Sentenze recenti Tribunale Sassari

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 11 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTORE CONTRO CONDOMINIO (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTO CONTRO (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to (...) che lo rappresenta e difende per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte INTERVENIENTE VOLONTARIO OGGETTO: azione di risarcimento del danno. CONCLUSIONI: come da foglio telematico depositato per l'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, (...) conveniva in giudizio il Condominio di (...) 196 in Alghero e, premesso di essere proprietaria esclusiva dell'appartamento sito in Alghero, via (...), al Foglio (...), mappale (...) sub 4; mappale (...) e mappale (...), categoria A/3, classe 1, vani 6, della superficie catastale di mq. 149, nonché del locale autorimessa al piano terra, della consistenza catastale di mq. 29, al Foglio (...), mappale (...) sub 5, con cortile di pertinenza, che detta porzione immobiliare faceva parte del Condominio di (...) 196; esponeva che in data 13.3.2017 esplodevano le condutture fognarie del palazzo che correvano sotto il piano di calpestio del giardino di sua proprietà allagando con liquami l'intero giardino; lamentava che detto allagamento di liquami avevano danneggiato il giardino, tanto che si rendeva necessario provvedere allo scavo di pulizia e rimozione terra vegetale; rimozione pozzetti ammalorati; fornitura e posa in opera di nuovi pozzetti e nuovi tratti di condotta orizzontale; collaudo del nuovo impianto di scarico e fornitura e posa di terra vegetale per ripristino giardino e che per detti lavori aveva subito l'esborso della somma di Euro 6.100,00, concludeva chiedendo che stante la responsabilità del Condominio in ordine all'evento dannoso lo stesso venisse condannato al risarcimento del danno subito. Si costituiva il Condominio di (...) 196 contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento eccepiva in via preliminare che la (...) al momento del verificarsi dell'evento non era proprietaria dell'immobile e che di conseguenza non poteva chiedere il risarcimento asseritamente arrecato ad una porzione immobiliare non di sua proprietà, avendo ricevuto l'immobile per donazione in data 29.5.2019 e non avendo ricevuto alcuna cessione del diritto al risarcimento del danno, nel merito evidenziava come la (...) aveva comunicato al Condominio l'immissione di liquami provenienti dalla condotta fognaria e nonostante il Condominio si fosse attivato per convocare l'assemblea e deliberare i lavori la (...) aveva provveduto a effettuare i lavori che le riteneva opportuni, concludeva chiedendo il rigetto della domanda. Interveniva volontariamente (...) proprietaria dell'immobile al momento del verificarsi dell'evento dannoso precisando che per accordi verbali intercorsi con la (...) aveva ceduto anche il diritto al risarcimento del danno maturato a suo favore, clausola peraltro contenuta nell'atto di donazione nella parte nella quale dice che vengono ceduti altri diritti a favore di terzi o da terzi vantati e comunque con l'intervento chiedeva l'accertamento del lamentato fatto lesivo e la condanna del Condominio al risarcimento del danno. La causa veniva istruita con produzioni documentali e consulenza tecnica di ufficio e presa in decisione sulle conclusioni assunte all'udienza fissata per la precisazione e all'esito del deposito delle memorie ex art. 190 cpc. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere rigettata la domanda proposta da (...) in quanto non proprietaria dell'immobile al momento del verificarsi dell'evento dannoso. Ed infatti a decorrere dalla sentenza n. 2951/2016, le Sezioni Unite sono intervenute a comporre un contrasto tra le sezioni e, in accoglimento dell'orientamento maggioritario, hanno ritenuto che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà, ma è un diritto di credito, distinto ed autonomo rispetto al diritto reale. L'autonomia di tale diritto comporta che "il diritto al risarcimento del danno subito dall'immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio, ma è suscettibile solo di specifico atto di cessione ai sensi dell'art. 1260 c.c.. Di conseguenza, quando accanto all'atto di trasferimento della proprietà, non vi sia stato un atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene al momento dell'evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale". Ciò posto non appare emergere dall'atto di donazione che ha attribuito la proprietà del bene che si assume abbia subito il danno nessuna esplicita cessione del relativo credito, come affermato dalla (...), mancando proprio quella puntualizzazione evidenziata dalla citata sentenza nella quale si esplicita la cessione del credito unitamente al diritto dominicale. Per contro, (...) titolare del diritto di proprietà sull'immobile danneggiato all'epoca del verificarsi dell'evento dannoso ha spiegato intervento autonomo, facendo valere un diritto proprio in contrasto anche con la domanda dell'attrice, con ciò riportando la controversia tra le parti legittimamente interessate alla soluzione. La (...) richiamando esplicitamente l'atto di citazione della (...) ha sostanzialmente ribadito che in data 13.3.2017 all'interno del suo appartamento si era verificato un allagamento di liquami causato dal mancato funzionamento delle condutture condominiali che portavano le acque luride verso il collettore fognario cittadino , allagamento che aveva interessato l'interno della sua abitazione posta al piano terra e il piccolo giardino pertinente e che per la rimozione delle conseguenza aveva esborsato la somma di Euro 6.100,00 della quale richiedeva il pagamento al Condominio convenuto ritenendolo responsabile del danno. La fattispecie prospettata concreta l'ipotesi di una responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 cc non potendosi contestare che le condutture fognarie nella parte in cui insistono nella proprietà ricadente nell'ambito condominiale siano parte necessaria condominiale e quindi soggiacciano alla custodia del condominio che è tenuto alla manutenzione ordinaria che ne consenta l'ordinario utilizzo. Incombe nella fattispecie indicata al danneggiato la sola prova del rapporto di causalità tra il bene oggetto di custodia e l'evento dannoso dalla stessa cagionato, incombe per contro al danneggiante la prova del fortuito o della forza maggiore al fine della liberazione dalla responsabilità. Parte attrice non ha necessità di dare la prova sul rapporto causale in quanto, emerge dalla comparsa di costituzione del Condominio che effettivamente l'evento dannoso si è verificato e che lo stesso era riconducibile alle condutture fognarie condominiali - il Condominio afferma di avere fatto intervenire l'autospurgo per eliminare l'inconveniente, di avere convocato l'assemblea per l'esame dei preventivi che avrebbe richiesto per provvedere al ripristino e messa in sicurezza della conduttura fognaria- con ciò confermando sia l'evento verificatosi sia le cause che lo avevano generato. Orbene il Condominio contesta che la (...) ha eseguito i lavori di ripristino della conduttura fognarie per il tratto compreso nel suo cortile senza autorizzazione del condominio e in assenza di urgenza di provvedervi. Siffatta difesa porta a ritenere del tutto acclarato il fatto che il tratto di conduttura fognaria che attraversava il giardino della (...) andava ripristinata e messa in sicurezza. Quanto al risarcimento del danno richiesto con l'intervento dalla (...) occorre in primo luogo evidenziare che lo stesso contempla da un lato il danno subito alla proprietà privata (infiltrazioni dei liquami nel giardino) e dall'altro il costo del ripristino della conduttura fognaria che aveva generato il danno. Rispetto a quest'ultimo il Condominio ne disconosce non l'utilità e la corretta esecuzione ma il fatto che l'opera essendo condominiale non sia stata autorizzata e che la (...) abbia agito al di fuori dei suoi poteri. Vero che sussiste il principio secondo cui il singolo condominio ha diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione della cosa comune nell'interesse degli altri proprietari senza autorizzazione degli organi condominiali, solo qualora, ai sensi dell'art. 1134 c.c., dette spese siano urgenti, secondo la nozione che distingue l'urgenza dalla mera necessità; urgenza che ricorre quando, secondo un comune metro di valutazione, gli interventi appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa o ai terzi, mentre nulla è dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (Cass. 9280/2019; Cass. 18759/2016). Orbene all'esito dell'allagamento di liquami così grave che aveva invaso la proprietà della (...) a causa delle condizioni della condotta fognaria che attraversava il suo giardino, provvedere alla riparazione della stessa condotta si poneva come urgente perlomeno al fine di evitare un altro ulteriore allagamento e quindi ulteriori e forse più gravi danni alla proprietà della (...). Emerge, infatti, dalle produzioni documentali che il Condominio sollecitato dalla (...) con la mail del 11.6.2017 ha convocato l'assemblea per discutere del problema solo il 27.7.2017 con la conseguenza che la verosimiglianza del verificarsi di altri episodi di allagamento, a distanza di quattro mesi dall'episodio grave, appariva concreta e reale, tale quindi da indurre la (...) a ripristinare la condotta fognaria posta nel suo piccolo giardino a sue spese. L'urgenza di provvedere all'esecuzione sulle opere comuni appare quindi presente e di conseguenza legittima la richiesta restitutoria della somma necessaria per il ripristino della conduttura fognaria. A riguardo deve essere presa in considerazione la consulenza tecnica di ufficio espletata la quale indenne da vizi e soprattutto analitica e propositiva, al contrario delle molteplici ingiustificate contestazione effettuate da parte convenuta, ha determinato sia il danno cagionato alla (...) sia il valore delle opere da lei eseguite, peraltro a regola d'arte, con grande vantaggio per il Condominio convenuto, in complessivi Euro 4.778,00 oltre IVA da detta somma deve essere detratta la somma di Euro 410,00 spesa pe l'apposizione dei ciottoli di marmo bianco per giardino, non sussistendo prova alcuna della loro presenza prima dell'allagamento. Concludendo la somma complessiva dovuta per il risarcimento del danno conseguente all'allagamento di liquami del 13.3.2017 è pari a Euro 4.368,00 oltre IVA. Ovviamente trattandosi di beni in custodia appartenenti al Condominio ed essendo la (...) all' epoca condomina risponde anche lei nei limiti dei millesimi di proprietà, ovvero il Condomino sarà tenuto a corrispondere in favore di (...) la somma di Euro 4.368,00 oltre IVA detratta la quota della stessa (...) corrispondente ai suoi millesimi. Riguardo alle spese processuali le stesse devono ritenersi compensate tra le parti ciò alla luce della soccombenza della attrice (...) e del Condominio rispetto a (...) e stante la coincidenza di posizione tra la (...) e la (...). P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Rigetta la domanda proposta da (...), 2) Condanna il Condominio a corrispondere in favore di (...) la somma di Euro 4.368,00 oltre IVA e a tenere conto nell'adempimento della porzione di responsabilità incidente sulla (...) in misura corrispondente ai millesimi degli immobili di sua proprietà. 3) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio. Sassari 6 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 252/2020 promossa da: (...) (C.F.(...) con il patrocinio degli avv.ti (...) presso cui è elettivamente domiciliato OPPONENTE contro (...) S.P.A.), col patrocinio degli avv.ti (...) presso cui è elettivamente domiciliata OPPOSTA Oggetto: RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 28 gennaio 2020 (...) conveniva davanti a questo tribunale (...) proponendo opposizione al decreto notificatogli il 27 dicembre 2019, n.971/2019 con cui gli era stato ingiunto il pagamento della somma di 21.123,22 euro, oltre interessi e spese. Contestava il credito azionato in sede monitoria, affermando che col contratto di finanziamento la banca aveva applicato in modo illegittimo gli interessi. Lamentava l'anatocismo, l'indeterminatezza del tasso d'interesse, l'"antergazione e/o postergazione della valuta", l'applicazione di "interessi occulti", riservandosi di dimostrare più accuratamente i suoi assunti in corso di causa. Si costituiva la (...) s.p.a. e, eccependo preliminarmente la nullità della domanda, di cui rilevava l'indeterminatezza, chiedeva la conferma del decreto opposto, osservando come il credito trovasse titolo nel contratto di finanziamento finalizzato all'acquisto di un'autovettura, stipulato dal (...) rimasto inadempiuto, con conseguente decadenza del mutuatario dal beneficio del termine ed obbligo di pagamento del debito residuo e degli interessi di mora. Con la successiva memoria depositata ex art. 183, co. 6, n.1, c.p.c. l'opponente eccepiva l'improcedibilità del decreto opposto, in quanto la banca non aveva aderito al tentativo obbligatorio di mediazione e ribadiva le "irregolarità nel calcolo degli interessi applicati dalla banca", eccependone l'usura originaria e, comunque, l'infedeltà del tasso effettivo rispetto a quello pattuito, con conseguente applicazione dell'interesse determinato ai sensi dell'art. 117 TUB. L'opposta insisteva per la conferma del decreto ed il rigetto dell'opposizione. Disposta la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, la causa, istruita solo con produzioni documentali era assunta in decisione all'udienza del 17 novembre 2022 sulle conclusioni riportate in epigrafe, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c.. L'opposizione è palesemente infondata e dev'essere disattesa. Va premesso che deve escludersi l'eccepita improcedibilità del "decreto opposto", rectius della domanda, in primo luogo perché nessuna sanzione d'improcedibilità è comminata dalle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 28 del 2010 per la mancata partecipazione della parte invitata al procedimento di mediazione. Nella specie, peraltro, la banca opposta aveva preso parte alla mediazione promossa dall'opponente e la sua mancata adesione (v. doc. 5 opposta) risulta adeguatamente motivata dalla manifesta distanza delle rispettive posizioni processuali, non essendo peraltro prevista alcuna sanzione nemmeno per la parte che, rispondendo all'invito, non aderisca alla proposta. Nel merito le contestazioni di parte opponente risultano alquanto generiche e non pertinenti. Il contratto di prestito finalizzato all'acquisto di un'autovettura, stipulato fra (...) s.p.a. e l'odierno opponente il 9 dicembre 2016 e allegato al ricorso per decreto ingiuntivo, contiene tutti i requisiti atti ad individuare le condizioni del finanziamento, i tassi applicati, le modalità e i termini del relativo rimborso, dovuto attraverso il versamento di ratei costanti comprendenti capitale ed interessi, secondo il criterio di ammortamento cosiddetto alla francese, sicché non è dato individuare alcun profilo d'illegittimità derivante dall'asserito anatocismo. La genericità delle asserzioni relative alla determinazione del tasso d'interesse del finanziamento non ne consente nemmeno una specifica disamina, sottolineandosi, peraltro, che il contratto, specificando l'ammontare dei ratei di rimborso comprensivi di capitale ed interessi, il numero e la periodicità dei versamenti, nonché la determinazione del relativo tasso applicato dall'istituto erogante, risulta soddisfare ampiamente il requisito della necessaria determinazione e trasparenza delle condizioni applicate, previsto dall'art. 117, co. 4, 6 e 7 del TUB. In mancanza di puntuali contestazioni al riguardo non si ravvisano dunque profili di nullità del contratto o di singole clausole, sulla base di quanto allegato da parte opponente. Deve rammentarsi in proposito che il piano di rimborso del mutuo secondo l'ammortamento "alla francese", ossia con rate d'importo costante che inglobano una quota capitale crescente ed una quota interessi decrescente, non comporta, di per sé, l'applicazione di interessi anatocistici, dato che gli interessi che vanno a comporre la rata da pagare (fissa e predeterminata) sono calcolati sulla sola quota di capitale, né si riscontra, in difetto di più specifiche argomentazioni, una discordanza tra il tasso pattuito e quello applicato. Non vi è dunque alcuna applicazione di interessi su interessi, atteso che quelli inglobati nelle rate vengono calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, cioè sul capitale originario, detratto l'importo già pagato con le rate precedenti. La contestazione inerente all'applicazione di interessi usurari, non emergente pei altro dal tasso indicato nel contratto (che riporta un TAN del 4,91% ed un TAEG del 5,79%) è talmente generica e sfornita di alcuna argomentazione da non consentire al riguardo alcun rilievo, essendo appena il caso di osservare che il tasso soglia per il credito finalizzato all'acquisto di beni, riferito al quarto trimestre dell'anno 2016, era pari al 15,1500%. Quanto ai calcoli contenuti nella perizia di parte allegata dagli opponenti, essi si fondano su presupposti manifestamente erronei, quali, ad esempio, il computo nel tasso d'interesse, che risulta concordato in misura largamente inferiore al tasso soglia vigente nel periodo di riferimento, dei costi diretti al recupero del credito rimasto (pacificamente) insoluto e di quelli inerenti all'estinzione anticipata del prestito. Deve pertanto ritenersi che il creditore opposto (...) s.p.a., che nelle more del processo è stata incorporata da (...) s.p.a. con atto pubblico del 22 giugno 2021, ha adeguatamente assolto all'onere della prova a suo carico, producendo il contratto costituente titolo delle pretese azionate in sede monitoria, redatto per iscritto e sottoscritto dal cliente, gli estratti conto e le certificazioni attestanti, ex art. 50 del TUB, il saldo passivo a carico dei mutuatari (doc. D-5), prove sufficienti, alla stregua delle contestazioni, estremamente generiche, sollevate dal beneficiario del finanziamento (pacificamente rimasto inadempiuto, con conseguente decadenza dal beneficio del termine), a dimostrare l'esistenza e la liquidità del credito azionato, anche nel presente giudizio di merito. Al rigetto dell'opposizione segue la condanna dell'opponente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore della parte opposta. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n.971/2019 emesso da questo tribunale. Condanna l'opponente (...) al pagamento in favore dell'opposta (...) s.p.a., incorporante la società (...) s.p.a., delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.650,00, oltre rimborso forfetario, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Sassari il 3 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SASSARI II sezione CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 333/2018 promossa da: (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), presso cui è elettivamente domiciliato OPPONENTE contro GEOM. (...) S.R.L. col patrocinio dell'avv. (...), presso cui è elettivamente domiciliata OPPOSTO Oggetto: appalto-opposizione a decreto ingiuntivo CONCLUSIONI PER PARTE ATTRICE: v. atto di citazione in opposizione PER PARTE OPPOSTA: "1) In via principale e nel merito, per tutte le motivazioni in fatto ed in diritto meglio dedotte in narrativa, rigettare l'opposizione per cui si procede, confermando il decreto ingiuntivo n. 4207/2017 oltre ad interessi di mora e rivalutazione monetaria sul capitale dal dì del dovuto e fino a saldo avvenuto; 2) In via subordinata, In caso di parziale accoglimento delle avverse eccezioni in merito all'inesatta esecuzioni dei lavori da parte della Geom. (...) s.r.l., condannare il geom. (...) al pagamento di quanto istruito in corso di causa ovvero secondo equità e giustizia; 3) In ogni caso, con vittoria di spese documentate e compenso all'avvocato patrocinante determinato ai sensi del D.M. n.55/2014, oltre al rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, c.p.a. 4%, i.v.a. 22% e successive spese occorrende" RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 15 gennaio 2018 (...), titolare dell'omonima impresa edile, proponeva tempestiva opposizione al decreto ingiuntivo n. 4207/2017, provvisoriamente esecutivo, notificatogli dalla Geom. (...) s.r.l. per il pagamento della somma di Euro16.500,00 che questa assumeva dovutale quale residuo corrispettivo per l'esecuzione di un subappalto commissionatole dal (...). Somma portata da un assegno bancario, allegato quale prova scritta del credito al ricorso proposto in sede monitoria (e non potuto riscuotere perché post datato), e risultante da un preventivo commerciale datato 29.5.2015. L'appalto aveva ad oggetto la tornitura e posa in opera di conglomerato bituminoso per la realizzazione di una rotatoria in comune di Porto Torres. Eccepiva l'opponente di non dovere alcuna somma, in ragione delle carenze nell'esecuzione dei lavori effettuati dall'impresa subappaltatrice, già contestati dall'amministrazione committente, nonché