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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 625 del 2024, proposto da Ar. Co. Ge. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato An. Me., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (Omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio; per l’ottemperanza al decreto ingiuntivo n. 219/2022 emesso dal Tribunale di Vallo della Lucania, pubblicato in data 4.7.2022. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'art. 114 cod. proc. amm.; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2024 il dott. Marcello Polimeno; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato parte ricorrente ha agito ex art. 112 ss. c.p.a. per ottenere l’ottemperanza dell’amministrazione intimata al decreto ingiuntivo indicato in epigrafe. Con tale provvedimento (per come risultante all’esito del decreto di correzione di errore materiale emesso in data 11.7.2022) è stato ingiunto al Comune di (Omissis) di pagare in favore dell’odierna parte ricorrente l’importo di “€ 32.056,28, oltre interessi moratori dalla scadenza sino al soddisfo”, oltre le spese di lite (spese queste ultime non rilevanti nella presente sede stante la disposta distrazione delle stesse in favore dei difensori della parte nell’ambito del procedimento monitorio). Parte ricorrente ha evidenziato: l’avvenuta notifica del decreto ingiuntivo all’ente suddetto, l’intervenuta declaratoria di esecutività del decreto ingiuntivo, il decorso del termine di legge di 120 giorni e la mancata ottemperanza da parte dell’amministrazione intimata. Parte ricorrente ha quindi concluso in ricorso chiedendo l’ottemperanza dell’amministrazione intimata al decreto ingiuntivo predetto, nonché la nomina di un commissario ad acta in caso di persistente inerzia dell’amministrazione soccombente. 2. Non si è costituita l’amministrazione intimata. 3. Alla camera di consiglio sopraindicata la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio. 4. Va premesso che nel processo amministrativo il decreto ingiuntivo non opposto, in quanto definisce la controversia al pari della sentenza passata in giudicato, ha valore di cosa giudicata anche ai fini della proposizione del ricorso per l’ottemperanza previsto dall’art. 112, comma 2, lett. c), c.p.a., a condizione che il decreto stesso sia stato dichiarato esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c. (ex multis, TAR Emilia-Romagna, Parma, 14 maggio 2015 n. 146). 5. Ciò posto, nel caso di specie dalla documentazione prodotta da parte ricorrente emerge che: - l’azionato decreto ingiuntivo, non opposto, è stato dichiarato esecutivo ex 647 c.p.c. con provvedimento pubblicato in data 22.4.2024; - eseguita la notifica in data 22.7.2022 del titolo ai fini dell’intimazione ad adempiere, è decorso il termine dilatorio di centoventi giorni di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30; - le statuizioni contenute nel provvedimento indicato in epigrafe risultano, allo stato, non aver ricevuto esecuzione, stante anche l’assoluta mancanza di qualsiasi contraria deduzione o contestazione sul punto da parte dell’amministrazione intimata, non costituita in giudizio. 6. Ne consegue che, alla luce del rispetto delle formalità procedurali e della fondatezza della pretesa, il ricorso in esame deve essere accolto e, per l’effetto, in esecuzione dell’azionato titolo esecutivo, deve ordinarsi alla predetta amministrazione di provvedere alla corresponsione in favore di parte ricorrente entro il termine di novanta giorni (decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza) delle somme a esso spettanti per effetto del predetto titolo. 7. Per il caso di ulteriore inadempienza, si nomina sin d’ora Commissario ad acta nella persona del Direttore della Ragioneria Territoriale dello Stato di Salerno, con facoltà di delega a funzionario dell’Ufficio cui è preposto, affinché – previa formale richiesta della parte ricorrente con dichiarazione attestante la scadenza del termine sopra concesso e la perdurante inottemperanza, direttamente indirizzata al nominato Commissario o al funzionario eventualmente delegato e comunicata per conoscenza a questo Tribunale mediante deposito di copia in atti di causa – si insedi e provveda entro il termine di giorni 90 (novanta), decorrente dalla ricezione della predetta richiesta, a dare completa ed esatta esecuzione al titolo azionato, compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio, a carico e spese dell’Amministrazione inadempiente. È inoltre utile soggiungere che il Commissario ad acta dovrà procedere sia alla allocazione della somma in bilancio (ove manchi un apposito stanziamento), all’espletamento delle fasi di impegno, liquidazione, ordinazione e pagamento della spesa, nonché al reperimento materiale della somma; con la precisazione che l’esaurimento dei fondi di bilancio o la mancanza di disponibilità di cassa non costituiscono legittima causa di impedimento all’esecuzione del giudicato, dovendo il predetto organo straordinario porre in essere tutte le iniziative necessarie per rendere possibile il pagamento. Una volta espletate le indicate operazioni sarà cura dell’organismo commissariale far pervenire a questo Tribunale una dettagliata relazione sugli adempimenti realizzati e sull’assolvimento del mandato ricevuto. Il compenso per il commissario ad acta verrà determinato e liquidato successivamente. Precisa il Collegio che dovrà comunque essere rispettata la disciplina di cui all’art. 159, comma 5, T.U.E.L., in forza del quale i provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di ottemperanza non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3, previa verifica dell’esistenza e della legittimità di deliberazioni adottate ai sensi della disposizione in questione. 8. Le spese di lite seguono la soccombenza dell’amministrazione intimata e vengono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per ottemperanza come in epigrafe proposto: A) Accoglie il ricorso nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione; B) Condanna il Comune di (Omissis) al pagamento in favore di parte ricorrente delle spese di lite, che si liquidano in € 300,00 a titolo di esborsi vivi (contributo unificato) ed in € 1.000,00 per compensi professionali forensi, oltre I.V.A. e C.P.A. se dovute e nelle misure di legge, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso, con distrazione in favore dell’avv. Antonio Melucci per dichiarato anticipo; C) Manda alla segreteria di comunicare il presente provvedimento alle parti ed al Commissario ad acta nominato come da parte motiva. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2024 con l'intervento dei magistrati: Pierluigi Russo, Presidente Olindo Di Popolo, Consigliere Marcello Polimeno, Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1020 del 2021, proposto da Eu. Av. e Gi. Fr., rappresentati e difesi dall'avvocato Fr. Av., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Fl. in Salerno, via (…); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ca., Gi. Se., e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento dell'Ordinanza num. 66 del 30/3/2021 (registro generale 142 del 30/3/2021), successivamente notificata ai ricorrenti, a firma del dirigente del Settore Arch. Lu. Co. e del Funzionario in P.O. Ing. Pi. Gu.. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore il dott. Fabio Di Lorenzo nell’udienza di smaltimento del giorno 12 settembre 2024, tenuta da remoto a termini dell’art. 87, comma 4-bis c.p.a., e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Parte ricorrente ha impugnato l’Ordinanza di demolizione n. 66 del 30/3/2021 (registro generale 142 del 30/3/2021), emessa a seguito del diniego di condono avente ad oggetto la realizzazione ex novo «di un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano.... composto da soggiorno, due camere da letto e servizi igienici... (tipologia d’abuso n. 1.)» (diniego che era stato motivato dall’amministrazione intimata in ragione della zona a Rischio e pericolosità da frana molto elevata R4/P4, in area a rischio elevato di alluvioni R3 e in fascia di rispetto cimiteriale). Si è costituita l’amministrazione intimata per resistere al ricorso. All’esito dell’udienza di smaltimento del giorno 12 settembre 2024, tenuta da remoto, il Collegio ha deliberato la decisione in camera di consiglio. 2. Con il primo e il secondo motivo parte ricorrente ha lamentato l’inoperatività dei vincoli ritenuti violati dall’amministrazione (e per i quali era stato negato il condono), in quanto i vincoli di rispetto cimiteriale e di zona di rischio idrogeologico sarebbero successivi alla realizzazione delle opere, essendo sopravvenuti solo al momento della decisione dell’amministrazione sull’istanza di condono. È prospettata quindi l’illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione per vizi propri del diniego di condono. Il Collegio ritiene che i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, siano infondati. La domanda di condono (presentata con due istanze) ai sensi della l. 326/03 ha ad oggetto la realizzazione ex novo «di un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano.... composto da soggiorno, due camere da letto e servizi igienici», essendosi realizzata una “tipologia 1” degli abusi in ragione della realizzazione di nuove superfici e volumetrie, ricadendo le opere in fascia di rispetto cimiteriale, integrante vincolo di inedificabilità assoluta, ai sensi dell’art. 33 della l. 47/85. Non è dirimente quanto affermato dalla parte ricorrente, secondo cui il vincolo della fascia di rispetto cimiteriale sarebbe sorto dopo la realizzazione delle opere, in quanto in realtà esso integra un vincolo di inedificabilità assoluta, il quale, sussistendo al momento della valutazione dell’amministrazione sull’istanza di condono, integra un elemento preclusivo del condono ai sensi dell’art. 32 co. 27 lett. d) l. 326/03. In fattispecie analoga, in cui l’istanza di condono era stata rigettata per la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale successivo alla realizzazione delle opere, questo TAR (con sentenza n. 3238 del 2022) ha respinto il ricorso «sussistendo sulla zona interessata un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale. Né vale osservare che, al momento di realizzazione dell’opera abusiva, l’ampliamento dell’area cimiteriale non era ancora stato disposto e dunque la costruzione rispettava le distanze al tempo previste. Invero, ciò che conta ai fini della valutazione del vincolo è la situazione edificatoria esistente al momento in cui la domanda di condono è stata esaminata e decisa dalla P.A. Giova richiamare, a sostegno di quanto si afferma, la sentenza n. 181/2021 della Corte Costituzionale, in cui si legge: “Il tema in esame investe, a ben vedere, la questione - sulla quale si è ampiamente soffermata anche la giurisprudenza amministrativa - del momento in cui deve essere valutata l'operatività di un vincolo paesaggistico, archeologico, ambientale, idrogeologico eccetera, limitativo delle facoltà edificatorie di un'area; questione per la quale si possono immaginare in astratto tre soluzioni: il momento in cui l'opera è realizzata, quello in cui è presentata la domanda di condono e quello in cui quest'ultima è esaminata dall'amministrazione. Sotto il vigore della sola L. n. 47 del 1985 e nell'incertezza derivante da un quadro normativo (art. 32) che non prevedeva espressamente che il vincolo dovesse essere anteriore all'esecuzione delle opere abusive, i giudici amministrativi hanno offerto - limitatamente alla richiesta di parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo - una articolata gamma di soluzioni al problema del rilievo dei vincoli sopravvenuti (per un quadro di sintesi, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, decisione 22 luglio 1999, n. 20). Rispetto a queste diverse ipotesi interpretative, la citata decisione dell'Adunanza plenaria ha affermato che, "in mancanza di indicazioni univoche desumibili dal dato normativo", la questione deve essere risolta privilegiando la normativa "vigente al tempo in cui la funzione si esplica (tempus regit actum)", essendo la più idonea alla "cura del pubblico interesse, in che si concreta la pubblica funzione". Ha poi aggiunto che, "quanto alla preoccupazione che siffatta soluzione esporrebbe il singolo caso, in violazione del principio di certezza del diritto e di non disparità di trattamento, alla variabile alea dei tempi di decisione sull'istanza,... l'ordinamento appresta idonei strumenti di sollecitazione e, se del caso, di sostituzione dell'Amministrazione inerte" (sempre, Cons. Stato, adunanza plenaria, decisione n. 20 del 1999; nella stessa direzione, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 22 agosto 2003, n. 4765, e 31 ottobre 2013, n. 5274). La normativa concernente il terzo condono (art. 32, comma 27, lettera d, del D.L. n. 269 del 2003, come convertito), qui segnatamente in esame, pur facendo salve le previsioni degli artt. 32 e 33 della L. n. 47 del 1985, presenta "un ambito oggettivo più circoscritto" rispetto a quello di quest'ultima legge. Mentre, infatti, in base alla normativa del 1985 l'efficacia ostativa al rilascio del condono dei vincoli in esame era collegata al parere negativo dell'autorità preposta alla loro tutela, la disciplina del 2003 prevede che - come detto in precedenza - essi precludano senz'altro la sanatoria, al pari di quelli che comportano l'inedificabilità assoluta (in questo senso, tra le tante, sentenze n. 117 del 2015, n. 225 del 2012, n. 54 del 2009 e n. 196 del 2004, e ordinanza n. 150 del 2009....sull'interpretazione di questa normativa, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 5 agosto 2020, n. 4933, e sezione seconda, 13 novembre 2020, n. 7014). (...) Le conclusioni della richiamata giurisprudenza amministrativa meritano di essere condivise». Analogamente sono infondate le censure anche con riguardo all’insistenza degli abusi in zona a elevato rischio alluvioni (zona R3 del Piano di gestione del rischio alluvioni) e rischio e pericolosità molto elevata da frana, non essendo condivisibile l’argomento di parte ricorrente secondo cui i piani a tutela del rischio idrogeologico e delle falde acquifere non sarebbero dotati di «un sistema di norme di attuazione vincolistico sul territorio». In realtà i citati piani, pienamente efficaci, sono funzionali proprio a impedire fenomeni franosi ed alluvionali, e sono autonomamente dotati di carattere vincolante. Peraltro, a fronte della sussistenza dei citati vincoli e dell’accertato rilevante aumento di superficie e di volumetria, “non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa” (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 22 marzo 2021, n. 724; Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2017, n. 1935). Inoltre “il condono edilizio... ai sensi dell’art. 32, comma 26, del d.l. n. 269/2003 (c.d. terzo condono), su aree vincolate anche in modo relativo (art. 32 della l. n. 47/1985), è operante unicamente in relazione ai c.d. abusi minori previsti nei numeri 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al d.l. n. 269/2003, mentre non lo è in caso di c.d. abusi più gravi rientranti nei numeri 1, 2 e 3, del predetto decreto legge integranti gli estremi della nuova costruzione o della ristrutturazione edilizia” (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 21 gennaio 2022, n. 186). A fronte del legittimo diniego di condono, la successiva ordinanza di demolizione è atto vincolato e dovuto. Il primo e il secondo motivo di ricorso sono pertanto infondati. 3. Con il terzo motivo parte ricorrente ha lamentato che l’amministrazione non avrebbe valutato l’interesse a godere di una sistemazione abitativa, non emergendo tale valutazione dalla motivazione del provvedimento impugnato. È prospettata quindi l’illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione per vizi propri del diniego di condono. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata in quanto «non trova alcun spazio nel nostro ordinamento il concetto di abuso di necessità “che, nella materia urbanistica ed edilizia appresta un meccanismo di tutela "oggettivo" che, prescinde, cioè, dai motivi particolari per i quali è stato commesso l'abuso, dovendosi apprestare un sistema repressivo e sanzionatorio a presidio di beni e valori di assoluto rilievo primario assolutamente inderogabili» (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 8 gennaio 2016, n. 17). Il terzo motivo è pertanto infondato. 4. Con il quarto motivo è lamentata la illegittimità del provvedimento per l’asserita violazione dei termini di conclusione del procedimento iniziato con la presentazione della istanza di condono. È prospettata quindi l’illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione per vizi propri del diniego di condono. Il Collegio ritiene che, esclusa per i motivi già illustrati la formazione del silenzio assenso, l’asserita violazione dei termini procedimentali non determina in sé l’illegittimità del provvedimento impugnato. Infatti «In mancanza di previsioni specifiche di disciplina degli effetti (silenzio assenso, silenzio diniego) la violazione del termine assegnato all'amministrazione per espletare l'istruttoria e definire il procedimento non determinala maturazione di un provvedimento favorevole all'istante. A seguito di inerzia della PA, la parte interessata può attivare l'azione sollecitatoria; ma la scadenza del termine ordinatorio non assume caratterizzazioni sostanziali favorevoli per il privato (in termini di contenuto del provvedimento finale). Il mancato rispetto del termine, ordinatorio, rientra nel genus delle irregolarità non vizianti e non assume caratteri significativi, in termini di benefici» (T.A.R. Sardegna, sez. II, 14 giugno 2021, n. 435; TAR Campania Salerno, n. 3524 del 19.12.22). Né può essere accolta la doglianza secondo cui sarebbe stata emessa la sanzione demolitoria poco dopo i dinieghi di condono e nonostante la pendenza del ricorso proposto avverso i medesimi provvedimenti di rigetto, con violazione altresì del principio di affidamento. Infatti l’ordinanza di demolizione ha carattere dovuto e vincolato, per cui, in difetto di giusti motivi di sospensione, la demolizione deve essere disposta ed eseguita; la sospensione della demolizione non potrebbe giustificarsi per il solo fatto della impugnazione del diniego di condono, peraltro non essendo stata disposta in tale giudizio la sospensione del diniego. Né l’amministrazione era tenuta a motivare in ordine ad asseriti affidamenti: “L’ordine di demolizione è un atto vincolato ancorato esclusivamente alla sussistenza di opere abusive e non richiede una specifica motivazione circa la ricorrenza del concreto interesse pubblico alla rimozione neppure quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione non potendo configurarsi alcun legittimo affidamento in relazione a situazioni contra legem; in sostanza, verificata la sussistenza dei manufatti abusivi, l'Amministrazione ha il dovere di adottarlo, essendo la relativa ponderazione tra l'interesse pubblico e quello privato compiuta a monte dal legislatore” (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 17 gennaio 2022, n. 115). Il quarto motivo è pertanto respinto. 5. Con il quinto motivo parte ricorrente ha lamentato che, in ragione del tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso e in ragione dell’affidamento in tesi maturato, sarebbe stata necessaria una motivazione rafforzata nell’ordinanza di demolizione. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata, non essendo maturato alcun affidamento meritevole ed avendo l’ordinanza di demolizione natura vincolata di atto dovuto. Sul punto deve confermarsi l’orientamento secondo cui “il provvedimento demolitorio non necessita di alcuna speciale motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione... tenuto conto che l’ordine di demolizione di una costruzione abusiva costituisce atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di questo con gli altri interessi coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione e che nemmeno è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero decorso del tempo non sana, inibendo tale constatazione all’interessato il potere di dolersi del fatto che l’Amministrazione abbia emanato dopo lungo lasso di tempo dalla conclusione dei lavori i dovuti atti repressivi” (TAR Lazio, Roma, sez. I, Sent. 2 aprile 2014, n. 4975). Il quinto motivo è pertanto infondato. 6. Con il sesto e il nono motivo è lamentata l’insufficiente descrizione del bene nell’ordinanza di demolizione. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata, in quanto il bene è adeguatamente descritto sia nell’ordinanza di demolizione, sia in tutti gli altri atti precedenti, richiamati anche nell’ordinanza di demolizione, tra cui il diniego di condono. 7. Con il settimo motivo è lamentato che l’Ordinanza di demolizione e riduzione in pristino preannunciano l’acquisizione gratuita e la conseguente demolizione, mentre l’art. 31 dpr 380/01 stabilisce che nel caso di prevalenti interessi pubblici la demolizione va evitata, per cui la scelta di conservare l’opera spetta al Consiglio Comunale e non al Dirigente, per cui sussisterebbe il vizio di incompetenza per violazione dell’art. 31 citato. Il motivo è infondato, non sussistendo alcun vizio di incompetenza. Infatti in base al d.p.r. n. 380/01 le funzioni di repressione e vigilanza degli abusi edilizi sono svolte alternativamente dal Dirigente o dal Responsabile dell’Ufficio, che entrambi hanno sottoscritto il provvedimento impugnato. Va condiviso l’orientamento secondo cui “in ossequio ad un indirizzo interpretativo già espresso da TAR Napoli 15 gennaio 2015 n. 249, che il provvedimento adottato nell’esercizio del potere di vigilanza in materia edilizia rientra pacificamente nella competenza del dirigente ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e dell’art. 107, terzo comma, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e che l’adozione dal provvedimento da parte del funzionario (e non del dirigente) non determina alcuna incidenza sulla legittimità del provvedimento, non integrando alcuna alterazione delle competenze legislativamente stabilite delle quali sono attributari gli uffici dell’amministrazione (cfr. sul punto TAR Napoli, 15 gennaio 2015 n. 249)” (TAR Campania Salerno, n. 1644 del 20.6.22; e T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 24 marzo 2022, n. 806). 8. Con l’ottavo motivo parte ricorrente ha lamentato che gli atti impugnati non spiegherebbero in quale modo gli immobili da acquisire verrebbero poi utilizzati a fini pubblici. La censura è infondata, in quanto il futuro utilizzo dell’area che eventualmente sarà acquisita in caso di inottemperanza sarà oggetto di future valutazioni dell’amministrazione (con separati e autonomi provvedimenti), del tutto eventuali in quanto subordinate alla inottemperanza dell’ordine di demolizione. 9. Alla luce dei rilievi esposti, il ricorso è respinto. 10. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente, liquidandole in euro 1.500,00, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2024 svolta da remoto tramite Microsoft Teams con l'intervento dei magistrati: Gianmario Palliggiano - Presidente Pierangelo Sorrentino - Primo Referendario Fabio Di Lorenzo - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 695 del 2021, proposto da Eu. Av. e Gi. Fr., rappresentati e difesi dall'avvocato Fr. Av., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Fl. in Salerno, via (...); contro Comune di (omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati An. Ca., Gi. Se., e Ma. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento: A) del Provvedimento del diniego di condono del 15 2 2021 con protocollo num. 202100010669 relativo alla pratica num. 32; B) del Provvedimento di diniego di condono del 15 2 2021 con prot. Num 202100010770 pratica 44; C) di tutti e due i suddetti dinieghi successivamente notificati agli odierni ricorrenti in data 23/2/2021, emessi ad opera del II Settore del Comune di (omissis), nello specifico Governo del Territorio, Ambiente - Ufficio Condono, a firma del responsabile del procedimento Geometra Al. Si. Gr., del Funzionario in posizione organizzativa Ufficio Condono Ing. Pi. Gu. e del dirigente II Settore Arch. Lu. Co., con cui lo stesso Ufficio esprimeva parere sfavorevole e quindi il diniego dello stesso condono, rispetto a domanda di condono L. 326/2003, presentata illo tempore con prot. Num. 17889 del 30 3 2004 pratica 32 e num. 44 prot.num 17953 del 30 3 2004 per l'immobile sito alla via (omissis) num. (omissis) da parte di Av. Ma. e Av. Ge., all'epoca nella loro qualità di richiedenti il condono, per avere realizzato un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano, composto da soggiorno, cucina, due camere da letto e servizi igienico sanitari, il tutto coperto da tetto alla via (omissis) num. (omissis) in (omissis). Detti abusi sono stati realizzati alla Via (omissis) num. (omissis) e catastalmente individuati al foglio (omissis) particella (omissis) sub (omissis) categoria A/3 6,5 vani. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore il dott. Fabio Di Lorenzo nell'udienza di smaltimento del giorno 12 settembre 2024, tenuta da remoto a termini dell'art. 87, comma 4-bis c.p.a., e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Parte ricorrente ha impugnato il diniego di condono avente ad oggetto la realizzazione ex novo "di un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano.... composto da soggiorno, due camere da letto e servizi igienici... (tipologia d'abuso n. 1.)", motivato dall'amministrazione intimata in ragione dell'insistenza dell'immobile nella zona a Rischio e di pericolosità da frana molto elevata R4/P4, in area a rischio elevato di alluvioni R3 e in fascia di rispetto cimiteriale. Si è costituita l'amministrazione intimata per resistere al ricorso. All'esito dell'udienza di smaltimento del giorno 12 settembre 2024, tenuta da remoto, il Collegio ha deliberato la decisione in camera di consiglio. 2. Con il primo e il secondo motivo, parte ricorrente ha lamentato l'inoperatività dei vincoli indicati dall'amministrazione nel provvedimento impugnato, in quanto i vincoli di rispetto cimiteriale e di zona di rischio idrogeologico sarebbero successivi alla realizzazione delle opere, essendo sopravvenuti solo al momento della decisione dell'amministrazione sull'istanza di condono. Il Collegio ritiene che i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, siano infondati. La domanda di condono (presentata con due istanze) ai sensi della l. 326/03 ha ad oggetto la realizzazione ex novo "di un fabbricato composto da un locale a piano terra, con attiguo porticato, appartamento in primo piano.... composto da soggiorno, due camere da letto e servizi igienici", essendosi realizzata una "tipologia 1" degli abusi in ragione della realizzazione di nuove superfici e volumetrie, ricadendo le opere in fascia di rispetto cimiteriale, integrante vincolo di inedificabilità assoluta, ai sensi dell'art. 33 della l. 47/85. Non è dirimente quanto affermato dalla parte ricorrente, secondo cui il vincolo della fascia di rispetto cimiteriale sarebbe sorto dopo la realizzazione delle opere e solo prima della decisione dell'amministrazione sull'istanza di condono, in quanto in realtà esso integra un vincolo di inedificabilità assoluta, il quale, sussistendo al momento della valutazione dell'amministrazione sull'istanza di condono, integra un elemento preclusivo del condono ai sensi dell'art. 32 co. 27 lett. d) l. 326/03. In fattispecie analoga, in cui l'istanza di condono era stata rigettata per la sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale successivo alla realizzazione delle opere, questo TAR (con sentenza n. 3238 del 2022) ha respinto il ricorso "sussistendo sulla zona interessata un vincolo di inedificabilità assoluta di natura cimiteriale. Né vale osservare che, al momento di realizzazione dell'opera abusiva, l'ampliamento dell'area cimiteriale non era ancora stato disposto e dunque la costruzione rispettava le distanze al tempo previste. Invero, ciò che conta ai fini della valutazione del vincolo è la situazione edificatoria esistente al momento in cui la domanda di condono è stata esaminata e decisa dalla P.A. Giova richiamare, a sostegno di quanto si afferma, la sentenza n. 181/2021 della Corte Costituzionale, in cui si legge: "Il tema in esame investe, a ben vedere, la questione - sulla quale si è ampiamente soffermata anche la giurisprudenza amministrativa - del momento in cui deve essere valutata l'operatività di un vincolo paesaggistico, archeologico, ambientale, idrogeologico eccetera, limitativo delle facoltà edificatorie di un'area; questione per la quale si possono immaginare in astratto tre soluzioni: il momento in cui l'opera è realizzata, quello in cui è presentata la domanda di condono e quello in cui quest'ultima è esaminata dall'amministrazione. Sotto il vigore della sola L. n. 47 del 1985 e nell'incertezza derivante da un quadro normativo (art. 32) che non prevedeva espressamente che il vincolo dovesse essere anteriore all'esecuzione delle opere abusive, i giudici amministrativi hanno offerto - limitatamente alla richiesta di parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo - una articolata gamma di soluzioni al problema del rilievo dei vincoli sopravvenuti (per un quadro di sintesi, Consiglio di Stato, adunanza plenaria, decisione 22 luglio 1999, n. 20). Rispetto a queste diverse ipotesi interpretative, la citata decisione dell'Adunanza plenaria ha affermato che, "in mancanza di indicazioni univoche desumibili dal dato normativo", la questione deve essere risolta privilegiando la normativa "vigente al tempo in cui la funzione si esplica (tempus regit actum)", essendo la più idonea alla "cura del pubblico interesse, in che si concreta la pubblica funzione". Ha poi aggiunto che, "quanto alla preoccupazione che siffatta soluzione esporrebbe il singolo caso, in violazione del principio di certezza del diritto e di non disparità di trattamento, alla variabile alea dei tempi di decisione sull'istanza,... l'ordinamento appresta idonei strumenti di sollecitazione e, se del caso, di sostituzione dell'Amministrazione inerte" (sempre, Cons. Stato, adunanza plenaria, decisione n. 20 del 1999; nella stessa direzione, tra le tante, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 22 agosto 2003, n. 4765, e 31 ottobre 2013, n. 5274). La normativa concernente il terzo condono (art. 32, comma 27, lettera d, del D.L. n. 269 del 2003, come convertito), qui segnatamente in esame, pur facendo salve le previsioni degli artt. 32 e 33 della L. n. 47 del 1985, presenta "un ambito oggettivo più circoscritto" rispetto a quello di quest'ultima legge. Mentre, infatti, in base alla normativa del 1985 l'efficacia ostativa al rilascio del condono dei vincoli in esame era collegata al parere negativo dell'autorità preposta alla loro tutela, la disciplina del 2003 prevede che - come detto in precedenza - essi precludano senz'altro la sanatoria, al pari di quelli che comportano l'inedificabilità assoluta (in questo senso, tra le tante, sentenze n. 117 del 2015, n. 225 del 2012, n. 54 del 2009 e n. 196 del 2004, e ordinanza n. 150 del 2009....sull'interpretazione di questa normativa, Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 5 agosto 2020, n. 4933, e sezione seconda, 13 novembre 2020, n. 7014). (...) Le conclusioni della richiamata giurisprudenza amministrativa meritano di essere condivise". Analogamente sono infondate le censure anche con riguardo all'insistenza degli abusi in zona a elevato rischio alluvioni (zona R3 del Piano di gestione del rischio alluvioni) e rischio e pericolosità molto elevata da frana, non essendo condivisibile l'argomento di parte ricorrente secondo cui i piani a tutela del rischio idrogeologico e delle falde acquifere non sarebbero dotati di "un sistema di norme di attuazione vincolistico sul territorio". In realtà i citati piani, pienamente efficaci, sono funzionali proprio a impedire fenomeni franosi ed alluvionali, e sono autonomamente dotati di carattere vincolante. Peraltro, a fronte della sussistenza dei citati vincoli e dell'accertato rilevante aumento di superficie e di volumetria, "non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque di inedificabilità, anche relativa" (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 22 marzo 2021, n. 724; Cons. Stato, Sez. IV, 27 aprile 2017, n. 1935). Inoltre "il condono edilizio... ai sensi dell'art. 32, comma 26, del d.l. n. 269/2003 (c.d. terzo condono), su aree vincolate anche in modo relativo (art. 32 della l. n. 47/1985), è operante unicamente in relazione ai c.d. abusi minori previsti nei numeri 4, 5 e 6, dell'allegato 1 al d.l. n. 269/2003, mentre non lo è in caso di c.d. abusi più gravi rientranti nei numeri 1, 2 e 3, del predetto decreto legge integranti gli estremi della nuova costruzione o della ristrutturazione edilizia" (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 21 gennaio 2022, n. 186). Il primo e il secondo motivo di ricorso sono pertanto infondati. 3. Con il terzo motivo parte ricorrente ha lamentato l'illegittimità dell'impugnato diniego in quanto asseritamente disposto successivamente alla formazione del silenzio assenso sulla istanza di condono. La censura è infondata in quanto, sussistendo il vincolo cimiteriale e le descritte ragioni di inedificabilità assoluta, sulla domanda di condono non può formarsi il silenzio assenso. Occorre sul punto richiamare l'orientamento secondo cui "il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura ed il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale. L'esistenza del vincolo cimiteriale nell'area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l'inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33, L. n. 47 del 1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo. Pertanto, l'Amministrazione, nel rigettare l'istanza di condono, non è tenuta a motivare in ordine alle concrete caratteristiche del manufatto realizzato e alla sua idoneità a pregiudicare gli interessi pubblici sottesi all'imposizione del vincolo cimiteriale, essendo sufficiente il rilievo circa l'avvenuta realizzazione dell'intervento edilizio in zona sottoposta fascia di rispetto cimiteriale e, quindi, in zona gravata da vincolo comportante inedificabilità assoluta. Pertanto non era necessaria un'ulteriore motivazione a sostegno dell'impugnato diniego. Né, per gli stessi motivi, poteva essere applicato il silenzio assenso. Infatti la formazione del silenzio assenso presuppone non solo il decorso del termine assegnato all'amministrazione per la pronuncia esplicita, ma anche il ricorrere di tutte le condizioni e dei requisiti soggettivi ed oggettivi in capo al richiedente, con la conseguenza che non può ritenersi formato il silenzio assenso, e non può riscontrarsi alcun effetto abilitativo, ove l'istanza non prospetti una condizione di piena conformità al paradigma legale e non ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie" (Cons. Stato n. 6966 del 17.7.2023). Il terzo motivo è pertanto infondato. 4. Con il quarto motivo parte ricorrente ha lamentato il difetto di motivazione non emergendo gli interessi pubblici ritenuti prevalenti al fine di negare il condono. La censura è tuttavia infondata, in quanto "costituisce principio consolidato quello per cui tutti i provvedimenti che sanzionano l'attività edilizia abusiva - ivi compresi i dinieghi di sanatoria: - "sono atti vincolati che non richiedono una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare, e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (T.A.R. Campania, sezione III, sentenza n. 4972 del 2015; il principio ha trovato più ampia e definitiva formulazione nella sentenza dell'Adunanza plenaria n. 9 del 2017)"; - sicché "è legittima e doverosa l'adozione del provvedimento di diniego del condono anche quando sia trascorso un lungo periodo di tempo dalla presentazione dell'istanza (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2292), senza necessità di una specifica motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse, ulteriori rispetto a quelle inerenti al ripristino della legittimità violata" (T.A.R. Toscana, sez. III, 5 ottobre 2020, n. 1137). 5. Con il quinto motivo è lamentata la illegittimità del provvedimento per l'asserita violazione dei termini di conclusione del procedimento. Il Collegio ritiene che, esclusa per i motivi già illustrati la formazione del silenzio assenso, l'asserita violazione dei termini procedimentali non determina in sé l'illegittimità del provvedimento impugnato. Infatti "In mancanza di previsioni specifiche di disciplina degli effetti (silenzio assenso, silenzio diniego) la violazione del termine assegnato all'amministrazione per espletare l'istruttoria e definire il procedimento non determinala maturazione di un provvedimento favorevole all'istante. A seguito di inerzia della PA, la parte interessata può attivare l'azione sollecitatoria; ma la scadenza del termine ordinatorio non assume caratterizzazioni sostanziali favorevoli per il privato (in termini di contenuto del provvedimento finale). Il mancato rispetto del termine, ordinatorio, rientra nel genus delle irregolarità non vizianti e non assume caratteri significativi, in termini di benefici" (T.A.R. Sardegna, sez. II, 14 giugno 2021, n. 435; TAR Campania Salerno, n. 3524 del 19.12.22). 6. Con il sesto motivo parte ricorrente ha lamentato che l'amministrazione non avrebbe valutato l'interesse a godere di una sistemazione abitativa, non emergendo tale valutazione dalla motivazione del provvedimento impugnato. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata in quanto "non trova alcun spazio nel nostro ordinamento il concetto di abuso di necessità "che, nella materia urbanistica ed edilizia appresta un meccanismo di tutela "oggettivo" che, prescinde, cioè, dai motivi particolari per i quali è stato commesso l'abuso, dovendosi apprestare un sistema repressivo e sanzionatorio a presidio di beni e valori di assoluto rilievo primario assolutamente inderogabili" (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 8 gennaio 2016, n. 17). 7. Alla luce dei rilievi esposti, il ricorso è respinto. 8. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell'amministrazione resistente, liquidandole in euro 1.500,00, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 12 settembre 2024 svolta da remoto tramite Microsoft Teams con l'intervento dei magistrati: Gianmario Palliggiano - Presidente Pierangelo Sorrentino - Primo Referendario Fabio Di Lorenzo - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1750 del 2023, proposto da Ni. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9489694738, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. Li., Fr. Sb., Se. Gr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Ospedaliera di Rilevo Nazionale "Sa. Gi. Mo." di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ly. D'A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Società Tr. G S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Si. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Società Regionale per la Sanità - So.Re.Sa. S.p.A., non costituito in giudizio; sul ricorso numero di registro generale 46 del 2024, proposto da Società Tr. G S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG9489694738, rappresentata e difesa dall'avvocato Si. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Azienda Ospedaliera di Rilevo Nazionale "Sa. Gi. Mo." di Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ly. D'A., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Ni. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. Li., Fr. Sb., Se. Gr., Fe. Co. Al., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per l'annullamento quanto al giudizio n. RG 1750 del 2023: Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: - della Deliberazione del Direttore Generale dell'A.O.R.N. Sa. Gi. Mo. - Avellino n. 1015 del 27 settembre 2023, recante "Gara europea a procedura aperta, ai sensi del combinato disposto degli articoli 35, 60 e 164 del D.Lgs. 50/2016 e ss.mm. per l'affidamento in concessione degli spazi aziendali siti nei plessi dell'Azienda Ospedaliera Mo. da adibire alla gestione dei servizi bar-punto ristoro e distributori automatici - aggiudicazione lotti 1 e 2 in favore degli OO.EE. Tr. G S.r.l. e Ni. S.r.l.", con cui l'Azienda Ospedaliera ha disposto l'aggiudicazione del Lotto 1 (Città Ospedaliera di c.da Amoretta in Avellino) della "Procedura aperta per l'affidamento in concessione per un periodo di sette anni di spazi finalizzati alla gestione del servizio distribuzione automatica di bevande, snack, acqua, bibite nei plessi ospedalieri dell'A.O.R.N. (Città Ospedaliera di c.da in Avellino e Plesso Ospedaliero di Solofra)" - CIG: 8455662 (di seguito anche "Gara" o "Procedura") in favore della Tr. G; - della comunicazione ex articolo 76 del D.Lgs. n. 50/2016, trasmessa a mezzo pec alla Ni. in data 27 settembre 2023; - dei verbali della procedura di gara acquisiti soltanto in data 27 ottobre 2023, all'esito di istanza di accesso agli atti presentata dalla Società ricorrente in data 29 settembre 2023 e, in particolare: (i) dei verbali del seggio di gara n. 3 del 6 febbraio 2023 e n. 4 del 24 febbraio 2023; (ii) dei verbali della commissione giudicatrice di valutazione della documentazione tecnica n. I del 3 maggio 2023 e n. II del 12 maggio 2023; (iii) del verbale della commissione giudicatrice di apertura delle offerte economiche n. 8 del 6 luglio 2023; - dell'Allegato B "criteri di aggiudicazione, calcolo offerta tecnica ed economica e listino prezzi" al Disciplinare di Gara, Sezione "Criteri di valutazione dell'Offerta Tecnica" per i Lotti n. 1 e 2 relativamente: (i) al sub-criterio discrezionale "A1 - relazione esplicativa e descrittiva del servizio di gestione proposta accompagnata da elaborati grafici e layout che indichino le macchine, gli impianti, le attrezzature e gli arredi e suppellettili da fornire, nonché un progetto descrittivo della sistemazione dei locali interessati che evidenzi l'ubicazione degli arredi e delle attrezzature"; (ii) al sub-criterio discrezionale "C1 - Proposte migliorative in termini di innovazione del servizio, del confort, della qualità, e dell'efficienza del servizio proposto", ove interpretati nel senso di consentire all'operatore economico di beneficiare dei punteggi ivi previsti anche laddove la proposta progettuale non sia allineata alle prescrizioni dettate dal Capitolato Speciale d'Appalto (di seguito anche "CSA") sulla c.d. "Ubicazione dei servizi" (articolo 2); - del Bando di gara, del Disciplinare di gara, del CSA e di ogni altro atto della legge di Gara, ove diretto a ribadire e/o a supportare l'interpretazione dei criteri discrezionali A1 e C1, previsti dalla "griglia di valutazione" relativa ai Lotti n. 1 e 2 del summenzionato Allegato B al Disciplinare di Gara, sopra ipotizzata; - di ogni altro atto connesso, presupposto, antecedente, conseguenziale, collegato e/o successivo a quelli suindicati, ancorché allo stato non conosciuto; nonchè per l'aggiudicazione del Lotto 1 della Procedura in favore di Ni.; per il subentro di Ni. nel contratto eventualmente medio tempore stipulato con Tr. G S.r.l., previa declaratoria d'inefficacia di quest'ultimo, e per il risarcimento dei danni subì ti e subendi per effetto dell'adozione del provvedimento di aggiudicazione oggetto della presente impugnazione Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Società Tr. G S.r.l. il 4/12/2023: per l'annullamento dei seguenti atti e provvedimenti amministrativi: - deliberazione del Direttore Generale prot. n. 1015 del 27 settembre 2023 di approvazione degli atti di gara nella parte in cui è approvata l'ammissione della ricorrente principale Ni. alla gara per il lotto n. 1; verbale del seggio di gara n. 2 del 26 gennaio 2023 nella parte in cui ammette la ricorrente principale Ni. alla gara per il lotto n. 1; verbale della Commissione Giudicatrice n. 1 del 27 aprile 2023 nella parte relativa all'offerta della ricorrente principale Ni. per il lotto n. 1; verbale della Commissione Giudicatrice di valutazione della documentazione tecnica n. II del 3 maggio 2023 relativa all''''offerta della ricorrente principale Ni. per il lotto n. 1; verbale della Commissione Giudicatrice n. 8 del 6 luglio 2023 nella parte relativa all'offerta della ricorrente principale Ni. per il lotto n. 1, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ancorché sconosciuto, sempre nella parte relativa all'offerta della ricorrente principale Ni. per il lotto n. 1. quanto al giudizio n. RG 46 del 2024: per l'annullamento per quanto riguarda il ricorso introduttivo, dei seguenti atti e provvedimenti amministrativi: - della deliberazione del Direttore Generale dell'AORN Mo. prot. n. 1345 del 14 dicembre 2023 di revoca della aggiudicazione alla società Tr. G della gara per il servizio di gestione del bar - punto di ristoro della Città ospedaliera Sa. Gi. Mo., lotto n. 1, aggiudicazione disposta con deliberazione del Direttore Generale prot. n. 1015 del 27 settembre 2023, ed è stato disposto lo scorrimento della graduatoria in favore del secondo in graduatoria, società Ni. srl, comunicata via PEC in data 15 dicembre 2023; - della deliberazione del Direttore Generale dell'AORN Mo. prot. n. 1286/2023 del 4 dicembre 2023 di sospensione della detta aggiudicazione alla società Tr. G, comunicata via PEC in data 5 dicembre 2023; - del parere legale, acquisito con nota prot. AOM - 0034150- 2023 del 15 novembre 2023, del Direttore della Unità Operativa Complessa Affari Legali, confermato con nota AOM - 0047531 del 29 novembre 2023; - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale. Per quanto riguarda il ricorso incidentale presentato da Ni. S.r.l. il 19/1/2024, per l'annullamento: - della deliberazione del Direttore Generale dell'AORN Mo. prot. n. 1345 del 14 dicembre 2023 di revoca dell'aggiudicazione alla società Tr. G della gara per il servizio di gestione del bar-punto ristoro della Città ospedaliera Sa. Gi. Mo., lotto n. 1, aggiudicazione disposta con deliberazione del Direttore Generale prot. n. 1015 del 27 novembre 2023, ed è stato disposto lo scorrimento della graduatoria in favore del secondo in graduatoria, società Ni. srl, comunicata via PEC in data 15 dicembre 2023. Visti i ricorsi e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Azienda Ospedaliera di Rilevo Nazionale "Sa. Gi. Mo." di Avellino, delle Società Tr. G S.r.l. e della Ni. S.r.l.; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli articoli 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 la dott.ssa Rosa Anna Capozzi e uditi per le parti i difensori Grillo Sergio, D'Amore Lydia e Garofalo Silvio; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso iscritto al n. RG 1750/2023, notificato il giorno 11 novembre 2023 e depositato il successivo 15 novembre 2023, la società Ni. s.r.l., premettendo di aver preso parte alla procedura Aperta, approvata con Deliberazione del Direttore Generale n. 69/2022, per "l'affidamento in concessione per un periodo di sette anni di spazi finalizzati alla gestione del Servizio di Bar, Posto di Ristoro e Servizio distribuzione automatica di bevande, snack, acqua, bibite nei plessi ospedalieri dell'A.O.R.N. (Città Ospedaliera di c.da in Avellino e Plesso Ospedaliero di Solofra)", da aggiudicarsi con applicazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi degli articoli 60 e 95 del D.Lgs. n. 50/2016, suddivisa in tre lotti, ed essendosi classificata al secondo posto nella graduatoria finale relativamente al Lotto 1, ha chiesto l'annullamento, previa sospensiva, dell'aggiudicazione disposta in favore della società Tr. G s.r.l., con Deliberazione n. 1015 del 27 settembre 2023. 1.1. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi, entrambi relativi all'irrealizzabilità della proposta progettuale presentata dall'aggiudicataria Tr. G s.r.l.: I. Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 95, comma 8 del d.lgs. n. 50/2016 - eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto per offerta tecnica viziata da c.d. "aliud pro alio" e/o "condizionata" in relazione alle previsioni di cui all'articolo 2 del CSA e dei criteri di aggiudicazione dell'offerta tecnica a.1 e c.1 di cui all'allegato b al disciplinare di gara - difetto d'istruttoria - violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, efficienza ed efficacia dell'agire amministrativo - illogicità e abnormità ; II. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto in relazione ai criteri di aggiudicazione dell'offerta tecnica di cui all'allegato b al disciplinare di gara - difetto d'istruttoria - violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, efficienza ed efficacia dell'agire amministrativo - illogicità e abnormità . 1.2. Parte ricorrente ha, altresì, richiesto la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto eventualmente sottoscritto dall'Amministrazione resistente con la controinteressata società Tr. G s.r.l. ed il conseguente subentro nello stesso, ovvero il risarcimento del danno per equivalente. 1.3. Nel giudizio così introdotto si sono costituiti in resistenza la controinteressata società Tr. G s.r.l. e l'Azienda Ospedaliera di Rilevo Nazionale "Sa. Gi. Mo." di Avellino (d'ora in poi "AORN Sa. Gi. Mo."), chiedendo il rigetto del ricorso. 1.4. Con atto notificato e depositato il 4 dicembre 2023 la società Tr. G s.r.l. ha proposto ricorso incidentale avverso la deliberazione del Direttore Generale prot. n. 1015 del 27 settembre 2023 di approvazione degli atti di gara nella parte in cui è approvata l'ammissione della ricorrente principale Ni. alla gara per il lotto n. 1 e degli atti presupposti sulla base del motivo così di seguito rubricato: I- Violazione dell'articolo 83 comma 1 e comma 3 D. Lgs. n. 50/2016. Violazione dell'articolo 8.1 lett. a) del disciplinare di gara rubricato "requisiti di idoneità " laddove prevede per la partecipazione il requisito dell'iscrizione da almeno cinque anni nei registri della CC.II.AA. per attività coerenti con quelle oggetto di gara (gestione servizio del bar - punto di ristoro - tavola calda - servizio di distribuzione automatica di bevande, snack e bibite) e dell'articolo 13 del disciplinare di gara laddove prevede l'esclusione dalla gara per la mancanza dei requisiti di partecipazione. 1.5. Alla camera di consiglio del 6 dicembre 2023 la ricorrente ha rinunziato alla richiesta alla misura cautelare, in quanto, nelle more, l'AORN "Sa. Gi. Mo." ha disposto la sospensione dell'efficacia della Delibera del Direttore Generale n. 1015 del 27 settembre 2023, per ciò che concerne l'aggiudicazione del Lotto 1, in favore dell'operatore economico Tr. G s.r.l., prevedendo che la sospensione "è subordinata all'esito delle attività di verifica circa il possesso dei requisiti di cui all'articolo 80 del D.Lgs. 50/2016 in capo alla società aggiudicataria". 1.6. Dato atto di ciò è stata fissata, per la discussione del ricorso nel merito, la pubblica udienza del 10 aprile 2024. 2. Con il ricorso iscritto al n. RG 46 del 2024 la società Tr. G s.r.l. ha, invece, impugnato la deliberazione del Direttore Generale dell'AORN "Sa. Gi. Mo." prot. n. 1345 del 14 dicembre 2023 di revoca della aggiudicazione alla società Tr. G della gara per il servizio di gestione del bar - punto di ristoro della Città ospedaliera Sa. Gi. Mo., lotto n. 1, ed è stato disposto lo scorrimento della graduatoria in favore del secondo operatore economico in graduatoria, società Ni. s.r.l., comunicata via PEC in data 15 dicembre 2023. 2.1. La società Tr. G s.r.l. espone di avere partecipato alla procedura aperta indetta dall'AORN "Sa. Gi. Mo." conseguendo l'aggiudicazione del Lotto 1, e che solo nella fase di verifica dei requisiti sarebbe emersa una irregolarità fiscale, avendo il provvedimento di revoca della aggiudicazione richiamato, in punto di fatto, la corrispondenza intercorsa con Agenzia delle Entrate - Riscossione, che ha comunicato la irregolarità fiscale della società Tr. G alla data del 28 settembre 2023, siccome lo sgravio delle cartelle di pagamento pendenti a carico della società Tr. G e i relativi pagamenti sarebbero avvenuti dopo la data del 28 settembre 2023. 2.2. Avverso tale provvedimento di revoca e i relativi atti presupposti, la società Tr. G s.r.l. ha chiesto l'annullamento, previa sospensione della loro efficacia, deducendo le seguenti censure: I. Sviamento di potere, per aver l'AORN Sa. Gi. Mo. revocato l'aggiudicazione alla società Tr. G pur avendo contezza della regolarità fiscale della società Tr. G, anche alla data della aggiudicazione, 27 settembre 2023, e senza considerare la certificazione di regolarità fiscale datata 28 settembre 2023 proveniente dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione; II. Violazione dell'articolo 80 comma 4 D. Lgs. n. 50/2016. Violazione dell'articolo 3 L. n. 241/90. Falsità ed illogicità della motivazione. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per non aver l'AORN Sa. Gi. Mo. preso in considerazione la certificazione del 10 novembre 2023 dell'Agenzia delle Entrate e del 21 dicembre 2023 dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione; III. Violazione dell'articolo 83 comma 1 e comma 3 D. Lgs. n. 50/2016. Violazione dell'articolo 8.1 lett. a) del disciplinare di gara rubricato "requisiti di idoneità " laddove prevede per la partecipazione il requisito dell'iscrizione da almeno cinque anni nei registri della CC.II.AA. per attività coerenti con quelle oggetto di gara (gestione servizio del bar - punto di ristoro - tavola calda - servizio di distribuzione automatica di bevande, snack e bibite) e dell'articolo 13 del disciplinare di gara laddove prevede l'esclusione dalla gara per la mancanza dei requisiti di partecipazione. 2.3. La società Tr. G s.r.l. ha, altresì, richiesto la declaratoria di inefficacia e di subentro del contratto stipulato tra l'AORN Mo. e la società Ni., nonché, in subordine, di risarcimento del danno per equivalente. 2.4. Nel giudizio così proposto si sono costituiti in resistenza l'AORN "Sa. Gi. Mo." e la società Ni. s.r.l. che hanno chiesto il rigetto dell'impugnazione. 2.5. Con atto notificato e depositato in data 19 gennaio 2024 la società Ni. s.r.l. ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale sulla base dei seguenti motivi: A. Violazione e/o falsa applicazione della legge di gara (articolo 2 del CSA) - eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto per offerta tecnica viziata da c.d. "aliud pro alio" e/o "condizionata" in relazione alle previsioni di cui all'articolo 2 del CSA - difetto d'istruttoria - violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, efficienza ed efficacia dell'agire amministrativo - illogicità e abnormità ; B. Violazione e/o falsa applicazione della legge di gara con riferimento ai criteri di aggiudicazione dell'offerta tecnica a.1 e c.1 di cui all'allegato b al disciplinare di gara - eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto in relazione ai criteri di aggiudicazione dell'offerta tecnica di cui all'allegato b al disciplinare di gara - difetto d'istruttoria - violazione dei principi di buon andamento, imparzialità, efficienza ed efficacia dell'agire amministrativo - illogicità e abnormità . 2.6. All'esito della camera di consiglio del 24 gennaio 2024, fissata per la delibazione dell'istanza cautelare, il Collegio, con ordinanza n. 33 del 25 gennaio 2024, ha ritenuto che "al sommario vaglio della fase cautelare, salva e impregiudicata qualsiasi successiva valutazione di merito del Collegio, sussista il fumus boni iuris del ricorso principale, con particolare riguardo alla seconda censura relativa al vizio di motivazione del provvedimento del Direttore Generale dell'A.O.R.N. "Mo." prot. n. 1345 del 14 dicembre 2023" e ha rilevato "che l'Amministrazione non si è ancora pronunciata in merito alla nota della Agenzia delle Entrate - Riscossione del 21 dicembre 2023, susseguente alle note dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione del 31 ottobre 2023, del 3 novembre 2023 e del 7 dicembre 2023, nonché del parere legale del 7 novembre 2023 richiamati nella delibera del 14 dicembre 2023 ivi impugnata", ritenendo, pertanto, "necessario che l'Amministrazione resistente prenda in considerazione i profili di illegittimità dedotti in relazione all'attestazione resa a seguito dell'istanza del 2 novembre 2023 presentata dalla ricorrente all'Agenzia delle Entrate-Riscossione, mediante riesame - nei limiti ed ai sensi di quanto sopra esplicitato - della posizione dell'odierna ricorrente, da effettuarsi entro il termine di giorni 30 (trenta) dalla notificazione, o, se anteriore, dalla comunicazione della presente ordinanza". Il Collegio ha, quindi, accolto la domanda cautelare e sospeso "l'esecuzione del provvedimento impugnato, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, onerando la resistente Azienda Ospedaliera di Rilevo Nazionale "Sa. Gi. Mo." di Avellino del rinnovato esame della posizione della ricorrente, secondo quanto specificato in motivazione", fissando l'udienza pubblica del 22 maggio 2024. 2.6.1. In data 22 febbraio 2024, la difesa dell'AORN "Sa. Gi. Mo." ha depositato una memoria con la quale ha rappresentato che "l'AORN Sa. Gi. Mo., così come richiesto, ha proceduto al riesame della posizione fiscale della ricorrente Tr. G in merito alla nota della Agenzia- Riscossione del 21/12/2023 in considerazione dei profili di illegittimità dedotti in relazione all'attestazione resa dall'Agenzia Entrate riscossione", confermando le valutazioni già espresse. 2.7. Con decreto presidenziale n. 51 del 14 marzo 2024, a seguito di istanza congiunta delle parti, l'udienza pubblica già fissata per il giudizio n. RG 1750/2023 è stata rinviata alla data del 22 maggio 2024. 2.8. In vista di quest'ultima udienza le parti hanno depositato memorie nelle quali hanno svolto ulteriori difese in entrambi i giudizi. 2.9. Con ordinanza n. 1144, pubblicata in data 23 maggio 2024, il Collegio, in relazione al giudizio n. 46/2024, ha fissato nuova udienza di discussione del merito alla data del 25 settembre 2024, ritenendo necessaria l'acquisizione "di una dettagliata relazione di chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate di Avellino, in persona del Direttore pro tempore, nella quale si precisi: - quale fosse la posizione debitoria della società Tr. G s.r.l. nei confronti dell'amministrazione finanziaria alla data del 24 gennaio 2023 (termine di presentazione delle offerte per la procedura di gara de qua), indicando l'entità complessiva e la composizione del debito tributario; - se a quella data la società Tr. G s.r.l. avesse commesso violazioni definitivamente accertate relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse, precisando in base a quali criteri il debito viene considerato dall'Agenzia delle Entrate definitivamente accertato e fornendo le dovute indicazioni in merito ai singoli eventuali debiti della società Tr. G s.r.l.; - con specifico riferimento alle cartelle di pagamento oggetto dei provvedimenti di sgravio elencate nella succitata nota dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione del 21 dicembre 2023, si chiede di chiarire se, oltre alle stesse, alla data del 28 settembre 2023, risultassero ulteriori violazioni definitivamente accertate; - quale sia la posizione fiscale della società Tr. G s.r.l. alla data di comunicazione della presente ordinanza e fino alla data di deposito della richiesta relazione di chiarimenti". 2.10. Con ordinanza collegiale n. 1143/2024 è stato, quindi, disposto il rinvio anche del ricorso n. RG 1750/2023 alla nuova pubblica udienza del 25 settembre 2024, nella quale era già fissato il ricorso n. 46 del 2024, in considerazione della circostanza che tra i due ricorsi "sussiste un rapporto di pregiudizialità, atteso che la decisione della presente controversia presuppone la preliminare definizione del giudizio n. R.G. 46/2024 avente ad oggetto l'impugnazione, in via principale, della deliberazione del Direttore Generale dell'AORN Mo. prot. n. 1345 del 14 dicembre 2023 di revoca della aggiudicazione alla società Tr. G della gara per il servizio di gestione del bar - punto di ristoro della Città ospedaliera Sa. Gi. Mo., lotto n. 1, ed è stato disposto lo scorrimento della graduatoria in favore del secondo in graduatoria, società Ni. srl, comunicata via PEC in data 15 dicembre 2023". 2.11. In data 19 luglio 2024 l'Agenzia delle Entrate ha depositato, nel giudizio n. 46/2024, la relazione di chiarimenti così come disposto dall'ordinanza collegiale n. 1144/2024. 2.12. A seguito della discussione alla pubblica udienza del 25 settembre 2024, previo deposito di ulteriori memorie, entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione. 3. Evidenti profili di connessione soggettiva ed oggettiva impongono la riunione dei ricorsi numeri 1750/2023 e 46/2024 RG. 3.1. Il Collegio reputa, peraltro, di procedere con il preventivo esame di quest'ultimo (RG 46/2024) in quanto il relativo esito condiziona, per quanto sopra accennato, la permanenza dell'interesse alla decisione del primo (RG 1750/2023). 3.2. Il Collegio deve, quindi, nell'ambito del giudizio n. RG 46/2024 affrontare preliminarmente il tema dell'ordine di decisione dei ricorsi. 3.2.1. Secondo il più recente orientamento giurisprudenziale in aderenza alla pronuncia della Corte di Giustizia UE, Sez. X, sentenza 5 settembre 2019, C 333/18, l'ordo questionum impone oggi di dare priorità al gravame principale e ciò in quanto, mentre l'eventuale fondatezza del ricorso incidentale non potrebbe in ogni caso comportare l'improcedibilità del ricorso principale, l'eventuale infondatezza del ricorso principale consentirebbe di dichiarare l'improcedibilità del ricorso incidentale, con conseguente economia dei mezzi processuali. Ne consegue, quindi, un mutamento del rapporto di priorità logica tra ricorso principale e ricorso incidentale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 03 marzo 2022, n. 1536). 3.2.2. Ciò posto, nella segnalata ottica di economia processuale, verrà esaminato in via prioritaria il ricorso principale. 4. Con i primi due motivi di ricorso, la società Tr. G s.r.l. ha contestato la legittimità del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione del Lotto 1, in quanto fondato sul presupposto, asseritamente erroneo, della sua irregolarità fiscale. 4.1. In particolare, la società Tr. G ha sostenuto di possedere il requisito della regolarità fiscale alla data del 28 settembre 2023, così come per tutta la durata della gara, come certificato sia dall'Agenzia delle Entrate, in data 10 novembre 2023, sia dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione, in data 21 dicembre 2023. 4.1.1. Come noto, l'articolo 80, comma 4, del D.Lgs. n. 50/2016, ratione temporis applicabile alla procedura di gara in esame, prescrive l'esclusione dalla gara dell'operatore economico che ha "commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti". Con riferimento ai casi di irregolarità fiscali, la citata disposizione precisa che le violazioni risultano gravi quando "comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602", cioè maggiore di euro 5.000,00; devono poi intendersi come definitivamente accertate se "contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione". Le violazioni definitivamente accertate sono, difatti, quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili e - per pacifica giurisprudenza - "quest'ultima condizione di pagamento è data per verificata con la notifica della cartella esattoriale" (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, sezione III, 8 aprile 2022, n. 4156; Consiglio di Stato, sezione III, 18 dicembre 2020, n. 8148 e Id., sezione V, 5 maggio 2016, n. 1783), salvo il caso in cui l'operatore economico dimostri di non aver ricevuto gli avvisi di accertamento presupposti o dimostri che questi ultimi siano già stati oggetto di impugnazione, prima della notificazione delle cartelle di pagamento (Consiglio di Stato, n. 8148/2020, n. 856/2018 e n. 1783/2016; T.A.R. Lazio, Roma, n. 1455 e n. 1456/2022; T.A.R. Sicilia, Catania n. 1544/2022; T.A.R. Molise, n. 82/2023), 4.1.2. Vanno poi riportati i principi ribaditi di recente dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza del 24 aprile 2024, n. 7, secondo i quali: - i certificati rilasciati dalle autorità competenti, in ordine alla regolarità fiscale o contributiva del concorrente, hanno natura di dichiarazioni di scienza e si collocano fra gli atti di certificazione o di attestazione facenti prova fino a querela di falso, per cui si impongono alla stazione appaltante, esonerandola da ulteriori accertamenti (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; 4; Id., Sez. III, 18 dicembre 2020 n. 8148; Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682); - è necessario che i requisiti di ammissione previsti dalla lex specialis siano posseduti dal concorrente a partire dal momento della presentazione dell'offerta e sino alla stipula del contratto e poi ancora fino all'adempimento dell'obbligazione contrattuale (ex plurimis, Consiglio di Stato, Ad. Plen. 20 luglio 2015, n. 8; Id., Sez. V, 2 maggio 2022, n. 3439; Id., Sez. IV, 1° aprile 2019, n. 2113), discendendone l'onere dichiarativo in capo all'operatore economico concorrente, ricondotto all'articolo 1, comma 1-bis, della legge 241/1990, nonché il correlativo dovere della stazione appaltante di compiere i relativi accertamenti con riguardo all'intero periodo (Consiglio di Stato, Ad. Plen., 20 luglio 2015, n. 8; Id., Sez. IV, 4 maggio 2015, n. 2231; Id., Sez. III, 10 novembre 2021, n. 7482). 4.1.3. Tale secondo principio è stato desunto anche dall'articolo 80, comma 6, del D. Lgs. n. 50 del 2016, il quale stabilisce che: "Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5". Nel nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 36/2023), tale principio è addirittura divenuto una regola espressa in quanto, all'articolo 96, è stato previsto specificamente l'onere dell'operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e delle misure adottate, tanto che, al comma 14 del citato articolo, viene chiarito che l'omissione di tale comunicazione o la non veridicità della medesima, pur non costituendo di per sé causa di esclusione, può rilevare ai sensi della valutazione sulla sussistenza di una condotta integrante illecito professionale. 4.1.4. Con specifico riguardo al requisito concernente l'assenza di debiti tributari, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la già citata sentenza del 24 aprile 2024, n. 7, ha, poi, sostenuto che "la certificazione rilasciata dall'amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell'articolo 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l'intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell'offerta sino alla stipula del contratto" e che "per quanto riguarda la certificazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate, ovvero dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), per la consolidata giurisprudenza compete al giudice amministrativo accertare, in via incidentale (ossia senza efficacia di giudicato nel rapporto tributario o previdenziale/assistenziale), nell'ambito del giudizio relativo all'affidamento del contratto pubblico, la idoneità e la completezza della certificazione presa in considerazione, quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal concorrente (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023)". 4.1.5. Infine, rileva nel caso in esame, anche il principio, condiviso dalla dottrina più attenta e dalla giurisprudenza prevalente (che continua, peraltro, a essere pienamente valido anche nel nuovo assetto normativo degli appalti dettato dal D.Lgs. 36/2023), secondo il quale si realizza la novazione del debito tributario a seguito dell'accoglimento dell'istanza di rateizzazione presentata dal contribuente con riferimento ad un carico tributario portato in un atto impositivo divenuto definitivo per omessa impugnazione. Anche sul punto si è pronunciata l'Adunanza Plenaria, con sentenza n. 15 del 2013, con la quale ha precisato che "la rateizzazione si traduce in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo - costitutivo che dà luogo a una novazione dell'obbligazione originaria. L'ammissione alla rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l'esigibilità, implica quindi la sostituzione dell'originaria obbligazione a seguito dell'insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui agli articoli 1230 e seguenti del codice civile. Il risultato è la nascita di una nuova obbligazione tributaria, caratterizzata da un preciso piano di ammortamento e soggetta a una specifica disciplina per il caso di mancato pagamento delle rate". La rateizzazione, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l'esigibilità, cancella l'originario inadempimento dei destinatari degli atti impositivi e consente a questi ultimi di presentarsi alle procedure di evidenza pubblica gravati di un nuovo debito tributario non ancora scaduto ed esigibile, sfuggendo alla causa di esclusione di cui all'articolo 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016. 4.7. Nella fattispecie in esame, il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione del Lotto 1 alla società Tr. G riporta che "dai controlli effettuati in capo alla società aggiudicataria del lotto1 è emersa una irregolarità fiscale definitivamente accertata così come dichiarato nel documento pervenuto mediante piattaforma ANAC N. 10224131 del 27/09/2023" e che "al fine di approfondire la posizione dell'O.E. aggiudicatario nei confronti del Fisco si è proceduto a richiedere in primis alla Direzione Provinciale territorialmente competente dell'Agenzia delle Entrate di voler fornire tutte le informazioni utili a chiarire la posizione fiscale del partecipante e di specificare le fattispecie che hanno sancito l'irregolarità fiscale dello stesso (cfr. nota prot. AOM-0030520 del 13/10/2023) e successivamente anche all'Agenzia delle Entrate-Riscossione territorialmente competente". In motivazione è, poi, evidenziata l'instaurazione del contraddittorio procedimentale sul punto con la società aggiudicataria, concludendo nel senso che "l'O.E. ha fornito un riscontro parziale a quanto sopra richiesto, chiarendo la propria posizione fiscale alla data del 24/01/2023 [...] e non fornendo le informazioni richieste e utili a chiarire la propria posizione fiscale "(...) a far data dal 24/01/2023 e, quindi, fino alla data odierna (...)"". Il provvedimento considera, poi, che: - "il competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate-Riscossione, in data 31/10/2023 (...), ha attestato che "(...) alla data di elaborazione, il debito complessivo riferibile al codice fiscale interrogato risultava superiore alla soglia di 5.000 euro (IRREGOLARITÀ FISCALE) (...)""; - il parere legale richiesto alla U.O.C. Affari Legali aziendale ha asserito che l'Azienda deve disporre l'esclusione dell'O.E.; - l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, con nota del 7 dicembre 2023, ha di fatto confermato l'irregolarità dell'O.E. alla data del 27 settembre 2023. 4.8. Nella relazione di chiarimenti depositata dall'Agenzia delle Entrate- Direzione Provinciale di Avellino in data 19 luglio 2024, in ottemperanza alla richiesta istruttoria di questo Tribunale, si legge poi: "Per quanto riguarda la posizione debitoria della società Tr. G s.r.l. nei confronti dell'amministrazione finanziaria alla data del 24 gennaio 2023 si comunica che a carico di tale soggetto NON risultavano violazioni definitivamente accertate, così come intese ai sensi e gli effetti dell'articolo 80, comma 4, del D. Lgs. N. 50/2016 (modificato dal D. Lgs. 31 marzo 2023, N. 36) - Codice dei Contratti Pubblici. A carico di tale soggetto, peraltro, risultavano violazioni non definitivamente accertate, valutabili dalla stazione appaltante ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 6, del Decreto Legge n. 76/2020 (trattavasi di comunicazioni e cartelle di pagamento in corso di rateazione e/o oggetto già di definizione agevolata per rottamazione con Agenzia delle Entrate - Riscossione) [...] Con specifico riferimento alle cartelle di pagamento di pagamento indicate nel certificato alla data del 28 settembre 2023 (notificate dopo il 24/01/2023), oggetto dei successivi provvedimenti di sgravio da parte di questo ufficio, si precisa che, a quella data (28/09), non esistevano ulteriori violazioni definitivamente accertate a carico della società Tr. G s.r.l.. 4. Alla data odierna la posizione fiscale della società Tr. G srl è la seguente: a carico della società Tr. G srl NON risultano gravi violazioni definitivamente accertate.". 5. Orbene, il Collegio ritiene che l'articolata motivazione del provvedimento impugnato, frutto di un'accurata istruttoria, dimostrata dalle numerose interlocuzioni con gli uffici dell'Agenzia delle Entrate, sia del tutto conforme al quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento e resista, pertanto, alle censure di parte ricorrente, dovendosi in proposito considerare dirimente la circostanza che la società Tr. G s.r.l. non ha effettivamente posseduto con continuità il requisito della regolarità fiscale a partire dalla data di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione alla procedura di gara oggetto di causa fino alla data odierna. 6. Ciò posto, il Collegio ritiene che la correttezza di quanto attestato dalla certificazione dell'Agenzia delle entrate del 27 settembre 2023 non risulti contraddetta dalle deduzioni della ricorrente che ne contesta le risultanze, asserendo che gli atti impositivi erano già stati oggetto di pagamenti compiuti prima della data di partecipazione alla gara e sostenendo la natura "sostitutiva" dell'attestazione del 21 dicembre 2023. 6.1. Ed invero, le cartelle esattoriali ivi dettagliatamente riportate - già richiamate anche nella nota inviata all'AORN "Sa. Gi. Mo." dall'Agenzia delle Entrate in data 10 novembre 2023 - alla data del 27 settembre 2023, erano divenute tutte ormai definitive, in quanto non impugnate nel termine di 60 giorni previsto dalla legge, ma, come risulta dall'attestazione del 21 dicembre 2023, sono state solo oggetto di istanze di sgravio, presentate in data successiva alla verifica effettuata tramite il sistema AVCpass, così come emerge dall'elenco di seguito specificato: -per la cartella di pagamento n. 0122023000437185, anno di imposta 2017, notificata il 28 giugno 2023, l'istanza di sgravio è stata presentata in data 30 ottobre 2023; - per la cartella di pagamento n. 01220230003470078, notificata in data 17 maggio 2023, l'istanza di sgravio è stata presentata in data 26 ottobre 2023; - per la cartella di pagamento n. 01220230002864366, notificata in data 3 maggio 2023, l'istanza di sgravio è stata presentata in data 30 ottobre 2023; - per la cartella di pagamento n. 01220230002864265, notificata in data 3 maggio 2023, l'istanza di sgravio è stata presentata in data 26 ottobre 2023. 6.2. Ne discende che correttamente la stazione appaltante ha ritenuto non posseduto il requisito di regolarità fiscale dalla data del 27 settembre 2023 (data della verifica effettuata), almeno fino alla data del 21 dicembre 2023, allorquando l'Agenzia delle Entrate si è limitata ad attestare che il debito tributario complessivo fosse inferiore alla soglia di 5.000,00 euro (regolarità fiscale), a seguito degli sgravi delle cartelle elencate, tutti di gran lunga successivi alla notifica degli atti impositivi, con conseguente irrilevanza della data effettiva dei pagamenti dei diversi debiti tributari, in quanto, ai fini della certificazione di irregolarità fiscale, non potevano non venire in rilievo le cartelle di pagamento non impugnate e divenute ormai definitive. 6.3. D'altronde, che le cartelle indicate nell'attestazione del 21 dicembre 2023 costituissero il debito tributario per il quale era risultata l'irregolarità fiscale dall'interrogazione del Fascicolo informatico è stato chiarito dall'Agenzia delle Entrate che, nella relazione del 19 luglio 2024, ha evidenziato che "con specifico riferimento alle cartelle di pagamento di pagamento indicate nel certificato alla data del 28 settembre 2023 (notificate dopo il 24/01/2023), oggetto dei successivi provvedimenti di sgravio da parte di questo ufficio, si precisa che, a quella data (28/09), non esistevano ulteriori violazioni definitivamente accertate a carico della società Tr. G s.r.l.". 6.4. Le difese svolte dalla ricorrente sono in definitiva finalizzate a contestare il fondamento delle attestazioni rese dall'Agenzia delle Entrate, rilevando gli errori e le omissioni in cui l'ente sarebbe incorso nella valutazione relativa alle irregolarità certificate, così pretendendo che la stazione appaltante, e in questa sede il giudice amministrativo, entri nel merito della effettiva sussistenza dei debiti tributari e della loro definitività, sostituendo la propria valutazione a quella dell'Agenzia delle Entrate (cfr., di recente, in questi esatti termini, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 01 febbraio 2024, n. 1998). 6.4.1. A fronte di dette certificazioni non vi era, infatti, alcun autonomo margine di apprezzamento da parte della stazione appaltante, né la ricorrente "può pretendere alcun ulteriore accertamento da parte del giudice amministrativo, in luogo del giudice tributario", mai adì to, in merito alla sussistenza delle violazioni tributarie elencate come definitivamente accertate (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato sez. V, 03 settembre 2024, n. 7378). 6.5. La ricorrente, come anche ben evidenziato nel provvedimento di esclusione, non ha, infatti, dimostrato che il possesso del requisito di regolarità fiscale sia stato ininterrotto, senza soluzione di continuità, dal momento della partecipazione alla gara per tutta la durata della stessa, limitandosi a richiedere il riesame in autotutela delle certificazioni negative di regolarità fiscale rilasciate dall'Agenzia delle Entrate, pur essendo ben consapevole della propria - sia pur formale, secondo la sua prospettazione- irregolarità fiscale, siccome riferita a cartelle di pagamento notificate tra i mesi di maggio e giugno 2023, avverso le quali non ha proposto impugnazione, ma solo istanze di sgravio a fine mese di ottobre 2023. 7. Come noto, e come già rilevato sopra, la giurisprudenza consolidata ritiene che, nelle gare pubbliche, le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti, si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all'Agenzia delle Entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti ad una gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 4 maggio 2012, n. 8; Id., sez. III, 18 dicembre 2020, n. 8148; id., sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682). 8. Infine, la revoca nei confronti della ricorrente si configura come conseguenza necessaria a seguito di un accertamento di natura vincolata, per il quale il dovere di motivare è assolto con la sintetica indicazione del dato accertato. Tanto più che, per consolidato principio giurisprudenziale, i requisiti di partecipazione alla gara non solo devono essere posseduti dal concorrente alla data di presentazione dell'offerta, ma devono anche essere anche mantenuti all'atto della stipulazione del contratto e per tutta la durata dell'esecuzione. Una volta che la stazione appaltante abbia riscontrato la mancanza ab origine o la perdita del requisito della regolarità tributaria è tenuta obbligatoriamente a procedere all'esclusione dell'operatore economico o, come nella fattispecie, alla revoca dell'aggiudicazione già disposta a suo favore. 9. In definitiva, il primo motivo e il secondo motivo avverso il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione devono, pertanto, essere respinti, non ricorrendo i vizi di sviamento di potere o di difetto di motivazione censurati. 10. Con il terzo motivo la società Tr. G s.r.l. contesta lo scorrimento della graduatoria in favore della società Ni., seconda classificata, in quanto iscritta nei registri della CC.II.AA di Avellino con il codice ATECO 47.99.2, corrispondente all'attività di commercio per mezzo di distributori automatici, non coerente con l'attività oggetto di gara per il lotto n. 1, e cioè l'attività di gestione del bar- punto di ristoro presso la Città Ospedaliera di Avellino, come richiede l'articolo 8.1 lett. a) del disciplinare di gara. In particolare, l'ammissione alla gara della società Ni. andrebbe censurata perché l'indicazione del codice ATECO 56.30.00 nei bilanci presentati dalla Ni. sarebbe una mera indicazione della società e non può surrogare il requisito dell'iscrizione camerale previsto dall'articolo 8.1 lett. a) del disciplinare di gara. 10.1. La ricostruzione del ricorrente non è condivisibile. 11. Orbene, l'articolo 8.1. lett. A) del disciplinare di gara prescrive, quali requisiti di idoneità, l'iscrizione "da almeno cinque anni nel registro tenuto dalla Camera di Commercio Industria, Artigianato e Agricoltura oppure nel registro delle commissioni provinciali per l'artigianato per attività coerenti con quelle oggetto della presente procedura di gara (gestione del servizio bar - punto ristoro - tavola calda - servizio di distribuzione automatica di bevande, snack e bibite), con, inoltre, capitale sociale relativo ad ogni lotto pari a: - per Lotto 1: capitale sociale interamente versato pari ad almeno Euro 70.000,00 [...]". Altro requisito di idoneità richiesto è "avere svolto negli ultimi cinque anni attività analoghe e/o coerenti con il servizio richiesto per ogni singolo lotto (gestione del servizio di bar -posto ristoro-tavola calda - servizio di distribuzione automatica di bevande snack, acqua e bibite presso ospedali, case di cura pubbliche o private, centri commerciali)". 