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Repubblica italiana IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere - Sezione Specializzata Agraria - riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg.: 1) Dott. Giovanni D'Onofrio Presidente est. 2) Dott. Diego Dinardo Giudice 3) Dott. Renata Russo Giudice 4) Dott. Bruno Pirozzi Esperto 5) Dott. Donato Stanca Esperto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 2158/24 R.G. Aff. Cont. avente ad oggetto: risoluzione contratto di affitto, passata in decisione all'udienza del 27-06-2024 e vertente TRA (...), res.te in San Cesareo (RM) alla via (...) ed elett.te dom.to in Mugnano di Napoli (NA), Via (...), presso lo studio degli avvocati Gi.Ma., Ri.Ma. e Ma.Ma. in virtù di procura in atti; - opponente E l'AVV. (...) nato a Napoli il 24/2/1960 e residente in Marzano Appio al (...) rappresentato e difeso da Sé Stesso ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Vairano Patenora alla via (...); - Resistente- CONCLUSIONI: come in atti. In fatto e in diritto Con ricorso depositato in data 28-03-2024 (...) si opponeva al decreto ingiuntivo n. 329/2024 con cui gli era stato ingiunto il pagamento dell'importo di euro 5871,32 oltre interessi e spese in favore dell'opposto per assunto omesso pagamento di fitti agrari. Eccepiva previamente l'omesso espletamento del tentativo di conciliazione di cui all'art. 11 della legge agraria ed il conseguente insanabile vizio di improponibilità con revoca del decreto monitorio, vinte le spese di lite. Si costituiva l'opposto che rilevava come la materia del tentativo di conciliazione fosse oggetto di rivalutazione in sede giurisprudenziale, concludendo perché gli fosse concesso il termine per espletare il tentativo di conciliazione continuando il giudizio. All'udienza del 27 giugno del 2024, la causa è stata discussa e decisa con lettura del dispositivo e riserva della motivazione nei termini di legge. L'opposizione è fondata e va accolta. Parte opponente ha eccepito l'omesso espletamento del tentativo di conciliazione di cui all'art. 11 della legge agraria con conseguente improponibilità del ricorso monitorio e conseguente revoca del decreto ingiuntivo. Sul punto, come chiarito dal giudice di legittimità, la "domanda" che si intende proporre in giudizio ed in relazione alla quale va esperito il tentativo non può che essere intesa nel significato, omnicomprensivo, di istanza volta al riconoscimento di un diritto o comunque alla tutela di un bene della vita avente scaturigine in un contratto agrario (per questa definizione, Cass. 28/12/1995, n. 13140), alcuna rilevanza assumendo, per tale nozione, la sequenza procedimentale attivata (ordinaria o semplificata) o la modalità di proposizione seguita (in via principale o riconvenzionale). In secondo luogo, la ratio della norma va individuata non soltanto nella esigenza, di rilievo squisitamente processuale, di predisporre un filtro riduttivo dei procedimenti giurisdizionali (non lesivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost., per non essere l'esercizio del diritto innanzi l'A.G. sottoposto ad "un adempimento vessatorio di difficile osservanza" nè ad "un'insidiosa complicazione": così Corte Cost. 21/01/1988, n. 73), ma soprattutto nel bisogno di salvaguardare l'interesse, di natura sostanziale, alla conservazione dei rapporti agrari e della attività di impresa collegata all'utilizzazione del fondo: finalità in tutta evidenza compromesse qualora con l'adozione della forma semplificata di tutela ingiuntiva (sempre alternativa - si rammenti - al procedimento di cognizione ordinaria) fosse consentito di eludere il tentativo della preventiva composizione amministrativa della controversia. Il giudice di legittimità perviene pertanto al seguente principio di diritto: "In materia agraria, grava sulla parte che intenda proporre ricorso per decreto ingiuntivo a tutela di un diritto nascente da un rapporto agrario l'onere di esperire il preventivo tentativo di conciliazione nei modi stabiliti dal D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 11, a pena di improponibilità della domanda rilevabile di ufficio" (in questo senso Cass. 2018/6839). Sono dunque proprie le caratteristiche peculiari del rapporto agrario a giustificare l'obbligo a pena di improponibilità della proposizione del tentativo di conciliazione anteriormente alla stessa fase di contraddittorio pieno, il che rende speciale il rito applicabile e la materia trattata , tanto che lo stesso giudice di legittimità, in sentenza gemella di quella citata da parte opposta, nell'affermare quanto al tentativo di conciliazione in materia di telecomunicazione il possibile esperimento anche a contraddittorio pieno, evidenzia la differenza tra le due fattispecie : "si tratta di un settore - quello agrario- che non presenta punti in comune con quello delle telecomunicazioni, né sotto il profilo degli interessi coinvolti, né sotto quello delle esigenze da tutelare prioritariamente (la stabilità dei rapporti, nel caso dei contratti agrari, lo svolgimento del servizio in favore dell'utente, nelle telecomunicazioni) ed in cui manca una generale contrapposizione tra parte debole e parte forte, il che giustifica la differente rilevanza del tentativo di conciliazione (cfr. in questo senso Sezioni Unite Cass. 2022/8241). Non resta che accogliere l'opposizione per l'improponibilità della domanda con conseguente revoca del decreto monitorio, seguendo le spese di lite la soccombenza come per legge. Il Tribunale così provvede: - accoglie l'opposizione, dichiarando improponibile il ricorso monitorio, e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. 329/2024; - condanna parte opposta al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 600, 00 di cui Euro 120, 00 per spese, oltre spese generali, IVA e CPA, come per legge, in favore degli avv.ti Ma.Gi., Ma. Ri. e Ma. Ma. antistatari.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere SEZ. III CIVILE nella persona del Giudice unico, dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I grado iscritta al n. r.g. (...)/2018 promossa da: (...) in proprio e nella qualità di erede di (...) unitamente a (...) e (...) nella qualità di eredi di (...) rapp.ti e difesi dall'Avv. (...) e dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliat (...) -attori nei confronti di (...) e (...) rappresentati e difesi dall'avv. (...) e con questi elettivamente domiciliati in (...), alla (...) (...) - convenuti OGGETTO: risoluzione preliminare e risarcimento danni (...) come da note di trattazione scritta udienza cartolare del 26.03.2024 IN FATTO E IN DIRITTO Con atto di citazione, ritualmente notificato, la (...)ra (...) in proprio e nella qualità di erede di (...) unitamente a (...) e (...) nella qualità di eredi di (...) convenivano in giudizio i (...)ri (...) e (...) al fine di ottenere la risoluzione, per grave inadempimento del promittente venditore, del contratto preliminare di compravendita del 27.12.1990, con il quale il (...) avrebbe promesso in vendita, per il tramite del suo procuratore (...) ai coniugi (...) un appartamento in corso di costruzione, ubicato in (...) alla via (...) n. 11, nonché la condanna dei convenuti alla restituzione della somma già versata di Euro 63.007,74, al pagamento della somma di Euro 150.000,00 prevista a titolo di penale dallo stesso preliminare e al risarcimento di tutti i danni per una somma pari ad Euro 45.000,00 o in quella diversa ritenuta congrua dal Giudice. Si costituivano i convenuti eccependo la nullità del contratto preliminare, la prescrizione di eventuali diritti e contestando nel merito la domanda. La causa, istruita documentalmente, all'udienza del 26.03.2024, celebrata in modalità cartolare, veniva assegnata in decisione, con termini per il deposito di memorie conclusionali. Così sinteticamente compendiato l'iter processuale, si osserva quanto segue. Appare fondata l'eccezione di nullità del preliminare, di cui si richiede la risoluzione, per difetto di procura in favore del (...) Si evidenzia, infatti, che il preliminare di vendita azionato dagli attori indica come proprietario dell'immobile promesso in vendita e quindi legittimato alla sottoscrizione il (...) tuttavia appare sottoscritto da (...) padre del proprietario, n.q. di procuratore del figlio, ma senza che sia allegata al preliminare la procura che sarebbe stata rilasciata in suo favore. Tra l'altro, la procura non risulta nemmeno richiamata nel corpo del contratto né potrebbe valere come sua ratifica la successiva scrittura del 01.08.2007, in quanto anche tale scrittura risulta sottoscritta dal (...) quale presunto procuratore del figlio senza che venga allegata la procura. Sul punto, ci si riporta al principio espresso dalla Suprema Corte secondo cui "In tema di contratto preliminare di compravendita immobiliare, il principio dell'apparenza del diritto non può essere invocato dal promissario acquirente che abbia confidato nella sussistenza del potere rappresentativo del contraente che abbia speso il nome del promittente alienante, pur in assenza di una procura rilasciata in forma scritta, per ottenere l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto definitivo, ex art. 2932 c.c. - sussistendo, in ragione del requisito formale richiesto "ad substantiam" per il conferimento di una simile procura, un onere legale di documentazione della stessa, in capo al rappresentante, ed un onere di diligenza in capo al terzo contraente, consistente nel chiedere la giustificazione degli altrui poteri e, quindi, l'esibizione dell'atto scritto con cui sono stati conferiti - mentre può fondarne la richiesta risarcitoria nei confronti del "falsus procurator" e dello stesso falsamente rappresentato, in presenza di elementi esteriori ed obiettivi, atti a giustificare la sua opinione che il potere rappresentativo fosse stato effettivamente conferito" (Cass. Sez. 6 - 2, Ord. n. 1192 del 18/01/2017). Va precisato che, nel caso in esame, non risultano formulate, nemmeno in via subordinata, richieste risarcitorie nei confronti del (...) n.q. di falsus procurator, in quanto parte attrice anche nell'estendere le domande al (...) in proprio non fa mai riferimento alla falsa procura, pertanto, la nullità del preliminare comporta il rigetto non solo della domanda di risoluzione, ma anche di tutte le domande ulteriori che hanno proposto gli attori e che trovano titolo nel preliminare stesso. (...) dell'eccezione di nullità del preliminare risulta assorbente rispetto alle ulteriori questioni. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, con applicazione dei parametri medi del d.m. 55/14, tenuto conto del valore della causa (scaglione fino ad Euro 260.00,00) e dell'attività espletata (con riduzione al minimo della fase istruttoria data la mancata escussione dei testi). PQM Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere sez. III civ., definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, così provvede: -rigetta la domanda; -condanna parte attrice, in solido, al pagamento, in favore dei convenuti, delle spese di lite, che liquida in Euro 5.810,00 per compensi, oltre al 15% di rimborso forfettario, iva e cpa, da distrarsi al procuratore antistatario.
TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE REPUBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di S. Maria C.V., IV ° Sezione Civile, Got avv. Angela Verolla, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio civile iscritto al R.G. N. 176/2014 ed avente ad oggetto: impugnazione a delibera assembleare TRA (...) tutti rappresentati e difesi in virtù di procura a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. Al.Na., presso il cui studio in Casagiove (CE) alla Via (...) elettivamente domiciliano ATTORI E (...), in persona dell'Amministratore p.t. sig. (...), con sede in Caserta alla Via (...), rappresentato e difeso giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta dall'avv. Te.Vi., presso il cui studio in Macerata Campania (CE) alla Via (...) elettivamente domicilia; CONVENUTO CONCLUSIONI Le parti, con note di trattazione scritta rese per l'udienza cartolare del 27.03.2024, si riportavano ai rispettivi atti, memorie e documenti prodotti, concludendo per l'accoglimento delle richieste, eccezioni e deduzioni formulate e vittoria di spese e la causa veniva assegnata a sentenza con concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusive. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO La presente sentenza viene redatta ai sensi degli artt. 132 cpc e 118 disp. att. cpc con omissione dello "svolgimento del processo" salvo richiamarlo ove necessario al fine di una migliore comprensione delle motivazioni della decisione. Con atto di citazione regolarmente notificato, gli attori, premesso di essere proprietari esclusivi di unità abitative facenti parte del fabbricato denominato (...) convenivano in giudizio innanzi l'intestato Tribunale il (...) in persona dell'amministratore p.t. sig. (...), per sentir dichiarare ai sensi dell'art. 1137 c.c., previa sospensione inaudita altera parte dell'efficacia esecutiva della delibera assembleare del 19.12.2013, l'illegittimità delle delibere assembleari adottate dai condomini all'adunanza del 19.12.2013 e per effetto dichiararne la nullità e/o l'annullamento, deducendo la nullità della convocazione dell'adunanza assembleare per insussistenza dei requisiti previsti dall'art. 66 disp. att. c.c., la nullità della delibera medesima per omessa verbalizzazione dell'esito della prima adunanza ex art. 1136 c.c., la nullità della delibera assembleare di approvazione dello stato patrimoniale per l'esercizio finanziario dell'anno solare 2012, ed ancora la nullità della delibera assembleare di nomina dell'amministratore (...) per inesistenza dei requisiti necessari ad assumere l'incarico di amministratore di condominio ex art. 71 disp. att. c.c., nonché per difetto di quorum deliberativo per l'adozione di decisioni inerenti alla nomina di amministratore, con vittoria di spese ed attribuzione. Con separato ricorso depositato in data 18.02.2014, gli attori chiedevano a questo Tribunale di sospendere in via immediata l'efficacia esecutiva della delibera impugnata, ritenendo sussistenti tanto il fumus boni iuris che il periculum in mora, quali presupposti richiesti ai fini della concessione del provvedimento de quo. Instauratosi il contraddittorio, il (...) convenuto si costituiva dapprima nel subprocedimento cautelare, chiedendone il rigetto per difetto dei presupposti di legge, nonché successivamente nel giudizio di merito, a mezzo dell'avv. Te.Vi., che deduceva l'infondatezza della domanda attorea, evidenziando la legittimità della delibera del 19.12.2013 quivi impugnata, sia in ordine la sussistenza dei requisiti di cui all'art. 66 disp. att. c.c. per la sua convocazione, sia in ordine alle deliberazioni assunte di approvazione dello stato patrimoniale per l'esercizio finanziario dell'anno solare 2012 e di nomina dell'amministratore p.t. sig. (...), ritenendo sussistente il quorum deliberativo. Con ordinanza del 24.03.2014, il Giudice della fase cautelare rigettava l'istanza di sospensione di esecuzione della delibera assembleare del 19.12.2013, non ritenendo sussistente il periculum dedotto dai ricorrenti in ordine alla gestione del condominio da parte dell'amministratore nominato con la gravata delibera. Il giudizio di merito proseguiva con il deposito delle memorie istruttorie e la causa veniva istruita a mezzo della prova testimoniale ed all'esito, rassegnate le conclusioni, veniva riservata per la decisione di merito. Preliminarmente deve rilevarsi che risulta soddisfatta la condizione di procedibilità di cui all'art. 1 bis D.Lgs. 28/2010 e ss. mod., avendo gli attori esperito tentativo di mediazione conclusasi con la mancata adesione del Condominio convenuto, come da verbale negativo del 01.04.2014 depositato in atti (cfr. produzione attorea). Sempre in via preliminare, va precisato che si ha nullità di una deliberazione condominiale solo quando essa abbia un oggetto illecito, impossibile o estraneo alle attribuzioni dell'assemblea, in tutte le altre ipotesi e specificatamente in quelle in cui il vizio riguarda il procedimento di formazione della volontà, oppure consiste nell'adozione di deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento, la deliberazione è solo annullabile e deve essere impugnata dai dissenzienti, dagli assenti o dagli astenuti. Nel caso de quo i vizi denunciati dagli attori sono relativi al procedimento e di certo comportano solo l'annullabilità della deliberazione, da impugnare nel termine di trenta giorni ai sensi dell'art. 1137 c.c. Ad ogni buon conto, pur costituendo i vizi denunciati ipotesi di annullabilità della delibera, la stessa risulta tempestivamente impugnata, posto che l'atto di citazione è stato notificato in data 03.01.2014 ed iscritto al ruolo il 10.01.2014. Nello specifico, quanto al primo motivo di impugnazione, afferente alla nullità di convocazione dell'assemblea per insussistenza dei requisiti di cui all'art 66 disp. att. c.c., lo stesso è fondato. Trattasi tuttavia, per quanto precisato, motivo di annullabilità e non di nullità della delibera, posto che la convocazione dell'assemblea condominiale da parte di un soggetto non legittimato è un profilo che attiene alla regolare costituzione della riunione e, quindi rientra nella categoria dell'annullabilità delle deliberazioni. Come precisato dalla Cassazione a Sezioni Unite, infatti, debbono qualificarsi annullabili, tra le altre, le delibere affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto (Cass. SSUU 4806/2005). Orbene, a norma dell'art. 66 disp att. c.c., l'assemblea "può essere convocata in via straordinaria dall'amministratore quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio". Il dettato normativo stabilisce altresì che "Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, i detti condomini possono provvedere direttamente alla convocazione. In mancanza dell'amministratore, l'assemblea tanto ordinaria quanto straordinaria può essere convocata a iniziativa di ciascun condomino". La convocazione deve avvenire mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal comma 3 dell'art. 66 disp. att. c.c. (ossia l'indicazione specifica dell'ordine del giorno, del luogo e dell'ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell'ora della stessa), e pur non essendo essenziale la sottoscrizione di tutti i condomini che abbiano assunto l'iniziativa, dall'avviso deve comunque risultare chi convoca l'assemblea. Nel caso di specie la richiesta di convocazione dell'assemblea straordinaria risulta sottoscritta da ben 37 condomini per totali 302,238 millesimi, nel rispetto dunque della previsione normativa. Tuttavia, per quanto legittima la richiesta di convocazione dell'assemblea da parte dei condomini, lo stesso non può dirsi della convocazione dell'assemblea, che risulta essere stata effettuata da soggetto non legittimato, in quanto né condomino richiedente né ancora amministratore del (...) convenuto, ed anzi neppure proprietario di immobili facenti parte del complesso edilizio de quo e dunque da un soggetto che all'epoca dei fatti era del tutto estraneo all'ente di gestione. Detta circostanza non è stata smentita dal (...) convenuto, che ha asserito tuttavia sussistere apposita delega dei condomini richiedenti in favore del sig. (...), peraltro solo da desumersi dalla circostanza che alla convocazione era stata allegata la richiesta dei condomini richiedenti, di cui neppure vi è prova. Di fatto alcuna delega alla convocazione dell'assemblea o procura speciale in favore del sig. (...) è stata mai prodotta dal convenuto (...), né potendo ritenersi sufficiente una delega implicita come asserito dal convenuto, stante l'inderogabilità della prescrizione normativa in ordine alle modalità di convocazione, dovendo pertanto ritenersi irregolare la convocazione da parte di un terzo estraneo al Condominio e tale da viziare irrimediabilmente la determina assunta all'esito dell'Assemblea così convocata. Orbene, per quanto la Cassazione abbia precisato di recente (Cass. n. 5319/2023) che l'art. 66, comma 1, disp. att. c.c. non prevede forme tassative per la "richiesta" di convocazione assembleare proveniente da condomini, bastando perché produca l'effetto della decorrenza del termine di dieci giorni che essa giunga nella sfera di conoscenza dell'amministratore, tale interpretazione della norma attiene alla sola richiesta e non alla successiva convocazione assembleare, alla quale, come indicato dalla medesima Cassazione, possono provvedere direttamente i condomini promotori mediante avviso che abbia il contenuto specificato dal terzo comma dell'art. 66 disp. att. c.c. e dal quale risulti chi convoca l'assemblea, per quanto non sia essenziale la sottoscrizione di tutti i condomini che abbiano preso l'iniziativa. Nel caso di specie, tuttavia, la convocazione dell'assemblea, oltre ad essere sottoscritta da soggetto del tutto estraneo al condominio, è priva di qualunque indicazione o nominativo dei condomini promotori, venendo indicato genericamente "i condomini", e non vi è prova che vi fosse stata allegata la richiesta di convocazione straordinaria dei condomini ex art. 66 disp. att. c.c., non venendo nulla precisato nella predetta convocazione anche in ordine ad eventuali allegati. Ebbene, sul punto la Cassazione ha precisato che "le lacune e le irregolarità del procedimento di convocazione e di informazione dei condomini, compresa (come si deduce nella specie) la stessa convocazione dell'assemblea da parte di un soggetto "estraneo" e, quindi, non legittimato, non possono che dar luogo a deliberazioni contrarie alla legge, espressamente soggette, come tali, all'impugnazione per annullamento, da proporsi nel termine di cui all'art. 1137 c.c. (Cass. n. 10272/2005). Nel caso di specie l'impugnazione è stata tempestivamente proposta nel termine di cui all'art. 1137 co. 2 c.c. Alla luce di tale motivazione, stante l'irregolarità della convocazione dell'assemblea, si ritiene fondata l'eccezione di illegittimità della delibera impugnata con conseguente accoglimento della subordinata domanda di annullamento delle delibere adottate all'adunanza del 19.12.2013. Per il principio della ragione più liquida (cfr. Cass. 9936/2014), la declaratoria di annullamento dell'impugnata delibera assorbe ogni altra domanda e questione ed esonera questo Giudicante dal pronunciarsi sulle altre richieste. In ordine, invece, alle spese di lite, le stesse seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Giudice del Tribunale di Santa Maria C.V., IV Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: accoglie la domanda e per l'effetto annulla le delibere condominiali assunte il 19.12.2013 dal (...) sito in Caserta alla Via (...); condanna il convenuto (...) sito in Caserta alla Via (...) in persona dell'amministratore legale rappresentante p.t. al pagamento in favore degli attori, delle spese e competenze del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 4.496,00, di cui Euro 3.809,00 per compensi, oltre IVA e CPA e spese forfettarie come per legge, ed Euro 687,00 per spese, con attribuzione al procuratore antistatario. Così deciso in Santa Maria C.V. in data 30 giugno 2024.