l'inefficacia dell'assegno, in quanto post datato, a valere quale prova scritta del credito, non essendo lecita la funzione di garanzia del pagamento attribuita al titolo in base agli accordi intercorsi fra i contraenti. Concludeva chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo ed il risarcimento dei danni subiti a causa dell'inadempimento dell'impresa (...). Si costituiva la società opposta e contestava le ragioni esposte dal (...) sostenendo di aver compiutamente eseguito, a regola d'arte, i lavori commissionati e che l'assegno le era stato consegnato in pagamento dall'opponente nel dicembre del 2015, dopo la loro realizzazione, avvenuta alla fine di maggio 2015. Sosteneva che nessun difetto era ascrivibile all'opera subappaltata e che l'assegno prodotto a corredo del ricorso valeva quantomeno quale promessa di pagamento e ricognizione di debito. Concludeva per il rigetto dell'opposizione, vinte le spese. La causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all'udienza del 20 settembre 2022 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c. L'opposizione è infondata e dev'essere disattesa. Va premesso che nel presente giudizio di merito viene in considerazione l'accertamento dell'esistenza ed esigibilità del credito azionato dall'opposta, dato che l'assegno (post datato: si richiamano al riguardo le considerazioni espresse nell'ordinanza in data 8 maggio 2018) prodotto a corredo del ricorso monitorio costituisce promessa di pagamento (ai sensi dell'art. 1988 c.c.: al riguardo. Cass. 4368/95) e determina solamente un'inversione dell'onere della prova. L'emissione di un assegno con data in bianco o post datato, e consegnato quindi in garanzia con l'accordo di dilazionarne il pagamento, è infatti contraria alle norme imperative (artt. 1 e 2 del RD 1736/1933) che ne disciplinano i requisiti e la circolazione. Sebbene anche la giurisprudenza più recente abbia ribadito la nullità del titolo costituito dall'assegno bancario privo di data o post datato (Cass. 19051/2021), tuttavia, nei rapporti diretti tra traente e beneficiario esso vale, in linea con un arresto ormai consolidato da tempo (sul punto, Cass. 27370/2019 e Cass. 1437/2021) quale promessa di pagamento, trattandosi di scrittura con cui l'emittente si è comunque impegnato a pagare una somma di denaro, apponendovi la propria sottoscrizione e dando luogo in tal modo ad una presunzione, iuris tantum, dell'esistenza del rapporto sottostante. E' pertanto a carico del traente l'onere di provare specificamente l'esistenza di circostanze ostative al riconoscimento del credito. Avendo, dunque, il titolo valore di promessa di pagamento e dovendo presumersi l'esistenza del credito, essendo peraltro indiscussa nella specie l'avvenuta compiuta esecuzione dell'opera subappaltata, consistente nella fornitura e posa dello strato bituminoso su una rotatoria, ricade sull'opponente l'onere di dare dimostrazione delle eccezioni sollevate circa l'esistenza di carenze nell'esecuzione del subappalto che sono rimaste, tuttavia, sfornite di prova adeguata. Posto che la difesa del (...) non insiste per l'ammissione delle istanze istruttorie dedotte e già disattese dal giudice, deve comunque al riguardo ribadirsi che "non può ammettersi una sorta di registro dell'appaltatore ((...)) nei confronti del sub-appaltatore ((...)) con riferimento ai vizi denunciati dal committente (Consorzio) senza che ne siano stati rispettati i modi e i tempi (di denuncia dei vizi) previsti dalla legge" (così l'ordinanza in data 16 ottobre 2020). Va infatti sottolineato come il rapporto di subappalto sia proseguito fra il (...) e la società (...) anche a seguito delle contestazioni scritte formulate nei confronti del primo dal Consorzio committente, fin dal gennaio 2015, mentre i lavori per cui l'opposta domanda il corrispettivo erano stati eseguiti nel maggio dello stesso anno e contestati dal geom. (...) solo alla fine del dicembre 2015 (v. mail del 30.12.2015: doc. 13 opponente). Inoltre, con riferimento all'opera eseguita nel maggio del 2015, in relazione alla quale è richiesto il pagamento, la società (...) aveva preventivamente e specificamente avvisato il subappaltante di una serie di criticità preesistenti riscontrate sulla superficie della rotatoria, che presentava difformità ed avvallamenti (v. docc. 6 e 7 opposta), con l'invio della mail in data 28 maggio 2015, contestuale alla trasmissione del preventivo specificamente sottoscritto e quindi accettato dal geom. (...). Proprio la mail inviata dalla subappaltatrice il 28 maggio 2015, poco prima dell'avvio ed ultimazione dei lavori, terminati il successivo 29 maggio (com'è incontestato), rivela come i problemi che l'opponente ascrive a carente esecuzione dell'opera commissionata alla società opposta, e in relazione ai quali domanda il risarcimento dei danni in via riconvenzionale, fossero in realtà preesistenti e che, nonostante la segnalazione della (...) Costruzioni circa i difetti riscontrati nella pavimentazione del sito, il (...) aveva comunque dato corso all'esecuzione dell'opera, commissionando alla (...) la stesura del manto bituminoso come concordata, sottoscrivendo il preventivo e consegnandogli l'assegno non datato o post datato, avendo le parti concordato, come risulta dalla stessa mail, una dilazione del pagamento. Al rigetto dell'opposizione, nonché della domanda riconvenzionale proposta dal (...), consegue la conferma del decreto e la condanna dell'opponente alla rifusione in favore della società delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, secondo la soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra istanza, rigetta la domanda riconvenzionale e l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 4207/2017 proposte da (...) e lo condanna alla rifusione in favore della Geom. (...) s.r.l. delle spese di lite, liquidate in Euro 2.700,00, oltre rimborso forfetario ed oneri di legge. Sassari, 30 gennaio 2023 Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Onorario dott.ssa Simonetta Puggioni ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. r.g. 3133/2021 promossa da: (...), rappresentata e difesa dall'Avv. (...), giusta procura in atti Ricorrente CONTRO (...), (...) e (...), rappresentati e difesi dall'Avv. (...), giusta procura in atti Resistenti OGGETTO: Risarcimento danno MOTIVAZIONI IN FATTO E DIRITTO Con ricorso del 11.10.2021 (...) conveniva in giudizio (...), (...) e (...) deducendo che: in data 01.05.2015 aveva stipulato un contratto di locazione ad uso abitativo con (...), registrato il 08.05.2015, avente ad oggetto l'immobile sito nell'agro del Comune di Sassari, Loc. (...), di proprietà di quest'ultima e dei figli (...) e (...); veniva pattuito, tra l'altro, un canone mensile di euro 370,00 e la durata di anni 3 più 2; il 01.07.2016 la locatrice le aveva comunicato la disdetta del contratto per finita locazione alla prima scadenza, stante la volontà della stessa di vendere l'immobile locato; all'esito di procedimento di licenza per finita locazione promosso dalla locatrice, l'immobile veniva rilasciato il 30.03.2018, in data 12.06.2019 l'immobile risultava ancora intestato agli odierni resistenti e, quindi, il 08.07.2019 aveva inviato a questi ultimi raccomandata chiedendo il risarcimento del danno patito a causa dell'illegittima disdetta in misura pari ad euro 13.320,00 (corrispondente a 36 mensilità). Chiedeva, dunque, l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "...1) condannare, in solido tra loro, la signora (...) ed i signori (...) e Salvatore, quali comproprietari dell'immobile sito in agro del Comune di Sassari, loc. (...), oggetto della locazione, per le ragioni di cui in espositiva, al risarcimento del danno quantificato nella somma di Euro 13.320,00 (tredicimilatrecentoventi) in favore della ricorrente. 2) Con vittoria di spese e competenze...". Con memoria del 18.01.2022 si costituivano in giudizio (...), (...) e (...) deducendo che: con contratto di locazione (...) aveva concesso in locazione a (...) l'unità immobiliare sita in (...), per un canone di euro 370,00 mensili; la durata del contratto era stabilita ini anni 3 rinnovabili di ulteriori 2; nel corso del 2016, per motivi economici, avevano deciso di vendere l'immobile locato e, a tal fine, il 22.06.2016 avevano comunicato alla conduttrice disdetta per finita locazione, indicando la loro intenzione di vendere l'immobile ed accordando alla stessa il diritto di prelazione; al fine di avere la certezza che l'immobile venisse rilasciato alla data della naturale scadenza del contratto, avevano radicato procedimento di licenza per finita locazione chiedendo, in subordine, anche la risoluzione del contratto per grave inadempimento stante la presenza di evidenti danni di cui avevano richiesto il risarcimento; in assenza di opposizione della conduttrice veniva convalidata la licenza per finita locazione e fissato il rilascio alla data del 30.04.2018; la conduttrice aveva chiesto lo scioglimento anticipato del contratto di locazione e in data 30.03.2018 aveva consegnato le chiavi ottenendo la restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale; prima di mettere in vendita l'immobile, vennero eseguiti dei lavori di ripristino per porre rimedio ai danni ivi insistenti; il primo annuncio di vendita venne pubblicato il 25.06.2018, allo stesso prezzo al quale l'immobile era stato offerto alla conduttrice; in assenza di proposte di acquisto il 08.02.2019 venne pubblicato un nuovo annuncio con una riduzione del prezzo di vendita; non avendo ricevuto alcuna offerta nemmeno a seguito di tale secondo tentativo, vennero dati due incarichi di mediazione, uno il 08.03.2019 ed uno il 15.03.2019; in data 04.07.2019 avevano ricevuto una diffida con la quale (...) chiedeva il pagamento della somma di euro 13.320,00 a titolo di risarcimento non essendosi perfezionata la vendita; solo in data 08.10.2019 era pervenuta una proposta irrevocabile di acquisto e la vendita si era perfezionata con atto pubblico del 13.01.2021. Nel ritenere pienamente verificatosi il motivo per il quale era stato esercitato il diritto di disdetta e, tenuto anche conto della rinuncia ad ogni diritto scaturente dal contratto sottoscritta dalla conduttrice in sede di restituzione delle chiavi, i locatori chiedevano l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "...1) Reietta ogni contraria istanza ed eccezione. 2) Rigettare le domande proposte da (...) per i motivi di cui in espositiva e per l'effetto dichiararsi che nulla è dovuto da (...), (...) e (...) a (...) in virtù del contratto di locazione del 01.05.2015 avente ad oggetto l'unità immobiliare sita in Sassari, S. (...). 