11.1. In diritto, va rammentato che, secondo costante giurisprudenza amministrativa, l'iscrizione camerale dell'operatore relativamente alle attività inerenti all'oggetto dell'appalto costituisce un requisito di idoneità professionale (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5257/2019; Id., Sez. III, n. 5170/2017), che, imponendo una tendenziale congruenza contenutistica tra le risultanze descrittive della professionalità dell'impresa, come riportate nell'iscrizione alla Camera di commercio, e l'oggetto del singolo appalto (di recente, Cons. Stato, Sez. V, nn. 6131/2022, 4474/2022 e 3495/2022), risulta finalizzato a filtrare l'ingresso in gara dei soli concorrenti forniti di una professionalità coerente con le prestazioni oggetto dell'affidamento (Cons. Stato, Sez. V, nn. 508/2021 e 2176/2018). 11.1.1. La medesima giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che detta congruenza deve essere verificata unicamente sulla base del confronto tra le risultanze descrittive del certificato camerale - ove vengono indicate l'attività prevalente e quella secondaria dell'ente - e l'oggetto del contratto di appalto di volta in volta considerato (cfr. Consiglio di Stato, nn. 1307/2023, 6431/2019 e 5257/2019), senza assegnare, pertanto, alcuna rilevanza ad ulteriori elementi, quali il possesso di un determinato Codice Ateco da parte dell'operatore (Consiglio di Stato, n. 7846/2019), l'eventuale episodica precedente esecuzione delle medesime attività oggetto di affidamento ad opera della partecipante (si veda Consiglio di Stato, Sez. VII, n. 8101/2023), ovvero l'indicazione di tali attività nell'oggetto sociale della stessa, atteso che l'attività rilevante ad integrare il requisito dell'idoneità professionale può essere dimostrata esclusivamente attraverso l'iscrizione nel registro delle imprese (in termini Consiglio di Stato, Sez. V, n. 657/2023; cfr. anche Cons. Stato, Sez. III, n. 2818/2022, nonché Id., Sez. V, nn. 5620/2023 e 657/2023), mentre l'oggetto sociale esprime soltanto la misura della capacità di agire del soggetto partecipante, indicando i settori, potenzialmente illimitati, nei quali la società potrebbe in astratto operare, elencandone tutti i possibili indirizzi operativi (in questo senso, ex multis, Consiglio di Stato, nn. 11150/2023, 7846/2019, 2176/2018 e, da ultimo, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 24 luglio 2024, n. 945). 11.1.2. Tale requisito di idoneità "non può, poi, essere inteso come criterio di selezione specifico sotto il profilo della capacità tecnica e professionale dell'operatore economico perché finirebbe per sovrapporsi agli altri criteri di selezione (di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 83 del codice dei contratti pubblici), che hanno invece la funzione di accertare la idoneità dell'operatore economico alla esecuzione delle prestazioni richieste dal contratto. La necessità di interpretare la portata della richiesta iscrizione al registro della CCIA come riferita al settore o all'attività intesa in senso ampio (ma coerente con l'oggetto dell'appalto da affidare), senza dover operare una puntuale verifica tra prestazioni e elencazione risultante dalla certificazione camerale, discende dalla funzione assegnata all'iscrizione al registro della CCIA (ossia la prova dell'esistenza e della concreta operatività del soggetto imprenditoriale e delle attività prevalenti svolte). Occorre inoltre coordinare sistematicamente le funzioni assegnate ai requisiti speciali di capacità economica, tecnica e professionale mediante i quali la stazione appaltante verifica la idoneità specifica a eseguire le prestazioni richieste. La dimostrazione dell'astratta idoneità professionale dell'impresa, è quindi integrata e completata dalla richiesta degli altri requisiti speciali con i quali l'amministrazione aggiudicatrice accerta e verifica l'affidabilità e la capacità dell'impresa di eseguire le future prestazioni. Ammettere che il requisito di idoneità professionale possa tradursi nella pretesa che l'attività prevalente per la quale l'impresa è iscritta nel registro della CCIA sia pienamente corrispondente ai contenuti del contratto da affidare significherebbe non solo restringere l'accesso al mercato degli appalti pubblici (che finirebbe per essere limitato alle sole imprese che in maniera prevalente esercitano l'attività oggetto dell'appalto, senza consentire la partecipazione a chi svolga un'attività contigua e attinente a questa, anche se non in misura prevalente o esclusiva, e dimostri la sua specifica idoneità tecnica e professionale attraverso gli ulteriori criteri di selezione individuati nel bando dalla stazione appaltante), ma anche limitare il ruolo degli altri criteri di selezione previsti dalla legge di gara o sovrapporsi a questi. In altri termini, richiedere la perfetta coincidenza tra oggetto dell'appalto e attività prevalente risultante dall'iscrizione nel registro della CCIA potrebbe infatti rendere del tutto ultronea, e quindi sproporzionata, la richiesta di dimostrare il possesso di ulteriori requisiti di natura tecnica e professionale (in questo senso, puntualmente, Consiglio di Stato sez. V, 16 gennaio 2023, n. 529)" (Consiglio di Stato sez. V, 07 maggio 2024, n. 4124 che ha confermato TAR Campania, Salerno, sez. I, 10 novembre 2023, n. 2516). 11.2. Ne discende, in accordo con la giurisprudenza prima richiamata, che la "coerenza" tra le prestazioni svolte e quelle da assumere presuppone, in capo all'operatore economico, la titolarità dell'iscrizione camerale per l'attività prevalente che intende assumere, purché rientrante tra le risultanze descrittive dell'iscrizione presso la Camera di Commercio. 11.3. Nella fattispecie in esame, nella visura camerale storica della società, attestante l'iscrizione camerale della Ni. sin dalla data del 6 luglio 2004, versato in atti dalla stessa società Tr. G s.r.l., si legge che la società ha per oggetto "- la somministrazione al pubblico, con qualsiasi modalità, di alimenti e bevande di qualsiasi tipo ed in qualunque modo autorizzabile, e ciò mediante l'esercizio di: bar, gelaterie, pasticcerie, ristoranti, trattorie, pizzerie, tavole calde, pub, fast food, rosticcerie, produzione di panini, toast, bevande alcoliche e super alcoliche [...]"; viene indicato quale codice ATECO il n. 47.99.2- commercio al dettaglio effettuato per mezzo di distributori automatici; risulta, infine, quale attività esercitata proprio presso l'Azienda Ospedaliera "G. Mo." l'attività di commercio di prodotti alimentari a mezzo di apparecchio automatico e, quale attività secondaria, dal 2006, l'attività di "bar e altri esercizi simili senza cucina" (cfr. pag. 8 di 22 della visura storica della Ni.). 11.4. Orbene, nel caso di specie, dal raffronto tra le risultanze descrittive del certificato camerale dell'impresa Ni. e le attività oggetto del contratto di appalto vi è corrispondenza contenutistica tra queste ultime e quelle oggetto di iscrizione, sebbene tale corrispondenza non attiene all'attività principale, ma a quella secondaria di "bar e altri esercizi simili senza cucina" che, però, risulta perfettamente coincidente - e, quindi, più che coerente - con quella di "gestione del servizio bar - punto ristoro - tavola calda", relativa all'oggetto dell'appalto e, in particolare, al Lotto 1 di interesse per questo giudizio. 11.5. In definitiva, dalle superiori argomentazioni discende che la stazione appaltante ha correttamente ritenuto sussistente il requisito di idoneità tecnico-professionale richiesto dalla lex specialis in capo alla società Ni.. 11.6. Sotto tale dirimente profilo risulta pertanto legittima l'ammissione alla gara della società Ni. e, conseguentemente, il successivo scorrimento della graduatoria disposto in suo favore. 12. Il ricorso proposto dalla società Tr. G s.r.l. (46/2024) deve, pertanto, essere respinto siccome infondato. 13. Il ricorso principale va, in definitiva, rigettato e, per l'effetto, in applicazione del principio della ragione più liquida, il ricorso incidentale proposto da Ni. s.r.l. va dichiarato improcedibile, per carenza di interesse, come da consolidato orientamento della giurisprudenza sul punto, conservando la controinteressata, in esito alla reiezione del ricorso principale, il bene della vita (scorrimento della graduatoria in suo favore). 14. A ciò consegue la sopravvenuta carenza di interesse della stessa Ni. s.r.l. alla decisione del ricorso n. RG 1750/2023, il quale deve, di conseguenza, essere definito in termini di improcedibilità ai sensi dell'articolo 35 comma 1 lett. c) cod. proc. amm., conservando pieno effetto, in esito all'impugnazione proposta dalla società Tr. G s.r.l., il provvedimento di revoca dell'aggiudicazione originariamente disposta in favore di Tr. G s.r.l. e di scorrimento della graduatoria in favore della stessa società Ni.. 14.1. Per le ragioni già esposte nel paragrafo 3.2.1., va dichiarata anche l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso incidentale proposto da Tr. G s.r.l. nel giudizio n. RG 1750/2023, fondato su un motivo peraltro speculare al terzo motivo del ricorso principale proposto nel giudizio n. RG 46/2024, ivi scrutinato nel merito e respinto. 15. Sussistono infine, alla luce della complessità della fattispecie e delle questioni trattate, nonché dell'esito complessivo dei due giudizi riuniti, ragioni idonee a disporre l'integrale compensazione delle spese di lite tra tutte le parti costituite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti: - riunisce i ricorsi n. RG 1750/2023 e n. RG 46/2024; - rigetta il ricorso principale e dichiara improcedibile il ricorso incidentale n. RG 46/2024; - dichiara improcedibili il ricorso principale e il ricorso incidentale n. RG 1750/2023. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Anna Saporito - Primo Referendario Rosa Anna Capozzi - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1487 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da Ev. Consorzio Stabile, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 9788759378, rappresentata e difesa dall'avvocato Lo. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Gs. - Gr. Se. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ca. e Lu. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; So.Re. S.p.A., non costituita in giudizio; Azienda Sanitaria Locale Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Va. Ca. e Ge. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; Per quanto riguarda il ricorso introduttivo, per l''annullamento, previa adozione di idonea tutela cautelare: a. della deliberazione del Direttore Generale dell''ASL Salerno, n. 1205 del 6.9.2023, recante "procedura telematica aperta per l''affidamento biennale del servizio di sorveglianza attiva antincendio "squadra aggiuntiva" presso i presidi ospedalieri dell''azienda sanitaria locale di Nocera e Battipaglia con opzione di rinnovo annuale con il criterio dell''offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità /prezzo. cig 9788759378. aggiudicazione"; nonché, ove e per quanto occorra: b. dell''art. 17 del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede la riparametrazione dell''offerta tecnica; c. della lettera d''invito, del disciplinare e del capitolato d''oneri, nella parte in cui assegnano il termine per la presentazione delle offerte; d. della proposta di aggiudicazione, anche nella parte in cui non provvede a sciogliere la riserva in ordine all''attribuzione del punteggio tecnico di G.S., assunta dalla Commissione di gara con verbale del 20.6.2023; e. dei verbali di gara, ivi compreso il verbale del 20.6.2023, anche nella parte in cui attribuisce con riserva a G.S.. il punteggio relativo ai criteri 2.1., 2.2, 2.3, pur constatando l''irregolarità dell''offerta tecnica; f. del verbale del 6 luglio, recante approvazione della graduatoria provvisoria; g. dei successivi verbali di gara, ivi compresi quelli relativi alle operazioni di apertura dell''offerta economica, nella parte in cui non hanno escluso l''offerta di G.S.. e/o le hanno attribuito il relativo punteggio; h. del verbale del 28 agosto 2023, nella parte in cui attribuisce il punteggio per l''offerta economica; i. dell''atto, non conosciuto neppure per estremi, con cui la S.A. ha ritenuto congrua l''offerta di G.S.; l. di ogni ulteriore atto di gara, ivi compreso il disciplinare, la lettera d''invito ed il capitolato d''oneri, ove ed in quanto lesivi, anche in riferimento ai termini per la presentazione delle offerte; m. di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale; nonché, ai sensi dell''art. 116 co. 2 cpa, e comunque in via istruttoria, per l''ostensione: a. di tutti gli atti di gara, già richiesti dalla ricorrente con nota pec del 15 settembre 2023, acquisita a protocollo PG/2023/179088 del 18.09.2023; b. dell''offerta tecnica, economica ed amministrativa dell''aggiudicataria, comprensiva di tutti gli allegati e le sottoscrizioni, parimenti richiesta con istanza del 15.9.2023, acquisita a prot. 179088 del 2023. Con espressa riserva, all''esito, di motivi aggiunti; nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove nelle more stipulato; nonché per il riconoscimento di tutela in forma specifica, mediante subentro nel contratto; Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Ev. Consorzio Stabile il 24/11/2023, per l''annullamento: a. della deliberazione del Direttore Generale dell''ASL Salerno, n. 1205 del 6.9.2023, recante "procedura telematica aperta per l''''affidamento biennale del servizio di sorveglianza attiva antincendio "squadra aggiuntiva" presso i presidi ospedalieri dell''''azienda sanitaria locale di Nocera e Battipaglia con opzione di rinnovo annuale con il criterio dell''''offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità /prezzo. cig 9788759378. aggiudicazione"; nonché, ove e per quanto occorra: b. dell''''art. 17 del disciplinare di gara, nella parte in cui prevede la riparametrazione dell''''offerta tecnica; c. della lettera d''''invito, del disciplinare e del capitolato d''oneri, nella parte in cui assegnano il termine per la presentazione delle offerte; d. della proposta di aggiudicazione, anche nella parte in cui non provvede a sciogliere la riserva in ordine all''''attribuzione del punteggio tecnico di G.S., assunta dalla Commissione di gara con verbale del 20.6.2023; e. dei verbali di gara, ivi compreso il verbale del 20.6.2023, anche nellaparte in cui attribuisce con riserva a G.S.. il punteggio relativo ai criteri 2.1., 2.2, 2.3, pur constatando l''''irregolarità dell''''offerta tecnica; f. del verbale del 6 luglio, recante approvazione della graduatoria provvisoria; g. dei successivi verbali di gara, ivi compresi quelli relativi alle operazioni di apertura dell''offerta economica, nella parte in cui non hanno escluso l''offerta di G.S.. e/o le hanno attribuito il relativo punteggio; h. del verbale del 28 agosto 2023, nella parte in cui attribuisce il punteggio per l''offerta economica; i. dell''''atto, non conosciuto neppure per estremi, con cui la S.A. ha ritenuto congrua l''''offerta di G.S.; l. di ogni ulteriore atto di gara, ivi compreso il disciplinare, la lettera d''invito ed il capitolato d''oneri, ove ed in quanto lesivi, anche in riferimento ai termini per la presentazione delle offerte; m. di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e/o consequenziale; nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto, ove nelle more stipulato; nonché per il riconoscimento di tutela in forma specifica, mediante subentro nel contratto; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gs. - Gr. Se. S.p.A. e dell'Azienda Sanitaria Locale Salerno; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli artt. 74 e 120 cod. proc. amm.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il dott. Fabio Di Lorenzo e uditi per le parti i difensori Do. Gi. (in dichiarata sostituzione di Vi.), Ca. Pa., De Vi. Ar. (in dichiarata sostituzione di Ma.), Ga. Ge.; 1. Con ricorso introduttivo ritualmente notificato e depositato Ev. Consorzio Stabile, premettendo di essere la seconda graduata alle spalle della prima graduata Gr. Se. S.p.A., ha impugnato la deliberazione del Direttore Generale dell'ASL Salerno, n. 1205 del 6.9.2023, recante "procedura telematica aperta per l'affidamento biennale del servizio di sorveglianza attiva antincendio "squadra aggiuntiva" presso i presidi ospedalieri dell'azienda sanitaria locale di Nocera e Battipaglia con opzione di rinnovo annuale con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità /prezzo. Cig 9788759378. aggiudicazione". Si è costituita Gr. Se. S.p.A. deducendo l'infondatezza del ricorso. Si è costituita l'ASL Salerno per resistere al ricorso. Con ordinanza istruttoria n. 2401/23 il Collegio ha disposto la produzione di documentazione relativa all'offerta, e in esecuzione dell'ordinanza, l'A.S.L. ha versato in atti i giustificativi di G.S.., nonché una nota con cui l'U.O.C. Provveditorato ha espressamente significato "che non essendo stato riscontrato alcun elemento di anomalia dell'offerta presentata dalla Gs. si è dato atto dell'assenza di anomalia nel provvedimento di aggiudica". Alla luce di tale documentazione prodotta, parte ricorrente ha proposto motivi aggiunti lamentando l'illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo anche sotto il profilo del vizio di istruttoria e di motivazione in ordine alla valutazione della anomalia dell'offerta sotto il profilo del costo della manodopera sotto il profilo del rispetto dei minimi salariali. Gr. Se. S.p.A. e l'amministrazione resistente hanno resistito ai motivi aggiunti. Alla luce della censura articolata con i motivi aggiunti, con ordinanza n. 502 del 2024 il Collegio ha disposto verificazione al fine di accertare "se sussiste la violazione dei minimi salariali nell'offerta dell'aggiudicataria, nei termini prospettati dalla ricorrente nei motivi aggiunti". Dopo il deposito della relazione conclusiva del verificatore, a seguito delle osservazioni presentate dall'ASL Salerno e da Gr. Se. S.p.A., con ordinanza n. 1338 del 2024 ha disposto che il verificatore: "- produca tutte le pec, con ricevuta di consegna, inviate per avvisare le parti dell'inizio e dei singoli incontri svolti durante le operazioni di verificazione, incluso l'invio della bozza della verificazione; - chiarisca quali cedolini paga siano stati considerati al fine di verificare il rispetto dei minimi salariali, alla luce del rilievo formulato dalla parte controinteressata nella memoria del 3.6.2024 secondo cui "Il Verificatore... ha tratto le proprie conclusioni da cedolini paga (LUL) risalenti al periodo giugno-ottobre 2023, riferiti all'esecuzione di un precedente e diverso appalto, affidato a Gs. con D.D.G. n. 330 del 29.03.2023 della ASL Salerno e protrattosi fino al 31.1.2024. Il quesito giudiziale, invece, riguardava il rispetto dei minimi salariali da parte dell'offerta presentata da Gs. per il più recente appalto (CIG: 9788759378, oggetto di causa) aggiudicato con D.D.G. n. 1205 del 6.9.2023 (doc. 6), per il quale è stato stipulato il contratto in data 31.1.2024 (doc. 14 dep. 31.1.2024) e avviato il servizio in data 1.2.2024"". Resi i chiarimenti da parte del verificatore, dopo lo scambio di memorie, all'esito dell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2024 il Collegio ha deliberato la decisione. 2. Con il primo motivo del ricorso introduttivo Ev. Consorzio Stabile ha lamentato che l'aggiudicataria Gr. Se. S.p.A. non avrebbe prodotto la certificazione in originale, in violazione della lex specialis di gara, la quale richiederebbe la produzione della certificazione richiesta quantomeno in copia autentica, per cui non potrebbe essere attribuito all'aggiudicataria il punteggio ricollegabile a tale certificazione. In particolare, Ev. Consorzio Stabile ha lamentato che G.S.. avrebbe prodotto solo una mera copia della certificazione di qualità, priva di autocertificazione di conformità all'originale, nonostante il tenore letterale della legge di gara la quale prevede che "ai fini dell'acquisizione del punteggio, le Certificazioni di qualità devono essere prodotte in copia autentica, a sensi dell'art. 19 del d.P.R. 445/2000". Il Collegio ritiene che la censura sia infondata. I certificati prodotti sono supportate da adeguata garanzia di autenticità e di perdurante validità della certificazione. Infatti, in primo luogo, i files delle stesse certificazioni risultano firmati digitalmente e accompagnati dal documento di identità del legale rappresentante del concorrente, e comunque, premesso che la conformità dei documenti prodotti poteva essere verificata, in sede di controllo dei requisiti, fase preliminare necessaria alla stipula del contratto, tale verifica è stata effettuata tramite l'acquisizione di dichiarazione di conformità dei documenti già prodotti in gara. In secondo luogo vi è certezza documentale anche sulla perdurante validità delle certificazioni, in quanto ciascuna certificazione prodotta da Gs. presenta un QR Code che consente la immediata verifica della validità della certificazione presso il sito dell'Azienda certificatrice emittente. 3. Con il secondo motivo del ricorso introduttivo Ev. Consorzio Stabile ha lamentato che l'aggiudicatario non avrebbe indicato il costo orario della manodopera, in violazione dell'art. 16 del disciplinare il quale prevede che "l'operatore economico - nell'ambito della busta " economica " (scheda denominata " prodotti ") - deve indicare a pena di esclusione:... 4) il proprio costo orario della manodopera di cui all'art. 95, comma 10, del Codice, da inserire nel campo " costi manodopera ". Tale costo deve essere espresso in termini di costo orario medio della manodopera relativo al personale addetto all'esecuzione dell'appalto". In violazione della citata previsione, Gr. Se. S.p.A. non avrebbe indicato il costo medio orario, ma solo il costo complessivo, con conseguente sussistenza di una causa di esclusione del concorrente. Il Collegio ritiene che la censura non sia fondata. Gr. Se. S.p.A. ha indicato il costo in valore assoluto per Euro 2.264.328,00; da tale dato, considerando il numero di ore di servizio richieste e specificate in capitolato ed anche nello schema di offerta, pari a n. 175.200, si ricava il costo orario della manodopera, in base a una semplice operazione di calcolo aritmetico. Il costo orario è quindi agevolmente determinabile. 4. Con il terzo motivo del ricorso introduttivo Ev. Consorzio Stabile ha lamentato l'illegittimità dell'aggiudicazione sotto il profilo della riparametrazione. In particolare, Ev. Consorzio Stabile ha dedotto che: - la finalità della riparametrazione è quella di pareggiare il gap tra offerta economica (quantitativa) ed offerta tecnica (qualitativa), in quanto la natura quantitativa consente l'assegnazione del massimo punteggio (ad almeno un operatore), a differenza della natura qualitativa, che tale garanzia non reca; - nel caso che ne occupa, però, il punteggio tecnico verrebbe già assegnato anche in ragione di elementi quantitativi; - l'operata riparametrazione, nel dato contesto, smarrisce la propria stessa funzione, sbilanciando (invece di perseverare) l'equilibrio tra componente qualitativa e componente quantitativa; - legge di gara, proprio in ragione della costituzione mista dei criteri di valutazione dell'offerta tecnica, non avrebbe utilizzato la formula del metodo aggregativo-compensatore, virando verso l'assegnazione lineare dei punteggi. Il Collegio condivide il rilievo di inammissibilità formulato dall'amministrazione resistente, in quanto Ev. Consorzio Stabile non ha dimostrato che in assenza di riparametrazione sarebbe risultato aggiudicatario. Peraltro la censura è anche infondata. Infatti l'amministrazione ha applicato quanto previsto dal paragrafo 17 del disciplinare. La riparametrazione è stata effettuata, una sola volta, sul punteggio tecnico complessivo e non sul singolo criterio. Quindi non si è trattato di applicare il metodo aggregativo compensatore, bensì di svolgere una riparametrazione, conformemente a quanto previsto al paragrafo 17 del disciplinare. A conforto della piena legittimità dell'operato dell'amministrazione va richiamata la giurisprudenza secondo cui "Per le gare pubbliche da aggiudicare con il criterio dell'offerta più vantaggiosa, nessuna norma impone il criterio della doppia riparametrazione, che può, però, essere prevista dalla legge di gara e, dunque, è legittima la clausola della legge speciale di gara che prevede tale criterio" (Cons. Stato, Sez. V, Sent.16/04/2019, n. 2496). Peraltro la scelta contenuta nel paragrafo 17 del disciplinare risponde all'ampia discrezionalità di cui gode l'amministrazione nello stabilire le formule e i meccanismi da applicare ai fini dell'individuazione della migliore offerta; sul punto la giurisprudenza ha infatti evidenziato che, "Atteso il ruolo della riparametrazione dei punteggi in sede di gara, non è discutibile che appartenga alla discrezionalità della stazione appaltante stabilire quale debba essere il punto di equilibrio tra la componente tecnica e quella economica dell'offerta e fino a che punto si imponga (o, di contro, non si imponga) la tutela dell'equilibrio astratto corrispondente ai massimali di punteggio da essa stessa contemplati" (T.A.R. Lazio, Roma, III, sent. 14 maggio 2022, n. 6039). 5. Con il quarto motivo del ricorso introduttivo, Ev. Consorzio Stabile ha lamentato che gli operatori economici partecipanti hanno avuto a disposizione solo 16 giorni per predisporre la documentazione di gara, risultando difficile strutturare un'offerta competitiva e sostenibile, mentre tale ristrettezza dei tempi avrebbe avvantaggiato solo Gr. Se. S.p.A., cioè l'operatore che già svolgeva il servizio per mezzo di un affidamento diretto e che quindi più agevolmente sarebbe riuscito a predisporre la documentazione di gara, con conseguente vizio sostanziale di violazione del principio di proporzionalità . Peraltro tale abbreviazione dei termini avrebbe dovuto essere congruamente motivata, derivandone altrimenti la violazione dell'art. 8 co. 1 lett. C del d.l. 76/2020, cioè la norma emergenziale applicata dall'amministrazione per l'abbreviazione dei termini, ma che non solleverebbe dall'onere di motivare tale scelta della stazione appaltante. Il Collegio ritiene che la censura sia infondata. L'art. 8 del D.L. n. 76 2020 convertito in legge 120 del 2020 prevede che: "... c) in relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza di cui agli articoli 60, comma 3, 61, comma 6, 62 comma 5, 74, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza, che si considerano comunque sussistenti". Peraltro, in termini generali, la giurisprudenza ha affermato che "In relazione alle procedure ordinarie, si applicano le riduzioni dei termini procedimentali per ragioni di urgenza previste dalle disposizioni del D.Lgs. n. 50/2016; nella motivazione del provvedimento che dispone la riduzione dei termini non è necessario dar conto delle ragioni di urgenza" (Consiglio di Stato, sez. V, 11.01.2023, n. 392). Peraltro, non è secondario rilevare che Ev. Consorzio Stabile ha tempestivamente e regolarmente presentato la propria offerta, presentando una documentazione completa, tanto da collocarsi al secondo posto in graduatoria. 6. Il ricorso introduttivo è pertanto respinto. 7. Con i motivi aggiunti, alla luce della documentazione prodotta in corso di giudizio dalle altre parti, parte ricorrente ha lamentato l'illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo anche sotto il profilo del vizio di istruttoria e di motivazione in ordine alla valutazione della anomalia dell'offerta con riguardo al costo della manodopera sotto l'aspetto del rispetto dei minimi salariali. Il Verificatore ha depositato la relazione conclusiva, sulla quale sono state però sollevate contestazioni nel rito e nella sostanza. 7.1. Con riguardo alle contestazioni formali, l'ASL Salerno ha lamentato la violazione del principio del contraddittorio, per non avere avuto notizia dell'inizio e dello svolgimento delle operazioni del verificatore. Il Collegio ritiene che non sussista la lamentata violazione del contraddittorio. In data 29.8.2024 il verificatore ha depositato la ricevuta di avvenuta consegna della pec di comunicazione di inizio delle operazioni inviata all'avv. Casilli, cioè uno dei difensori costituiti a difesa di Asl Salerno. Tale pec è stata regolarmente inviata e consegnata all'indirizzo corretto ([email protected]). Nonostante il regolare avviso, l'ASL Salerno non ha partecipato all'inizio delle operazioni, e non si è premurata di informarsi sul loro prosieguo. Il verificatore, comunicando l'inizio delle operazioni, ha correttamente adempiuto quanto prescritto nell'ordinanza con cui è stato conferito l'incarico di verificazione, nella quale è stato specificato che "la verificazione andrà effettuata in contraddittorio tra le parti, previo avviso e convocazione": essendo stato adempiuto l'onere di "avviso e convocazione", la citata ordinanza è stata pienamente adempiuta dal verificatore. Peraltro tale comunicazione di avvio delle operazioni è sufficiente a maggior ragione alla luce dell'orientamento diffuso della giurisprudenza secondo cui "Ai sensi dell'art. 66 c.p.a., l'istituto della verificazione, che non prevede il contraddittorio, comporta l'intervento in funzione consultiva del giudice di un organismo qualificato per la risoluzione di controversie che implichino l'apporto di competenze tecniche o il riscontro di circostanze in fatto, essenziali ai fini della definizione della questione" (T.A.R. Abruzzo, sez. I, 03/05/2018, n. 180). Non convince l'ulteriore difesa dell'ASL Salerno, secondo cui l'avv. Casilli è "ex Dirigente Avvocato dell'ASL, allo stato posto in quiescenza, con conseguente perdita ex lege dello ius postulandi". Rileva il Collegio che l'ASL non ha comunicato tempestivamente e ritualmente il pensionamento dell'avv. Casilli, per cui, in base al principio di autoresponsabilità e di divieto di abuso del processo, da tale colpevole omissione l'ASL non può trarne un indebito vantaggio processuale in termini di nullità della verificazione. 7.2. Con riguardo al contenuto della verificazione e alle contestazioni sostanziali ad essa mosse, occorre muovere dal quesito sottoposto dal Collegio, cioè "se sussiste la violazione dei minimi salariali nell'offerta dell'aggiudicataria, nei termini prospettati dalla ricorrente nei motivi aggiunti". Il Verificatore ha preso in considerazione il contratto collettivo della categoria di riferimento, individuando quello vigente al momento dell'offerta, in quanto il rispetto dei minimi salariali è stato valutato con riguardo a tale momento, e non con riferimento al momento successivo di esecuzione del rapporto. Quindi, il verificatore ha ritenuto che Gr. Se. S.p.A. abbia posto a base dell'offerta non il contratto collettivo vigente del 2022, ma quello anteriore riportante minimi salariali più bassi; ne risulta, secondo il verificatore, che l'offerta economica di Gr. Se. S.p.A. rispetta i minimi salariali in base al contratto collettivo superato, ma non quelli in base al vigente contratto collettivo del 2022. In particolare, il verificatore ha osservato quanto segue: "Il quesito sottoposto al verificatore riguarda esplicitamente la rispondenza o meno dell'offerta dell'aggiudicataria ai minimi salariali, a nulla valendo la retribuzione minima applicata dalla data di inizio dell'appalto (1 febbraio 2024). Ciò in quanto il ripetuto quesito non riguarda la rispondenza ai minimi del salario effettivamente corrisposto ma quello offerto in sede di partecipazione alla gara. (...) Nel rispondere al quesito analizzando la documentazione agli atti notiamo che la Gs., nell'individuare i minimi retributivi, si riferisce alla tabella allegata alla gara (Tabella Ministeriale concernente il precedente CCNL del 2009) -pag.13- senza indicare con quale calcolo sia giunta al costo medio dichiarato -pag.18- che ha quantificato in Euro14,36 per il livello F ed in Euro 12,462 per entrambi i livelli G ed F (aventi minimi salariali diversi). (...) Nel rispondere al quesito analizzando la documentazione agli atti notiamo che la Gs., nell'individuare i minimi retributivi, si riferisce alla tabella allegata alla gara (Tabella Ministeriale concernente il precedente CCNL del 2009) -pag.13- senza indicare con quale calcolo sia giunta al costo medio dichiarato -pag.18- che ha quantificato in Euro14,36 per il livello F ed in Euro 12,462 per entrambi i livelli G ed F (aventi minimi salariali diversi). (...) A tal punto elemento fondamentale per poter risolvere il quesito è considerare la retribuzione oraria applicata dalla Gs. ai dipendenti coinvolti nell'appalto, che in ossequio al Contratto sulla Vigilanza Privata ASSIV corrisponde, secondo la Tabella Ministeriale ad Euro 6,20 per un lavoratore con livello iniziale. Alla luce di quanto precedentemente osservato, si ritiene che l'offerta della Gs. preveda la retribuzione minima oraria di Euro 6,20 che corrisponde alla retribuzione minima oraria prevista dalle Tabelle Ministeriali del 2015 (che si riferiscono al CCNL del 2009) di un lavoratore con livello VII (iniziale), ma che non corrisponde alla retribuzione minima oraria, prevista dal CCNL sui Servizi Antincendi in vigore dal 1 marzo 2022 sia che si tratti di un lavoratore di livello G (iniziale) con retribuzione minima oraria di Euro 6,37 sia che si tratti di lavoratore con livello F la cui retribuzione minima oraria è Euro 6,78". Quindi il verificatore ha concluso affermando che la retribuzione minima ricavabile dall'offerta di Gr. Se. S.p.A. rispetta il contratto collettivo previgente, ma non quello del 2022 vigente al momento dell'offerta. Orbene, il Collegio ritiene condivisibile in termini generali l'affermazione del verificatore secondo cui la retribuzione minima va individuata con riguardo al momento dell'offerta e non con riguardo al momento dell'esecuzione del rapporto. Tuttavia Gr. Se. S.p.A. ha contestato la verificazione con riguardo alla corretta individuazione dei cedolini paga che il verificatore deve prendere in considerazione al fine di verificare il rispetto dei minimi salariali, avendo Gr. Se. S.p.A. contestato che "Il Verificatore... ha tratto le proprie conclusioni da cedolini paga (LUL) risalenti al periodo giugno-ottobre 2023, riferiti all'esecuzione di un precedente e diverso appalto, affidato a Gs. con D.D.G. n. 330 del 29.03.2023 della ASL Salerno e protrattosi fino al 31.1.2024. Il quesito giudiziale, invece, riguardava il rispetto dei minimi salariali da parte dell'offerta presentata da Gs. per il più recente appalto (CIG: 9788759378, oggetto di causa) aggiudicato con D.D.G. n. 1205 del 6.9.2023 (doc. 6), per il quale è stato stipulato il contratto in data 31.1.2024 (doc. 14 dep. 31.1.2024) e avviato il servizio in data 1.2.2024". A fronte della richiesta di chiarimenti che il Collegio ha rivolto al verificatore alla luce della descritta contestazione di Gr. Se. S.p.A., il verificatore ha affermato quanto segue: "i Lul richiesti ed esibiti dalla Gs., concernenti il periodo dell'offerta, non sono stati considerati, in quanto concernenti altra tipologia contrattuale, ma dagli stessi sì è osservato che la Gs. ipoteticamente presentava una retribuzione minima salariare uguale a quella del previgente contratto collettivo da applicarsi ai lavoratori coinvolti nell'appalto (CCNL Servizi Sorveglianza Antincendio anno 2009). Gli stessi sono stati richiesti al fine di poter conoscere i minimi retributivi applicati dall'azienda al momento della medesima offerta non avendo prodotto la Gs. alcun diverso giustificativo comprovante l'aderenza dell'offerta ai minimi salariali de quibus. (...) Ciò in quanto il quesito sottoposto al verificatore riguardava esplicitamente la rispondenza o meno dell'offerta dell'aggiudicataria ai minimi salariali al momento dell'offerta, a nulla valendo la retribuzione minima applicata dalla data di inizio dell'appalto (1 febbraio 2024) dato che il ripetuto quesito non riguardava la rispondenza ai minimi del salario effettivamente corrisposto ma quello offerto in sede di partecipazione alla gara " se sussiste la violazione dei minimi salariali nell'offerta dell'aggiudicataria.....". Per la redazione della relazione è stato preso in considerazione quanto sostenuto da Gs. per l'affidamento dell'appalto, supportata dalla presentazione da parte della stessa, delle tabelle del previgente contratto (Tabelle Ministeriali Contratto Servizi Antincendio anno 2010). Infine si rileva che la risposta ai quesiti è stata data considerato il contratto collettivo applicabile ai lavoratori da impiegare nell'appalto vigente al momento della presentazione dell'offerta: CCNL Settore Sorveglianza Antincendio stipulato in data 10 febbraio 2022". In sostanza il verificatore, dovendo valutare il rispetto della retribuzione minima in relazione al contenuto dell'offerta, avrebbe dovuto prendere in esame i cedolini paga dei lavoratori di Gr. Se. S.p.A. riferiti al momento dell'offerta, ma ha rinvenuto in atti solo i cedolini di altra tipologia contrattuale (e non quindi quella oggetto di gara), e da essi ha ricavato che al momento dell'offerta Gr. Se. S.p.A. applicava i minimi salariali del contratto collettivo previgente del 2009, e non quello vigente del 2022. Il Collegio ritiene che il metodo impiegato dal verificatore non sia corretto, in quanto non è metodologicamente condivisibile individuare il rispetto dei minimi salariali in base a cedolini paga di Gr. Se. S.p.A. riferiti tuttavia a tipologia contrattuale diversa da quella coinvolta nel contratto per cui è causa; insomma non possano rilevare, neppure in termini presuntivi o indiziari, i cedolini paga riferiti ad altro e precedente appalto. Soprattutto il verificatore non ha tenuto conto delle argomentazioni di Gr. Se. S.p.A., che a parere del Collegio risultano convincenti. In particolare, con riguardo al contratto collettivo applicato, nei Giustificativi di offerta (doc. 11 dep. 30.1.2023, pagina 12) Gr. Se. S.p.A. ha precisato quanto segue: "si evidenzia che il Ministero competente - Ministero del Lavoro della Salute e della Previdenza Sociale - edita periodicamente le tabelle di calcolo del costo medio orario del lavoro. Attualmente, per il contratto ANISA, le ultime pubblicate son ancora quelle datate agosto 2010 malgrado il CCNL "Sorveglianza Antincendio" sia stato rinnovato con efficacia da marzo 2022: le nuove tabelle Ministeriali del costo medio orario, ad oggi, non sono ancora state pubblicate e pertanto quelle di riferimento sarebbero "ancora" quelle riportate nella pagina seguente. N.B. Nell'elaborazione della propria offerta Gs. ha comunque incluso e recepito anche gli elementi retributivi aggiornati con il rinnovo contrattuale 2022, in piena coerenza con gli obblighi che deriveranno dall'acquisizione dell'appalto di cui trattasi dando piena affidabilità alla propria offerta dimensionata proprio sulla scorta degli impegni da tenere con i lavoratori". Quindi Ev. Consorzio Stabile ha ribadito il rispetto delle "condizioni minime sancite dal CCNL (e dai suoi aggiornamenti)" (doc. 11 dep. 30.1.2023, pagina 14). Alla luce di tali precisazioni, risulta verosimile quanto allegato da Gr. Se. S.p.A., secondo cui essa nell'offerta non ha applicato i valori retributivi minimi della tabella ministeriale del 2010, la quale è stata riportata nei Giustificativi da un lato, solo perché è l'ultima tabella di riferimento, non essendo stata ancora pubblicata la nuova relativa al contratto collettivo del 2022, e dall'altro lato in quanto tale tabella del 2010, a parte alcuni valori retributivi non più attuali, contiene pure una serie di altre voci ancora attuali, come ad esempio i parametri delle ore lavorate teoriche ed effettive, a cui la controinteressata ha fatto riferimento per giustificare la propria offerta. Tale ricostruzione di Gr. Se. S.p.A. è ulteriormente confermata dai cedolini dell'appalto in corso, quindi relativi al periodo successivo all'offerta, da cui risulta che poi effettivamente Gr. Se. S.p.A. ha rispettato i minimi salariali del contratto collettivo del 2022; infatti la retribuzione oraria base assicurata dalla controinteressata per l'appalto in corso, come risultante dai LUL di febbraio- marzo 2024 prodotti in atti, è pari, per ciascun addetto inquadrato al livello F, alla retribuzione minima oraria di Euro/h 6,776, cioè la retribuzione minima fissata dal contratto collettivo del 2022 vigente al momento dell'offerta. Ad abundantiam, le contestazioni di Ev. Consorzio Stabile risultano sul punto inattendibili anche in base ad un'ulteriore considerazione: Gr. Se. S.p.A. ha dichiarato un costo della manodopera di Euro 2.264.328,00, mentre il Consorzio Ev. ha addirittura indicato il minor costo del lavoro di Euro 2.081.376,00 (Euro/h 11,88 X 175.200 ore), risultando quindi che Ev. Consorzio Stabile, che ha dichiarato costi del lavoro inferiori rispetto a Gr. Se. S.p.A., ha contestato il rispetto dei minimi salariali dell'offerta di quest'ultima, pur senza spiegare, nonostante espresso rilievo di Gr. Se. S.p.A. sul punto, come ciò possa giustificarsi. 7.3. I motivi aggiunti sono pertanto infondati. 8. Tra le parti costituite le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Non luogo a provvedere sulle spese di lite nel rapporto processuale tra parte ricorrente e So.Re.. S.p.A. 9. Il compenso del verificatore dott.ssa Ma. Ca., in ragione della qualità e quantità del lavoro svolto, può essere liquidato in euro 1.300,00 già comprensivo di eventuali spese e di accessori di legge, da cui va detratto l'acconto eventualmente percepito. Tale compenso è a carico di Ev. Consorzio Stabile. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso introduttivo e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge, e condanna Ev. Consorzio Stabile al pagamento delle spese di lite in favore di Gr. Se. S.p.A. e dell'amministrazione resistente, liquidandole, in favore di ciascuna, nella somma di euro 3.000,00, oltre spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e Cpa come per legge. Nulla per le spese nel rapporto processuale tra parte ricorrente e So.Re.. S.p.A. Pone in via definitiva a carico di Ev. Consorzio Stabile il compenso del liquidatore dott.ssa Ma. Ca. liquidato in euro 1.300,00 già comprensivo di eventuali spese e di accessori di legge, da cui va detratto l'acconto eventualmente percepito. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Fabio Di Lorenzo - Primo Referendario, Estensore Raffaele Esposito - Primo Referendario
