizione è inserita è stata sottoscritta anteriormente al 3.10.2010. 3.3. Non è fondato neppure l'ulteriore rilievo di parte resistente secondo cui l'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2018 non sarebbe applicabile al presente giudizio, mancando la prova che le somme pattuite nella convenzione siano state effettivamente e ritualmente già rendicontate nel bilancio consuntivo comunale, condizione indispensabile affinché i Comuni possano richiedere il pagamento di somme dovute in forza di convenzioni stipulate prima dell'entrata in vigore delle Linee guida. Questa obiezione non convince. La Corte costituzionale ha definito la norma posta dall'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2018 "sostanzialmente confermativa" del fatto che le Linee guida del 2010 non incidono sugli accordi stipulati prima della loro entrata in vigore, ovvero alla stregua di un "chiarimento interpretativo", aggiungendo poi che se anche ne segua una ricaduta sui processi in corso - nei quali, evidentemente, sia dibattuta la questione dell'efficacia retroattiva delle Linee guida del 2010 sulle convenzioni stipulate in tempi precedenti l'entrata in vigore - ciò è giustificato da "motivi imperativi di interesse generali", quali, in particolare, la finalità di tutelare il mercato e l'ambiente mediante un "intervento bilanciato di razionalizzazione nel cui contesto è inserita anche la conferma del carattere diacronicamente differenziato della più restrittiva disciplina delle misure compensative e di riequilibrio ambientale dettata dalle Linee guida del 2010" (con conseguente esclusione di ogni possibile contrasto con i principi della separazione dei poteri e del giusto processo sancito dagli artt. 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU). L'art. 1, comma 953, l. n. 145 del 2008, pertanto, non innova all'ordinamento giuridico - ponendo una nuova regola per una fattispecie astratta in precedenza non prevista con le medesime caratteristiche - ma conferma, ove se ne dubitasse, l'efficacia degli accordi aventi ad oggetto misure di compensazione meramente patrimoniali se stipulati prima dell'entrata in vigore delle Linee guida del 2010. La specificazione secondo cui "i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali [sulla base dei predetti accordi]..., restano acquisiti nei bilanci degli enti locali" non costituisce il presupposto di operatività della disposizione, come preteso dalla parte resistente, secondo cui gli accordi sono efficaci a condizione che le amministrazioni abbiano inserito in bilancio le poste patrimoniale dagli stessi derivanti, ma è un effetto della conferma della validità degli accordi che il legislatore ha ritenuto opportuno specificare. D'altra parte, la diversa interpretazione, oltre a porsi in contrasto con la natura non innovativa della disposizione espressamente sancita dalla Corte costituzionale, renderebbe la disposizione gravemente illogica, non riuscendosi a rintracciare una ragione valida a dire gli accordi efficaci alla sola condizione che le somme siano state iscritte in bilancio e, diversamente, se tale iscrizione non sia avvenuta, privi di efficacia. Senza considerare che l'efficacia/inefficacia degli accordi, ossia la regola di validità dell'atto, sarebbe subordinata a un dato completamente estraneo all'atto, del tutto indipendente da esso, e in alcun modo collegato ed anzi, se si vuole, del tutto casuale (potendo alcuni Comuni aver iscritto le poste in bilancio all'entrata in vigore della l. n. 145 del 2018 ed altri non avere ancora provveduto). Insomma, «La lettera della norma prevede chiaramente che i proventi economici liberamente pattuiti sulla base di accordi bilaterali sottoscritti prima del 3 ottobre 2010 restano acquisiti nei bilanci degli enti locali. La norma non distingue tra bilancio preventivo e bilancio consuntivo, tra somme già incassate e somme ancora da incassare. Nemmeno fa accenno alla proposizione di azioni giurisdizionali, di accertamento, condanna o esecutive. La norma introduce la distinzione tra gli importi già erogati e quelli da erogare soltanto ai fini della formazione del reddito d'impresa del titolare dell'impianto» (Cons. Stato, sez. IV, 24/1/2022, n. 460). In definitiva, allora, l'indagine sull'avvenuta o meno iscrizione in bilancio delle somme richieste dal Comune è del tutto superflua (Cons. Stato, sez. V, 1/2/2022, n. 692). 3.4. Dunque è pienamente valida la descritta previsione della Convenzione su cui è fondata la pretesa di pagamento formulata dalla parte ricorrente. 4. Parte resistente ha inoltre sostenuto che, pur se la descritta clausola venga ritenuta valida, ugualmente la domanda di parte ricorrente andrebbe rigettata, in quanto, in base all'art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145 (disciplina entrata in vigore in data 1.1.2019) «(...) Dalla data di entrata in vigore della presente legge, fatta salva la libertà negoziale delle parti, gli accordi medesimi sono rivisti alla luce del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010, e segnatamente dei criteri contenuti nell'allegato 2 al medesimo decreto. Gli importi già erogati e da erogare in favore degli enti locali concorrono alla formazione del reddito d'impresa del titolare dell'impianto alimentato da fonti rinnovabili»; ne conseguirebbe che gli importi richiesti dal Comune andrebbero rinegoziati alla luce del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010. Il rilievo della parte resistente è tuttavia infondato. La Corte Costituzionale con la citata pronuncia n. 46 del 2021 ha affermato che «gli accordi, oggetto dell'obbligo di revisione pro futuro sulla base delle Linee guida del 2010, rimangono inalterati per il periodo precedente «mantenendo piena efficacia» e, per l'effetto, «i proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore con gli enti locali [...] restano acquisiti nei bilanci degli enti locali». Si tratta di una norma sostanzialmente confermativa del fatto che le prescrizioni delle Linee guida del 2010, che orientano la revisione degli accordi per il futuro, mentre per il passato non condizionano e non pregiudicano l'efficacia degli stessi, atteso che il citato decreto ministeriale non prevedeva la sua applicazione retroattiva agli accordi già stipulati». Peraltro il citato art. 1 c. 953 della l. 30/12/2018 n. 145 chiaramente prevede che gli accordi sono rivisti «(...) Dalla data di entrata in vigore della presente legge (...)» e quindi pro futuro per il periodo successivo al 1.1.2019, data di entrata in vigore della norma. Ne consegue che nessuna incidenza ha tale previsione sul credito azionato da parte ricorrente nel presente giudizio, riguardante somme dovute fino al 31.12.2018. Peraltro, la pretesa di parte ricorrente è provata nel quantum. Da un lato parte resistente non ha contestato il conteggio e non ha proposto propri conteggi alternativi. Dall'altro lato, l'indicata somma di (...), regolarmente accertata negli atti contabili del Comune di Sa., è stata determinata e ricavata dalle tabelle ufficiali fornite e pubblicate dal Gestore Servizi Energetici - GSE -, così come esposto nella asseverata perizia tecnico - contabile versata agli atti da parte ricorrente. Sono dovuti anche gli interessi ex D.lgs. n. 231/2002 maturati e maturandi, da computarsi a far data dalla maturazione del credito e fino alla data dell'effettivo soddisfo, vertendosi in tema di transazioni commerciali. Peraltro parte resistente non ha fornito la prova di fatti estintivi, modificativi o impeditivi della pretesa di controparte, e dei pagamenti allegati non è provata l'imputabilità al credito per cui è causa. In particolare, è convincente la ricostruzione di parte ricorrente sul punto, che ha evidenziato che non è imputabile al credito per cui è causa il pagamento delle royalties a favore del Comune ricorrente per un importo di (...), in quanto il prospetto dei pagamenti effettuati presso la Unicredit spa dimostra piuttosto l'esistenza di tre distinti bonifici, non imputabili al credito di cui al presente giudizio, in quanto il primo versamento è relativo a royalties di settembre - dicembre 2014 per un importo di (...), mentre il secondo ed il terzo bonifico riguardano l'uno il pagamento del canone di locazione anno 2015 e l'altro effettuato a favore del Comune di (OMISSIS) - estraneo al giudizio - del canone oggetto di una diversa convenzione. 5. Dalla piena validità della descritta previsione della convenzione per cui è causa, e dalla circostanza che il dovere di rivedere tali accordi di pagamento operi solo pro futuro a far data dal 01.01.2019, discende che devono essere rigettate tutte le domande riconvenzionali di parte resistente, inclusa la domanda riconvenzionale con cui parte resistente ha chiesto la ripetizione di quanto versato per le annualità 2011- 2014 per l'importo di (...) ed asseritamente non dovuto per la prospettata nullità della previsione di pagamento contenuta nella convenzione e per la lamentata mancata revisione di tale accordo. 6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone: 1) Accoglie il ricorso, e per l'effetto condanna parte resistente a pagare in favore di parte ricorrente la somma di (...), oltre interessi ex D.lgs. n. 231/2002 da computarsi a far data dalla maturazione del credito e fino alla data dell'effettivo soddisfo; 2) Respinge le domande riconvenzionali di parte resistente; 3) Condanna parte resistente al pagamento delle spese di lite in favore di parte ricorrente, liquidate in euro (...) (...), oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge, oltre rimborso del contributo unificato, con distrazione in favore dell'avv. Ma. Fi.. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Leonardo Pasanisi - Presidente Pierangelo Sorrentino, Referendario Fabio Di Lorenzo, Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1351 del 2019, proposto da: Ni. Ve., Fr. Ve., rappresentati e difesi dagli avvocati Ra. Fa., Si. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Fa. Mu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'accertamento e la declaratoria della prescrizione del diritto del Comune ad acquisire al proprio patrimonio l'immobile (asilo) realizzato in ossequio alla Convenzione di lottizzazione (rectius: atto di impegno) in data (...) a rogito del notaio Pa. Co. (rep. n. (...)), con conseguente condanna alla retrocessione del bene in favore dei ricorrenti; - ovvero, in via gradata, per l'accertamento e la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione comunale sull'atto di diffida e costituzione in mora notificato in data (...) e dell'obbligo della stessa di provvedere all'acquisizione al patrimonio comunale, - nonché per la condanna del comune resistente al risarcimento dei danni, anche a mente degli artt. 2 bis della L. n. 241/1990 nonché degli artt. 1223 e ss. e 2043 cc, subiti e subendi dai ricorrenti a causa del ritardo nell'adozione dell'attività amministrativa necessaria alla conclusione del procedimento lottizzatorio e nel trasferimento della proprietà dell'opera di urbanizzazione convenzionalmente stabilito. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (OMISSIS); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 18 novembre 2022, in videoconferenza sulla piattaforma Team, il dott. Igor Nobile e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale in data 31.7.2019 al Comune di (OMISSIS) (Sa) e ritualmente depositato il giorno (...), i ricorrenti in epigrafe hanno adito questo Tribunale per l'accertamento e la declaratoria della prescrizione del diritto del Comune ad acquisire al proprio patrimonio l'immobile (asilo) realizzato in ossequio alla Convenzione di lottizzazione (rectius: atto di impegno) in data (...) a rogito del notaio Pa. Co. (rep. n. (...)), con conseguente condanna alla retrocessione del bene in favore dei ricorrenti; - ovvero, in via gradata, per l'accertamento e la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione comunale sull'atto di diffida e costituzione in mora notificato in data (...) e dell'obbligo della stessa di provvedere all'acquisizione al patrimonio comunale, - nonché per la condanna del comune resistente al risarcimento dei danni, anche a mente degli artt. 2 bis della L. n. 241/1990 nonché degli artt. 1223 e ss. e 2043 cc, subiti e subendi dai ricorrenti a causa del ritardo nell'adozione dell'attività amministrativa necessaria alla conclusione del procedimento lottizzatorio e nel trasferimento della proprietà dell'opera di urbanizzazione convenzionalmente stabilito. 2. In particolare, i ricorrenti hanno rappresentato: - in data (...) la dante causa (madre defunta degli odierni ricorrenti), unitamente ad altri proprietari terrieri, stipulava con il Comune di (OMISSIS) una Convenzione di lottizzazione (rectius: atto di impegno) con rogito notarile; - tale atto prevedeva il rilascio di titoli edilizi per la costruzione di fabbricati per civili abitazioni sui fondi di proprietà dei contraenti, in cambio della realizzazione, da parte degli stessi, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria (strade, marciapiedi, illuminazioni, impianto idrico e fognario, asilo pubblico); - in particolare, l'asilo veniva effettivamente realizzato agli inizi degli anni '80, utilizzando una porzione del lotto di proprietà (censito in C.T. al fg. (...), p.lla (...)); - completata la struttura, il Comune ne acquisiva la disponibilità, adibendola ad asilo pubblico, destinazione perdurante a tutt'oggi, senza tuttavia un formale atto di acquisizione dell'immobile e di passaggio di proprietà dello stesso; - tale inerzia permane all'attualità, nonostante reiterate diffide, culminate con l'atto stragiudiziale notificato il (...). 3. A fronte della mancata acquisizione del bene a cura del Comune resistente, gli odierni ricorrenti chiedono accertarsi la maturata prescrizione del diritto all'acquisizione, e in via subordinata, di acclarare l'illegittimità del silenzio serbato dall'Amministrazione in esito alla ricezione di apposita diffida, notificata il (...) (in atti). 4. In data 10.10.2019 si costituiva in giudizio il Comune di (OMISSIS), per resistere al ricorso, sulla base delle argomentazioni esposte negli scritti difensivi successivamente versati in atti. Il Comune si difende rilevando l'imprescrittibilità dei diritti nascenti dalla convenzione urbanistica e il comportamento negligente tenuto dai ricorrenti, i quali hanno omesso di riscontrare le note, inviate dal competente ufficio, di richiesta della documentazione propedeutica alla formalizzazione dell'acquisizione. 5. Alla camera di consiglio del 18 novembre 2022, svolta da remoto in videoconferenza su piattaforma Team ai sensi dell'art. 17, co.5, d.l. n. 80/2021 e s.m.i., la causa è stata quindi trattenuta in decisione. 6. Il ricorso è infondato, per quanto di seguito esplicato. La tematica evocata nel presente giudizio afferisce alla possibilità o meno di applicare l'istituto della prescrizione agli obblighi che originano dalla stipula di convenzioni di lottizzazione (ed ai relativi atti d'obbligo) e, in particolare, a quelli di cessione delle aree che il titolare della concessione ha realizzato quale onere di urbanizzazione convenzionalmente previsto. Nello specifico, la dante causa dei ricorrenti (madre degli stessi) sottoscriveva una Convenzione di lottizzazione che prevedeva, quale onere di urbanizzazione, la realizzazione di un asilo, da trasferire in proprietà al Comune. L'asilo è stato effettivamente realizzato, e allo stato tuttora utilizzato dal Comune, senza tuttavia che questo abbia proceduto alla formale acquisizione dell'immobile. Anzi, a fronte dello stallo nel processo di acquisizione, i ricorrenti hanno presentato al Comune atto di diffida stragiudiziale notificato il (...), rimasta inevasa. Questo Tribunale non ignora che, sul tema in questione, sono stati affermati dalla giurisprudenza, anche recentemente, orientamenti contrapposti. L'orientamento favorevole all'applicabilità del termine prescrizionale fa leva sul generale principio, affermato dal codice civile all'art. 2934 c.c., secondo cui i diritti, salvo diversa previsione, si prescrivono con il decorso di dieci anni a partire da quando il diritto può essere fatto valere, posto che il diritto trae fondamento in un atto di natura negoziale quale la convenzione urbanistica. Assumendo una siffatta ottica, i diritti di cessione si prescriverebbero in dieci anni, decorrenti dalla scadenza, normalmente decennale, del termine di validità della convenzione di lottizzazione (in tal senso, v., quam multis, Consiglio di Stato, 1.12.2021, n. 8006; Tar Milano, 20.12.2019, n. 2710). Il contrapposto orientamento, sostenuto anch'esso da talune pronunce (cfr., Consiglio di Stato, 6717/2021; Consiglio di Stato, 1341/2019), anche di questa Sezione (v., Tar Salerno, 31.12.2021, n. 2947), si fonda sulla concezione per cui le convenzioni urbanistiche sarebbero accordi ad oggetto pubblico con i quali l'Amministrazione realizza esclusivamente finalità istituzionali, privi di "specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento di contrapposti interessi delle parti stipulanti", configurandosi piuttosto come "accordo endoprocedimentale dal contenuto vincolante quale mezzo rivolto al fine di conseguire l'autorizzazione edilizia" e, per l'effetto, una condizione strutturale immanente della assentita lottizzazione. Il secondo degli orientamenti sopra cennati appare preferibile, come ritenuto dal precedente sopra richiamato di questa Sezione, giacchè, opinando nel senso della piena applicabilità del termine prescrizionale, si determinerebbe, a danno dell'intera collettività, la polverizzazione degli oneri cui l'Amministrazione, con il conforto della legge e dello strumento urbanistico, ha subordinato la realizzazione del progetto edificatorio. Dall'assunto che precede discende l'infondatezza della pretesa (avanzata in via principale) di parte ricorrente, tesa ad accertare l'avvenuta prescrizione del diritto del Comune all'acquisizione del bene, realizzato e destinato ad un pubblico servizio. Va respinta anche la domanda prospettata in via gradata, di stigmatizzazione del silenzio rifiuto rispetto alla diffida notificata il (...), atteso che parte ricorrente non ha replicato al rilievo, formulato dalla difesa del Comune, secondo cui, al ritardo accumulato, hanno concorso i ricorrenti, i quali non hanno riscontrato l'invito avanzato dagli uffici di consegnare la documentazione necessaria alla formalizzazione dell'atto di acquisizione (cfr. nota prot.n. (...) del (...)). Analoga reiezione merita la domanda risarcitoria, atteso che il diritto all'acquisizione non può definirsi prescritto e il mancato esercizio di tale diritto, non soggetto a prescrizione, non può costituire fatto illecito passibile di condurre al risarcimento ai sensi dell'art. 2043 c.c. Nondimeno, va rilevata l'opportunità che, in tempi auspicabilmente brevi, le parti, previa trasmissione dei documenti necessari e relativa verifica, procedano al perfezionamento dell'atto, allo scopo di concludere l'iter individuato nella convenzione di lottizzazione. 7. Per quanto precede, il ricorso va respinto, in quanto infondato. Sussistono valide ed eccezionali ragioni per compensare le spese di giudizio, tenuto conto dell'esistenza di posizioni contrastanti, in giurisprudenza, in merito all'applicabilità della prescrizione rispetto agli obblighi convenzionali di cessione di aree. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 18 novembre 2022, in videoconferenza su piattaforma Team, con l'intervento dei magistrati: Benedetto Nappi - Presidente Igor Nobile, Referendario, Estensore Michele Tecchia, Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1908 del 2019, proposto dal sig. Vi. Mo. in qualità di Amministratore di To. Fi. - Stazione di servizio Mo. Vi. SNC, rappresentato e difeso dall'Avvocato Gi. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Regione Campania, in persona del suo Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocato Ma. Im., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento a - del decreto n. 371 del 25 ottobre 2019 con comunicazione prot. 2019.0652359 del 25 ottobre 2019 di revoca del Decreto Dirigenziale n. 32 del 21.01.2014 di concessione per lo scarico nel fiume Tu. delle acque della stazione di servizio di Via (...) in Ol. S. Tu.; b - di ogni altro atto o provvedimento preordinato, collegato, connesso e/o consequenziale, comunque lesivo dell'interesse del ricorrente; c - per la condanna dell'Amministrazione intimata al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente e derivanti dall'esecuzione del provvedimento impugnato. Visti il ricorso introduttivo e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza di smaltimento del giorno 18 novembre 2022, in videoconferenza sulla piattaforma Teams, il dott. Michele Tecchia, e trattenuta la causa in decisione; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Con ricorso tempestivamente notificato in data 25 novembre 2019 e depositato in data 13 dicembre 2019, il ricorrente, nella sua qualità di amministratore unico della società To. Fi. - Stazione di servizio Mo. Vi. SNC, è insorto avverso il decreto n. 371 del 25.10.2019, con cui la Regione Campania ha disposto la revoca del Decreto Dirigenziale n. 32 del 21.01.2014 di concessione per lo scarico nel fiume Tusciano delle acque meteoriche della stazione di servizio sita nel Comune di (OMISSIS), chiedendone l'annullamento per plurime violazioni di legge. La Regione Campania si è ritualmente costituita in giudizio, instando per la reiezione del ricorso. All'udienza straordinaria del 18 novembre 2022, il Collegio - dato avviso alle parti ex art. 73 comma 3 c.p.a. della possibile inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, stante la riconducibilità di quest'ultima alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche - ha introitato la causa in decisione. Successivamente, al fine di consentire alle parti di dedurre più diffusamente sul profilo della giurisdizione, con ordinanza ex art. 73 comma 3 c.p.a. il Collegio - riservando la decisione - ha assegnato alle parti un termine di dieci giorni per la presentazione di memorie vertenti su detto profilo. Parte ricorrente ha provveduto al tempestivo deposito della propria memoria, insistendo per l'affermazione della giurisdizione dell'adìto Giudice Amministrativo ed instando nuovamente per l'accoglimento del ricorso. DIRITTO In via preliminare, va scrutinata l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata d'ufficio dal Collegio ex art. 73 comma 3 c.p.a. In proposito, corre l'obbligo di rilevare che, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, la giurisdizione deve essere determinata sulla base della domanda, dovendosi guardare, ai fini del riparto della giurisdizione, al petitum sostanziale, da identificare, non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, quanto, soprattutto, in funzione della causa petendi, ossia dell'intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuare con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico di cui essi sono espressione. Pertanto, ai fini della soluzione della questione di giurisdizione, devono prendersi in esame i fatti allegati dalle parti, al fine di verificare la natura giuridica della situazione giuridica azionata, prescindendo dall'effettiva sussistenza dei fatti dedotti, trattandosi di un profilo afferente al merito della controversia, da scrutinare a cura del giudice effettivamente munito di giurisdizione (cfr. Cassazione, Sezioni Unite, 18.5.2021, n. 13492). Nel caso di specie, la disposizione di riferimento sul riparto di giurisdizione è rappresentata dall'art. 143 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, nel testo modificato a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 42 del 1991, ai sensi del quale "appartengono alla cognizione diretta del Tribunale superiore delle acque pubbliche: a) i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche; b) i ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti dell'autorità amministrativa adottata ai sensi degli artt. 217 e 221 della presente legge; nonché contro i provvedimenti adottati dall'autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell'art. 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con R.D. 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l'art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774, del R.D. 19 novembre 1921, n. 1688, e degli artt. 378 e 379 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, alleg. F; c) i ricorsi la cui cognizione è attribuita al Tribunale superiore delle acque dalla presente legge e dagli artt. 23, 24, 26 e 28 del testo unico delle leggi sulla pesca, approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1604". La Cassazione ha da tempo delineato i criteri di demarcazione tra la giurisdizione specializzata (Tribunale superiore delle acque pubbliche quale giudice in unico grado di legittimità e Tribunale regionale delle acque quale giudice in primo grado della giurisdizione ordinaria) e quella generale devoluta al plesso della giustizia amministrativa (articolato fra Tribunali amministrativi regionali e Consiglio di Stato). Si è affermato, in particolare, come "la giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, come delimitata dall'art. 143 del r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, si contrappone, da un lato, a quella del Tribunale regionale delle acque, che è organo (in primo grado) specializzato della giurisdizione ordinaria, cui l'art. 140 del medesimo r.d. attribuisce, tra l'altro, le controversie in cui si discuta, in via diretta, di diritti correlati alle derivazioni e utilizzazioni di acque pubbliche; dall'altro, alla giurisdizione del complesso TAR-Consiglio di Stato, comprensiva di tutte le controversie, concernenti atti solo strumentalmente inseriti in procedimenti finalizzati ad incidere sul regime delle acque pubbliche, in cui rileva esclusivamente l'interesse al rispetto delle norme di legge nelle procedure amministrative volte all'affidamento di concessioni o di appalti di opere relative a tali acque" (Sezioni Unite 19.4.2013, n. 9534). Si è poi precisato che "È quindi da riconoscersi la giurisdizione del Tribunale superiore non solo quando l'atto impugnato promani da organi amministrativi istituzionalmente preposti alla cura del settore delle acque pubbliche, ma anche quando l'atto, ancorché proveniente da organi diversi, finisca tuttavia con l'incidere immediatamente - e non soltanto in via occasionale - sull'uso delle medesime acque pubbliche, se ed in quanto interferisca con i provvedimenti relativi a tale uso (ad esempio, autorizzando, impedendo o modificando i lavori relativi o determinando i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio ed alla realizzazione delle opere stesse: Cass. Sez. U. 25/10/2013, n. 24154) o sulla stessa struttura o consistenza dei beni demaniali" (cfr. Sezioni Unite 5.2.2020, n. 2710). Orbene, nel caso di specie il provvedimento di cui si discorre consiste in un atto con cui la Regione Campania ha revocato il decreto dirigenziale n. 32 del 21.01.2014 mediante il quale l'odierno ricorrente era stato autorizzato a scaricare nel fiume Tusciano le acque meteoriche provenienti dalla propria stazione di servizio (c.d. nulla-osta idraulico). Si è in presenza, pertanto, del contrarius actus del nulla-osta idraulico, ossia di un provvedimento adottato in precipua e diretta funzione di tutela del regime delle acque pubbliche, come tale devoluto alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, a cui è assegnata proprio la cognizione della legittimità degli atti inerenti alla regimazione delle acque pubbliche (cfr. in proposito - in senso confermativo della giurisdizione del TSAP rispetto al gravame del diniego di nulla-osta idraulico - i seguenti precedenti: TAR Salerno, Sezione Prima, n. 2836 del 21 dicembre 2021; TAR Catania, Sezione Terza, n. 1899 del 10 giugno 2021; TAR Piemonte, Sezione Seconda, n. 876 del 2016; Tar Piemonte, Sezione Seconda, n. 459 del 2016). Le considerazioni che precedono risultano vieppiù confermate ove si tenga conto che nel caso di specie: - la revoca del nulla-osta idraulico impugnata nel presente giudizio è motivata da un'asserita falsa rappresentazione dell'area catastale di proprietà del ricorrente, falsa rappresentazione che avrebbe in tesi indebitamente conglobato una parte dell'alveo del fiume Tusciano, con conseguente necessità di accertare, in sede di merito, proprio l'effettiva consistenza dell'alveo rivierasco, e cioè un aspetto direttamente inerente la regimazione delle acque pubbliche; - il provvedimento impugnato è stato esplicitamente adottato ai sensi dell'art. 93, comma 1, del R.D. n. 523 del 1904 (a rigore del quale "nessuno può fare opere nell'alveo dei fiumi, torrenti, rivi, scolatoi pubblici e canali di proprietà demaniale, cioè nello spazio compreso fra le sponde fisse dei medesimi, senza il permesso dell'autorità amministrativa. Formano parte degli alvei i rami o canali, o diversivi dei fiumi, torrenti, rivi e scolatoi pubblici, ancorché in alcuni tempi dell'anno rimangono asciutti") rientrando dunque pacificamente nella categoria "nomenclata" degli atti ex R.D. n. 523 del 1904 che - giusta espressa previsione del summenzionato art. 143, lettera b), del R.D. n. 1775 del 1933 - sono incontestabilmente devoluti alla cognizione diretta del Tribunale superiore delle acque pubbliche. Né può soccorrere, in senso contrario, il precedente giurisprudenziale - evocato da parte ricorrente con l'ultima memoria - delle Sezioni Unite di Cassazione n. 18976 del 31 luglio 2017, con cui le Sezioni Unite hanno affermato la giurisdizione del Giudice Amministrativo. Tale precedente è inconferente rispetto al caso di specie, atteso che esso afferisce al giudizio di impugnazione di un provvedimento di autorizzazione allo scarico di acque reflue, in cui si faceva questione degli stringenti limiti imposti al contenuto di sostanze inquinanti presenti negli scarichi industriali, con la conseguenza che l'atto amministrativo involgeva plurimi interessi, soltanto alcuni dei quali riguardavano la regimazione delle acque pubbliche. Non altrettanto può dirsi, invece, nel caso di specie, in cui non si controverte affatto dei valori-limite di sostanze inquinanti presenti nelle acque meteoriche provenienti dalla stazione di servizio di parte ricorrente. Quanto finora esposto porta a confermare, in conclusione, che la giurisdizione sulla controversia spetti al Tribunale Superiore della Acque Pubbliche, a cui è assegnata la cognizione della legittimità degli atti inerenti alla regimazione delle acque pubbliche. La giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sussiste ogniqualvolta l'atto impugnato, ancorché proveniente da organi dell'Amministrazione non preposti agli interessi del settore delle acque pubbliche, abbia tuttavia una immediata incidenza sull'uso di queste ultime, interferendo così con le funzioni amministrative relative a tale uso (cfr. T.A.R. Perugia 9 marzo 2020, n. 148; Cass. SS.UU. 5 febbraio 2020, n. 2710). Come visto, nel caso di specie, il provvedimento impugnato interviene a rimuovere un atto (il c.d. nulla osta idraulico) con cui veniva rilasciata apposita concessione a scaricare nel fiume Tusciano le acque meteoriche della stazione di servizio, sicchè l'oggetto esclusivo dell'agere amministrativo è dato proprio da interventi ricadenti sul corso d'acqua in questione. Deve, pertanto, essere dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, con conseguente affermazione della giurisdizione del Tribunale Superiore delle acque pubbliche, innanzi al quale il processo potrà essere riassunto ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11 c.p.a. Tenuto conto della pronuncia in rito, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile, indicando quale giudice munito di giurisdizione il Tribunale superiore per le acque pubbliche, dinanzi al quale il processo può essere riproposto ai sensi dell'art. 11 c.p.a. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nelle camere di consiglio del 18 novembre 2022 e 6 dicembre 2022, in videoconferenza sulla piattaforma Teams, con l'intervento dei magistrati: Benedetto Nappi - Presidente Igor Nobile, Referendario Michele Tecchia, Referendario, Estensore

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 625 del 2020, proposto da S.I.O.S. - So. In. Ol. Sa. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Vi. Ca., con domicilio eletto presso il suo studio, in Sa., via (...); contro Comune di (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Sa. Cr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Provincia di Salerno, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ma. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania - ARPAC, non costituita in giudizio; per l'annullamento del provvedimento del Dirigente del Settore Tecnico ed Urbanistica e del Dirigente del Settore Tributi ed Attività Produttive - SUAP del Comune di (OMISSIS) prot. (...) del (...), del provvedimento del Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Salerno prot. (...) del (...) e dell'ordinanza del Sindaco del Comune di (OMISSIS) n. (...) del (...), recanti la diffida al ripristino della conformità dell'impianto di raccolta e smaltimento delle acque reflue ed alla rimozione dei cumuli di sansa nell'ambito dell'opificio produttivo adibito all'estrazione dell'olio di sansa ed ubicato in (OMISSIS), località Ba., SS (...), nonché per la condanna del Comune di (OMISSIS) al risarcimento dei danni derivanti dal suo illegittimo operato. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (OMISSIS) e della Provincia di Salerno; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2022 il dott. Olindo Di Popolo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Col ricorso in epigrafe, la S.I.O.S. - So. In. Ol. Sa. s.r.l. (in appresso, S.) agiva per: - l'annullamento: -- del provvedimento del Dirigente del Settore Tecnico ed Urbanistica e del Dirigente del Settore Tributi ed Attività Produttive - SUAP del Comune di (OMISSIS) prot. (...) del (...) e del consequenziale provvedimento del Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Salerno prot. (...) del (...), con i quali era stato diffidato il ripristino della conformità dell'impianto di raccolta e smaltimento delle acque reflue a servizio dell'opificio produttivo adibito all'estrazione dell'olio di sansa e ubicato in (OMISSIS), località Ba., (...) e, nel contempo, sospesa l'efficacia dell'autorizzazione unica ambientale (AUA) n. 145 del 31 ottobre 2019, rilasciata in relazione a quest'ultimo; -- dell'ordinanza del Sindaco del Comune di (OMISSIS) n. 11 del 17 gennaio 2020 (prot. n. 4308), col quale era stata ingiunta la rimozione dei cumuli di sansa depositati all'interno dell'area perimetrale dell'opificio produttivo anzidetto, nonché la caratterizzazione, la rimozione e l'avvio a recupero o smaltimento dei rifiuti rinvenuti all'esterno dell'area perimetrale dell'opificio produttivo medesimo; - la condanna del Comune di (OMISSIS) al risarcimento per equivalente monetario derivante dal suo operato asseritamente illegittimo. 2. Alla luce delle allegazioni delle parti la vicenda dedotta nel presente giudizio è, in sintesi, la seguente. 2.1. In esito al sopralluogo dell'8 gennaio 2020, effettuato congiuntamente dai tecnici del Comune di (OMISSIS) e dell'Agenzia Regionale Protezione Ambientale Campania - ARPAC presso l'opificio produttivo in titolarità della S., era emerso che: «... dietro un muro in c.a. posto al confine con l'azienda P. F. un cumulo di sansa vergine dalla quale fuoriusciva dell'acqua di vegetazione che risultava appantanata su di una superficie in c.a. Si rinvenivano delle lesioni che presumibilmente provocavano la fuoriuscita di detta acqua di vegetazione infiltrandosi nella tubatura posta alle spalle del muro perimetrale sopra citato. La sansa risultava stoccata sotto una tettoia coperta con onduline in ferro» (verbale (...)). Più in dettaglio, a tenore della susseguente relazione del (...), prot. (...): «- Lungo la parte ovest dei sansificio per un centinaio di metri verso sud, la striscia di terreno... presenta numerose pozze di liquido oleoso e il terreno appare impregnato della medesima sostanza. Le macchie scure presenti sulla parte bassa del muro dell'impianto lasciano pensare che il liquido raggiunga il terreno per infiltrazione. Anche il fosso di scolo che lambisce il muro di cinta dell'opificio sul lato nord e che corre in direzione est-ovest, appare ricoperto da liquido scuro ed oleoso. - A circa ottanta metri dal sansificio, in prossimità del tubo in cemento che scarica le acque meteoriche degli impianti serricoli, è stata individuata l'estremità di un secondo tubo in cemento, di diametro di circa 50 cm, che si presume raccolga le acque pluviali dell'opificio, dalla quale fuoriusciva il liquido sopra descritto, che proprio in corrispondenza dello scarico si appantanava in una grossa pozza; - L'ampia tettoia posta sul lato ovest del piazzale, in corrispondenza dello sversamento di cui sopra, destinata allo stoccaggio della sansa esausta... si presentava occupata da grossi cumuli di sansa vergine, il cui deposito aveva determinato il formarsi di ampie pozzanghere di acqua di vegetazione; - Accanto ai cumuli di sansa vergine... una vasca parzialmente interrata, di m 8,00 x 2,00 circa, una profondità di m 1,70 e una spalletta in cemento armato che sporge dal piano del pavimento per circa 50 cm. La vasca era... colma di una fanghiglia scura ed oleosa ascrivibile alle medesime acque di vegetazione che ricoprivano parte della pavimentazione in prossimità del muro esterno. In merito alla funzione della vasca (non riportata né menzionata nella documentazione tecnica presentata a corredo dell'istanza di AUA), il sig. M. [legale rappresentante della S.] dichiarava che non fosse in uso da tempo immemore, tant'è che non aveva mai proceduto a farla svuotare; -... si procedeva all'apertura del tombino individuato sotto la coltre di sansa che ricopriva l'intera superficie del deposito e si accertava che il sottostante pozzetto era completamente saturo di acque di vegetazione. È lecito ritenere, pertanto, che la vasca sia collegata, per il tramite di un sistema di raccolta delle acque a delle griglie...». In sostanza, si trattava del liquido oleoso consistente nelle acque di vegetazione generate dalla sansa lavorata ed accumulata dalla S., le quali risultavano defluite attraverso un obsoleto sistema di scarico ed infiltrate nel terreno contiguo all'area di produzione. 2.2. Di qui, dunque, l'ordinanza sindacale contingibile e urgente (...) del (...) ed i susseguenti provvedimenti intimatorio-interdittivi comunali e provinciali del (...), prot. (...), e del (...), prot. (...). 2.3. Prima dell'adozione di tali misure, la S., con nota del (...), comunicava di aver rimosso il cumulo di sansa rinvenuto in prossimità del confine col fondo in proprietà di terzi ed eliminato il ristagno vegetazionale presente sul pavimento e causativo della riscontrata infiltrazione. Successivamente, con nota del (...), comunicava di aver ottemperato agli incombenti ripristinatori prescrittile. L'avvenuto assolvimento di questi ultimi e, quindi, il superamento delle criticità riscontrate era verificato nel sopralluogo del (...) a cura dei tecnici del Comune di (OMISSIS) e dell'ARPAC (cfr. verbale (...)). 2.4. Di qui, poi, il provvedimento del Dirigente del Settore Tecnico ed Urbanistica e del Dirigente del Settore Tributi ed Attività Produttive - SUAP del Comune di (OMISSIS) prot. (...) del (...) ed il provvedimento del Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Salerno prot. (...) del (...), con cui era revocata la pregressa diffida al ripristino e restituita efficacia all'AUA (...) del (...). 3. A sostegno delle domande proposte avverso i provvedimenti impugnati, la ricorrente lamentava, in estrema sintesi, che le amministrazioni intimate: a) in violazione dell'art. 130 del d.lgs. n. 152/2006 e del principio ordinamentale di proporzionalità dell'agere amministrativo, avrebbero disposto la sospensione dell'AUA (...) del (...), pur essendo sufficiente, in rapporto alla natura e all'entità dell'infrazione accertata, la diffida alla conformazione alle prescrizioni del titolo abilitativo, pur difettando, nella specie, situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente, pur non risultando in uso la vasca rinvenuta all'interno dell'opificio né risultando, la stessa, integrata nell'assentita rete di raccolta delle acque reflue e pur essendo stati tempestivamente rimossi i cumuli di sansa ritenuti suscettibili di arrecare pericolo alla salute pubblica; b) prima di disporre la sospensione dell'AUA (...) del (...), avrebbero dovuto instaurare il contraddittorio ex art. 7 della l. n. 241/1990 con l'interessata. 4. Costituitisi sia l'intimato Comune di (OMISSIS) sia l'intimata Provincia di Salerno, eccepivano l'improcedibilità del ricorso ovvero l'intervenuta cessazione della materia del contendere, nonché, comunque, l'infondatezza delle domande attoree. 5. All'udienza pubblica del 1° dicembre 2022, la causa era trattenuta in decisione. 