3) Con vittoria di spese e compensi professionali del giudizio.". La causa, istruita con l'acquisizione dei documenti, all'udienza del 18.11.2022 è stata discussa e decisa con lettura del dispositivo. La domanda risarcitoria svolta da parte ricorrente deve essere rigettata. Come noto, in tema di locazioni di immobili ad uso abitativo, l'art. 3, l. n. 431/1998 conferisce al locatore la facoltà di diniego di rinnovo della locazione del contratto, alla prima scadenza contrattuale, soltanto in presenza dei motivi tassativamente indicati dalla norma (Cass. Civ., n. 936/2013). Nella comunicazione di diniego di rinnovo contrattuale, il motivo sul quale la disdetta è fondata deve essere specificato a pena di nullità; ciò al fine di consentire al conduttore di effettuare, ex ante, una verifica sulla serietà e sulla realizzabilità dell'intenzione dichiarata dal locatore. La sua effettiva sussistenza costituisce, peraltro, condizione per il valido ed efficace esercizio della facoltà potestativa del locatore sul quale grava l'onere di dimostrare la realizzazione della finalità indicata (cfr. Cass. civ. n. 19523/2019). La norma richiamata, nel caso di illegittimo esercizio della facoltà di disdetta, prevede un doppio regime sanzionatorio: il comma 3 prevede un risarcimento del danno nella misura minima di trentasei mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito. Il comma 5 aggiunge al rimedio del risarcimento del danno, nella misura sopra indicata, quello del ripristino della locazione per il caso in cui il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'immobile (anche per mezzo di procedura giudiziaria), ma non lo abbia adibito agli usi per i quali la disdetta era stata esercitata entro il termine di dodici mesi successivi. Nel caso in esame (...) ha chiesto la condanna degli odierni resistenti al pagamento della somma di euro 13.200.00 (corrispondente a 36 mensilità), ritenendo illegittimo l'esercizio della facoltà di disdetta da parte della locatrice, non essendosi perfezionata nei dodici mesi previsti per legge la vendita addotta da quest'ultima quale motivo volto a giustificare la disdetta alla prima scadenza. Orbene, nella locazione ad uso abitativo è pacifico il principio giurisprudenziale secondo cui le sanzioni per la mancata destinazione dell'immobile all'uso indicato nella disdetta anticipata ex art. 3 commi 3 e 5 Legge n. 431 del 9.12.1998, non sono applicabili al locatore se la tardiva o la mancata destinazione dell'immobile all'uso dichiarato ai fini del rilascio siano giustificate da esigenze, ragioni o situazioni non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore (per tutte Cass. Civ. n. 189471/2019). La responsabilità configurata dalla disposizione in commento non viene qualificata alla stregua di responsabilità oggettiva, né la Giurisprudenza vi ha ravvisato una presunzione assoluta di colpa a carico del locatore, reputando che si tratti di una fattispecie particolare d'inadempimento contrattuale, in cui la colpa è presunta ai sensi e per gli effetti dell'art. 1218 c.c. ("...il risarcimento del danno a favore del conduttore non è connesso ad un criterio di responsabilità oggettiva, con presunzione assoluta di colpa; pertanto, si deve escludere ogni qual volta sia accertata l'esistenza di un impedimento non imputabile a dolo o colpa del locatore..." Cass. Civ. n. 38247/2017). La Suprema Corte ha, altresì, statuito che "...incombe sul locatore l'onere di provare di avere adempiuto all'obbligo corrispondente, ovvero di non aver potuto adempiere per cause ostative a lui non imputabili, ai sensi degli art. 1218 e 2697 codice civile..." (Cass. Civ. n. 23794/2014). Nel caso in esame gli odierni resistenti hanno assolto all'onere probatorio posto a loro carico. Invero, è incontestato in atti che questi ultimi, subito dopo il rilascio dell'immobile da parte della conduttrice, abbiano fatto eseguire all'interno dello stesso dei lavori di ripristino per porre rimedio ai danni ivi insistenti. I ricorrenti hanno, altresì, fornito adeguata prova di aver posto in vendita l'immobile oggetto di causa, avendo depositato in atti due annunci di vendita pubblicati su riviste specializzate nel settore immobiliare (Idealista e Immobiliare.it): uno del 25.06.2018 ed uno del 08.02.2019, nel quale ultimo si evince un'apprezzabile riduzione del prezzo dell'immobile rispetto al primo annuncio (cfr. doc. 6 e7 fascicolo resistente). Inoltre gli stessi hanno documentato due incarichi di mediazione alla vendita conferiti uno alla società Dimore Italiane il 08.03.2019 ed uno all'agente immobiliare Tiziano Satta in data 15.03.2019 (cfr. doc. 8 e 9 fascicolo resistente). È pacifico in atti che, nel lasso di tempo che va dalla data in cui la locatrice ha riacquistato la disponibilità dell'immobile (30.03.2018) a quella in cui ha ricevuto una proposta irrevocabile di acquisto (08.10.2019), l'immobile non sia stato occupato dagli odierni resistenti e/o impiegato per scopi diversi da quello indicato in disdetta. La tardiva destinazione dell'immobile all'uso dichiarato ai fini del rilascio, pertanto, deve ritenersi in concreto giustificata da ragioni e/o situazioni (mancanza di offerte) meritevoli di tutela in quanto non riconducibili al comportamento doloso o colposo del locatore stesso. Per quanto esposto il ricorso deve essere respinto, restando assorbita e/o respinta ogni ulteriore domanda, eccezione e/o richiesta. Sussistono, pertanto, giustificati motivi per l'integrale compensazione delle spese di lite. Non può, invero, non tenersi conto del fatto che la conduttrice non ha avuto conoscenza degli annunci e dei mandati di mediazione alla vendita da parte della locatrice, nemmeno a seguito della propria richiesta di risarcimento ricevuta da quest'ultima in data 25.07.2019. P.Q.M. Il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: - Rigetta il ricorso. - Spese compensate. Fissa il termine di giorni 60 per la motivazione. Sassari, 18 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 20 gennaio 2023.

  • Tribunale Ordinario di Sassari Prima Sezione Civile Il Tribunale civile di Sassari, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Elisabetta Carta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. .../21 R.G. promossa da: C.V. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Sassari, viale..., presso e nello studio dell'Avv. ...(C.F. (...)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione; ATTORE CONTRO C.M.C. (C.F.: (...)), elettivamente domiciliata in Sassari, via..., presso e nello studio dell'Avv. ...(C.F. (...)) che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, CONVENUTO E C.P. nato a S. il (...), ivi residente in via M. n. 5, e C.G., nata ad O. il (...), ivi residente in via D. S. n. 20, CONVENUTI CONTUMACI OGGETTO: alimenti Svolgimento del processo - Motivi della decisione In via di premessa si osserva che gli art.132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. prevedono che la sentenza deve contenere "la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione" la quale "consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi", così che debba ritenersi conforme al modello normativo richiamato (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, 26 luglio 2012 n. 13202), nonché l'esame e la trattazione nella motivazione delle sole questioni - di fatto e di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata, dovendo le restanti questioni eventualmente esposte dalle parti e non trattate dal giudice essere ritenute non come "omesse" (per l'effetto dell'error in procedendo), ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. Richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della presente vicenda controversa, il contenuto assertivo della citazione, nonché dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice in corso di causa, si osserva quanto segue in ordine alla decisione. Con atto di citazione ritualmente notificato C.V. ha convenuto in giudizio i germani C. M.C., C.P. e C.G. per sentirli condannare alla prestazione degli alimenti ex artt. 433 ss c.c.., assumendo di trovarsi in stato di bisogno, priva dei mezzi necessari al proprio sostentamento, affetta da patologia che le impedisce di svolgere i lavori pesanti, e rischiando di essere senza tetto, in quanto ripetutamente sollecitata a lasciare la casa ove è ospitata. Benché ritualmente citati C.P. e C.G. sono rimasti contumaci nel presente giudizio. Si è costituita C.M.C. eccependo preliminarmente l'inammissibilità della richiesta avanzata dall'attrice ai sensi dell'art. 433 c.c., in quanto la norma predetta prevede che gli alimenti debbano essere corrisposti dai soggetti elencati secondo un ordine tassativo e, segnatamente, dal coniuge; dai figli (legittimi o legittimati o naturali o adottivi) anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi (anche naturali); dai genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, gli adottanti; dai generi e le nuore; dal suocero e dalla suocera; dai fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali. Ha difatti allegato che l'attrice risultava essere ancora sposata con il Sig. P.C. e che, pertanto, alla luce di quanto argomentato, la prestazione alimentare sarebbe dovuta essere avanzata in primis nei confronti del coniuge e solo qualora lo stesso fosse risultato impossibilitato ad adempiere C.V. avrebbe potuto procedere nei confronti dei successivi obbligati. Premesso inoltre che affinché sorga il diritto agli alimenti allo stato di bisogno del richiedente deve aggiungersi la capacità dell'obbligato di adempiere l'onere alimentare, ha dedotto di non essere in grado di adempiere quanto richiesto da parte attrice. Ha rappresentato, difatti, di essere separata dal marito, C.G., di abitare nella casa coniugale cointestata con il marito e con la figlia C.A., non ancora economicamente indipendente, di percepire uno stipendio di circa Euro 400,00, di non avere la possibilità di poter svolgere attività lavorativa a tempo pieno a causa di diverse patologie pregresse, essendole stata riconosciuta un'invalidità del 64% (in ordine alla quale stava svolgendo le pratiche necessarie per ottenere l'aggravio). Ha infine allegato che all'attrice erano state proposte varie offerte di lavoro che erano state costantemente rifiutate, come quella di provvedere all'assistenza della madre quando era ancora in vita, in cambio di regolare retribuzione e alloggio presso la casa familiare, e altre offerte di lavoro comunicate dalla nipote C.A., nonché da parte