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sentenza n. 2525/2024 del 19-06-2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO (...) riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti magistrati: dott. (...) (...) rel. dott.ssa (...) dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...) del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi dell'anno 2018, rimessa al Collegio per la decisione il (...) tra (...) ((...)) rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall'avv. (...) ((...)) presso cui è elettivamente domiciliata RICORRENTE e (...) ((...)) rappresentato e difeso, giusta procura in atti, dall'avv. (...) ((...)) presso cui è elettivamente domiciliato RESISTENTE nonché PUBBLICO MINISTERO presso il (...) di (...) OGGETTO: Cessazione effetti civili del matrimonio (...)udienza del 02/04/2024 i procuratori delle parti hanno concluso riportandosi ai propri atti. Il Pubblico Ministero ha chiesto dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso introduttivo, depositato in data (...), la ricorrente esponeva di aver contratto matrimonio con il resistente in data (...), dal quale era nato un figlio (...) il (...) e di essersi separata con decreto di omologa dell'08/06/2001, ove era stato previsto l'obbligo a carico del resistente di versare un assegno mensile di Euro 206,58 (lire 400.000) a titolo di contributo al mantenimento del figlio, collocato presso di sé; disciplina poi modificata con obbligo a proprio carico di versare un assegno di Euro 150,00 a titolo di contributo al mantenimento del figlio posto il trasferimento di quest'ultimo presso il padre. Rappresentava di essere autosufficiente economicamente, così come il resistente, e che il figlio studiava a Cassino. Deduceva di corrispondere alla banca la somma mensile di Euro 507,60 per il mutuo accesso sull'abitazione ove vive, e Euro 289,98 all'(...) Tanto premesso, la ricorrente chiedeva dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il versamento diretto a carico di ciascun genitore dell'assegno pari a Euro 75,00 in favore del figlio nonché l'attribuzione di una quota del TFR maturato dal resistente. Con comparsa di risposta, depositata in data (...), si costituiva il resistente, il quale, contestando le allegazioni di parte ricorrente, riferiva che dal 10/04/2014 il figlio maggiorenne viveva presso di lui giacché la madre l'aveva cacciato di casa, e che fronteggiava da solo tutte le esigenze del figlio, studente universitario a Cassino e, pertanto, essendo accresciute le necessità del ragazzo nonché il costo della vita, chiedeva un aumento dell'assegno posto a carico della ricorrente. In particolare, riferiva che la ricorrente aveva acquistato un immobile/garage a giugno/luglio 2018 del valore di Euro 25.000,00, essendo peraltro proprietaria della quota del 33% di quattro immobili locati. Il resistente, infine, non opponendosi alla domanda di divorzio, chiedeva la modifica del decreto della Corte d'Appello (che aveva quantificato in euro 150,00 l'assegno di mantenimento in favore del figlio e a carico della madre) formulando domanda di aumento dell'assegno posto a carico della ricorrente nella misura di Euro 400,00 mensili a titolo di contributo al mantenimento del figlio, concludendo altresì per il rigetto delle domande di controparte, tra cui il riconoscimento di una quota del TFR in assenza dei presupposti. All'esito dell'udienza presidenziale del 22/11/2018, il (...) delegato confermava le condizioni della separazione, così come modificate con provvedimento camerale della Corte d'Appello di Napoli del 13/05/2016 (obbligo a carico della madre di versare un assegno di Euro 150,00 a titolo di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne), rigettando la domanda di versamento diretto in favore del figlio maggiorenne attesa la sua volontà contraria. Emessa sentenza parziale di divorzio, espletata la prova testimoniale e revocato l'assegno di mantenimento a carico della ricorrente in favore del figlio, all'esito dell'udienza cartolare del 02/04/2024, la causa era rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni prima richiamate con i termini ridotti. Essendo già stata pronunciata sentenza di divorzio il (...), occorre pronunciarsi sulle sole statuizioni accessorie, tenuto altresì conto della già intervenuta revoca del contributo al mantenimento in favore del figlio maggiorenne con provvedimento dell'08/02/2023, in quanto divenuto economicamente autosufficiente. Quanto alla domanda riconvenzionale del resistente in ordine all'aumento dell'assegno posto a carico della ricorrente a titolo di contributo al mantenimento del figlio maggiorenne dal deposito della predetta domanda sino al raggiungimento dell'autosufficienza economica del figlio (18/11/2018-13/10/2022), va osservato, in primo luogo, che la retribuzione percepita dalla ricorrente non risulta modificata rispetto a quanto già considerato in sede di Corte d'Appello (e precedentemente dal (...) intestato), a fronte della continuazione dell'attività lavorativa quale insegnante e del conseguente reddito. In particolare, dalla documentazione in atti risulta che la ricorrente, quale insegnante, percepisce in media circa Euro 1.600,00 netti al mese per dodici mensilità (cfr. dichiarazioni reddituali 2017, 2016, 2015), dal quale vanno detratte le rate mensili pagate per il mutuo acceso sull'abitazione (ove viveva con il figlio), pari a Euro 507,60, per un totale di circa Euro 1.100,00 al mese netti. Va precisato ance che, già in sede di appello, il figlio era studente universitario. In secondo luogo, dall'istruttoria espletata nel corso del giudizio, non è emersa un'adeguata prova in merito alla percezione dalla ricorrente di altri redditi derivanti dalla locazione degli immobili di cui è proprietaria per la quota del 33% unitamente ai fratelli. Invero, il primo teste escusso, amministratore del condominio sito in (...) viale (...) 33 (primo immobile), ha riferito che aveva contatti solo con (...) (fratello della ricorrente) per i pagamenti delle spese condominiali e che non gli risultava locato il predetto appartamento, essendo peraltro libero il parcheggio ad esso assegnato; circostanza che avrebbe dovuto conoscere anche al fine di chiarire la ripartizione delle spese (cfr. verbale del 19/01/2021). Quanto al bene sito in (...) 22, il secondo teste escusso, fratello della ricorrente, ha confermato che era locato a uno studio legale da anni, e che quello sito in (...) 48, era adibito per metà a studio medico per l'altro fratello (rimasto nella sua disponibilità), e l'altra metà era utilizzato da lui. Inoltre, ha altresì riferito che la somma per l'acquisto del garage da parte della ricorrente, pari a Euro 20.000,00, l'avevano versata lui e l'altro fratello e che, in sede di divisione dei beni, avvenuta nel dicembre 2022, avevano tenuto conto del fatto che la sorella (...) aveva avuto una quota inferiore. Infine, ha precisato che, a dicembre 2022, per alcuni mesi la ricorrente aveva percepito dei canoni locatizi da studenti per l'appartamento sito in viale (...) a lei attribuito a seguito della divisione (del 2022), così come accaduto in passato in modo saltuario e per pochi mesi (cfr. verbale del 17/10/2023). Ciò posto, tenuto conto del fatto, da un lato, che l'effettiva divisione tra fratelli dei beni cointestati è avvenuta nel dicembre 2022, e, dall'altro, che il figlio è divenuto economicamente autosufficiente a ottobre 2022, alcuna prova emerge in ordine alla pregressa maggiore capacità economica della ricorrente tale da giustificare un aumento dell'assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne in relazione al periodo indicato dal resistente. In particolare, con riferimento al bene sito in (...) 22, locato a uno studio legale, non è stata quantificata l'eventuale rendita percepita dai fratelli, né è stato precisato se venisse tra loro divisa. Mentre, quello sito in (...) 48, è pacificamente emerso che era usato solo dai due fratelli della ricorrente, avendo peraltro precisato uno dei due in sede di escussione testi che alcuna indennità di occupazione veniva corrisposta alla sorella (...) per l'uso di tale immobile (cfr. verbale del 17/10/2023). Alla luce del quadro così emerso, la domanda del resistente va quindi rigettata, dovendosi confermare, per il periodo che va dal deposito della domanda alla revoca del mantenimento, la somma fissata dalla Corte d'Appello con provvedimento del maggio 2016 pari a Euro 150,00 al mese, mantenuta con ordinanza presidenziale nel novembre 2018, non reclamata. Va rigettata la domanda di riconoscimento del TFR formulata dalla ricorrente in assenza del presupposto della titolarità dell'assegno divorzile ("In tema di divorzio, il sorgere del diritto del coniuge divorziato alla quota dell'indennità di fine rapporto non presuppone la mera debenza in astratto di un assegno di divorzio, e neppure la percezione, in concreto, di un assegno di mantenimento in base a convenzioni intercorse fra le parti, ma presuppone che l'indennità di fine rapporto sia percepita dopo una sentenza che abbia liquidato un assegno in base all'articolo 5 della legge n. 898 del 1970, ovvero dopo la proposizione del giudizio di divorzio nel quale sia stato successivamente giudizialmente". liquidato l'assegno stesso). Attesa la natura del giudizio, sussistono i presupposti per dichiarare integralmente compensate le spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere definitivamente pronunciando, così provvede: 1. rigetta la domanda del resistente di aumento dell'assegno di mantenimento per il figlio per il periodo indicato in parte motiva; 2. conferma la revoca del mantenimento per il figlio maggiorenne; 3. rigetta la domanda di riconoscimento della ricorrente volta a ottenere una quota di TFR del resistente; 4. compensa le spese di lite.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere - IV Sezione Civile - nella persona del G.o.p., dott.ssa Maddalena Natale, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 2166 del R.G. dell'anno 2015, avente ad oggetto: "Comunione e Condominio, impugnazione di delibera assembleare-spese condominiali, riservata in decisione all'udienza del 12.03.2024, con lo concessione alle parti dei termini di legge per il deposito di scritti conclusionali e di repliche e vertente TRA (...) e (...), rapp.te e difese, in virtù di mandato allegato alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, dall'avv. (...) elettivamente domiciliati in Caserta, E (...) in persona dell'amministratore p.t., rapp.to e difeso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. (...) elettivamente domiciliato in Caserta, alla (...) (convenuto) CONCLUSIONI Le parti hanno concluso come da atti, verbali di causa e memorie conclusionali depositati in procedura. FATTO E DIRITTO La presente sentenza viene redatta secondo le indicazioni dettate dagli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., così come modificati dalla legge n. 69 del 18.6.2009, mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto. Ai fini della decisione, pertanto, è sufficiente ricordare che, con atto di citazione ritualmente notificato, (...) e (...) convenivano in giudizio innanzi all'intestato Tribunale il (...), sito in Caserta (CE), alla (...), al fine di sentir accertare e dichiarare la nullità/annullabilità della delibera condominiale del 14.11.2014 - relativamente al punto 1 dell'O.d.G. - per contraddittorietà della stessa con precedente delibera, per violazione dell'art. 1123 c.c. e per incompletezza del punto dell'O.d.G. impugnato, il tutto previa sospensione della delibera de qua. In particolare, a fondamento della spiegata impugnazione, le attrici - premettendo di essere (...) le seguenti circostanze: - con delibera del 4.12.2013, il (...) all'unanimità, autorizzava l'amministratore a sottoscrivere un contratto di appalto con la ditta aggiudicatrice ((...) relativamente ai lavori di mautenzione straordinaria della (...), per un importo di Euro 88.060,90; - con successiva delibera del 14.11.2014, l'assemblea straordinaria, all'unanimità dei presenti (574,46 millesimi), deliberava di "addebitare i costi relativi alla fornitura e posa in opera dei pannelli termici a carico, esclusivamente dei Condomini proprietari delle unità immobiliari sottostanti la copertura del fabbricato, così come ampiamente dibattuto e precisato nelle precedenti adunanze secondo la tesi attorea, tale ultimo deliberato, in quanto volto ad addebitare le spose di manutenzione del tetto ai soli tre proprietari dell'ultimo piano (tra cui, esse attrici), sarebbe invalido tenuto conto che siffatta tipologia di spese, ai sensi dell'art. 1123 c.c., andrebbe ripartito in misura proporzionale al valore delle singole proprietà, così come - tra l'altro - era stato deciso alla assemblea condominiale riunitasi in data 4.12.2013. Con comparsa depositata il 9.06.2015, si costituiva in giudizio il (...), il quale, impugnava la domanda attorca, di cui chiedeva il rigetto in quanto infondata in fatto e in diritto. Rigettata la richiesta di sospensione della delibera condominiale per non essere stata ritualmente proposta, richiesti e concessi i termini di cui all'art. 183, co. 6, c.p.c., la causa veniva istruita con prova orale e poi, veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. Nel corso del giudizio, a seguito di rinuncia al mandato del procuratore di parte attrice, con comparsa depositata il 6.02.2023 si costituiva l'avv. (...) il quale si riportava integralmente agli scritti difensivi del precedente difensore e concludeva in conformità ad essi. Dopo qualche rinvio e cambio di magistrato, la presente controversia veniva smistata sul ruolo della scrivente che, all'udienza del 12.03.2024, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, la riservava in decisione, concedendo alle stesse i termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di scritti conclusionali e repliche. Ciò posto in punto di fatto, in diritto: la domanda attorea è fondata e, pertanto, va accolta per le ragioni che si andranno ad illustrare. Orbene, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto, per le parti comuni dell'edificio elencate dall'art. 1117 c.c. - tra le quali, al n. 1), vi sono ricompresi i tetti - opera una presunzione di comproprietà, salvo che il titolo disponga diversamente. Si ritiene, conseguentemente, che le spese di conservazione del tetto di un edificio (...) vadano ripartite tra tutti i condomini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi dell'art. 1123, I comma, c.c., salvo che, appunto, si tratti di tetto di uso o proprietà esclusiva (assimilato al lastrico solare e, perciò, soggetto all'applicazione dell'art. 1126 c.c.). Ciò in quanto si tratta di bene rientrante, per la funzione necessaria all'uso collettivo, tra le cose comuni, deputato a preservare l'edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d'acqua piovana e non riconducibile, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero, al godimento di alcuni condomini e non di altri, secondo quanto disposto dai commi 2 e 3, dell'art. 1123 c.c. Tanto chiarito in termini generali, occorre evidenziare che, nel caso che ci occupa, all'esito dell'istruttoria espletata, sono emerse le seguenti circostanze: - il Condominio, a mente dell'art. 2 del Regolamento condominiale, risulta essere composto da distinti e separati corpi di fabbrica, nominati rispettivamente con le lettere da A a H e costituenti, dunque, singoli "Condomini parziali"; al successivo art. 4 "Cose comuni" (punto 3), in riferimento al tetto, il Regolamento stabilisce che esso è "di proprietà comune e indivisibile dei condomini di ciascuno - distintamente - dei (...) H". A ben vedere, la natura condominiale del tetto oggetto dei lavori di impermeabilizzazione di cui si discute trova ulteriore conferma negli atti di compravendita delle due unità immobiliari in titolarità delle attrici, ove non vi è alcuna menzione del tetto de quo come bene di proprietà o di uso esclusivo delle stesse. Alla luce di tali elementi, deve concludersi che tale parte dell'edificio sia pacificamente di proprietà comune dei condomini costituenti il cd. condominio parziale "Scala D" (in merito al condominio parziale, giova. rammentare come il suo fondamento normativo possa trarsi proprio dal principio ricavabile e, al sopra citato art. 1123, dai cui commi 2 e 3 si evince che le spese destinate a fornire utilità ad un gruppo soltanto di condomini sono sostenute da questi ultimi). In definitiva, non potendo ritenersi superata la presunzione di comproprietà ex art. 1117 c.c. del tetto in parola e dovendo, le relative spese, essere correttamente ripartite secondo i criteri enunciati dall'art. 1123 c.c., ne consegue che la delibera del 14.11.2014 - relativamente al punto 1 dell'O.d.G. - è annullabile. Sul punto, occorre richiamare la recente pronuncia della giurisprudenza di legittimità che ha affrontato la dubbia questione riguardante il tipo di invalidità che inficia le delibere assembleari che ripartiscono le spese condominiali in violazione dei criteri stabiliti dalla legge o dal regolamento condominiale contrattuale, fattispecie analoga a quella che ci occupa. Parzialmente confermando quanto statuito dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 4806/2005, la Suprema Corte ha affermato - quale principio di diritto - che "le delibere in materia di ripartizione delle spese condominiali sono nulle per "impossibilità giuridica" dell'oggetto ove l'assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifichi i criteri di ripartizione delle spese, stabiliti dalla legge o in via convenzionale da tutti i condomini, da valere - oltre che per il caso oggetto della Delib. - anche per il futuro; mentre sono semplicemente annullabili nel caso in cui i suddetti criteri vengano soltanto violati o disattesi nel singolo caso deliberato". Hanno osservato, in particolare, che le attribuzioni dell'assemblea in tema di ripartizione delle spese condominiali sono circoscritte, a sensi dell'art. 1135 c.c., alla verifica e all'applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre modifiche ai criteri legali di ripartizione delle spese, che l'art. 1123 c.c. consente solo mediante apposita convenzione tra tutti i partecipanti al (...). L'assemblea che, quindi, deliberi a maggioranza di modificare, in astratto e per il futuro, i criteri previsti dalla legge o quelli convenzionalmente stabiliti (delibere c.d. normative) deve considerarsi operante in "difetto assoluto di attribuzioni". Di contro, non può ritenersi esorbitante dalle attribuzioni dell'assemblea la deliberazione che si limiti a ripartire in concreto le spese condominiali, anche se la ripartizione venga effettuata in violazione dei criteri stabiliti dalla legge o convenzionalmente, in quanto una siffatta deliberazione non ha carattere normativo e non incide sui criteri generali, valevoli per il futuro, ex art. 1123 e ss. c.c., o quelli stabiliti convenzionalmente. Nella fattispecie sottoposta ad attenzione, deve allora concludersi che la delibera adottata dal condominio "(...)" in data 14.11.2014, laddove ha deliberato di addebitare le spese di risanamento del manto di copertura (cfr. art. 17 computo metrico) ai soli tre proprietari delle unità immobiliari sottostanti, è annullabile, tenuto conto che ha operato una ripartizione delle spese del tetto, non solo contraria a quanto disposto dall'art. 1123 c.c. ma, altresì, al regolamento condominiale. Il regolamento, invero, all'art. 14 "Spese per le coperture dell'edificio", specifica che "le spese di conservazione dei tetti, a norma dell'art. 1123, comma 3, sono a carico delle unità immobiliari comprese nella proiezione verso il basso dei limiti del tetto stesso, distinguendo fra le opere che formano il tetto da quelle che assicurano l'uso esclusivo del sottotetto, gravando le spese su queste ultime a carico dei proprietari esclusivi del sottotetto". In definitiva, alla luce del dato normativo (1123 c.c.) e di quanto stabilito dalle richiamate norme del regolamento condominiale (artt. 4 e 14), i costi relativi alla fornitura e posa in opera dei pannelli termici avrebbero dovuto essere correttamente ripartiti fra tutti i condomini costituenti il ed. condominio parziale (...)". Va, da ultimo, evidenziato che la prova orale raccolta - con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dal teste (...), amministratore del condominio - ha, inoltre, chiarito che, da parte delle due attrici, non vi è mai stata alcuna volontà di accollarsi le spese in esame. Concludendo, alla luce delle argomentazioni sin qui esposte, l'impugnazione tempestivamente formulata (tenuto conto che è risultato incontestabilmente che: la delibera del 14.11.2014 è stata posta a conoscenza dell'istante (...) il 10.12.2014 e dell'istante (...) il 18.12.2014; le istanti provvedevano ad inoltrare istanza di mediazione presso apposito Organismo, comunicato all'Amministratore del Condominio a mezzo pec il 8.01.2015; l'incontro veniva fissato il 24.02.2015 e si conchiudeva con esito negativo per l'assenza della parte - qui convenuta- chiamata in mediazione; l'atto di citazione, infine, risulta notificato il 20.03.2015) è fondata e, per l'effetto, la delibera assembleare del 14.11.2014 adottata dal (...) va annullata. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, in applicazione dei parametri dettati dal D.M. 55/2014, come modificati dal D.M. 147/2022 sotto la cui vigenza si è esaurita l'attività processuale e difensiva, tenuto conto dello scaglione di riferimento, concretamente rapportati alla natura e complessità delle questioni trattate e all'attività processuale e difensiva espletata e con attribuzione al procuratore costituito avv. (...) che ne ha fatto richiesta, dichiarandosi antistatario. P.Q.M. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, IV Sezione Civile, nella persona del G.o.p., dott.ssa Maddalena Natale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) e (...) nei confronti del (...), sito in Caserta alla (...) in persona dell'amministratore p.t., disattesa ed assorbita ogni diversa istanza e conclusione, così provvede: 1) Accoglie la domanda e, per l'effetto, annulla la delibera del 14.11.2014; 2) Condanna il (...) convenuto al pagamento delle spese processuali nei confronti delle attrici, che liquida in Euro. 2.150,00 per compenso professionale, Euro. 264 per spese vive, oltre rimborso spese forfetarie del 15%, IVA e C.P.A. come per legge, che attribuisce all'avv. (...) antistatario. Così deciso in S. Maria C.V., lì 10 giugno 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere I Sezione Civile in persona del Gop Dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero (...) del Ruolo generale degli affari civili contenziosi dell'anno 2013 Avente a oggetto: "(...) danni a cose" TRA (...) (C.F.: (...)) e (...) (C.F.: (...)), rapp.ti e difesi dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore sito in (...) alla (...) n. (...) - (...) - Attori - E (...) (C.F.: (...)), rapp.ta e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore sito in (...) di (...) alla Via S. (...) n. 1. - Convenuta in riconvenzionale - E (...) (C.F.: (...)), in qualità di erede dell'(...) (C.F.: (...)), rapp.ta e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in (...) di (...) alla via (...). - Convenuta - NONCHE' (...) s.r.l., in persona del l.r.p.t., (C.F.: (...)), rapp.ta e difesa dall'avv. (...) e avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei difensori sito in (...) alla via (...) - (...) chiamata in causa - SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Dopo aver esaminato gli atti di causa e prima di procedere ad ogni loro definitiva valutazione, deve darsi atto che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello "svolgimento del processo" e, dunque, ai sensi del combinato disposto degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., immediatamente applicabili ai giudizi pendenti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 69/2009, essa viene redatta indicando succintamente le ragioni di fatto e di diritto della decisione, ben precisando che, trattandosi di disposizione normativa dettata con la evidente finalità di accelerazione ai fini della produzione della sentenza, deve ritenersi consentito al giudice di pronunciare quest'ultima, considerando integralmente richiamati dalla presente pronuncia sia l'atto introduttivo, le comparse di costituzione dei convenuti, sia tutti gli altri scritti difensivi delle parti e i verbali delle udienze in cui la causa è stata trattata, istruita e discussa. Ai fini della decisione è sufficiente rappresentare che, con atto di citazione ritualmente notificato, i coniugi (...) e (...) convenivano in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, la sig.ra (...) e l'(...) per ivi sentirli condannare, ciascuno per la propria parte, ovvero in solido tra loro, all'esecuzione dei lavori di risistemazione dell'intero versante in frana attinente al fondo ubicato in (...) al km 50,350 della (...) 