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Prima ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 938 del 2024, proposto da An. Della Ga., rappresentato e difeso dall'avvocato Pa. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), non costituito in giudizio; Ministero della Cultura, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so (...); per l'annullamento, previa concessione delle idonee misure cautelari - del provvedimento del Comune di (omissis) prot. n. 1712 del 18/03/2024, recante diniego dell'autorizzazione paesaggistica semplificata per "stabilizzazione di un movimento franoso mediante realizzazione di gabbioni in pietra locale", di cui alla SCIA acquisita al prot. del Comune di (omissis) n. 6235 del 13/11/2023 - rif. pratica SCIA 22/2023; - del provvedimento della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio delle Province di Salerno e Avellino prot. n. 0001604/2024 del 12/03/2024, Class. 34.43.04/103.102, conosciuto unitamente al diniego comunale, recante parere paesaggistico contrario; - se ed in quanto lesiva, ed ove occorrer possa, della Nota prot. 3841-P del 15/02/2024 della Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, recante comunicazione di motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza; - se ed in quanto lesiva, ed ove occorrer possa, della "nota mezzo pec n. 723 del 31/01/2024" (così citata nel parere negativo della Soprintendenza) di trasmissione degli atti alla Soprintendenza da parte del Comune di (omissis); - se ed in quanto lesivo ed ove occorrer possa, del Verbale n. 3 della Commissione Locale per il Paesaggio del 15/11/2024; - se ed in quanto lesivo ed ove occorrer possa, del "verbale n. 1 parere n. 2 del 29/01/2024 del parere favorevole della Commissione locale per il Paesaggio" (così citato nel parere negativo della Soprintendenza) della C.L.P. del Comune di (omissis); - se ed in quanto lesiva ed ove occorrer possa, della "relazione tecnica illustrativa con relativa proposta favorevole" del "Responsabile comunale del procedimento" (così citata nel parere negativo della Soprintendenza), prot. n. 722 del 31/01/2024; - di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Cultura e di Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Salerno e Avellino; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 il dott. Raffaele Esposito e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; 1. Con ricorso notificato il 17 maggio 2024 e depositato l'11 giugno 2024, il ricorrente impugna il provvedimento del 18 marzo 2024 con cui il Comune di (omissis) ha negato l'autorizzazione paesaggistica semplificata relativa a un intervento di stabilizzazione di un movimento franoso che ha riguardato la proprietà del ricorrente (a valle del fabbricato di proprietà del medesimo e a monte della strada comunale), per la messa in sicurezza dell'area e l'eliminazione della situazione di pericolo, oggetto peraltro di un'ordinanza contingibile e urgente adottata dal Sindaco il 31 maggio 2023. Ana movimento franoso aveva riguardato una parte del medesimo costone roccioso distante circa 15 metri da quella interessata dal più recente smottamento; nel 2019 un identico intervento era stato invece assentito dalla Soprintendenza competente per territorio e dal Comune e tuttavia non realizzato in quanto rivelatosi non necessario. Il ricorrente, a seguito dell'ordinanza sindacale, ha presentato una SCIA condizionata al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica semplificata; a fronte della proposta favorevole elaborata in sede comunale (prot. numero 611 del 29 gennaio 2024) e trasmessa il 31 gennaio 2024, la Soprintendenza ha comunicato motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza con nota n. 3841 del 15 febbraio 2024, trasmessi al ricorrente il 19 febbraio 2024 e da questo riscontrati il successivo 29 febbraio 2024. L'Amministrazione comunale ha trasmesso la documentazione alla Soprintendenza il 4 marzo 2024 e il 12 marzo 2024 la stessa Soprintendenza ha espresso parere contrario con nota n. 1604; sulla base di tale parere negativo il Comune, con nota n. 1712 del 18 marzo 2024, ha rigettato la richiesta di autorizzazione paesaggistica semplificata. 2. Il provvedimento negativo dell'Amministrazione comunale si fonda essenzialmente sul parere negativo della Soprintendenza; quest'ultima invece evidenzia: - la mancanza di una planimetria generale dell'area (riferita allo stato dei luoghi e agli esiti dell'intervento) e di elaborati specifici di rilievo e di piani quotati dell'attuale stato dei luoghi nonché di foto simulazioni per chiarire l'impatto dell'opera (in quanto da realizzare in area tutelata ai sensi dell'art. 142, comma 1, lett. f, del d.lgs. n. 42/2004); - la notevole dimensione e la scarsa qualità architettonica dell'opera, per metodologia, criteri costruttivi e assenza di opere di mitigazione paesaggistica; - la necessità di estendere i movimenti di terra a un'area più ampia rispetto a quella di intervento per consentire i lavori strutturali di posizionamento di gabbioni; - una alterazione dei valori paesaggistici nelle prospettive e nelle visuali nonché il forte impatto sul contesto paesaggistico generale e locale, considerate la notevole dimensione e le caratteristiche dell'intervento necessario; - il mancato accoglimento dei suggerimenti già formulati "Sistemazioni con tecniche di viminate, fascinate, palizzate e palificate vive; - Messa a dimora e piantumazione di arbusti e alberature; - Esecuzione di micropali di piccolo diametro e tiranti; - Esecuzione di terre rinforzate ed idrosemine"; proponendo "una rimodulazione dell'intervento di contenimento in elevazione di notevoli dimensioni a sostegno del terreno franato con il conseguente reiterarsi di tutto il versante stradale". 3. Il ricorrente deduce: - la tardività del parere della Soprintendenza, in quanto risulta violato il termine di venti giorni previsto dal combinato disposto dei commi 5, 7 e 9 dell'art. 11 del d.P.R. n. 31/2017, con conseguente esaurimento del potere dell'Amministrazione statale e necessità di autonoma decisione dell'Amministrazione comunale, che dovendo prescindere dal parere reso dalla Soprintendenza, deve risultare conforme alla proposta già formulata, pena l'irrazionalità dell'agire amministrativo. "Infatti, venendo meno il parere soprintendentizio perché tardivo, il rigetto comunale si presenta come un sostanziale annullamento della proposta di accoglimento inoltrata alla Soprintendenza. Solo un'eventuale diversa valutazione avrebbe potuto giustificare il revirement del Comune rispetto alla propria precedente determinazione. Peraltro, trattandosi come visto nella sostanza di un contrarius actus, il relativo dovere motivazionale sarebbe stato ancor più stringente, proprio perché con esso si andava ad annullare il precedente parere favorevole"; - in via subordinata, l'omessa valutazione, da parte del Comune e della Soprintendenza, della precedente autorizzazione paesaggistica semplificata rilasciata nel 2019 e la contraddittorietà rispetto a tale precedente atto, l'omessa valutazione del carattere necessitato dell'intervento nonché la violazione "dell'art. 10 bis ultima parte, L. n. 241/1990, nella misura in cui: nulla viene detto in merito al vecchio progetto approvato ed al perché ana (sostanzialmente identico) progetto non meriterebbe la stessa valutazione a distanza di pochi anni; nei provvedimenti impugnati sembra che la circostanza de qua non sia stata neppure considerata quale elemento istruttorio; nel parere negativo non vengono spiegate le ragioni per le quali le osservazioni presentate non sono state accolte sullo specifico punto in questione"; - l'omessa valutazione della documentazione presentata, non sussistendo le carenze documentali rappresentate, considerato peraltro che nella zona non vi sono punti di belvedere e che le foto simulazioni renderizzate non sono previste dalla specifica disciplina di cui al d.P.R. n. 31/2017 e che "alla luce delle foto aeree dell'area di intervento effettuate con il drone, delle sezioni, dei prospetti e delle planimetrie dell'intervento a farsi (tutte trasfuse nell'atto di osservazioni ex art. 10 bis L. n. 241/1990, cfr. all. 12), era piuttosto facile per l'Amministrazione figurarsi il risultato finale dell'intervento, ossia quanto era stato richiesto attraverso i rendering". Inoltre, con riferimento ai suggerimenti che la Soprintendenza ritiene non accolti, "nelle osservazioni vengono riportati planimetria, prospetti e sezioni, dalle quali è dato evincere che era stata prevista la piantumazione di essenze arbustive ed arboree (cfr. all. 12, pagg. 5, 6 e 7). Ad ogni buon conto, ben poteva l'Amministrazione emettere parere favorevole con prescrizioni sul punto, come già fatto nel 2019 (cfr. all. 10). Con riferimento agli ulteriori suggerimenti, invece, come fatto presente nell'atto di osservazioni, vi sono specifiche ragioni per le quali essi non erano da ritenersi idonei", in quanto inattuabili ed eccessivamente gravosi, con violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, trattandosi di autorizzazione semplificata e di un progetto identico a quello già approvato, considerato altresì che l'Amministrazione non ha adeguatamente indicato le ragioni per le quali le osservazioni formulate sul punto non potessero essere accolte. 4. Si è costituito il Ministero della Cultura evidenziando la tempestività del parere e chiedendo il rigetto del ricorso. 5. A seguito di rinvio chiesto dalla parte ricorrente, alla camera di consiglio del 25 settembre 2024, la causa è stata trattenuta per essere decisa con sentenza breve, previo avviso alle parti. 6. Occorre premettere che il parere della Soprintendenza non risulta tardivo in quanto reso nel termine di venti giorni dalla trasmissione della documentazione elaborata dal ricorrente a seguito della comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241/1990, secondo quanto disposto dall'art. 11, comma 7, del d.P.R. n. 31/2017. 7. Quanto alle ulteriori censure, il ricorso è fondato e va accolto. Le osservazioni prodotte a seguito della predetta comunicazione dei motivi ostativi reca fotografie raffiguranti l'area di intervento nonché un'ampia zona circostante (in modo da consentire la contestualizzazione dell'iniziativa), rilievi planimetrici della medesima area con indicazione delle relative quote nonché rappresentazioni schematiche delle sezioni della scarpata, secondo lo stato attuale e quello risultante dal progetto. Effettivamente mancano foto simulazioni dell'intervento che, facoltative secondo la previsione di cui al punto 9 dell'allegato D al citato d.P.R. n. 31/2017, appaiono però all'evidenza del tutto secondarie, considerate le rappresentazioni grafiche e fotografiche già contenute nelle precedenti osservazioni, il carattere standardizzato delle soluzioni proposte nonché la ottima conoscenza della zona da parte dell'Amministrazione, conoscenza che ha consentito alla stessa di formulare rilievi, di valutare il progetto e di prospettarne modifiche. A ciò si aggiunga che la Soprintendenza sembra suggerire un intervento, da riferirsi all'intero versante, molto più ampio e molto più impattante rispetto a quello proposto dal ricorrente, deducendone, contrariamente a quanto rappresentato in progetto, caratteristiche di notevole dimensione e di forte impatto che non appaiono invece sussistenti, senza invece confutare con adeguate argomentazioni le ragioni poste dal ricorrente a sostegno delle soluzioni effettivamente proposte, chiarite nell'ambito delle osservazioni prodotte e ribadite nell'ambito del ricorso. Infine, l'Amministrazione non prende in alcun modo in considerazione il precedente parere favorevole reso in relazione a un intervento identico (come sostenuto dalla parte privata, senza essere smentita sul punto da quella pubblica) proposto dal medesimo ricorrente nel 2019; il progetto avanzato non è stato poi realizzato ma il parere positivo adottato permane, consentendo di evidenziare una disparità di trattamento tra progetti che si differenziano solo per le zone di realizzazione (distanti pochi metri) e la lesione dell'affidamento ingenerato circa la compatibilità paesaggistica di interventi della specie in tali zone. Allo stesso modo, neppure risulta valutato lo specifico profilo connesso all'urgenza e alla necessità dei lavori, oggetto di un'ordinanza contingibile e urgente che ha evidenziato la compromissione delle condizioni di stabilità dell'area e il pericolo per la pubblica incolumità, con la conseguenza che l'intervento e le soluzioni individuate non possono non risentire di tali sollecitazioni. 8. In conclusione, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. I tratti di peculiarità della controversia, sopra rilevati, rendono equa l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Salvatore Mezzacapo - Presidente Fabio Di Lorenzo - Primo Referendario Raffaele Esposito - Primo Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1005 del 2021, proposto da Mi. Pe. e società "Sa. Gi." di Ca. Gi. & C. - S.n. c., in persona del legale rappresentante pro tempore, parti rappresentate e difese dagli avvocati Al. Me. e Gi. Vi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Al. Me. in Salerno, (...); contro Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ed. De Ru., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; per il risarcimento del danno che sarebbe derivato a parte ricorrente per effetto dell'accertata illegittimità : a) della nota n. 13356 del 29.3.2007 del Segretario Generale del Comune di (omissis); b) della delibera di Consiglio Comunale n. 51 dell'8.5.2000; c) della delibera di Giunta Comunale n. 147 del 28.4.2006; d) della delibera di Giunta Comunale n. 220 del 13.7.2006; e) della delibera di Consiglio Comunale n. 116 del 26.10.2006; f) della delibera del Consiglio Comunale n. 13 del 18.2.2004; g) della delibera di Giunta Comunale n. 382 del 25.11.2004; h) della delibera della Giunta Comunale n. 193 del 12.5.2006; i) della delibera di Consiglio Comunale n. 51 del 27.3.2008; l) dell'ingiunzione di pagamento n. 7 dell'1.10.2008. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 12 settembre 2024 il dott. Marcello Polimeno e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con l'odierno ricorso (notificato in data 28.6.2021 e depositato in data 30.6.2021) i ricorrenti indicati in epigrafe hanno chiesto la condanna del Comune di (omissis) "al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti in solido tra loro, ovvero, per la quota parte spettante a ciascuno di essi, derivanti dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo per come quantificati nella somma di Euro. 3.050.000 ovvero, in subordine, in quella di Euro. 575.483,20 - ovvero in quella maggiore o minore che sarà determinata dal C.T.U., oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge" (v. pag. 13 del ricorso). 1.1. A fondamento della domanda proposta parte ricorrente ha dedotto che: - il Comune di (omissis) (oggi Comune di (omissis) - Paestum) con deliberazione del Consiglio Comunale n. 197 del 28.6.1982 approvò (ai sensi dell'art. 27 della legge 22.10.1971, n. 865) il Piano per gli Insediamenti Produttivi (P.I.P.) alla località (omissis) (successivamente reso esecutivo, ai sensi della L.R. 20 marzo 1983 n. 14, con decreto sindacale n. 32 del 18.2.1984, pubblicato sul B.U.R.C. n. 13 del 5.3.1984 a pag. 90); - la società "Sa. Gi." di Ca. Ma. & C. - s.n. c. (oggi "Sa. Gi." di Ca. Gi. & C. - s.n. c.) con sede in (omissis), essendo già proprietaria del relativo fondo, chiese il rilascio della concessione edilizia per realizzarvi ed impiantarvi un supermercato, sviluppantesi in un piano seminterrato destinato a depositi ed un piano in elevazione destinato alla vendita; - previa stipula della convenzione per notaio An. rep. n. 10646 del 7.10.1987 e la sottoscrizione in data 2.7.1988 di un atto unilaterale di impegno, il Comune assentì la realizzazione della struttura commerciale nella consistenza richiesta con concessione edilizia n. 170 del 12.7.1988; - il Comune rilasciò concessioni in variante n. 120/90 del 30.4.1990 e n. 70/92 del 2.6.1992 (all'esito delle relative richieste della predetta società ), per cui la struttura fu poi realizzata nella sua attuale consistenza, sviluppantesi su un unico livello a piano di campagna; - all'esito del completamento della struttura, del collaudo, dell'allaccio ai servizi pubblici, del conseguimento dell'agibilità e dell'autorizzazione al commercio (quest'ultima in data 7.8.1992) la società avviò l'esercizio commerciale; - entro il termine decennale di vigenza ed efficacia del P.I.P. oltre a quello della ricorrente si insediarono altri sette impianti produttivi da parte di altrettante ditte (anch'esse proprietarie dei rispettivi suoli); - tuttavia, il Comune non avrebbe realizzato alcuna infrastruttura del Piano; - tale situazione sarebbe rimasta inalterata per decenni; - successivamente il Comune con delibera di Consiglio Comunale n. 51 dell'8.5.2000 approvò un nuovo P.I.P. nella medesima località con la previsione di n. 62 lotti, ivi compresi gli otto già insediati in vigenza del precedente P.I.P. e, quindi, anche quello della ricorrente; - il Comune con delibere di Giunta nn. 382 del 25.11.2004 e 193 del 12.5.2006 approvò poi il progetto esecutivo - I° stralcio per le opere infrastrutturali, nonché con delibera G.C. n. 147 del 28.4.2006 (doc. n. 4) stabilì di procedere all'intero programma di completamento delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie dell'area P.I.P.; - con quest'ultima delibera il Comune pose a carico degli insediati, ivi compresi i proprietari dei lotti già insediati, gli oneri finanziari necessari per detto completamento previa acquisizione di opportuno parere di legittimità ; - con successiva delibera di Giunta n. 220 del 13.7.2006 il Comune approvò una variante tecnica al P.I.P. approvato nel 2000 e stabilì di ripartire i relativi oneri infrastrutturali dell'intero Piano tra tutti gli assegnatari dei suoli, includendovi definitivamente (sulla base del parere intanto reso dal Segretario Generale prot. n. 24088 del 21.6.2006) anche gli otto lotti già insediati in vigenza del precedente P.I.P. del 1984, tra cui quello su cui insiste il supermercato della società "Sa. Gi.", invocando la suddetta convenzione ed il suindicato atto d'obbligo; - con delibera di Consiglio Comunale n. 116 del 26.10.2006 approvò il "Regolamento comunale delle Aree Destinate ad Insediamenti di Attività Produttive", in cui con gli artt. 15 e 16 venne esplicitato l'obbligo dei titolari degli otto lotti a suo tempo insediati di corrispondere gli oneri di urbanizzazione a conguaglio per gli importi ivi indicati e le relative modalità di pagamento; - con atto del Segretario Comunale prot. n. 13356, notificato il 2.4.2007, il Comune richiese alla società "Sa. Gi." di corrispondere, nel termine di gg. 120 e previa sottoscrizione di apposita convenzione, la somma di Euro 285.152,00 per il pagamento delle opere di urbanizzazione primarie e quella di Euro 212.800,00 per le opere di urbanizzazione secondaria; - infine, il Comune con delibera di Consiglio Comunale n. 51 del 27.3.2008, insistendo sull'inclusione dell'area nel nuovo Piano, dapprima, approvò alcune modifiche ed integrazioni al Regolamento Comunale delle aree P.I.P. località (omissis), aumentando il corrispettivo per la seconda fase (opere di urbanizzazione secondaria - scheda 7) da Euro 35,00 ad Euro 50,00 al m.q. e, quindi, con ingiunzione di pagamento n. 7 dell'1.10.2008 richiese la corresponsione della somma di Euro 285.152,00 per oneri di urbanizzazione primaria del P.I.P., oltre interessi per Euro 9.997,93; - tali atti vennero impugnati dall'odierna ricorrente Mi. Pe., quale socia della "Sa. Gi." di Ca. Ma. & C. - s.n. c.; - il relativo ricorso venne accolto da questa Sezione staccata con la sentenza n. 11283/2010, con conseguente annullamento degli atti impugnati, ritenendo che i crediti del Comune fossero prescritti; - il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2015/2021, pubblicata in data 10.3.2021, ha poi respinto l'appello proposto dal Comune avverso la predetta sentenza; - durante gli anni decorsi dall'adozione degli atti impugnati e sino al loro definitivo annullamento la società ricorrente avrebbe subito notevolissimi danni, poiché : i predetti provvedimenti avrebbero di fatto precluso la commerciabilità dell'immobile, in quanto gli eventuali acquirenti sarebbero stati responsabili delle suddette obbligazioni, ragion per cui avrebbero preteso che il relativo importo (che ne costituiva una porzione importantissima) avrebbe dovuto essere scomputato dal complessivo prezzo di vendita; nella parte in cui i provvedimenti oggetto di impugnativa prevedevano per il mancato pagamento delle somme richieste l'inibitoria di ogni e qualsiasi intervento edilizio futuro sul suolo, facendo "assoluto divieto al Responsabile del Settore competente a rilasciare qualsiasi titolo urbanistico/edilizio abilitativo per i lotti inadempienti", gli stessi avrebbero di fatto impedito di procedere a necessari ed urgenti lavori di manutenzione straordinaria che, nell'ipotesi di reiezione del ricorso, sarebbero risultati illegittimi; infine, la società ricorrente a seguito dell'adozione dei predetti atti da parte del Comune avrebbe avuto notevoli difficoltà di accesso al credito per una posizione debitoria che, per il carattere pubblico del creditore e la visibilità della relativa procedura, sarebbe stata notoria e costantemente soppesata dagli Istituti di credito; - ha richiesto al Comune il risarcimento dei danni cagionati con missiva del 28.4.2021. 1.2. Parte ricorrente ha quindi argomentato in ordine alla sussistenza di tutti i presupposti ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno in suo favore, vale a dire la colpa grave del Comune, il danno ed il nesso di causalità . In particolare, i ricorrenti hanno dedotto che: - la colpa grave del Comune risulterebbe dalla sentenza n. 2015/2021 del Consiglio di Stato; - dall'adozione degli atti annullati emergerebbero almeno due profili di colpa: con i predetti atti l'amministrazione avrebbe provato a riversare sulla società ricorrente i costi del nuovo P.I.P. del 2000 nonostante la ricorrente non avesse alcun obbligo in relazione agli stessi; se l'amministrazione avesse osservato l'ordinaria diligenza avrebbe dovuto concludere che i costi del nuovo piano sarebbero potuti gravare soltanto sui nuovi assegnatari; l'amministrazione avrebbe poi sostenuto un'interpretazione delle convenzioni sottoscritte negli anni ottanta contraria ad ogni logica giuridica e volta a procrastinare sine die gli impegni della società ricorrente; - dai provvedimenti impugnati sarebbero derivate notevoli conseguenze fattuali e giuridiche; - più nel dettaglio, le obbligazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione sarebbero gravate anche sugli acquirenti in caso di trasferimento del bene da parte della società ricorrente e tanto avrebbe determinato l'incommerciabilità dell'immobile, poiché gli eventuali acquirenti del bene avrebbero dovuto assumersi nel caso di conferma dei provvedimenti il rischio del pagamento della somma di oltre Euro 500.000,00 richiesta dal Comune; - pertanto, nel corso degli anni i soggetti interessati all'acquisto avrebbero sempre preteso che il suddetto importo (che ne costituiva una porzione importantissima) avrebbe dovuto essere scomputato dal complessivo prezzo di vendita e corrisposto in un secondo momento in caso di definizione favorevole dei giudizi; tuttavia, laddove avesse proceduto in tal modo la società ricorrente avrebbe avuto un'ingente somma improduttiva e, inoltre, sarebbe stata esposta al rischio in caso di un'eventuale insolvenza dell'acquirente; - proprio in seguito alla situazione venutasi a creare la società ricorrente, versando in difficoltà finanziaria, avrebbe avviato tra il 2010 ed il 2011 con il gruppo Ca. trattative per la cessione dell'attività commerciale e del relativo immobile; - tali trattative sarebbero giunte ad un accordo sul complessivo valore di quanto oggetto di cessione (oltre Euro 5.700.000,00 da cui detrarre le somme di cui la "Sa. Gi." era debitrice) e, tuttavia, si sarebbero interrotte perché il gruppo Ca., una volta venuto a conoscenza dell'ingente obbligazione potenzialmente ricadente sull'acquirente dell'immobile, avrebbe preteso di trattenere sulla suddetta somma quella di Euro 500.000,00 da versare al Comune, oltre ad un importo di Euro 300.000,00 sino alla cessazione dell'inibitoria al rilascio di "qualsiasi titolo urbanistico/edilizio abilitativo"; - tenuto conto che nei provvedimenti impugnati è fatto "assoluto divieto al Responsabile del Settore competente a rilasciare qualsiasi titolo urbanistico/edilizio abilitativo per i lotti inadempienti" la ricorrente sarebbe stata nell'impossibilità di realizzare la rimanente cubatura di cui all'originaria concessione edilizia n. 170 del 12.7.1988; in effetti, la società ricorrente avrebbe voluto realizzare tale rimanente cubatura una volta ammortizzato l'investimento iniziale; tuttavia, nell'ipotesi di rigetto del ricorso proposto dinanzi a questo Tribunale i lavori realizzati dalla società per sfruttare la restante cubatura sarebbero risultati illegittimi proprio alla luce di quanto disposto nei provvedimenti impugnati; - la notizia dell'avvio dei procedimenti per il recupero dei costi di costruzione da parte del Comune avrebbe avuto notevole diffusione mediatica nel piccolo Comune di (omissis); tanto avrebbe avuto delle ricadute sull'immagine della società e sulla percezione della sua solidità economica; - ciò avrebbe comportato notevoli difficoltà di accesso al credito per la società ricorrente, anche in ragione del carattere pubblico del creditore e della notorietà del relativo debito; queste circostanze avrebbero spinto gli istituti di credito a negare completamente l'accesso a nuove linee di credito ed a richiedere il rientro rispetto a quelle già concesse; - da quanto precede sarebbero derivato un notevole danno per i ricorrenti; questi prima dell'adozione degli atti impugnati avrebbero esercitato una proficua attività commerciale; tuttavia, dopo l'adozione di tali atti, la diffusione delle notizie riguardanti i suddetti procedimenti amministrativi, l'impossibilità di cedere l'immobile ovvero utilizzarlo quale forma di garanzia, l'impossibilità di fatto di ampliarlo ovvero adeguarlo, unitamente alle sempre crescenti difficoltà di accesso al credito, avrebbero costretto la società ricorrente a cessare l'attività commerciale; - i danni subiti andrebbero quantificati: in via principale, nel mancato guadagno derivante dall'impossibilità di ottenere il maggior vantaggio economico dalla cessione dell'attività in un periodo in cui la stessa era fiorente; in subordine, nel mancato guadagno derivante dall'impossibilità di cedere l'immobile prima della notoria crisi del settore immobiliare, ricavando quindi somme ben maggiori di quelle che verrebbero ricavate oggi dalla relativa cessione; sempre in via subordinata, nella mancata chance di guadagno per l'impossibilità di effettuare qualunque tipo di lavoro straordinario; - tali danni risulterebbero comprovati dalla differenza emergente dal raffronto tra l'importo di Euro 2.650.000,00 da attribuire al punto vendita in questione nell'anno 2013 (alla luce del valore quantificato dal C.T.U. nominato in procedura esecutiva intrapresa da istituto di credito avverso la società ricorrente) e quello di Euro 5.700.000,00 che sarebbe stato oggetto della trattativa tra la società ricorrente ed il gruppo Ca.; vale a dire che la risultante somma di Euro 3.050.000,00 avrebbe costituito il valore dell'attività economica della società ricorrente; - in relazione ai danni quantificati in via subordinata il valore immobiliare del bene sarebbe comunque notevolmente diminuito nel tempo intercorso per la definizione dei giudizi suddetti, arrivando ad essere pari all'attualità ad Euro 1.777.860,00, valore notevolmente inferiore rispetto a quello quantificato dal C.T.U. nella procedura esecutiva suddetta; - quindi la società ricorrente avrebbe subito in via subordinata un danno di Euro 362.140,00; - in ordine al danno da perdita di chance andrebbe tenuto conto che il valore di mercato e locativo dell'immobile sarebbe stato molto più elevato se non vi fosse stato il vincolo promanante dai suddetti atti comunali; pertanto, se non vi fossero stati tali atti il bene avrebbe avuto un incremento di redditività per un ammontare pari ad Euro 213.343,20. 2. Con atto depositato in data 4.8.2021 si è costituito il Comune intimato, il quale ha chiesto la reiezione del ricorso, senza inizialmente svolgere alcuna ulteriore deduzione. 3. Con memoria depositata in data 11.7.2024 il Comune, riassunta la vicenda dalla quale è scaturito l'odierno giudizio, ha poi sostenuto l'infondatezza della domanda di risarcimento danni proposta dai ricorrenti. In particolare, il Comune ha dedotto: - l'insussistenza degli elementi costituitivi dell'illecito aquiliano; - la mancanza di colpa del Comune, in quanto gli atti annullati dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 2015/2021 erano stati in precedenza ritenuti dallo stesso legittimi con plurime sentenze (relative a ricorsi proposti da soggetti diversi dagli odierni ricorrenti), con le quali sarebbe stata anche esclusa la prescrizione del credito, facendo decorrere il dies a quo per la richiesta degli importi dalla delibera di Giunta Comunale n. 147/2006 e non dalla stipula della convenzione originaria (v. sentenze nn. 4685/2014, 4686/2014, 4687/2014 e 1552/2020 del Consiglio di Stato, nonché la sentenza n. 1823/2019 di questa Sezione staccata); nel caso di specie il predetto contrasto giurisprudenziale (relativo agli stessi atti ed alla stessa questione concernente la prescrizione) varrebbe ad escludere la sussistenza di inescusabili negligenze e/o omissioni in capo al Comune; - la mancata prova dei danni richiesti da parte ricorrente; - che, in particolare, parte ricorrente non avrebbe prodotto alcun documento dimostrativo della dedotta trattativa di vendita, dell'accettazione del prezzo da parte dell'acquirente o ancora dell'avvenuta interruzione delle trattative a causa del credito vantato dal Comune; invece, dalla missiva del 18.12.2012 depositata dalla ricorrente sarebbe desumibile che il blocco delle forniture sarebbe stato causato da gravi e reiterati inadempimenti della società, nonché dal protesto di diversi assegni dei ricorrenti; - che, pertanto, parte ricorrente non avrebbe provato il danno da mancata vendita e, inoltre, la crisi aziendale sarebbe derivata da fatti estranei al presente giudizio; del resto, la società ricorrente avrebbe comunque potuto porre in essere la vendita subordinando l'incasso della quota di prezzo corrispondente al pagamento degli oneri del P.I.P.; - che sarebbe poi addebitabile alla ricorrente la scelta posta in essere nell'anno 1991 di non eseguire l'intero intervento autorizzato con la concessione edilizia n. 170/1988; in effetti, non sarebbe comprensibile come la decisione di ridurre del 50% la consistenza volumetrica dell'edificio autorizzato assunta dal privato nel 1991 possa essere stata influenzata dalla approvazione del PIP nel 2000 e dalla richiesta di pagamento del Comune del 2006 (intervenuta quindici anni dopo); neppure parte ricorrente avrebbe provato la successiva impossibilità di realizzare tali opere; - che neanche sarebbe stato dimostrato il preteso danno all'immagine di parte ricorrente e che, ad ogni buon conto, dalla missiva della Ca. del 2012 emergerebbe che i problemi economici della società ricorrente sarebbero stati indipendenti dall'approvazione del PIP (i cui crediti non erano mai stati riscossi dalla P.A.); - che quanto alle singole voci di danno: l'indicazione del valore da parte della ricorrente in assenza di accettazione della Ca. ed in assenza di concreti elementi oggettivi sarebbe inidonea a fondare una pretesa risarcitoria; anche ad ammettere l'esistenza di una trattativa con Ca. la scelta di non vendere il bene ad un prezzo di oltre Euro 2.500.000,00 superiore al suo valore effettivo per non inserire una condizione sospensiva relativa al pagamento degli oneri (pari a circa Euro 500.000,00) sarebbe comunque ascrivibile esclusivamente alla volontà dei ricorrenti che, dunque, non avrebbero diritto ad alcun risarcimento; rispetto al valore attuale del fabbricato non sarebbe comprensibile in che modo la lamentata perdita di valore potrebbe essere dipesa da una pretesa creditoria del Comune di (omissis), ritenuta infondata dal T.A.R. fin dal 2010; anche la mancata manutenzione del bene sarebbe frutto di una scelta di parte ricorrente e non potrebbe essere ascritta al Comune, poiché i lavori di manutenzione sarebbero stati comunque consentiti. 4. Con memoria depositata in data 18.7.2024 i ricorrenti hanno insistito per l'accoglimento del ricorso, replicando alle difese svolte dal Comune. 5. All'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 12.9.2024, tenutasi da remoto mediante collegamento via TEAMS, la causa è stata trattenuta in decisione. 6. Tanto premesso, la proposta domanda risarcitoria va respinta per assorbenti considerazioni legate alla mancata prova del danno e del nesso di causalità tra i suddetti atti dell'amministrazione ed i danni lamentati da parte ricorrente. 6.1. In via preliminare, va ricordato che per la giurisprudenza consolidata "il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica e costante dell'annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo, ma richiede la verifica di tutti i requisiti dell'illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso) e, nel caso di richiesta di risarcimento del danno conseguente alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla dimostrazione, secondo un giudizio prognostico, con accertamento in termini di certezza o, quanto meno, di probabilità vicina alla certezza, che il provvedimento sarebbe stato rilasciato in assenza dell'agire illegittimo della pubblica amministrazione" (così C.d.S., Sez. III, 3 giugno 2022, n. 4536; cfr., altresì, Sez. V, 2 maggio 2023, n. 4453; id., 27 maggio 2022, n. 4279; id. 19 agosto 2019, n. 5737; id., 23 marzo 2018, n. 1859; Sez. VI, 13 luglio 2022, n. 5897; id., 14 ottobre 2016, n. 4266). Ed infatti, "per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell'art. 2043 Cod. civ. si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue quindi la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto od al quale anela, e di cui attraverso la domanda giudiziale vorrebbe ottenere l'equivalente economico" (così C.d.S., Sez. V, 21 aprile 2020, n. 2534; v. Sez. III, n. 4536/2022, cit.) Per quanto riguarda, la prova del danno subito, com'è noto in relazione al petitum risarcitorio e, più in generale, in materia di diritti soggettivi non trova applicazione la regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, che rende sufficiente la fornitura, da parte del privato ricorrente, di un mero "principio di prova" (com'è quello dato dal deposito in atti di una perizia di parte), in deroga rispetto alla disciplina dell'art. 2697 c.c.: al riguardo la giurisprudenza ha precisato che l'azione risarcitoria innanzi al G.A. non è retta dal principio dispositivo con metodo acquisitivo, tipico del processo impugnatorio, ma dal generale principio dell'onere della prova ex artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., con il corollario che grava sul ricorrente l'onere di dimostrare la sussistenza di tutti i presupposti della domanda al fine di ottenere il riconoscimento della responsabilità dell'Amministrazione per danni derivanti dall'illegittimo od omesso svolgimento dell'attività amministrativa di stampo autoritativo, da ricondurre al modello della responsabilità per fatto illecito di cui all'art. 2043 c.c.: in particolare, è a carico del presunto danneggiato l'onere della prova degli elementi costitutivi della fattispecie aquiliana (C.d.S., Sez. IV, 8 febbraio 2016, n. 486). "Ai fini della liquidazione dei danni assertivamente provocati dall'illegittimo esercizio del potere amministrativo l'interessato è tenuto a fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, trovando piena applicazione in materia il principio dell'onere della prova e non invece l'onere del principio di prova di cui al metodo acquisitivo che ordinariamente nelle controversie su interessi legittimi tempera il criterio dispositivo ex art. 2697 c.c." (C.G.A.R.S., Sez. giur., 28 gennaio 2015, n. 73; id., 10 giugno 2011, n. 415). In altre parole, "spetta al danneggiato offrire la prova del danno subito, poiché nell'azione di responsabilità per danni il principio dispositivo opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell'azione di annullamento (ex art. 64, co. 1 e 3, c.p.a.); quest'ultimo, infatti, in tanto si giustifica in quanto sussista la necessità di equilibrare l'asimmetria informativa tra amministrazione e privato, la quale contraddistingue l'esercizio del pubblico potere ed il correlato rimedio dell'azione di impugnazione, mentre non si riscontra in quella consequenziale di risarcimento dei danni, in relazione alla quale il criterio della c.d. vicinanza della prova determina il riespandersi del predetto principio dispositivo sancito in generale dall'art. 2697, primo comma, c.c." (C.d.S., Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675). Va infine precisato che per costante giurisprudenza la valutazione equitativa, prevista dall'art. 1226 c.c., è ammessa solo in presenza di una situazione di impossibilità - o di estrema difficoltà - di una precisa prova sull'ammontare del danno (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. VI, 16 novembre 2022, n. 10092; Sez. V, n. 675/2015, cit.): infatti, tale modalità di valutazione è riferita dalla norma solo al quantum debeatur, non già all'an debeatur, cioè alla prova della sussistenza del danno, che rimane invece a carico del ricorrente (C.d.S., Sez. VII, 23 marzo 2023, n. 2972)" (Consiglio di Stato, VII Sez., 15 novembre 2023, n. 9796). Inoltre, al "mancato assolvimento dell'onere probatorio, peraltro, come pacificamente ritenuto in giurisprudenza, non può porre rimedio il giudice amministrativo avvalendosi della CTU che non è un mezzo di prova, ma è volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte" (T.A.R. Lazio, III sez., 17 marzo 2023, n. 4680). 