di vari amici di famiglia che intendevano offrire un'opportunità di reddito, mai accolta. Ha concluso chiedendo in via preliminare e in rito dichiararsi inammissibile la domanda avanzata da parte attrice e carente di legittimazione passiva la convenuta, in via principale e nel merito rigettarsi le domande avverse in quanto infondate in fatto ed in diritto. Con V. di spese compensi di lite. La causa è stata istruita mediante la produzione di referente documentale e, all'esito, all'udienza cartolare del 19 luglio 2022, precisate le conclusioni, è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. La domanda attorea deve essere dichiarata inammissibile per i motivi in appresso illustrati. Come è noto l'art. 433 c.c. indica le persone tenute agli alimenti, stabilendone l'ordine relativo, la cui elencazione è tassativa e progressiva e, dunque, il primo soggetto in grado di adempiere esclude gli altri atteso che la ratio di tale previsione si trova nell'intensità decrescente del vincolo di parentela o di affinità. In primo grado è pertanto menzionato il coniuge. Al riguardo peraltro è da tenere presente che nello svolgimento normale dei rapporti matrimoniali il marito è tenuto al mantenimento della moglie, e la moglie a contribuire al mantenimento del marito, quando questi non abbia mezzi sufficienti, a norma dell'art. 145 c.c. Poiché l'obbligo del mantenimento non è derogato dalla norma che dichiara il coniuge tenuto agli alimenti, è ovvio che quest'ultima non troverà applicazione quando non vi sia separazione ovvero nei riguardi del coniuge, che non ha colpa nella separazione, giacché questi conserva tutti i suoi diritti, secondo quanto dispone l'art. 156 c.c. Anzi queste considerazioni inducono a rilevare che l'obbligazione alimentare anche per altre categorie di obbligati, come, ad esempio, i genitori verso i figli, non deroga al più ampio dovere del mantenimento tutte le volte che la legge lo prescrive. Si osserva, inoltre, che nel caso in cui il richiedente gli alimenti sia divorziato, occorre coordinare le disposizioni ex artt. 433 e ss. c.c. con l'art. 5 comma 6, della L. n. 898 del 1970 che prevede che "con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive". Da ciò deriva che l'ex coniuge, a carico del quale non sia stato disposto alcun assegno divorzile, può essere chiamato in causa ai sensi dell'art. 433 c.c. e che solo dopo aver chiamato in causa l'ex coniuge, l'alimentando potrà rivolgere richieste ai soggetti successivamente elencati dall'art. 433 c.c. Tutto ciò premesso si osserva che l'attrice, solo a seguito delle contestazioni operate dalla convenuta costituita, ha allegato di essere divorziata dal marito C.P.G. ed ha prodotto agli atti tardivamente, ossia solo contestualmente al deposito della comparsa conclusionale, la sentenza di scioglimento del vincolo matrimoniale che rimanda per la definizione delle condizioni di scioglimento del vincolo matrimoniale a quanto riportato nel ricorso introduttivo mai depositato, di tal che non risulta dimostrato che la stessa abbia richiesto di porre a carico del marito un assegno di divorzio, avendone diritto, (il che escluderebbe la possibilità di agire nei confronti degli altri obbligati) o che, non sussistendo i presupposti per ottenerlo, e trovandosi in stato di bisogno possa agire ex art. 433 c.c. dovendo in tal caso rivolgere la propria domanda in prima battuta proprio nei confronti dello stesso ex coniuge e, solo in via sussidiaria e residuale, nei confronti degli altri soggetti elencati nella norma predetta. Avendo, per contro, l'attrice agito direttamente ed in via principale nei confronti dei germani, la relativa domanda deve essere dichiarata inammissibile. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo prendendo come scaglione di riferimento quello di valore indeterminabile, complessità bassa, ed il valore minimo per la fase studio, introduttiva e decisionale, uniche svolte, da intendersi eseguite in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria Deve inoltre revocarsi l'ammissione al gratuito patrocinio dell'attrice per manifesta infondatezza della domanda, rilevandosi che parte attrice ha dedotto di essere divorziata dal coniuge solo a seguito delle specifiche contestazioni della convenuta costituita, ha omesso di allegare e dimostrare le condizioni di scioglimento del matrimonio, non consentendo di conoscere se la stessa goda o meno di assegno divorzile, o se ne abbia diritto, ed avendo agito in vi diretta e principale nei confronti dei soli germani. P.Q.M. Il Tribunale di Sassari, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede: 1. - Dichiara la domanda attorea inammissibile.; 2. - Condanna C.V. al pagamento delle spese di lite che si liquidano in Euro 2.906,00 per compensi professionali; dispone che il pagamento sia eseguito in favore dello Stato risultando la convenuta ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in via anticipata e provvisoria. 3. - Revoca l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in favore dell'attrice. Conclusione Così deciso in Sassari, il 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 3545 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da T.V. elett.te dom.ta presso il proc.avv.to (...) che la rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTRICE CONTRO D.M. e D.S. elett.te dom.te presso il proc.avv.to (...) che le rappresenta e difende unitamente all'avv.to (...) per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTA OGGETTO: pagamento debiti ereditari SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, T.V. conveniva in giudizio D.S. e D.M. e, premesso di avere avuto una relazione sentimentale stabile, durata per oltre 25 anni con il genitore delle convenute D.I., esponeva che al decesso di quest'ultimo, residente insieme a lei in B., aveva provveduto a sue cure e spese a trasferire la salma in Sardegna per tumularla in Sassari o in Usini nella tomba di famiglia del de cuius; che rilasciato l'immobile detenuto in locazioni in B. aveva dovuto depositare tutti i mobili di proprietà del de cuius in un magazzino per il quale corrispondeva a far data dall'anno 2011 il canone di locazione, e inoltre, che aveva provveduto alla pubblicazione del testamento olografo sopportandone le relative spese, concludeva chiedendo previo accertamento della qualità di eredi delle convenute la condanna delle stesse al pagamento della somma di Euro 13.051,43 detratta la somma di Euro 1.700 corrisposta da D.S.. Si costituivano D.S. e D.M. contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento, in particolare assumevano che in virtù di testamento olografo I.D. aveva istituito sua erede anche la T.V. e che di conseguenza anche lei appariva onerata dei debiti ereditari, rispetto ai quali sostenevano la non debenza alla luce delle scelte autonome effettuate dalla T. senza alcun preventivo consenso delle sorelle D., scelte costose e sotto alcuni aspetti avventate che avevano comportato molteplici difficoltà nella sepoltura del D., quanto alla locazione dell'immobile per la custodia dei beni immobili di proprietà del de cuius evidenziavano come il testamento indicava la T. quale erede degli arredi e corredi che si trovavano nella casa di abitazione ad esclusione dei mobili della camera da letto della madre e della sala da pranzo, con la chiara evidenza che alcun bene mobile era stato destinato alle resistenti; nell'interesse di S.D. si allegava che la stessa, come da scrittura allegata, aveva corrisposto al padre la somma di Euro 30.000 al fine di consentire la ristrutturazione dell'immobile di proprietà e il pagamento del mutuo, con l'impegno del padre di restituire detta somma in occasione della vendita dell'immobile. Evidenziava S.D. che l'immobile era stato venduto e che la somma ricavata era stata depositata nel conto corrente del padre acceso a Bitonto e cointestato con la T., città nella quale viveva unitamente alla convenuta, che la somma era stata interamente trasferita a soggetti non identificati senza che il padre provvedesse al pagamento di quanto dovuto alla figlia in virtù della scrittura privata, concludeva in via riconvenzionale chiedendo il pagamento di detta somma anche alla T. in quanto erede di I.D., concludevano per il resto per il rigetto della domanda. La causa veniva istruita con produzioni documentali e presa in decisione sulle conclusioni assunte dalle parti e all'esito del deposito delle note conclusionali ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE La domanda, introdotta da parte attrice come accertamento della qualità di eredi delle convenute e della loro responsabilità in ordine ai debiti ereditari del de cuius I.D., a seguito della domanda riconvenzionale proposta, è stata ampliata con la richiesta di accertamento delle medesima qualità in capo alla T. anch'essa destinataria delle disposizioni testamentarie del de cuius. Dalla lettura della scheda testamentaria, pacificamente riconosciuta nella sua validità e provenienza da entrambe le parti, emerge che D.I. ha disposto del suo patrimonio immobiliare, mobiliare e dei diritti di autore (essendo egli professore universitario titolare di scritti e pubblicazioni) in favore delle figlie M. e S. e in favore della compagna V.T.. Orbene, unico aspetto da vagliare a riguardo poteva essere la valutazione sulla posizione della T. quale erede ovvero legataria dei beni a lei devoluti, ciò proprio al fine dell'accertamento dei soggetti tenuti alla responsabilità per i pagamenti dei debiti ereditari. Sul punto con la memoria 183 c.p.c. n.1, primo atto nel quale processualmente devono essere consolidate le domanda e le eccezioni, la T. doveva prendere esplicita posizione, cosa che non ha fatto con la conseguenza che anche nei confronti della T.V. deve essere accertata la qualità di erede di I.D.. Il testamento in oggetto, contiene con riferimento alla posizione della T. una vera e propria istituzione di erede, avendo il testatore esplicitamente dichiarato che ferme le quote di legittima spettanti alle figlie e alla moglie separata, lasciava alla T. la quota parte dell'immobile in S. Via P. M. 5/a, con possibilità per la stessa di essere liquidata della quota o restare comproprietaria , tutti i beni mobili di arredo ad eccezione di quelli relativi alla camera da letto e alla sala, tutti i libri della biblioteca di Sassari , gli scritti, i manoscritti e tutti i documenti di studio, con diritto di pubblicazione anche all'estero quando si tratta di traduzioni, nonché la piena titolarità dei diritti di autore. Emerge dalla dizione letterale del testamento la volontà