336, di proprietà degli attori - ad integrazione di quelle effettuate a seguito dell'accordo transattivo sopraggiunto il (...) durante il procedimento per A.T.P. incardinato presso il Tribunale di S. (...) C.V., contraddistinto al n. R.G. (...)/2011 - per eliminare le criticità originate dalla frana provocata, nell'anno 2010, dalle svariate modifiche apportate al sovrastante fondo limitrofo di proprietà della convenuta (...) oltre al risarcimento dei danni connessi al verificarsi della frana anzidetta, con vittoria di spese ed onorari di lite. Con regolare comparsa di risposta, si costituiva in giudizio la sig.ra (...) che esponeva di aver sopportato, in ottemperanza alla scrittura privata del 02.08.2011, i costi degli interventi necessari al riequilibrio del terreno di proprietà degli istanti, appaltati alla CO. (...) s.r.l. - nei confronti della quale chiedeva disporsi la vocatio in ius - e diretti dall'(...) agendo in via riconvenzionale contro quest'ultimi per accertare le rispettive inadempienze e concludendo per il rigetto della domanda attorea, con vittoria di spese ed onorari di causa. Altresì, con comparsa di risposta regolarmente depositata, si costituiva in giudizio l'(...) il quale, nel sostenere la validità delle opere regolamentate dalle convenute intese transattive, caldeggiava la reiezione dell'avversa domanda, con vittoria delle spese processuali. Autorizzata la chiamata in causa spiegata ai sensi dell'art. 269 c.p.c., con rituale comparsa di risposta si costituiva in giudizio CO. (...) s.r.l. in persona legale rapp.te p.t., che instava per il diniego delle azioni intraprese nei suoi confronti, con vittoria di spese ed onorari di giudizio. Con provvedimento del 03.10.2016, il G.U., Dott.ssa (...) originaria titolare del fascicolo, preso atto del decesso del convenuto (...) dichiarava l'interruzione del processo che veniva ritualmente riassunto nei confronti della sig.ra (...) erede del defunto (...) che si costituiva in giudizio con comparsa di risposta con la quale si riportava integralmente alle difese del proprio dante causa. Esaurita la fase istruttoria - attraverso l'escussione dei testi indicati e la nomina di un C.T.U. - all'udienza del 24.07.2023 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali. MOTIVI DELLA DECISIONE In via preliminare si da atto che il procedimento è pervenuto sul ruolo di questo giudice in data (...). Ai fini del thema decidendum, va delibata la natura della transazione intervenuta nel corso del procedimento ex art. 696 c.p.c. - instaurato innanzi al Tribunale di S. (...) C.V., R.G. n. (...)/2011 - teso ad accertare che la causa della frana risalente all'anno 2010, precipitata sul versante di proprietà degli attori, fosse riconducibile all'esorbitante afflusso ed accumulo delle acque meteoriche provenienti dal sovrastante fondo limitrofo di proprietà della convenuta (...) Dal disposto di cui all'art. 1976 c.c. è possibile individuare due tipi di transazione, quella conservativa e quella novativa, che si distinguono a seconda del rapporto tra pattuizione originaria e nuovo accordo. Per stabilire il discrimen fra i 2 istituti, va rammentato che: "In materia di transazione novativa, è necessario che l'accordo raggiunto dalle parti disciplini per intero il nuovo rapporto negoziale, ricorrendo altrimenti una novazione conservativa, perché la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un diverso rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche. Di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l'"animus novandi", consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l'"aliquid novi", inteso come mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto" ((...) Cass. Sez. 1 Ordinanza n. 7194 del 13/03/2019). Nel caso di specie, dal tenore letterale dell'accordo transattivo, stipulato il (...), si evince che (...) veniva onerata delle spese - comprese quelle operative d'impresa ed eventuali varianti - indicate nel progetto redatto dall'(...) per l'esecuzione dei lavori di sistemazione del terreno di proprietà dei coniugi (...) e (...) (art. 1). (...) del carteggio accessorio alla presentazione del progetto, nonché delle domande atte al conseguimento delle autorizzazioni amministrative propedeutiche ai lavori, spettava all'(...) (art. 3). Le parti, nel ritenere compensate le spese legali (art. 5), rinunciavano, l'una nei confronti dell'altra, a qualsiasi azione per i fatti ed i danni lamentati con il ricorso per A.T.P. - pendente avanti al Tribunale di S. (...) C.V. ed iscritto al n. (...)/2011 R.G. (art. 6) - e dichiaravano di non aver reciprocamente null'altro a che pretendere (art. 7). Ne discende l'indubbia volontà delle parti, desumibile anche per facta concludentia ((...) Cass. n. 11330/1997), di abbandonare il contenzioso insorto tra di loro e di regolare, ex novo, i rapporti tra gli stessi intercorrenti. Le parti, invero, acconsentendo all'attuazione dei lavori invocati dagli attori ed abdicando alle ulteriori istanze predicate in sede di A.T.P., acquisivano la titolarità di diritti e di interessi obiettivamente incompatibili con quelli preesistenti all'accordo transattivo. In virtù del nuovo assetto negoziale, sostitutivo delle precedenti obbligazioni dacché caratterizzato da condizioni giuridiche ed economiche radicalmente divergenti, la transazione al vaglio va qualificata come novativa. Ne consegue che il venir meno di quanto amichevolmente concordato non determina la reviviscenza degli obblighi originari, a differenza di ciò che avviene nella transazione conservativa, dal momento che la situazione sulla quale è venuta ad innestarsi l'accordo transattivo è stata ormai rimossa, senza che le parti vi abbiano prestato quiescenza ((...) Cass., sez. III, del 26.01.2006, n. 1690). Pertanto, le doglianze evocate nella presente controversia vanno indagate limitatamente al contenuto dell'intercorsa transazione, restando preclusa la verifica delle pretese precedenti - fra cui quelli restitutorie e risarcitorie - ormai non più in essere. Beninteso, gli attori deducevano l'imperfezione dei lavori, regolamentati dall'interposto accordo transattivo, svolti sul fondo di loro proprietà, pacificamente commissionati dalla convenuta (...) alla CO. (...) s.r.l. A supporto dei propri assunti difensivi, richiamavano la perizia del Dr. (...) D'(...) nominato C.T.U. nell'ambito del ricorso per A.T.P., contrassegnato al n. R.G. 3765/2012, dagli stessi promosso innanzi al Tribunale di S. (...) C.V. (...), con argomentazioni che questo Giudice fa proprie, in quanto immuni da vizi logici e tecnici, affermava che: "...La porzione di versante di proprietà dei ricorrenti fu interessata, negli ultimi mesi del 2010, da diffusi smottamenti di terreno, (vedi ATP dott. (...) del 02/08/2011) causati dai lavori di sbancamento che la (...)ra (...) realizzò sul proprio fondo, posto immediatamente a monte della proprietà (...) e (...) Tali lavori, alterando significativamente l'orografia dell'area, quindi, anche la regimentazione idraulica della stessa, determinarono l'infiltrazione delle acque di ruscellamento episuperficiale in zone dove invece precedentemente la stessa ruscellava senza conseguenze per la stabilità delle aree. Tali infiltrazioni provocarono l'imbibizione dei terreni con conseguenti diffusi smottamenti di masse verso valle. Così come previsto dall'accordo conciliativo del 02-08-2011, vennero eseguiti dei lavori di sistemazione del versante così come da progetto realizzato dall'ing. (...) Tali lavori consistettero nella realizzazione di quattro scarpate complete di cunetta sagomata posizionata alla base della scarpata. Attualmente l'area risulta essere interessata da diffusi fenomeni di instabilità. I lavori realizzati per la sistemazione del versante in frana non risultano perfettamente conformi a quanto stabilito nell'accordo conciliativo del 02/08/2011. Essi differiscono per aver cambiato la direzione di deflusso delle acque di ruscellamento intercettate dalle cunette. Tutta la progettazione di sistemazione del versante è stata effettuata senza il supporto di un'indagine geognostica - geotecnica .... propedeutica alla progettazione...."; "....Si ritiene che gli interventi realizzati nell'accordo conciliativo del 02.08.2011 non siano idonei ad impedire il verificarsi di fenomeni franosi per il futuro". Orbene, in corso di causa veniva nominato C.T.U. l'Ing. (...) D'(...) le cui valutazioni appaiono condivisibili, il quale ribadiva che: "...nel corso del primo sopralluogo si è riscontrata la presenza di un collettore secondario che ci spinge ad affermare che esistono effettivamente delle difformità tra i lavori commissionati e quelli realmente eseguiti sul fondo degli attori"; "...essendo lo smottamento stato determinato da un incremento delle acque di infiltrazione causato a sua volta dalla creazione del piazzale a monte, l'intervento progettato dall'ing. (...) finalizzato alla regimentazione delle acque di ruscellamento, è risultato inefficace in quanto non in grado di regimentare le acque di infiltrazione. (...) parte la "bozza di progetto" di sistemazione idraulico-agraria redatta dall'ing. (...) era volta alla regimentazione delle sole acque superficiali e non delle acque di infiltrazione; infatti, i lavori di cui all'accordo conciliativo prevedevano la "sistemazione del terreno" (e quindi la regimentazione delle acque superficiali) e non la sistemazione di un versante di frana (e quindi anche la regimentazione delle acque di infiltrazione)"; "...per poter mettere in sicurezza l'area sono necessari lavori di risagomatura delle scarpate, di costruzione di nuove canalette con adeguata dimensione e pendenza, di realizzazione di dreni suborizzontali e di un rivestimento delle scarpate con reti antierosive. Si ribadisce però che per poter procedere ad una progettazione "efficace" è necessario ricorrere in primo luogo ad uno studio idrologico della zona ed in secondo luogo a delle indagini geotecniche-geognostiche"; "...In sede di sopralluogo lo scrivente ha potuto constatare che il movimento franoso, ad oggi, non ha interessato l'immobile degli attori, pertanto non si ritiene che lo stesso abbia subito danni. Sulla parte del versante in movimento sono presenti alcuni alberi ed arbusti ma non sono presenti coltivazioni. È chiaro che, se la situazione di dissesto si protrarrà nel tempo, potranno esserci danni che ad oggi, però, non sono quantificabili". A tal proposito, in sede di chiarimenti, il C.T.U., a seguito di sopralluogo con ditta specializzata, preventivava in euro 11.720,00 il costo delle indagini geognostiche propedeutiche all'intervento a farsi. Dall'istruttoria espletata e dalle relazioni peritali in atti non può attribuirsi alcuna responsabilità all'(...) il quale, ebbe a redigere una bozza di progetto di sistemazione idraulico agraria volta alla regimentazione delle sole acque superficiali e non delle acque di infiltrazione. In particolare, il (...) D'(...) ha accertato che: "....la sig.ra (...) realizzava, sul proprio fondo a monte del fondo di proprietà dei coniugi (...) uno sbancamento e livellamento dei pendii finalizzati alla creazione di un ampio piazzale privo però di opere atte alla regimentazione delle acque meteoriche ad eccezione di un fosso di scolo a monte del piazzale. Detti lavori hanno senza ombra di dubbio alterato le condizioni idrologiche (per la precisione l'equilibrio idrodinamico) dell'area in oggetto determinando conseguenzialmente problemi di stabilità del versante. (...) progettato dall'ing. (...) finalizzato alla regimentazione delle acque di ruscellamento, è risultato inefficace in quanto non in grado di regimentare le acque di infiltrazione. Dai verbali redatti dalle parti nel corso del procedimento R.G. (...)/11 ed in particolare dal verbale numero quattro (4) del 27 luglio 2011, al punto 1) si legge: " Per il ripristino del fondo (...) le parti dichiarano di aver preso visione del progetto redatto dall'(...) ( tecnico parte convenuta (...) e di averlo ritenuto idoneo ai fini della transazione". Il progetto redatto dall'(...) era finalizzato alla realizzazione di opere di sistemazione idraulica e precisamente: " sistemazione con terrazzamento e livellamento del pendio per la realizzazione di quattro scarpate.... Al piede di ciascuna scarpata verrà realizzata una cunetta sagomata che ha il compito di drenare le acque superficiali ed evitare fenomeni di ruscellamento e il relativo trasporto solido" ( cfr. Permesso a costruire del 15.7.2011) Appare evidente che il progetto realizzato dall'(...) era finalizzato alla regolarizzazione delle sole acque superficiali e non anche delle acqua da infiltrazione. Il Ctu ha individuato la fallacia del progetto nell'inidoneità genetica delle opere in esso contemplate - incapaci di regimentare le acque di infiltrazione - sia nella carenza di investigazioni preliminari (idrologiche e geotecniche-geognostiche) della zona, le quali non erano state però, previste nell'accordo. Va, opportunamente rilevato la congiunta sottoscrizione dell'art. 2 dell'accordo transattivo, mediante il quale le parti, in contraddittorio con i rispettivi legali e tecnici di fiducia, registravano il loro gradimento per il progetto. Difatti, il progetto è stato visionato dagli attori (...) e (...) unitamente al loro tecnico, esperto in materia, e lo hanno ritenuto idoneo e soddisfacente per la sistemazione del loro terreno e per il ripristino dello stato dei luoghi. Sulla base del suddetto progetto le parti hanno raggiunto un accordo transattivo ( cfr. verbale n. 5 del 2/8/2011), senza sollevare alcuna contestazione. Pertanto, le opere da realizzare erano ben conosciute dagli attori e dal proprio tecnico di fiducia ed alcuna responsabilità può essere ravvisata in capo all'(...) il quale ha redatto un progetto e diretto i lavori per la sistemazione idraulico - agraria del terreno volta alla regimentazione delle sole acque superficiali e non della regolarizzazione delle acque di infiltrazione, non previste in progetto. In virtù di quanto suesposto la domanda proposta nei confronti di (...) va rigettata. Per quel che concerne la convenuta (...) va rilevato che la stessa - fornendo la prova documentale del saldo dei lavori appaltati (infra: A/B n. 1.014.941.830-06, dell'importo di euro 5.000,00) - ha dimostrato di aver adempiuto agli obblighi scaturenti dalla transazione. Per quel che riguarda la società CO. (...) s.r.l., terzo chiamato in causa, va precisato che: "l'appaltatore, anche quando sia chiamato a realizzare un progetto altrui, è sempre tenuto a rispettare le regole dell'arte e a controllare, nei limiti delle sue cognizioni e in relazione alla perizia e alla capacità tecnica esigibili nel caso concreto, la bontà delle istruzioni impartite dal committente, ovvero la presenza di errori imputabili al progettista o al direttore dei lavori, potendo andare esente da responsabilità, qualora ravvisi palesi incongruità, soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso" ((...) Cass. n. 17819/2021). Ciò posto, va evidenziato che alcun addebito va imputato alla CO. (...) s.r.l. in quanto, non avendo i C.T.U. mosso censure in tal senso, le maestranze eseguite dalla stessa vanno considerate rispettose della regola dell'arte. Dalle risultanze istruttorie ed in particolare dalle dichiarazioni dei testi, risulta che l'impresa appaltatrice, non avendo libertà decisionale, si limitava ad eseguire gli ordini del progettista/direttore quale nudus minister ( cfr. dichiarazioni del teste (...). Peraltro, nonostante l'uso dell'ordinaria diligenza, la medesima impresa appaltatrice non poteva avere cognizione dell'inidoneità della progettazione, sia per i difetti congeniti della stessa, sia perché estranea al negozio transattivo nell'ambito del quale il progetto è stato inserito. In definitiva, va rigettata la domanda proposta dagli attori nei confronti dell'(...) e (...) Vanno altresì rigettate le ulteriori istanze risarcitorie e restitutorie, in primis perché con l'accordo transattivo , al punto 4) gli attori hanno accettato la somma di euro 3.500,00 dalla convenuta (...) a titolo forfettario e hanno dichiarato di essere completamente soddisfatti, di non avere null'altro a pretendere e di rinunciare a qualsiasi azione per i fatti di cui al ricorso per ATP (art. 6 verbale n. 5 del 2/8/2011) ed anche perché il CTU ha accertato in corso di sopralluogo che il movimento franoso non ha interessato l'immobile degli attori e che lo stesso non ha subito danni. Alla luce delle suesposte ragioni, resta implicitamente assorbita anche la domanda riconvenzionale spiegata dalla convenuta (...) Spese processuali (...) conto dei motivi della decisione, delle questioni trattate, della natura della controversia e dell'accordo transattivo, si ritengono sussistenti giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite. Le spese di (...) sono poste definitivamente in solido a carico degli attori e dei convenuti (...) e (...) quale erede dell'(...) P.Q.M. Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla controversia R.G. (...)/2013, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta così provvede: 1. Rigetta la domanda proposta dagli attori (...) e (...) nei confronti di (...) e di (...) in qualità di erede dell'(...) 2. Rigetta le ulteriori domande risarcitorie e restitutorie proposte dagli attori (...) e (...) nei confronti di (...) e di (...) in qualità di erede dell'(...) 3. Rigetta la domanda riconvenzionale proposta da (...) nei confronti della (...) s.r.l., in persona legale rapp.te p.t.; 4. (...) interamente compensate tra le parti le spese di lite; 5. Le spese di (...) sono poste definitamente in solido a carico degli attori e dei convenuti (...) e (...) quale erede dell'(...) Così deciso in Latina il 6 maggio 2024. Depositata in Cancelleria il 6 maggio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE PRIMA SEZIONE CIVILE In composizione monocratica, in persona del giudice onorario dott.ssa Carmela Sorgente ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 6846/2016 R.G.A.C., avente ad oggetto "somministrazione" TRA (...), in persona legale rapp.te p.t., rapp.to e difeso dall'avv. (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in S. Maria C.V. (CE) alla (...). - Attore - E (...) in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso dall'avv. (...), elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in Gioia Sannitica (...). - Convenuto - CONCLUSIONI DELLE PARTI: come in atti MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Preliminarmente, deve darsi atto che la presente sentenza viene estesa senza la concisa esposizione dello "svolgimento del processo" e, dunque, ai sensi delle indicazioni di cui al secondo comma dell'art. 132 c.p.c., come modificato per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Pertanto, devono, all'uopo, considerarsi integralmente richiamati dalla presente pronuncia, sia gli atti introduttivi e di costituzione delle parti sia i verbali delle udienze nonché i provvedimenti assunti. Per quanto è utile alla decisone è sufficiente ricordare che, con atto di citazione ritualmente notificato, il (...), in persona legale rappresentante p.t., conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale di S.M.C.V., il (...) (...), in persona del Sindaco p.t., onde ottenere la condanna dell'ente al pagamento dell'importo di euro 170.467,87 - riferibile a plurime fatture afferenti alla gestione dei servizi relativi al ciclo integrato dei rifiuti - oltre al risarcimento dei danni da quantificarsi in corso di causa, con vittoria di spese ed onorari di lite. Con regolare comparsa di risposta, si costituiva in giudizio il (...), in persona del Sindaco p.t., che avversava la domanda spiegata dall'istante, chiedendone il rigetto, con vittoria di spese ed onorari di causa. Autorizzato lo scambio delle note di cui all'art. 183 comma VI c.p.c., l'iter processuale si sviluppava attraverso la concessione dei termini per l'articolazione dei mezzi istruttori e l'escussione dei testi indicati. All'udienza del 26.06.2023, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali. In limine litis, vanno disattese le censure mosse in ordine all'improcedibilità della domanda per aver, parte attrice, contravvenuto alla clausola compromissoria contemplata dall'art. 5 del contratto sottoscritto dalle parti. L'art. 5 in parola, recita testualmente: "Tutte le controversie inerenti il presente contratto saranno devolute alla cognizione di un collegio arbitrale composto da tre arbitri, che deciderà ritualmente secondo diritto ed equità. Ciascuna delle parti dovrà quindi nominare il proprio arbitro e gli arbitri così nominati indicheranno poi il terzo, al quale poi andranno le funzioni di Presidente. In ipotesi di disaccordo si applicherà quanto previsto dal Codice di Procedura Civile". I requisiti dell'obbligatorietà e dell'onnicomprensività che connotano la clausola compromissoria al vaglio fanno desumere che le parti abbiano inteso addivenire alla stipula di una convenzione di arbitrato irrituale. Invero, il carattere rituale o irrituale dell'arbitrato va indagato con riguardo alla volontà delle parti, secondo che sia stata rimessa agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice oppure una soluzione conciliativa: sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno infatti natura privata e la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che con il primo le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, bensì va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono pervenire ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'art. 825 c.p.c., con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre nell'arbitrato irrituale esse intendono affidare all'arbitro (o agli arbitri) la soluzione di controversie (insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici) soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà (Cfr.: Cass. 01/04/2011 n. 7574; Cass. 21/07/2010 n. 17114; Cass. 12/10/2009 n. 21585). Nel caso di arbitrato irrituale, la relativa eccezione - configurando una questione preliminare di merito anziché di giurisdizione - deve essere fatta valere, a pena di decadenza, all'atto