6.2. Ciò posto, parte ricorrente non ha prima di tutto fornito idonea prova dell'asserito danno per mancato guadagno derivante dall'impossibilità di ottenere il maggior vantaggio economico dalla cessione dell'attività in un periodo in cui la stessa era fiorente, nonché del nesso di causalità tra i suddetti provvedimenti dell'amministrazione e tale danno. In effetti, come correttamente evidenziato dal Comune, le due missive del 2 febbraio 2011 e del 7 dicembre 2011 (docc. 26 e 27 depositati da parte ricorrente in data 30.6.2021) non sono in alcun modo sufficienti a dimostrare (neppure in via indiziaria) un tale danno e la sussistenza del nesso causale. A tal proposito, basta considerare che: - tali missive sono entrambe provenienti dalla stessa società ricorrente e non già dal potenziale acquirente (il gruppo Ca.), ragion per cui esse non provano in che modo tale potenziale acquirente abbia partecipato alle trattative predette e che tra le condizioni delle stesse vi fosse l'importo di Euro 5.700.000,00 affermato da parte ricorrente; - per la verità, dalla missiva del febbraio 2011 risulta chiaro come quella della cessione del punto di vendita al prezzo predetto risulta proposta solo alternativa (peraltro non delineata in tutte le sue condizioni, pure tenuto conto del valore dell'operazione proposta) a quella principale di prosecuzione del rapporto di affiliazione e di risoluzione delle asserite molteplici problematiche registratesi nei rapporti tra la società ricorrente ed il gruppo Ca.; - dalla missiva del febbraio 2011 emerge poi la chiara ammissione da parte della società ricorrente che lo stato di difficoltà economica, finanziaria e commerciale della stessa sia derivato non già dai provvedimenti dell'amministrazione, bensì da problematiche insorte nei rapporti tra la stessa ed il gruppo Ca.; in particolare, in tale missiva la società ricorrente ha sostenuto che si siano verificati disservizi di carattere informatico che avrebbero determinato "la totale perdita di controllo gestionale, organizzativa e finanziaria del Punto Vendita... minando irreversibilmente la.... attività commerciale", con conseguente "impossibilità di controllare la barriera cassa, di effettuare ordinativi di merce, di conoscere i listini prezzo dei prodotti, di partecipare alle campagne promozionali, di poter garantire ai clienti il programma punti e sconti denominato "Spesa Amica", di ottenere ogni e qualunque aggiornamento in tempo utile... subendo ripercussioni senza precedenti"; - analogamente nella missiva del dicembre 2011 la società ricorrente attribuisce il rischio del proprio fallimento ed i danni subiti e subendi alla responsabilità del gruppo Ca., sollecitando "in via d'urgenza, il rilascio e la messa a disposizione delle somme rese in fidejussione dalla società nostra assistita al Vostro Gruppo, al fine di attingere nel minor tempo possibile a risorse monetarie, onde scongiurare il collasso dell'attività d'impresa"; - del resto, quest'ultima lettera evidenzia anche come non si potesse in alcun modo parlare di fiorente attività economica della ricorrente con riferimento all'anno 2011, essendo nella stessa ammessa da parte della ricorrente l'esistenza di "somme relative alle insolvenze della società nostra... verso il Gruppo" Ca.; - in tal senso depone altresì chiaramente la missiva del 18.4.2012 proveniente dal gruppo Ca. (v. doc. 32 allegato al ricorso) nella quale si dà atto dell'esistenza di un piano in virtù del quale la società ricorrente sarebbe dovuta rientrare di un debito di Euro 150.000,00 per la fornitura di merce, nonché dell'esistenza di protesti per diversi assegni bancari emessi dalla società ricorrente per mancato loro pagamento per assenza di provvista; - è vero che in quest'ultima missiva si dà atto che siano intervenute trattative tra la società ricorrente ed il gruppo Ca. per l'acquisto del punto vendita e, tuttavia, anche da questa missiva non risulta in alcun modo la prova (secondo lo standard probatorio del più probabile che non) che in assenza dei suddetti atti del Comune le condizioni finali raggiunte all'esito della trattativa sarebbero effettivamente state quelle prospettate da parte ricorrente. 6.3. Si può quindi passare al danno richiesto da parte ricorrente in via subordinata e costituito dalla dedotta notevole riduzione di valore dell'immobile all'attualità rispetto al valore dello stesso all'epoca dell'adozione degli atti suddetti da parte del Comune. Orbene, a sostegno dell'esistenza del danno lamentato la ricorrente ha prodotto una consulenza tecnica di parte, nella quale si sostiene che l'immobile adibito a punto vendita avrebbe visto sensibilmente ridursi il suo valore tra l'anno 2013 (anno di espletamento di C.T.U. nell'ambito di procedura esecutiva immobiliare ai danni della società ricorrente) e l'anno 2021. Gli elementi addotti nel presente giudizio non sono idonei a dimostrare neppure tale danno, poiché : - parte ricorrente non ha prodotto nel presente giudizio effettiva documentazione comprovante l'avvenuta formulazione di proposte di acquisto per il minore importo da questa sostenuto; - la consulenza tecnica di parte, nonostante il suo contenuto tecnico e a differenza della consulenza tecnica d'ufficio, costituisce, in sostanza, una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio. - la stessa data di redazione della c.t.p. (il 22.6.2021) ed il suo contenuto (in buona parte trasposto nel ricorso introduttivo del presente giudizio) evidenziano come essa sia stata funzionale all'instaurazione del presente giudizio, il che a maggior ragione avvalora il convincimento di questo Collegio per cui di essa non si può in alcuna maniera tenere conto; a ragionare diversamente si consentirebbe a parte ricorrente di provare la fondatezza dell'azione esperita sulla base di documento predisposto dalla stessa ai fini dell'instaurazione del presente giudizio; - peraltro, la ricostruzione del valore dell'immobile suddetto eseguita dal c.t.p. risulta pure scollegata da una comparazione ragionata e puntuale con effettive vendite di immobili aventi analoghe caratteristiche nell'ambito del contesto geografico in cui tale immobile è sito (in effetti, la quantificazione operata dal c.t.p. si è fondata unicamente sul metodo della capitalizzazione diretta e non anche su altri metodi); - neppure si potrebbe supplire all'assenza di prova mediante una c.t.u.; basta considerare che quest'ultima è mero mezzo istruttorio volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte e che, quindi, la consulenza tecnica d'ufficio non può essere in alcun modo utilizzata per supplire all'inerzia probatoria della parte. 6.4. Non risulta provato neppure l'asserito danno per perdita di chance di guadagno per l'impossibilità di effettuare qualunque tipo di lavoro straordinario. Al riguardo valgono sostanzialmente, mutatis mutandis, le stesse considerazioni svolte al paragrafo precedente. Va solo aggiunto che per stessa ammissione di parte ricorrente contenuta in ricorso è stata una libera scelta della società ricorrente quella di realizzare un immobile di dimensioni più ridotte rispetto a quello originariamente assentito. Del resto, lo stato di crisi della società ricorrente a causa dei contrasti insorti nell'ambito del suddetto contratto di affiliazione ed a prescindere dagli atti adottati dal Comune è la migliore prova del fatto che non è neppure verosimile che la società sarebbe stata in grado di sostenere economicamente costi connessi ad un ampliamento del predetto immobile. 6.5. Infine, alla stregua di quanto osservato, neanche può essere riconosciuto il prospettato danno all'immagine della società ricorrente. Va premesso che in tema di responsabilità civile il danno all'immagine ed alla reputazione costituisce danno-conseguenza, ragion per cui non può ritenersi sussistente in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Nel caso di specie la stessa documentazione prodotta da parte ricorrente comprova come le cause della crisi aziendale debbano essere individuate in modo preponderante nella conflittualità registratasi nell'ambito del rapporto di affiliazione con il gruppo Ca.. Quanto poi alla questione della concessione di linee di credito da parte di istituti di credito parte ricorrente non ha posto in essere alcuna allegazione sufficientemente circostanziata sul punto (con riferimento a quali linee siano state richieste, presso quali istituti di credito, per quale ammontare, quando ciò sia precisamente avvenuto ecc.) e comunque non ha neppure prodotto alcuna documentazione proveniente da tali istituti. Dalla missiva del 18.4.2012 (proveniente dal gruppo Ca. e prodotta dalla stessa ricorrente), come si è detto sopra, si desume l'esistenza di un consistente debito della società ricorrente per fornitura di merce nei confronti del gruppo Ca., nonché di protesti per diversi assegni bancari emessi dalla società ricorrente e dalla socia della stessa per mancato pagamento per assenza di provvista. Si tratta di elementi tali da ulteriormente smentire l'assunto di parte ricorrente per cui sarebbero stati gli atti del Comune di (omissis) e la notorietà della pretesa creditoria dello stesso a pregiudicare l'immagine della ricorrente nei confronti degli istituti di credito. 6.6. Infine, le considerazioni che precedono non potrebbero essere superate neppure alla luce dei capitoli di prova articolati da parte ricorrente in ricorso, i quali non erano ammissibili a causa della formulazione generica e valutativa e poiché concernenti circostanze da provare in via documentale. 6.7. In conclusione, alla luce di tutto quanto precede, il ricorso proposto va respinto. 7. Le spese di lite vanno compensate alla luce della complessità delle questioni oggetto di causa. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania - Sezione staccata di Salerno Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 12.9.2024 tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dagli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a. con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Valerio Bello - Referendario Marcello Polimeno - Referendario, Estensore
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno Sezione Seconda ha pronunciato la presente SENTENZA ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 1314 del 2024, proposto da Vi. St., rappresentato e difeso dall'avvocato Pa. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Ma. Na., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Al. Ia., non costituito in giudizio; per l'annullamento del provvedimento del Comune di (omissis), prot. n. 25223/2024, notificato in data 28/05/2024, recante irricevibilità della SCIA ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001 prot. n. 21064 del 03/05/2024 e di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis); Visti tutti gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2024 la dott.ssa Laura Zoppo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Con il presente ricorso si impugna il provvedimento del Comune di (omissis), prot. n. 25223/2024, notificato in data 28 maggio 2024, recante irricevibilità della SCIA ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001 prot. n. 21064 del 3 maggio 2024. Deduce il ricorrente di aver svolto il ruolo di tecnico progettista e direttore dei lavori in relazione al progetto di costruzione di un edificio in (omissis), alla Via (omissis), F.lo (omissis), p.lla (omissis), nell'interesse della Società Im. s.r.l. committente (attualmente l'immobile è di proprietà del sig. Al. Ia.). Rappresenta che il progetto veniva approvato con Concessione edilizia n. 2 del 2003 e, di conseguenza, si procedeva all'edificazione, nel corso della quale veniva presentata una DIA in variante prot. n. 20573 del 22 luglio 2004, attesa la sopravvenuta volontà di realizzare le autorimesse nel sottosuolo del lotto, DIA che si perfezionava e veniva regolarmente eseguita. Espone che, nel dicembre 2004, il Comune di (omissis) svolgeva un sopralluogo finalizzato a verificare la conformità dei lavori in corso rispetto alla DIA in questione, redigendo il verbale di verifica prot. n. 243/L del 15 dicembre 2004 e in tale occasione i tecnici accertatori non rilevavano alcuna irregolarità rispetto alla concessione edilizia e alla DIA in variante. Aggiunge che per l'immobile sono inoltre stati rilasciati e depositati presso il Genio Civile: - Autorizzazione Sismica su deposito del progetto esecutivo in data 22 aprile 2004 prot. 334458 (reg. n. 77305 Genio Civile); - Autorizzazione Sismica su nuovo progetto esecutivo in data 14 ottobre 2004 prot. 800530 (reg. n. 77305 Genio Civile); - Relazione Strutture Ultimate del 27 marzo 2006 depositata al Genio Civile il 5 aprile 2006 Prot. n. 313875; - Certificato di Collaudo del 21 aprile 2006 depositato al Genio Civile in data 8 maggio 2006 prot. 0401462 a firma dell'ing. Alfonso Vergato. Rileva che nell'ottobre 2006 venivano terminate le tompagnature, ma i lavori non proseguivano e il ricorrente, dopo aver atteso per alcuni anni il superamento delle asserite difficoltà economiche del committente/proprietario, non ricevendo alcun riscontro dallo stesso e non potendo accollarsi ulteriormente le responsabilità del cantiere allestito, in data 1° giugno 2011 comunicava formalmente le dimissioni da Direttore dei Lavori al committente e al Responsabile del settore Urbanistica comunale. Evidenzia che tutto quanto realizzato sino a quel momento era conforme al complesso dei titoli edilizi, ad eccezione unicamente della realizzazione di 2,00 mq di superficie completamente interrata destinata a deposito nel piano interrato (in corrispondenza dello spigolo a nord-est del lotto). Afferma che successivamente il Comune di (omissis) emetteva l'ordinanza di demolizione n. 35/2015 dell'11 agosto 2015, ingiungendo in particolare, il ripristino delle seguenti presunte difformità : - sarebbe stata realizzata una parete interna non prevista dai grafici (difformità del tutto irrilevante perché avente carattere non strutturale e perché interna, quindi non soggetta ad alcun titolo); - il calpestio del piano rialzato sarebbe stato realizzato parzialmente fuori terra lungo il confine con la ex particella 942 (lato mare), per un'altezza di 1.20 m, e ciò avrebbe comportato un aumento di volume non computabile con precisione con gli strumenti a disposizione (a ben vedere, per mero errore si parla di piano rialzato, trattandosi invece della porzione del piano interrato da destinare ad autorimessa); - vi sarebbe stato un aumento di superficie tutta interrata del piano seminterrato, di circa 2,00 mq, in difformità alla DIA in variante. Deduce di aver presentato (in qualità di direttore dei lavori all'epoca della realizzazione dell'immobile e, quindi, di responsabile dell'abuso) la SCIA ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001 chiedendo di sanare esclusivamente la difformità di cui all'ultimo dei punti sopra elencati, atteso che gli altri due punti erano assistiti dallo stato legittimo, ma il Comune ha emesso il provvedimento qui impugnato, con il quale ha dichiarato la SCIA in sanatoria irricevibile. Eccepisce innanzitutto che la "irricevibilità " non esiste come categoria giuridica rispetto al provvedimento amministrativo e lamenta la contraddittorietà intrinseca ed estrinseca del provvedimento impugnato, nel quale, se da un lato si esterna la irricevibilità, dall'altro il Comune rileva presunte o asserite violazioni "di merito", consistenti nel rilevato eccesso di cubatura, nonché nella violazione della normativa urbanistico-edilizia sui parcheggi interrati, con la conseguenza che si sarebbe in presenza di un diniego mascherato da provvedimento formale. Ancora, eccepisce il difetto di istruttoria e di motivazione, nonché la mancanza della preventiva comunicazione dei motivi-ostativi. Invoca, poi, l'art. 36 bis, comma 2, ultimo periodo, D.P.R. n. 380/2001, come introdotto dal D.L. n. 69/2024, sostenendo che, ove l'Amministrazione avesse ritenuto ostativo il presunto volume fuori terra, avrebbe avuto il dovere di applicare la norma vigente, secondo il principio tempus regit actum, e quindi avrebbe dovuto indicare le opere necessarie per riportare a conformità l'intero immobile. In via subordinata, contesta il provvedimento anche nel merito ribadendo che l'oggetto della SCIA in sanatoria consisteva esclusivamente nella porzione di superficie interrata destinata a deposito di 2,00 mq (senza alcun incremento del carico urbanistico né modifica del volume, della sagoma assentita, delle superfici utili o del prospetto, quindi realizzabile con SCIA e sanabile ai sensi dell'art. 37 D.P.R. n. 380/2001, rispetto a cui non si vede quale sia la ragione del diniego opposto), mentre tutte le restanti opere e lavori sono assistite dallo stato legittimo dell'immobile ai sensi dell'art. 9 bis, comma 1 bis, D.P.R. n. 380/2001. Aggiunge che l'asserito e non dimostrato volume abusivo è pienamente rientrante nella DIA in variante del 2004, valida, efficace, verificata dal Comune in corso d'opera, mai annullata dal Comune ex post e regolarmente collaudata sotto il profilo strutturale da tecnico professionista nominato dal committente; il presunto abuso corrisponde alla copertura del box auto (o area parcheggio) sito al piano interrato, posta a quota 0,00, la quale costituisce il piano di imposta del fabbricato previsto nella C.E. n. 2/2003, non modificata né planimetricamente né altimetricamente dalla DIA in variante del 2004. Detto altrimenti, secondo parte ricorrente, dai grafici sia della concessione edilizia che della DIA in variante si evince inequivocabilmente che il parcheggio de quo era stato già assentito in relazione alla quota di imposta 0,00, ed era stato realizzato nel rispetto della concessione stessa e nel rispetto del preesistente piano di campagna, con la precisazione che il piano di imposta del lotto fondiario, per poter costruire, deve essere orizzontale, per cui una minima parte (decisamente trascurabile anche in percentuale) necessariamente emerge dal piano di campagna, il quale è caratterizzato da una forte pendenza. Contesta, inoltre, l'applicazione dell'art. 6, comma 2, della Legge Regionale Campania n. 19/2001, che si riferisce ai parcheggi realizzati in aree libere anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, mentre nel caso di specie il parcheggio è pertinenziale all'edificio, è ubicato nel medesimo lotto ed è stato realizzato mediante DIA in variante alla concessione edilizia del 2003, sicché deve trovare applicazione il comma 1 del richiamato articolo 6, L.R. Campania n. 19/2001. Contesta infine l'affermazione secondo cui sarebbe stata necessaria una deroga allo strumento urbanistico e rileva che la DIA di completamento del 2004 accedeva alla concessione edilizia n. 2/2003, per cui l'opera in questione deve intendersi realizzata in forza della concessione stessa, e non di DIA o SCIA. Si è costituito in resistenza il Comune di (omissis) contestando l'applicabilità nella fattispecie dell'art. 37 D.P.R. n. 380/2001 stante la sussistenza di un aumento di volume e rilevando come i soli parcheggi pertinenziali obbligatori possono derogare agli strumenti urbanistici, mentre la realizzazione di parcheggi o autorimesse (se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale) è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra. Ha affermato infine che alla SCIA è inapplicabile l'art. 10 bis della Legge n. 241/1990. La causa è stata chiamata all'udienza in camera di consiglio del 3 settembre 2024 ed è stata trattenuta in decisione, previo avviso alle parti di possibile definizione con sentenza breve. Il ricorso è manifestamente fondato sotto il profilo assorbente della violazione dell'art. 10-bis Legge n. 241/1990 e pertanto può essere deciso con sentenza in forma semplificata. Come è noto, l'art. 37, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001 disciplina la SCIA in sanatoria a intervento concluso prevedendo che il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile possano ottenere la sanatoria dell'intervento ove sussista la doppia conformità (l'intervento realizzato deve risultare conforme tanto alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento, quanto a quella vigente alla presentazione della domanda), versando una somma il cui valore è stabilito dal responsabile del procedimento. A differenza di quanto previsto per l'accertamento di conformità di cui all'art. 36, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 (per il quale, in caso di inerzia a seguito della presentazione della domanda, è la stessa norma che qualifica espressamente l'eventuale silenzio dell'amministrazione come diniego), il successivo art. 37 nulla dispone sul punto. In assenza di un chiaro dettato normativo, la giurisprudenza ha adottato orientamenti non univoci; - alla stregua di un primo indirizzo, il silenzio sull'istanza di sanatoria ex art. 37, comma 4, del D.P.R. n. 380/2001 si qualifica come silenzio diniego, al pari di quello previsto in via espressa dal precedente art. 36, comma 3 (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, n. 642/2006; sez. I, n. 676/2017; TAR Campania, Napoli, sez. II, n. 3146/2019); - alla stregua di un secondo indirizzo, l'art. 37, comma 4, a differenza del precedente art. 36, comma 3, non prevede esplicitamente un'ipotesi di silenzio significativo, ma, al contrario, stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento; dal tenore letterale della norma emerge, cioè, che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall'intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell'aumento di valore dell'immobile compiuta dall'Agenzia del Territorio (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. III, n. 2673/2022); nel contempo, si afferma che "la soluzione appare più conforme alla ratio della sanatoria di opere abusive già realizzate, che necessita di una valutazione espressa dell'amministrazione sulla sussistenza della doppia conformità, rispetto al regime di opere ancora da realizzare alle quali si attaglia la disciplina ordinaria della SCIA, come metodo di semplificazione del regime abilitativo edilizio" (Cons. Stato, sez. II, n. 1708/2023); ne consegue che il Comune debba pronunciarsi, con un provvedimento espresso, sulla SCIA in sanatoria, previa verifica dei relativi presupposti di natura urbanistico-edilizia di cui all'art. 37 cit. (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, n. 2794/2016; sez. III, n. 2755/2019); - alla stregua di un terzo indirizzo, "in ragione della disamina complessiva della disciplina di cui del d.p.r. n. 380 del 2001, la SCIA in sanatoria presentata ex art. 37 del medesimo d.p.r. si presta, ben vero, a rendere operanti le correlate prescrizioni di cui agli artt. 19 e ss. della legge n. 241 del 1990 in materia di "silenzio assenso", dovendo essere ragionevolmente riconosciuto a tale segnalazione "carattere e natura confessoria, diretta a provare la verità dei fatti attestati e a produrre, con l'inutile decorso del tempo per l'emanazione di provvedimenti inibitori, effetti direttamente stabiliti dalla legge, indipendentemente da una diversa volontà delle parti", ossia l'"avvenuta formazione del titolo abilitativo in sanatoria"" (TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 809/2022; cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. V, n. 134/2014; TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 156/2018). Ebbene, tenuto conto che il terzo indirizzo, in precedenza accreditato da questa Sezione (peraltro, in un contesto motivazionale elettivamente preordinato non tanto a declinare il modulo perfezionativo della SCIA ex art. 37 del D.P.R. n. 380/2001, quanto, piuttosto, ad escluderne l'attitudine sanante rispetto alle opere riconducibili all'orbita applicativa dell'istanza di accertamento di conformità di cui al precedente art. 36), risulta, più di recente, superato, in base alle argomentazioni dianzi enunciate, sia da questo stesso TAR Campania, Salerno (cfr. sent. n. 2673/2022) sia dal Consiglio di Stato (cfr. sent. n. 1708/2023) in favore del secondo indirizzo, il Collegio ha già riconsiderato la posizione pregressa e aderito a quest'ultimo (cfr. TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 663/2024). A tale ultimo indirizzo si ritiene quindi di dare continuità anche nella presente fattispecie. Posto, quindi, che in caso di SCIA in sanatoria il Comune è tenuto a pronunciarsi, con un provvedimento espresso, è ovvio che l'adozione di tale provvedimento necessita della previa attivazione del contraddittorio con la parte, in applicazione dei principi generali sul procedimento amministrativo. In definitiva, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento con esso impugnato. Quanto alle spese di lite, appare equo disporne l'integrale compensazione tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Sezione Staccata di Salerno Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento del Comune di (omissis), prot. n. 25223/2024, notificato in data 28 maggio 2024, recante irricevibilità della SCIA ex art. 37 D.P.R. n. 380/2001 prot. n. 21064 del 3 maggio 2024. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del giorno 3 settembre 2024 con l'intervento dei magistrati: Nicola Durante - Presidente Gaetana Marena - Referendario Laura Zoppo - Referendario, Estensore
TRIBUNALE DI SALERNO II sezione civile REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il giudice, dott. (...) ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile in primo grado iscritta al ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2016 il 29 gennaio 2016 al numero (...) avente per oggetto una controversia in materia di inadempimento del contratto TRA (...) S.R.L., rappresentata e difesa, in virtù di procura alle liti stesa a margine dell'atto di citazione dall'avv. (...) presso lo studio del quale, sito in (...) alla via (...) n. (...), è elettivamente domiciliata (...) E (...) a r.l., rappresentato e difeso, in virtù di procura alle liti stesa a margine della comparsa di costituzione e risposta dall'avv. (...) presso lo studio del quale, sito in (...) alla via (...) n. 2, è elettivamente domiciliato; CONVENUTO All'udienza del 24 gennaio 2024 le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni, integralmente richiamate in questa sede, e il giudice ha disposto lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 20 gennaio 2016 (...) s.r.l. (d'ora innanzi per brevità "la (...) uno") ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di (...) società cooperativa edilizia a r.l. (d'ora innanzi solo "la Cooperativa") deducendo: 1) di avere raggiunto un accordo con la convenuta affinché quest'ultima subentrasse, sostituendola, in una serie di preliminari sottoscritti con (...) e (...) contratti che erano stati consensualmente risolti dalle parti; 2) che, a fronte della cessione, la (...) aveva assunto l'obbligo di corrisponderle la somma di euro 85.000,00, importo corrispondente a un acconto versatole dai signori (...) e di trasferirle l'intero sesto piano della a (...) in corso di realizzazione; 3) che il trasferimento aveva per oggetto due appartamenti di 88,07 metri quadrati, con eventuale incremento del dieci per cento nell'ipotesi adozione, da parte dell'ente locale, di specifica autorizzazione, e di due bo(...) auto; 4) che il contenuto dell'obbligo assunto aveva rappresentato il corrispettivo per la risoluzione anticipata dei contratti preliminari perfezionati con (...) e (...) 5) che l'obbligo di pagamento avrebbe dovuto essere adempiuto entro il 30 settembre 2012; 6) l'obbligo di consegna degli immobili, e(...) adverso, avrebbe dovuto essere attuato decorsi tre mesi dall'ottenimento del permesso di agibilità; 7) che, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, la convenuta aveva eccepito la nullità della scrittura posta a base della domanda d'ingiunzione, in quanto asseritamente confliggente con altra scrittura perfezionata dalle medesime parti; 8) che gli obblighi assunti dalla (...) aveva rappresentato il corrispettivo della cessione dei contratti preliminari di permuta consensualmente e contestualmente risolti; 9) che siffatta giustificazione causale aveva avuto l'avallo dall'assemblea dei soci cooperatori del 13 marzo 2012; 10) che il proprio scopo era quello di ottenere la conferma dell'obbligo a trasferire l'intero sesto piano della (...) costituito da due appartamenti di 88.07 metri quadrati, con eventuale incremento del dieci per cento in seguito a eventuale autorizzazione del Comune di (...) e di due bo(...) auto, "il tutto con sentenza che, ove intervenuta successivamente all'ultimazione del fabbricato, trasferisca i diritti in esame previa esatta identificazione catastale delle consistenze a trasferirsi"; 11) di aver patito danni e di poterne patire ne futuro ("Il tutto anche con condanna della (...) ai danni derivati e derivandi alla società deducente"). Con comparsa di costituzione e risposta depositata l'8 aprile 2016 la (...) ha accettato il contraddittorio, sviluppando un impianto difensivo imperniato sulle seguenti deduzioni argomentative: a) l'improcedibilità della domanda per omesso avvio del procedimento di mediazione; b) l'inesistenza di una valida cessione dei contratti preliminari perfezionati coi signori (...) e (...) consensualmente risolti; c) l'inesistenza della causa dell'obbligazione derivante dal contratto del 30 gennaio 2012, attesa la nullità affettante il regolamento d'interessi; d) l'inesigibilità dell'obbligo di trasferimento in ragione del mancato completamento dei lavori e dell'infruttuoso esito del contratto di appalto stipulato con (...) s.r.l. Avviato il procedimento di mediazione su ordine di questo Tribunale, svolta l'istruttoria, la causa è stata ritenuta matura per la decisione. Assegnata allo scrivente in data 6 luglio 2023, all'esito dell'udienza del 24 gennaio 2024 è stato disposto lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ai sensi dell'art. 190 c.p.c. Tanto puntualizzato, giova ricostruire gli snodi della complessa vicenda contrattuale posta all'attenzione del Tribunale. Orbene, risulta il perfezionamento tra le parti di due scritture private. Con la prima, perfezionata il 25 gennaio 2012, le parti hanno fissato le seguenti premesse negoziali: 1) lo scioglimento consensuale dei vincoli negoziali preliminari assunti coi signori (...) e coi signori (...) b) il perfezionamento, da parte della (...) di due nuovi contratti preliminari coi ridetti sulla scorta delle medesime condizioni costituenti l'oggetto dei regolamenti d'interessi consensualmente dissolti; c) l'assunzione dell'obbligo, da parte della (...) di trasferire alla (...) la piena proprietà delle unità immobiliari da realizzarsi e costruirsi pari all'intero sesto piano della (...) e ciò quale corrispettivo "per aver consentito, con la risoluzione anticipata dei propri contratti preliminari, la stipula di nuovi preliminari di permuta coi sigg.ri (...) e (...) e (...) e (...) in favore della cooperativa Fe.". Sulla base di siffatte premesse, la (...) si è obbligata: 1) a trasferire, entro tre mesi dall'ottenimento del permesso di agibilità, quale corrispettivo della cessione dei contratti preliminari di permuta stipulati con (...) e (...) la piena proprietà delle unità immobiliari corrispondenti all'intero sesto piano della (...) costituito da due appartamenti da 88,07 metri quadrati, con eventuale incremento del dieci per cento in caso di autorizzazione comunale, e da due bo(...) auto; 2) a rimborsare alla (...) l'importo di euro 85.000,00 corrisposto dalla stessa a (...) e (...) quale acconto del prezzo in esecuzione del contratto preliminare di permuta ceduto alla cooperativa (...) entro il 30 aprile 2012. La seconda scrittura privata, stipulata il 30 gennaio 2012, si differenzia dalla prima sul piano dell'indicazione delle premesse negoziali. Ed invero, in esse, i paciscenti, pur avendo parimenti dato atto dello scioglimento consensuale dei vincoli negoziali preliminari assunti coi signori (...) e coi signori (...) e del perfezionamento, da parte della (...) di due nuovi contratti preliminari coi ridetti sulla scorta delle medesime condizioni costituenti l'oggetto dei regolamenti d'interessi consensualmente dissolti, hanno convenuto l'attribuzione all'obbligo di trasferimento della piena proprietà delle unità immobiliari corrispondenti all'intero sesto piano della (...) costituito da due appartamenti da 88,07 metri quadrati, con eventuale incremento del dieci per cento in caso di autorizzazione comunale, e da due bo(...) auto, assunto dalla (...) il valore di corrispettivo per l'attività d'intermediazione immobiliare svolta dalla (...) in funzione del perfezionamento da parte della (...) dei (...) contratti preliminari. Le frastagliate vicende contrattuali che hanno coinvolto le posizioni giuridiche delle parti processuali impongono di porre alcuni punti fermi. Innanzitutto, l'operazione contrattuale posta in essere non è di certo ascrivibile entro il paradigma della cessione del contratto e(...) art. 1406 c.c. Risulta, infatti, che la (...) si è volontariamente ritirata dal rapporto contrattuale precedentemente intessuto coi permutanti (...) e (...) Dal canto suo, la (...) ha provveduto a stipulare coi medesimi permutanti, in data 25 gennaio 2012 e 2 febbraio 2012, i "nuovi" contratti preliminari di permuta sulla base delle medesime condizioni contrattuali già negoziate dalla (...) Detto altrimenti, il fenomeno del "subingresso" evocato dall'attrice non rappresenta la realizzazione della funzione economico sociale della cd. cessione del contratto, bensì il risultato pratico di una complessiva operazione economica i cui sono snodi sono stati rappresentati dal pregresso dissolvimento dei vincoli preliminari di permuta assunti dalla (...) e dall'assunzione dei successivi impegni, da parte della (...) convenuta, di realizzare i medesimi programmi negoziali. Quanto precede emerge chiaramente dalla lettura delle premesse delle scritture private del 25 gennaio 2012 e del 30 gennaio 2012 depositate da entrambe le parti. Ciò che appare dirimente è, però, l'individuazione della causa del contratto e, segnatamente, della giustificazione dell'obbligazione assunta dalla (...) Posto che entrambe le scritture costituiscono contratti preliminari di permuta aventi il medesimo oggetto, giova verificare se - come pare prospettare la difesa della (...) - la scrittura del 30 gennaio 2012 rappresenta una mera riproduzione documentale del regolamento d'interessi definito nel precedente contratto del 25 gennaio 2012, esclusivamente efficace tra le parti. In vero, le ridette scritture non divergono sul piano della le(...) contractus, ma su quello delle premesse, che, in quanto parte integrante del negozio, hanno un indiscutibile valore interpretativo dell'effettiva volontà delle parti. Sotto tale angolo visuale, risulta che l'obbligo di trasferimento delle costruende unità immobiliari ha rappresentato, dapprima, il corrispettivo della rinuncia alla posizione di vantaggio correlata ai contratti preliminari di permuta precedentemente perfezionati con (...) e (...) (terzo punto della seconda premessa del contratto del 25 gennaio 2012) e, poi, il corrispettivo della dichiarata attività d'intermediazione immobiliare svolta dall'attrice nell'ambito della contrattazione preliminare svolta dalla convenuta. Ebbene, a parere di questo Tribunale, la seconda scrittura - con le precisazioni che di qui a breve si esporranno - ben può rappresentare un elemento d'interpretazione della volontà contrattuale delle odierne parti in causa. La conclusione che precede appare suffragata dalla lettura dell'art 1362 c.c., disposizione che consente di determinare la comune intenzione delle parti alla luce del comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto. In tema, è noto che, nell'interpretazione del contratto, il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto, atteso che il richiamo nell'art. 1362 c.c. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici anche laddove il testo dell'accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni rivelatori di una diversa volontà dei contraenti (Cass. n. 13595 del 2020; Cass. n. 20294 del 2019; Cass. n. 16181 del 2017). Tale attività ermeneutica è senz'altro coerente con il dettato dell'art. 1362 c.c., secondo cui il dato testuale del contratto, pur importante, non può essere ritenuto decisivo ai fini della ricostruzione della volontà delle parti, giacché il significato delle dichiarazioni negoziali può ritenersi acquisito solo al termine del processo interpretativo, che non può arrestarsi al tenore letterale delle parole, ma deve considerare tutti gli ulteriori elementi, testuali ed e(...)tratestuali, indicati dal legislatore, anche quando le espressioni appaiano di per sé chiare, atteso che un'espressione "prima facie" chiara può non risultare più tale se collegata ad altre espressioni contenute nella stessa dichiarazione o posta in relazione al comportamento complessivo delle parti; ne consegue che l'interpretazione del contratto, da un punto di vista logico, è un percorso circolare che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione delle parti e quindi di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni del contratto e con la condotta delle parti medesime (Cass. n. (...) del 2022). In tale prospettiva, pare evidente che gli elementi testuali della scrittura del 25 gennaio 2012 non paiono idonei a rappresentare con nitidezza l'effettiva volontà delle parti se rapportati al contegno dalle stesse successivamente assunto. Le parti, infatti, in data 30 gennaio 2012, hanno riprodotto il testo del contratto del 25 gennaio 2012, indicando, però, tra le premesse, che il fondamento causale dell'obbligazione assunta dalla (...) è rappresentato dall'intermediazione immobiliare svolta dalla (...) La concorde indicazione è, certamente, un elemento di fatto esterno al contratto del 25 gennaio 2012 idoneo a illuminare, però, la volontà negoziale che si staglia sullo sfondo dello stesso. Dunque, il Tribunale ritiene che i paciscenti abbiano voluto assegnare agli obblighi assunti dalla (...) uno specifico fondamento causale, id est la (...) riconosciuta attività d'intermediazione svolta dalla (...) nella contrattazione preliminare svolta tra la convenuta, (...) e (...) che precede non potrebbe essere revocato in dubbio da quanto espresso dall'assemblea dei soci della (...) nella deliberazione del 13 marzo 2012 in quanto la ratifica della scrittura privata del 25 gennaio 2012 non fa venir meno il valore di chiave interpretativa dell'accordo del 30 gennaio 2012, in questa sede valorizzato. Al risultato interpretativo che precede può pervenirsi, peraltro, anche assegnando al contratto del 30 gennaio 2012 - del tutto sovrapponibile, ripetasi, a quello del 25 gennaio 2012 quanto ai profili del regolamento negoziale - il ruolo di pattuizione meramente integrativa e chiarificatrice della volontà già espressa. Del resto, il testo del negozio non appare in contrasto con la volontà contrattuale precisamente e compiutamente espressa; esso, in altri termini, nulla aggiunge o toglie alla sfera obiettiva dell'accordo raggiunto il 25 gennaio 2012 ma ne chiarisce semplicemente la portata in relazione ad elementi già previsti e non determinati con sufficiente certezza (Cass. nn. 116 del 1966, 995 del 1981, 1700 del 1985, 857 del 1986, 3503 del 1997). A ben vedere, infatti, la risoluzione anticipata dei propri contratti preliminari, appare una circostanza del tutto compatibile con l'attività d'intermediazione nell'assunzione dei nuovi vincoli preparatori da parte della convenuta, essendo legata ad essa da un nesso di strumentalità. In tale prospettiva, può concludersi, in buona sostanza, che la pattuizione del 30 gennaio 2012 ha, evidentemente, chiarito che il vincolo assunto dalla convenuta rappresenta il corrispettivo dell'attività d'intermediazione svolta dall'attrice (...) una volta risolti i contratti preliminari dalla stessa perfezionati e che, dunque, il corrispettivo pattuito trova nell'attività di mediazione il proprio fondamento causale. Dunque, appurato che l'obbligo evocato dall'attrice costituisce il corrispettivo della mediazione svolta dalla (...) uno, giova rilevare che, nel suo impianto originario, la disciplina di cui alla legge n. 39 del 1989 - istitutiva del ruolo degli agenti di affari in mediazione (art. 2) - nel contempo, subordina il diritto alla provvigione all'iscrizione all'albo medesimo (art. 6), con la conseguenza che la mancata iscrizione del mediatore all'albo non solo comporta l'esclusione del diritto alla provvigione ma determina anche la nullità del contratto di mediazione medesimo per violazione di una norma imperativa (Cass. n. 14971 del 2022; Cass. n. 8581 del 2013; Cass. n. 5953 del 2005). Come noto, l'art. 73 del D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 ha soppresso il ruolo dei mediatori, ma tale soppressione non ha determinato l'abrogazione della stessa legge n. 39 del 1989, in quanto le attività da essa disciplinate sono comunque soggette a dichiarazione di inizio di attività corredata da certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti, da presentare alla camera di commercio, con la conseguenza che l'art. 6 della legge n. 39 del 1989 deve interpretarsi nel senso che, anche per i rapporti di mediazione sottoposti alla disciplina scaturita dal D.Lgs. n. 59 del 2010 - come quello che impegna il Tribunale - hanno diritto alla provvigione i soli mediatori iscritti nei registri o nei repertori tenuti dalla camera di commercio (Cass. n. 762 del 2014). Ora, nel caso in esame, a fronte della specifica eccezione di nullità sollevata dalla convenuta, la parte attrice non ha dimostrato il possesso dei requisiti previsti per lo svolgimento dell'attività d'intermediazione immobiliare e, pertanto, non può configurarsi il diritto all'anelato trasferimento qualificabile in termini di provvigione (è appena il caso di osservare, poi, che le sezioni unite della Corte di cassazione, con sentenza n. 19161 del 2017, componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno affermato l'applicabilità della disciplina di cui alla legge n. 39 cit., e in tempi più recenti di quella ricavabile dal D.Lgs. n. 59 del 2010, anche alla mediazione c.d. atipica, con specifico riferimento al procacciamento di affari). Ciò chiarito, mette conto evidenziare che questo giudice è consapevole del fatto che il profilo della validità del rapporto tra le parti è stato accertato in sede di opposizione a decreto ingiuntivo con sentenza 3332 del 2021 emessa dal Tribunale di (...) in data 22 novembre 2021. Tuttavia, l'affermazione dell'efficacia vincolante dell'accertamento compiuto sulla questione della validità del rapporto contrattuale tra le parti (si veda sul punto Cass. n. 24433 del 2013) sarebbe stata possibile solo a fronte del deposito dell'attestazione del passaggio in giudicato della sentenza innanzi richiamata, non essendo sufficiente la mera non contestazione (si veda condivisibilmente Cass. n. (...) del 2023: "Sul punto, questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Cass., sez. 2, 22/02/2018, n. 4308) che la parte, la quale eccepisce il passaggio in giudicato della sentenza, non ha l'onere di fornirne la prova mediante la produzione della pronuncia, munita della certificazione formale del cancelliere, di cui all'art. 124 disp. att. c.c., "qualora la controparte ammetta esplicitamente l'intervenuta formazione del giudicato esterno (...)", ma non nell'ipotesi di mera non contestazione del giudicato, cui non può attribuirsi il significato di ammissione della definitività della decisione (in senso conforme, Cass., sez. 6 -5, 09/03/2022, n. 7740)"). Detto altrimenti, la parte che eccepisce il passaggio in giudicato di una sentenza ha l'onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all'art. 124 disp. att. c.p.c., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest'ultima ammetta esplicitamente l'intervenuta formazione del giudicato esterno (così anche (...) n. 1116 del 2022, secondo cui, in materia di eccezione del giudicato, la parte eccipiente ha l'onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendola, ma anche corredandola dell'idonea certificazione e(...) art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull'affermato passaggio in giudicato equivalga ad ammissione della circostanza, né che sia onere di quest'ultima dimostrare la non impugnabilità della sentenza; la dicitura apposta in calce alla sentenza non deve affatto certificare il passaggio in giudicato, delibazione riservata al giudice, ma la sola mancanza di impugnazione nei termini, riscontrata secondo i criteri sopra enunciati). Nel caso in esame, la parte convenuta non ha ammesso, in modo chiaro e univoco, il passaggio in giudicato della sentenza contrassegnata da numero 3332 del 2021 e, dal canto suo, l'attrice non ha depositato la certificazione prescritta dall'art. 124 disp. att. c.p.c. Per le assorbenti considerazioni che precedono, la domanda, dunque, non merita accoglimento. Da ultimo, quanto alle spese di lite, sussistono gravi ed eccezioni ragioni (Corte cost. 77 del 2018) per compensare interamente le stesse tra le parti, tenuto conto dell'obiettiva controvertibilità delle questioni interpretative poste all'attenzione del Tribunale alla luce della complessità delle vicende contrattuali esaminate. P.Q.M. Il Tribunale di Salerno seconda sezione civile, in composizione monocratica, nella persona del dott. (...) in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando, ogni istanza, eccezione disattesa, assorbita ogni ulteriore questione e domanda non espressamente oggetto di trattazione: 1) rigetta la domanda sperimentata da (...) s.r.l.; 2) compensa integralmente le spese di lite tra tutte le parti.