6. Venendo ora a scrutinare il ricorso, il Collegio rileva, in limine, che non sono ravvisabili, nella specie, gli estremi della sopravvenuta carenza di interesse ad agire ovvero della cessazione della materia del contendere, così come eccepito dalle amministrazioni resistenti. Se è vero, infatti, che la disposta rimozione delle adottate misure intimatorio-interdittive, giusta provvedimenti comunali e provinciali del (...), prot. (...), e del (...), prot. (...), ha fatto venir meno, in capo alla S., l'interesse al loro annullamento giurisdizionale, è altrettanto vero che la stessa non ha neutralizzato l'interesse alla proposta domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla sospensione dell'attività produttiva e quantificati nella misura complessiva di (...) (di cui (...), a titolo di danno emergente, corrispondente al costo della manodopera rimasta inattiva, e (...) a titolo di mancato guadagno, corrispondente alla mancata percezione dei profitti ricavabili dalle lavorazioni non eseguite). Tanto impone, dunque, ai sensi dell'art. 34, comma 3, cod. proc. amm., l'accertamento dell'illegittimità o meno dei gravati provvedimenti comunali e provinciali del (...), prot. (...), e del (...), prot. (...). 7. Nel merito, fondato si rivela l'ordine di doglianze rubricato retro, sub (...). 7.1. Al riguardo, giova rammentare che, a norma dell'art. 130 del d.lgs. n. 152/2006, «in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione: a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente; c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente». 7.2. Ebbene, come illustrato nella relazione di "indagine preliminare ambientale" depositata in giudizio dalla S., senza trovare risolutiva smentita nelle difese delle amministrazioni resistenti, non sono ravvisabili, nel caso in esame, gli estremi del «pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente», giustificativi della misura sospensiva di cui alla lett. b del citato art. 130 del d.lgs. n. 152/2006. «Sulla scorta delle analisi eseguite sui campioni prelevati in data 18 gennaio nonché su quelli prelevati dal carotaggio effettuato in data 3 marzo 2020, in cinque diversi punti del sito con attività in esercizio, - recita la richiamata relazione - si può asserire che: a) Il liquido percolato dalla sansa umida, eventualmente infiltratosi all'esterno dell'opificio, è risultato acqua di vegetazione priva di pericolosità, così come risulta dai dati analitici contenuti nel rapporto di prova (...) allegato; tale circostanza è confermata anche dal fatto che - ai sensi dell'art. 74 del d.lgs. n. 152/2006 - la predetta acqua può, oggettivamente, essere destinata alla utilizzazione agronomica. b) Si tratta di un sito non contaminato atteso che dalla verifica di contaminazione eseguita sulla matrice suolo, i risultati analitici hanno dato esito negativo evidenziando il rispetto dei livelli delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) rispetto ai limiti indicati all'allegato V alla parte IV del d.lgs. n. 152/2006. c) Dai sondaggi eseguiti fino ad una profondità di 4 metri non sono state riscontrate falde acquifere. Pertanto, con la consapevolezza di aver svolto il lavoro con scienza e coscienza nel rispetto della normativa che regola la materia si può affermare che il sito oggetto del presente "screening" per la verifica di contaminazione e/o inquinamento è risultato negativo». E, in effetti, appare difficile immaginare come l'acqua di vegetazione prodotta dalla sansa - sia pure impropriamente - stoccata dalla S. fosse suscettibile di menomare la salute pubblica e l'ambiente circostante. Tanto più, poi, che il materiale in questione risulta essere stato tempestivamente rimosso già prima dell'emanazione dell'ordinanza sindacale contingibile e urgente (...) del (...) ed i susseguenti provvedimenti intimatorio-interdittivi comunali e provinciali del (...), prot. (...), e del (...), prot. (...) (cfr. retro, sub (...)). 7.3. Da quanto sopra discende l'illegittimità degli atti impugnati, siccome lesivi dell'art. 130 del d.lgs. n. 152/2006 e del principio ordinamentale di proporzionalità dell'agere amministrativo. 8. Transitando ora a scrutinare l'an del lamentato danno risarcibile, dell'elemento oggettivo della responsabilità ricorre, dunque, la condotta illecita, costituita dall'acclarata illegittimità dei provvedimenti adottati dal Comune di (OMISSIS) (nei cui esclusivi confronti risulta rivolta la domanda ex art. 30, comma 2, cod. proc. amm.). E ricorre, altresì, la lesione del bene della vita ambito (mantenimento ininterrotto dell'esercizio produttivo di estrazione dell'olio di sansa) in conseguenza dell'accertata condotta illegittima, ossia il rapporto di causalità tra quest'ultima e il danno lamentato, tenuto conto che la S. ha potuto riavviare la propria attività soltanto a seguito dell'adozione dei provvedimenti comunali e provinciali del (...), prot. (...), e del (...), prot. (...). 9. Ciò posto, rammenta, a questo punto, il Collegio che, affinché una condotta illecita sia da considerarsi eziologicamente suscettibile di arrecare un danno risarcibile, occorre anche verificare se quest'ultimo non si sarebbe evitato adottando tutti gli accorgimenti imposti dalla legge secondo un canone di ordinaria diligenza, poiché, in caso contrario, l'inerzia dell'amministrazione resistente non sarebbe causativa del predetto danno-conseguenza. Sotto questo profilo, non basta vagliare il comportamento tenuto dall'amministrazione, ma occorre aver riguardo alla vicenda nel suo complesso, onde accertare l'eventuale concorso di altri fattori causali o concausali che possano aver influito, in maniera più o meno determinante, sulla produzione del danno-conseguenza. Ebbene, tra i fattori concausali da prendere in considerazione non può trascurarsi il rilievo del concorso del comportamento dello stesso danneggiato in quanto rilevante ai sensi dell'art. 1227, comma 2, cod. civ. A tenore di tale disposizione, «il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza». Nello stesso senso, l'art. 30, comma 3, cod. proc. amm., stabilisce che, «nel determinare il risarcimento, il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti». Come osservato da Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2011, n. 3, la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento - oggi sancita dall'art. 30, comma 3, cod. proc. amm. - deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva dell'art. 1227, comma 2, cod. civ. In particolare, l'obbligo di cooperazione ex art. 1227, comma 2, cod. civ. trova fondamento nel canone di buona fede ex art. 1175 cod. civ. e, quindi, nel principio costituzionale di solidarietà: da ciò deriva che anche le scelte processuali di tipo omissivo possono costituire comportamenti valutabili ai fini della esclusione o della mitigazione del danno laddove si appuri, alla stregua del giudizio di causalità ipotetica, che le condotte attive trascurate non avrebbero implicato un sacrificio significativo ed avrebbero verosimilmente inciso, in senso preclusivo o limitativo, sul perimetro del danno. La disciplina recata nel comb. disp. artt. art. 30, comma 3, cod. proc. amm. e 1227, comma 2, cod. civ. dimostra, così, di apprezzare la rilevanza eziologica anche dell'omessa reazione processuale all'inerzia dell'amministrazione, al fine di stabilire la sussistenza e la consistenza del danno risarcibile, ossia di escludere la ristorabilità del danno che, secondo un giudizio causale di tipo ipotetico, avrebbe potuto presumibilmente evitarsi mediante gli anzidetti rimedi giudiziali e stragiudiziali. In tale prospettiva, il Collegio deve ritenersi chiamato a verificare se nel novero dei comportamenti esigibili dal soggetto leso dall'inerzia dell'amministrazione resistente sia sussumibile anche il tempestivo esperimento di rimedi giurisdizionali propulsivi e/o reintegrativi, nella misura in cui esso sarebbe stato idoneo a scongiurare, in tutto o in parte, il nocumento, secondo il ricordato paradigma della causalità ipotetica basata sul giudizio probabilistico, il cui nesso qualificante può rimanere spezzato dalla condotta processuale dell'interessato, integrante violazione dell'obbligo di cooperazione. Ebbene, nella specie, la S. non ha proposto alcuna istanza di adozione di misure cautelari monocratiche o collegiali ex artt. 55 s. cod. proc. amm. in relazione al ricorso in epigrafe, onde scongiurare il verificarsi o l'aggravarsi del danno irreparabile potenzialmente derivante dai provvedimenti impugnati all'esercizio della propria attività imprenditoriale Siffatta condotta omissiva, se, da un lato, non elide in radice l'acclarata illiceità di quella del Comune di (OMISSIS), costituisce, d'altro lato, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile ai fini della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza. Tanto giustifica, dunque, una riduzione equitativa del danno risarcibile nella misura di (...), pari al 50% dell'importo ((...)) quantificato dalla ricorrente, sulla scorta di una (peraltro, piuttosto sommaria) perizia tecnica all'uopo depositata in giudizio. 10. Quanto, poi, all'elemento psicologico della condotta illecita addebitata all'amministrazione comunale resistente, giova richiamare l'indirizzo segnato da Cons. Stato, ad. plen., n. 13/2008, secondo cui l'imputazione soggettiva della responsabilità della pubblica amministrazione non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell'illegittimità dell'azione amministrativa, poiché ciò si risolverebbe in un'inammissibile presunzione di colpa, ma impone, invece, l'accertamento in concreto della colpa, configurabile allorquando l'adozione dell'atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole proprie dell'azione amministrativa, desumibili sia dai principi costituzionali in punto di imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in punto di celerità, efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, sia dai principi generali dell'ordinamento in punto di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza. Giova, altresì, richiamare i parametri o indici sintomatico-presuntivi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. C. giust. CE, 5 marzo 1996, C-46/96 e C-48/93; 23 maggio 1996, C-5/94) - che ha, tra l'altro, reputato incompatibile con l'ordinamento europeo la normativa riversante sul privato l'onere della prova dell'elemento soggettivo della responsabilità dell'amministrazione (cfr. C. giust. CE, 14 ottobre 2004, n. C-275/03; cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 2751/2008) - e recepiti da quella nazionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 5012/2004; sez. V, n. 32/2005; sez. IV, n. 478/2005; sez. V, n. 1346/2007) ai fini dell'accertamento della colpa dell'amministrazione; parametri o indici sintomatico-presuntivi ex art. 2727 cod. civ., sintetizzabili nella gravità della violazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3169/2001; sez. V, n. 32/2005; n. 3162/2012; sez. IV, n. 4452/2013; sez. III, n. 1357/2014) e nell'assenza di errore scusabile, dovuto, ad es., all'incertezza del quadro normativo di riferimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4189/2013; sez. VI, n. 4310/2013; sez. IV, n. 4439/2013; sez. VI, n. 5935/2013; sez. V, n. 1644/2014), all'ampiezza del potere discrezionale attribuito all'autorità (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 3162/2012; sez. IV, n. 5458/2013; n. 5551/2013), alla sussistenza di contrasti giurisprudenziali (cfr. Cons. giust. amm. sic., sez. giur., n. 717/2007; Cons. Stato, sez. V, n. 3162/2012; sez. VI, n. 1669/2013; sez. III, n. 2452/2013; sez. V, n. 4189/2013; sez. IV, n. 4439/2013; n. 5624/2013; sez. V, n. 63/2014; n. 1644/2014), alla novità o complessità della questione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 1669/2013; sez. V, n. 1773/2013; n. 4189/2013; sez. VI, n. 5935/2013; n. 852/2014; sez. V, n. 1644/2014), al concreto atteggiarsi della vicenda procedimentale (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 3162/2012; sez. IV, n. 5458/2013; sez. VI, n. 674/2014). Ebbene, sotto il profilo dell'elemento psicologico, occorre rimarcare che, oltre al ristagno ed alle infiltrazioni delle acque vegetazionali rilevati in loco, nell'opificio produttivo i titolarità della S. figurasse presente una vasca estranea alla rete di raccolta delle acque reflue assentito giusta AUA n. 145 del 31 ottobre 2019, risultata «colma di una fanghiglia scura ed oleosa ascrivibile alle medesime acque di vegetazione che ricoprivano parte della pavimentazione in prossimità del muro esterno», e che tale circostanza oggettiva - non risolutivamente smentita da parte ricorrente - ha senz'altro integrato una violazione della disciplina in materia di scarichi e giustificato, quindi, l'intervento sanzionatorio da parte delle autorità competenti. Se, poi, da un lato, tale intervento ha illegittimamente debordato oltre i limiti commisurati alla natura ed all'entità della violazione anzidetta, esso si è, d'altro lato, comunque, esplicato entro i margini opinabili dell'ampia accezione di «pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente», dovendosi così reputare attenuata la responsabilità dell'amministrazione e, quindi, giustificata la rideterminazione equitativa del danno risarcibile nell'ammontare di (...), previa ulteriore riduzione del 30% sull'importo ((...)) ottenuto dalla decurtazione applicata retro, sub (...). 11. In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti con esso impugnati e condanna del Comune di (OMISSIS) al risarcimento per equivalente monetario, in favore della S., nell'ammontare complessivo di (...). 12. Quanto alle spese di lite, appare equo disporne l'integrale compensazione tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe, per l'effetto annullando i provvedimenti con esso impugnati e condannando il Comune di (OMISSIS) al risarcimento per equivalente monetario, in favore della S.I.O.S. - So. In. Ol. Sa. s.r.l., nell'ammontare complessivo di (...). Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Olindo Di Popolo - Consigliere, Estensore Laura Zoppo, Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 774 del 2017, proposto da Fe. Ro. e La. Ro., nella qualità di eredi di So. Au., entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Al. Me. e Ma. Pe., con domicilio eletto presso il loro studio in Salerno, via (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; per la condanna del Comune di (omissis) (SA) alla restituzione degli immobili di proprietà della ricorrente previa relativa riduzione in pristino degli stessi nonché al pagamento del risarcimento dei danni derivanti dall'abusiva occupazione, per tutto il periodo dell'illegittima compressione del diritto della ricorrente dalla data di inizio della illegittima occupazione fino alla effettiva restituzione. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 giugno 2022 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il presente gravame, i ricorrenti, nella qualità di eredi della madre So. Au., riassumono (giusta sentenza del Tribunale Civile di Salerno, Sezione Distaccata di Eboli n. 1164/2017, declaratoria del proprio difetto di giurisdizione) il giudizio inizialmente instaurato da quest'ultima innanzi al giudice ordinario in relazione all'arbitraria occupazione ad opera del Comune di (omissis) di un'area di sua proprietà nell'ambito dell'esecuzione di talune opere di ristrutturazione edilizia poste in essere in attuazione di un progetto di riqualificazione della zona denominata (omissis), approvato con delibera di G.C. n. 20 del 14 febbraio 2007. Essi agiscono, dunque, per la condanna dell'amministrazione comunale alla restituzione del bene illegittimamente appreso, censito in catasto al foglio (omissis) particella (omissis) sub (omissis) e originariamente composto da "vano terraneo adibito a stallo, con annesso condotto laterale coperto e con spiazzetto innanzi la porta di entrata", nonché al ristoro del pregiudizio conseguentemente subito per effetto dell'illegittima compressione del relativo diritto dominicale e della fruibilità dell'area medesima, evidenziando come la fondatezza delle loro pretese trovi conferma nelle risultanze della C.T.U. già espletata nell'ambito del giudizio riassunto, dalle quali emerge come l'immobile sia stato occupato senza che il Comune abbia mai provveduto ad emanare un relativo provvedimento ablatorio. Il Comune di (omissis), per quanto ritualmente evocato, non si costituiva in giudizio. I ricorrenti con successiva memoria insistevano per l'accoglimento del ricorso proposto. All'udienza pubblica del 24 giugno 2022, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione. La pretesa di parte ricorrente è fondata e deve, quindi, essere accolta, seppur con le seguenti precisazioni. I ricorrenti hanno sostanzialmente proposto un'azione ex art. 30 c.p.a., volta ad ottenere - previa dichiarazione dell'illegittimità dell'occupazione dell'immobile in questione per non essere intervenuto alcun provvedimento che ne sancisse il definitivo passaggio in mano pubblica - la condanna del Comune di (omissis) alla restituzione del bene in loro favore oltre al risarcimento del danno da occupazione illegittima. Ebbene la giurisprudenza amministrativa è granitica nell'affermare come l'occupazione e la trasformazione di un bene immobile per scopi di interesse pubblico senza adottare il provvedimento definitivo di esproprio, non possano giammai determinare un effetto traslativo della proprietà bensì debbano essere qualificate come occupazione sine titolo e dunque, illecito di carattere permanente, sicché è fatto obbligo primario all'amministrazione di risarcire integralmente il relativo danno mediante la restituzione del fondo illegittimamente detenuto previa sua riduzione in pristino (ex art. 2058 c.c.) o, in alternativa, per equivalente, atteso che solo un formale atto di acquisizione del fondo riconducibile ad un negozio giuridico ovvero al provvedimento ex art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001 (introdotto a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 43 dello stesso decreto) potrà, infatti, precludere la restituzione del bene. Ciò posto, nel caso di specie, emerge agli atti di causa la condotta illecita posta in essere dal Comune, assumendo rilievo in tal senso le risultanze istruttorie della C.T.U. espletata nell'ambito del giudizio riassunto innanzi a questo Tribunale, da cui questo Collegio - in piena e completa attuazione del principio della translatio iudicii - ben può desumere elementi probatori a fondamento della propria decisione (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione III, n. 4147/2016 e Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 3852/2015), tanto più a fronte della mancata costituzione in giudizio dell'amministrazione, da cui deve ragionevolmente dedursi ex art. 64, comma 4, c.p.a. che quest'ultima, rispetto a quanto ivi accertato, non avesse alcuna difesa utile da opporre. Si legge, infatti, nella relativa "Relazione di Consulenza Tecnica d'Ufficio" versata in atti da parte ricorrente che "Secondo quanto riportato nel Verbale di Consegna dei Lavori di "Riqualificazione (omissis)", l'11 Giugno 2007, per procedere con l'esecuzione dei lavori, il Comune di (omissis) occupava l'intero immobile, costituito dalle particelle (omissis) del foglio (omissis), e quindi anche il vano e l'adiacente superficie scoperta di proprietà della sig.ra Au. So. (N.C.E.U. del Comune di (omissis) foglio (omissis) particella (omissis) sub (omissis))... senza che il Comune di (omissis) avesse preventivamente provveduto ad emanare alcun valido provvedimento ablatorio" (in tal senso, il punto 4.2 di risposta al quesito 2). Stante, dunque, l'assenza di un titolo, valido ed efficace, idoneo al trasferimento della proprietà (decreto di esproprio, contratto o provvedimento di acquisizione sanante ai sensi dell'art. 42 bis del d.P.R. n. 327/2001), deve, quindi, essere affermata la permanenza della situazione di illiceità in cui versa il Comune per l'attuale occupazione dell'area in questione. Il Collegio rinviene, infatti, nel contestato comportamento tutti gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto, ravvisando sia il compimento di un atto illecito, derivante dalla perdurante occupazione sine titulo del fondo di parte ricorrente, sia l'elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l'azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi. Con specifico riferimento al fatto illecito, costituiscono, infatti, principi acquisiti quelli per cui: i) è oramai espunto dal nostro ordinamento giuridico l'istituto dell'occupazione acquisitiva - che, in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità o di una dichiarazione d'indifferibilità e urgenza esplicita o implicita, dell'occupazione dell'area e dell'irreversibile trasformazione del fondo nonché della scadenza del termine di occupazione legittima senza adozione di un decreto di esproprio ovvero in caso di annullamento giurisdizionale della procedura espropriativa, ipotizza un acquisto a titolo originario della proprietà del fondo in capo all'amministrazione occupante (legittimando il privato