della tempestiva costituzione in giudizio (Cfr. Cass. civ., S.U. sent. n. 19473/2016; Cass. civ., Sez. Il, sent. n. 21177/2019). Sicché, intervenendo tardivamente nel processo con atto depositato telematicamente il 05.12.2016 -contestualmente alla celebrazione dell'udienza di prima comparizione - l'ente comunale è decaduto dall'exceptio compromissi. Nel merito, la domanda spiegata da parte attrice non merita accoglimento per le ragioni appresso esplicitate. In tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, come noto, il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto modificativo o estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. S.U. 13533/2001); tale spostamento dell'onere probatorio - in deroga alla regola generale sancita dall'art. 2697 c.c. - trova giustificazione nel rispetto del principio di riferibilità o di vicinanza della prova, il quale tiene conto delle concrete possibilità per le parti processuali di provare fatti o circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. In altre parole, in tal modo si evita che il creditore-attore debba fornire la difficile prova del fatto negativo costituito dall'altrui inadempimento (Cfr. ex multis, Cass. civ., Sez. Unite, 30.10.2001, n. 13533 cit.; Cass. civ., Sez. Unite, 24.03.2006, n. 6572). Ciò posto, a sostegno delle proprie pretese creditorie, parte attrice produceva svariate fatture - che presentavano un saldo di euro 82.519,99 al 31.12.2009, di euro 78.781,21 per l'anno 2011 ed euro 9.166,67 per l'anno 2012 - emesse in esecuzione del contratto di servizio di igiene urbana intercorso tra le parti. Siffatta documentazione contabile veniva prontamente e dettagliatamente deplorata dall'ente convenuto, che rilevava la non debenza delle somme richieste in pagamento imputando inoltre, all'istante, molteplici inadempimenti contrattuali. A fronte delle contestazioni dell'amministrazione comunale, parte attrice era tenuta a dimostrare rigorosamente il proprio credito in quanto le fatture, sebbene rappresentino idonea prova scritta ai fini della emissione del decreto ingiuntivo, nel giudizio di opposizione - e in ogni altro giudizio - non valgono a fondare le pretese avanzate dal creditore (Cfr.: Cass. n. 299/2016). Orbene, dal compendio istruttorio emerge che l'istante non ha fornito la prova degli insoluti oggetto del presente procedimento, limitandosi a dedurre la loro natura documentaria e le pattuizioni dalle quali gli stessi scaturiscono. Di contro, l'ente convenuto ha documentalmente provato - infra: mandati di pagamento e delibera del 23.06.2011 - sia la regolare liquidazione degli importi fatturati che l'insussistenza, per la revoca del servizio di affidamento, dei corrispettivi contabilizzati successivamente al mese di giugno 2011. Altresì, i testi escussi dall'amministrazione comunale hanno confermato che essa, di comune accordo con il concessionario, in talune occasioni si faceva carico delle spese necessarie per garantire l'essenzialità del servizio salvo scomputarle dalle competenze spettanti all'istante. Al riguardo, va evidenziato che il teste di parte attrice ribadiva: "...il (...) ad un certo punto era costretto a chiedere al CP_1 di anticipare i costi del personale e riversare alla differenza del canone...". In definitiva, la domanda attrice risulta infondata e va rigettata. Compensa le spese. P.Q.M. il Tribunale di S. Maria C.V., definitivamente pronunciando, così provvede: 1) rigetta la domanda; 2) Compensa le spese. Così deciso in S. Maria C.V., in data deposito (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE SEZ. III CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice unico, dott.ssa Arlen Picano ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2107/2021 promossa da: (...), rappresentato e difeso dall'Avv. (...), elettivamente domiciliato presso lo Studio (...) in Piedimonte Matese (CE), alla (...) - attore - nei confronti di (...), rappresentati e difesi dall'Avv. (...), presso il cui studio elett.te domiciliano in Alife, alla (...) -convenuti- nonché di (...) rapp.ta e difesa dall'avv. (...), elett.te domiciliata in Capua (CE), alla (...) -terzo chiamato in garanzia- OGGETTO: danni da infiltrazione CONCLUSIONI: come da note di trattazione scritta udienza cartolare del 19.12.2023 IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione, regolarmente notificato, il Sig. (...) citava in giudizio i convenuti, al fine di sentirli condannare, previo accertamento della loro esclusiva responsabilità per i danni arrecati ai locali di sua proprietà, ubicati in Alife (CE), alla (...), a causa delle infiltrazioni provenienti dal loro terrazzo, ad eseguire i lavori di rifacimento del terrazzo, nonché al ripristino dei locali danneggiati, ovvero al pagamento in suo favore dell'equivalente monetario per la realizzazione degli stessi, nonché al risarcimento dei danni per mancato guadagno, parametrato al valore locativo, nella non locato a causa delle predette infiltrazioni. Si costituivano in giudizio i convenuti, eccependo l'improcedibilità della domanda per difetto di mediazione e contestandone la fondatezza nel merito. Inoltre, chiedevano di essere autorizzati a chiamare in garanzia la società assicurativa (...) con la (...) avevano stipulato apposita polizza, ed agivano con domanda riconvenzionale per l'accertamento del debito maturato dall'attore nei loro confronti, per non aver mai contribuito alle spese di manutenzione della terrazza. Autorizzata la chiamata della compagnia assicurativa, si costituiva (...) eccependo l'inoperatività della polizza, non rientrando le cause del danno nelle condizioni previste dal contratto e contestando la domanda principale. La causa, istruita attraverso l'espletamento di ctu, all'udienza del 19.12.2023, celebrata in modalità cartolare, veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 cpc. Così sinteticamente compendiato l'iter processuale, si osserva quanto segue. In via preliminare, va disattesa l'eccezione all'improcedibilità sollevata da parte convenuta e dalla terza chiamata, per mancato esperimento della mediazione, per le ragioni già esplicitate nell'ordinanza del 06.10.2021, ossia perché la causa verte in materia accertativa e risarcitoria. Sul punto, va ulteriormente precisato, che la mediazione obbligatoria è un procedimento previsto per risolvere alcune tipologie di controversie tra condomini, come stabilito dall'articolo 71 quater delle disposizioni per l'attuazione del Codice civile. In particolare, la mediazione è obbligatoria per controversie derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni riguardanti il condominio, mentre non è obbligatoria quando la domanda, come nel caso in esame, è riconducibile al risarcimento da fatto illecito ai sensi dell'articolo 2051 c.c. Nel merito, va innanzitutto premesso, che codesto giudicante ritiene che la fattispecie in esame rientri nel c.d. condominio minimo. La Suprema Corte, sul punto, ha chiarito che uno dei presupposti per avere il condominio minimo è che ci siano due proprietari che condividano delle parti comuni, per cui la sua configurazione non dipende dal numero di unità immobiliari, ma dalla presenza di parti comuni (Cass. Sent. n. 27360/2016). Gli Ermellini hanno infatti precisato che anche due case indipendenti a schiera, che condividono un muro divisorio, potrebbero essere considerate alla stregua di condominio minimo. Per "parti comuni" si intendono quelle indicate dall'articolo 1117, numeri 1, 2 e 3 c.c.: il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i vestiboli, i portici, i cortili, tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune. Nel caso in esame, l'edificio sarebbe costituito solamente da tre unità immobiliari distinte: due al piano terra ad uso commerciale, di proprietà dell'attore ed una al piano primo, adibita a studio legale, di proprietà dei convenuti; anche se le unità di proprietà di parte attrice hanno un ingresso autonomo, tuttavia hanno in comune con l'unità dei convenuti il suolo, le fondazioni, i muri maestri e la terrazza oggetto di contenzioso, per cui deve ritenersi che l'unità immobiliare che comprende gli immobili delle odierne parti in causa configuri un condominio minimo, avendo gli immobili in questione delle parti in comune secondo l'accezione dell'art. 1117 c.c. Ciò precisato, è pacifico che al c.d. condominio minimo si deve applicare la disciplina prevista per il condominio negli edifici. In riferimento alla qualifica della terrazza di proprietà esclusiva dei convenuti, va osservato che la stessa è paragonabile, da un punto di vista giuridico, ad un lastrico solare, trattandosi di una terrazza a livello e quindi soggetta, in tema di ripartizione delle spese per la sua manutenzione, a quanto disposto dall'art. 1126 c.c. Si ritiene utile ricordare che il lastrico solare è una parte di un edificio che, pur praticabile e piana, resta un tetto o, quanto meno, una copertura di ambienti sottostanti, mentre la terrazza è un ripiano anch'esso di copertura, ma che nasce già delimitato all'intorno da balaustre, ringhiere o muretti; per definizione, la terrazza a livello è quella parte dell'edificio di cui gode esclusivamente un condomino, in quanto la struttura è accessibile solo dalla sua unità immobiliare, e che contemporaneamente funge anche da copertura a una o più unità immobiliari. Di norma, la terrazza si presenta come un ripiano scoperto, costruito per lo più a copertura dell'edificio stesso e recintato da un parapetto, così da consentire l'affaccio. La terrazza a livello, quindi, ha una doppia anima: da un lato, rappresenta un'estensione della singola proprietà privata e, dall'altro, funge da copertura per i piani sottostanti dell'edificio. Per queste sue caratteristiche, la terrazza a livello non deve necessariamente trovarsi sulla sommità dell'intero edificio, potendo sovrastare anche solo una parte del fabbricato. Poiché la terrazza a livello, anche quando è di proprietà esclusiva, conserva un'essenziale funzione di copertura dell'edificio, la manutenzione della stessa, in tema di ripartizione delle spese, è soggetta alla disciplina di cui all'art. 1126 c.c.: tanto nel caso di manutenzione e conservazione che in quello di risarcimento dei danni da infiltrazioni, le spese della terrazza a livello (o lastrico solare) che è causa del danno andranno così divise: 1/3 il proprietario o usuario esclusivo; 2/3 i restanti condòmini, in proporzione del valore del piano o della porzione di piano di ciascuno. La Suprema Corte ha chiarito che "In tema di condominio di edifici, costituisce terrazza a livello, agli effetti del concorso nelle spese di riparazione o di ricostruzione come nella responsabilità per i danni da infiltrazioni nell'appartamento sottostante, in base ai criteri di cui all'art. 1126 c.c., altresì la superficie scoperta che, benché non posta sulla sommità del fabbricato ed incassata nel corpo dello stesso, sia collocata al sommo di alcuni vani e nel contempo sullo stesso piano di altri, dei quali forma parte integrante strutturalmente e funzionalmente, e sia destinata perciò tanto a coprire la verticale di edificio sottostante, quanto a dare affaccio e ulteriori comodità all'appartamento cui è collegata" (Cass. Sent. n. 35316 del 18 novembre 2021). Tale pronuncia, del resto, si pone in continuità con la giurisprudenza precedente, richiamata anche da parte convenuta, secondo cui "La terrazza a livello, con funzione di copertura e protezione dagli agenti atmosferici dei vani sottostanti (ancorché appartenenti, come nella specie, ad unità immobiliari rientranti in edifici autonomi, ma tra loro materialmente congiunti) deve ritenersi bene di proprietà condominiale, ex art. 1117 c.c., giacché, svolgendo la medesima funzione del lastrico solare, è necessaria all'esistenza stessa del fabbricato; né osta a tale conclusione la circostanza che ad essa si acceda da un appartamento contiguo (ubicato, nella specie, in uno degli edifici coperti ed) al cui servizio pertinenziale la terrazza è destinata, non pregiudicando tale destinazione i diritti dei condomini sulla cosa comune, ex art. 819 c.c., né essendo il regime di comunione escluso dal solo fatto che uno o più comproprietari traggano dal bene utilità maggiori rispetto ad altri ed occorrendo, al contrario, che la deroga all'attribuzione legale al condominio, con assegnazione della terrazza a livello in proprietà od uso esclusivi, risulti da uno specifico titolo, mediante espressa disposizione nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione del titolare di un diritto reale, a prescindere dalla natura reale o personale del diritto così costituito" (Cass. Sez. 2, Ord. n. 20287 del 23/08/2017) La consulenza in atti, a firma dell'arch. (...) ha confermato sia l'esistenza dei danni lamentati dall'attore alle unità immobiliari di sua proprietà sia la loro riconducibilità alla terrazza de qua, infatti si legge testualmente alla pag. 25 dell'elaborato peritale: "Dalle indagini termografiche e strumentali effettuate risulta che le infiltrazioni rilevate sono inequivocabilmente di tipo meteorico causate da una diretta conseguenza del carente stato di manutenzione del lastrico solare, o in alcuni casi di assenza totale di strato impermeabilizzante al di sotto della pavimentazione, e, mediante la metodologia dei gas traccianti, sono stati individuati diversi punti di infiltrazione. Quando una copertura/terrazzo risulta sprovvisto di impermeabilizzazione, o essa risulti danneggiata in più punti e fortemente pregiudicata, le infiltrazioni d'acqua saranno pressoché inevitabili. Una delle principali cause delle infiltrazioni d'acqua nel terrazzo, è costituita dal degrado dei componenti impermeabilizzanti". Per quanto riguarda i lavori da eseguirsi per l'eliminazione dei vizi all'origine delle infiltrazioni, secondo il ctu sarebbe necessario: "un rifacimento completo dell'impermeabilizzazione del lastrico solare comprensiva del sottostante massetto delle pendenze, con la finalità di garantire un corretto deflusso delle acque meteoriche. Intervenire infatti in maniera puntuale, non risolverebbe completamente le problematiche riscontrate, diffuse comunque in diverse aree del lastrico solare. Dunque, si prevede di effettuare, per il lastrico solare, la completa rimozione di tutti gli elementi presenti sul lastrico solare, ovvero pavimentazione e battiscopa, smontaggio porte finestre, rimozione dell'impermeabilizzazione esistente, del sottostante massetto ed un rifacimento completo del massetto delle pendenze e dell'impermeabilizzazione che la scrivente ha previsto con una guaina cementizia di protezione del massetto. La scrivente ritiene inoltre necessaria la posa di uno strato impermeabilizzante al di sopra del solaio esistente. Le membrane di protezione del massetto sono pensate per proteggere il calcestruzzo del massetto e farlo durare più a lungo, non per garantire, da sole, l'impermeabilizzazione di un pavimento. L'impermeabilizzazione corretta si ottiene abbinando i due sistemi: la guaina in rotoli di materiale bituminoso e la membrana di protezione del massetto. Inoltre, è importante che la posa del manto impermeabile venga realizzata a regola d'arte, al fine di garantire la continuità anche in punti critici come attacchi della ringhiera, scarichi, canalette, raccordi tra verticale e orizzontale, soglie e raccordi pavimento/parete. L'operazione consiste, per lo strato impermeabilizzante da posare sul solaio, nell'incollare uno dopo l'altro tutti i fogli necessari a ricoprire l'intera superficie, ma con l'accortezza di sovrapporli di almeno 10 cm l'uno altro. Le stesse giunzioni andranno sigillate con il cannello a gas. L'accavallamento dei bordi è necessario per evitare che si formino zone non protette, da cui l'acqua si possa infiltrare. Nel punto di raccordo della superficie piana con pareti verticali deve essere realizzato un opportuno risvolto, di altezza superiore a quella dove si prevede possa arrivare l'acqua. Tale altezza non deve essere comunque inferiore a 15 cm" (pag. 34 elaborato). Il ctu ha poi concluso ribadendo che: " 1. i vizi denunciati dal ricorrente risultano effettivamente accertati e le cause dei suddetti vizi sono: - scarsa e/o non adeguata manutenzione del lastrico solare; - errori costruttivi, ovvero posa in opera errata dello strato impermeabilizzante nei punti critici del lastrico solare, soglie e raccordo pavimento/parete; - massetto delle pendenze non adeguato perii corretto smaltimento delle acque meteoriche" Ha poi chiarito che "le cause non sono imputabili ad un "cattivo utilizzo" dello stesso da parte dei sig.ri (...) ovvero le infiltrazioni non sono attribuibili ad interventi specifici realizzati dai proprietari che avrebbero potuto recare danno all'integrità della struttura", il che esclude la possibilità di applicare la deroga al principio di ripartizione delle spese ex art. 1126 c.c., come prevista per l'ipotesi in cui i danni da infiltrazioni sono dovuti ad un comportamento colposo del proprietario esclusivo del lastrico/terrazza, secondo la sentenza della Cassazione n. 8172 del 23 maggio 2012, infatti secondo tale pronuncia, le spese di manutenzione della terrazza ad uso esclusivo, che funga da copertura, possono essere addebitate in via esclusiva al proprietario solo se è ravvisabile una sua condotta colposa nella manutenzione della terrazza, circostanza che, nel caso in esame, risulta esclusa dal ctu. Pertanto, pur ritenendo provati i danni lamentati dall'attore e la loro riconducibilità alla terrazza, tuttavia non potrà riconoscersi la responsabilità esclusiva dei proprietari della stessa, infatti, dovendo applicarsi il criterio di riparto ex art. 1126 cc, delle spese relative ai lavori da eseguirsi all'interno dei locali del (...), solo 1/3 ossia Euro 619,02 potrà addebitarsi ai convenuti, così come per i lavori da eseguire sul terrazzo. Va invece integralmente rigettata la richiesta di risarcimento per mancato utilizzo dell'immobile, in quanto non vi è prova che la mancata locazione dell'immobile sia dipesa dalle infiltrazioni, anzi, lo stesso attore riferiva, nell'atto introduttivo, di aver avuto un'offerta e, da quanto dedotto, sembrerebbe che sia stata una sua decisione non locarlo, per paura dell'aggravarsi delle condizioni dello stesso. Per quanto riguarda la chiamata in garanzia della compagnia assicurativa da parte dei convenuti, va accolta l'eccezione di inoperatività della polizza sollevata dalla compagnia stessa, in quanto non solo i danni lamentati da parte attrice non rientrano tra quelli risarcibili, ai sensi delle condizioni generali di polizza, non derivando né da guasti, né da rotture o da occlusioni di alcun genere, ma dovuti ad infiltrazioni di acque meteoriche libere per insufficiente tenuta impermeabilizzante del terrazzo a livello della proprietà (...) (evento non rientrante tra gli eventi risarcibili), ma, in ogni caso, la polizza coprirebbe solo i danni diretti, cioè danni all'appartamento degli assicurati e non di terzi. In particolare, secondo le disposizioni contenute nella Sezione Responsabilità Civile Terzi, come riportate nelle C.G.P., i danni a terzi dovuti ad infiltrazione e spargimenti d'acqua sarebbero risarcibili sono nel caso in cui lo spargimento d'acqua venisse provocato dalla rottura accidentale di impianti idrici fissi ed al servizio dell'immobile assicurato, circostanza non presente nel caso che ci occupa. Con riferimento alla domanda riconvenzionale proposta dai convenuti, la stessa appare inammissibile, in quanto generica, essendosi parte convenuta limitata a contestare la mancata compartecipazione dell'attore alle spese di manutenzione della terrazza, individuate genericamente in lavori di impermeabilizzazione del terrazzo, al massetto, alla grondaia e alle discese pluviali, con conseguente insorgenza di un debito dell'attore, nei confronti dei convenuti, di importo pari alla quota di spettanza, senza tuttavia precisare quando sarebbero stati realizzati tali lavori e da chi. In ogni caso, non vi sarebbe in atti prova né dell'effettiva esecuzione dei suddetti lavori né delle spese eventualmente sostenute dai convenuti. Visto l'accoglimento parziale della domanda, si ritiene di poter compensare le spese di lite. Per le stesse ragioni si ritiene di poter porre definitivamente le spese di ctu, come già liquidate, a carico di entrambe le parti al 50% P.Q.M. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sez III civile, definitivamente pronunciando sulla causa in oggetto, così provvede: - accoglie parzialmente la domanda di parte attrice e, per l'effetto, condanna i convenuti ad eseguire i lavori di rifacimento della terrazza, come indicati nella ctu, a firma dell'arch. (...) precisando che solo 1/3 delle spese dovrà ritenersi a carico dei convenuti ex art. 1126 cc; - condanna altresì i convenuti al pagamento in favore del sig. (...) della somma di Euro 619,02 pari ad 1/3 delle spese necessarie per il ripristino dei locali attorei, come quantificati dal ctu; - dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale; - spese compensate; - pone le spese di ctu, come già liquidate, definitivamente a carico di entrambe le parti al 50% S.M.C.V., 5 aprile 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere PRIMA SEZIONE CIVILE In composizione monocratica, in persona del giudice onorario dott.ssa (...) ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...)/2014 R.G.A.C. avente ad oggetto "(...) altre ipotesi ex art. 1655 e s.s. c.c." TRA (...) in persona dell'amministratore p.t., rapp.to e difeso dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in (...) 19 -81047 Macerata Campania (...) alla (...) n. 19. - Attore - E (...) individuale (...) in persona dell'omonimo titolare sig. (...) rapp.ta e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore sito in S. (...) C.V. alla Via (...). - Convenuta in riconvenzionale - NONCHE' Ing. (...) rapp.to e difeso dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore sito in (...) alla Via dei (...) 