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SALERNO (...) nella persona del giudice unico Dott. (...) ha pronunciato, ai sensi dell'art. 281-sexies c.p.c., la seguente SENTENZA nella causa civile n. (...)/2020 R.G. iscritta a ruolo il (...), avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. (...)/2020 reso il (...) dal (...) di Salerno, notificato il (...); TRA (...) (CF: (...)) nato il (...) in (...) e residente in (...) alla via (...) n. (...), rappresentato e difeso dall'avv. (...) (CF: (...)); OPPONENTE E (...) S.R.L., IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO-TEMPORE PRO-TEMPORE (P. Iva (...)), con sede (...)(...) alla via (...) n. (...), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli avv.ti (...) (CF: (...)) e (...) (CF: (...)); OPPOSTA CONCLUSIONI All'udienza odierna le parti concludevano come da relativo verbale, qui da intendersi integralmente riportato e trascritto. MOTIVAZIONI IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con ricorso per decreto ingiuntivo iscritto al n. r.g. (...)/2020 l'(...) di (...) s.r.l. ricorreva al (...) di Salerno affinché ingiungesse al sig. (...) il pagamento della somma di "Euro 134.200,00 (Euro 110.000,00 oltre i.v.a. al 22% pari ad Euro 24.200,00), oltre interessi legali nonché le spese, diritti ed onorari della presente procedura". (...) di Salerno in data (...) emetteva il decreto ingiuntivo n. (...)/2020, notificato a mezzo pec in data (...). La società ricorrente, a sostegno delle proprie ragioni, assumeva: - di aver ceduto al dott. (...) in forza di atto per (...) (rep. n. (...); racc. n. (...)) del 15.04.2016, "porzione di fabbricato composta da due abitazioni contigue, destinate ad uso abitativo, al piano terra e da due locali garage in piano interrato; confinanti nell'insieme con proprietà della società "(...) S.R.L." da due lati, con area condominiale, salvo altre. Detta consistenza immobiliare è riportata nel (...) del Comune di (...) al foglio 9: particella 2204, subalterno 40, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 41, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 22, in corso di costruzione; (locale garage): particella 2204, subalterno 33, in corso di costruzione; (locale garage)"; - che il corrispettivo della compravendita dei beni, convenzionalmente fissato in Euro275.000,00 (Euro115.000,00 per ciascun appartamento ed Euro 10.000,00 per ciascun locale garage oltre iva al 10%), veniva interamente corrisposto con le modalità indicate nel rogito notarile; - che in data (...), ovvero in data precedente a detto atto notarile e su incarico del dott. (...) il (...) redigeva una relazione di stima di detti immobili, corredata da fotografie da cui si evince lo stato a grezzo degli immobili e con calcolo delle spese per il completamento degli stessi (come appartamenti per civile abitazione) pari ad Euro 130.000,00 oltre iva; - che, successivamente all'acquisto di detti immobili il dott. (...) volendo destinare gli appartamenti a struttura sanitaria (studio dentistico), con accorpamento e cambio di destinazione urbanistica, affidava all'(...) S.R.L, il completamento degli stessi sulla scorta, sosteneva la ricorrente, della perizia di stima redatta dal (...) e, quindi, per un importo complessivo di Euro 126.680,51 oltre i.v.a. al 22 %; - che tutti i lavori indicati in detta perizia di stima del (...) sono stati eseguiti e completati dalla società istante, fino al deposito della (...) di (...) protocollata al Comune di (...) in data (...) al n. (...); - che l'importo spettante alla società (...) di (...) S.r.l. è pari ad euro 126.680,51 oltre IVA al 22%; - che nonostante il dott. (...) abbia ottenuto le certificazioni di agibilità ed eserciti la propria professione negli immobili suddetti, ha rinviato sempre il pagamento di quanto dovuto; - che con pec in data (...) la società istante formulava richiesta di pagamento al Dott. (...) per l'esatto importo di Euro 126.680,51 oltre iva al 22%; - che con pec di riscontro del 17.06.2020 il procuratore di parte ingiunta nell'interesse del dott. (...) riferiva che il dott. (...) aveva corrisposto la somma di Euro385.000,00 rispetto alla somma di Euro 400.000,00 dallo stesso riconosciuta come complessivamente dovuta a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori, assumendo - in particolare - di non aver corrisposto esclusivamente la somma di Euro 15.000,00 in relazione ad un dedotto inadempimento; - che con pec del 25.06.2020 la società istante chiedeva la documentazione dei pagamenti asseritamente effettuati dal dott. (...) senza riceverne risposta; - che, conseguentemente, il debito complessivo del dott. (...) doveva ritenersi essere quello dallo stesso riconosciuto con la richiamata pec, ovvero Euro 385.000,00 dal cui importo doveva essere sottratta la sola somma di Euro 275.000,00 quietanzata in atto pubblico, residuando la somma di Euro 110.000,00 oltre iva al 22% per un totale di Euro 134.200,00. 2. Con atto di citazione regolarmente notificato (...) conveniva in giudizio innanzi a questo (...) per l'udienza del 23.03.2021 l'(...) di (...) s.r.l. allo scopo di opporsi al suddetto decreto ingiuntivo. (...) confermava la circostanza di essersi reso acquirente degli immobili in questione, ma ciò in esecuzione di un vincolo a contrarre assunto per effetto del contratto preliminare di vendita del 26.07.2015, a causa mista, intercorso tra le parti, nel quale la società opposta prometteva di vendere al dott. (...) i cespiti - poi, di fatto ceduti in forza dell'atto pubblico innanzi richiamato - e contestualmente si obbligava all'art. 5 del medesimo atto "ad eseguire a regola d'arte negli immobili compromessi in vendita tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)". Le parti convenivano espressamente al primo comma del disposto di cui al richiamato art. 5 del contratto preliminare di far riferimento, al fine dell'individuazione "degli oneri e dei materiali adottati nell'opera di edificazione", al capitato generale dei lavori che allegavano al contratto sotto la lettera "B". All'art. 2 del medesimo contratto i contraenti fissavano il corrispettivo per la cessione dei beni e per l'esecuzione delle lavorazioni, espressamente individuate nel documento allegato alla lett. B, nella complessiva somma di Euro400.000.00. Rispetto a tale somma, il dott. (...) all'esito della disamina della documentazione in suo possesso, appurava di aver corrisposto alla società opposta, a fronte del corrispettivo inizialmente convenuto nel corpo del contratto preliminare già richiamato ed in adempimento degli obblighi assunti, l'importo complessivo di Euro 391.500,00 di cui Euro 275.000,00 in forza dell'atto pubblico di compravendita anzidetto; Euro 78.500.00 in contanti mediante reiterati versamenti, tutti corredati della firma di quietanza resa dal legale rappresentante della società opposta; Euro 34.000,00 mediante assegni bancari; ed Euro6.000,00, infine, mediante bonifico bancario. Precisava, l'opponente, di aver consapevolmente rifiutato di assolvere al pagamento del debito residuo in ragione del grave inadempimento di cui si sarebbe resa responsabile la società opposta per non aver provveduto al completamento delle lavorazioni puntualmente descritte nel capitolato allegato al richiamato preliminare. Quanto innanzi troverebbe riscontro probatorio nella relazione tecnica redatta dal geom. (...) che, all'esito di un confronto a carattere compartivo tra le opere eseguite e quelle promesse, così come desumibili dal capitolato generale allegato al contratto preliminare, è pervenuto alla quantificazione del valore delle lavorazioni inadempiute ovvero parzialmente inadempiute nella misura complessiva di Euro 80.112,48. Tanto premesso, l'opponente, riservando espressamente di agire separatamente per il risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento della controparte, così concludeva: Voglia l'On.le (...) adito accertare e dichiarare l'insussistenza - come meglio dedotto in narrativa - dei presupposti richiesti dall'art. 648 c.p.c. perché il monitorio opposto possa essere corredato della provvisoria esecuzione, rigettando conseguentemente l'istanza eventualmente proposta all'uopo dalla società opposta; nel merito (...) l'On.le (...) adito accogliere la spiegata opposizione e per l'effetto revocare ovvero dichiarare inammissibile e privo di effetti il decreto ingiuntivo opposto n. (...)/2020, depositato in data (...) e ritualmente notificato a mezzo pec in pari data per insussistenza della pretesa creditoria in esso dedotta ed in ogni caso per carenza dei presupposti di validità e(...) art. 633 e 634 c.p.c. così come meglio esposto in narrativa e per tutte le ragioni ivi articolate, riservando espressamente il diritto e la correlativa azione tesa al risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento ritualmente eccepito in atti da proporre nell'ambito di autonomo e separato giudizio; (...) di spese, diritti ed onorari di causa con relativa distrazione in favore del procuratore antistatario. 3. Con comparsa depositata in data (...) si costituiva la (...) di (...) s.r.l. sostenendo che il contratto preliminare stipulato in data (...) era stato erroneamente qualificato, dall'opponente, quale preliminare di vendita a causa mista (vendita e appalto) trattandosi, in realtà, di vendita di cosa futura, essendo, all'epoca dei fatti, gli immobili ancora in costruzione. Precisava che detto contratto non veniva eseguito, anche se la volontà di non dare esecuzione al contratto preliminare del 26.07.2015, non rappresentava l'abbandono di tutti gli scopi che sarebbero discesi dall'esecuzione dello stesso. In sostanza, a seguito della perizia svolta in data (...) dal tecnico incaricato dal Dott. (...) volta ad individuare il prezzo degli immobili allo stato grezzo, il medesimo riteneva di acquistare gli immobili per poi, successivamente, decidere di appaltare differenti lavori (non per civile abitazione bensì per studio medico dentistico) di ristrutturazione all'odierna società opposta. Ed infatti, con l'atto del 20.04.2016 per (...) le parti stipulavano l'atto di compravendita degli immobili (due appartamenti e due garage) allo stato grezzo ad uso di civile abitazione per il prezzo di Euro 275.000,00 comprensivo di IVA al 10%. A seguito della stipula del predetto atto di compravendita per (...) il Dott. (...) ormai proprietario dell'immobile allo stato grezzo, decideva, anche sulla scorta di un nuovo progetto esecutivo redatto dal tecnico dallo stesso incaricato, (...) di appaltare all'odierna opposta lavori edili finalizzati al completamento dei due appartamenti acquistati, con predisposizione di ogni opera idonea a trasformare gli stessi in studio dentistico con cambio di destinazione. (...) di (...) S.r.l. provvedeva ad eseguire a regola d'arte tutte le opere commissionate e sotto la direzione tecnica dell'(...) senza che il committente formulasse alcuna contestazione. Il Dott. (...) non ha mai negato di aver affidato all'impresa opposta i suddetti lavori di ristrutturazione, anzi ha confermato la circostanza ammettendo che l'importo complessivamente dovuto fosse pari ad Euro 400.000,00 (somma riconosciuta come complessivamente dovuta a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori). Considerato l'avvenuto pagamento della somma di Euro 275.000,00 (iva al 10% compresa) a titolo di acquisto degli immobili al grezzo, l'importo residuo (con IVA al 22% trattandosi di opere successive all'acquisto) doveva ritenersi pattuito a titolo di corrispettivo dei lavori di ristrutturazione proprio secondo la ricostruzione basata sulle ammissioni di parte opponente. Tanto premesso e dedotto, l'opposta rassegnava le seguenti conclusioni: (...) l'Ill.mo (...) adito, previa concessione della provvisoria esecuzione dell'opposto decreto ingiuntivo n. (...)/2020 emesso dal (...) di Salerno e(...) art. 648 c.p.c. o, in via subordinata, previa concessione dell'esecuzione provvisoria parziale del decreto ingiuntivo opposto limitatamente alla somma di Euro 40.000,00 non contestata. In via del tutto preliminare espungere dalla produzione di causa e, comunque, non ammettere il documento inserita nel fascicolo di parte opponente. In subordine, ordinare all'opponente il deposito dell'originale e(...) art. 2719 cod. civ. del menzionato documento prodotto unicamente in copia fotostatica, al fine di consentire alla concludente di effettuare, ai sensi degli artt. 214 e ss., c.p.c. il disconoscimento dello stesso e della sottoscrizione. Nel merito si chiede il rigetto integrale dell'opposizione così come proposta dal dott. (...) perché infondata in fatto ed in diritto per i motivi soprariportati. Per l'effetto si chiede la conferma del decreto ingiuntivo n. (...)/2020 emesso dal (...) di Salerno. subordinata si chiede che il Dott. (...) venga condannato al pagamento della medesima somma allo stesso ingiunta con l'opposto decreto (...) prima udienza del 23.03.2021, svolta a trattazione scritta, il procuratore di parte opponente si riportava al contenuto dell'atto di opposizione chiedendone l'accoglimento, impugnando il contenuto della comparsa di costituzione e risposta di controparte; per converso il procuratore di parte opposta chiedeva concedersi la provvisoria esecuzione del (...) riportandosi ai propri atti, e chiedendo i termini e(...) art. 183 comma 6, c.p.c. Il G.I. si riservava in ordine alla richiesta di concessione della provvisoria esecuzione dell'opposto decreto ingiuntivo, e, a scioglimento della riserva assunta, concedeva la provvisoria esecuzione. Seguivano udienze (13.09.2021; 4.10.2021; 15.11.2021) finalizzate al bonario componimento della controversia. Su richiesta delle parti, con ordinanza del 15.12.2021 il Giudice formulava proposta conciliativa che prevedeva il pagamento, da parte dell'opponente, della somma di Euro 50.000,00 in favore di parte di parte opposta, nonché dell'importo di Euro 5.000,00 a titolo di compenso professionale in favore del difensore di parte opposta. All'udienza del 1.3.2022 parte opponente si dichiarava disponibile ad accettare la proposta conciliativa, mentre parte opposta formulava una controproposta, disattesa dall'opponente. Seguiva, su richiesta delle parti, breve rinvio nello stato, all'udienza del 4.4.2022 ove le parti chiedevano la concessione dei termini e (...) art. 183, comma 6, c.p.c.. A scioglimento della riserva assunta alla successiva udienza del 18.10.2022, il Giudice ammetteva, per quanto di ragione, i mezzi istruttori richiesti dalle parti e rinviava all'udienza del 28.03.2023 per l'interrogatorio formale dell'opponente, ordinando, altresì, all'opponente di esibire, per la successiva udienza, gli originali dei documenti di cui agli allegati nn. 6 e 7 dell'atto di citazione. All'udienza successiva, celebrata il (...), veniva disposto un ulteriore rinvio su richiesta delle parti all'8.5.2023, ove veniva espletato l'interrogatorio formale dell'opponente. All'esito dell'udienza dell'8.5.2023 l'opponente reiterava l'istanza di verificazione già formulata in atti con riferimento ai documenti depositati in originale e contestati dall'opposta. Con successiva ordinanza del 23.05.2023 il Giudice disponeva consulenza tecnica d'ufficio nominando, all'uopo, la dott.ssa (...) affinché rispondesse al seguente quesito: - esaminati gli atti ed in particolare i documenti in originale di cui agli allegati nn. 6 e 7 all'atto di citazione in opposizione, valutate le necessarie ed incontestate scritture in atti e quelle che il CTU potrà richiedere alle parti e presso i pubblici uffici, dica se le sottoscrizioni apposte ai medesimi siano appartenenti o meno al sig. (...) All'udienza del 27.06.2023 veniva conferito l'incarico al CTU e la causa rinviata al 26.03.2024. In data (...) il CTU provvedeva al deposito dell'elaborato peritale. All'udienza del 26.03.2024 il giudice si riservava e con ordinanza del 11.5.2024, ritenuta matura per la decisione, rinviava la causa al 21.05.2024 per la discussione orale e la decisione e (...) art. 281-se(...)ies c.p.c. All'udienza odierna, le parti precisavano le conclusioni e discutevano oralmente la causa, che veniva decisa e (...) art. 281 c.p.c. mediante lettura della motivazione e del dispositivo. 4. Prima di passare al merito della controversia, occorre osservare che il giudizio di opposizione rappresenta uno sviluppo, anche se meramente eventuale, della fase monitoria, e devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso, con la conseguenza che l'oggetto di tale giudizio non è affatto limitato al controllo di validità o merito del decreto ingiuntivo, ma involge il merito e, cioè, la fondatezza della pretesa azionata dal creditore fin dal ricorso. Sul piano sostanziale, la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l'ingiunzione, con la conseguenza che, in base ai principi generali in materia di prova, incombe sul medesimo l'onere di provare l'esistenza del credito, mentre spetta invece all'opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi o impeditivi. Ciò posto, va osservato che la società opposta sostiene che il credito ingiunto deriverebbe dalla esecuzione a regola d'arte del contratto di appalto orale stipulato con il (...) Ai fini della individuazione e quantificazione del proprio credito l'(...) di (...) s.r.l., nel ricorso monitorio, richiama la relazione di stima redatta in data (...), su incarico del dott. (...) dal (...) che stimava in Euro 130.000,00 oltre iva le spese per il completamento degli oggetto del contratto di compravendita, nonché la perizia di stima redatta dal (...) successivamente alla stipula del rogito, che stimava i suddetti lavori nella somma di Euro 126.680,51 oltre i.v.a. al 22%. In realtà, però, la somma ingiunta non viene desunta dai suddetti documenti, né da una dettagliata contabilità redatta all'esito dei lavori eseguiti, bensì dal contenuto di una pec di riscontro del 17.06.2020 nella quale il procuratore di parte ingiunta riferiva che il dott. (...) aveva corrisposto la somma di Euro 385.000,00 rispetto alla somma complessivamente riconosciuta come di Euro 400.000,00 a titolo di acquisto e di corrispettivo per i lavori, assumendo - in particolare - di non aver corrisposto esclusivamente la somma di Euro 15.000,00 per un asserito inadempimento dell'impresa appaltatrice. Conseguentemente, conclude la ricorrente, confermando che il debito complessivo del dott. (...) doveva ritenersi essere quello riconosciuto con la richiamata pec, ovvero Euro 385.000,00, detraendo dalla suddetta somma l'importo di Euro 275.000,00 quietanzata in atto pubblico, residuerebbe la somma di Euro 110.000,00, cui la ricorrente aggiunge la somma di Euro 24.200,00 per iva al 22%, per un totale di Euro 134.200,00. 5. Così ricostruita la domanda di pagamento avanzata dalla ricorrente/opposta, va osservato che le parti in data (...) stipularono un "contratto preliminare di vendita" avente ad oggetto i medesimi beni immobili che successivamente furono oggetto del contratto di compravendita stipulato per (...) in data (...), e cioè consistenza immobiliare riportata nel (...) del Comune di (...) al foglio 9: particella 2204, subalterno 40, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 41, in corso di costruzione; (...); particella 2204, subalterno 22, in corso di costruzione; (locale garage): particella 2204, subalterno 33, in corso di costruzione; (locale garage). Trattandosi di immobile in costruzione, l'(...) si obbligava, all'art. 5 del medesimo atto, "ad eseguire a regola d'arte negli immobili compromessi in vendita tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)". All'art. 2 del medesimo contratto i contraenti fissavano il corrispettivo per la cessione dei beni e per l'esecuzione delle lavorazioni, espressamente individuate nel documento allegato alla lett. B, nella complessiva somma di Euro400.000.00. In ordine alla qualificazione giuridica del suddetto contratto non vi è concordanza tra le parti, atteso che secondo l'opponente dovrebbe intendersi quale contratto a causa mista (preliminare di vendita e appalto), mentre secondo l'opposta si tratterebbe di contratto (...) di vendita di cosa futura. Occorre richiamare, a riguardo, quanto espresso dalla Suprema Corte, a partire dalla Sentenza SS.UU. n. 11656/2008, secondo la quale il contratto riguardante la cessione di un fabbricato non ancora realizzato, con previsione dell'obbligo del cedente - che sia proprietario anche del terreno su cui l'erigendo fabbricato insisterà - di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene e di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto, caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (il suolo, con conseguente effetto traslativo immediato dello stesso) e dell'appalto, a seconda che assuma rilievo centrale, nel sinallagma contrattuale, l'intento delle parti avente ad oggetto il conseguimento della proprietà dell'immobile completato ovvero il trasferimento della proprietà attuale del suolo e l'attività realizzatrice dell'opera da parte del cedente, a proprio rischio e con la propria organizzazione. In tema di contratto misto (nella specie, di vendita e di appalto), la relativa disciplina giuridica va individuata in quella risultante dalle norme del contratto tipico nel cui schema sono riconducibili gli elementi prevalenti (cosiddetta teoria dell'assorbimento o della prevalenza), senza escludere ogni rilevanza giuridica degli altri elementi, che sono voluti dalle parti e concorrono a fissare il contenuto e l'ampiezza del vincolo contrattuale, ai quali si applicano le norme proprie del contratto cui essi appartengono, in quanto compatibili con quelle del contratto prevalente. Più recentemente, la Corte di Cassazione (cass. 23110/2021), sul punto, ha affermato che il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente, che sia anche imprenditore edile, di eseguire i lavori necessari a completare il bene o a renderlo idoneo al godimento, può integrare gli estremi della vendita di cosa futura se nel sinallagma contrattuale l'obbligo di completamento dei lavori assume un rilievo soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà. Nel caso di specie, tenuto conto del tenore dell'atto, deve ritenersi che l'obbligo di completamento dei lavori non assume un rilievo meramente accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà. Tale circostanza testimoniata dal fatto che le parti, al primo comma dell'art. 5 del contratto, richiamavano un dettagliato capitato generale dei lavori, che allegavano al contratto sotto la lettera "B". La circostanza, poi, che nell'atto rogitato in data (...) è stata espunta, rispetto all'atto del 26.07.2015, la parte attinente all'appalto, dimostra l'autonomia e il rilievo della parte del contratto che mutua la causa dal contratto di appalto. Deve ritenersi, pertanto, maggiormente plausibile l'ipotesi del contratto a causa mista. Ciò posto, a prescindere dall'opzione ermeneutica prescelta, non pare condivisibile la tesi sostenuta da parte opposta secondo la quale vi sarebbe una cesura netta e totale tra il contratto preliminare del 26.07.2015 e la vendita del 15.04.2016. La stessa opposta ha ritenuto di dover precisare, al riguardo, nella comparsa di costituzione e risposta, che "la volontà di non dare esecuzione al contratto preliminare del 26.07.2015, non rappresentava l'abbandono di tutti gli scopi che sarebbero discesi dall'esecuzione dello stesso". Entrambi gli atti negoziali hanno ad oggetto i medesimi beni e, non avendo le parti, successivamente alla stipula del preliminare, manifestato nella medesima forma scritta, un nuovo atto finalizzato allo scioglimento dei vincoli obbligatori reciprocamente assunti, deve dedursi che il secondo costituisca l'esecuzione del primo. I lavori a farsi, che erano stati convenuti tra le parti al momento della stipula del contratto preliminare ("(...) tutte le opere necessarie all'esercizio di attività sanitaria/studio odontoiatrico, in conformità con i provvedimenti in materia sanitaria secondo la delibera 7301 del 31 dicembre 2001 della (...) inerente i requisiti minimi strutturali per l'apertura di una nuova struttura sanitaria e con le modalità, le caratteristiche e ogni altro materiale indicato dalla parte acquirente (...)", contrariamente a quanto sostenuto dall'opposta, non mutano dopo la stipula del definitivo e non divergono da quelli poi realizzati, consistendo, per quanto dichiarato dalla opposta nella comparsa di risposta, in "lavori edili finalizzati al completamento dei due appartamenti acquistati, con predisposizione di ogni opera idonea a trasformare gli stessi in studio dentistico con cambio di destinazione". Peraltro, i lavori, se si tiene conto della relazione redatta dal geom. (...) avrebbero avuto inizio in data (...), e quindi prima ancora del trasferimento della proprietà degli immobili. La circostanza che nell'atto rogitato in data (...) venga espunta, rispetto all'atto precedente, la parte attinente all'appalto, si giustifica da un lato, per il fatto che i beni, pacificamene, non erano ancora ultimati e dall'altro che solo l'atto di compravendita in senso stretto richiedeva la forma solenne. Tanto considerato, non risulta che quanto stabilito per iscritto dalle parti nel contatto del 26.07.2015 in ordine alla quantificazione dei lavori da eseguirsi per l'ultimazione degli immobili promessi in vendita sia stato superato/modificato/integrato da successive pattuizioni scritte delle medesime parti, con la conseguenza che complessivamente, il prezzo dell'operazione (acquisto dell'immobile grezzo + ultimazione dei lavori per realizzazione di studio medico-dentistico) deve ritenersi fissato nella somma di Euro400.000,00, quantificazione posta a base delle difese di parte opponente e, indirettamente, confermata dalla opposta la quale, per la quantificazione della somma ingiunta, prende spunto dalla pec del 17.06.2020 del procuratore di parte ingiunta, di cui si è dato conto. Deve però osservarsi che, in questa prospettiva, la somma di Euro24.200,00 per iva al 22%, aggiunta dall'opposta, non trova giustificazione e ciò in ragione del fatto che il procuratore dell'opponente faceva riferimento alla somma di Euro400.000,00 comprensiva dell'(...) così come definita dal contratto preliminare del 27.07.2015. Ciò posto, considerato che la ricorrente/opposta, nelle conclusioni dell'atto di citazione in opposizione, si espressamente riservata "il diritto e la correlativa azione tesa al risarcimento dei danni causalmente riferibili all'inadempimento ritualmente eccepito in atti da proporre nell'ambito di autonomo e separato giudizio", e che, analogamente, l'opposta si è riservata di agire per resistere al dedotto inadempimento, deve ritenersi che la somma complessivamente dovuta dal dott. (...) all'(...) S.r.l. sia pari ad Euro400.000,00, iva compresa. 6. Ciò posto, va osservato che l'opponente ha dedotto di aver versato la somma di Euro391.500,00, effettuando i seguenti pagamenti in favore dell'impresa opposta: - Euro275.000,00 in forza dell'atto pubblico di compravendita; - Euro78.500.00 in contanti; - Euro34.000,00 mediante assegni bancari; - Euro6.000,00, infine, mediante bonifico bancario. Procedendo all'esame dei singoli pagamenti, va osservato che il versamento della somma di Euro275.000,00 non è contestato ed è documentato in atto pubblico. Quanto ai versamenti in contanti per Euro78.500.00, gli stessi sarebbero desumibili dalle sottoscrizioni per ricevuta e quietanza apposte dal legale rappresentante della società opposta sui documenti versati in atti dall'opponente (allegati n. 6 e 7 all'atto di citazione in opposizione). Con riferimento alle sottoscrizioni apposte al documento n.6 (collocate in una tabella, in corrispondenza di annotazioni pagamenti in contanti o mediante assegni), nonché alla sottoscrizione apposta al documento n.7 (annotazione in calce ad un assegno di un pagamento di Euro2.000,00 datato 11.08.2015) è stata espletata perizia calligrafica a cura della dott. (...) le cui conclusioni appaiono pienamente condivisibili in quanto immuni da errori e vizi logici, la quale è giunta ad affermare che "con elevatissima probabilità prossima quasi alla certezza le dodici sottoscrizioni in accertamento, di cui agli allegati 6 e 7 dell'atto di citazione in opposizione, sono riconducibili all'autore che ha redatto le comparative", e quindi al sig. (...) legale rappresentante della impresa opposta. Andando ad esaminare il documento di cui all'allegato n.6 si può rilevare che lo stesso è composto da una griglia in cui sono presenti una colonna riportante pagamenti in contanti, ed una colonna riportante i pagamenti mediante assegni. Per ogni pagamento è indicata la data ed è apposta la firma del sig. (...) Nella colonna dei pagamenti in contanti è indicato il pagamento della somma di Euro50.000,00 avvenuto il (...). Tale pagamento trova riscontro con quanto dichiarato dalle parti nel contratto preliminare del 26.07.2015 ("euro 50.000,00 ? sono versati alla sottoscrizione della presente scrittura privata, all'ordine della parte promettente venditrice ?"). Le altre annotazioni, in mancanza di ulteriori riscontri che ne consentano l'imputazione, non possono ritenersi rilevanti ai fini del decidere. Anche l'assegno bancario n. (...)-12 tratto su (...) - (...) è espressamente indicato all'art. 2 del contratto preliminare come strumento di pagamento dell'importo di Euro30.000,00, a titolo di caparra confirmatoria, per il quale la società promittente venditrice/opposta ha rilasciato formale quietanza non disconosciuta. Avendo le parti, successivamente, con atto pubblico, definito il trasferimento dell'immobile allo stato grezzo senza richiamare i due descritti incontestati pagamenti (Euro50.000,00 ed Euro30.000,00), gli stessi non possono che essere imputato ai lavori appaltati dal (...) all'impresa (...) Non può essere riconosciuto in favore dell'opponente il pagamento di Euro6.000,00 effettuato mediante bonifico bancario, recante espressa causale "acconto competenze professionali geom. (...) Gerardo" e quindi diversa imputazione. Detti importi, pertanto, pari complessivamente ad Euro80.000,00, concorrono alla determinazione dell'ammontare complessivo versato in favore della società odierna opposta in esecuzione del contratto preliminare intercorso tra le parti, per un totale di Euro355.000,00, residuando un debito, da parte dell'opponete, di Euro45.000,00 comprensivo di iva. In definitiva, pertanto, va revocato il decreto ingiuntivo opposto e, per l'effetto, in parziale accoglimento dell'opposizione, l'opponente deve essere condannato al pagamento in favore della opposta della somma di Euro45.000,00 oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo. 7. Considerato il parziale accoglimento dell'opposizione, le spese di lite sono proporzionalmente compensate nella misura di 2/3, con condanna dell'opponente al pagamento del restante 1/3 delle stesse, che vengono liquidate per intero (ossia comprensive della parte compensata) tenuto conto della natura della controversia (...), del suo valore, dell'attività processuale effettivamente espletata, secondo valori e i criteri di cui al D.M. n. 55/2014 (così come modificato con D.M. n. 147/2022), nella somma di Euro. 12.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% come per legge, I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione in favore del procuratore di parte opposta, antistatario. Le spese di CTU sono poste a carico di parte opposta, e ciò in ragione delle risultanze della (...) P.Q.M. Il Tribunale di Salerno, seconda sezione civile, in composizione monocratica, in persona del giudice unico Dott. (...) definitivamente pronunciando sulla domanda di opposizione al decreto ingiuntivo n. decreto ingiuntivo n. (...)/2020 reso il (...), uditi i procuratori delle parti, ogni altra istanza disattesa, così provvede: 1) accoglie, per quanto di ragione e parzialmente, la proposta opposizione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; 2) condanna, conseguentemente, parte opponente al pagamento in favore di parte opposta della somma di Euro45.000,00 oltre interessi legali dalla domanda all'effettivo soddisfo; 3) compensa per 2/3 le spese processuali e condanna l'opponente al pagamento, in favore dell'opposta, della restante parte di 1/3 delle stesse, che si liquidano per intero in Euro12.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge; pone le spese di CTU a carico di parte opposta.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SALERNO Seconda Sezione Civile Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Grazia Roscigno ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 6707/2023 promossa da: Parte_l (C.F. c.F._l), con il patrocinio dell'avv. (...) ATTORE/I contro Controparte_2 (C.F. p.iva, con il patrocinio dell'avv. Parte_2 e dell'avv. (...) CP_2 CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d'udienza. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Parte_l ha citato in giudizio il Controparte_3 (...) "per sentire accogliere le seguenti conclusioni: "1. Dichiararsi esclusiva proprietà dell'attrice l'intero appartamento, sito al piano sesto, interno, dell'edificio ubicato in indirizzo_i, in cp_2; 2. Dichiararsi che la pertinenza di tale appartamento, ovvero la quota di terrazzo al piano (...) sovrastante l'appartamento, è di esclusiva proprietà dell'attrice, così come, quindi, risulta essere anche l'immobile costruito sulla stessa; 3. Dichiararsi nulli ed inefficaci tutti gli atti lesivi della proprietà dell'attrice; 4. Dichiararsi, in specie, l'inesistenza dei diritti affermati dai convenuti Controparte_2 e Sig. Controparte_4; 5. Dichiararsi, in specie, nullo ed inefficace il presunto contratto di locazione immobiliare stipulato tra il Controparte_2 in persona dell'amministratore pro tempore, sig.ra Controparte_5 e il sig. cp_4 (...) in quanto inesistente ed infondato per carenza di titoli giustificativi del diritto alla locazione dell'immobile; 6. In via gradata, si chiede la rimozione dell'immobile costruito sul terrazzo al piano (...); sovrastante l'appartamento di proprietà dell'attrice, occupato senza alcun titolo valido. 7. Ancora in via gradata si chiede che l'Ili.mo Tribunale voglia riconoscere la proprietà del bene di cui è causa alla sig.ra Parte_i, attrice, in virtù del principio di accessione. Il tutto con vittoria di spese, competenze ed onorari con attribuzione al sottoscritto avvocato". A fondamento della domanda l'attrice ha dedotto l'esistenza di un manufatto sulla quota del terrazzo di copertura del fabbricato di proprietà esclusiva, illegittimamente locato dal Controparte_6. Il Condominio si è costituito a mezzo del suo procuratore, ossia dell'Controparte_7 Controparte_8 Controparte_5 contestando l'ammissibilità dell'azione intrapresa, ossia quella di accertamento negativo, in quanto l'attrice non ha mai avuto il possesso o la disponibilità dell'immobile situato sul terrazzo e, comunque, l'infondatezza dell'azione, per essere l'immobile di proprietà del Condominio, fin dalla costruzione del fabbricato. Nelle memorie ex art. 171 ter c.p.c. Fattrice ha eccerpito il difetto di rappresentanza del cp_2 non avendo la società che lo amministra provveduto a depositare la delibera di ratifica dell'assemblea; ha quindi chiesto il rigetto delle avverse domande. Al verbale della prima è stato concesso termine per il deposito della delibera di ratifica dell'assemblea, che però non è stata prodotta. La causa è stata rinviata per la decisione in merito alla legittimazione passiva dell'amministratore. Orbene, alla luce dell'ampio disposto di cui alla prima parte del secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., sussiste la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio nel caso di domanda volta alla rivendica di un bene che il condominio utilizza come proprietà comune, dunque, l'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, tuttavia, la resistenza in giudizio ad azione di accertamento negativo della proprietà sui beni comuni, non rientra tra le attribuzione ex lege dell'amministratore, in quanto "In tema di condominio, la legittimazione ad agire in giudizio dell'amministratore in caso di pretese concernenti l'affermazione di diritti di proprietà, anche comune, può trovare fondamento soltanto nel mandato conferito da ciascuno dei condomini al medesimo amministratore e non già - ad eccezione della equivalente ipotesi di unanime positiva deliberazione di tutti i condomini - nel meccanismo deliberativo dell'assemblea condominiale, che vale ad attribuire, nei limiti di legge e di regolamento, la mera legittimazione processuale ex articolo 77 cod. proc. civ., presupponente peraltro quella sostanziale. Ne consegue che, in assenza del potere rappresentativo in capo all'amministratore in relazione all'azione esercitata, la mancata costituzione del rapporto processuale per difetto della legittimazione processuale inscindibilmente connessa al potere rappresentativo sostanziale mancante - vizio rilevabile anche d'ufficio, pure in sede di legittimità - comporta la nullità della procura alle liti, di tutti gli atti compiuti e della sentenza" (Sez. 2, Sentenza n. 5862 del 13/03/2007). le S.U. (Cass. civ., Sezioni Unite, 6 agosto 2010, n. 18331), successivamente, hanno affermato che "L'amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'art. 1131 secondo e terzo comma cod. civ., può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione. Dunque deve essere affermata l'assenza di legittimazione passiva del cp_2 mancando la delibera di ratifica assembleare. Le spese di lite devono compensarsi integralmente, in quanto unitamente al cp_2 si è costituiti un'altra condomina e, separatamente, con distinti atti d'intervento, anche altri condomini, partecipando alle stesse identiche difese svolte dal cp_2, per cui nessuno sforzo difensivo ulteriore è stato svolto dall'attrice. Va, inoltre, considerata l'assenza di qualsiasi responsabilità in capo all'amministratrice dell'omessa ratifica dell'assemblea, avendo la s.a.s. resistito per la difesa di un bene comune. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone: - Dichiara il difetto di rappresentanza sostanziale del Condominio, nella persona di Contatto cp_8 di Controparte_5; - Compensa per intero le spese di lite tra le parti. Si precisa che la presente sentenza è resa solo tra le parti intestate e non tra l'attrice e le altre parti costituite, che ne restano estranee. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. 16 maggio 2024