proprietario ad agire esclusivamente per il risarcimento del danno), in ragione dell'evidente contrasto con l'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione EDU (secondo cui "Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale"), al cui rispetto il legislatore è vincolato in forza dell'art. 117, comma 1, della Costituzione; ii) caduto il presupposto della possibilità di affermare in via interpretativa che da un'attività illecita dell'amministrazione possa derivare la perdita del diritto di proprietà da parte del privato, diviene applicabile lo schema generale degli artt. 2043 e 2058 c.c., il quale non solo non consente l'acquisizione autoritativa alla mano pubblica del bene altrui su cui sia stata realizzata un'opera di pubblica utilità o di pubblico interesse, ma attribuisce al proprietario, rimasto tale, la tutela reale e cautelare apprestata nei confronti di qualsiasi soggetto dell'ordinamento (restituzione, riduzione in pristino stato dell'immobile, provvedimenti di urgenza per impedirne la trasformazione, ecc.), oltre al consueto risarcimento del danno - limitato, però, al valore d'uso del bene - secondo i parametri dell'art. 2043 c.c. (ex plurimis, Sezioni Unite di Cassazione, sentenza n. 735 del 19 gennaio 2015); iii) il privato, il cui bene sia stato illegittimamente occupato dall'amministrazione, ne rimane in ogni caso proprietario (non potendosi attribuire efficacia abdicativa della proprietà neppure all'eventuale domanda risarcitoria per equivalente), sicché il risarcimento del danno subito dovrà coprire non già il valore venale del bene, bensì il solo valore d'uso del bene medesimo, dal momento della sua illegittima occupazione fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie, ovvero fino al momento in cui l'amministrazione acquisterà legittimamente la proprietà dell'area, vuoi con il consenso della controparte mediante contratto, vuoi mediante l'adozione del provvedimento autoritativo di acquisizione sanante ex art. 42 bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, 23 maggio 2018, n. 3368); iv) "alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 71 del 2015, l'adozione dell'atto acquisitivo ex art. 42 bis del D.P.R. n. 327 del 2001 è consentito quale "extrema ratio" per la soddisfazione di "attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico", solo quando siano state escluse, all'esito di una effettiva comparazione con i contrapposti interessi privati, le altre opzioni sopra configurate" (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 2690 del 17 giugno 2016). Dall'applicazione delle superiori coordinate ermeneutiche al caso in esame discende, dunque, l'illiceità dell'occupazione e detenzione del suolo di proprietà dei ricorrenti con conseguente: - accertamento in capo al Comune di (omissis) dell'obbligo (civilistico) di procedere al ripristino del diritto di proprietà, mediante la restituzione del suolo occupato e detenuto in assenza di un titolo legittimante, salva la facoltà dell'ente di continuare a utilizzare i fondi purché li acquisisca legittimamente, mediante lo strumento autoritativo previsto dall'art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, con le conseguenze patrimoniali ivi indicate, ovvero attraverso gli ordinari strumenti privatistici, con il consenso del privato anche in relazione ai corrispettivi patrimoniali da corrispondere; - condanna dello stesso Comune al risarcimento del danno da occupazione illegittima per tutto il periodo in cui i ricorrenti sono stati privati del possesso del bene, vale dire dal momento in cui l'occupazione è divenuta tale (l'11 giugno 2007) fino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie (restituzione del bene ovvero sua acquisizione mediante l'adozione del provvedimento di cui al citato art. 42 bis o la stipula di un contratto). Orbene, quanto al risarcimento del danno, il Collegio pronuncia sentenza ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a. (che, infatti, consente al giudice, in caso di condanna pecuniaria, di stabilire i criteri in base ai quali il debitore deve proporre a favore del creditore il pagamento di una somma entro un congruo termine), stabilendo che l'amministrazione comunale, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero della sua notifica su istanza di parte se anteriore, proponga ai ricorrenti il pagamento delle somme dovute - da quantificarsi secondo i criteri di liquidazione di seguito esposti - e proceda al relativo versamento entro i sessanta giorni successivi al raggiungimento del relativo accordo. Nello specifico, stabilisce a tal fine il Collegio che: - tale danno potrà quantificarsi, con valutazione equitativa ex artt. 2056 e 1226 c.c., nell'interesse del cinque per cento annuo sul valore venale del bene, in linea con il parametro fatto proprio dal legislatore all'art. 42 bis, comma 3, del d.P.R. n. 327/2001, suscettibile di applicazione analogica in quanto espressione di un principio generale (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli Sez. V, sentenza n. 4873/2019); - quanto alla determinazione del valore venale del bene, da valutarsi unicamente per definire il parametro per la determinazione del danno patrimoniale da illegittima occupazione (pari al 5% annuo), l'ente intimato dovrà, tenuto conto della destinazione urbanistica dell'area: i) utilizzare il metodo di stima diretta (o sintetica), che consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima (atti di compravendita di terreni finitimi e simili), avuto, altresì, riguardo alle indicazioni della società ricorrente quanto all'accertamento del valore di mercato del terreno de quo; ii) devalutare e rivalutare annualmente i valori medi a metro quadro indicati per il terreno interessato, secondo gli indici dell'andamento dei prezzi del mercato immobiliare pubblicati nei siti internet delle maggiori e più accreditate società di studi e di osservatori del mercato immobiliare, per comprendere il periodo che va dall'inizio dell'illegittima detenzione fino all'attualità ; iii) su tali ultimi valori - devalutati al momento dell'illegittimo possesso e aggiornati all'attualità - andranno, computati, a titolo di risarcimento del danno dovuto, gli interessi nella misura del 5% per ogni anno di occupazione illegittima sino alla giuridica regolarizzazione della fattispecie. Il Collegio ricorda - altresì - che in caso di mancata offerta, di mancato accordo sulla somma offerta o di mancato adempimento dell'accordo il rimedio esperibile è, ai sensi del citato 34, comma 4, c.p.a., quello del giudizio di ottemperanza. In conclusione, alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il ricorso deve essere accolto, con la condanna del Comune di (omissis) a: - la reintegra nel possesso, mediante restituzione in favore dei ricorrenti, previo ripristino dell'originario stato, del suolo attualmente oggetto di occupazione illegittima, fatta salva la facoltà dell'ente comunale di continuare a utilizzare il fondo purché lo acquisisca legittimamente, mediante lo strumento autoritativo previsto all'art. 42 bis del d.p.r. n. 327 del 2001, con le conseguenze patrimoniali ivi indicate, ovvero attraverso gli ordinari strumenti privatistici, con il consenso del privato anche in relazione ai corrispettivi patrimoniali da corrispondere; - il risarcimento, in favore dei ricorrenti, del danno patrimoniale da occupazione illegittima, calcolato secondo i criteri sopra indicati. Le spese di lite seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo ponendole a carico del Comune di (omissis). P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l'effetto condannando il Comune di (omissis): a) alla reintegra nel possesso, mediante restituzione in favore dei ricorrenti, previo ripristino dell'originario stato, dei suoli siti nel territorio comunale, attualmente oggetto di occupazione illegittima, fatta salva l'adozione di provvedimenti volti alla regolarizzazione postuma della fattispecie; b) al risarcimento del danno patrimoniale conseguentemente subito dai ricorrenti da liquidarsi, su accordo delle parti, ai sensi dell'art. 34, comma 4, c.p.a., secondo i criteri e nei tempi indicati in motivazione. Condanna il Comune di (omissis) alla refusione, in favore dei ricorrenti, delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato, over versato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati: Francesco Riccio - Presidente Eleonora Monica - Consigliere, Estensore Michele Tecchia - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1144 del 2017, proposto da Ma. Sc., rappresentata e difesa dall'avvocato Pa. An., con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, piazza (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Na., con domicilio digitale in atti; per l'annullamento - dell'ordinanza n. 12/2017/SUE/AB/RETTIFICA del REG.ORD. del 22 maggio 2017, con la quale il Responsabile del S.U.E. del Comune di (omissis) ha intimato alla ricorrente la demolizione di opere, realizzate in assenza di titolo abilitativo, il ripristino dello stato dei luoghi e lo smaltimento presso una discarica autorizzata dei materiali di risulta; - ove e per quanto possa occorrere della relazione prot. n. 10059 del 22 marzo 2017 contenente il rapporto dell'Ufficio Abusivismo del Comune di (omissis); - dell'ordinanza n. 12/2017, successivamente sostituita dall'ordinanza impugnata; - di ogni atto connesso, presupposto, collegato e consequenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 giugno 2022 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il presente gravame, ricorrente - nuda proprietaria di un'area sita nel Comune di (omissis) sulla quale i propri genitori (attuali usufruttuari) hanno realizzato un immobile, composto da più appartamenti, assentito negli anni con permessi di costruire n. 19/1978, n. 04/2009, n. 64/2009, n. 05/2011 (di variante al permesso di costruire n. 64/2009) e n. 51/2014 (relativo al cambio di destinazione d'uso del piano seminterrato e alla realizzazione di box pertinenziali) - impugna l'ordinanza di demolizione in epigrafe, con cui l'amministrazione comunale, giusto rapporto dell'ufficio abusivismo, con allegata documentazione fotografica e catastale, assunto al protocollo generale al n. 10059 del 22 marzo 2017 - le ha ordinato la demolizione delle opere ivi abusivamente realizzate, consistenti nella realizzazione di: a) "manufatto in blocchi con copertura ad una falda lievemente inclinata, avente forma in pianta rettangolare con dimensioni di mt. 4,60 x mt. 9,60. Esso è adibito a deposito attrezzi ed è suddiviso in due locali ed un bagno. La zona ingresso è priva di una parete perimetrale. La struttura portante della copertura è costituita da travi in legno lamellare... Il locale ha una altezza media di circa mt. 2,75"; b) "tettoia adibita a legnaia con dimensioni in pianta di circa mt. 2,00 per mt. 17,10. La copertura è ad una falda con altezza media pari a circa mt. 2,35. La struttura portante è in legno, la copertura è in lamiera coibentata"; c) "tettoia avente forma in pianta ad "elle" con superficie di circa mq. 22,20. Essa è posta a protezione di recinti per animali da cortile ed è ubicata in prossimità del confine lato monte"; d) "forno in muratura ubicato...in prossimità della tettoia descritta al punto c)"; e) "tettoia ad una falda a pianta rettangolare con struttura costituita da pilastri e travi in legno lamellare e copertura in tavolato di legno con sovrastante guaina. Le dimensioni di massimo ingombro, in pianta sono di mt. 9,20 per mt. 5,10. La tettoia è a protezione di un'area utilizzata come parcheggio auto. Essa è ubicata in prossimità del confine lato mare e la sua altezza media è di circa mt. 2,80". Parte ricorrente chiede l'annullamento di tale atto, sostanzialmente sostenendone l'illegittimità per difetto di istruttoria e di motivazione, trattandosi di opere per la cui realizzazione non è necessario alcun titolo abilitativo, nonché rappresentando di aver comunque al riguardo avanzato una relativa istanza di permesso di costruire in sanatoria in ragione dell'asserita "doppia conformità " delle opere medesime allo strumento urbanistico vigente. Il Comune di (omissis) si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame, trattandosi "di manufatti abusivi realizzati in assenza di permesso a costruire con ampliamento di volume, con una propria autonomia funzionale". La Sezione con ordinanza n. 477/2017 respingeva l'istanza di sospensione cautelare "Rilevato che il ricorso non pare, prima facie, meritevole di favorevole considerazione in sede cautelare, stante l'intervenuta presentazione, nell'interesse della ricorrente, di istanze di sanatoria potenzialmente in grado di conformare l'attività edilizia contestata, sulle quali non s'è ancora deciso, da parte del Comune resistente, che a tanto dovrà provvedere, secondo la tempistica propria del procedimento de quo". La ricorrente con successiva memoria in data 24 maggio 2022 evidenziava l'intervenuta "rimozione della tettoia adibita a legnaia di cui alla lett. a) (rectius, lett. b) e alla tettoia posta a protezione di recinto per animali di cui alla lett. b) (rectius, lett. c)" dell'impugnata ordinanza. All'udienza pubblica del 24 giugno 2022 la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione. Deve essere, innanzi tutto, dichiarata la parziale improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse ai sensi dell'articolo 35, comma 1, lett. c, del cod. proc. amm. relativamente ai (soli) contestati manufatti di cui alle lett. b) e c) dell'ordine di demolizione (la tettoia adibita a legnaia e quella a protezione di recinti per animali) in ragione dell'aver la ricorrente rappresentato di aver provveduto, nelle more del presente giudizio, alla loro spontanea demolizione, con la conseguenza che alcun effetto utile potrebbe derivarne alla parte dall'eventuale accoglimento nel merito delle relative censure. Diversamente è a dirsi per le restanti opere contestate, non determinando la presentazione di una relativa istanza di accertamento di conformità - che parte ricorrente documenta di aver al riguardo avanzato l'11 agosto 2017 - la definitiva perdita di efficacia della precedente ordinanza di demolizione e, dunque, l'improcedibilità del gravame proposto bensì la mera sospensione dell'efficacia dell'ordinanza medesima per il solo tempo necessario alla definizione, eventualmente in forma tacita, del procedimento. Al riguardo, l'orientamento giurisprudenziale attualmente maggioritario, al quale il Collegio aderisce, opina, infatti, nel senso che la presentazione di un'istanza ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 non determini l'inefficacia dell'ordine demolitorio, bensì solo un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione - che è posto in uno stato di temporanea quiescenza e che, in caso di diniego (anche silente) della domanda riprende vigore - talché l'avvenuta presentazione di tale istanza non rende automaticamente improcedibile il ricorso (già proposto) avverso la demolizione (in tal senso, da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma, n. 3886/2020, nonché , ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione II, n. 2236/2019 e Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4469/2017). Orbene, nel caso di specie l'istanza risulta essere stata avanzata dalla ricorrente l'11 agosto 2017 (come da documentazione in atti) con la conseguenza che - non avendo costei documentato un espresso accoglimento - sulla domanda non può che essersi ormai formato un provvedimento tacito di diniego ai sensi dell'art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001, con la conseguenza che l'impugnata ordinanza di demolizione ha oramai ripreso a produrre i propri effetti e puà, dunque, essere portata ad esecuzione dall'amministrazione comunale (in senso conforme, Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 4320/2020). Ciò posto, il ricorso deve essere respinto per quel che riguarda le opere ancora presenti nell'area di proprietà della ricorrente. come descritte alle lett. a), d) ed e) del gravato ordine di demolizione. Per quel che riguarda la tettoia di cui alla lett. e) - realizzata in "a protezione di un'area utilizzata come parcheggio auto" mediante "struttura costituita da pilastri e travi in legno lamellare e copertura in tavolato di legno con sovrastante guaina", della dimensione di oltre 46 metri quadri e con un'altezza di circa 2,8 metri - osserva il Collegio come già dalla descrizione fattane nel contestato provvedimento nonché dalla documentazione versata in giudizio dall'amministrazione comunale e, in particolare, dai rilievi fotografici allegati al verbale di sopralluogo eseguito il 3 marzo 2017, emerga che tale struttura abbia caratteristiche e dimensioni tali da arrecare una visibile alterazione dell'edificio a cui accede e sia, quindi, configurabile come vero e proprio intervento di ristrutturazione edilizia, di cui all'art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente sua subordinazione, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c), dello stesso d.P.R, al regime del permesso di costruire, comportando esso "l'inserimento di nuovi elementi ed impianti" con sensibile modifica del prospetto e della sagoma del fabbricato a cui inerisce (in tal senso, da ultimo, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VIII, n. 254/2018 e Sezione VI, n. 3510/2011). Quanto sopra vale anche a smentire l'asserita natura meramente pertinenziale del bene, condividendo il Collegio quel consolidato orientamento giurisprudenziale che ritiene che affinché un'opera possa qualificarsi come mera pertinenza sia necessario che risulti, da inequivoci dati obiettivi (invero nel caso di specie nemmeno allegati dal ricorrente), l'esiguità quantitativa del manufatto, nel senso che il medesimo deve essere di entità tale da non alterare in modo rilevante l'assetto del territorio (in tal senso, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione II, n. 1833/2020 e n. 1864/2020), ipotesi nel caso di specie non ricorrente. Lo stesso è a dirsi per il "forno in muratura" di cui alla lett. d) dell'atto impugnato, emergendo dalle foto allegate al citato verbale di sopralluogo come anche tale manufatto abbia caratteristiche e dimensioni tali da alterare l'edificio al quale accede. In relazione al locale di cui alla lett. a) dell'ordinanza - "adibito a deposito attrezzi e... suddiviso in due locali ed un bagno" - assume rilievo, invece, come esso non sia riconducibile alla nozione, invocata da parte ricorrente, di "volume tecnico", emergendo dalla dettagliata descrizione datane nel gravato provvedimento come tale opera realizzi un aumento volumetrico complessivo di notevoli dimensioni (di 44,16 metri quadri per un'altezza di 2,75 metri lineari) e - pur a fronte della sua destinazione, come riconosciuta anche nel provvedimento impugnato - comporti, perciò, in ragione delle sue dimensioni e della sua collocazione, una modifica del volume, della sagoma e del prospetto dell'edificio a cui accede (in tal senso, ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VI, n. 965/2018). Ne discende, dunque, come tutte le opere sanzionate rientrino nella nozione di nuova costruzione o di ristrutturazione edilizia per la cui realizzazione è necessario il previo permesso di costruire da parte del Comune, con conseguente loro abusività . In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato improcedibile in relazione alle opere contestate che la ricorrente riferisce di aver medio tempore già demolito, mentre deve essere respinto relativamente alle altre. Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in favore dell'amministrazione comunale. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile ed in parte lo respinge nei sensi di cui in motivazione. Condanna la ricorrente al rimborso, in favore del Comune di (omissis), delle spese di lite che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge, se dovuti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati: Francesco Riccio - Presidente Eleonora Monica - Consigliere, Estensore Michele Tecchia - Referendari