17. - Convenuto in riconvenzionale - (...) come in atti (...) E (...) La sentenza viene redatta in conformità al nuovo testo degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., di cui alla L. n. 69/2009. Nella stesura della motivazione si è tenuto conto dell'insegnamento giurisprudenziale secondo cui questa deve consistere nell'esposizione delle argomentazioni in fatto ed in diritto poste a fondamento dell'adottata decisione, fedelmente riproduttive dell'iter logico-giuridico seguito dal Giudice, senza la necessità di soffermarsi nella disamina di tutte le argomentazioni sviluppate dalle parti, che debbono così intendersi come ritenute non pertinenti e non risolutive ai fini della definizione del giudizio qualora non espressamente richiamate nei motivi della decisione. Per quanto utile alla decisione è sufficiente ricordare che, con atto di citazione ritualmente notificato, il (...) in persona dell'amministratore p.t., conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale di S. M. C. V., la (...) individuale (...) in persona dell'omonimo titolare sig. (...) e l'(...) (...) nelle rispettive qualità di appaltatore e direttore dei lavori, al fine di ottenere, previa risoluzione del contratto di appalto stipulato dalle parti in data (...), il risarcimento dei danni derivanti dall'inadempimento dei convenuti ed a quantificarsi in corso di causa. A sostegno della propria domanda, parte attrice deduceva l'occupazione dell'area condominiale con suppellettili di cantiere, il mancato completamento delle opere commissionate, nonché l'insorgenza di vizi e difetti di quelle realizzate nell'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria, previsti dal sottoscritto contratto di appalto, pertinenti le parti comuni del (...) ed aventi ad oggetto: ripristino dell'intonaco ammalorato, tinteggiatura delle facciate condominiali, delle ringhiere metalliche dei balconi, sistemazione dei cordoli delle aiuole esterne, rifacimento del tappetino esterno afferente i vialetti condominiali e la stradina privata e rifacimento della scale esterna (gradini e marciapiede) degli ingressi dei fabbricati A e B del condominio. Con regolare comparsa di risposta, si costituiva in giudizio la (...) individuale (...) in persona dell'omonimo titolare sig. (...) la quale avversava la domanda attorea, con richiesta di rigetto delle pretese azionate giudizialmente, e spiegava domanda riconvenzionale per il pagamento dell'importo di Euro 24.000,00, indicato nel verbale di mediazione del 26.04.2013, quale corrispettivo maturato dall'appaltatore per i lavori eseguiti, il tutto con vittoria di spese. Altresì, con comparsa di risposta regolarmente depositata, si costituiva in giudizio l'(...) (...) che instava per il diniego delle richieste formulate dall'istante, siccome infondate in fatto e diritto, ed agiva in via riconvenzionale per il pagamento dell'importo di Euro 4.796,34 a titolo di compenso per l'attività prestata nell'esecuzione del contratto di appalto quale direttore dei lavori, con vittoria di spese. (...) processuale si sviluppava attraverso la concessione dei termini per l'articolazione dei mezzi istruttori, il deferimento dell'interrogatorio formale dei convenuti e la nomina di un (...) All'udienza del 10.07.2023, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali. In limine litis, va disattesa l'eccezione di nullità dell'atto di citazione, sollevata dal convenuto (...) (...) per violazione dell'art. 164, terzo e comma quarto, c.p.c. Invero, nell'atto introduttivo sono indicati in modo sufficiente le circostanze di fatto e gli elementi di diritto posti alla base della domanda introdotta dall'istante, cosicché sia il petitum che la causa petendi risultano individuati in modo da consentire alle convenute di apprestare adeguate e puntuali difese. Sempre in via preliminare, vanno respinte le doglianze dei convenuti relative all'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del tentativo di mediazione. Di fatto, la materia del contendere non rientra tra quelle per le quali l'art. 5 d.lgs. n. 28 del 2010 prevede il preventivo e obbligatorio esperimento della procedura di mediazione. Nel merito, la domanda di parte attrice è fondata e va accolta per quanto di seguito. In tema, va rammentato che anche in materia di appalto valgono i noti principi espressi dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha statuito che: "il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento" ((...) Cass. SS.UU. n. 13533/2001; Cass. Civ. n. 982/2002). Nella specie, la committente invoca la risoluzione del controverso contratto di appalto - sulla cui esistenza non vi è contestazione - lamentando il mancato adempimento delle obbligazioni pattiziamente previste. Presupposto indefettibile della risoluzione è la gravità dell'inadempimento (art. 1455 c.c.), proporzionato alla buona fede contrattuale, da determinarsi in considerazione dei contrapposti interessi dei contraenti. Per cui, la non scarsa importanza dell'inadempimento di una delle parti non va commisurata all'entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione (Cassazione civile, sez. II, 01/07/2005, n. 14034). In tal senso, gli assunti di parte attrice trovano riscontro dalle raccolte inferenze istruttorie dalle quali si evince sia l'altrui inadempimento sia il venir meno dell'interesse, provocato dal mancato assolvimento degli obblighi negoziali, che il committente aveva al momento della stipula del contratto d'appalto. Segnatamente, il C.T.U. nominato in corso di causa, ing. (...) alle cui conclusioni si ritiene di aderire in quanto validamente ed analiticamente argomentate, previa ispezione dei luoghi ed esaminata la documentazione offerta in comunicazione dalle parti, ha accertato: la mancata ultimazione dei lavori appaltati; la presenza di alcuni residui delle lavorazioni unitamente ad una zona recintata ove insiste una baracca di cantiere (di cui l'impresa conserva ancora le chiavi) contenente materiale, arredi e indumenti degli operai; la sussistenza di vizi delle opere realizzate in quanto non eseguite a regola d'arte. Analogamente, quanto alle responsabilità degli ascritti vizi, va recepito il ragionamento del C.T.U. attinente all'enunciata corresponsabilità tra appaltatore e direttore dei lavori. Sul punto, va in primo luogo osservato che, qualora il danno subito dal committente sia conseguenza dei concorrenti inadempimenti dell'appaltatore e del direttore dei lavori, entrambi rispondono solidalmente dei pregiudizi arrecati essendo sufficiente, per configurarsi la solidarietà, che le azioni e le omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrre l'evento. A tal fine, non rileva che le condotte costituiscano autonomi e distinti fatti illeciti, o violazioni di norme giuridiche diverse, trovando il vincolo di responsabilità solidale fondamento nel principio di cui all'art. 2055 c.c. Non rilevano neanche, in contrario, la natura e la diversità dei contratti cui si ricollega la responsabilità, essendo sia l'appaltatore che il direttore dei lavori, con le rispettive azioni od omissioni, entrambi autori dell'unico illecito extracontrattuale, e perciò rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato. In altri termini, l'attività dell'appaltatore come quella del direttore dei lavori, pur essendo i contratti ai quali si ricollegano di diversa natura, possono concorrere tutte alla produzione del danno, con la conseguenza che entrambi i soggetti (indipendentemente dalla graduazione delle rispettive colpe nei rapporti interni) sono tenuti a risarcire integralmente i danneggiati (EX multis: Cass. civ. 19/07/2022, n. 22575). Ciò posto, il direttore dei lavori per conto del committente, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l'impiego di peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all'opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente-preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto; rientrano, pertanto, nelle obbligazioni del direttore dei lavori l'accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell'opera al progetto, sia delle modalità dell'esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l'adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi. Non si sottrae, dunque, a responsabilità il professionista che ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni all'uopo, nonché di controllarne l'ottemperanza da parte dell'appaltatore e di riferirne al committente; in particolare, l'attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell'alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere né il compimento di operazioni di natura elementare, comporta comunque il controllo della realizzazione dell'opera nelle sua varie fasi e pertanto l'obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell'impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell'arte e la corrispondenza dei materiali impiegati ((...) Cass. Sez. 2, 14/03/2019, n. 7336; Cass. Sez. 2, 03/05/2016, n. 8700; Cass. Sez. 2, 24/04/2008, n. 10728; Cass. Sez. 2, 27/02/2006, n. 4366; Cass. Sez. 2, 20/07/2005, n. 15255). Nondimeno, l'obbligo per il professionista di controllare che la realizzazione delle opere avvenga secondo le regole dell'arte - dovendo attuarsi in relazione a ciascuna delle fasi di realizzazione delle stesse opere e al fine di garantire che queste ultime siano realizzate senza difetti costruttivi - deve avvenire in corso d'opera e non ex post, ad opere ultimate (Cass. Sez. 3 n. 14456 del 24.05.2023). Orbene, dall'elaborato peritale emerge che le imperfezioni inficianti la "bontà" delle lavorazioni, costituite da "carte geografiche" ed evidenti discromie, erano fin troppo palesi e diffuse da poter essere notate anche "ad occhio profano". Senonché, nonostante la tangibile sussistenza di siffatte anomalie, dagli atti di causa non risulta che il direttore dei lavori abbia segnalato l'inesattezza delle opere compiute certificando, anzi, la loro regolare esecuzione. Ne discende la colpa grave del direttore dei lavori il quale, non avendo constatato le carenze delle opere appaltate, non ha fatto buon governo delle proprie competenze tecniche rendendosi inottemperante all'obbligo di garantire la conformità delle lavorazioni. Né va ritenuta come esimente, secondo le prospettazioni di parte convenuta, il richiamo scritto inoltrato all'appaltatrice per esortarla all'immediata eliminazione dei difetti. Tale intervento propulsivo-sollecitatorio, non può di per sé ritenersi sufficiente a fondare un giudizio di esonero da responsabilità, non avendo il direttore dei lavori dimostrato di aver puntualmente adempiuto al proprio obbligo di vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere, con particolare riferimento alla scelta dei materiali, nonché alle modalità di impiego degli stessi. In effetti, dalla lettera di contestazione si desume un difetto di fabbricazione del prodotto utilizzato mentre, in sede di interrogatorio formale, il direttore dei lavori riferisce di nutrire dubbi sul rispetto delle sue indicazioni, da parte dell'appaltatrice, in ordine all'impiego di pittura idrorepellente. Di talché, se avesse diligentemente espletato il dovere di sorveglianza sullo stesso incombente, il direttore dei lavori avrebbe agevolmente verificato la qualità ed il tipo di prodotto utilizzato nella pitturazione e le corrette modalità d'uso dello stesso. Condividendo le valutazioni del C.T.U. va, dunque, ripartita in egual misura la responsabilità dei convenuti per i vizi accertati nella presente controversia con condanna degli stessi, in solido alla refusione dell'importo di Euro 66.107,00, previsto dal consulente, in sede di chiarimenti, per l'eliminazione delle difformità ravvisate. La meritevolezza delle allegazioni di parte attrice postula la reiezione della domanda riconvenzionale, spiegata dall'appaltatrice, per il versamento del corrispettivo per l'esecuzione delle opere appaltate. A tal proposito, va evidenziato che, in caso di mancata ultimazione dei lavori, i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni e di responsabilità comune dell'appaltatore - applicabili in assenza dei presupposti per la garanzia per vizi e difformità prevista per i casi di opere completate in violazione delle prescrizioni pattuite o delle regole tecniche (Cass., Sez. 2, 17/5/2004, n. 9333; Cass., Sez. 2, 20/3/2012, n. 4445) - impongono all'appaltatore, che agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo, l'onere di dimostrare, quando il committente sollevi l'eccezione di inadempimento, di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte ((...) Cassazione Civile, (...) 2, Ordinanza 9-3- 2023, n. 7041). Ne deriva, essendo evincibile dall'istruttoria espletata l'inadempimento del prestatore di lavoro agli obblighi contrattualmente assunti, l'infondatezza del credito vantato dall'impresa appaltatrice. Per altro verso, va parzialmente accolta la domanda riconvenzionale proposta dal direttore dei lavori per il pagamento del compenso spettante per l'attività prestata a seguito dell'incarico ricevuto al momento della sottoscrizione del contratto. Difatti, dagli esiti istruttori non è in dubbio che, per l'intero arco temporale in cui si sono protratti i lavori, parte convenuta ha posto in essere prestazioni che hanno disvelato qualche utilità per il committente. Peraltro, lo stesso C.T.U., in sede di chiarimenti, riconosce che su impulso del direttore dei lavori sono stati apportati variazioni al capitolato d'appalto che hanno consentito la correzione di eventuali "errate scelte progettuali" a monte. (...) reso, nell'interesse dell'attore, utilmente ed effettivamente, prestazioni d'opera professionale non viziate, fa sorgere il diritto al compenso in favore del direttore dei lavori che, alla luce degli inadempimenti imputabili allo stesso ed accertati in corso di causa, va ritenuto equo liquidare in Euro 2.800,00. Al riguardo, va precisata la fondatezza, seppur in parte, delle pretese creditorie del professionista volte al pagamento del (...) compenso corrispondentemente maturato, con l'esclusione del corrispettivo richiesto "per attività che risultano pretermesse o comunque rese violando gravemente l'obbligazione di diligenza, sì da non tradursi in alcuna utilità per i committenti". (Cass. sentenza n. 28614/2022). In definitiva, va accolta la domanda di risoluzione proposta da parte attrice con conseguente condanna in solido dei convenuti, al pagamento della somma di Euro 66.107,00 (oltre (...), va rigettata la domanda riconvenzionale spiegata dall'impresa appaltatrice mentre, in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal direttore dei lavori, va riconosciuto in favore dello stesso, a titolo di compenso professionale, l'importo di Euro 2.800,00 che va compensato con il credito accertato da parte attrice, nella misura sopra indicata, nei confronti del medesimo direttore dei lavori. Le spese di (...) come liquidate in via definitiva nella presente sentenza, tenendo conto dell'esito del giudizio e della natura della controversia, vanno poste a carico della convenuta impresa appaltatrice. Vista la parziale reciproca soccombenza delle parti in lite, le spese di lite vanno compensate. P.Q.M. il Tribunale di S. M. C.V., definitivamente pronunciando, così provvede (...) la risoluzione contrattuale tra il condominio P.co (...) e la ditta (...) per inadempimento contrattuale da imputarsi alla (...) condanna in solido i convenuti, al pagamento in favore di parte attrice della somma di Euro 66.107,00 (oltre (...) e interessi legali dalla domanda al saldo. rigetta la domanda riconvenzionale spiegata dalla (...) individuale (...) in persona dell'omonimo titolare sig. (...) parziale accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal (...) (...) riconosce in favore dello stesso, a titolo di compenso professionale, l'importo di Euro 2.800,00 che va compensato con il credito accertato da parte attrice, nella misura sopra indicata, nei confronti del medesimo direttore dei lavori. Compensa le spese di lite. Pone a carico delle parti convenute in solido le spese di (...). Così deciso in Santa Maria Capua Vetere il 19 marzo 2024. Depositata in Cancelleria il 19 marzo 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE III SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del giudice dr.ssa Antonia Schiattarella, sentita la discussione orale ordinata alle parti ex art. 281 sexies c.p.c., ha reso la seguente SENTENZA mediante lettura della seguente esposizione delle ragioni della decisione in fatto ed in diritto e del seguente dispositivo nel procedimento civile iscritto al numero 2605/2020 del ruolo generale degli affari contenziosi avente ad oggetto: danni a cose; TRA (...) rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce dell'atto di citazione, congiuntamente e disgiuntamente dall'avv. (...) e dall'avv. (...), ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in (...) alla (...); Parte attrice E (...) in persona del legale rappresentante p.t. rappresentata e difesa, in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata in (...) alla (...) ; - Parte convenuta NONCHE' (...) , in p. dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...) in virtù di procura in calce all'atto di costituzione di nuovo avvocato, ed elettivamente domiciliato in (...) , (...) ; - Parte convenuta FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato la sig.ra (...) citava in giudizio dinanzi a questo Tribunale il (...) nonché la società ... (...) al fine di sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti dall'immobile di sua proprietà. A sostegno della propria pretesta l'istante rappresentava di essere proprietaria di un appartamento facente parte del condominio (...) sito in (...) , alla ... (...) identificato ai registri immobiliari nel Comune di (...) al 6, particella (...), sub (...). Tale immobile era stato acquisito in virtù di atto di compravendita stipulato tra la sig.ra (...) e la società (...) in data (...). L'appartamento per cui è causa, destinato a civile abitazione, dal mese di (...) ..., era stato interessato da cospargimenti per fuoriuscite di liquami ed escrementi vari, provenienti dal pozzetto di ispezione sito nella zona cucina, da olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti nel terrazzo zona giorno, nonché da olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti lungo il vialetto pedonale di ingresso di detto condominio. L'appartamento dell'istante, inoltre, era stato interessato da infiltrazioni sulle pareti dove erano installati i climatizzatori, il cui impianto veniva predisposto dalla ditta costruttrice e venditrice la quale provvedeva anche alla installazione delle macchine. Affermava che prima del giudizio aveva proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il procedimento recante n. di R.G 8570/2016 si concludeva con il deposito dell'elaborato peritale del nominato CTU, dei cui esiti si dirà in seguito. La parte istante concludeva chiedendo di: accogliere la domanda attorea e per l'effetto condannare i convenuti al risarcimento dei danni subiti dagli istanti per i vizi al proprio immobile e causati dall'errata esecuzione degli impianti di condizionamento nonché dalla mancata manutenzione degli impianti condominiali; oltre al pagamento/rimborso delle somme anticipate dagli istanti per il pagamento delle competenze professionali; il tutto con vittoria di spese di lite da attribuire ai procuratori antistatari. Si costituiva in giudizio la (...) in liquidazione che, dopo aver contestato il contenuto dell'atto di citazione, concludeva chiedendo di: in via pregiudiziale dichiarare l'inammissibilità/improcedibilità della domanda; sempre in via pregiudiziale dichiarare il difetto di legittimazione passiva della ... (...) relativamente alla domanda risarcitoria dei danni per Euro 3.083,36 formulata dall'attrice e per l'effetto disporre l'estromissione della convenuta dal presente giudizio; in via gradata e preliminare dichiarare l'intervenuta decadenza dell'attrice da qualsivoglia azione e in ogni caso l'intervenuta prescrizione del diritto reclamato con l'atto di citazione; nel merito rigettare la domanda avversa in quanto infondata, oltre che priva di qualsivoglia fondamento probatorio; il tutto con vittoria di spese e compensi di lite; oltre alla condanna della sig.ra (...) al risarcimento del danno per lite temeraria. Si costituiva altresì il (...) che dopo aver contestato tutto quanto dedotto e prodotto da parte attrice concludeva chiedendo di: in via preliminare, accogliere l'eccezione di mancata richiesta di mediazione; sempre in via preliminare accogliere la richiesta di estromissione dal giudizio del (...) ; nel merito, rigettare la domanda perché infondata in fatto e diritto, il tutto con condanna al pagamento delle spese di lite oltre alle spese legali anticipate dal (...) per la procedura di ATP e le successive spese di lite. All'odierna udienza le parti concludevano come da verbali di causa. Preliminarmente va rigettata l'eccezione di improcedibilità della domanda, proposta dal (...) per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria. Il (...) afferma l'obbligatorietà della procedura di mediazione ritenendo che la presente controversia rientri tra quelle per cui è prevista la mediazione obbligatoria ex art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010 in combinato disposto con l'art. 71 quater disposizione di attuazione c.c. Questo giudice, pur non ignorando l'esistenza di un orientamento contrario, aderisce all'impostazione in base alla quale il contenuto della domanda risarcitoria non rientra in quello specifico indicato dall'art. 71 quater suddetto. Più precisamente, la controversia avente ad oggetto i danni da immissioni ovvero da infiltrazioni deve essere inquadrata nell'ambito dell'art. 2051 cod. civ., il che esclude l'applicabilità dell'art. 5, comma 1 bis del D.Lgs. n. 28 del 2010. Lo stesso a dirsi per la domanda proposta nei confronti della società venditrice per i vizi dell'immobile; trattasi di domanda relativa ad un contratto di compravendita e come tale non sottoposta all'obbligo dell'esperimento della procedura di mediazione Passando al merito della controversia la domanda è infondata e pertanto va rigettata. Parte istante nel proprio ricorso ex art. 696 bis c.p.c. e nell'atto di citazione dichiarava che l'immobile di cui era proprietaria era interessato da: 1. cospargimenti per fuoriuscite di liquami ed escrementi vari, provenienti dal pozzetto di ispezione sito nell'appartamento della ricorrente - zona cucina; 2. olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti nel terrazzo - zona giorno; 3. olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti lungo il vialetto pedonale di ingresso di detto condominio; 4. infiltrazioni sulle pareti dove sono installati i climatizzatori, il cui impianto veniva predisposto dalla ditta costruttrice e venditrice. In merito al primo punto in sede di ATP il CTU affermava: "... la problematica che inizialmente si palesava in atti è ascrivibile ad un rallentamento del deflusso in fase di scarico del lavello cucina per mancanza di manutenzione ordinaria dello stesso, perché solo dopo l'intervento di sturamento della condotta di scarico ... non si è più osservato alcun rallentamento" (Cfr. pag. 9 della bozza di CTU). Trattasi, dunque, di una problematica imputabile ad una cattiva manutenzione ordinaria dei tubi di scarico della cucina ed al fatto di non aver chiuso bene il tappo del pozzetto di ispezione dello stesso scarico. Tali attività, secondo quanto affermato anche dal CTU, rientrano nel novero di operazioni a carico del proprietario dell'appartamento; dunque, nessuna responsabilità può essere addebitata agli enti convenuti. Parte istante chiede altresì il risarcimento del danno cagionato dagli olezzi maleodoranti provenienti dagli impianti di scarico e raccolta di acque siti, sia nel terrazzo, sia lungo il vialetto pedonale di ingresso del condominio (...) Dall'esame della relazione peritale per gli odori sgradevoli provenienti dal terrazzo emerge che: "La problematica di cui all'atto è attribuibile ad una serie di cause, tra cui: 1 Mancata pulizia delle tubazioni di ricezione dell'acqua proveniente dalle griglie ubicate nei terrazzi (una per ciascun terrazzo) spettante al condominio e alla pulizia della griglia spettante al condomino proprietario esclusivo del terrazzo per eventuali ammassi di fogliame ed altro che possa accogliere la griglia con possibilità di fermentazione a seguito di mancato e non regolare svuotamento della stessa, dicasi lo stesso per il pozzetto di scarico a tenuta idraulica; 2 Mancata pulizia delle condotte di scarico, in quanto la pulizia della sola fossa settica avviene solo due volte l'anno a cadenza semestrale ed è insufficiente ad arginare la problematica, se non unita alla pulizia di tutti i fognoli dei pozzetti di scarico sia interni che esterni. Per ciò che attiene agli olezzi maleodoranti provenienti dal vialetto del condominio il c.t.u. conclude affermando che: "La problematica di cui all'atto è attribuibile ad una serie di cause, tra cui: Mancata pulizia delle tubazioni (fognoli) di ricezione dell'acqua proveniente dai pozzetti a chiusura idraulica ubicati lungo il vialetto pedonale di ingresso condominiale, in quanto l'amministrazionecondominiale ha sempre e solo provveduto allo svuotamento periodico (semestrale) della fossa biologica. Ne è conferma che durante la prova di carico sono stati estratti trovanti lapidei costituiti da materiale di lavorazione edilizia (pezzi di marmo e di calcestruzzo) presenti all'interno del collettore principale di scarico (All.5 foto n.75-79). Ciò fa presumere che da quando è stato realizzato il fabbricato non sia mai stata operata alcuna pulizia delle condotte di scarico a valle della fossa biologica e precisamente del collettore che porta alla fogna comunale, fatto salvo la pulizia semestrale della stessa fossa biologica. Il c.t.u pertanto attribuiva la responsabilità al condominio a cui spetta la manutenzione del sistema fognario delle aree comuni, escludendo la responsabilità della (...) Per deliberare circa la responsabilità del condominio, occorre procedere alla qualificazione giuridica della domanda, in base alle circostanze di fatto dedotte nell'atto introduttivo, anche al fine di individuare il criterio di ripartizione dell'onere della prova. Nella fattispecie in esame, in base alle circostanze di fatto dedotte, la domanda di risarcimento danni va ricondotta nell'alveo dell'art. 2051 c.c.. Secondo la ormai consolidata e condivisa giurisprudenza di legittimità e di merito, "la responsabilità di danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha carattere oggettivo, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; che tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile alla produzione del danno" (Cfr. Cass. Civ. sez. III, (...) ,n.7580). In merito al regime della prova, è altrettanto pacifico che grava sull'attore l'onere di dimostrare soltanto l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera oggettiva idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o anche dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità ed eccezionalità (Cfr. Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 3793; nel medesimo senso, Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 858; Cass. Civ. (...) , n. 1106; Cass. Civ. (...) , n. 5910; Cass. Civ. sez. III, (...) , n. 2660). Il condominio di un edificio, dunque, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali beni e servizi non rechino danni ad alcuno e risponde pertanto, in base all'art. 2051 c.c. (secondo il quale, "C. è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito") dei danni dalle dette cose arrecati, anche se tali danni siano etimologicamente imputabili altresì al concorso del fatto di un terzo. La responsabilità del (...) sarà esclusa, dunque, solo se il danno è imputabile al caso fortuito (che, per essere tale, deve poi avere carattere di imprevedibilità e di incontrollabilità), inteso come fatto esterno idoneo ad interrompere il rapporto di causalità tra la cosa in custodia e il danno venutosi a creare (Cfr.: Cass. Cv. sez. 6, (...) , n. 7044; Cass. Civ. Sez. 3, (...) , n. 12211; Cass. Civ. sez. 2, (...) , n. 15291). Parte attrice, come detto, per ottenere il risarcimento è tenuta a provare il danno, il nesso tra danno e cosa che lo ha provocato e il rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode. È il (...) invece, per liberarsi da responsabilità, a dover dimostrare l'esistenza di un fattore esterno idoneo ad escludere il rapporto causale tra il danno lamentato e il bene condominiale che lo ha causato. Tanto premesso, nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale, facendo applicazione degli orientamenti giurisprudenziali richiamati ed ai quali si intende aderire, le risultanze istruttorie non consentono di ritenere provato ed accertato che le esalazioni abbiano cagionato un danno alla sig.ra (...) Parte attrice nell'atto introduttivo si limitava ad affermare: "tali fenomeni hanno inciso negativamente sulla quiete domestica" senza descrivere in cosa si sostanziava il pregiudizio patito all'esito delle esalazioni provenienti dalla fogna; né tanto meno è stata chiesta l'ammissione di una prova per testi sul punto. Del tutto generica è allora l'attività assertiva di parte attrice; assente qualsiasi attività di articolazione di mezzi istruttori. In ogni caso, parte attrice richiedeva e quantificava a titolo di risarcimento del danno solo ed esclusivamente le somme conteggiate dal CTU e relative alla problematica delle infiltrazioni d'acqua provenienti dai condizionatori, oltre alle spese che la stessa parte attrice aveva sopportato per il procedimento di ATP. Nulla è stato richiesto e quantificato a titolo di risarcimento degli altri danni che sarebbero derivati dai cattivi odori. Resta infine da esaminare la richiesta di risarcimento danno da infiltrazioni sulle pareti dove sono installati i climatizzatori. Tale richiesta risarcitoria era indirizzata alla ditta costruttrice che, secondo la prospettazione di parte istante aveva provveduto non solo alla predisposizione dell'impianto, ma anche all'installazione dei condizionatori. Tale domanda può essere decisa nel merito per il principio della ragione più liquida indipendentemente dalla delibazione circa l'eccezione di decadenza e prescrizione sollevata dalla parte convenuta. In riferimento a tipologia di danno il CTU nominato in sede di ATP affermava quanto segue: "I condizionatori installati all'interno degli ambienti, cucina, camera da letto padronale e corridoio, presentano al di sotto delle stesse infiltrazioni di acqua che hanno comportato il rigonfiamento del film di pittura in uno all'intonaco. Tale infiltrazione è dovuta ad un anomalo allontanamento della condensa che l'elettrodomestico produce in fase di esercizio. Questa anomalia può attribuirsi tanto alla cattiva installazione degli elettrodomestici (condizionatori) quanto alla errata predisposizione dell'impianto stesso, in particolare al tubicino dello scarico della condensa. Non si è potuto indagare oltre, anche perché la parte istante (l'attrice) ha disatteso l'onere assunto della messa in esercizio durante le fasi di sopralluogo. In primis si rileva che la parte solo con l'atto di citazione (e non in sede di ATP) afferma che la Contr avrebbe provveduto all'installazione dei condizionatori. Ma non ne dà prova. L'onere della prova era a suo carico trattandosi di fatto costitutivo della pretesa. Non avendo dato prova del fatto costitutivo della pretesa allora anche tale voce di danno non può essere risarcita. Per tutti questi motivi complessivamente considerati la domanda della parte attrice è infondata e come tale va rigettata. Le spese, incluse quelle di ATP, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. del (...) n. 55, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del (...) (come successivamente modificato), (cfr. Cassazione S.U. n. 17405 e 17406 del (...) in relazione al D.M. (...) n. 140). Ricorrono inoltre i presupposti di condanna per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c. La responsabilità aggravata ai sensi dell'art. 96, comma 3, c.p.c., a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell'ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l'infondatezza o l'inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l'abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell'azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione. (Cfr. Cass. Sez. U, 9912/2018) Dovendo dunque ritenersi il presente giudizio proposto quanto meno con colpa grave dato atteso anche l'esito parzialmente negativo dell'espletato accertamento tecnico preventivo e la genericità della domanda; parte istante deve pertanto essere condannata d'ufficio al pagamento in favore dei convenuti, in aggiunta alle spese di lite, di una somma che va equitativamente determinata per un ammontare pari ad Euro 1.000,00 per ognuno dei convenuti. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1) rigetta la domanda proposta dalla sig.ra (...) 2) condanna la parte attrice al pagamento delle spese del presente giudizio e di quelle dell'ATP a favore dei convenuti che liquida per ognuno in Euro 4.467,00 per compensi professionali oltre le spese generali nella misura del 15% del compenso totale ed oltre accessori come per legge; 3) condanna parte attrice al pagamento in favore dei convenuti della somma di Euro 1.000,00 ognuno ai sensi dell'art. 96 c. 3 c.p.c. Così deciso in Santa Maria Capua Vetere il 13 febbraio 2024. Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2024.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere QUARTA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice monocratico dott.ssa Flavia Bonelli ha pronunciato la seguente SENTENZA Ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. Tra (...) rappresentati e difesi dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati in indirizzo telematico (...) attori contro (...) rappresentato e difeso dagli avv.ti (...) e (...) ed elettivamente domiciliato in indirizzo telematico (...) convenuto OGGETTO: (...), impugnazione di delibera assembleare. CONCLUSIONI: come da atti e verbali di causa. FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data (...) esponevano: - di essere proprietari di unità immobiliari site all'interno del (...) - che, nell'assemblea condominiale straordinaria del (...), venivano discussi e deliberati i seguenti punti all'ordine del giorno: 1) Approvazione lavori di imbiancatura garages compreso eventuali rappezzi ove occorre; 2) Approvazione eventuali lavori di: innesto abachino di marmo su tutti i lucernai dei garage-coprimuro su tutte le quattro spalle rampe garages; 3) ratifica spesa su interventi non preventivati ma già effettuati: lavori fognari (parziali) - impianto irrigazione gruppo impianto mini autoclave con protezione magnetotermica; 4) Chiarimenti sulla pavimentazione esterna; 5) Integrazione dell'attuale regolamento di condominio riguardante in particolare l'uso del cortile condominiale destinato a parcheggio, divieto assoluto di parcheggiare sull'area pavimentata, parcheggio bici e moto, divieto assoluto di parcheggio ai non condomini. Eventuali ulteriori integrazioni suggerite dai condomini; - che, benché inviate le convocazioni nei termini di legge e comunque nei termini previsti dal regolamento condominiale, il sig. (...) riceveva il verbale di convocazione il giorno della prima convocazione e la Sig.ra (...) il giorno della seconda convocazione e ciò determinava l'impossibilità per i medesimi di presenziare alle indette assemblee; - che solo in data (...) veniva loro notificato a mezzo a/r il relativo verbale assembleare; - che, dalla lettura del suddetto verbale, non è dato comprendere la regolarità della costituzione dell'assemblea ex art. 1136 c.c.; - che, in occasione della verbalizzazione delle operazioni di scrutinio relative ai cinque punti posti all'ordine del giorno, non si è dato conto di coloro che hanno votato a favore e contro le delibere assunte, di guisa da rendere annullabile il deliberato; - la infedele e comunque inesatta determinazione del punto n. 4 posto all'ordine del giorno; - che avverso la detta delibera presentavano istanza di mediazione obbligatoria ex art.5 D.Lgs. 28/2010, allo Sportello di Conciliazione e Mediazione della Camera di Commercio di Caserta il (...) Prot.n. 38677 Procedimento di mediazione n. 60/2012; - che la mediazione aveva esito negativo, come da verbale di conclusione del mediatore del (...), depositato nella cancelleria dell'organismo di mediazione il (...). Ciò premesso i ricorrenti hanno chiesto pronunciarsi nei confronti del (...) l'invalidità di tutte le decisioni assunte nel corso dell'assemblea tenutasi in data (...), previa sospensione dell'efficacia della medesima. Vinte le spese. Si costituiva in giudizio il (...) il quale rilevava: - l'inammissibilità della domanda per decorso del termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c.; - l'infondatezza della stessa nel merito. Il (...), quindi, concludeva chiedendo il rigetto delle domande proposte con vittoria di spese e competenze. All'udienza del (...), la difesa attrice rinunciava alla domanda di sospensione della delibera impugnata. In data (...) la presente procedura veniva assegnata alla scrivente che provvedeva a fissare l'odierna udienza per la discussione ex art. 281 sexies c.p.c. Preliminarmente, quanto alla questione relativa alla tempestività della impugnazione della delibera oggetto di giudizio ed alla relativa eccezione articolata dal convenuto, occorre premettere quanto segue. In tema di condominio negli edifici, devono qualificarsi nulle le deliberazioni dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, quelle con oggetto impossibile o illecito, o con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, ed ancora quelle che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, nonché le deliberazioni comunque invalide in relazione all'oggetto. Devono, invece, qualificarsi annullabili, ex art.1137 c.c., le deliberazioni con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, o in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, ed infine, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto (cfr. Cass. Civ. S.U. sent. n. 4806/2005; Cass. Civ. sez. 2, sent. n. 17014/2010). Il differente regime di invalidità assume particolare rilevanza, comportando l'assoggettamento della delibera censurata al termine di decadenza ex art. 1137 c.c. delle sole delibere annullabili. Tale norma, al secondo comma, infatti, prevede che: "Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti". In base alla superiore e necessaria premessa, appare chiaro che i motivi di impugnazione addotti dagli attori avverso la delibera impugnata rientrano nell'ambito delle ipotesi di annullabilità e andavano proposti nel termine decadenziale di trenta giorni di cui all'art. 1137, secondo comma c.c. A ciò si aggiunga che le controversie riguardanti la materia condominiale sono assoggettate alla speciale disciplina della mediazione condominiale obbligatoria; pertanto, in tema di impugnazione delle delibere assembleari occorre primariamente proporre la mediazione obbligatoria. Ciò comporta che le parti siano obbligate per legge a tentare una conciliazione presso un organismo di mediazione autorizzato dal Ministero, entro il termine di decadenza perentorio di trenta giorni, che decorrono dalla data della delibera per i condomini dissenzienti e per gli astenuti e dalla data della comunicazione per gli assenti. In particolare, l'art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 28/2010 prevede che "dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale", aggiungendo che, "dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito dei verbale di cui all'articolo II presso la segreteria dell'organismo". Il combinato disposto delle norme sopra richiamate interferisce con la disciplina del termine perentorio previsto per l'impugnazione della delibera assembleare; infatti, il termine decadenziale di trenta giorni, di cui all'art. 1137, comma 2, c.c., interrotto a seguito della comunicazione di convocazione innanzi all'organismo di mediazione, riprende nuovamente a decorrere, per un ulteriore ed ultimo termine decadenziale di trenta giorni, a far data dal deposito del verbale di mediazione presso la segreteria dell'organismo. Tanto premesso, nel caso de quo, relativamente alla delibera del (...), gli attori deducono di aver avuto conoscenza solo in data (...) del verbale dell'assemblea condominiale, alla quale non avevano partecipato, di aver introdotto procedura di mediazione presso l'organismo a ciò deputato in data (...) e di aver depositato ricorso ex art. 1137 c.c. il (...), dunque nei termini decadenziali previsti, atteso l'esito negativo della procedura di mediazione del (...). Con la seconda memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, c.p.c., parte attrice ha depositato ulteriore documentazione relativa alla procedura di mediazione, ovvero la lettera di convocazione predisposta dall'Organismo di Mediazione (...) (...) " - che riporta come data di incontro il (...)- nonché il verbale di mediazione, con esito negativo, relativo alla procedura n. 60/12 del (...) e la attestazione del deposito di detto verbale avvenuta in data (...). Tuttavia, non vi è prova agli atti di causa della trasmissione, entro i termini di cui all'art. 1137 2° comma c.c., a controparte dell'istanza di mediazione. Al riguardo non può tralasciarsi che il 6° comma dell'art. 5 D.Lgs. 28/10 prevede che la decadenza sia impedita semplicemente dalla comunicazione alla controparte della domanda depositata e non già dalla domanda unitamente all'avviso di convocazione. Non sembra possano esservi dubbi sul fatto che l'onere della comunicazione della presentazione della domanda di mediazione sia posto a carico della parte che l'ha presentata, e non già sull'organismo di mediazione. La detta considerazione si evince dal chiaro dettato normativo che fa conseguire l'effetto interruttivo della prescrizione od impeditivo della decadenza "al momento della comunicazione alle altre parti" della domanda di mediazione. Ne consegue che solo la parte - e non l'organismo di mediazione - può provvedere alla comunicazione dell'istanza per produrre così, di sua iniziativa, l'effetto impeditivo. In senso conforme a quanto finora esposto, la giurisprudenza di merito statuisce che "Il dettato della legge è chiaro nel collegare gli effetti impeditivi della decadenza, alla comunicazione della domanda di mediazione alle parti, e non già al mero deposito della domanda di mediazione presso l'organismo prescelto; ciò tanto è vero che, attese le conseguenze così pregnanti per la parte proponente, la procedura di conciliazione, l'art. 5 comma 6° D.Lgs. 28/10 prevede che la domanda di mediazione possa essere comunicata direttamente alla controparte anche a cura della parte istante, onde evitare che lo stesso possa essere pregiudicato da tempistiche proprie dell'ente di mediazione" (si veda, tra le tante Tribunale di Napoli n. 10959/17, Tribunale di Milano n. 253/20). Dalla ricostruzione finora effettuata ne deriva che l'effetto interruttivo è stato puntualmente riconnesso dal legislatore solo alla comunicazione dell'istanza di mediazione alla controparte. Pertanto, gli attori avevano l'onere non solo di depositare l'istanza di mediazione presso l'organismo scelto ma, altresì, di comunicare alla controparte la relativa domanda e il tutto entro il termine di cui all'art. 1137 2° comma c.c. La soluzione prescelta, adottata peraltro ormai dalla maggioranza delle pronunce di merito - si appalesa come la più conforme al dettato normativo anche in ragione del fatto che non può superarsi l'orientamento di legittimità espresso peraltro dalla Suprema Corte - secondo il quale il principio di scissione degli effetti della notificazione che è "la soluzione a favore del notificante vale solo nel caso in cui l'esercizio del diritto può essere fatto valere solo mediante atti processuali" (In tal senso Cass. Civ. Sez. n. 24822/15). Vieppiù. Pur volendo ritenere assolto l'onere di comunicazione dell'istanza di mediazione obbligatoria da parte dell'organismo a ciò preposto, non risulta comunque provata la data di comunicazione alla controparte. L'onere della prova sulla tempestività dell'impugnazione ed al fine di impedire gli effetti decadenziali della medesima, si ribadisce, grava sulla parte che l'ha presentata. Nel nostro ordinamento la parte che sia onerata dello svolgimento di una attività è correlativamente onerata dell'onere probatorio di aver compiuto tale attività. Parte attrice non ha assolto il citato onere probatorio e quindi il termine per impugnare la delibera in oggetto risulta decorso. Da quanto finora osservato, discende la tardività dell'impugnazione proposta e, quindi, la inammissibilità della domanda attorea. In ragione della pronuncia in rito, si ritiene doversi compensare le spese di lite. P.Q.M. il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1. DICHIARA inammissibile la domanda attorea; 2. COMPENSA le spese di lite tra le parti.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere QUARTA SEZIONE CIVILE In persona del Giudice monocratico dott.ssa Flavia Bonelli ha pronunciato la seguente SENTENZA ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c. Tra (...) tutti rappresentati e difesi dall'Avv. (...) e dall'Avv. (...), ed elettivamente domiciliati in Indirizzo telematico Attori Contro Condominio (...), in persona dell'amministratore pro-tempore Convenuto contumace OGGETTO: Condominio -Impugnazione di delibera assembleare CONCLUSIONI: come da atti e verbali di causa FATTO E DIRITTO Con atto di citazione ritualmente notificato gli attori citavano in giudizio il convenuto Condominio (...) impugnando le delibere assembleari adottate in prima adunanza per la data del (...), in seconda per il giorno (...) ed in prosieguo per il (...), esponendo: - di essere tutti proprietari esclusivi di unità abitative facenti parte del fabbricato denominato (...) sito in (...) alla (...); - che solo la Sig.ra (...) prendeva reale conoscenza del verbale assembleare di cui all'oggetto mediante racc. a.r. ricevuta il (...), avendo gli altri istanti preso visione dello stesso in maniera del tutto causale, non avendo mai partecipato personalmente alla predetta assemblea; - che (...) non veniva regolarmente convocato entro e non oltre 5 giorni antecedenti alla prima adunanza del (...) ex art. 66 disp. att. cpc; - che in data (...) parte attrice depositava istanza di mediazione, la cui procedura concludevasi in data (...); - che con la delibera adottata nell'adunanza del (...), l'assemblea nominava quale amministratore del Condominio, il Sig. (...) il quale era stato revocato con decreto del Tribunale di S. Maria Capua Vetere emesso in data, violando così la disposizione di cui all'art. 1129 c.c.; - che la compagine assembleare, riunita in seconda convocazione in data (...) e proseguita sino all'incontro del (...), modificava arbitrariamente l'art. 23 del Regolamento di Condominio (senza rispettare l'unanime approvazione a tal uopo richiesta) da ciò scaturendo, quale effetto, la nullità del piano di riparto del Bilancio consuntivo 2014 nonché del Bilancio preventivo 2015, generati in virtù della modifica innanzi detta; - che ai punti 17 e 18 all'o.d.g. dell'assemblea riunita in data (...) in prosieguo della seconda convocazione, veniva conferito all'amministratore il potere di scegliersi uno o più tecnici di sua fiducia per eseguire lavori straordinari non meglio specificati. Gli attori, quindi, chiedevano accertarsi e dichiararsi la nullità e/ o annullamento delle delibere assembleari adottate nell'adunanza del (...) e ss. incontri in prosieguo della seconda adunanza, con vittoria di spese e competenze del presente giudizio in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi anticipatari. Benché regolarmente citato non si costituiva in giudizio il convenuto Condominio (...) di cui veniva dichiarata la contumacia all'udienza del (...). Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., il giudizio subiva vari rinvii in prosieguo precisazioni conclusioni. Subentrata la scrivente nel ruolo in data (...), la causa è stata ritenuta matura per la decisione e rinviata all'odierna udienza per la discussione ex art. 281 sexies c.p.c. L'impugnazione è fondata e deve pertanto essere accolta. In via preliminare, deve essere precisato che il criterio discretivo fra ipotesi di nullità ed ipotesi di annullabilità delle deliberazioni dell'assemblea di condominio è stato chiarito nel 2005 dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (Cass. SU n. 4806 del), secondo cui "in tema di condominio negli edifici, debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto" (conf. Cass. 4014/2007; Cass. 17014/2010; Cass. 3586/2013). Nel caso di specie appare fondata, con rilievo assorbente, ed in ossequio al principio della ragione più liquida - che, imponendo un nuovo approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo piuttosto che su quello tradizionale della coerenza logico-sistematica, consente di sostituire il profilo di evidenza a quello dell'ordine di trattazione delle questioni cui all'art. 276 cod. proc. civ., con una soluzione pienamente rispondente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, ormai anche costituzionalizzata (cfr., in termini espressi, Cass. 11 (...) n. 23621 e, indirettamente, sulle conseguenze di tale principio in materia di giudicato implicito, Cass., sez. un (...), n. 20932; Cass, sez. un (...), n. 24883; Cass, sez. un, (...), n. 29523; Cass. (...) n. 11356), la censura relativa alla irregolare convocazione dell'attore (...) all'assemblea condominiale. Trattasi di censura attinente alla violazione di prescrizioni legali disciplinanti il procedimento di convocazione dell'assemblea, che giustifica l'annullabilità della deliberazione. Al riguardo è sufficiente richiamare l'art. 66 disp. att. c.c., nella formulazione applicabile ratione tempris alla fattispecie- a seguito delle modifiche di cui all'art. 20 della legge n. 220 del 2012 (modifiche alla disciplina del condominio negli edifici) - alla cui stregua in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto la deliberazione assembleare è annullabile su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati (art. 20, che ha così modificato l'art. 66 disp. att. cod. civ.) (cfr. Cass. sez. 2, Sentenza n. 9082 de (...) Ebbene, sulla scorta di quanto ritenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, n. 24132; sez. II, n. 5254; sez. II, n. 22685,), l'onere di provare che tutti i condomini siano stati tempestivamente convocati per l'assemblea condominiale grava sul condominio, non potendosi addossare al condomino che deduca l'invalidità dell'assemblea la prova negativa dell'inosservanza di tale obbligo. Nel caso di specie, l'attore (...) si duole del fatto di non essere stato convocato entro i 5 giorni antecedenti alla prima adunanza del (...), così come legislativamente previsto. Ora, individuato il soggetto su cui grava l'onere della prova circa l'avvenuta convocazione, ossia il Condominio (...), va rilevato che quest'ultimo, pur essendo stato regolarmente citato, è rimasto contumace, non avendo assolto all'onere sullo stesso gravante; da ciò consegue l'annullamento delle delibere de qua. L'accoglimento della domanda attorea sotto il profilo sopra esaminato assorbe ogni ulteriore questione e ne rende superflua la valutazione. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo secondo i parametri del D.M. 147/2022 (scaglione fino a 26.000 e valori minimi per la scarsa complessità della controversia). Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: ANNULLA le delibere impugnate del (...) ed in prosieguo del (...) e (...); CONDANNA il Condominio (...) al pagamento, in favore degli attori, delle spese di Lite che si liquidano in euro 518,00 per esborsi ed euro 2500,00 per compensi oltre spese forfettarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione ai procuratori antistatari. Santa Maria Capua Vetere, li (...)
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE IV SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona della dr.ssa Vittoria Contino ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 7912/2018 del R.G.A.C., avente ad oggetto una domanda di impugnazione di delibera condominiale e vertente TRA (...) rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in (...) - Attrice E (...), in persona dell'amministratore p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in (...) alla (...) (...) - Convenuto Conclusioni: come da note di trattazione scritta depositate per l'udienza del (...), ai sensi dell'art 127 ter cpc. MOTIVI DELLA DECISIONE La presente sentenza è redatta in conformità a quanto disposto dall'art. 132 c.p.c., così come modificato dalla L. n. 69/2009, mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, con espresso rinvio a tutti gli atti e verbali di causa, omettendosi lo svolgimento del processo. Tanto premesso, si rileva che con atto di citazione (...) impugnava la delibera assembleare del (...) in merito al punto 1) dell'O.d.G., avente ad oggetto la problematica degli alberi ad alto fusto, deducendo che si trattava di innovazioni vietate per le quali la legge richiede l'unanimità dei consensi; impugnava, altresì, la delibera del (...) in relazione al punto 4) all'O.d.G., di attuazione della precedente delibera, avente ad oggetto la scelta della ditta per i lavori di abbattimento degli alberi e l'incasso delle quote straordinarie necessarie. Pertanto chiedeva, previa sospensione delle due delibere impugnate, di dichiararne la nullità, con condanna del convenuto (...) al pagamento delle spese sostenute per la mediazione, pari ad Euro 48,80, e delle spese di lite, da attribuire al difensore dichiaratosi antistatario. Si costituiva il convenuto (...) che, in via preliminare, eccepiva la decadenza dell'impugnazione per decorso del termine di cui all'art. 1137, n.2 c.c. trattandosi di mera annullabilità e non di nullità; nel merito deduceva che con le delibere impugnate il (...) non aveva realizzato alcuna innovazione, e che l'assemblea condominiale (...) aveva confermato le delibere impugnate, comportandone la caducazione, con conseguente cessazione della materia del contendere. Pertanto chiedeva il rigetto dell'impugnativa perché infondata in fatto e diritto, per intervenuta decadenza e in ogni caso per la cessazione della materia del contendere, con vittoria di spese. Tanto premesso in punto di fatto, in via preliminare va dichiarata la procedibilità della domanda, alla luce dell'esperimento del tentativo di mediazione, come da verbale negativo del (...) versato in atti. Nel merito la domanda avanzata dalla parte attrice è fondata, per i motivi di seguito indicati. Invero può ritenersi che le delibere impugnate siano nulle, e non semplicemente annullabili. Ed infatti le due delibere del (...) e del (...), avendo ad oggetto un intervento di abbattimento di beni comuni, necessitavano ai fini della loro approvazione dell'unanimità di tutti i condomini. La giurisprudenza di merito e di legittimità ha, sul punto, in diverse occasioni chiarito che "In materia di condominio, l'abbattimento di alberi, comportando la distruzione di un bene comune, deve considerarsi un'innovazione vietata ai sensi dell'art. 1121 c.c. e, in quanto tale, richiede l'unanime consenso di tutti i partecipanti al condominio; né può ritenersi che la delibera di approvazione, a maggioranza, della spesa relativa all'abbattimento, possa costituire valida ratifica dell'opera fatta eseguire di propria iniziativa dall'amministratore" (Corte appello sez. IV - Roma, (...), n. 478; in senso conforme cfr. la più recente sentenza n.4072 del Data_8 del Tribunale di Roma, secondo cui "deliberandosi sulla distruzione di un bene comune, la relativa decisione richiede l'unanimità dei consensi, con la conseguenza che è nulla la delibera adottata a maggioranza"). È stato così chiarito e ribadito che "con riguardo all'abbattimento degli alberi presenti nel cortile condominiale, la giurisprudenza di merito ha ritenuto che ricorra l'ipotesi della nullità della delibera, dato che siffatta decisione, in quanto comporta la distruzione di un bene comune, deve essere adottata all'unanimità. Ritiene la corte di aderire a tale orientamento espresso in particolare dalla Corte d'Appello di Roma (sentenza del (...)), avvalorata anche dalle pronunce di legittimità, alla cui stregua l'elencazione dei beni comuni condominiali di cui all'art. 1117 del c.c. ha carattere non esaustivo, ma meramente esemplificativo (cfr. Cassazione civile n. 20249 del 2009). Sotto altro profilo, la Corte di cassazione ha particolarmente valorizzato la presenza e l'importanza degli alberi nei cortili condominiali non solo sotto il profilo estetico architettonico, ma anche in relazione alla qualità della vita degli abitanti del condominio (cfr. Cassazione n. 3666/1994), salvo ovviamente che il taglio degli alberi non sia imposto da ragioni di sicurezza e di salvaguardia di staticità degli edifici..." (Corte appello sez. I - Cagliari, (...), n. 238). Sono peraltro necessarie, in alcuni casi, anche delle specifiche autorizzazioni, in presenza di vincoli ambientali o paesaggistici, ovvero per la tutela della fauna. Ciò posto, nel caso di specie l'abbattimento di un numero considerevole di alberi di cedro (ben 41), sui cui peraltro sono risultati presenti diversi nidi di tortora, deve ritenersi una innovazione vietata. Com'è noto "in tema di condominio, per innovazione delle cose comuni devono intendersi non tutte le modificazioni (opus novum) ma solamente quelle modifiche che, determinando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere autorizzate per fini diversi da quelli precedenti; peraltro le innovazioni, seppure possono derivare da modifiche apportate senza l'esecuzione di opere materiali, consistono sempre nell'atto o nell'effetto di un facere necessario per il mutamento o la trasformazione della cosa" (Cass. n.12654 del (...)). Nel caso in esame con la delibera del 2017 è stato disposto, con una semplice maggioranza di 500,47 millesimi, l'abbattimento di ben 41 alberi ad alto fusto, su cui erano presenti diversi nidi di tortora ed altra fauna: ebbene detti alberi, per il loro numero e caratteristiche, costituiscono senza dubbio parte integrante e fondamentale del decoro architettonico del complesso condominiale in questione (in questi termini cfr. Cass. n. 14079 del (...)), oltre ad avere una funzione essenziale per il benessere non solo dei condomini ma anche della restante parte della comunità (in tal senso cfr. Cass. pen., Sez. IV, (...), n. 24396). Inoltre dalla lettura del verbale assembleare non emerge che detto abbattimento sia stato finalizzato al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni, trattandosi, per le ragioni sopra evidenziate, di vere e proprie innovazioni per cui è richiesta l'unanimità dei consensi. Soprattutto, dal verbale assembleare non emerge in alcun modo che detto abbattimento sia stato determinato dal pericolo di crollo, e quindi per evitare rischi per l'incolumità di persone o danni a cose; né risulta allegata alla delibera alcuna perizia, comprovante la pericolosità degli alberi (pericolosità che, peraltro, avrebbe dovuto interessare tutti gli alberi, per giustificarne l'abbattimento integrale). Peraltro, per un principio di necessaria proporzionalità, alla luce della particolare natura dei beni comuni di cui si discorre, l'abbattimento deve essere considerato quale extrema ratio: ebbene, nel caso in esame neanche emergono, dalla delibera, le ragioni per cui era necessario ricorrere all'abbattimento di tutti i 41 alberi, e non semplicemente alla loro potatura o a diversi interventi meno radicali. Infine, può osservarsi che la consulenza tecnica depositata in atti dalla parte attrice non menziona alcun pericolo di crollo, né sono emersi elementi in tal senso. In ogni caso va osservato che in detta sede occorre valutare unicamente la legittimità della delibera impugnata, ben potendo il condominio azionare rimedi differenti, qualora dovessero emergere successivi profili di pericolosità di detti beni comuni. Sotto diverso profilo può osservarsi che non vi sono i presupposti per una dichiarazione di cessazione della materia del contendere, come invece sostenuto dal (...) convenuto. Ed infatti - come evidenziato già dal Collegio nell'ordinanza di accoglimento dell'istanza cautelare di sospensione - le delibere del (...) e del (...) non hanno lo stesso oggetto delle delibere impugnate. Invero, tali delibere non hanno ad oggetto una nuova determinazione dei condomini circa l'abbattimento degli alberi oggetto di causa, ma sono conseguenti ed esecutive della predetta decisione, intervenuta con la delibera impugnata del (...). Infatti, la delibera dell'(...) ha ad oggetto l'affidamento dei lavori per l'abbattimento degli alberi alla ditta (...), anche con riferimento ad attività di ripiantumazione, mentre la delibera del (...) ha ad oggetto, stante la rinuncia della ditta (...), l'affidamento dei lavori per l'abbattimento degli alberi alla (...). Ciò posto, come chiarito dai giudici di legittimità "in caso di impugnazione della delibera condominiale, la cessazione della materia del contendere può ravvisarsi soltanto quando il secondo deliberato modifichi le decisioni del primo in senso conforme a quanto richiesto dal condomino che impugna e non anche quando reiteri o comunque adotti una decisione nello stesso senso della precedente, presupponendo la stessa il sopravvenire di una situazione che consenta di ritenere risolta o superata la lite insorta tra le parti, sì da comportare il venir meno dell'interesse a una decisione sul diritto sostanziale dedotto in giudizio" (Cass. Civile, Sez. VI-2, Ordinanza n. 5997 del (...)). Dal complesso delle considerazioni sopra richiamate deriva che l'impugnazione avanzata da parte attrice merita accoglimento, con conseguente nullità delle delibere impugnate. Venendo in rilievo una ipotesi di nullità, e non di semplice annullabilità, va quindi disattesa l'eccezione di decadenza dell'impugnazione per decorso del termine di cui all'art 1137 c.c., sollevata dal convenuto. Le spese di lite (ivi comprese quelle relative alla fase cautelare azionata in corso di causa) seguono la soccombenza di parte convenuta, e si liquidano come da dispositivo, secondo la tabella di cui al D.M. 55/2014 (e s.m.) per le fasi di giudizio effettivamente svolte, tenuto conto dell'attività in concreto espletata e delle questioni di fatto e di diritto affrontate, con attribuzione all'avv. (...) dichiaratosi antistatario. P.Q.M. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, IV Sezione civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando così provvede: - Dichiara la nullità della delibera del (...) relativamente al punto n. 1) dell'ordine del giorno e della delibera del (...) relativamente al punto n. 4) dell'ordine del giorno; - condanna il convenuto al pagamento, in favore della parte attrice, delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 2.370,90 per compensi, ed Euro 325,00 per esborsi, oltre rimb. forf. spese generali del 15% sui compensi, IVA e CPA, come per legge, con attribuzione all'avv. (...) dichiaratosi antistatario; - condanna il convenuto al pagamento, in favore della parte attrice, delle spese del procedimento cautelare azionato in corso di causa, che liquida per la prima fase in Euro 832,00 per compensi ed euro 110,00 per esborsi e per la fase di reclamo in euro 832,00 per compensi ed euro 110,00 per esborsi, oltre rimb. forf. spese generali del 15% sui compensi, IVA e CPA, come per legge, con attribuzione all'avv. Avvocato l dichiaratosi antistatario. Così deciso in Santa Maria Capua Vetere, il (...)
ALLEGATO AL VERBALE DI UDIENZA DEL 16.01.2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere III SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, in persona del giudice dr.ssa (...) sentita la discussione orale ordinata alle parti ex art. 281 sexies c.p.c., ha reso la seguente SENTENZA mediante lettura della seguente esposizione delle ragioni della decisione in fatto ed in diritto e del seguente dispositivo nel procedimento civile iscritto al numero 6548/2019 del ruolo generale degli affari contenziosi avente ad oggetto: risarcimento del danno per lesioni; TRA (...) e (...) quali esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore (...) rappresentati e difesi in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliati in (...) alla via dei (...) sul (...) n. 102; - Parte attrice E (...) di (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in (...) - Via (...), rappresentata e difesa dall'avv. (...) in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo procuratore, ed elettivamente domiciliata in (...) alla Via (...), sede dell'Ente; - Parte convenuta (...) Comune di (...) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (...) in virtù di procura in calce all'atto di comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliat (...)(...) (...) 69; - Parte convenuta (...) E (...) Con atto di citazione ritualmente notificato, i sig.ri (...) e (...) in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale sulla minore (...) convenivano in giudizio l'Asl di (...) nonché il Comune di (...) al fine di chiedere il risarcimento dei danni patiti all'esito dell'aggressione subita dalla minore da un cane randagio. (...) la prospettazione degli istanti, in data (...), alle ore 10:15 circa, la predetta minore si trovava ad attraversare piazza (...) in (...) accompagnata dal padre e dallo zio quando veniva improvvisamente aggredita da un cane randagio di grossa taglia fuoriuscito da un grosso cespuglio. A seguito dell'aggressione la minore cadeva al suolo battendo violentemente il viso e immediatamente veniva soccorsa dal padre che provvedeva a trasportarla presso il P.S. dell'ospedale S. (...) e S. (...) di (...) ove le venivano diagnosticate "Flc tripla della guancia destra e frattura parziale della corona degli incisivi centrali superiori". Parte istante sosteneva che la presenza del cane randagio era stata più volte segnalata agli agenti della (...) locale del Comune di (...) ma tali segnalazioni rimanevano prive di riscontro. Esperito infruttuosamente il tentativo di bonario componimento della controversia mediante lettera di messa in mora protocollata in data (...) indirizzata sia al Comune di (...) che all'(...) l'attore agiva in giudizio e concludeva chiedendo di: riconoscere e dichiarare la responsabilità solidale del Comune di (...) e dell'ASL per il danno subito dalla minore (...) e per l'effetto condannare i convenuti al risarcimento in favore dei sig.ri (...) e (...) il tutto con pagamento delle spese di lite da attribuire al procuratore antistatario. Si costituiva il Comune di (...) che dopo aver contestato tutto quanto dedotto, prodotto e sottoscritto dall'attore nell'atto introduttivo concludeva chiedendo di: in via preliminare: dichiarare l'estromissione dal giudizio del Comune di (...) per carenza di legittimazione passiva; in via principale e nel merito, rigettare l'attorea domanda perché improponibile, inammissibile, infondata in fatto e destituita di fondamento giuridico, in ogni caso non provata, il tutto con vittoria di spese di lite. Si costituiva altresì l'ASL di (...) che contestava il contenuto dell'atto introduttivo e concludeva chiedendo di: rigettare la domanda perché infondata in fatto e in diritto; in subordine in caso di accoglimento condannare il Comune di (...) per omissione o negligenza. Espletata l'istruttoria mediante acquisizione documentale, prova testimoniale e CTU medico-legale la causa veniva rinviata per la discussione orale. All'odierna udienza le parti concludevano come da verbali di causa. Giova osservare, in via preliminare con riferimento alla legittimazione passiva, che per i danni causati dagli animali liberi e privi di proprietario, essa spetta "esclusivamente all'ente, o agli enti, cui è attribuito dalla legge il compito di prevenire il pericolo specifico per l'incolumità della popolazione connesso al randagismo, e cioè il compito della cattura e della custodia dei cani vaganti o randagi". La materia è regolamentata in (...) dalla legge quadro nazionale n. 281/199 e il principio, che ne è alla base, è confermato da numerosi precedenti giurisprudenziali in materia (Cass. n. 15167/2017, n. 12495/2017, n. 17528/2011 e n. 10190/2010). Tale dovere, tuttavia, è chiarito ed integrato dalle singole leggi regionali attuative della legge quadro n. 281/1991. Poiché la legge quadro statale non indica direttamente a quale ente spetta il compito di cattura e custodia dei cani randagi ma rimette alle (...) la regolamentazione concreta della materia, spetta appunto alle singole regioni il compito di attribuire, con propria legge, ad uno o più enti pubblici il compito della cattura e custodia degli animali randagi. Tale attribuzione degli obblighi di cattura e custodia ad uno o più enti pubblici, costituisce il fondamento della responsabilità per i danni arrecati alla popolazione anche relativamente ai profili civilistici conseguenti all'inosservanza di detti obblighi. In particolare, la legge 24 novembre 2001, n. 16 della regione (...) ha affidato la competenza della vigilanza e del controllo del randagismo, con accalappiamento e trasferimento degli animali randagi nei canili pubblici, ai servizi veterinari della (...) mentre ha riservato ai (...) il compito di munirsi dei canili nei quali ricoverare i cani catturati e quello di risanare le strutture esistenti. Sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, in passato, affermato la responsabilità solidale del Comune e dell'Asl di competenza o in alcuni casi la sola competenza dei servizi veterinari della Asl (cfr. Cass., 3, n. 17060 del 28/6/2018). Più di recente, sulla scorta del quadro legislativo delineato, la giurisprudenza di legittimità ha, a più riprese, affermato che la responsabilità per i danni cagionati dall'aggressione di cani randagi grava esclusivamente sulle (...) a cui vengono demandati dalla legge della (...) i compiti di cattura e custodia degli animali. Sempre i giudici di legittimità hanno quindi escluso la legittimazione passiva dei comuni, le cui funzioni si limitano alla gestione dei canili ai fini della mera accoglienza dei cani randagi ((...) Cassazione civile, sez. III, 26/05/2020, n. 9671 "La responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull'ente cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il compito di cattura e custodia dei medesimi animali). Essendo stato individuato nell'ASL il soggetto competente in materia di prevenzione del fenomeno del randagismo (così Cassazione civile sez. III - 10/09/2019, n. 22522), in conformità dell'ultimo orientamento espresso dalla Suprema Corte, deve ritenersi la legittimazione passiva dell'(...) essendo attribuito ai (...) esclusivamente il compito di istituzione e gestione dei canili e, dunque, il difetto di legittimazione passiva del Comune di (...) Precisata la legittimazione passiva dell'ASL nel quadro della legislazione regionale campana, la domanda proposta dai sig.ri (...) e (...) è fondata e va accolta per i seguenti motivi. Invero, secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte, il danneggiante deve farsi carico "dell'onere di individuare non in astratto, bensì in concreto, il comportamento colposo ascritto all'amministrazione comunale". Non basta, infatti, che la normativa regionale individui nel Comune (nel caso di specie (...) il soggetto (o meglio: uno dei soggetti) avente(...) il compito di controllo e di gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi (tra le più recenti cfr. Cass. 28/06/2018, n. 17060; Cass. 