chiara del D. di istituire la T. erede attesa l'esplicitazione di tutti i beni, a lui riconducibili, dei quali ha disposto e con riferimento al bene immobile anche in concorrenza e per l'esaurimento della quota di legittima spettante alle figlie e alla moglie separata. Siffatta volontà si estrinseca anche mediante l'attribuzione di beni di natura differente tra loro, immobili, mobili e diritti di autore , ricomprendente la totalità dei beni caduti nella successione di I.D.. T.V. deve di conseguenza essere dichiarata erede di I.D., ciò comporta che la stessa concorre in detta qualità nella responsabilità per i debiti ereditari di D.I.. A fronte di detta qualificazione occorre di conseguenza valutare sia le domande proposte che le eccezioni sollevate. In generale con riferimento alle spese funerarie e alla pubblicazione del testamento le stesse devono essere di conseguenza ripartite pro quota con riferimento e in proporzione al valore delle rispettive attribuzioni patrimoniali e nel rispetto delle regole di formazione del consenso. In particolare, la T. assume di avere effettuato i funerali del D. in primo luogo con le modalità dallo stesso richiesto (sepoltura in Sassari nel cimitero monumentale ovvero in Usini nel cimitero di famiglia). Orbene di detta disposizione del D. non è fornita prova alcuna di conseguenza che detta attività non può essere ricondotta alla volontà del de cuius in quanto alcuna determinazione scritta riconducibile al D. è stata prodotta. Quanto appurato comporta, quindi, che le modalità di espletamento dei funerali debbano essere ricondotte esclusivamente alla volontà della T. e di conseguenza anche il costo rappresentato nelle richieste avanzate alle convenute, riguardo le quali non esiste prova alcuna sia dell'accordo di effettuarli con le modalità indicate sia di una assunzione di impegno al pagamento delle spese da parte delle coeredi. In assenza quindi della prova che il D. avesse disposto per i suoi funerali come eseguiti dalla T. e dell'accordo delle convenute su dette modalità i costi richiesti dalla T. non possono essere assunti dalle convenute. Né può ritenersi riconoscimento valido nell'interesse di D.M. e S.E. l'avvenuto pagamento della somma di Euro 1.700 effettuato da S.D. attesa la natura parziaria e non solidale dei debiti ereditari. Ciò in quanto, le spese funerarie, oneri derivante dal decesso del testatore, scontano lo stesso regime giuridico dei debiti ereditari (art. 752 c.c.) come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che anche di recente ha statuito che" Le spese per le onoranze funebri rientrano tra i pesi ereditari che, sorgendo in conseguenza dell'apertura della successione, costituiscono, unitamente ai debiti del defunto, il passivo ereditario gravante sugli eredi, ex art. 752 c.c., sicché colui che ha anticipato tali spese ha diritto di ottenerne il rimborso da parte dei coeredi, purché essi non abbiano manifestato una volontà contraria alla sua attività gestoria. Il mancato dissenso, tuttavia, non giustifica anche il rimborso di spese incongrue ed eccessive, non potendosi ritenere che il coerede abbia l'onere di manifestare una volontà contraria anche sul "quantum", con la conseguenza che il giudice del merito, nella quantificazione delle spese da rimborsare a chi le ha anticipate, è tenuto a verificare quale sia la somma congrua alla luce delle tariffe praticate da altre agenzie per lo stesso servizio." Cass.17938/2020. Come evidenziato dalla massima riportata appare necessario verificare non solo la volontà dei soggetti chiamati all'adempimento ma anche la congruità delle spese richieste, elementi tutti neppure allegati e di conseguenza neppure provati da parte attrice che si è limitata ad affermare la sussistenza della disposizione da parte del D. e l'assenso delle figlie mai chiedo e dimostrato. Né può ritenersi supplettiva di dette elementi la prova che le figlie hanno partecipato alla cerimonia laica, presso la facoltà di Lettere dell'Università di Sassari, in quanto legittime partecipanti ad una celebrazione dell'ateneo, non certamente attestazione della loro determinazione a eseguire i funerali con le modalità effettuate dalla T.. Né tanto meno, ha valore in tal senso, il fatto che le stesse abbiano delegato la T. alla tumulazione del padre nella tomba a Usini, essendo le stesse uniche depositarie del diritto di provvedere alla tumulazione del padre essendo stata la T. esclusivamente compagna di fatto del D. e quindi, alla stregue delle norme in vigore, non idonea a chiederne e effettuarne la tumulazione. La domanda sul punto deve essere rigettata. Parimenti deve essere rigettata la richiesta della T. di rimborso totale delle somme da lei esborsate per custodire i beni mobili asseritamente di proprietà delle convenute e ciò per due ordini di motivi il primo attiene alla genericità della allegazione, non è dato sapere in alcun modo di qual mobili si tratti mancando la descrizione degli stessi e di conseguenza la possibilità di individuarne il proprietario. Il secondo motivi attiene al contenuto del testamento nell'ambito del quale si dice che tutti i beni mobili presenti nella casa abitata dal D. apparterranno alla T. ad eccezione dei mobili della camera da letto e della sala appartenuti alla propria madre. Non è stato in alcun modo provato neppure che i beni mobili, rimasti nella disponibilità della T. e poi messi nel deposito per il quale si chiede il pagamento, siano gli stessi presenti nella casa di abitazione del D. con la conseguenza che nulla appare dovuto dalle convenute per tale titolo. La domanda sul punto deve essere rigettata. Quanto da ultimo alla richiesta di pagamento di quanto esborsato dalla T. per la pubblicazione del testamento deve osservarsi che detta pubblicazione è avvenuta nel suo esclusivo e generale interesse e di conseguenza la stessa ne doveva sopportare per intero il pagamento. Resta da prendere in considerazione sia la domanda di riduzione testamentaria avanzata dalle convenute sia la domanda di pagamento della somma di Euro 30.000,00 corrisposta da S.D. al proprio genitore e a lei mai restituita dal padre il quale aveva provveduto a vendere l'immobile per il quale la figlia aveva pagato per alcuni anni i ratei di mutuo e aveva incamerato l'intero presso del quale non vi era più residuo alcuno nel conto corrente sul quale era stato versato, conto corrente cointestato con la T.. Ha eccepito in primo luogo la T. l'intervenuta prescrizione del diritto a proporre l'azione di riduzione essendo decorso il termine decennale dall'apertura della successione alla proposizione della domanda nell'odierno giudizio. L'eccezione appare infondata e ciò alla luce di quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione con la sentenza a sezioni unite n.20644/2004 con la quale è stato affermato il principio che il termine di prescrizione dell'azione di riduzione non può assolutamente decorrere dalla data di apertura della successione e neppure dalla data di pubblicazione del testamento pubblico o olografo se non presenti tutti gli interessati ma esclusivamente dal momento dell'accettazione dell'eredità da parte dei chiamati, verificandosi solo con l'accettazione la lesione del diritto alla legittima. Nessuna prova è stata offerta dalla T. che attestasse l'avvenuta accettazione dell'eredità in data antecedente al decennio con conseguente infondatezza dell'eccezione proposta. L'azione di riduzione proposta dalle convenute seppure legittima appare sfornita dei presupposti essenziali per il suo accoglimento. Dalle allegazioni contenute nella comparsa di costituzione e risposte le convenute sostengono la sussistenza della lesione della loro quota di legittima verificatasi all'esito della vendita dell'immobile del quale il padre era proprietario, vendita avvenuta nell'anno 2010 a pochissima distanza dalla morte avvenuta nel mese di luglio 2011. Ritengono che avendo il padre disposto con il testamento la devoluzione a loro favore e a favore della madre della quota di legittima a loro spettanti, avendo egli provveduto a vendere detto immobile i loro diritti andavano soddisfatti sul prezzo ricavato. In verità la domanda come proposta è insufficiente alla verifica dell'eventuale lesione della quota di legittima. Ed infatti il testatore è libero di disporre dei suoi beni fino al momento del suo decesso sia con atto tra vivi che per testamento. Per cui ben poteva il D.I. vendere l'appartamento di sua proprietà prima del suo decesso con ciò dovendosi ritenere revocata la disposizione testamentaria che lo aveva ad oggetto. Vero è che il bene immobile non poteva cadere nella successione ma verosimilmente poteva cadervi la somma ricavata dalla vendita e presumibilmente per la sua interezza attesa la vicinanza della vendita al decesso. Vero è anche che il conto corrente sul quale la somma è stata versata è un conto corrente cointestato tra il D.I. e la T.V.. In siffatta situazione alquanto complessa, la semplice richiesta di azione di riduzione appare del tutto generica sia con riferimento ai beni immateriali destinati per successione alla T. (utilizzo di tutti i documenti e gli studi liberamente e tutti i diritti di autore per le pubblicazioni effettuate) sia con riferimento ai negozi, eventualmente sottostanti, all'utilizzo delle somme depositate nel conto corrente effettuato dal D. dopo la vendita dell'immobile. Aspetti tutti che andavano esplicitati con elementi oggettivi diretti alla ricostruzione dell'asse ereditario relitto completo al momento dell'apertura della successione dovendosi valutare la lesione con riferimento a tutti i beni caduti nella successione. Più precisamente occorreva allegare entità, numero e valore delle opere intellettuali devolute alla T., beni, entità e valori derivanti dal diritto di autore connesso alle predette opere e con riferimento al conto corrente, non poteva essere sufficiente a tal fine la ricostruzione dello stesso e la verifica dei prelievi effettuati nel periodo compreso tra la vendita dell'immobile e la il decesso; occorrendo valutare e considerare il fatto che la T. era cointestataria del conto corrente, che di conseguenza le rimesse potevano essere stata effettuate sia per ordine del D. sia per ordine della T. stessa e ciò qualunque fosse il destinatario, potendo ritenersi quelle effettuate dal D. se dirette alla T. donazione indiretta e quindi soggette a collazione, quelle effettuate dalla T. attività autonoma della stessa con effetti diversi se non supportata da idonea causale e legittima disposizione. In siffatta situazione, in assenza di qualsivoglia puntuale