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1203 del 2017, proposto da Vi. Ri., rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. So., con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato An. Ma. in Salerno, via (…); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; per l'annullamento del provvedimento del Responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica del Comune di (omissis) prot. n. 4560 del 22 maggio 2017, notificato il 23 maggio 2017, di rigetto dell'istanza di revoca del provvedimento decandenziale prot. 1112 del 26 gennaio 2006 relativo al permesso di costruire n. 15/2006. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 24 giugno 2022 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con ricorrente - proprietario di un terreno sito in (omissis), località (omissis), censito in catasto al foglio (omissis), particella n. (omissis) - impugna l'atto in epigrafe con il quale l'amministrazione comunale ha disatteso l'istanza da costui avanzata di revoca del provvedimento n. 1112 del 26 gennaio 2006 di dichiarazione della decadenza del permesso di costruire n. 15/2006 rilasciato il 23 maggio 2008 in favore del ricorrente ai fini della realizzazione su area di un fabbricato rurale con annessa abitazione, "in quanto il provvedimento decadenziale si ritiene legittimo" atteso che "alla data del 23.05.2009, termine perentorio per l'effettivo inizio dei lavori e precedente al blocco amministrativo del G.I.P. gli stessi non avevano avuto avvio". Parte ricorrente chiede l'annullamento di tale determinazione, sostanzialmente contestando il vizio del difetto di motivazione, in relazione al non aver l'amministrazione considerato che la declaratoria di decadenza del titolo edilizio per mancato inizio dei lavori nei termini prescritti sarebbe a ben vedere preclusa dal sequestro giudiziario dell'area in questione fin dal 2 gennaio 2009, giusto decreto di sequestro reso dal GIP presso Tribunale di Vallo della Lucania, e fino al 28 settembre 2016, data in cui veniva eseguito il relativo decreto di revoca del 21 settembre 2016. Il Comune di (omissis), per quanto ritualmente evocato in giudizio, non si costituiva. All'udienza pubblica del 24 giugno 2022 la causa veniva, dunque, trattenuta in decisione. Il ricorso è infondato in ossequio a quel consolidato orientamento (che il Collegio condivide) che ritiene che il privato che voglia evitare la decadenza del permesso di costruire sia onerato della proposizione di una richiesta di proroga dell'efficacia del titolo edilizio, prima della decorrenza del termine ultimo per la fine dei lavori anche in pendenza di un'iniziativa giudiziaria rivelatasi poi infondata, di cui all'art. 15, comma 2 bis, del d.P.R. n. 380/2001, per l'effetto escludendo, qualsiasi sospensione automatica del termine di durata del permesso edilizio e, a maggior ragione, una sua automatica proroga (in tal senso, ex multis, Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 2078/2020). Ne discende, pertanto, che anche nell'eventualità in cui emerga, come nel caso di specie la sussistenza di un factum principis, l'interessato che intenda impedire la decadenza del titolo sia, pertanto, sempre onerato della proposizione di una richiesta di proroga dell'efficacia dello stesso prima (in tal senso, T.A.R. Lazio, Roma, Sezione II, n. 7608/2019). Privo di pregio appare, dunque, l'assunto del ricorrente che il termine debba ritenersi automaticamente sospeso in presenza di una causa di forza maggiore, quale nel caso di specie il sequestro penale dell'area interessata dall'intervento, non essendo ipotizzabile nell'attuale sistema giuridico la sospensione automatica del titolo edilizio, bensì essendo sempre necessaria, al fine di ottenere la sospensione, la presentazione di una formale istanza di proroga, cui deve seguire un provvedimento da parte della stessa amministrazione, che ha rilasciato il titolo edilizio, che accerti l'impossibilità del rispetto del termine ab origine fissato in relazione al factum principis (T.A.R. Valle d'Aosta, Sezione I, n. 59/2016). In ricorso deve, dunque, essere respinto. Attesa la mancata costituzione del Comune intimato, non vi è motivo di statuire sulle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Nulla spese. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 24 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati: Francesco Riccio - Presidente Eleonora Monica - Consigliere, Estensore Michele Tecchia - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso, numero di registro generale 693 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da: -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'Avv. Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via (...); contro -OMISSIS-- -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliate ex lege in Salerno, al Corso (...); nei confronti per l'annullamento (per quanto riguarda il ricorso introduttivo): A) del provvedimento, -OMISSIS-, successivamente comunicato, con il quale -OMISSIS- ha disposto "(...) la revoca del provvedimento -OMISSIS-(...) dall'elenco degli ausiliari/collaboratori accreditati presso -OMISSIS-"; B) della -OMISSIS- richiamata nel provvedimento sub A), conosciuta in esito all'accesso agli atti; C) -OMISSIS- con la quale -OMISSIS-, sulla base del provvedimento sub A), ha comunicato che "gli ausiliari accreditati ad operare presso questo -OMISSIS-per lo spedizioniere doganale (...) risultano i Sigg. (...)"; con ciò, escludendo il ricorrente; D) di tutti gli atti, anche non conosciuti, presupposti, connessi, collegati e consequenziali; (per quanto riguarda i motivi aggiunti): - A) del -OMISSIS-, con il quale -OMISSIS- ha disposto "(...) la sospensione del Sig. -OMISSIS-dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi"; - B) ove e per quanto occorra, della -OMISSIS-, con la quale è stato trasmesso il provvedimento sub A); - C) di tutti gli atti, anche non conosciuti, presupposti, connessi, collegati e consequenziali; Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'-OMISSIS-- -OMISSIS-; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2022, il dott. Paolo Severini; Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue; FATTO Con l'atto introduttivo del giudizio, il ricorrente impugnava gli atti e provvedimenti, specificati in epigrafe, avverso i quali articolava plurime censure di violazione di legge e d'eccesso di potere, sotto svariati profili sintomatici. In particolare, per quanto qui rileva, il ricorrente, nelle censure ivi rubricate, rispettivamente, sub II) e sub VI) - VII), lamentava il difetto d'istruttoria e di motivazione, che a suo avviso avrebbe caratterizzato il provvedimento gravato, sub A) in epigrafe, di revoca del provvedimento prot. n. 17433/RU del 03.06.2019 e di cancellazione, del medesimo, dall'elenco degli ausiliari/collaboratori, accreditati presso -OMISSIS-. Si costituiva in giudizio -OMISSIS-, resistendo al gravame. Il ricorrente depositava documentazione, tra cui l'ordinanza, con la quale il G.I.P. del Tribunale di Salerno aveva revocato, in data 19.05.2020, la misura cautelare del divieto di dimora nel-OMISSIS-, precedentemente applicatagli. I suddetti profili di censura erano oggetto di favorevole delibazione, in sede cautelare, da parte della Prima Sezione di questo Tribunale, la quale con ordinanza, resa all'esito della c. d. c. del 18.11.2020, accoglieva la domanda di misure interinali, presentata nell'interesse del ricorrente, compensando le spese di fase, nei seguenti termini: "Ritenuta la sussistenza del periculum in mora, in ragione del grave pregiudizio che il provvedimento impugnato determina con riferimento all'attività professionale del ricorrente, inibendone la prosecuzione; Ritenuto, altresì, fermi restando i successivi approfondimenti rimessi all'esame di merito, che la censura che si appunta sulle carenze istruttorie e motivazionali dell'atto impugnato non appaia prima facie destituita di fondamento giuridico, avuto riguardo alla mancata esplicitazione, nel corpo della revoca, di una valutazione specifica e in concreto sulla posizione del ricorrente in ordine al venir meno, per effetto delle vicende giudiziarie che lo hanno colpito, del rapporto fiduciario che deve sussistere con la P.A.; Ravvisata, pertanto, la necessità che la resistente Agenzia rivaluti la vicenda amministrativa tenendo conto di quanto sopra osservato". Seguiva il deposito, da parte dell'Amministrazione, del provvedimento con il quale, rivalutata la vicenda amministrativa de qua, alla luce del prefato arresto cautelare del Tribunale, era stata disposta "la sospensione del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi". Tale provvedimento era quindi gravato, dal ricorrente, con motivi aggiunti. In essi, il ricorrente, premesso il contenuto della predetta ordinanza cautelare del Tribunale, n. 555 del 19.11.2020, si doleva della circostanza che la P. A., a suo dire sostanzialmente ignorando l'ordine di riesame, ivi espresso, avrebbe "semplicemente modificato la sanzione inflitta, da revoca a sospensione sine die", "muovendo (come per la precedente revoca: nde) dal procedimento penale nei confronti del ricorrente" (relativamente al quale lo stesso era stato attinto da ordinanza cautelare, emessa dal Tribunale di Salerno il 9.03.2020, eseguita il 5.05.2020, per i reati di cui agli artt. 110, 117, 314 c.p. ed artt. 110, 117, 61 n. 2 e 479 c. p.: nde), nonché in ritenuta "assenza di qualsivoglia motivazione, in ordine al mutamento del rapporto fiduciario". Avverso tale nuovo provvedimento, articolava, pertanto, le seguenti censure in diritto: - I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato sarebbe stato, anzitutto, "illegittimo per violazione/elusione del giudicato cautelare, di cui all'ordinanza n. 555/2020" del Tribunale, nel senso che la P.A. non avrebbe "fornito alcuna motivazione in ordine alle cause che avrebbero determinato il venir meno del rapporto fiduciario con il ricorrente", limitandosi "a richiamare - ancora una volta - il procedimento penale nei suoi confronti e a modificare la sanzione applicata, da revoca a sospensione sine die"; insufficiente, a suo avviso, la proposizione "le condotte ascritte al Sig. -OMISSIS-(...) risultano compiute all'interno degli spazi doganali ed evidenziano (...) comportamenti contrari ai canoni di deontologia professionale con (il) conseguente venir meno del requisito essenziale della fiducia dell'amministrazione di cui all'art. 45 del d. P. R. 23.01.1973 n. 43", trattandosi di "motivazione apparente", orfana di qualsivoglia "valutazione specifica ed in concreto sulla posizione del ricorrente"; del pari inadeguato, del resto, era il successivo argomento, ivi speso, dell'adozione del provvedimento "al fine di prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea", non essendo stati indicati tali presunti comportamenti lesivi, nonché essendo la vicenda penale ancora pendente, non essendo stata pronunziata alcuna sentenza definitiva in merito, essendo del resto "inconferente" il richiamo, della P. A., alla "misura cautelare del divieto di dimora nel-OMISSIS-"; - II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la P.A. aveva disposto la sospensione del ricorrente "sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria", in ciò operando una "sospensione sine die", la quale "continuerebbe a produrre effetti, anche in presenza di una sentenza di primo grado favorevole" (violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi e degli artt. 2 e 3 l. 241/90, in tema di termini procedimentali) (era citata giurisprudenza a sostegno); - III) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la disposta sospensione muoveva unicamente dalla pendenza del procedimento penale, nei confronti del ricorrente, ma in virtù dell'art. 27, co. 2, Cost., "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva"; e in virtù dell'art. 6, co. 2, C.E.D.U., "ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata" (principio della presunzione d'innocenza); orbene, essendo stato unicamente richiesto, nei confronti del ricorrente, il rinvio a giudizio, il medesimo allo stato era solo indagato, neppure imputato; donde il contrasto con il mentovato principio; - IV) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): difettava altresì un'adeguata istruttoria, come del resto già rilevato, dal Tribunale, in sede cautelare; - V) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la P.A. aveva disposto la sospensione, richiamando l'art. 45 del d. P. R. 43/1973, ma si trattava, ad avviso del ricorrente, di previsione normativa "del tutto inconferente"; richiamatone il testo, il medesimo poneva in risalto che essa "non prevede la sospensione dall'incarico di ausiliario", e tampoco "varrebbe, in contrario, richiamare il successivo art. 53 d. P. R. 43/1973", sia "in quanto detto articolo non è richiamato, nell'ambito del provvedimento impugnato", sia in quanto lo stesso disciplina la "sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali", non degli ausiliari; - VI) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): in ogni caso, l'art. 53 d. P. R. 43/1973 prevede ipotesi tipiche, per disporre la sospensione, che non ricorrevano, a suo avviso, nella specie; inoltre, il provvedimento non era affatto motivato sul punto; - VII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 DELLA MEDESIMA LEGGE) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato non era stato preceduto dalla comunicazione, al destinatario, dell'avvio del procedimento, ex artt. 7 e ss. l. 241/1990; - VIII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 21 QUINQUIES L. 241/1990 IN REL. ART. 3 DELLA MEDESIMA LEGGE) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato era, altresì, illegittimo per difetto assoluto di motivazione, posto che la motivazione resa non indicava "né i presupposti di fatto né, tanto meno, le ragioni giuridiche" della determinazione assunta. L'Avvocatura Erariale depositava memoria difensiva, circa i motivi aggiunti, chiedendone il rigetto. Seguiva il deposito di memoria conclusiva, in cui il ricorrente eccepiva l'improcedibilità del ricorso introduttivo, per sopravvenuta carenza d'interesse, ed insisteva per l'accoglimento dei motivi aggiunti, sulla scorta di un recente arresto giurisprudenziale, nonché allegando la sentenza con la quale alcuni suoi coimputati, giudicati con rito abbreviato, erano stati assolti dal Tribunale di Salerno (preconizzando, quindi, un favorevole esito, anche per sé, del procedimento penale tuttora pendente). All'udienza pubblica del 12.07.2022, il ricorso era trattenuto in decisione. DIRITTO Rileva, preliminarmente, il Tribunale che, conformemente a quanto eccepito, da parte ricorrente, nella propria memoria conclusiva, l'atto introduttivo del giudizio va dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto d'interesse, atteso che il provvedimento, ivi gravato, è stato superato, sul piano della concreta lesività, da quello, impugnato in sede di motivi aggiunti. Del resto, in quest'ultimo, era specificamente disposto (contestualmente all'ivi irrogata sospensione cautelare del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario dello spedizioniere doganale), l'annullamento del provvedimento, gravato in sede di ricorso introduttivo ("Per effetto della presente disposizione il provvedimento -OMISSIS- è da considerarsi annullato"): il che non può che confermare, evidentemente, le conclusioni sopra raggiunte. L'analisi del Collegio deve quindi, di necessità, concentrarsi sui motivi aggiunti, diretti all'impugnativa del -OMISSIS-, con il quale -OMISSIS- ha, per l'appunto, disposto "(...) la sospensione del Sig. -OMISSIS-dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi". A tal fine, vale dare conto, anzitutto, del tenore testuale di tale provvedimento. In esso, il Direttore ad interim del-OMISSIS-, "visto il -OMISSIS- nei confronti del Sig. -OMISSIS-e considerato che con ordinanza cautelare del 5.05.2020 venivano contestati al medesimo i reati di cui agli artt. 110, 117, 314 c.p."; "visto il provvedimento -OMISSIS-, con cui lo scrivente Ufficio ha disposto la revoca del provvedimento prot. n. 17433/RU del 03.06.2019 e la cancellazione del Sig. De Ro. Gi., dall'elenco degli ausiliari/collaboratori accreditati presso -OMISSIS-"; "considerato che il citato provvedimento è stato impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione Staccata di Salerno e che il medesimo Tribunale, con ordinanza cautelare n. 693/2020, ha rilevato che (omissis), ravvisando, altresì, la necessità di una rivalutazione della vicenda amministrativa"; "considerato che nell'ambito del menzionato procedimento penale n. 3631/18 R.G, il P.M. ha formulato richiesta di rinvio a giudizio a carico del Sig. -OMISSIS-per i reati contestati in detta ordinanza"; "ritenuto che le condotte ascritte al Sig. -OMISSIS-nel p. p. n. 3631/18 R.G., risultano compiute all'interno degli spazi doganali e evidenziano, a prescindere dai profili di rilevanza penale, da valutare nella pertinente sede, comportamenti contrari ai canoni di deontologia professionale con conseguente venir meno del requisito essenziale della fiducia della amministrazione di cui all'art. 45 del d.P.R. 23.01.1973 n. 43 (T.U.L.D.)"; "considerato che la legge doganale pone il requisito della meritevole fiducia alla base del rapporto intercorrente con l'Autorità doganale, in quanto l'ausiliario nel coadiuvare il doganalista nell'espletamento di mansioni di carattere esecutivo assume ad interlocutore privilegiato dell'-OMISSIS-nell'espletamento delle attività doganali"; "Ritenuto che, al fine di prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea, sia preminente tutelare l'interesse pubblico al buon andamento dell'azione amministrativa, in attesa delle risultanze del menzionato procedimento penale"; si determinava nei sensi, sopra indicati. Ciò posto, ed iniziando ad esaminare il primo motivo aggiunto, imperniato sulla dedotta elusione dell'ordinanza cautelare del Tribunale, il cui contenuto s'è riportato in narrativa, s'osserva che lo stesso è privo di pregio, posto che - in considerazione del surriferito contenuto del provvedimento gravato - non può dirsi che sia mancata, da parte della P. A., "l'esplicitazione (...) di una valutazione specifica e in concreto sulla posizione del ricorrente in ordine al venir meno, per effetto delle vicende giudiziarie che lo hanno colpito, del rapporto fiduciario che deve sussistere con la P. A.". Le espressioni ivi adoperate, e che, ad avviso di parte ricorrente, sarebbero insufficienti od inadeguate, a tal fine, paiono viceversa al Collegio perfettamente idonee ad esprimere le ragioni del deteriorarsi di tale rapporto, fondato sull'intuitus personae (cfr. l'art. 45 T.U.L.D., dedicato al "personale ausiliario degli spedizionieri doganali", che, inter alia, prevede: "Il personale ausiliario è ammesso in dogana a condizione che riscuota la fiducia dell'amministrazione"), e tanto, in considerazione dell'intervenuta richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente (e di altri indagati) per i reati, contestati nell'ordinanza cautelare che gli applicava la misura cautelare del divieto di dimora nel-OMISSIS-; che, poi, detta ordinanza sia stata revocata dal G.I.P. presso il Tribunale di Salerno, come documentato dal ricorrente, è circostanza non dirimente, non incidendo la valutazione, ivi compiuta dal G.I.P., sul quadro indiziario, in base al quale la stessa misura era stata inizialmente applicata, bensì esclusivamente sul profilo dell'esigenza cautelare d'evitare la reiterazione d'analoghi reati, ritenuta insussistente per le ragioni, ivi esplicitate; del pari anodina si presenta, inoltre, la segnalata intervenuta assoluzione, in sede di giudizio immediato, di altri coimputati, da parte del G.U.P. del Tribunale di Salerno, e tanto per ovvie ed intuitive ragioni (non è possibile formulare, allo stato degli atti, da tale assoluzione, alcuna prognosi, circa un ana esito favorevole del giudizio, che sarà eventualmente disposto, nei confronti del ricorrente). Quanto alla seconda censura, appare dirimente, onde negarle valenza invalidante, la considerazione per la quale, nel caso di specie, non si è in presenza della sospensione di un precedente provvedimento amministrativo, ma di una misura cautelare (ovvero la sospensione del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario), correlata alla durata del giudizio. In tale ottica, rileva il Collegio che essa trova la sua fonte normativa generale nell'art. 55 ter d. l.vo 165/2001, che nel regolare i rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale, nell'ultimo alinea del primo comma, significativamente sancisce: "Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente". Sicché non è pertinente il richiamo, di parte ricorrente, alla pur consolidata giurisprudenza, che stigmatizza la sospensione "sine die" di un atto o di un procedimento amministrativo, trattandosi di fenomeno di tutt'altra natura, come sopra esposto. Quanto, poi, al ventilato (nel terzo motivo aggiunto) contrasto del provvedimento impugnato con il principio generale della presunzione di non colpevolezza dell'imputato, sino alla condanna definitiva, esso è adeguatamente controbilanciato da quanto esposto nella massima che segue (sia pur riferita alla sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali, ex art. 53 T.U.L.D.): "È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 53 comma 3 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (che prevede la sospensione obbligatoria dalle operazioni doganali, dello spedizioniere che abbia riportato sentenza di condanna non definitiva per reati di falso) sollevata sull'assunto che la sospensione ivi prevista confliggerebbe con l'art. 27 cost. che afferma la non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva; infatti, la presunzione di non colpevolezza non esclude la possibilità di adottare misura cautelare nei confronti dell'imputato posto che la stessa Costituzione prevede, all'art. 13 comma ultimo l'istituto della carcerazione preventiva" (T. A. R. Lazio - Latina, 16/04/1991, n. 340). Per altro verso, quanto all'osservazione per cui il ricorrente non avrebbe ancora assunto la qualità d'imputato, si consideri che, per T.A.R. Liguria, Sez. II, 9/01/2009, n. 41: "La norma di cui all'art. 53, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 consente all'amministrazione l'adozione della sospensione dalle operazioni doganali nel caso di " imputazione " per un reato tra quelli contemplati dalla disposizione; il riferimento contenuto nella norma è alla imputazione, cioè a quella condizione che si assume all'atto dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero mediante la richiesta di rinvio a giudizio ex artt. 60, 405 comma 1 e 416 c.p.p., non già alla condanna". Il successivo quarto motivo aggiunto, secondo cui, nella specie, non sarebbe stata svolta, da parte -OMISSIS-, un'approfondita ed adeguata istruttoria, è tanto suggestivo, quanto infondato: stante la natura, eminentemente cautelare, del potere, di natura discrezionale, esercitato dall'Amministrazione, non si vede quale istruttoria la stessa avrebbe dovuto svolgere, ulteriore rispetto alla constatazione dell'intervenuta richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente, per i reati già contestati, allo stesso, con l'ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto di dimora, come già detto indicativa del venir meno del rapporto fiduciario che necessariamente deve sussistere tra la stessa Amministrazione e la figura dell'ausiliario dello spedizioniere doganale (il quale coadiuva, ai sensi del citato art. 45 T.U.L.D., lo spedizioniere medesimo "nell'espletamento di mansioni di carattere esecutivo"). La quinta doglianza dei motivi aggiunti, invece, censura il deficit di tassatività che affliggerebbe l'atto gravato, nella misura in cui, da un lato, l'art. 45 d. P. R. 43/73, nel tratteggiare la figura in oggetto (del "personale ausiliario degli spedizionieri doganali") non contempla affatto l'istituto della sospensione cautelare dell'ausiliario, in pendenza di procedimento penale; e, dall'altro, l'art. 53 dello stesso T.U.L.D., rubricato "Sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali", sarebbe inapplicabile ai loro ausiliari. La doglianza de qua è frutto di un equivoco: la norma, legittimante il ricorso al potere di sospensione cautelare del pubblico dipendente (e, quindi, anche dell'ausiliario dello spedizioniere doganale) obiettivamente non si rinviene nell'art. 45 T.U.L.D., che si limita a delinearne in termini generali nozione e compiti (sia pur significativamente chiosando che lo stesso "è ammesso in dogana a condizione che riscuota la fiducia dell'amministrazione"); e neppure nell'art. 53 T.U.L.D., che riferendosi alla figura dello spedizioniere doganale (e non del personale, ausiliario del medesimo), non è ovviamente estensibile, stante la sua natura sanzionatoria, per analogia; bensì nel citato art. 55 ter del T. U. sul pubblico impiego (d. l.vo 165/2001), segnatamente nella riferita clausola generale dell'ultimo alinea del comma 1, secondo la quale "resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente", oltre che nei principi generali, in materia di sospensione cautelare del pubblico dipendente, che implicano la legittimità dell'allontanamento dal servizio del medesimo, sino a che la vicenda penale che l'abbia eventualmente riguardato non sia definita. Considerazioni, del tutto analoghe a quelle appena svolte, fondano, del resto, il rigetto della successiva, sesta, censura dei motivi aggiunti. Quanto, poi, alla dedotta necessità (cfr. il settimo motivo aggiunto) che l'adozione del provvedimento impugnato, da parte -OMISSIS-, fosse preceduta dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento, osserva il Tribunale come essa non sussista, nella specie, conformemente al pacifico indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale (cfr., ex multis, T. A. R. Lazio - Roma, Sez. I, 14/10/2014, n. 10319): "Essendo il provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego una misura cautelare, non è richiesta la comunicazione di avvio del relativo procedimento. Infatti, mentre nelle ipotesi di instaurazione di un procedimento disciplinare al dipendente interessato deve essere data comunicazione dell'avvio del procedimento per consentire allo stesso, non solo di conoscere i relativi atti, ma altresì di svolgere adeguatamente le proprie difese, al contrario, quando l'instaurazione del procedimento è finalizzata all'adozione di un provvedimento di natura cautelare, consistente nella sospensione dal servizio del dipendente assoggettato ad un procedimento penale per un determinato titolo di reato, la partecipazione di questi al procedimento de quo non potrebbe comunque apportare alcun elemento nuovo. Per cui, in questo caso, le esigenze di celerità e tempestività con cui occorre allontanare il ricorrente dal posto di lavoro impongono di intervenire con urgenza, dispensando l'Amministrazione dal procedere alla previa comunicazione dell'avvio del procedimento di sospensione". Relativamente all'ottava, ed ultima, doglianza dei motivi aggiunti, focalizzata sull'asserito difetto di motivazione, che, a dire del ricorrente, inficerebbe (come la cancellazione dall'albo, impugnata in sede di ricorso introduttivo, che l'aveva preceduto) l'atto gravato da ultimo, il Collegio, oltre a rilevare che l'atto di cui si discute contiene, in effetti, una motivazione decisamente più ampia ed approfondita di quella, invero assai scarna, del precedente, non può che ribadire come, nel caso concreto, la giustificazione dell'atto medesimo, di necessità, s'incentri, e nel contempo non possa che esaurirsi, nel porre in risalto il deteriorarsi del vincolo fiduciario tra P. A. e dipendente, sottoposto a procedimento penale, unito alla constatazione dell'avvenuto esercizio dell'azione penale, da parte del P. M., nei suoi confronti, sì da rendere necessaria, secondo la valutazione discrezionale dell'Agenzia, ed anche allo scopo di "prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea", la sospensione dall'esercizio dell'attività di ausiliario dello spedizioniere doganale, già svolta dal ricorrente, e la sua cancellazione, fino alla definizione del procedimento penale, dall'albo, di cui all'art. 46 T.U.L.D. (il quale art. 46, segnatamente recita: "Presso ciascun Ufficio delle dogane è formato e tenuto aggiornato un registro nel quale sono elencati gli ausiliari, residenti in un comune compreso nel territorio del competente Ufficio delle dogane, che svolgono la loro attività alle dipendenze degli spedizionieri doganali abilitati alla presentazione di dichiarazioni doganali sull'intero territorio nazionale (...)"). Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 12/05/2006, n. 2656: "La sospensione cautelare facoltativa di un pubblico dipendente non esige che l'amministrazione svolga una dettagliata analisi dei fatti criminosi ascritti all'impiegato né che si diffonda nell'esame delle valutazioni effettuate in sede penale ma necessita solo dell'apprezzamento della gravità delle condotte addebitate all'interessato e dell'eventuale turbamento arrecato alla funzionalità dell'attività amministrativa dalla sua sottoposizione a procedimento penale". Conformemente alle predette osservazioni, il ricorso per motivi aggiunti dev'essere, conclusivamente, respinto. Sussistono, per la peculiarità della specie, eccezionali ragioni per compensare integralmente, tra le parti, le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui successivi motivi aggiunti, così provvede: Dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto d'interesse, l'atto introduttivo del giudizio; Rigetta i motivi aggiunti; Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del presente giudizio. Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2022, con l'intervento dei magistrati: Pierluigi Russo - Presidente Paolo Severini - Consigliere, Estensore Valerio Bello - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso, numero di registro generale 692 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da: -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'Avv. Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via (...); contro -OMISSIS-- -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliate ex lege in Salerno, al Corso (...); nei confronti per l'annullamento (per quanto riguarda il ricorso introduttivo): A) del provvedimento, -OMISSIS-, successivamente comunicato, con il quale-OMISSIS-- -OMISSIS-ha disposto "(...) la -OMISSIS-"; B) della -OMISSIS-, richiamata nel provvedimento sub A), non conosciuta; C) della nota, -OMISSIS-, sulla base del provvedimento sub A), ha comunicato che "gli ausiliari accreditati ad operare presso questo-OMISSIS-per lo spedizioniere doganale (...) risultano i Sigg. (...)"; con ciò, escludendo il ricorrente; D) di tutti gli atti, anche non conosciuti, presupposti, connessi, collegati e consequenziali; (per quanto riguarda i motivi aggiunti): A) del provvedimento, -OMISSIS-, con il quale-OMISSIS-- -OMISSIS-ha disposto "(...) la sospensione del Sig.-OMISSIS-dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi"; B) ove e per quanto occorra, -OMISSIS-, con la quale è stato trasmesso il provvedimento sub A); C) di tutti gli atti, anche non conosciuti, presupposti, connessi, collegati e consequenziali; Visti il ricorso, i motivi aggiunti ed i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'-OMISSIS---OMISSIS-; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 luglio 2022, il dott. Paolo Severini; Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue; FATTO Con l'atto introduttivo del giudizio, il ricorrente impugnava gli atti e provvedimenti, specificati in epigrafe, avverso i quali articolava plurime censure di violazione di legge e d'eccesso di potere, sotto svariati profili sintomatici. In particolare, per quanto qui rileva, il ricorrente, nelle censure ivi rubricate, rispettivamente, sub II) e sub VI) - VII), lamentava il difetto d'istruttoria e di motivazione, che a suo avviso avrebbe caratterizzato il provvedimento gravato, sub A) in epigrafe, di revoca del -OMISSIS-del 27.06.1994 e di cancellazione, del medesimo, dall'elenco degli ausiliari/collaboratori, accreditati presso -OMISSIS-. Si costituiva in giudizio -OMISSIS-, resistendo al gravame. I suddetti profili di censura erano oggetto di favorevole delibazione, in sede cautelare, da parte della Prima Sezione di questo Tribunale, la quale con ordinanza, resa all'esito della c. d. c. del 21.12.2020, accoglieva la domanda di misure interinali, presentata nell'interesse del ricorrente, compensando le spese di fase, nei seguenti termini: "Ritenuta la sussistenza del periculum in mora, in ragione del grave pregiudizio che il provvedimento impugnato determina con riferimento all'attività professionale del ricorrente, inibendone la prosecuzione; Ritenuto, altresì, fermi restando i successivi approfondimenti rimessi all'esame di merito, che la censura che si appunta sulle carenze istruttorie e motivazionali dell'atto impugnato non appaia prima facie destituita di fondamento giuridico, avuto riguardo alla mancata esplicitazione, nel corpo della revoca, di una valutazione specifica e in concreto sulla posizione del ricorrente in ordine al venir meno, per effetto delle vicende giudiziarie che lo hanno colpito, del rapporto fiduciario che deve sussistere con la P.A.; Ravvisata, pertanto, la necessità che l'intimata P.A. rivaluti la vicenda amministrativa tenendo conto di quanto sopra osservato". Seguiva il deposito, da parte dell'Amministrazione, del provvedimento con il quale, rivalutata la vicenda amministrativa de qua, alla luce del prefato arresto cautelare del Tribunale, era stata disposta "la sospensione del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi". Tale provvedimento era quindi gravato, dal ricorrente, con motivi aggiunti. In essi, il ricorrente, premesso il contenuto della predetta ordinanza cautelare -OMISSIS- si doleva della circostanza che la P. A., a suo dire sostanzialmente ignorando l'ordine di riesame, ivi espresso, avrebbe "semplicemente modificato la sanzione inflitta, da revoca a sospensione sine die", "muovendo (come per la precedente revoca: nde) dal procedimento penale nei confronti del ricorrente" (relativamente al quale lo stesso era stato attinto da ordinanza cautelare, emessa dal Tribunale di Salerno il 9.03.2020, eseguita il 5.05.2020, per i reati di cui agli artt. 110, 117, 314 c.p. ed artt. 110, 117, 61 n. 2 e 479 c. p.: nde), nonché in ritenuta "assenza di qualsivoglia motivazione, in ordine al mutamento del rapporto fiduciario". Avverso tale nuovo provvedimento, articolava, pertanto, le seguenti censure in diritto: - I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato sarebbe stato, anzitutto, "illegittimo per violazione/elusione del giudicato cautelare, di cui all'ordinanza n. 612/2020" del Tribunale, nel senso che la P.A. non avrebbe "fornito alcuna motivazione in ordine alle cause che avrebbero determinato il venir meno del rapporto fiduciario con il ricorrente", limitandosi "a richiamare - ancora una volta - il procedimento penale nei suoi confronti e a modificare la sanzione applicata, da revoca a sospensione sine die"; insufficiente, a suo avviso, la proposizione "le condotte ascritte al Sig.-OMISSIS-(...) risultano compiute all'interno degli spazi doganali ed evidenziano (...) comportamenti contrari ai canoni di deontologia professionale con (il) conseguente venir meno del requisito essenziale della fiducia dell'amministrazione di cui all'art. 45 del d. P. R. 23.01.1973 n. 43", trattandosi di "motivazione apparente", orfana di qualsivoglia "valutazione specifica ed in concreto sulla posizione del ricorrente"; del pari inadeguato, del resto, era il successivo argomento, ivi speso, dell'adozione del provvedimento "al fine di prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea", non essendo stati indicati tali presunti comportamenti lesivi, nonché essendo la vicenda penale ancora pendente, non essendo stata pronunziata alcuna sentenza definitiva in merito, essendo del resto "inconferente" il richiamo, della P. A., alla "misura cautelare di restrizione della libertà personale degli arresti domiciliari", annullata, con provvedimento dell'11.06.2020, dal Tribunale di Salerno - Sezione Riesame; - II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la P.A. aveva disposto la sospensione del ricorrente "sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria", in ciò operando una "sospensione sine die", la quale "continuerebbe a produrre effetti, anche in presenza di una sentenza di primo grado favorevole" (violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi e degli artt. 2 e 3 l. 241/90, in tema di termini procedimentali) (era citata giurisprudenza a sostegno); - III) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la disposta sospensione muoveva unicamente dalla pendenza del procedimento penale, nei confronti del ricorrente, ma in virtù dell'art. 27, co. 2, Cost., "l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva"; e in virtù dell'art. 6, co. 2, C.E.D.U., "ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata" (principio della presunzione d'innocenza); orbene, essendo stato unicamente richiesto, nei confronti del ricorrente, il rinvio a giudizio, il medesimo allo stato era solo indagato, neppure imputato; donde il contrasto con il mentovato principio; - IV) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): difettava altresì un'adeguata istruttoria, come del resto già rilevato, dal Tribunale, in sede cautelare; - V) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): la P.A. aveva disposto la sospensione, richiamando l'art. 45 del d. P. R. 43/1973, ma si trattava, ad avviso del ricorrente, di previsione normativa "del tutto inconferente"; richiamatone il testo, il medesimo poneva in risalto che essa "non prevede la sospensione dall'incarico di ausiliario", e tampoco "varrebbe, in contrario, richiamare il successivo art. 53 d. P. R. 43/1973", sia "in quanto detto articolo non è richiamato, nell'ambito del provvedimento impugnato", sia in quanto lo stesso disciplina la "sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali", non degli ausiliari; - VI) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 45 E SS. D.P.R. 43/1973 ED ARTT. 27 COST. E 6 C.E.D.U.) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): in ogni caso, l'art. 53 d. P. R. 43/1973 prevede ipotesi tipiche, per disporre la sospensione, che non ricorrevano, a suo avviso, nella specie; inoltre, il provvedimento non era affatto motivato sul punto; - VII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 DELLA MEDESIMA LEGGE) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato non era stato preceduto dalla comunicazione, al destinatario, dell'avvio del procedimento, ex artt. 7 e ss. l. 241/1990; - VIII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 21 QUINQUIES L. 241/1990 IN REL. ART. 3 DELLA MEDESIMA LEGGE) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D'ISTRUTTORIA - DEL PRESUPPOSTO - SVIAMENTO - ERRONEITÀ - PERPLESSITÀ ): il provvedimento impugnato era, altresì, illegittimo per difetto assoluto di motivazione, posto che la motivazione resa non indicava "né i presupposti di fatto né, tanto meno, le ragioni giuridiche" della determinazione assunta. L'Avvocatura Erariale depositava memoria difensiva, circa i motivi aggiunti, chiedendone il rigetto. Seguiva il deposito di memoria conclusiva, in cui il ricorrente eccepiva l'improcedibilità del ricorso introduttivo, per sopravvenuta carenza d'interesse, ed insisteva per l'accoglimento dei motivi aggiunti, sulla scorta di un recente arresto giurisprudenziale, nonché allegando la sentenza con la quale alcuni suoi coimputati, giudicati con rito abbreviato, erano stati assolti dal Tribunale di Salerno (preconizzando, quindi, un favorevole esito, anche per sé, del procedimento penale tuttora pendente). All'udienza pubblica del 12.07.2022, il ricorso era trattenuto in decisione. DIRITTO Rileva, preliminarmente, il Tribunale che, conformemente a quanto eccepito, da parte ricorrente, nella propria memoria conclusiva, l'atto introduttivo del giudizio va dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto d'interesse, atteso che il provvedimento, ivi gravato, è stato superato, sul piano della concreta lesività, da quello, impugnato in sede di motivi aggiunti. Del resto, in quest'ultimo, era specificamente disposto (contestualmente all'ivi irrogata sospensione cautelare del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario dello spedizioniere doganale), l'annullamento del provvedimento, gravato in sede di ricorso introduttivo ("Per effetto della presente disposizione il provvedimento -OMISSIS- è da considerarsi annullato"): il che non può che confermare, evidentemente, le conclusioni sopra raggiunte. L'analisi del Collegio deve quindi, di necessità, concentrarsi sui motivi aggiunti, diretti all'impugnativa del provvedimento, -OMISSIS-, con il quale-OMISSIS-- -OMISSIS-ha, per l'appunto, disposto "(...) la sospensione del Sig.-OMISSIS-dall'esercizio dell'attività di ausiliario, nei termini previsti dall'art. 45 del T.U.L.D. e (la) contestuale cancellazione dall'albo, di cui all'art. 46 del T.U.L.D., sino al provvedimento definitivo dell'Autorità giudiziaria e salvo sopravvenuti motivi". A tal fine, vale dare conto, anzitutto, del tenore testuale di tale provvedimento. In esso, il Direttore ad interim del-OMISSIS-, "visto il -OMISSIS-nei confronti del Sig.