14/05/2018, n. 11591; Cass. 31/07/2017, n. 18954), occorrendo che chi si assume danneggiato, in base alle regole generali, alleghi e dimostri il contenuto della condotta obbligatoria esigibile dall'ente e la riconducibilità dell'evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva. (...) dell'art. 2043 c.c., in luogo di quella di cui all'art. 2052 c.c., quest'ultimo ritenuto invocabile nelle ipotesi in cui ricorre il potere/dovere di custodia, ossia la concreta possibilità di vigilanza e controllo del comportamento degli animali ((...) Cass. 25/11/2005, n. 24895), impone, infatti, che la responsabilità dell'ente si affermi solo previa individuazione del concreto comportamento colposo ad esso ascrivibile e cioè che gli siano imputabili condotte, a seconda dei casi, genericamente o specificamente colpose che abbiano reso possibile il verificarsi dell'evento dannoso ((...) Cass. Cassazione civile sez. III - 11/12/2018, n. (...)). (...) danneggiato deve fornire la prova della condotta obbligatoria esigibile dall'ente e della riconducibilità dell'evento dannoso al mancato adempimento della condotta obbligatoria. Ciò implica che non è possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell'ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi. In mancanza della puntuale allegazione e della prova di una concreta condotta colposa esigibile dall'ente, il cui onere spetta certamente all'attore danneggiato in base alle regole generali e della riconducibilità dell'evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria non è possibile ascrivere alcun tipo di responsabilità in capo all'ente preposto alla prevenzione e repressione del fenomeno del randagismo. Ciò equivale a dire che, applicandosi i principi generali in tema di responsabilità per colpa di cui all'art. 2043 c.c., non è sufficiente - per affermare la responsabilità in caso di danni provocati da un animale randagio - individuare semplicemente l'ente preposto alla cattura dei randagi ed alla custodia degli stessi, non essendo materialmente esigibile, anche in considerazione della possibilità di spostamento di tali animali un controllo del territorio così penetrante e diffuso, ed uno svolgimento dell'attività di cattura così puntuale e tempestiva da impedire del tutto che possano comunque trovarsi sul territorio in un determinato momento degli animali randagi. Occorre dunque che sia specificamente allegato e provato dall'attore che, nel caso di specie, la cattura e la custodia dello specifico animale randagio che ha provocato il danno era nella specie possibile ed esigibile, e che l'omissione di esse sia derivata da un comportamento colposo dell'ente preposto (ad es. perché vi erano state specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell'ente preposto, e ciò nonostante quest'ultimo non si era adeguatamente attivato per la sua cattura). (...) deve quindi essere espressione di un comportamento colposo dell'ente preposto, quale il non essersi adeguatamente attivato per la cattura nonostante l'esistenza di specifiche segnalazioni della presenza abituale dell'animale nel territorio di competenza dell'ente preposto, cadendosi diversamente in un'ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli articoli 2051, 2052 e 2053 cod. civ. (Cfr. Cass. 31 luglio 2017, n. 18954). Dall'esame delle risultanze istruttorie è emerso che l'attore abbia provato la verificazione del fatto storico mediante le deposizioni testimoniali che in buona sostanza confermano la ricostruzione della dinamica dell'occorso prospettata nell'atto introduttivo. Ed invero, all'udienza del 07.06.2022 venivano sentiti i testi di parte attrice (...) e (...) che in merito alla qualità di "animale randagio" del cane responsabile del sinistro riferivano: il sig. (...) "...dopo il fatto si sono avvicinati dei vecchietti che hanno detto che c'era più di un cane randagio e che erano venuti anche gli accalappiacani che non erano riusciti a prendere i cani: il cane non si è visto in quel frangente; il cane non aveva il collare; il proprietario non è si è trovato anche se il padre della bambina pensava fosse un cane che aveva un proprietario; ed i vecchietti ci hanno detto che c'erano cani randagi proprio in quella zona". Sempre in merito al randagismo del cane aggressore, la sig.ra (...) affermava: "...noi abbiano cercato il proprietario del cane ma non era di nessuno; il cane non aveva il collare ed era sporco; si vedeva che era un cane che viveva per strada; le persone del rione mi hanno detto che sono state fatte molte segnalazioni al Comune sulla presenza di cani randagi nella zona". Ebbene, tali circostanze costituiscono elementi sufficienti per concludere che si trattasse di un cane privo di proprietario e che erano state inviate molteplici segnalazioni all'ASL della presenza di randagi, tanto che era stato effettuato anche un intervento per provvedere all'accalappiamento non andato a buon fine. Tutto ciò premesso, l'attore ha assolto all'onere probatorio richiesto per accedere alla tutela risarcitoria avendo dimostrato che dopo le segnalazioni l'ente convenuto non si era attivato con la dovuta diligenza per provvedere all'accalappiamento. Il fatto di essersi recata sul luogo oggetto di segnalazione in un solo giorno, non può essere considerato alla stregua di un comportamento idoneo ad assolvere l'ASL dall'obbligo di prevenire ed evitare il fenomeno del randagismo. Ed infatti, dalle risultanze processuali non è emerso che l'Asl abbia predisposto ed organizzato un efficiente servizio di accalappiamento dei cani randagi volto ad evitare eventi di quelli del tipo in concreto verificatosi, essendosi invece l'ente convenuto limitato ad eccepire l'inesigibilità della condotta per non aver ricevuto segnalazioni. A ben vedere, però, il fatto di essersi recata sul luogo dell'occorso per provvedere all'accalappiamento costituisce tacita ammissione di aver ricevuto segnalazioni. Per vero, la difesa dell'ASL ritiene che le segnalazioni in merito alla presenza di animali randagi debbano provenire dal proprietario custode della rete stradale nonché responsabile del controllo del territorio ovvero il Comune. Eccependo di non aver ricevuto alcuna segnalazione da parte dell'ente comunale ritiene di non essere responsabile dell'aggressione avvenuta ai danni della minore (...) Come già detto, però, affinché la condotta omissiva possa ritenersi esigibile per l'ASL è sufficiente che venga provato che l'ente era a conoscenza della presenza di cani randagi in quella zona, circostanza provata dalle dichiarazioni testimoniali nella parte in cui i testi affermano che c'erano state diverse segnalazioni della presenza di cani randagi e che l'Asl era addirittura intervenuta. La convenuta ASL non ha allegato alcuna prova che confutasse quanto emerso in sede testimoniale limitandosi in sede di escussione ad impugnare genericamente le testimonianze rese dai testi di parte attrice. Alla luce di tali osservazioni deve pertanto affermarsi la responsabilità della (...) nella produzione del sinistro. Stante quanto precede, va anzitutto affermata la spettanza del risarcimento del danno non patrimoniale. Com'è noto, secondo il nuovo, condivisibile indirizzo "bipolare" in ordine al risarcimento del danno alla persona, riconducibile ai due poli del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale, la liquidazione dei danni non patrimoniali (nei quali rientrano il danno biologico, il danno morale, il danno da lesione di interessi non patrimoniali costituzionalmente protetti) può avvenire anche in modo unitario e complessivo, e deve evitare duplicazioni risarcitorie (cfr. Cass. civ., sez. III, 31/05/2003, n.8827). La pronuncia delle (...) della Cassazione dell'11 novembre 2008, n. 26972 ha ritenuto che, nell'ambito di una ricostruzione bipolare della responsabilità aquiliana, vada abbandonata l'autonoma categoria del danno morale e la sofferenza morale vada ricondotta nell'ambito della categoria generale del danno non patrimoniale. Onde evitare una duplicazione di risarcimento attraverso la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale, quest'ultimo non va liquidato in percentuale del primo, ma occorre procedere ad un'adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza. Allegati gli elementi costitutivi della responsabilità, attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva assume particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice. Dall'espletata CTU (alla quale interamente ci si riporta, per essere la stessa congruamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici) è emerso che, a seguito del sinistro, l'istante ha riportato "ferita lacero-contusa della guancia destra e la frattura del margine mesiale degli elementi dentari 11 e 21" ed ha subito 8 (...) giorni di invalidità al tasso medio del 75%, in 15 (...) giorni di parziale inabilità al tasso medio del 50%, e 15 (...) giorni di parziale al tasso medio del 25% con esiti valutati in misura dell'1% del danno biologico. Ha aggiunto il c.t.u. "Per quel che attiene il danno permanente, esso (a distanza di oltre sette anni) si deve considerare ormai stabilizzato; si tratta di un danno quasi esclusivamente di natura estetica che, come da quesito G, viene descritto e fotografato (le fotografie sono allegate alla fine della presente relazione) omettendone la valutazione percentuale. A solo scopo orientativo si ritiene di dove inquadrare il danno, secondo le linee (...) della (...) del 2016, nell'ambito della seconda classe del danno estetico (da lieve a moderato), che prevede valutazioni tra il 6 ed il 15% per le "cicatrici lineari ed irregolari, piane, di media estensione (nell'ordine di 3-5 cm) al volto ed alla regione anteriore del collo. Questo giudicante ritiene di fissare nel 9% la percentuale di danno estetico permanente e dunque complessivamente provvedere a liquidare il danno biologico per un ammontare pari al 10% (9 % danno estetico +1% danno biologico). Devono dunque essere liquidate a titolo equitativo le seguenti somme a fronte del danno biologico patito dall'istante per invalidità permanente e temporanea (con l'applicazione degli importi di cui alle (...) redatte dal (...) di Milano, riferite al 2021, condivise da questo (...) ed in ossequio all'orientamento della Cassazione espresso con sentenza n. 12408 del 07/06/2011) e considerata l'età dell'attrice di anni 8 al momento del consolidarsi dei postumi: Danno non patrimoniale risarcibile Euro 21.690,00 Invalidità temporanea parziale al 75% Euro 594,00 Invalidità temporanea parziale al 50% Euro 742,50 Invalidità temporanea parziale al 25% Euro 371,25 Totale danno biologico temporaneo Euro 1.707,75 Totale generale: Euro 23.397,75. Per quanto, invece, riguarda i danni non patrimoniali diversi dal danno biologico occorre richiamare i principi esposti dalle sentenze gemelle delle (...) della Cassazione (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 28 novembre 2008, nr. 26972-73-74 e 65), le quali nel riportare l'intero sistema nell'ambito della bipolarità tra danno patrimoniale e non patrimoniale e nel respingere qualsiasi ulteriore sottocategoria se non quali mere sintesi descrittive di singoli pregiudizi, hanno espresso il principio secondo il quale non si può escludere il c.d. danno morale dal novero delle lesioni meritevoli di tutela risarcitoria, bensì dovrà apprezzarsi detta lesione nel valutare e personalizzare il danno non patrimoniale. Sulla base delle allegazioni e delle prove acquisite al processo e/o delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, il giudice se reputa che la "voce" del danno non patrimoniale intesa come "sofferenza soggettiva" non sia adeguatamente ristorata, in considerazione del complessivo danno non patrimoniale subito dal soggetto, con la sola applicazione dei predetti valori monetari, è tenuto ad operare un' "adeguata personalizzazione" del danno non patrimoniale, liquidando, congiuntamente ai valori monetari di legge, una somma ulteriore che risarcisca integralmente il pregiudizio patito dalla vittima. Questo significa però che, persistendo la natura di danno conseguenza del c.d. danno morale, il danneggiante è onerato dell'allegazione di tutte le circostanze utili ad apprezzare la concreta incidenza della lesione patita in termini di sofferenza/turbamento e della prova delle stesse. Di guisa che in punto di prova il danno morale soggettivo può essere comprovato mediante lo strumento delle presunzioni, posto che ad un certo tipo di lesione, anche se di lieve entità, può riconnettersi di regola una sofferenza. Il ricorso alle presunzioni non può tuttavia esonerare il danneggiante dall'onere di una compiuta allegazione del danno, o quanto meno degli elementi di fatto da cui desumere la sussistenza di un pregiudizio morale. Questo vale in modo particolare in ipotesi di microlesione, posto che generalmente ad una lesione comportante un'inabilità temporanea e permanente più significativa, consegue un danno in termini di sofferenza; laddove non sempre da una lesione di tipo lieve discende automaticamente un danno di tipo morale, non già ristorato mediante il riconoscimento monetario del c.d. danno biologico. Nulla compete a titolo di cd. danno morale, considerata la mancata allegazione sul punto. Essendo stata espressa la somma di cui sopra in valori già attuali, quanto agli interessi va richiamato l'orientamento assunto dalla Suprema Corte, la quale, con una decisione delle (...) (v. Cass. 17.2.1995 n. 1712, ma la medesima posizione è stata assunta anche in epoca ancor più recente) ha posto fine ad un contrasto da tempo esistente in ordine alle modalità di calcolo di tali accessori nella ipotesi di pronuncia risarcitoria da illecito. E' stato infatti statuito che, in tema di risarcimento del danno da illecito extracontrattuale, se la liquidazione viene effettuata con riferimento al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, espresso in termini monetari che tengono conto della svalutazione monetaria intervenuta fino alla data della decisione definitiva, è dovuto anche il danno da ritardo e, cioè, il lucro cessante provocato dal ritardato pagamento della suddetta somma, che deve essere provato dal creditore; tuttavia, detta prova può essere data e riconosciuta dal Giudice secondo criteri presuntivi ed equitativi e, quindi, anche mediante l'attribuzione degli interessi ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze oggettive e soggettive inerenti alla prova del pregiudizio subito per il mancato godimento nel tempo del bene o del suo equivalente in denaro. Se quindi il Giudice adotta, come criterio di risarcimento del danno da ritardato adempimento quello degli interessi, fissandone il tasso, mentre è escluso che questi ultimi possano essere calcolati alla data dell'illecito sulla somma liquidata per il capitale, rivalutata definitivamente, è consentito invece effettuare il calcolo con riferimento ai singoli momenti (da determinarsi in concreto secondo le circostanze del caso) con riguardo ai quali la somma equivalente al bene perduto si incrementa nominalmente in base agli indici prescelti di rivalutazione monetaria, ovvero ad un indice medio. Sulla base di tali considerazioni, l'Asl convenuta dovrà dunque corrispondere alla parte attrice gli interessi al tasso legale di cui all'art. 1284 comma I c.c. inizialmente calcolati sull'importo prima individuato, tuttavia devalutato al 21.11.2015 (importo cioè corrispondente a quello risultante dalla "devalutazione", in base agli indici (...) al 21.11.2015, quale momento del sinistro, di quello testé liquidato all'attualità) e, quindi, anno per anno, a partire dal 21.11.2015 e fino al momento della presente decisione, sulle somme di volta in volta risultanti dalla rivalutazione di quelle sopra precisate. Il consulente afferma, inoltre, che le spese future, per la riabilitazione dell'arcata dentaria, vanno fissate in euro 6.000,00 (...). Pertanto, spetta alla parte istante la somma di euro 6.000,00 per spese per ulteriori interventi chirurgici futuri conseguenti dagli atti di causa; somma su cui non decorrono interessi trattandosi di danno futuro. A titolo di danno patrimoniale, compete ancora per le spese mediche già sostenute la somma ritenuta congrua dal C.T.U di euro 40,66 attualizzata e comprensiva dei danni da ritardo nella somma di euro 50,00. Pertanto, in base ai detti criteri, l'Asl convenuta dovrebbe corrispondere la somma di euro Euro 23.397,75, oltre interessi al tasso legale di cui all'art. 1284 comma I c.c. sulla somma devalutata al momento del fatto (21.11.2015) di anno in anno rivalutata secondo gli indici (...) secondo indici (...) dal 21.11.2015 sino alla data di pubblicazione della presente sentenza, la somma di euro 6.000,00 per danno futuro e la somma di euro 50,00 per spese mediche già sostenute. Parte istante tuttavia chiede nell'atto di citazione di condannare i convenuti nei limiti di Euro 26.000,00; limita cioè espressamente la propria domanda. La domanda può essere pertanto accolta nei limiti di euro 26.000,00. Le spese nei rapporti tra la parte attrice e l'Asl seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. del 10 marzo 2014 n. 55, pubblicato sulla (...) ufficiale del 02.04.2014 (come successivamente modificato), (cfr. Cassazione S.U. n. 17405 e 17406 del 12 ottobre 2012 in relazione al D.M. 20 luglio 2012 n.140). Sono compensate le spese tra la parte attrice ed il Comune di (...) attesa l'esistenza di divergenti orientamenti giurisprudenziali quanto alla legittimazione passiva del Comune. P.Q.M. il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: 1. dichiara il difetto di legittimazione passiva del Comune di (...) 2. dichiara compensate come in motivazione le spese tra la parte attrice ed il Comune di (...) 3. accoglie la domanda proposta dai sig.ri (...) e (...) nella qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sulla figlia minore (...) per l'effetto condanna la (...) al pagamento in loro favore della somma di Euro 26.000,00. 4. condanna l'Asl al pagamento delle spese processuali di giudizio a favore della parte istante che liquida in euro 271,95 per esborsi (oltre oneri della C.T.U. già liquidati con separato decreto del giudice istruttore) e 5.080,00 per compensi professionali, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed oltre accessori di legge con attribuzione al procuratore antistatario.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI S. MARIA CAPUA VETERE, TERZA SEZIONE CIVILE, in composizione monocratica, in persona del giudice onorario dr.ssa Carmela Sorgente, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.8695.2018 del Ruolo Generale avente ad oggetto: opposizione e decreto ingiuntivo" passata in decisione dopo la precisazione delle conclusioni avvenuta all'udienza del (...) e vertente TRA (...), C.F.: (...), , rappresentato e difeso dall'avv. (...), giusta procura in atti ATTORE - OPPONENTE E (...) in persona dell'Amministratore Delegato cod.fisc./P.IVA: (...) rappresentata e difesa dagli Avv.ti (...) (...) e (...) CONVENUTO- OPPOSTO MOTIVI IN FATTO E DIRITTO La sentenza viene redatta in conformità al nuovo testo degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., di cui alla L. n. 69 del 2009. Nella stesura della motivazione si è tenuto conto dell'insegnamento giurisprudenziale (...) espressamente richiamate nei motivi della decisione. Per quanto utile alla decisione è sufficiente ricordare che, n. decreto ingiuntivo RG n. (...)2018, emesso dal Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere, in data (...) e notificato in data (...) il Tribunale di Santa Maria C.V. ordinava a (...) di pagare alla società, (...) in persona del legale rappresentante p.t., la somma di Euro 23.538,14, oltre gli interessi e le spese della fase monitoria, a titolo di corrispettivo di due contratti di finanziamento n. (...) e finanziamento n. (...) sottoscritti con (...) Avverso il decreto ingiuntivo, ritualmente notificato, proponevano opposizione l'intimato deducendo ,la improcedibilità della domanda per mancata attivazione della procedura di mediazione , carenza di legittimazione passiva, la intervenuta prescrizione concludeva per la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Si costituiva in giudizio, con regolare comparsa di costituzione e risposta, l'ingiungente contestando le altrui difese ed instando per la conferma del credito azionato in via monitoria, con rigetto dell'opposizione. Con provvedimento del (...) veniva attribuita provvisoria efficacia esecutiva all'opposto decreto ingiuntivo e, allo stesso tempo, al fine di conciliare la lite, venivano onerate le parti ad attivare il procedimento di mediazione previsto ai sensi del secondo comma dell'art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010. All'esito dell'udienza del (...) constatata la mancata attivazione del procedimento di mediazione obbligatoria, la causa veniva rinviata ex art. e ex art. 281 sexies c.p.c. IL procedimento subiva ulteriori rinvii e alla udienza del (...) era riservato a sentenza con i termini ex art. 190 c.p.c.. Come sopra esposto, il presente giudizio ha ad oggetto l'opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria. Com'è noto, ai sensi dell'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche, per le controversie in materia di contratti bancari e finanziari, come nel caso della controversia in esame, è obbligatorio, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale, esperire preliminarmente il procedimento di mediazione. Nell'ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, dottrina e giurisprudenza si sono divise in ordine al soggetto su cui dovesse ricadere l'onere di introdurre la mediazione obbligatoria. Invero, fermo restando che il creditore non ha l'onere di introdurre il procedimento di mediazione prima della richiesta di emissione del decreto ingiuntivo, non risultava pacifico se l'introduzione della mediazione incombesse sull'opponente il quale ha l'interesse a che si accerti l'illegittimità del decreto ingiuntivo o sull'opposto che è comunque considerato attore in senso sostanziale nell'ambito dell'opposizione a decreto ingiuntivo. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 19596 del (...) hanno affermato il presente principio di diritto: "Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo". Ne consegue, pertanto, alla luce delle esposte considerazioni, che deve essere dichiarata l'improcedibilità del presente giudizio con la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Quanto, infine, alla disciplina delle spese e competenze di lite del presente giudizio - tenuto conto dei recentissimi e sopravvenuti arresti giurisprudenziali e del pregresso contrasto giurisprudenziale e dei dubbi interpretativi che lo accompagnavano - si ritiene sussistano i presupposti per disporne l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di S. Maria C.V., nella persona del Giudice Onorario dott.ssa Carmela Sorgente, definitivamente pronunciando sul procedimento rubricato al n. 8695.2018, avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo, così provvede: 1. Dichiara improcedibile il presente giudizio per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo n. (...)2018, RG n. (...)2018, emesso dal Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere, in data (...). 2. compensa le spese e competenze di lite. Così deciso in Santa Maria Capua Vetere l'8 gennaio 2024. Depositata in Cancelleria il 8 gennaio 2024.
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