inquadramento degli eventi rilevanti al fine della verifica della paventata lesione di legittima del tutto inutile deve ritenersi l'ordine di esibizione alla banca, richiesto dalle convenute, atteso proprio il fatto che anche avuta l'esibizione delle disposizioni in assenza di puntuale domanda rispetto a quanto sopra evidenziato la documentazione sarebbe stata del tutto ininfluente. Deve, comunque, osservarsi che deve ritenersi molto verosimile che la T. avesse il controllo del conto corrente del quale era cointestataria e che potesse autonomamente o con il consenso del D. operare su detto conto che vedeva poste positive esclusivamente riconducibili al D., la somma ricavata dalla vendita e il trattamento pensionistico dello stesso ammontante a oltre 2.800 Euro mensili. La stessa sicuramente, se in buona fede, ben poteva giustificare l'utilizzo delle somme del conto corrente che nell'arco di un anno circa ha visto il venir meno di una somma superiore a 100.000 Euro, somma del tutto esorbitante il semplice mantenimento del D. anche se gravemente malato. La domanda di riduzione proposta dalle convenute deve essere di conseguenza rigettata. Quanto al credito di Euro 30.000 vantato da S.D. nei confronti del padre deve osservarsi che trattasi di debito ereditario in quanto contratto da D.I. e che la restituzione incombe a tutti gli eredi compresa la T., stante la sua accertata qualità come sopra. La stessa comunque, ha eccepito l'intervenuta prescrizione essendosi aperta la successione nel mese di luglio 2011 e essendo stata richiesto il pagamento della somma, seppure pro quota, solamente con la comparsa di costituzione e risposte del presente giudizio avvenuta in data 23.9.2021. Deve di conseguenza essere dichiarata l'intervenuta prescrizione del diritto di S.D. essendo intervenuta la prescrizione decennale e non avendo la stessa dato prova di avere posto in essere validi atti interruttivi della stessa. Concludendo le domanda reciprocamente proposte vanno rigettate e le spese del presente giudizio interamente compensate tra le parti in applicazione del principio della reciproca soccombenza. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Rigetta la domanda proposta da T.V.; 2) Rigetta la domanda riconvenzionale proposta dalle convenute; 3) Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio Così deciso in Sassari, il 29 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SASSARI SECONDA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice monocratico, dott.ssa Ada Gambardella, ha pronunciato la seguente SENTENZA n. 1114/2022 nelle cause civili riunite iscritte: - al n. 3967 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, promossa DA CONDOMINIO ATTORE CONTRO (...) CONVENUTO - al n. 2275 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, promossa DA (...) ATTORE IN RIASSUNZIONE CONTRO CONDOMINIO CONVENUTO IN RIASSUNZIONE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione ritualmente notificata il Condominio in intestazione esponeva: che il convenuto era stato suo amministratore per diversi anni ed era stato nominato con ultima delibera il 10.10.2016 (nella quale era stato stabilito il compenso di Euro 1.540,00 per l'esercizio 2016/2017); che il mandato non era stato confermato, sicché doveva intendersi scaduto il 10.10.2017; che il 12.3.2018 l'assemblea, stante la non soddisfacente gestione del convenuto lo aveva sostituto con altro professionista cui quello uscente aveva consegnato il rendiconto di gestione al 31.3.2018, dal quale erano emerse diverse irregolarità. Richiamato il comma X dell'art. 1129 c.c. e il possibile rinnovo automatico di un solo anno, deduceva come in mancanza di nomina successiva al 10.10.2016 il (...) avrebbe potuto eseguire solo le attività urgenti senza diritto ad ulteriori compensi con la conseguenza che le somme pretese in sede di mediazione, relative al periodo compreso tra l'11.10.2017 e il 10.10.2018, non erano dovute perché inerenti attività svolte in regime di prorogatio. Indicava poi le differenze tra i debiti reali e quelli risultanti dal bilancio che confermavano la mala gestio dell'avversario, destinatario di una domanda di accertamento negativo del credito per compensi di Euro 4.576,92 e di una richiesta di restituzione della somma di Euro 1.990,20 (o diversa accertanda) e di risarcimento dei danni. Si costituiva il (...) che contestava che l'incarico fosse cessato il 10.10.2017; sosteneva di aver ordinariamente svolto la sua attività fino alla sostituzione, maturando il diritto al compenso che era stato dettagliatamente indicato all'assemblea. Contestava ogni responsabilità per gli asseriti disordini contabili e rivendicava il suo diritto al saldo dei compensi, chiedendo la riunione del procedimento pendente avanti il Giudice di pace di Sassari, con il quale aveva fatto valere i suoi crediti. Con ricorso depositato l'11.7.2019 il medesimo (...) - premesso di aver agito avanti il Giudice di pace di Sassari appunto per il pagamento dei compensi ancora a debito del Condominio e per il risarcimento del danno per la sua revoca senza giusta causa prima della scadenza del mandato per il complessivo importo di Euro 4.576,92 oltre interessi e rivalutazione; che il Condominio si era costituito contestando le sue richieste e rappresentando la pendenza del giudizio innanzi il Tribunale; che con sentenza n. 385 del 2019 il Giudice adito aveva dichiarato la connessione tra i due giudizi - provvedeva alla riassunzione del giudizio che con ordinanza del 24.10.2019 veniva riunito a quello di precedente iscrizione. Le cause, istruite con produzioni documentali, prove testimoniali e consulenza tecnica d'ufficio, erano infine trattenute in decisione sulle sopra riportate conclusioni. MOTIVI DELLA DECISIONE E' pacifico che l'ultima delibera con cui il (...) è stato investito dell'incarico risale al 10.10.2016, data in cui il compenso è stato fissato nell'import lordo di Euro 1.540,00 (oneri inclusi). Si deve attendere la delibera del 12.3.2018 per la revoca dell'amministratore e la sua sostituzione. La norma di riferimento è l'art. 1129 X co. c.c. che prevede che l'incarico dell'amministratore abbia durata annuale e si intenda rinnovato per uguale durata. Il legislatore non ha anche posto un limite temporale a detto sistema di rinnovo tacito annuale e men che meno voluto che questo operasse per una sola altra annualità, come sostenuto dal Condominio; pertanto, il solo limite alla continuazione dell'attività dell'amministratore in carica è dato dalle sue dimissioni o dalla sua revoca, cui è dedicato il successivo comma XI. Tale meccanismo tende ad evitare vuoti nella gestione che si protrae senza soluzione di continuità fino ad intervento dell'assemblea, senza che, dunque, vi sia necessità (come nella previgente disciplina) di un'ulteriore nomina annuale con la maggioranza di cui all'art. 1136 II co. c.c. Logica conseguenza è che nel caso in esame, continuando a seguire ordinariamente la gestione del Condominio, non può affermarsi che fino al marzo del 2018 il (...) abbia operato solo per le urgenze e senza diritto ad ulteriori compensi. Proprio la lettura combinata dell'VIII e del X comma dell'art. 1129 c.c. conduce ad escludere che sia stata esercitata in regime di prorogatio e solo per le necessità urgenti (ed indifferibili per evitare un danno agli interessi comuni) l'attività che è stata invece oggetto di tacito rinnovo. La prorogatio invocata dal Condominio e di cui all'VIII comma che non dà diritto a compensi è, come chiarissimo dalla lettera della norma, limitata all'attività urgente ed indifferibile successiva alla cessazione dell'incarico (e dunque alle dimissioni o alla revoca), dopo la quale l'amministratore è tenuto alla consegna della documentazione inerente il Condominio e i singoli condomini e alle attività urgenti. Nel caso di specie la cessazione è avvenuta solo in data 12.3.2018, alla quale è seguito il passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore: è l'attività in questione che è stata svolta tra la revoca e l'effettiva presa in carico della gestione da parte del neonominato amministratore che deve intendersi svolta senza diritto al compenso. Pertanto, per tutta l'attività svolta fino al 12.3.2018 il convenuto ha diritto alle competenze secondo quanto originariamente approvato dall'assemblea e, così, ad Euro 1540,00 lordi annui per la gestione compresa tra il 10.10.2016 e il 9.10.2017 ed Euro 641,66 per il periodo compreso tra il 10.10.2017 e il 12.3.2018, pari a mesi 5 mesi (Euro 1540,00 diviso 12 mensilità moltiplico per 5) per il complessivo importo di Euro 2.181,66, relativo agli anni 2016/2018, come da domanda del (...). Questi ha agito anche per il risarcimento del danno, derivante dal fatto che la sua revoca anticipata è stata deliberata in assenza di giusta causa. La possibilità del risarcimento (che, seppure non indicato chiaramente, deve ritenersi insito nella mancata percezione del restante compenso fino alla naturale scadenza dell'anno, atteso che l'amministratore uscente lamenta proprio la sua anticipata rimozione dall'incarico) deriva dall'applicazione delle norme sul mandato e in particolare dell'art. 1725 c.c. (così Cass. n. 7874 del 19.3.2021). Limite a tale diritto è che la revoca sia avvenuta per giusta causa. Ora, nella delibera del 12.3.2018 si legge che la revoca è stata deliberata perché la gestione del (...) non si è dimostrata adeguata e nella citazione il Condominio ha esattamente indicato le sue criticità. E' necessario, dunque, rifarsi alla consulenza tecnica espletata in giudizio che, in quanto completa, ben motivata e frutto dell'attenta disamina della documentazione, può essere utilizzata per la decisione cui si è chiamati. In particolare, il consulente ha richiamato i principi di chiarezza, di rappresentazione veritiera e corretta e di competenza economica (in realtà temperato, essendo preferibile il criterio misto che segue il principio della competenza per quanto attiene le spese e il principio di cassa per quanto attiene le entrate: tale opzione deriva anche dalla complessità del rendiconto condominiale che si compone di più elementi) espressi dall'art. 1130 bis c.c. in materia di rendiconto. Tuttavia, anche a prescindere dagli specifici criteri utilizzati, in difetto del deposito dei documenti giustificativi delle entrate e delle uscite, dei relativi conti correnti bancari o postali e dei documenti fiscali di ogni singolo periodo e dell'eventuale documentazione extracontabile, non è stato possibile verificare né che i criteri di cui sopra siano stati osservati dal (...) né che egli