TRIBUNALE ORDINARIO DI SALERNO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Salerno, in composizione collegiale, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) presidente, dott. (...) giudice relatore ed estensore, dott. (...) giudice, ha pronunciato, all'esito dell'udienza di precisazione delle conclusioni e della concessione dei termini di sessanta + venti giorni previsti dall'art.190 c.p.c. per la predisposizione delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, la presente SENTENZA nella causa civile contraddistinta dal n. (...)/2013 R.G. e promossa da: - (...) nato a (...) il (...) e residente (...) via (...) n. (...), rappresentato e difeso, in virtù di procura a margine della memoria di costituzione di nuovo difensore depositata in data (...), dall'avv. (...) presso il cui studio è elettivamente domiciliato in (...), alla via M. Pastore n.3, - ATTORE, nei confronti di : - (...) nata ad (...) il (...) e residente (...) via (...) dei (...) n. (...), (...), rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione depositata l'1.7.2013, dall'avv. (...) presso il cui studio, sito in (...), alla via (...) n. (...), è elettivamente domiciliata, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il libello introduttivo regolarmente notificato il (...) per l'udienza del 22.7.2013, differita d'ufficio all'11.12.2013, (...) ha innanzitutto premesso di essere nipote di (...) nato a (...) dei (...) il (...) e deceduto il (...), in quanto figlio unico del fratello premorto dello stesso (...) di nome (...) a sua volta scomparso l'11.12.2008 e del quale il medesimo (...) è erede in uno alla madre vedova superstite (...) Ha, altresì, dedotto che il predetto (...) - con due distinti testamenti, l'uno per notaio (...) di (...) risalente all'11.9.2012 e l'altro per notaio (...) di (...) del 24.10.2012 - ha lasciato in eredità alla sig.ra (...) rispettivamente un'unità abitativa ed una zona di terreno ubicate in (...) dei (...), e alcune somme di danaro investite in titoli depositati in amministrazione e custodia sul conto intestato allo stesso (...) ed esistente presso la filiale di (...) dell'istituto bancario " (...) di (...) S.p.A. ". Ha, inoltre, sostenuto che il citato " de cuius " fosse, tuttavia, incapace di intendere e di volere al momento della deposizione delle sue ultime volontà, poiché in data (...), ovvero in epoca immediatamente successiva ai precisati atti testamentari, era stato ricoverato presso l'ospedale di (...) de' (...), ove era stato sottoposto a vari accertamenti clinici tra i quali una (...) ed una (...) dai cui referti erano emersi rispettivamente i " segni evidenti di " una " insufficienza sottocorticale cronica su base vascolare " ed una " diffusa ipodensità della sostanza bianca periventricolare e dei centri semiovali da encefalopatia sottocorticale cronica su base vascolare ": elementi sottoposti anche all'attenzione della (...) della Repubblica presso il Tribunale di (...) la quale ha iscritto nel registro degli indagati la nominata (...) per il reato di circonvenzione di incapace, aprendo il procedimento n. (...)/13/21 R.G.N.R. nel cui contesto è stato anche disposto l'esame autoptico del (...) Ne è conseguita l'evocazione in giudizio della stessa (...) dinanzi all'adìto Tribunale di (...) " per ivi sentir accogliere in suo danno le seguenti conclusioni: Voglia l'On.le Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, procedere all'annullamento dei seguenti testamenti pubblici: 1) Testamento per notar (...) in (...), dell'11.09.2012, al n. (...) del Rep. Atti di ultima volontà, Verbale di passaggio agli atti tra vivi a (...) n. (...), Racc. n. (...), registrato in (...) di (...), il (...), al n. (...); 2) Testamento per notar (...) in (...), del 24.10.2012, al n. 5 del Rep. Atti di ultima volontà, Verbale di passaggio agli atti tra vivi a (...) n. (...), Racc. n. (...), registrato in (...) il (...), al n. (...); in quanto al tempo della redazione degli stessi il (...) non possedeva più la prescritta capacità di intendere e di volere, avendo perso il pieno possesso delle facoltà intellettive e volitive e, per l'effetto, annullare le disposizioni ivi contenute in favore della convenuta (...) Con vittoria di spese di lite ed ogni altra spesa connessa occorrenda, competenze e onorari, da attribuirsi al procuratore antistatario. Con sentenza munita della clausola di provvisoria esecuzione ai sensi dell'art. 282 c.p.c. ". La convenuta (...) si è costituita in giudizio attraverso il deposito in cancelleria, in data (...), della comparsa di risposta, con la quale ha contestato analiticamente e specificamente, per quanto di ragione, i fatti addotti a fondamento della domanda attorea e tutto quanto " ex adverso " dedotto. Ha, tra l'altro, chiarito che ella " da circa cinque anni ... frequentava assiduamente casa (...) in quanto prestava assistenza alla (...)ra (...) sorella del (...) e con questi convivente ". Ha, inoltre, aggiunto che, " morta all'incirca due anni "prima la stessa "sig.ra (...) il (...) ... manifestò " alla medesima (...) "il desiderio che rimanesse per prestare assistenza a lui ultraottantenne, ed ella accettò volentieri". Ha ancora evidenziato che " non è affatto vero che, allorché furono redatti i due testamenti nel settembre-ottobre 12, il (...) fosse in uno stato di demenza senile, quindi incapace di intendere e di volere, e che fosse in corso una procedura di interdizione". Quanto, poi, alla sua iscrizione "nel registro degli indagati per il reato di circonvenzione di incapace", sempre la (...) ha sottolineato che "si tratta di "un" atto dovuto "emesso "in conseguenza" della "querela-denunzia sporta dal ... (...)", mettendo in risalto che "la domanda di annullamento dei testamenti "di controparte "si fonda sulle risultanze di accertamenti diagnostici compiuti cinque mesi dopo la redazione dei testamenti" medesimi. Ha, infine, rimarcato, nell'ottica or ora delineata, che "né i due notai che hanno redatto i testamenti, né i quattro testimoni che hanno assistito alla estrinsecazione della volontà del (...) hanno ravvisato segni di incapacità di intendere e di valore, né il medico specialista in neurologia e psichiatria che lo ha visitato al tempo del primo testamento "(il dott. (...) D'(...) della (...) di (...) "(...)" di (...) n.d.r.) "ha", a sua volta, "ravvisato disturbi della sfera cognitiva che lo rendessero incapace di intendere e di volere". Di qui la sollecitazione della designata autorità giudiziaria a "rigettare le domande tutte proposte dall'attore perché infondate in fatto e in diritto, con vittoria di spese e compensi, (...) e (...) con attribuzione al sottoscritto procuratore". Concessi gli invocati termini di cui all'art. 183 co. 6 c.p.c. e depositate le memorie previste da tale disposizione normativa, sono stati escussi, nell'ordine, i testimoni (...)(...) (ascoltata ex art.257 c.p.c., n.d.r.) e (...) Si è, quindi, disposta la richiesta C.T.U. medico-legale, per l'effetto affidata al dott. (...) il quale è stato chiamato a rispondere ai seguenti quesiti: " 1) Stabilisca il C.T.U., previo l'esame della documentazione prodotta e senza tener, invece, conto delle risultanze delle prove testimoniali espletate, in quanto suscettibili di valutazione solo da parte di questo giudicante, se (...) alle date dell'11/09/2012 e del 24/10/2012 alle quali risalgono gli impugnati testamenti pubblici, fosse, o meno, capace di intendere e di volere. 2) Nel caso in cui, rispondendo al quesito n.1, dovesse escludere che vi siano agli atti gli elementi documentali per ritenere l'incapacità di intendere e di volere del (...) precisi, altresì, previo l'esame dei verbali delle prove testimoniali espletate, quali dei comportamenti attribuiti dai soggetti escussi allo stesso (...) potrebbe essere indicativo della medesima incapacità di intendere e di volere ". Depositato dal predetto ausiliario il prescritto elaborato peritale, la causa è stata assegnata a sentenza con la concessione dei termini previsti dall'art.190 c.p.c. per la predisposizione delle comparse conclusionali e delle memorie di replica: causa successivamente rimessa per la decisione al collegio perché avente, per l'appunto, ad oggetto l'impugnazione di testamenti e, dunque, ai sensi dell'art. 50 bis co. 1 n.6) c.p.c., nella versione "ratione temporis" vigente. MOTIVI DELLA DECISIONE La valutazione della fondatezza, o meno, della domanda attorea richiede la preliminare illustrazione di alcuni condivisibili principi ermeneutici. La Suprema Corte ha, infatti, ripetutamente e giustamente statuito che " l'annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula l'esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del "de cuius", bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia privo in modo assoluto, al momento della redazione dell'atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere" (così Cass. civ., sez. II, 15.4.2010, n.9081; ed, in maniera conforme, Cass. civ., sez. II, 23.12.2014, n.27351 e Cass. civ., sez. II, ordinanza n.3934 del 19.2.2018). Orbene, per verificare se il (...) abbia, o meno, adempiuto all'enucleato onere probatorio ex art.2697 c.c. di dimostrare che - all'atto delle dichiarazioni di ultime volontà rese dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012 e dinanzi al notaio (...) il (...) - le facoltà psichiche del (...) fossero effettivamente così perturbate da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti dei due negozi e, quindi, il formarsi di una volontà cosciente, è opportuno e doveroso esaminare dapprima le raccolte deposizioni testimoniali. Ed, in una simile ottica, non si può negare che alcune risultanze di queste stesse deposizioni, almeno in via di prima approssimazione, potrebbero apparire, in un certo senso, favorevoli alla tesi attorea. Ci si riferisce, in particolare, a quelle desumibili dalle asserzioni di un primo gruppo di soggetti escussi ed indicati dal C.T.U. dott. (...) alle pagg.25-27 del suo elaborato trasmesso telematicamente il (...). A partire da (...) (vedi il verbale di udienza del 25.2.2016, n.d.r.), il quale - nella sua veste di cugino di (...) e di persona abitante vicino a lui - ha denunciato la sussistenza, nei sei-sette mesi antecedenti al decesso dello stesso (...) risalente al 22.2.2013, di condotte bizzarre da parte del prevenuto, che, peraltro, alternava fasi di piena coscienza e consapevolezza ad altre di difficoltà di riconoscimento (" o si appisolava davanti all'abitazione, dormendo sulle scale, o era assente con lo sguardo e non mi riconosceva. Chiarisco che alternava questi momenti ad altri in cui invece mi riconosceva ed era, quindi, presente ... spesso si sporcava mangiando. Inoltre a volte si abbassava la tuta. Qualche volta mi è capitato anche di vederlo parlare da solo... (...) ultimi due anni (...) a volte urinava per la strada"), ragion per cui le stesse anomalie presentate non avevano, in ogni caso, il carattere della costanza e della continuità ("generalmente le parole che diceva, anche nell'ultimo periodo, erano comprensibili, anche se a volte potevano apparire un po' strane, vista l'originalità del soggetto"). Di analogo tenore sono le affermazioni dell'altra cugina del (...) (vedi sempre il verbale di udienza del 25.2.2016, n.d.r.), la quale ha delineato una condizione appalesatasi già nel settembre 2012 e contraddistinta sia dalla perdita di freni inibitori in ambito sociale che da alcune difficoltà nell'individuazione precisa della stessa (...) (" Ha cominciato a non riconoscermi ovvero a dire parole senza senso dal mese di settembre 2012. Anzi ricordo che, proprio nel mese di settembre del 2012, lo trovai mezzo nudo per la strada, con un semplice pantaloncino corto e le mutande, e senza maglietta"), ma sempre con oscillazioni psichiche temporali ("A partire da settembre 2012, a volte mi riconosceva; inoltre rispondeva con parole che non avevano senso rispetto a quanto io gli domandavo"). Quanto, invece, alla (...) (vedi il verbale di udienza del 19.4.2018, n.d.r.), ossia al (...) della (...) di (...) che conosceva (...) perché si recava a (...) dei (...) (Comune di dimora dello stesso (...) n.d.r.) per andare a trovare una zia, ella ha riferito di aver visto il prevenuto fino all'estate del 2012 e di aver notato, nell'ultimo periodo, stranezze ed esternazioni di timori persecutori ("(...) ancora di aver visto (...) e di aver parlato con lui fino all'estate del 2012. Nell'ultimo periodo in cui l'ho visto, anche se non so precisare con esattezza a partire da quando, l'ho sentito fare dei discorsi un po' strani. Ad esempio mi diceva che non voleva venire più ad (...) in quanto temeva che lo arrestassi perché egli parcheggiava in divieto di sosta "): esternazioni che, tuttavia, la predetta testimone ha, comunque, giustificato in qualche modo, facendo riferimento ai pregressi inviti che ella, nella sua veste istituzionale, gli aveva rivolto affinché rispettasse il codice stradale ("(...) a questo proposito che, in passato, mi era capitato di invitarlo a non sostare con l'auto nel centro di (...) ma sempre con modi cortesi e senza formulare alcun tipo di minaccia, trattandosi, peraltro, di una persona anziana e conosciuta") e ribadendo ugualmente che i disturbi da lei notati erano oscillanti e variabili ("(...) ultimi tempi qualche volta ho avuto l'impressione che non mi riconoscesse come (...) ma mi prendesse per una turista di passaggio. Altre volte invece avevo contezza, sempre sulla base dei discorsi da lui fatti, che mi avesse riconosciuto come (...)"). Senza dimenticare che gli ulteriori testimoni, non citati dal C.T.U., (...) e (...) (vedi il verbale di udienza dell'8.6.2017), quest'ultima sebbene madre dell'attore (...) si sono limitati a ricordare che, rispettivamente "a partire dal 2012" e "dall'agosto del 2012", il (...) "ha cominciato a non rispondere più al ... saluto "del primo e" ad avere uno sguardo assente "verso di lui, nonché "a parlare di meno con "la predetta cognata "ed a stare più in silenzio". Vi sono, poi, due testimoni che - individuati dal dott. (...) alle pagg.27-29 della sua relazione - hanno fornito, al contrario, come sottolineato giustamente dallo stesso dott. (...) "una versione del comportamento del (...) negli ultimi anni, consono agli input esterni" ed "in assenza di modifiche della sua lucidità mentale e del suo grado di autodeterminazione". Si tratta innanzitutto di (...) (vedi il verbale di udienza del 14.7.2016, n.d.r.), che, intervenuto come testimone nel testamento pubblico predisposto dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012, si è soffermato sui colloqui avuti con (...) allorquando, nel mese di agosto del 2012, ha affittato, nel Comune di (...) dei (...), una casa vicino all'abitazione dello stesso (...) Egli ha, in particolare, riferito che, "in questi 15 giorni" di permanenza a (...) dei (...), ha "incontrato a casa ... oppure in strada "il prevenuto ed ha "notato che era una persona ancora piuttosto lucida, visto che "gli" parlava di fatti passati a lui capitati, come, ad esempio, la sua esperienza di finanziere di frontiera, o di doganiere", e "confrontava il passato con la situazione attuale, evidenziando che oggi non vi sono più regole". Ha, altresì, sostenuto che, "anche dal punto di vista delle condizioni igieniche", "il (...) era in una situazione del tutto normale", precisando che, quando lo stesso (...) lo "chiamò perché" facesse "da testimone presso lo studio di un notaio ... in (...) e ciò in occasione di un rogito notarile riguardante il testamento del (...)", "fu il" medesimo "sig. (...) a dettare al notaio quello che voleva venisse scritto nel testamento", peraltro con "parole" che il (...) comprese "senza alcun problema": comprensione alla quale ha aggiunto il rilievo secondo cui, "durante l'arco temporale in cui "si sono" trattenuti dal notaio", " non "ha" notato comportamenti particolari del (...) che è sempre stato lucido ed, anzi, quando lo stesso notaio si è allontanato per prendere dei timbri, "gli" ha evidenziato il tempo piuttosto prolungato che ci voleva per compiere una cosa che egli riteneva piuttosto semplice". Quanto, invece, al (...) (vedi il verbale di udienza del 7.12.2016, n.d.r.), ossia al notaio dinanzi al quale è stato redatto il testamento pubblico del 24.10.2012, egli ha, in primo luogo, riferito che (...) in un pomeriggio del 2012, "si presentò senza appuntamento", gli "chiese di ricevere le sue ultime volontà" e gli "disse che era vedovo e senza figli ". Sempre il predetto professionista ha, altresì, rammentato che, "poiché non lo" conosceva, "né" gli "era stato presentato da qualcuno, lo "invitò "a riflettere e a ripresentarsi in un secondo momento", ragion per cui il citato "de cuius" "venne il giorno dopo ... o comunque a stretto giro", e gli "ribadì la sua volontà di attribuire somme di denaro, o comunque titoli depositati presso una banca di (...) alla signora (...)", che, "nel momento in cui fu redatto il testamento ... andò fuori, non era presente". Ha ancora rivelato di ricordare "perfettamente che i discorsi di (...) erano logici e conseguenziali e che egli risultò lucido sul piano mentale", avendo, peraltro, "con sé anche un certificato medico che attestava la sua capacità di intendere e di volere" e che il notaio ha "conservato allo studio in copia". Non va, d'altro canto, tralasciato che anche altri soggetti ascoltati, pur se non specificamente nominati dal C.T.U., hanno suffragato le dichiarazioni del (...) e del (...) come, ad esempio, (...) (vedi il verbale di udienza dell'8.6.2017, n.d.r.), la quale - essendo intervenuta proprio nel testamento pubblico redatto dinanzi al notaio (...) il (...) - ha, in primo luogo, confermato che (...) "è venuto due volte, la prima per parlare con il notaio, la seconda per fare testamento", e che "in entrambe le occasioni era accompagnato da una signora che l'aiutava anche a camminare perché aveva delle stampelle e, tra l'altro, per accedere allo studio occorreva percorrere delle scale": signora che, sempre a suo dire, "non entrò nella stanza in cui si tenne il colloquio medesimo, ma rimase con "la (...)" nella stanza in cui "lavorava, e, peraltro, "non ha nemmeno assistito alla lettura del testamento". Sempre la (...) ha, poi, ribadito di "non" aver "sentito parlare mai il (...) se non nell'occasione in cui, dopo che il testamento gli fu letto dal notaio (...) egli confermò le sue volontà così come trasfuse nel testamento medesimo", chiarendo, infine, di "non" aver "notato comportamenti particolari da parte del (...) ...". Altrettanto si dica ancora per (...) (vedi il verbale di udienza del 26.9.2018, n.d.r.), che è, invece, l'impiegato del notaio (...) che è stato presente alla lettura del testamento pubblico predisposto dinanzi al medesimo notaio (...) l'11.9.2012. Il predetto soggetto escusso, infatti, riferendosi, per l'appunto, al (...) ha asserito testualmente quanto segue: "è venuto una prima volta dal notaio (...) ha esposto al notaio la sua intenzione di fare testamento e, nell'occasione, ha parlato esclusivamente con lo stesso notaio (...) che ha evidentemente raccolto le sue volontà in una stanza in cui erano loro due soli. Sempre il notaio (...) ha poi invitato il (...) a tornare in un altro giorno per firmare l'atto ... ricordo che era anziano e che era claudicante, ma ricordo anche che non è stato sorretto da alcuna persona mentre camminava nello studio. Non so se sia stato accompagnato o meno da altre persone ...". Ed è evidente che le dichiarazioni provenienti da questo secondo gruppo di soggetti ascoltati - oltre ad essere state rese con apprezzabile analiticità, palese verosimiglianza ed intrinseca coerenza logica da individui sulla cui attendibilità non possono muoversi riserve, visto il loro " status " di persone indifferenti rispetto alle parti in causa - hanno trovato inconfutabili riscontri nelle ulteriori acquisizioni istruttorie, di carattere peritale e documentale, sulle quali ci si soffermerà più avanti. Di peculiare rilievo sono, d'altra parte, le asserzioni di coloro che hanno presenziato ai rogiti dei due testamenti e che hanno univocamente rimarcato l'insussistenza di elementi ostativi al genuino e corretto evolversi del processo decisionale funzionale alla formalizzazione, ad opera del (...) delle sue ultime volontà. Con particolare riferimento, poi, alla testimonianza del dott. (...) e, più in generale, all'attività professionale svolta dal prevenuto e dalla sua collega dott.ssa (...) rispettivamente il (...) e l'11.9.2012, non va dimenticato che l'art.47, comma 2 della (...) dispone espressamente che " il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell'atto ": un'indagine che - esplicitandosi nella verifica, anche contestualmente alla stipula dell'atto, che il testo del medesimo atto sia conforme alla volontà delle parti e che queste comprendano il significato di quanto in esso contenuto - conferisce una pregnante valenza, nella prospettiva che qui interessa, alla deposizione dello stesso dott. (...) e, comunque, ai due rogiti in questione. Senza dimenticare che - sebbene, "in tema di testamento pubblico, lo stato di sanità mentale del testatore, seppure ritenuto e dichiarato dal notaio per la mancanza di segni apparenti di incapacità del testatore medesimo" (nei nostri due casi lo è stato, quanto meno, implicitamente, n.d.r.), possa "essere", comunque, "contestato con ogni mezzo di prova, senza necessità di proporre querela di falso, poiché, ai sensi dell'art.2700 c.c., l'atto pubblico fa piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ma nei limiti della sola attività materiale, immediatamente e direttamente richiesta, percepita e constatata dallo stesso pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni" (così Cass. civ., sez. II, 30.1.2019, n.2702) - comunque si sarebbe dovuta dare la prova che il (...) nel momento in cui ha manifestato la propria volontà di testare, fosse incapace di intendere e di volere: una prova che, in realtà, non può essere desunta nemmeno dalle riportate affermazioni dei testi appartenenti al cosiddetto primo gruppo ((...) e (...) n.d.r.). A questo proposito va, infatti, sottolineato che - come correttamente chiarito, alle pagg. 30, 44 e 45 del suo elaborato, dal C.T.U. dott. (...) anche dall'alto della sua indiscutibile competenza professionale legata al suo duplice "status" di specialista sia in neurologia-psichiatria che in medicina legale - "l'attento esame delle deposizioni testimoniali, soprattutto se si prende come riferimento il primo gruppo delle stesse, ""sicuramente "documenta" l'esistenza di una "encefalopatia vascolare cronica", ma non consente di pronunciarsi in favore di una marcata disabilità cognitiva raggiunta dal (...) all'epoca della stesura degli atti documentali, sia per l'assente compromissione di più domini cognitivi, come richiesto dal (...) (l'ultima edizione del (...) dei (...) ((...), nato nel 1952, ma diffusosi a partire dalla terza edizione del 1980, come chiarito dal dott. (...) nel rispondere, a pag.35, alle osservazioni del consulente di parte attrice dott. (...) n.d.r.) per una diagnosi di Disturbo Neurocognitivo Maggiore, sia per l'avvicendamento di fasi di lucidità mentale e di obnubilamento del sensorio con conseguenti anomalie della condotta, che sono più tipici di una forma demenziale evolutiva di tipo incipiente, ma non ancora di grado severo ". A questo assunto, d'altro canto, il predetto ausiliario è pervenuto anche esaminando analiticamente tutta la documentazione sanitaria presente agli atti, a partire dalla relazione di dimissione successiva al ricovero del (...) quale protrattosi, dal 22.10.2009 al 6.11.2009, presso la "(...) Stabia" (...) di (...) e (...) di (...) di (...): un ricovero "motivato esclusivamente da severi disturbi cardio-circolatori e perfusivi, che venivano compensati con idonee terapie farmacologiche", e nel cui contesto "non è stato effettuato alcun esame strumentale per una valutazione cerebrale, per l'assenza, evidentemente, all'epoca, di segni clinici focali neurologici o di natura neuropsichiatrica che indicassero l'esecuzione di tali accertamenti" (cfr. la pag. 16 dell'elaborato peritale). Si consideri, inoltre, sempre sul piano documentale, la prodotta relazione che è stata predisposta proprio l'11.9.2012 (ossia il giorno del primo testamento, n.d.r.) dal neuropsichiatra di (...) dott. (...) D'(...) il quale ha ivi attestato che "il sig. (...) nato a (...) dei (...) il (...), allo stato attuale non presenta disturbi della sfera cognitiva per cui è da considerarsi persona capace di intendere e di volere". Ed è evidente che - al di là della già sottolineata coincidenza temporale di questa medesima attestazione con il rogito per notaio (...) (coincidenza che, anche per la mancata escussione dello stesso notaio (...) può alimentare in proposito solo ipotesi prive di riscontri, alle quali si potrebbe anche aggiungere quella in base alla quale sarebbe proprio questo anche il certificato che, come riferito in udienza dall'altro notaio (...) il (...) aveva con sé quando si è recato il (...), dal medesimo notaio (...) n.d.r.) - "il dato inconfutabile che si ricava ... è, comunque, l'assenza di un deficit della sfera cognitiva del (...) in tale periodo cronologico, con specificazione di una conservata capacità di intendere e di volere": assenza insieme alla quale va rimarcato il rilievo secondo cui "non vi è traccia documentale (interventi sanitari ambulatoriali o domiciliari, interventi d'urgenza del 118, certificazioni del curante o di specialisti del settore, accessi nosocomiali) di alterazioni neurologiche e psichiche nel de cuius, nel periodo antecedente tale attestazione" (così il C.T.U. dott. (...) alle pagg.16-17 del suo contributo scritto). Quanto, poi, all'ulteriore documentazione sanitaria predisposta dopo circa quattrocinque mesi dagli atti testamentari e, segnatamente, a decorrere dalla sera inoltrata del 14.2.2013 nella quale il (...) si è recato presso il (...) del (...) di (...) de' (...), ancora il dott. (...) - facendo, nell'ordine, riferimento al referto iniziale (dove si precisa, tra l'altro, che "il pz. giunge ... per disartria e deficit della deambulazione", n.d.r.), alla TC total body praticata allo stesso (...) ed attestante la genesi vascolare del deficit di coscienza emerso ("(...) evidenti di insufficienza sottocorticale cronica su base vascolare"), alla TAC polmonare che evidenziò "un addensamento polmonare basale d(...)", alla cartella clinica relativa al ricovero nosocomiale praticato il (...) e all'esame TC del cranio del 18.2.2013 - ha affermato che, in particolare, da quest'ultimo "esame si deduce che il (...) in tale epoca, presentava sicuramente una demenza vascolare, ma, in assenza di altri riscontri precedenti in tal senso, non è possibile valutarne l'insorgenza e, soprattutto, l'epoca in cui tale infermità fosse diventata grave ed inabilitante", e ciò tenendo pure conto del fatto che "lo stato confusionale e di defedamento organico si sono presentati in maniera grave e drammatica nel febbraio 2013" (vedi le pagg.17-20 dell'elaborato peritale). Per ciò che concerne, invece, l'esame istologico dell'encefalo condotto sul cadavere dello stesso (...) all'indomani del suo decesso del (...), nonché dell'autopsia disposta dal P.M. ed effettuata dal prof. (...) sempre il designato C.T.U. ha osservato come si abbia "la contezza di un quadro degenerativo di grado mediograve, in quanto pur essendo presenti elementi di avanzata necrosi neuronale e di modificazioni dell'assetto liquorale, l'impianto neurogliale è ancora grossolanamente preservato e sono quasi assenti i focolai ischemici parenchimali" (cfr. le pagg. 20 e 21 della sua relazione). Di qui "il dato obiettivo certo" di come il (...) abbia "sofferto negli ultimi giorni di vita di un complesso pluripatologico (broncopneumopatia cronica ostruttiva, miocardiosclerosi, insufficienza renale da glomerulosclerosi, aritmia da intossicazione digitalica in encefalopatico vascolare), che ha richiesto l'instaurazione di diversi presidi sanitari urgenti, risultati, nonostante tutti gli sforzi profusi, inefficaci", e nel cui contesto bisogna aver riguardo, "in particolare, all'infermità neurologica (encefalopatia vascolare), "che è la" patologia rilevante ai fini della ... consulenza di ufficio "e che" costituisce la causa di demenza nel 20% dei casi": patologia rispetto alla quale si è, più di recente, elaborato il concetto "di "demenza vascolare" ((...)", in cui "sono state incluse tutte le forme di deterioramento mentale secondarie a una encefalopatia su base ischemica o emorragica e per la cui "diagnosi", comunque, "è necessario almeno un esame di neuroimaging cerebrale (TC, o RM)". Ed, invero, - sempre secondo il dott. (...) - "la TAC cerebrale effettuata sul periziando nel corso dell'ultimo ricovero permetteva di appurare una ipodensità della sostanza bianca limitata alle aree periventricolari ed i centri semiovali, in assenza di un processo abiotrofico-degenerativo massivo e globale", donde la conclusione secondo cui "non sussistono elementi certificali che orientano verso una grave entità della compromissione cognitiva del soggetto in vita o, almeno, all'epoca della redazione dei testamenti contestati, cioè di grado tale da determinare disabilità cognitive, di critica e di giudizio e di incongruenza dei nessi logici e volitivi, tutti elementi tipici di un quadro demenziale grave o avanzato, non registrato, almeno per tale periodo, nella fattispecie" (vedi le pagg.21-24 del contributo peritale trasmesso telematicamente il (...)). Non si possono, d'altro canto, valorizzare, a confutazione di quanto sin qui sostenuto, né il certificato che, richiamato dal consulente tecnico del (...) dott. (...) sarebbe stato "redatto nel giugno 2009 presso l'U.O. EmergenzaUrgenza della ASL di (...)" e non è stato rinvenuto agli atti (vedi la pag.35 della consulenza - (...), né la cartella clinica allegata alla memoria ex art.183 co.6 n.2) c.p.c. di parte attrice del 10.2.2014 e predisposta, ugualmente nel giugno del 2009, presso il plesso ospedaliero di (...) de' (...). Essi, infatti, - come opportunamente rilevato dal designato C.T.U. - esprimono, in ogni caso, la medesima diagnosi formulata dal predetto ausiliario (" (...) cerebrale cronica con decadimento cognitivo ... (...) iniziali di demenza senile "), a conferma di una portata decisamente limitata della patologia neurologica (vedi sempre la pag.35 dell'elaborato in atti). (...) parte - come giustamente chiarito dallo stesso C.T.U. ancora alle pagg.34 e 35 del suo medesimo elaborato - "il problema che ... si pone e per il quale è stata disposta la ... consulenza "è proprio quello di "valutare l'entità raggiunta dall'infermità che, per sue caratteristiche", "è cronica e progressiva, nei termini della compromissione dell'autonomia decisionale nel periodo in cui sono stati redatti gli atti giuridici contestati". E con riguardo a tale questione nodale - alla stregua di tutte le acquisizioni istruttorie di carattere orale, documentale e medico-legale diffusamente illustrate in precedenza - non si può che aderire all'assunto finale cui è pervenuto, con riferimento ai profili squisitamente tecnici che gli sono stati devoluti in virtù della sua peculiare competenza professionale, il dott. (...) Costui, infatti, ha conclusivamente affermato che "l'attenta valutazione degli atti esaminati e criticamente riportati, valutati nel loro complesso, NON permette di affermare che la sofferenza cerebrale riscontrata nel periodo settembre-ottobre 2012 a carico del sig. (...) "(...)" fosse di severità tale da comprometterne, all'epoca degli atti testamentari (settembre ed ottobre 2012)", "le sue abilità cognitive, di critica e di giudizio", ragion per cui lo stesso "(...) versava ... in una condizione di incapacità di intendere e di volere in tale contesto cronologico, tale da determinare un'incapacità di agire, ai sensi di (...)" (vedi la pag.44 della C.T.U. trasmessa telematicamente il (...)). Non va, poi, da ultimo, dimenticato che - pur reputando inutilizzabili (perché tardivamente depositati telematicamente dal legale della convenuta il (...), e, quindi, dopo la scadenza dei termini perentori previsti, anche a fini istruttori, dall'art.183 co.6 c.p.c., n.d.r.) alcuni atti del già citato procedimento penale n.(...)/ (...)/(...) R.G.N.R. (...) della Repubblica di (...) di cui, comunque, vi è traccia nella documentazione prodotta, in uno al libello introduttivo, dall'attore (...) il quale risulta aver anche presentato alla stessa (...) una denuncia-querela (si tratta del verbale delle sommarie informazioni rese ai (...) di (...) il (...) dal medico curante del (...) dott. (...) nonché dell'esito della delega di indagini del marzo 2013 avente ad oggetto le dichiarazioni del notaio (...) e del notaio (...) ed, infine, della richiesta e del decreto di archiviazione del medesimo procedimento n.(...)/ (...)/(...) R.G.N.R., a loro volta risalenti all'ottobre del 2013 e, dunque, sempre ad epoca antecedente alla scadenza dei termini ex art.183 co.6 c.p.c. entro i quali avrebbero potuto essere, di conseguenza, prodotti, n.d.r.) - nessuna valenza probatoria può essere, in ogni caso, data alla documentata instaurazione, a carico della (...) del più volte citato procedimento penale per il reato di circonvenzione di incapace, visto che non è stato, comunque, acclarato in giudizio che questo medesimo procedimento abbia avuto un esito favorevole alla tesi attorea. Di qui l'assunto finale secondo cui, nel caso di specie, il promotore della controversia non abbia pienamente adempiuto all'onere ex art.2697 c.c. di dimostrare che - nel momento in cui ha reso le sue dichiarazioni di ultime volontà dinanzi al notaio (...) l'11.9.2012 e dinanzi al notaio (...) il (...) - il (...) in virtù di una infermità transitoria o permanente, ovvero di un'altra causa perturbatrice, fosse privo in modo assoluto della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, in quanto incapace di intendere e di volere: onere che - come si è già rimarcato inizialmente - era indiscutibilmente a carico dello stesso promotore della controversia (vedi le già segnalate Cass. civ., sez. II, 15.4.2010, n.9081; Cass. civ., sez. II, 23.12.2014, n.27351 e Cass. civ., sez. II, ordinanza n.3934 del 19.2.2018). Si impone, pertanto, il rigetto della domanda di annullamento dei due testamenti "de quibus", quale avanzata ex artt.428 e 591 c.c. dal (...) Per ciò che concerne, invece, le spese processuali, sono configurabili, nella fattispecie concreta in esame, i presupposti previsti dall'art.92 co.2 c.p.c. per disporne la compensazione nella misura della metà, limitatamente agli oneri di lite inerenti l'attività difensiva svolta. Depone, infatti, in tal senso l'obiettiva controvertibilità delle questioni fattuali esaminate, quale derivante dall'esistenza di elementi indiziari che, soprattutto prima dell'instaurazione del presente procedimento civile, potevano essere valutati, o, comunque, interpretati, in senso favorevole all'attore. (...) canto la prevalente giurisprudenza di legittimità e la più autorevole dottrina - soffermandosi sui " giusti motivi " in grado di legittimare la suddetta compensazione proprio ai sensi del comma 2 dell'art.92 c.p.c., nella sua formulazione antecedente all'entrata in vigore della legge n.69/'09 - hanno sostenuto che gli stessi "giusti motivi" non solo sfuggono a qualsiasi elencazione che non sia meramente esemplificativa (cfr. Cass. civ., 6.12.2003, n.18705; Cass. civ., 22.4.2000, n.5305), ma possono riguardare tanto il merito della controversia, come nel caso della controvertibilità, della novità, della particolarità o della complessità delle questioni trattate (cfr. Cass. civ., 1.12.2003, n.18352; Cass. civ., 23.5.2003, n.8210), quanto aspetti processuali o di condotta processuale (vedi Cass. civ., 5.4.2003, n.5373) o preprocessuale delle parti con riguardo alla necessità o meno della lite (vedi, in proposito, un'autorevole dottrina): elementi che, a parere del giudicante, possono essere, invero, ricondotti anche nell'ambito della diversa nozione delle " gravi ed eccezionali ragioni "riportata nell'art. 92 co. 2 c.p.c., quale modificato proprio a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 69/09 e, quindi, nella formulazione "ratione temporis" applicabile nella vicenda processuale che ci occupa. Quanto, poi, al compenso liquidato, con separato decreto, al C.T.U. dott. (...) ed alla residua metà degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva svolta, essi, in virtù del fondamentale principio dettato dall'art.91 c.p.c. e, segnatamente, della soccombenza del (...) vanno posti ad esclusivo carico del medesimo (...) Inoltre, il compenso spettante al difensore della convenuta, dichiaratosi pure antistatario, - tenuto conto dei criteri previsti dalla legge e, segnatamente, dal d.m. n.55/2014 e succ. mod. per le singole fasi del giudizio (di studio, introduttiva, di trattazione e/o istruttoria e decisoria, n.d.r.) ed in relazione ai procedimenti di cognizione di competenza del tribunale di valore indeterminabile, da farsi rientrare, nel caso di specie ed a norma dell'art.5 co.6 del d.m. n.55/2014 e succ. mod., nonché in ragione del grado di difficoltà della vertenza, nello scaglione da Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00 - va quantificato nei sensi di cui in dispositivo e deve essere distratto ex art.93 c.p.c.; il tutto avuto anche riguardo, ai sensi dell'art.4 co.1 dello stesso d.m. n.55/2014 e succ. mod., alla natura ed al livello di complessità delle prestazioni professionali poste in essere dal legale della (...) e che legittimano l'applicazione di parametri vicini a quelli medi di cui alla tabella allegata al medesimo d.m. n.55/2014 e succ. mod. Si consideri ancora, sempre a proposito degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva, che - per quanto concerne la questione di diritto intertemporale legata all'emanazione del d.m. 10.3.2014, n.55 e succ. mod. e contenente i nuovi parametri per la liquidazione dei compensi relativi alla professione forense che hanno sostituito quelli precedenti previsti dal d.m. n.140/2012, a loro volta sostitutivi delle pregresse tariffe - lo scrivente ritiene di dovere adottare il criterio del momento del completamento della prestazione difensiva eseguita. E', d'altra parte, appena il caso di rimarcare che - con riguardo all'art.41 del d.m. n.140/2012, ma con una statuizione estensibile alla situazione, per certi aspetti analoga, determinatasi per effetto dell'introduzione del d.m. n.55/2014 e succ. mod. - anche la giurisprudenza di legittimità ha autorevolmente sostenuto che, "per ragioni di ordine sistematico e dovendosi dare al citato art. 41 del decreto ministeriale un'interpretazione il più possibile coerente con i principi generali cui è ispirato l'ordinamento, la citata disposizione debba essere letta nel senso che i nuovi parametri siano da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che "- come è sicuramente avvenuto nel caso di specie in relazione sia al d.m. n. 140/2012 che al d.m. n.55/2014 e succ. mod. - "a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando erano ancora in vigore le tariffe professionali abrogate" (cfr. Cass. civ., SS.UU., 25.9.2012 - 12.10.2012, n.17406), ovvero il d.m. n.140/2012 ed il d.m. n.55/2014. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciandosi sulla domanda proposta dall'attore (...) nei confronti della convenuta (...) respinta ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede: 1) rigetta la suddetta domanda attorea; 2) condanna, per l'effetto, il citato (...) alla totale rifusione delle somme liquidate al C.T.U. dott. (...) con separato decreto, nonché - previa la compensazione della metà degli oneri di lite riferiti all'attività difensiva svolta nell'interesse della predetta (...) dal suo legale - al pagamento, in favore della medesima (...) della residua metà, che viene determinata in Euro 17,90 per esborsi ed in Euro 3.627,00 per compenso, oltre il rimborso forfettario pari al 15% dello stesso compenso e l'I.V.A. ed il C.A.P. come per legge, e che va attribuita ex art.93 c.p.c. al procuratore antistatario avv. (...) Così deciso in Salerno il 6 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SALERNO - PRIMA SEZIONE CIVILE - Il Tribunale Ordinario di Salerno - prima sezione civile - in persona del Gop in funzione di Giudice unico, Avv. Ornella Mannino, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta in primo grado al n. 2317/2020 R.G. TRA (...) e (...), rappresentati e difesi, giusta procura a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in (...) alla (...) - attori - opponenti - CONTRO (...) - in persona del suo amministratore e legale rappresentante pro tempore Dott. (...) -, rappresentato e difeso, giusta procura agli atti, dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in (...) al (...) - convenuto - opposto - Avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo n. 3787/19, reso dal Tribunale di Salerno in data (...). RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Si premette che la presente motivazione viene redatta in forma sintetica, in conformità alla riforma degli artt. 132 cod. proc. civ./118 Disp. attuaz. cod. proc. civ. di cui alla L. n. 69 del 2009, direttamente applicabile alla fattispecie. Con atto di citazione notificato in data (...), i Sigg.ri (...) e (...) proponevano opposizione contro il decreto ingiuntivo n. 3787/19, reso dal Tribunale di Salerno in data (...) con il quale era loro ingiunto, nella qualità di comproprietari di un'unità immobiliare ubicata all'interno del fabbricato del (...) di (...) il pagamento della somma di Euro 8.018,68, oltre interessi legali, per quota spese di manutenzione straordinaria, oltre spese professionali, accessori di legge e spese di precetto. Deducevano preliminarmente gli opponenti, per quanto concerne la Sig.ra (...), la notifica del decreto ingiuntivo oltre i termini perentori di cui all'art. 644 cod. proc. civ. e, quanto al Sig. (...), l'avvenuta notifica a mezzo pec del solo ricorso e dell'atto di precetto, con esclusione del decreto ingiuntivo. Nel merito, eccepivano l'infondatezza della pretesa formulata dall'opposto (...) assumendo di essere a loro volta creditori nei confronti di quest'ultimo a causa dell'esecuzione di lavori di straordinaria manutenzione e risanamento conservativo, consistente nel rifacimento del tetto, eseguiti a propria cura e spese, siccome indifferibili, ed ammontanti ad Euro 12.000,00, nonché dei danni subiti in conseguenza delle infiltrazioni subite dal loro appartamento, quantificati in Euro 1.400,00. Instavano conseguentemente preliminarmente per la declaratoria di inefficacia de decreto ingiuntivo opposto per inosservanza dei termini perentori di cui all'art. 644 cod. proc. civ., quanto a (...), e per omessa notifica relativamente a (...). Nel merito chiedevano revocare il decreto ingiuntivo, nonché, in accoglimento della spiegata domanda riconvenzionale, condannare l'opposto (...) al pagamento della somma di Euro 13.400,00, di cui Euro 1.400,00 a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni idriche verificatesi all'interno dell'immobile di loro proprietà ed Euro 12.000,00, detratta la quota di propria competenza, a titolo di rimborso dei lavori di straordinaria manutenzione eseguiti. Rigettata la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione, concesso termine per l'instaurazione del procedimento obbligatorio di mediazione, sull'eccezione di improcedibilità formulata dagli opponenti, la causa era rinviata per la precisazione delle conclusioni e, all'udienza del (...), trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 cod. proc. civ. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Deve preliminarmente rigettarsi l'eccezione di inefficacia del decreto ingiuntivo opposto per inosservanza dei termini perentori di cui all'art. 644 cod. proc. civ., quanto a (...), e per omessa notifica relativamente a (...). Quanto a quest'ultimo aspetto, deve rilevarsi che, dalla documentazione depositata telematicamente dal (...) opposto, emerge l'avvenuta notifica, unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo ed all'atto di precetto, anche del decreto ingiuntivo per cui è causa. Relativamente poi alla dedotta inefficacia del decreto ingiuntivo opposto per inosservanza dei termini perentori di cui all'art. 644 cod. proc. civ., deve preliminarmente rilevarsi che, in virtù del principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante ed il destinatario, così come disposto dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte Costituzionale, il momento in cui sul piano processuale la notifica deve considerarsi perfezionata nei confronti del notificante decorre dalla consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario, con l'ulteriore corollario che, ove tempestiva, quella consegna evita alla parte la decadenza correlata all'inosservanza del termine perentorio entro il quale la notifica deve essere effettuata (cfr., Cass. Civ., Sez. Lavoro, (...), n. 25716; Cass. Civ., Sez. Unite, n. 10216 del 2006). Ne consegue, nella fattispecie, la tempestività della notifica de decreto ingiuntivo da parte dell'opposto avendo quest'ultimo consegnato l'atto all'ufficiale giudiziario entro il termine di sessanta giorni dalla sua emissione. Rigettate le eccezioni che precedono, in via pregiudiziale, deve invece essere accolta l'eccezione formulata da parte opponente, pur trattandosi, in ogni caso, di eccezione rilevabile d'ufficio, concernente l'improcedibilità della domanda proposta da parte opposta a causa della mancata presentazione della domanda di mediazione presso un organismo competente. Con ordinanza emessa in data (...), a scioglimento della riserva assunta in data (...), il Giudice Istruttore ha disposto la mediazione delegata ex officio iudicis prevista dall'art. 5, comma secondo, del D.Lgs. n. 28 del 2010, assegnando alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione, a pena di improcedibilità della domanda. Peraltro, parte opposta ha presentato la domanda di mediazione presso un organismo incompetente e, segnatamente, presso l'Organismo di Mediazione " (...) " di (...) (cfr. verbale negativo depositato telematicamente dal (...) opposto). In proposito, in base all'art. 4, comma primo, del D.Lgs. n. 28 del 2020, la domanda di mediazione deve essere proposta con istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Secondo condivisibile e maggioritario orientamento giurisprudenziale, la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non ha competenza territoriale non produce alcun effetto (cfr. in tal senso Tribunale di Foggia, (...), n. 1831, Tribunale di Torino, (...) ). Tale competenza territoriale, infatti, è derogabile solo su accordo delle parti, che possono rivolgersi, con domanda congiunta, ad altro organismo (cfr. Cass. Civ. n. 17480/2015). Nel caso di specie, in mancanza di espresso accordo fra le parti, la domanda di mediazione avrebbe dovuto essere presentata mediante deposito di un'istanza presso un organismo in (...), come luogo del giudice territorialmente competente per la presente controversia. La domanda di parte attrice deve essere dichiarata conseguentemente improcedibile. Il che comporta la revoca del decreto ingiuntivo impugnato. Parimenti improcedibile deve essere dichiarata la domanda riconvenzionale formulata dall'opponente non avendo lo stesso provveduto alla mediazione in relazione a detta domanda trattandosi di controversia di natura condominiale in relazione alla quale è previsto l'obbligo di esperimento del tentativo di mediazione. Le ulteriori domande, eccezioni e questioni proposte dalle parti devono ritenersi assorbite, in ossequio al c.d. criterio della ragione più liquida, in forza del quale la pronuncia viene emessa sulla base di un'unica ragione assorbente, che da sola è idonea a regolare la lite (cfr.; Cass. Civ., Sez. Unite, (...), n. 26243; Cass. Civ., Sez. Seconda, (...), n. 16630; Cass. Civ., Sez. Terza, (...), n. 11356). La soccombenza reciproca induce, ai sensi dell'art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., all'integrale compensazione fra le parti delle spese di giudizio. P.Q.M. il Tribunale di Salerno - prima sezione civile - in persona del Gop in funzione di Giudice unico Avv. Ornella Mannino, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta in primo grado al n. 2317/2020 R.G., uditi i procuratori delle parti, ogni altra istanza, difesa, eccezione e deduzione assorbita o disattesa, così provvede: 1) DICHIARA l'improcedibilità della domanda introdotta dal (...) di (...) - in persona del suo amministratore e legale rappresentante pro tempore Dott. (...) - e, per l'effetto, REVOCA il decreto ingiuntivo n. 3787/19, reso dal Tribunale di Salerno in data (...) ; 2) DICHIARA l'improcedibilità della domanda riconvenzionale formulata dagli opponenti; 3) COMPENSA integralmente fra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Salerno il 16 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Onorario avv. (...) in funzione di giudice monocratico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 8870/2018 del ruolo generale dei procedimenti civili avente a oggetto impugnativa delibera condominiale del 18.06.2018 TRA (...) rappresentato e difeso, come da procura in atti dall'avv. (...) con il quale elettivamente domicilia in (...) alla Via R. (...) n.33 ATTORE E (...) in persona dell'amministratore sig. (...) rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall'avv. (...) con il quale elettivamente domicilia in (...) alla (...) n.1/a CONVENUTO MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato a mezzo PEC l'08/10/2018 la sig.ra (...) conveniva innanzi al Tribunale di (...) il "(...) ex (...)" sito in (...) alla Via C. A. Alemagna n. 2, deducendo che: a) con delibera del 03 maggio 2011, l'assemblea del (...) convenuto aveva deliberato lavori di manutenzione del fabbricato (ripristino delle facciate e risanamento conservativo delle coperture dell'edificio) e, pertanto, era stato stipulato un contratto d'appalto con l'impresa edile (...) con sede (...)importo complessivo lavori preventivato in Euro. 426.758,17 (oltre I.V.A.); b) con successiva delibera, adottata in data 28 luglio 2012, l'assemblea condominiale approvava alcune varianti ai lavori (...), inerenti il maggior quantitativo d'intonaco da risanare (spicconatura totale), nonché il rifacimento integrale del tetto, come da analitico computo metrico, redatto dalla (...) c) in data 18 giugno 2018, in seconda convocazione, in merito al predetto punto 6 dell'ordine del giorno, l'assemblea del condominio convenuto così deliberava: "(...) votano contro 17 condomini per un totale di 3386 millesimi (...) votano a favore 19 condomini per un totale di 4097 millesimi. (...) approva con quantità di millesimi e numero di condomini sopra indicati". La sig.ra (...) impugnava ex art. 1137 cc il suddetto deliberato assembleare, sul presupposto dei seguenti presunti profili d'illegittimità: a) violazione del quorum deliberativo; b) omessa indicazione dei nominativi dei condomini favorevoli e contrari all'approvazione; c) incompletezza dell'odg, per asserita omessa previsione della ratifica delle opere non deliberate dall'assemblea. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva il (...) impugnando estensivamente ogni avversa pretesa, ed eccependo l'inammissibilità e l'improcedibilità, oltre che l'infondatezza di merito sia in fatto sia in diritto, della domanda processuale attorea. Nel prosieguo del giudizio, delibata e rigettata da parte del Giudice l'istanza cautelare di sospensione dell'esecutività della delibera, come da ordinanza del 27/12/2021 (per difetto dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora), era poi disposto ed espletato il richiesto scambio delle memorie istruttorie ex art. 183 co. 6 cpc. Con la seconda memoria ex art. 183 co. 6 cpc, il deducente (...) versava in atti, onde provare la strumentalità della presente impugnazione del deliberato, copia del (...) n. 2301/2019, reso dal Tribunale di (...) contro la condomina sig.ra (...) per mancato pagamento della quota di spettanza dei lavori. Indi - ritenuta sufficiente la svolta istruttoria documentale -all'udienza del giorno 20/01/2023 le parti costituite rassegnavano le rispettive definitive conclusioni, mentre con successiva ordinanza del 25/04/2023, la causa veniva rinviata per la discussione orale ex art. 281 sexies cpc alla presente udienza, con termine sino a 10 gg. prima per il deposito di note conclusive.- All'esito di alcuni rinvii d'ufficio e precisate le conclusioni, la causa era trattenuta in decisione con rinuncia ai termini ex art.190 cpc all'udienza del 9.02.2024 Le censure mosse alla impugnata delibera condominiale del 18.06.2018 vanno disattese e la domanda va pertanto rigettata.- La giurisprudenza costante di legittimità ritiene che, affinché una riparazione straordinaria possa essere considerata di notevole entità, ai sensi dell'articolo 1136 quarto comma c.c., con necessità quindi di approvazione con maggioranza qualificata (superiore ai 500mm.), occorra fare riferimento non solo (...) al mero ammontare della spesa, ma anche al suo rapporto col valore dell'edificio ed alla ricaduta economica sui singoli condomini (Cass., n. 26168 del 14.12.2009). Tanto sul condivisibile presupposto che i cennati criteri della proporzionalità fra il costo delle opere, il valore dell'edificio e la ripartizione di quel costo fra i condomini, configurino oggettivamente un ulteriore e necessario criterio di giudizio (Cass., n. 810/1999). Applicando questi convincenti principi di diritto al caso di specie, risulta che: a) il (...) è composto di ben 60 unità immobiliari, suddivise in 4 scale; b) il compendio immobiliare è ubicato in zona centralissima di (...) ed ha un intrinseco ed elevato pregio architettonico (esempio di razionalismo edilizio del ventennio); c) il valore a mq degli appartamenti è sicuramente non inferiore ai 3.500,00 Euro., per cui un appartamento di media estensione (100 mq) ha valore venale attuale di almeno 350.000,00 Euro.; d) la quota media di costo lavori (risanamento ed tinteggiatura facciate; riparazione tetto copertura) per unità immobiliare si aggira sui 20.000,00 Euro., dunque con un'infima incidenza (pari al solo 7%).In definitiva, tenuto conto della tipologia dei lavori (mera manutenzione conservativa) e dell'incidenza minima dei costi per unità immobiliare (solo il 7% del valore immobile), davvero non può sostenersi che - nella fattispecie - possa ravvisarsi la necessità dell'applicazione delle maggioranze qualificate, strumentalmente invocata dalla condomina (...) Inoltre, nel caso che occupa neanche il costo definitivo delle opere edili portate a consuntivo, che sia risultato essere più alto rispetto a quello preventivato, potrebbe rappresentare un motivo sufficiente, per ritenere necessaria una nuova delibera di approvazione degli ulteriori lavori rendicontati, con la maggioranza di cui all'art. 1136 quarto comma c.c., in quanto il necessariamente preventivo non può tener conto di eventuali "sorprese esecutive" (Cass. Civ. ord. n. 12479/2015). In ordine al secondo motivo di impugnazione va evidenziato che l'attrice era presente a mezzo del suo delegato (...) e le sue doglianze devono essere disattese.- Pertanto la sig.ra (...) tramite il suo delegato (...) ha potuto direttamente verificare, nell'immediatezza, quali condomini ebbero a votare a favore e quali contro la delibera contestata (mentre le rispettive carature millesimali sono puntualmente indicate nel prospetto iniziale del verbale), anche manifestando il proprio dissenso ed opposizione, per ipotetici conflitti d'interesse.- Infatti le tutele formali impropriamente invocate, sono finalizzate esclusivamente a far conoscere agli assenti questi elementi, onde poter fare loro verificare la validità della delibera assembleare in relazione all'effettivo raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla legge (per tali argomenti cfr.: Cass. civ. n. 10329/1998 e n. 810/1999).- Infatti tali dati, anche se non espressi esplicitamente al momento della votazione, non rendono invalida la delibera, laddove - come nel nostro caso - all'inizio della verbalizzazione è riportato l'elenco di tutti i condomini presenti ed i loro millesimi. Tanto proprio perché il controllo del raggiungimento del doppio quorum può essere fatto nella prima parte del verbale, ossia quello della costituzione, dove sono riportati tutti i nominativi dei condomini presenti ed i loro millesimi (cfr. Cass. Civ. Sez. II sent. n. 21298 del 10.10.2007). Conforme a tali principi di diritto è anche la giurisprudenza di merito: "La mancata indicazione nominativa dei condomini favorevoli e di quelli sfavorevoli (con le quote millesimali rispettivamente rappresentate) e l'omessa verbalizzazione del quorum raggiunto, non pregiudicano la validità della delibera assembleare assunta, laddove, da un'analisi complessiva della stessa e dei suoi allegati (di cui, uno, recante l'elenco dei presenti e degli assenti con l'indicazione dei millesimi di pertinenza e, l'altro, l'elenco delle deleghe), sia comunque possibile desumere il raggiungimento della maggioranza richiesta".- Nel verbale assembleare, rettamente si dichiara che: "l'assemblea approva con quantità di millesimi e numero di condomini prima indicati" (ossia gli stessi degli altri punti all'odg, essendovi due ben definiti schieramenti di condomini). Infine, la condomina attrice eccepisce l'invalidità della delibera impugnata (giugno 2018) per genericità e incompletezza dell'ordine del giorno".- Invero il punto 6 dell'(...) prevedeva il seguente argomento: "(...) straordinari di ristrutturazione - (...) dei lavori - Stato finale - Approvazione". In sintesi, secondo la prospettazione della parte attrice l'ODG avrebbe dovuto indicare analiticamente e separatamente che, con l'approvazione del rendiconto finale, sarebbero state ratificati anche i lavori aggiuntivi (...). Va evidenziato che - a mente dell'art. 66 disp. att. cc - l'avviso di convocazione deve certamente contenere la specifica indicazione dell'o.d.g., ma non è assolutamente necessario che l'o.d.g. stesso contenga un'indicazione minuziosa dell'argomento da discutere, nonché delle implicazioni giuridiche della discussione, essendo bastevole invece che specifichi gli argomenti da trattare, in modo che siano comprensibili nei loro termini essenziali, il che certamente è avvenuto nel caso in disamina. Infatti la Suprema Corte, ha avuto modo di sancire il seguente principio di diritto: "Ai fini della validità della delibera adottata da un'assemblea condominiale, è sufficiente che nell'avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nei termini essenziali per essere comprensibili." (Cass. civ. Sez. VI - 2, 14/01/2016, n. 539). Infatti è evidenziato che nel luglio 2012 l'(...) condominiale, esplicitamente discusse e prese atto della necessitata variante (lavori rifacimento tetto di copertura), nonché dei maggiori costi, a fronte appunto della riscontrata necessità ineludibile di lavori urgenti di risanamento del tetto di copertura del grosso stabile (composto da ben quattro distinti corpi di fabbrica). Da questo consegue che la delibera del giugno 2018, era solo un mero adempimento contabile, necessitato per agevolare il recupero del credito - direttamente da parte dell'appaltatore - nei confronti dei condomini morosi- Nella specie l'attrice, a mezzo del suo delegato, nel corso dell'assemblea del giugno 2018 non ha sollevato alcuna questione sul punto, ossia asserita irregolarità dell'odg, ma al contrario ha dimostrato di ben conoscere quanto era in discussione, svolgendo anche contestazioni in merito ai SAL (non accolte dall'assemblea), sicchè ora ogni ulteriore doglianza è da ritenersi inammisibile.- Per tutte le ragioni esposte dunque la domanda attorea deve essere rigettata.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo PQM Il Tribunale di Salerno in composizione monocratica nella persona del giudice dott.ssa (...) in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando sulle domande proposte, con atto di citazione da (...) nei confronti del (...) in persona dell'amministratore pro tempore, respinta ogni altra istanza deduzione ed eccezione, così provvede: 1) rigetta la domanda promossa dalla condomina (...) 2) (...) la stessa attrice al pagamento di spese ed onorario del presente giudizio, che liquida in complessive Euro 3808,00 oltre iva, cpa e rimborso spese generali come per legge, con attribuzione all'Avv. (...) , per dichiarazione di averne fatto anticipo.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SALERNO Sezione Lavoro Il Giudice Unico dott. (...) in funzione di Giudice del lavoro all'esito dello scambio di note scritte disposto con ordinanza del 10.07.2023, ai sensi dell'art. art. 127 ter c.p.c., in sostituzione dell'udienza del 9.1.2024, ha pronunziato e pubblicato mediante deposito telematico la seguente SENTENZA nel giudizio iscritto al n. 7992 del ruolo generale del lavoro dell'anno 2022 vertente TRA (...) nata a (...) (...) il (...) (C.F.: (...)), rappresentata e difesa, giusto mandato in calce al ricorso introduttivo, dall'avv. (...) e dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo difensore in (...) (...), alla piazza (...) di via (...) nonché presso il domicilio digitale degli stessi (...) (...); (...) Ricorrente E COMUNITA' (...) (p. iva (...)), in persona del l.r.p.t. con sede in (...) (...), rappresentata e difesa - in virtù di deliberazione della (...) n. 42 del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 22.05.2023 e di procura ad litem in calce alla memoria difensiva - dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, nonché presso il domicilio digitale dello stesso (...) (...) Resistente NONCHE' (...) in persona del presidente della (...) p.t., Contumace OGGETTO: retribuzione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Con ricorso depositato in data (...), (...) adiva il Tribunale di Salerno - (...) proponendo azione nei confronti della (...) in persona del l.r.p.t., al fine di ottenere la condanna dell'Ente al pagamento della somma di Euro 3.000,00 a titolo di retribuzione per le mensilità di novembre e dicembre 2014. Segnatamente la ricorrente esponeva che: - era dipendente a tempo indeterminato della (...) quale operaio forestale, con mansioni di C.O. Spec. Super e qualifica professionale di IV livello; - a fronte della prestazione resa, non aveva percepito alcun compenso per i mesi di novembre e dicembre 2014; - invero la (...) aveva posto in (...) la ricorrente per il periodo anzidetto senza prima inoltrare la relativa domanda alla commissione (...) Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 presso l'(...) di (...) sede di (...) e quindi senza prima accertarsi che la cassa integrazione venisse autorizzata dall'Ente erogatore; - ed in effetti, l'autorizzazione dell'(...) non era mai arrivata. Assumeva che tale misura di sospensione coatta del rapporto di lavoro veniva operata tramite comunicazione verbale e che tale comportamento integrava illecito contrattuale ai sensi degli artt. 1218 e 2103 c.c., come tale suscettibile di essere sanzionato. Nel caso di specie, vi era stata una sospensione per la quale era stato richiesto ma non ottenuto l'intervento della cassa integrazione, pertanto, la ricorrente aveva certamente diritto ad ottenere il risarcimento danni commisurati alle retribuzioni perdute. In ragione di ciò, la ricorrente adiva il giudice del lavoro del Tribunale di (...) al fine di sentir accogliere le seguenti conclusioni: "respinta ogni contraria istanza, in accoglimento del presente ricorso, accertata l'illegittimità della sospensione dell'attività lavorativa per le mensilità di novembre e dicembre del 2014 in quanto non seguita da intervento della (...) voglia condannare la convenuta (...) al risarcimento del danno patito dal lavoratore da commisurarsi al trattamento retributivo del ricorrente così come indicato nella parte motiva del presente atto, da quantificarsi in euro 3.000,00, o nella somma, maggiore o minore, meglio vista, determinata anche, in caso di necessità, per il tramite consulenza tecnica di ufficio che, fin da ora, si richiede. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio, da distrarsi". 2. Ritualmente instaurato il contraddittorio, in data (...), con memoria depositata telematicamente, si costituiva l'ente resistente il quale, in via preliminare, eccepiva la nullità del ricorso in quanto privo dell'esatta determinazione dell'oggetto della domanda o dell'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto posti alla base della domanda ed in particolare dei conteggi analitici dai quali si potesse desumere l'esatta sorta capitale. Nel merito specificava che la ricorrente non aveva lavorato nel periodo che va dal 12.11.2014 Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 al 31.12.2014 e che legittimato passivo del giudizio era la (...) quale Ente delegante (non avendo la (...) alcuna autonomia finanziaria o risorse proprie) nonché garante per crediti nei quali rientra l'ipotesi di mancata ammissione alla (...) essendo tra l'altro la (...) responsabile anche di aver richiesto alla (...) di avviare le procedure per l'integrazione salariale agricola. Alla luce di quanto esposto in fatto ed in diritto, la parte concludeva chiedendo, in via preliminare, di essere autorizzata alla chiamata in causa della (...) ed in caso di accoglimento della domanda attorea, chiedeva la condanna della (...) stessa al pagamento di quanto dovuto per la causale di cui al ricorso; in subordine, che la (...) fosse tenuta a manlevare la (...) da eventuali esborsi di a titolo di spettanze richieste dalla ricorrente, in ogni caso con riduzione della pretesa del 20% e comunque in base ai parametri della (...) Spese vinte. 3. Con ordinanza del 10.7.2023, preso atto della richiesta di parte convenuta, il giudice autorizzava la chiamata in causa della (...) che, tuttavia, benché ritualmente evocata in giudizio, restava contumace. Con la medesima ordinanza, la causa veniva rinviata per la discussione all'udienza del 9.1.2024. (...) di discussione, tuttavia, veniva sostituita, ai sensi dell'art. 127 ter c.p.c., dallo scambio delle note scritte. Le parti provvedevano, dunque, a depositare le note sostitutive di udienza, riportandosi alle conclusioni formulate nei propri atti costitutivi ed in particolare, parte attrice deduceva la completezza dell'atto introduttivo e la corretta quantificazione delle somme richieste a titolo di risarcimento tenendo conto delle giornate in cui la ricorrente non aveva lavorato; riteneva poi non coerente con le richieste economiche formulate la chiamata in causa della (...) trattandosi di obbligazioni direttamente imputabili al datore di lavoro. Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 All'esito della trattazione scritta, quindi, la causa veniva decisa con la presente sentenza con motivazione contestuale, pubblicata mediante deposito telematico e comunicata alle parti a cura della (...) MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il ricorso proposto da (...) è fondato e va pertanto accolto, nei limiti dell'importo economico di seguito specificato; merita altresì accoglimento la domanda di garanzia proposta dalla convenuta (...) nei confronti della (...) Come emerso dagli atti, la sig.ra (...) agisce nei confronti della (...) per il pagamento delle spettanze retributive non percepite per il periodo di sospensione dell'attività lavorativa, stante la mancata approvazione dell'intervento della (...) Incontestato è che l'odierna attrice sia stata sospesa dal lavoro per il periodo dal 13 novembre al 31 dicembre 2014, atteso che la stessa (...) riferisce della indisponibilità delle risorse finanziare occorrenti per la copertura della relativa spesa, in mancanza di utili trasferimenti provenienti dalla (...) In punto di diritto, occorre richiamare l'orientamento espresso dalla Corte regolatrice secondo cui i lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni a seguito di illegittima sospensione del rapporto da parte del datore di lavoro hanno diritto, in caso di mancato accoglimento della richiesta della c.i.g., ad ottenere dal datore di lavoro la retribuzione piena, e non già il minore importo delle integrazioni salariali (cfr. Cass. 15207 del 2010; n. 25240 del 2014; (...) L., Ordinanza n. 10516 del 03/05/2018). Da quanto esposto consegue la persistenza dell'obbligo retributivo in capo al datore di lavoro in caso di sospensione dell'attività lavorativa non seguita da intervento della c.i.g., ossia proprio ciò che si è verificato nel caso di specie in relazione alle dedotte mensilità. Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 In relazione al quantum debeatur, occorre rilevare che, secondo le regole generali in materia di risarcimento del danno, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno nella misura equivalente alle retribuzioni perdute. Questa dovrà ricomprendere, nella sua base di calcolo, non solo la retribuzione globale, ma anche le ulteriori voci componenti il trattamento retributivo del ricorrente corrisposte in maniera continuativa e non occasionale correlate al contenuto e alle modalità della prestazione alla data della illegittima sospensione, con esclusione, quindi, dei soli emolumenti eventuali, occasionali od eccezionali, in quanto altrimenti verrebbero ad essere addossate al lavoratore le conseguenze negative di un illecito altrui (Cass., 16 settembre 2009, n. 19956; Cass., 24 agosto 2006, n. 18441; in tal senso, v. anche Cass., 16 luglio 2002, n. 10307). Nella vicenda che ci occupa, parte attrice ha depositato le buste paga dei mesi compresi tra gennaio e dicembre 2014 nelle quali è indicata la paga base globale che risulta pari ad Euro 1.432,85 lordi, esclusa ogni voce correlata a specifiche prestazioni lavorative, ma sulla base di tali importi ha erroneamente quantificato il dovuto a titolo di risarcimento del danno in Euro 3.000,00. Pertanto, riformulando il conteggio degli importi dovuti in quanto non parametrato alla retribuzione base indicata, la somma corretta da erogare alla ricorrente corrisponde agli importi delle paghe base dei mesi di novembre - limitatamente al periodo compreso tra il (...) ed il (...) - e di dicembre (cioè pari ad Euro 661,31 per il mese di novembre ed Euro 1.432,85 per il mese di dicembre), per un totale lordo di Euro 2.094,16. Lo scrivente ritiene, più specificamente, di condividere - richiamandole, in proposito, ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c. - le motivazioni espresse in molteplici fattispecie analoghe da numerosi precedenti di questo tribunale (v. tra le ultime (...) di (...) sentenza del 16.6.2021 - RG 3032/20), le cui argomentazioni appaiono conferenti e persuasive. Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 Deve ritenersi, pertanto, che: "non rileva, al fine di giustificare la sospensione dell'attività lavorativa a prescindere dall'ammissione alla (...) il richiamo all'art. 46 del CCNL idraulico forestali. Il predetto articolo, infatti, si limita a definire le due tipologie contrattuali mediante le quali procedere all'assunzione degli operai così descrivendole: "gli operai addetti alle attività di cui all'art. 1 del presente contratto sono classificati in (...) a tempo determinato ed (...) a tempo indeterminato. Sono operai a tempo determinato quei lavoratori che sono assunti con contratto a termine per i lavori di carattere stagionale o per l'esecuzione di un'opera definita e predeterminata nel tempo, o per sostituire lavoratori assenti per i quali sussiste il diritto alla conservazione del posto. Sono operai a tempo indeterminato: a) quei lavoratori assunti senza prefissione di termine; b) quei lavoratori che, essendo inquadrati ai fini assicurati e previdenziali nel settore agricolo ed avendo svolto nei 12 mesi precedenti almeno 180 giornate di lavoro effettivo presso lo stesso datore di lavoro, vengono assunti senza prefissione di termine con garanzia di una durata minima del rapporto pari a 181 giornate lavorative". La norma, dunque, si limita a descrivere le due tipologie di assunzioni dei dipendenti a tempo indeterminato prevedendo, al capo b), la stabilizzazione degli operai che abbiano svolto l'anno precedente una determinata quantità di giornate di lavoro e, contrariamente a quanto asserito dall'opponente, non consente affatto al datore di lavoro di sospendere arbitrariamente il lavoratore a tempo indeterminato allorché abbia svolto 181 giornate di lavoro. Quello delle 181 giornate annue, infatti, rappresenta il limite minimo di servizio per un lavoratore a tempo indeterminato, fermo restando che la sospensione dal servizio per il periodo ulteriore deve comunque essere supportato da un provvedimento di ammissione alla (...) integrazione, pena, in assenza di tale ammissione, il risarcimento del danno in favore del lavoratore per illegittima sospensione". Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 Alla luce dei rilievi che precedono, la domanda deve ritenersi fondata e va, pertanto, accolta. 2. Anche quanto alla domanda di rivalsa oggi spiegata dalla (...) nei confronti della (...) lo scrivente intende far richiamo, ai sensi dell'art. 181 disp. att. c.p.c., al pienamente persuasivo ordito motivazionale dei richiamati precedenti specifici di questa (...) Giova, preliminarmente, richiamare la comunicazione n. 156776 del 4.3.2013, con la quale la (...) invitava le (...) ad attivare le procedure di integrazione salariale per i lavoratori idraulico forestali con almeno 181 giornate lavorative. A ben vedere, è indubbio che la (...) sia totalmente estranea al rapporto di lavoro che si instaura unicamente tra la (...) e il singolo operaio e che l'attività di (...) e (...) montana ex L.R. (...) n. 11 del 1996 è svolta dalle (...) su delega della (...) con oneri finanziari totalmente a carico di quest'ultima senza che gli (...) comunitari delegati siano nelle condizioni di potervi sopperire diversamente dal punto di vista finanziario, trattandosi di (...) privi di autonomia finanziaria ed impositiva e privi di entrate proprie. La L.R. 11/96 stabilisce, all'art. 5 comma 7, che gli (...) delegati predispongono e adottano specifici (...) forestali, pluriennali e annuali, attuativi del (...) vigente, e al comma 9, che i (...) forestali adottati dagli (...) delegati sono trasmessi alla (...) regionale che li approva, previa istruttoria del competente (...) per il (...) ed espressione del parere del (...) per la pianificazione finanziaria e la programmazione degli interventi. Stabilisce all'art. 6, comma 1, che la (...) regionale provvede annualmente alla ripartizione ed all'accredito delle risorse destinate all'attuazione degli interventi di competenza previsti dall'art. 2 comma 1, come ivi indicati; al comma 2, che gli (...) delegati iscrivono le risorse accreditate su capitoli del Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 proprio bilancio e le utilizzano sulla base di singole perizie adottate con appositi atti; all'art. 30, comma 1 che "gli interventi previsti", articolati in perizie di lavori inseriti nel (...) di forestazione approvato, "vengono di norma realizzati mediante l'impiego del personale idraulico-forestale già in attività presso gli (...) delegati.... (...)"; all'art. 30, comma 4, si stabilisce che la (...) si impegna a garantire annualmente il finanziamento delle attività di forestazione e bonifica montana previste dalla stessa legge. (...)à del fondo destinato all'attuazione degli interventi previsti dalla L.R. 11/96 è stabilita dallo stanziamento appostato in sede di approvazione del (...) regionale dell'esercizio finanziario di riferimento e su tale disponibilità la (...) provvede alla ripartizione tra gli (...) del finanziamento per l'erogazione delle risorse assegnate. La L.R. 24 luglio 2006 n. 14, di modifica ed integrazione alla L.R. 11/96, ha inserito l'art. 6- ter, che ha così determinato i criteri della ripartizione delle risorse fra gli (...) delegati: la stessa è effettuata in ragione della forza lavoro legittimamente presente alla data del 31 dicembre dell'anno precedente all'esercizio finanziario di riferimento ed avviata al lavoro (comma 1); ai fini del perseguimento dell'obiettivo di una distribuzione uniforme della forza lavoro sul territorio (comma 2) per le (...) è mantenuto l'attuale rapporto medio, pari a 1, tra giornate lavorative effettuate complessivamente dalla forza lavoro e la complessiva superficie territoriale in ettari (lett. a); agli (...) per i quali il rapporto di cui alla lett. a) è uguale è o superiore al valore indicato non è consentito il turn over della manodopera eventualmente cessata dal rapporto di lavoro, né l'incremento delle giornate per la mano d'opera a tempo determinato (lett. c). Ciò posto, la (...) ha rappresentato la necessità di sospendere l'attività lavorativa dei propri dipendenti proprio a causa della mancata erogazione dei finanziamenti da parte della (...) Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 Non può infine trascurarsi che la (...) della (...) n. 1/2016 prevede espressamente una garanzia a carico della (...) per l'ipotesi di mancata ammissione alla (...) Ed invero, l'art. 6, comma 1 della legge citata stabilisce che "per assicurare il riequilibrio finanziario e concorrere al raggiungimento degli obiettivi regionali in materia di bonifica montana e difesa del suolo, alle (...) ((...) sono riconosciuti, nei limiti degli stanziamenti regionali, i maggiori oneri derivanti dall'attuazione delle opere, non completamente finanziate per il periodo 2010-2014 e dal mancato riconoscimento della cassa integrazione salariale operai agricoli ((...)". Per i maggiori oneri scaturenti dal mancato riconoscimento della cassa integrazione salariale operai agricoli ((...) è quindi prevista una garanzia ex lege a carico della (...) la quale è tenuta a sopperirvi attraverso il trasferimento di risorse aggiuntive alle (...) Pertanto, riconosciuto il diritto di parte attrice al pagamento di un importo pari alle retribuzioni che avrebbe percepito per il periodo di sospensione del rapporto di lavoro a causa della mancata ammissione alla (...) correlativamente, e per il corrispondente importo, la (...) è obbligata ex art. 6, comma 1 l.r. n. 1/2006 ad erogare alla (...) le risorse all'uopo necessarie per la relativa copertura finanziaria. 3. In ragione dell'accoglimento della domanda, le spese di lite, in applicazione del principio della soccombenza, vanno poste a carico di parte convenuta, nella misura determinata in dispositivo ai sensi del D.M. n. 147/2022, attenendosi, in ragione della semplicità delle questioni giuridiche e fattuali trattate, ai valori minimi del parametro di riferimento, nonché con una riduzione del 30%, ex art. 4, comma 4, del succitato D.M. in considerazione della afferenza della causa ad un gruppo di controversie a carattere seriale; inoltre nell'ambito del rapporto accessorio di manlveva va resa condanna alla Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 refusione delle medesime spese di giudizio a carico della (...) ed a favore della (...) convenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Salerno in funzione di Giudice del Lavoro definitivamente pronunziando nel giudizio iscritto al n. 7992 del ruolo generale dell'anno 2022, promosso da (...) nei confronti della (...) in persona del legale rappresentante p.t., così provvede: 1. dichiara la contumacia della (...) 2. accoglie il ricorso e per l'effetto condanna la (...) in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento in favore di (...) della complessiva somma lorda di Euro 2.094,16, corrispondente alla retribuzione dovuta per il periodo dal 13 novembre al 31 dicembre 2014, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data di maturazione delle spettanze al soddisfo; 3. accoglie, altresì, la domanda di rivalsa spiegata dalla (...) nei confronti della (...) e, per l'effetto, condanna la (...) come sopra rappresentata, a tenere indenne la (...) dal pagamento delle somme versate alla ricorrente in base alla statuizione che precede, come sopra quantificate; 4. condanna la (...) in pers. del l.r. p.t., al pagamento delle spese di giudizio che liquida in complessivi Euro 620,20, oltre maggiorazione spese generali nella misura del 15%, nonché Iva e c.p.a. come per legge, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario; 5. condanna, inoltre, la (...) in pers. del l.r. p.t., al rimborso in favore della (...) in pers. del l.r.p.t., delle spese processuali, liquidate in Sentenza a verbale (art. 127 ter cpc) del 31/01/2024 Euro 620,20, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, oltre Iva e c.p.a. come per legge; (...) 9.1.2024.
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