-OMISSIS-e considerato che con ordinanza cautelare del 5.05.2020 venivano contestati al medesimo i reati di cui agli artt. 110, 117, 314 c.p."; "visto il provvedimento -OMISSIS-, con cui lo scrivente Ufficio ha disposto la revoca del -OMISSIS-del 27.06.1994 e la cancellazione del -OMISSIS-, dall'elenco degli ausiliari/collaboratori accreditati presso -OMISSIS-"; "considerato che il citato provvedimento è stato impugnato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione Staccata di Salerno e che il medesimo Tribunale, con ordinanza cautelare n. 692/2020, ha rilevato che (omissis), ravvisando, altresì, la necessità di una rivalutazione della vicenda amministrativa"; "considerato che nell'ambito del menzionato -OMISSIS-, il P.M. ha formulato richiesta di rinvio a giudizio a carico del Sig. -OMISSIS- per i reati contestati in detta ordinanza"; "ritenuto che le condotte ascritte al Sig. -OMISSIS- nel p. p. n. 3631/18 R.G., risultano compiute all'interno degli spazi doganali e evidenziano, a prescindere dai profili di rilevanza penale, da valutare nella pertinente sede, comportamenti contrari ai canoni di deontologia professionale con conseguente venir meno del requisito essenziale della fiducia della amministrazione di cui all'art. 45 del d.P.R. 23.01.1973 n. 43 (T.U.L.D.)"; "considerato che la legge doganale pone il requisito della meritevole fiducia alla base del rapporto intercorrente con l'Autorità doganale, in quanto l'ausiliario nel coadiuvare il doganalista nell'espletamento di mansioni di carattere esecutivo assume ad interlocutore privilegiato dell'-OMISSIS-nell'espletamento delle attività doganali"; "Ritenuto che, al fine di prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea, sia preminente tutelare l'interesse pubblico al buon andamento dell'azione amministrativa, in attesa delle risultanze del menzionato procedimento penale"; si determinava nei sensi, sopra indicati. Ciò posto, ed iniziando ad esaminare il primo motivo aggiunto, imperniato sulla dedotta elusione dell'ordinanza cautelare del Tribunale, il cui contenuto s'è riportato in narrativa, s'osserva che lo stesso è privo di pregio, posto che - in considerazione del surriferito contenuto del provvedimento gravato - non può dirsi che sia mancata, da parte della P. A., "l'esplicitazione (...) di una valutazione specifica e in concreto sulla posizione del ricorrente in ordine al venir meno, per effetto delle vicende giudiziarie che lo hanno colpito, del rapporto fiduciario che deve sussistere con la P. A.". Le espressioni ivi adoperate, e che, ad avviso di parte ricorrente, sarebbero insufficienti od inadeguate, a tal fine, paiono viceversa al Collegio perfettamente idonee ad esprimere le ragioni del deteriorarsi di tale rapporto, fondato sull'intuitus personae (cfr. l'art. 45 T.U.L.D., dedicato al "personale ausiliario degli spedizionieri doganali", che, inter alia, prevede: "Il personale ausiliario è ammesso in dogana a condizione che riscuota la fiducia dell'amministrazione"), e tanto, in considerazione dell'intervenuta richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente (e di altri indagati) per i reati, contestati nell'ordinanza cautelare che gli applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari; che, poi, detta ordinanza sia stata annullata dal Tribunale del Riesame è circostanza non dirimente, giacché il Tribunale del Riesame (come si ricava dalla lettura dell'ordinanza del 28.05-1.06.2020, in atti) riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, nei confronti del ricorrente, ed annullava la misura de qua, in precipua considerazione del venir meno dell'esigenza cautelare, d'evitare la reiterazione di analoghi illeciti, e tanto proprio per effetto della "cancellazione -OMISSIS- dal registro degli ausiliari doganalisti"; del pari anodina si presenta, inoltre, la segnalata intervenuta assoluzione, in sede di giudizio immediato, di altri coimputati, da parte del G.U.P. del Tribunale di Salerno, e tanto per ovvie ed intuitive ragioni (non è possibile formulare, allo stato degli atti, da tale assoluzione, alcuna prognosi, circa un ana esito favorevole del giudizio, che sarà eventualmente disposto, nei confronti del ricorrente). Quanto alla seconda censura, appare dirimente, onde negarle valenza invalidante, il riferimento all'argomentazione difensiva dell'Amministrazione, espressa nella memoria in atti, secondo cui "nel caso di specie non si è in presenza della sospensione di un precedente provvedimento amministrativo, ma di una misura cautelare (ovvero la sospensione del ricorrente dall'esercizio dell'attività di ausiliario) (...), misura ovviamente correlata alla durata del giudizio". In tale ottica, rileva il Collegio essa trova la sua fonte normativa generale nell'art. 55 ter d. l.vo 165/2001, che nel regolare i rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale, nell'ultimo alinea del primo comma, significativamente sancisce: "Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente". Sicché non è pertinente il richiamo, di parte ricorrente, alla pur consolidata giurisprudenza, che stigmatizza la sospensione "sine die" di un atto o di un procedimento amministrativo, trattandosi di fenomeno di tutt'altra natura, come sopra esposto. Quanto, poi, al ventilato (nel terzo motivo aggiunto) contrasto del provvedimento impugnato con il principio generale della presunzione di non colpevolezza dell'imputato, sino alla condanna definitiva, esso è adeguatamente controbilanciato da quanto esposto nella massima che segue (sia pur riferita alla sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali, ex art. 53 T.U.L.D.): "È manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 53 comma 3 d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 (che prevede la sospensione obbligatoria dalle operazioni doganali, dello spedizioniere che abbia riportato sentenza di condanna non definitiva per reati di falso) sollevata sull'assunto che la sospensione ivi prevista confliggerebbe con l'art. 27 cost. che afferma la non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva; infatti, la presunzione di non colpevolezza non esclude la possibilità di adottare misura cautelare nei confronti dell'imputato posto che la stessa Costituzione prevede, all'art. 13 comma ultimo l'istituto della carcerazione preventiva" (T. A. R. Lazio - Latina, 16/04/1991, n. 340). Per altro verso, quanto all'osservazione per cui il ricorrente non avrebbe ancora assunto la qualità d'imputato, si consideri che, per T.A.R. Liguria, Sez. II, 9/01/2009, n. 41: "La norma di cui all'art. 53, d.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43 consente all'amministrazione l'adozione della sospensione dalle operazioni doganali nel caso di " imputazione " per un reato tra quelli contemplati dalla disposizione; il riferimento contenuto nella norma è alla imputazione, cioè a quella condizione che si assume all'atto dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero mediante la richiesta di rinvio a giudizio ex artt. 60, 405 comma 1 e 416 c.p.p., non già alla condanna". Il successivo quarto motivo aggiunto, secondo cui, nella specie, non sarebbe stata svolta, da parte -OMISSIS-, un'approfondita ed adeguata istruttoria, è tanto suggestivo, quanto infondato: stante la natura, eminentemente cautelare, del potere, di natura discrezionale, esercitato dall'Amministrazione, non si vede quale istruttoria la stessa avrebbe dovuto svolgere, ulteriore rispetto alla constatazione dell'intervenuta richiesta di rinvio a giudizio del ricorrente, per i reati già contestati, allo stesso, con l'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari, come già detto indicativa del venir meno del rapporto fiduciario che necessariamente deve sussistere tra la stessa Amministrazione e la figura dell'ausiliario dello spedizioniere doganale (il quale coadiuva, ai sensi del citato art. 45 T.U.L.D., lo spedizioniere medesimo "nell'espletamento di mansioni di carattere esecutivo"). La quinta doglianza dei motivi aggiunti, invece, censura il deficit di tassatività che affliggerebbe l'atto gravato, nella misura in cui, da un lato, l'art. 45 d. P. R. 43/73, nel tratteggiare la figura in oggetto (del "personale ausiliario degli spedizionieri doganali") non contempla affatto l'istituto della sospensione cautelare dell'ausiliario, in pendenza di procedimento penale; e, dall'altro, l'art. 53 dello stesso T.U.L.D., rubricato "Sospensione degli spedizionieri dalle operazioni doganali", sarebbe inapplicabile ai loro ausiliari. La doglianza de qua è frutto di un equivoco: la norma, legittimante il ricorso al potere di sospensione cautelare del pubblico dipendente (e, quindi, anche dell'ausiliario dello spedizioniere doganale) obiettivamente non si rinviene nell'art. 45 T.U.L.D., che si limita a delinearne in termini generali nozione e compiti (sia pur significativamente chiosando che lo stesso "è ammesso in dogana a condizione che riscuota la fiducia dell'amministrazione"); e neppure nell'art. 53 T.U.L.D., che riferendosi alla figura dello spedizioniere doganale (e non del personale, ausiliario del medesimo), non è ovviamente estensibile, stante la sua natura sanzionatoria, per analogia; bensì nel citato art. 55 ter del T. U. sul pubblico impiego (d. l.vo 165/2001), segnatamente nella riferita clausola generale dell'ultimo alinea del comma 1, secondo la quale "resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente", oltre che nei principi generali, in materia di sospensione cautelare del pubblico dipendente, che implicano la legittimità dell'allontanamento dal servizio del medesimo, sino a che la vicenda penale che l'abbia eventualmente riguardato non sia definita. Considerazioni, del tutto analoghe a quelle appena svolte, fondano, del resto, il rigetto della successiva, sesta, censura dei motivi aggiunti. Quanto, poi, alla dedotta necessità (cfr. il settimo motivo aggiunto) che l'adozione del provvedimento impugnato, da parte -OMISSIS-, fosse preceduta dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento, osserva il Tribunale come essa non sussista, nella specie, conformemente al pacifico indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale (cfr., ex multis, T. A. R. Lazio - Roma, Sez. I, 14/10/2014, n. 10319): "Essendo il provvedimento di sospensione precauzionale facoltativa dall'impiego una misura cautelare, non è richiesta la comunicazione di avvio del relativo procedimento. Infatti, mentre nelle ipotesi di instaurazione di un procedimento disciplinare al dipendente interessato deve essere data comunicazione dell'avvio del procedimento per consentire allo stesso, non solo di conoscere i relativi atti, ma altresì di svolgere adeguatamente le proprie difese, al contrario, quando l'instaurazione del procedimento è finalizzata all'adozione di un provvedimento di natura cautelare, consistente nella sospensione dal servizio del dipendente assoggettato ad un procedimento penale per un determinato titolo di reato, la partecipazione di questi al procedimento de quo non potrebbe comunque apportare alcun elemento nuovo. Per cui, in questo caso, le esigenze di celerità e tempestività con cui occorre allontanare il ricorrente dal posto di lavoro impongono di intervenire con urgenza, dispensando l'Amministrazione dal procedere alla previa comunicazione dell'avvio del procedimento di sospensione". Relativamente all'ottava, ed ultima, doglianza dei motivi aggiunti, focalizzata sull'asserito difetto di motivazione, che, a dire del ricorrente, inficerebbe (come la cancellazione dall'albo, impugnata in sede di ricorso introduttivo, che l'aveva preceduto) l'atto gravato da ultimo, il Collegio, oltre a rilevare che l'atto di cui si discute contiene, in effetti, una motivazione decisamente più ampia ed approfondita di quella, invero assai scarna, del precedente, non può che ribadire come, nel caso concreto, la giustificazione dell'atto medesimo, di necessità, s'incentri, e nel contempo non possa che esaurirsi, nel porre in risalto il deteriorarsi del vincolo fiduciario tra P. A. e dipendente, sottoposto a procedimento penale, unito alla constatazione dell'avvenuto esercizio dell'azione penale, da parte del P. M., nei suoi confronti, sì da rendere necessaria, secondo la valutazione discrezionale dell'Agenzia, ed anche allo scopo di "prevenire la possibile reiterazione di comportamenti assunti come lesivi degli interessi finanziari dello Stato e dell'Unione Europea", la sospensione dall'esercizio dell'attività di ausiliario dello spedizioniere doganale, già svolta dal ricorrente, e la sua cancellazione, fino alla definizione del procedimento penale, dall'albo, di cui all'art. 46 T.U.L.D. (il quale art. 46, segnatamente recita: "Presso ciascun Ufficio delle dogane è formato e tenuto aggiornato un registro nel quale sono elencati gli ausiliari, residenti in un comune compreso nel territorio del competente Ufficio delle dogane, che svolgono la loro attività alle dipendenze degli spedizionieri doganali abilitati alla presentazione di dichiarazioni doganali sull'intero territorio nazionale (...)"). Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 12/05/2006, n. 2656: "La sospensione cautelare facoltativa di un pubblico dipendente non esige che l'amministrazione svolga una dettagliata analisi dei fatti criminosi ascritti all'impiegato né che si diffonda nell'esame delle valutazioni effettuate in sede penale ma necessita solo dell'apprezzamento della gravità delle condotte addebitate all'interessato e dell'eventuale turbamento arrecato alla funzionalità dell'attività amministrativa dalla sua sottoposizione a procedimento penale". Conformemente alle predette osservazioni, il ricorso per motivi aggiunti dev'essere, conclusivamente, respinto. Sussistono, per la peculiarità della specie, eccezionali ragioni per compensare integralmente, tra le parti, le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui successivi motivi aggiunti, così provvede: Dichiara improcedibile, per sopravvenuto difetto d'interesse, l'atto introduttivo del giudizio; Rigetta i motivi aggiunti; Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del presente giudizio. Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2022, con l'intervento dei magistrati: Pierluigi Russo - Presidente Paolo Severini - Consigliere, Estensore Valerio Bello - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 544 del 2016, proposto da -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ge. Ma. Ca., con domicilio eletto in Salerno, al Corso (…), presso lo studio dell'avvocato An. D'A.; contro Comune di (omissis), non costituito in giudizio; nei confronti Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sa., non costituito in giudizio; per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, dell'ordinanza sindacale n. -OMISSIS-del Comune di (omissis) di rimozione e smaltimento dei rifiuti abbandonati sul suolo ivi specificato; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 1 luglio 2022 il dott. Pierluigi Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO Col ricorso in esame -OMISSIS- ha impugnato l'ordinanza, in epigrafe specificata, con cui il Comune di (omissis) ha ordinato di procedere ad horas alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti giacenti sull'area ivi specificata, di proprietà della società ricorrente. A sostegno del gravame l'instante ha dedotto i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili. L'intimato Comune di (omissis) non si è costituito in giudizio. In esito alla camera di consiglio del 20 aprile 2016 questa Sezione ha respinto la domanda cautelare. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3552 del 31.8.2016, ha accolto l'istanza cautelare proposta da -OMISSIS-, sospendendo l'efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati sulla base dei seguenti rilievi: "le censure dedotte appaiono suscettibili di favorevole esame con riferimento, in particolare, al denunciato vizio di violazione del principio delle garanzie procedimentali di cui al terzo e quarto motivo di gravame (CdS Sez. IV n. 1301/2016)". Con successive memorie parte ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso, chiedendo da ultimo il passaggio in decisione senza discussione. All'udienza di smaltimento dell'arretrato del 1° luglio 2022 - celebrata con collegamento da remoto in videoconferenza tramite Microsoft Teams - la causa è passata in decisione sulla base degli atti depositati. DIRITTO Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Va premesso che, conformemente al contenuto ed al fine cui è diretta, l'ordinanza impugnata è stata espressamente emessa in base alla potestà disciplinata dall'art. 192 del Codice dell'Ambiente in caso di accertato abbandono o deposito incontrollato di rifiuti. Precisata la qualificazione dell'ordinanza de qua nei termini sopra delineati, come rilevato in sede cautelare dal Giudice d'Appello, si palesano fondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso, coi quali la ricorrente -OMISSIS- ha lamentato che il gravato provvedimento non è stato preceduto dal necessario contraddittorio, in violazione, oltre che dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dello specifico disposto dell'art. 192, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, il quale stabilisce quanto segue: "Fatta salva l'applicazione della sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate". Sul punto va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr. in termini, ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4061; sez. II, parere 21 giugno 2013, n. 2916; sez. V, 22 febbraio 2016, n. 705; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 16 settembre 2016, n. 4336) - le cui argomentazioni sono condivise dal Collegio e vanno ribadite anche nel caso in trattazione - secondo il quale, in materia, il legislatore delegato ha inteso rafforzare e promuovere le esigenze di un'effettiva partecipazione allo specifico procedimento dei potenziali destinatari del provvedimento conclusivo; "di conseguenza, la preventiva, formale comunicazione dell'avvio del procedimento costituisce un adempimento indispensabile al fine dell'effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale con gli interessati" (Consiglio di Stato, sez. IV, 1 aprile 2016, n. 1301), non potendosi, peraltro, applicare il temperamento che l'art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 apporta alla regola generale dell'art. 7 della stessa legge. Nel caso di specie non risulta che l'avviso di avvio del procedimento sia stato comunicato all'odierna ricorrente, che ha visto pertanto leso il proprio diritto alla partecipazione procedimentale. Va considerato, peraltro, che la società instante ha dimostrato che avrebbe potuto fornire all'autorità emanante utili elementi al riguardo anche al fine di poter dimostrare l'assenza del requisito soggettivo del dolo o della colpa (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 6.2.2018, n. 752; Consiglio di Stato, Sez. IV, 3.12.2020, n. 7657), considerato che "Nell'ipotesi di abbandono di rifiuti la responsabilità deve essere sorretta dal profilo soggettivo del dolo (intenzione) o della colpa (negligenza, imprudenza). Quanto alla colpa, la diligenza che si deve pretendere da parte del proprietario del terreno deve rispondere a criteri di ragionevolezza: è escluso che lo si possa ritenere colpevole anche quando il fatto illecito sarebbe stato evitabile sopportando un sacrificio obiettivamente sproporzionato. In tale ottica, la mancata recinzione del fondo non può costituire, di per sé, prova della colpevolezza del proprietario, considerato anche che la recinzione non sempre ostacola il conferimento o lo sversamento di rifiuti, e che essa è pur sempre una facoltà del proprietario e non un obbligo". Il carattere assorbente del vizio rilevato dispensa il Collegio dall'esame dei profili di censura dedotti coi restanti motivi. In conclusione, il ricorso va accolto e, per l'effetto, va annullata l'ordinanza impugnata, fatte salve le ulteriori determinazioni dell'Autorità amministrativa. Il contributo unificato e le spese di giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sede staccata di Salerno - Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla l'impugnata ordinanza sindacale del Comune di (omissis). Condanna lo stesso Comune a rimborsare alla parte ricorrente il contributo unificato e le spese di giudizio, queste ultime liquidate complessivamente in E. 1.500,00 (millecinquecento), oltre accessori come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento dei dati idonei ad identificare la parte ricorrente. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del 1° luglio 2022 con l'intervento dei magistrati: Pierluigi Russo - Presidente, Estensore Paolo Severini - Consigliere Valerio Bello - Referendario

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1836 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da Società Agricola Vi. S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lo. Le., Ro. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lo. Le. in Salerno, corso (...); contro Comune di (omissis), Vi. Bu., Sportello Unico per L'Edilizia (S.U.E.) del Comune di (omissis), non costituiti in giudizio; Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Fo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via (...); per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo: a - del provvedimento n. 2510 del 18.09.2019, successivamente conosciuto, con il quale il Presidente del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. ha negato l'autorizzazione idraulica per un impianto serricolo, assumendo un presunto deficit di titolarità dei beni ed una pretesa incongruità del valore di coefficiente di impermeabilizzazione del Sottobacino imbrifero in cui ricade l'area oggetto di intervento; b - ove occorra, del provvedimento del SUE di (omissis) n. 3897 in data 12.08.2018, di comunicazione di avvio del procedimento (art. 7 L. 241/1990); c - di tutti gli atti istruttori, non conosciuti, collegati, connessi e conseguenziali; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Società Agricola Vi. S.S. il 26/5/2021: a - del provvedimento n. 856 del 30.03.2021 con il quale il Presidente del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. ha disposto diniego per la realizzazione dell'impianto serricolo della società ricorrente; b - del provvedimento del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. n. 220 del 29.01.2021 di comunicazione motivi ostativi, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/1990; c - ove e per quanto occorra della nota del Consorzio Bonifica in Destra Sele n. 336 del 15.02.2021 di proroga del termine per le controdeduzioni; d - ove e per quanto occorra, ancora, del provvedimento del Consorzio di Bonifica in Destra Fiume Se. n. 3451 del 21.12.2020; e - ove e per quanto occorra, infine, della nota n. 2278 del 27.08.2020; f - di tutti gli atti istruttori, non conosciuti, collegati, connessi e conseguenziali. Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Società Agricola Vi. S.S. il 6/8/2021: a - del provvedimento n. 1644 del 16.06.2021, con il quale il Presidente del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. ha disposto nuovo diniego per la realizzazione dell'impianto serricolo della Società ricorrente; b - del provvedimento del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. n. 1491 del 31.05.2021, di comunicazione motivi ostativi, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/1990; c - ove occorra, del precedente provvedimento n. 856 del 30.03.2021 di diniego per la realizzazione dell'impianto serricolo della Società ricorrente; d - ove occorra, del provvedimento del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. n. 220 del 29.01.2021 di comunicazione dei motivi ostativi, ai sensi dell'art. 10 bis L. 241/1990; e - ove occorra, infine, del provvedimento del Consorzio di Bonifica in Destra Fiume Se. n. 3451 del 21.12.2020; f - di tutti gli atti istruttori, non conosciuti, collegati, connessi e conseguenziali. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2022 la dott.ssa Anna Saporito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con atto notificato il 14 novembre 2019 e depositato il successivo 19 novembre, la società Agricola Vi. S.S. ha impugnato il provvedimento n. 2510 del 18.09.2019, con il quale il Consorzio di Bonifica in Destra del Fiume Se. ha negato l'autorizzazione idraulica per l'impianto serricolo richiesta in data 10.08.2019, sulla base dell'asserita incongruità del valore di coefficiente di impermeabilizzazione del sottobacino imbrifero in cui ricade l'area oggetto di intervento. 1.1. A supporto del gravame la ricorrente ha articolato i seguenti motivi: I - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 948 C.C.) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ ); II - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 35 - 36 - 37 E 39 STATUTO DEL CONSORZIO DI BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se.) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ ); III - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 6 BIS L. 241/90) - INCOMPETENZA - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO di DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ ); IV - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 10 BIS L. 241/1990) - VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ ). 2. Si è costituito il Consorzio di Bonifica, che ha insistito per il rigetto del ricorso siccome infondato. 3. Con ordinanza n. 598 del 18 dicembre 2019 è stata disposta verificazione al fine di accertare (cfr. decreto di correzione n. 202 del 4 febbraio 2020) "il coefficiente attuale di impermeabilizzazione del sottobacino imbrifero all'interno del quale ricade l'area in contestazione, secondo il progetto presentato dalla ricorrente, come prescritto dall'art. 12 del vigente Regolamento Consortile per gli impianti serricoli, senza tralasciare gli elaborati tecnici presentati dalle parti nel presente giudizio, verificando anche la correttezza dei dati addotti dal ricorrente a fondamento della sua domanda". 4. Concessi vari rinvii, in data 20 novembre 2020 il verificatore ha depositato la propria relazione, in vista dell'udienza pubblica del 26 gennaio 2021. 5. Con istanza del 23 dicembre 2020, cui ha aderito l'amministrazione resistente, la ricorrente ha chiesto il rinvio dell'udienza rappresentando che "il Consorzio di Bonifica, all'esito della verificazione, con provvedimento n. 3451 del 21.12.2020...ha comunicato motivi ostativi all'istanza di autorizzazione idraulica concedendo alla società ricorrente il termine di giorni 30, per adeguare il progetto ai risultati della verificazione....tale procedimento ha carattere pregiudiziale rispetto alla presente controversia in quanto, in caso di valutazione positiva del progetto adeguato, si determinerebbe la cessazione della materia del contendere". 6. Con atto di motivi aggiunti notificato il 21 maggio 2021 e depositato il successivo 26 maggio, la ricorrente ha impugnato, previa sospensiva, il provvedimento n. 856 del 30.03.2021, con il quale il Consorzio di Bonifica ha adottato un nuovo provvedimento di diniego, articolando i seguenti motivi: I - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4, 10 BIS E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ ); II - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 35 - 36 - 37 E 39 STATUTO DEL CONSORZIO DI BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se.) - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ ). 7. Il Consorzio, nel costituirsi in resistenza ai motivi aggiunti, ne ha eccepito l'improcedibilità, considerato che la ricorrente, in data 08.04.2021, ha depositato una nuova istanza ("progetto rimodulato"), in corso d'istruttoria. 8. Con ulteriore atto di motivi aggiunti notificato il 6 agosto 2021 e depositato in pari data, la ricorrente ha impugnato il nuovo provvedimento di diniego (n. 1644 del 16.06.2021) adottato dal Consorzio, formulando le seguenti censure: I - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4, 10 BIS E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 10 BIS L. 241/1990) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ ): l'azione amministrativa risulta viziata da sviamento, celando una ostinata volontà di negare a tutti i costi l'intervento serricolo mediante l'opposizione, di volta in volta, di nuove ragioni ostative; II - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4, 10 BIS E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 10 BIS L. 241/1990) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ ): il Consorzio di Bonifica ha espresso il proprio diniego per il lotto 1 in maniera del tutto contraddittoria, pur non avendo evidenziato alcuna criticità riferibile a tale lotto; III - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 7 L.R.C. 8/1995 IN RELAZIONE ARTT. 4, 10 BIS, 13 E SS. REGOLAMENTO PIANO IDRAULICO PER IL RILASCIO DELL'AUTORIZZAZIONE DEL CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA DEL Fiume Se. PER NUOVI IMPIANTI SERRICOLI) - VIOLAZIONE DI LEGGE (ART. 10 BIS L. 241/1990) - VIOLAZIONE DEL GIUSTO PROCEDIMENTO - VIOLAZIONE DEL CONTRADDITTORIO PROCEDIMENTALE - ERRORE DI FATTO - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO DEL PRESUPPOSTO - ARBITRARIETÀ - SVIAMENTO - ILLOGICITÀ - CONTRADDITTORIETÀ ): quanto al lotto 2, risulta violato l'art. 10 bis L. n. 241/1990 poiché il pericolo di esondazione non figurava fra i motivi ostativi; in ogni caso, i motivi posti a fondamento del diniego sono infondati. 9. Il Consorzio, nel costituirsi in resistenza ai secondi motivi aggiunti, ha insistito per il rigetto degli stessi in quanto infondati. 10. Con ordinanza n. 252 del 13 settembre 2021, ritenuto che "il ricorso risulta assistito da fumus boni iuris con riguardo alle doglianze relative al "Lotto 1", attesa la mancata indicazione, nel provvedimento n. 1644 del 16.06.2021, di specifiche criticità o profili ostativi riferiti a tale lotto" è stata sospesa in parte qua l'efficacia dell'atto gravato, ed è stata disposta verificazione "al fine di accertare se il progetto predisposto per il "lotto 2" - avuto riguardo alla sua collocazione, ai recapiti e alle concrete modalità realizzative, con particolare riguardo alla previsione di una vasca di laminazione munita di impianto di sollevamento meccanico - determini o accresca il rischio di esondazione, alterando le pendenze ed il regime idraulico della zona, in contrasto con le previsioni di cui al Regolamento consortile". 11. Il Consorzio di Bonifica Destra Sele, con provvedimento n. 2848 dell'11.10.2021, ha autorizzato l'impianto serricolo sul Lotto n. 1. 12. A seguito di proroga dei termini originari (concessa con ordinanza n. 2638 del 19 dicembre 2021), in data 24 marzo 2022 il verificatore ha versato in atti la richiesta relazione. Il 31 marzo 2022 il verificatore ha altresì depositato richiesta di liquidazione del compenso. 13. Previo scambio delle memorie e delle memorie di replica, all'udienza pubblica del 25 maggio 2002 la causa è stata trattenuta in decisione. 14. Preliminarmente il Collegio deve dare atto della improcedibilità del ricorso introduttivo e dei primi motivi aggiunti, essendo stati i provvedimenti con essi gravati sostituiti da nuove determinazioni del Consorzio resistente. 15. Occorre pertanto procedere a scrutinare il secondo atto di motivi aggiunti. 16. Con il primo motivo la ricorrente lamenta che l'azione amministrativa del Consorzio risulta viziata da sviamento, celando una ostinata volontà di negare a tutti i costi l'intervento richiesto mediante l'opposizione di volta in volta di nuove ragioni ostative. 16.1. Il motivo non può essere accolto, tenuto conto della complessità della vicenda amministrativa e giudiziaria, che ha comportato plurime determinazioni dell'amministrazione resistente, ognuna delle quali, alla luce del principio tempus regit actum (secondo cui i provvedimenti amministrativi, in quanto espressione attuale dell'esercizio di poteri rivolti al soddisfacimento di pubblici interessi, devono uniformarsi, sia per quanto concerne i requisiti di forma e procedimentali sia per quanto riguarda il contenuto sostanziale delle statuizioni, alle disposizioni vigenti e allo stato di fatto sussistente nel momento in cui vengono adottati) ha necessariamente tenuto conto del concreto atteggiarsi ed evolversi della situazione di riferimento, anche alla luce dei dati emersi nella presente sede giurisdizionale. 17. Procedendo con la seconda censura, il Collegio rileva che la stessa è diventata improcedibile, atteso che il Consorzio ha autorizzato l'impianto serricolo relativo al lotto 1 con il richiamato provvedimento n. 2848 dell'11.10.2021. 18. Con il terzo mezzo la ricorrente deduce la violazione dell'art. 10 bis l. 241/1990, poiché il pericolo di esondazione non figurava fra i motivi ostativi, nonché l'insussistenza delle ragioni poste a base del gravato diniego. 18.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono. 18.2. Il provvedimento n. 1644 del 16.6.2021 risulta basato sulle seguenti macro-argomentazioni: a) il sottobacino di riferimento del Lotto n. 2 non è quello del Colatore Li.; "il richiedente ha stravolto il regime idraulico facendo recapitare, mediante sollevamento meccanico, il Lotto n. 2 nel Sottobacino Colatore Li., mentre per le pendenze naturali il Lotto n. 2 verserebbe le acque invece in un sottobacino diverso da quello del "Colatore Li."; b) il Colatore Li. non è dimensionato per raccogliere le acque del Lotto n. 2 e il versamento di acque in tale Colatore potrebbe determinare pericolose esondazioni generando un sovraccarico idraulico, non sopportabile. 18.2. Con riferimento al profilo sub a), si osserva che: i) tanto il verificatore, quanto lo stesso Consorzio nella richiesta di rimodulazione di cui alla nota n. 3451 del 21.12.2020, hanno individuato il Colatore Li. quale recapito del lotto 2; ii) in particolare, già con la prima relazione il verificatore aveva a suo tempo ricondotto il lotto 2 al "sottobacino Li., Bacino Canale Al."; nella seconda relazione ha poi posto in luce - all'esito di apposito sopralluogo "atto ad appurare i) quale sia l'attuale recapito che le acque superficiali del Lotto 2 hanno, a partire dal fosso mediano del Lotto stesso e senza impianti di sollevamento" - che "il fosso centrale di drenaggio si immette, attraverso pozzetto stradale, in un canale interrato che si sviluppa al di sotto della Via (omissis) e che confluisce direttamente nel Colatore Li. che, come già accertato nella precedente Verificazione, è tributario del Canale Al.", concludendo quindi nel senso per cui "il Lotto 2 attualmente sversa le sue acque di scorrimento superficiali in una canalizzazione affluente direttamente nel Colatore Li.; il Colatore Li. afferisce idraulicamente al Canale Al."; iii) il Consorzio, con nota n. 3451 del 21.12.2020, ha a suo tempo invitato la ricorrente, alla luce delle risultanze della verificazione, a rimodulare il progetto in due lotti mediante "una soluzione che preveda due distinti scarichi, ovvero uno in un capifosso privato (Lotto 1), l'altro nel sottobacino Li."; iv) deve ritenersi non conferente alla fattispecie il divieto di scarico mediante sollevamento meccanico, di cui all'art. 20 del regolamento consortile. Va infatti considerato che il citato art. 20, con riferimento ai "bacini imbriferi di Rete Bassa, nonché nei bacini imbriferi di rete alta "De.", "Ra." e "Li." di cui agli artt. 4 e 5" prevede che "l'acqua proveniente dalle vasche di laminazione...deve essere immessa nella rete scolante di prima ricezione mediante caduta naturale, essendo assolutamente vietata l'immissione con sollevamento meccanico", mentre il successivo art. 21 stabilisce che " per gli impianti serricoli....ricadenti nei bacini imbriferi diversi da quelli indicati agli artt. nn. 4 e 5 è consentito realizzare vasche di laminazione con fondo avente profondità maggiore di quella del canale di prima ricezione", autorizzando quindi con riferimento a tale tipologia di bacini l'utilizzo di impianti di sollevamento. Sulla base di tali premesse vanno pertanto condivise le osservazioni del verificatore secondo le quali "il Lotto 2 scarica nel Colatore Li. che a sua volta scarica nel Bacino Al. in cui è espressamente consentito il sollevamento meccanico ai sensi dell'art. 21 del Regolamento Consortile", in quanto bacino diverso da quelli indicati dagli artt. 4 e 5 del regolamento. 18.3. Per quanto attiene al pericolo di esondazioni di cui al profilo sub b) - in disparte la questione relativa all'omessa menzione dello stesso nel preavviso di diniego - il verificatore ha escluso che sia ravvisabile un rischio di tal fatta, ovvero comunque un'alterazione del regime idraulico dell'area, atteso che dalle indagini effettuate è emersa una "interferenza non significativa con il deflusso già presente nei differenti manufatti presi in considerazione"; ha pertanto concluso nel senso per cui "il progetto predisposto per il "lotto 2" - avuto riguardo alla sua collocazione, ai recapiti e alle concrete modalità realizzative, con particolare riguardo alla previsione di una vasca di laminazione munita di impianto di sollevamento meccanico non determina o accresce il rischio di esondazione, non altera le pendenze ed il regime idraulico della zona in quanto non è in contrasto con le previsioni di cui al regolamento consortile". 18.4. In limine si osserva che l'amministrazione resistente, nelle ultime memorie depositate in giudizio, ha dedotto che il verificatore non avrebbe adeguatamente valutato due rilevanti circostanze, tali da comportare la legittimità del diniego, ovvero: 1) la presenza di un allaccio abusivo alla rete che collegherebbe il lotto n. 2 al colatore Li., evidenziata anche in corso di verificazione ("le acque dove è stata immessa la sostanza fluorescente giungono nel Colatore Li. attraverso un foro abusivamente aperto da terzi", cfr. osservazioni della parte resistente alla bozza di verificazione; cfr. anche note nn. 1267 del 14 aprile 2022 e n. 614 del 3 marzo 2022); 2) la carenza dell'assenso per l'utilizzo di capifosso privati, con riferimento alla previsione dell'"utilizzo di una rete ed impianto di sollevamento di proprietà di terzi" in quanto "la linea lungo la via (omissis)... nella parte finale, contrariamente al dato di fatto, non riporta la deviazione nell'ambito dell'area di proprietà Ir." (cfr. memoria di replica del Consorzio del 4 maggio 2022, nonchè nota nn. 1267 del 14 aprile 2022). Al riguardo si osserva che tali circostanze costituiscono, nella sostanza, nuovi profili ostativi al rilascio della richiesta autorizzazione che, in quanto dedotte per la prima volta in giudizio e non risultanti dal provvedimento impugnato, finiscono per rappresentare una motivazione postuma del provvedimento stesso mediante scritti difensivi. Dal mero raffronto fra le motivazioni del diniego riportate al § 18.2 e le richiamate circostanze ostative emerge infatti l'estraneità delle stesse al corredo motivazionale dell'atto gravato, così come del preavviso di diniego (nel quale il pur presente richiamo alla mancanza di assenso è tuttavia riferito a capifossi diversi dal Colatore Li., nei quali secondo la ricostruzione del Consorzio il lotto 2 dovrebbe "naturalmente versare...dovendo seguire la pendenza naturale del terreno"). Ne discende che tali circostanze ostative non possono assumere rilievo in questa sede (né a fortiori formare oggetto di un ulteriore supplemento di verificazione) costituendo ius receptum l'inammissibilità dell'introduzione in sede giudiziale di integrazioni alla motivazione fornita nel provvedimento, con la conseguenza che non rilevano ai fini del vaglio della legittimità dell'atto impugnato argomentazioni che esulano dal relativo contenuto. 19. In conclusione, il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili, mentre i secondi motivi aggiunti vanno accolti. 20. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. 21. Occorre altresì procedere alla liquidazione del compenso in favore del verificatore. Il Collegio, secondo l'orientamento espresso nell'ordinanza n. 468/2020 di questa Sezione, ritiene applicabile alla liquidazione dei compensi spettanti agli ausiliari del giudice il D.M. 30 maggio 2002 ("Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione dell'autorità giudiziaria in materia civile e penale"). Considerata l'opera prestata dal verificatore nella presente causa e le risultanze della sua attività, come utilizzate per la decisione della stessa, il Collegio ritiene congruo riconoscere in favore del prof. Paolo Villani dell'Università degli Studi di Salerno - Dipartimento di Ingegneria civile (incaricato della verificazione) il compenso per l'attività svolta nella misura complessiva e forfettaria di euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori come per legge, con la specificazione che in tale somma va ricompreso anche il rimborso della spesa sostenuta (pari ad Euro 1.500,00 come da fattura in atti) per l'operatore topografico esperto. 22. Le spese di verificazione seguono parimenti la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede: - dichiara improcedibile il ricorso introduttivo e i primi motivi aggiunti; - accoglie i secondi motivi aggiunti nei sensi di cui in motivazione; - condanna il Consorzio al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge; - dispone la liquidazione in favore del Verificatore prof. Paolo Villani dell'Università degli Studi di Salerno - Dipartimento di Ingegneria Civile della somma complessiva di euro 5.000,00, oltre accessori, a titolo di compenso per l'espletamento dell'incarico di verificazione, ponendo tale somma a carico del Consorzio resistente. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Manda alla Segreteria per la comunicazione della presente sentenza alle parti nonché al verificatore prof. Paolo Villani dell'Università degli Studi di Salerno - Dipartimento di Ingegneria civile. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2022 con l'intervento dei magistrati: Leonardo Pasanisi - Presidente Fabio Di Lorenzo - Referendario Anna Saporito - Referendario, Estensore

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