si sia reso responsabile di ammanchi di cassa. Tale onere probatorio avrebbe dovuto essere assolto dal Condominio che non solo avrebbe dovuto dimostrare la giusta causa del recesso, ma ben avrebbe potuto farlo, essendo in possesso della documentazione contabile che pacificamente il convenuto ha consegnato all'amministratore subentratogli ed essendo, dunque, la parte più vicina alla prova. Quanto è stato possibile accertare sono stati soli gli indicati errori contabili che, non avendo affatto pregiudicato la situazione patrimoniale del Condominio, non possono integrare una giusta causa di recesso. Alla luce di tali considerazioni, al (...) dovrà spettare non solo il compenso per i mesi dal 10.10.2016 al 12.3.2018, ma anche quello per i mesi successivi fino alla data in cui sarebbe stata formalizzata la sua revoca coincidente con la scadenza dell'anno di gestione al 10.10.2018 e, dunque, il complessivo importo di Euro 1540,00. Conclusivamente, le domande del Condominio devono essere rigettate e l'attore dovrà pagare al (...) l'importo di Euro 3.080,00, oltre interessi dal 22.11.2028 (data della notifica dell'atto di citazione avanti il Giudice di pace di Sassari) al saldo. Le spese, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza e anche gli oneri di consulenza tecnica, liquidati con separato decreto, sono definitivamente posti a carico del Condominio. PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale, definitivamente pronunciando: - rigetta le domande proposte dal Condominio nei confronti di (...); - condanna il Condominio al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 3.080,00 oltre interessi legali dal 22.11.2018 al saldo; - condanna il Condominio, alla rifusione in favore di (...) delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 2.430,00, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge; - pone gli oneri di consulenza, liquidati con separato decreto, definitivamente a carico del Condominio. Così deciso in Sassari il 4 novembre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice Unico del Tribunale di Sassari dr. G.Sanna ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa iscritta al n. 1683 del RGAC per l'anno 2020 e promossa da SOCIETÀ AGRICOLA (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to PE.SE. che lo rappresenta e difende per delega a margine dell'atto introduttivo del giudizio ATTORE CONTRO CONSORZIO DI (...) elett.te dom.to presso il proc.avv.to PI.OT. e TR.SI. che lo rappresentano e difendono per delega a margine della comparsa di costituzione e risposte CONVENUTO OGGETTO : azione di risarcimento del danno art. 2051 c.c. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione, ritualmente notificato, SOCIETÀ AGRICOLA (...) conveniva in giudizio il Consorzio di (...) e, premesso di essere titolare di una azienda agricola che si occupa principalmente di coltivazione di carciofi , azienda che svolge la propria attività in comune di Valledoria, esponeva che in data 24 gennaio 2019 dopo una settimana di abbondanti piogge i terreni sui quali insiste l'azienda erano stati allagati a causa della tracimazione dei canali consortili che li attraversavano, canali da lungo tempo privi di manutenzione ordinaria; che i terreni all'epoca dell'allagamento erano coltivati a carciofi e che detto allagamento aveva compromesso notevolmente la raccolta del prodotto nel pieno dell'annata di coltivazione, sosteneva che detti allagamenti erano dovuti esclusivamente alle condizioni dei canali consortili predisposti per lo smaltimento delle acque e al mancato funzionamento degli impianti di aspirazione predisposti proprio per il veloce asporto delle acque presenti in eccesso nei canali, concludeva chiedendo la condanna del Consorzio al risarcimento del danno subito a causa dell'allagamento verificatosi sul presupposto dell'esclusiva colpa del convenuto che non aveva provveduto alla pulizia dei canali di scolo delle acque e neppure azionato le idrovore per lo smaltimento più veloce delle stesse. Si costituiva il Consorzio di (...) contestando la domanda e i motivi posti a suo fondamento; in particolare eccepiva in via preliminare l'incompetenza del giudice adito sostenendo che la vicenda appartenesse al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, nel merito sosteneva che parte attrice non abbia alcuna legittimazione attiva a richiedere il risarcimento del danno attesa la mancanza di prova in ordine alla proprietà e/o detenzione qualificata dei terreni che si allega allagati, con riferimento poi alla responsabilità del Consorzio convenuta allega la eccezionalità dell'evento atmosferico che aveva cagionato il danno non prevedibile e di conseguenza elidente ogni responsabilità in ordine all'allagamento, concludeva per il rigetto della domanda. La causa istruita con produzioni documentali, prova testimoniale e consulenza tecnica di ufficio veniva presa in decisione sulle conclusioni assunte dalle parti all'udienza fissata per la precisazione e all'esito dei termini ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve essere rigettata l'eccezione di incompetenza del giudice ordinario adito in favore della competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche ciò alla luce del fatto che i canali di scolo appartenenti al Consorzio convenuto non sono stati predisposti per l'incanalamento di acque pubbliche (provenienti da fiumi, torrenti etc) presenti nella zona ma esclusivamente per l'incanalamento delle acque necessarie per l'irrigazione dei fondi partecipanti al Consorzio stesso e per lo smaltimento delle acque in eccesso, non potendo dette acque essere utilizzate da tutti i soggetti indistintamente ma solamente dai consorziati. Parimenti infondata appare l'eccezione in ordine alla legittimazione dell'attore a proporre la domanda risarcitoria avendo egli dato prova che i terreni interessati erano in parte di sua proprietà e in parte detenuti in locazione. La domanda proposta dall'attore pone preliminarmente la questione della responsabilità del convenuto , appartenendo il Consorzio alla categoria degli enti pubblici economici a struttura associativa, in ordine ai beni di sua proprietà rispetto ai quali esercita la custodia. Di recente la Corte di Cassazione con le ordinanze 2480, 2481, 2482 e 2482 del 2018 ha puntualizzato i principi che regolano la materia della responsabilità ex art.2051 del codice civile. Ha quindi affermato nel solco delle decisioni della stessa Corte che ""la responsabilità ex art. 2051 cod. civ. postula la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta norma non dispensa il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia - e danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità" (tra molte: Cass. 29/07/2016, n. 15761). In primo luogo, occorre sottolineare come sia prevalente in dottrina e dominante nella giurisprudenza di legittimità la tesi della qualificazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. come responsabilità oggettiva, nella quale non ha alcun ruolo la negligenza o, in generale, la colpa del custode. Il dato testuale dell'art. 2051 cod. civ. prevede invero che "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito" con prospettazione di due semplici elementi e precisamente che si tratti di un danno "cagionato" da una cosa e che questa sia una cosa che si "ha in custodia". Riguardo alla connotazione del bene in custodia ha ritenuto la giurisprudenza che " il potere sulla cosa, per assurgere ad idoneo fondamento di responsabilità, deve manifestarsi come effetto . di una situazione giuridicamente rilevante rispetto alla res, tale da rendere attuale e diretto l'anzidetto potere attraverso una signoria di fatto sulla cosa stessa, di cui se ne abbia la disponibilità materiale" (Cass. n. 22839/2017 ) ciò in considerazione del fatto che solo detta signoria può attivare, o meglio rendere materialmente estrinsecabile, il dovere di precauzione normalmente collegato direttamente alla disponibilità di una cosa che entra in contatto con altri consociati. Più precisamente si può ritenere che solo detta disponibilità materiale consenta l'adozione di condotte specifiche per impedire, per quanto possibile, che eventuali cause prevedibili dei danni derivabili dalla cosa in custodia siano poi in grado di sviluppare la loro potenzialità efficiente. Con riferimento al profilo della causazione del danno occorre premettere i principi elaborati dalla Giurisprudenza a decorrere dalle decisioni delle Sezioni Unite del 2008 (nn. 576 ss dell'11.1.2008) con le quali si enunciava che alle ipotesi di causalità materiale che si verificano nell'ambito della responsabilità extracontrattuale devono essere applicati i principi penalistici, di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., con la conseguenza che un evento deve essere considerato causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non). Tuttavia, il rigoroso principio posto dall'art. 41 cod. pen., in virtù del quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dal capoverso della medesima disposizione, in virtù del quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto. Sempre in ambito di rapporto causale deve darsi rilievo a quelle cause che appaiano, con una valutazione effettuata ex ante, idonee a determinare l'evento secondo il principio della c.d. causalità adeguata anche detta della c.d. regolarità causale. Quest'ultimo principio, a sua volta, determina come conseguenza normale imputabile quella che secondo l'id quod plerumque accidit e quindi in base alla regolarità statistica integra gli estremi di una sequenza costante dello stato di cose generata da un evento originario, che ne costituisce l'antecedente necessario. Rilevavano a riguardo le Sezioni Unite che , la sequenza costante deve essere prevedibile non da un punto di vista soggettivo, cioè da quello dell'agente, ma in base alle regole statistiche o scientifiche e quindi per così dire oggettivizzate in base alla loro preponderanza o comune accettazione, dal quale consegue un giudizio di non improbabilità del verificarsi dell'evento in base a principi e criteri di ragionevolezza. Siffatti enunciati principi portano a concludere che tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale integra il caso fortuito, quale causa non prevedibile, con l'ulteriore conseguenza che l'imprevedibilità, da un punto di vista oggettivo, comporta anche la non evitabilità dell'evento. Queste conclusioni vanno poi applicate alla peculiare fattispecie del "danno cagionato dalle cose in custodia"; e come detto l'assenza di specificazioni nella norma comporta che il danno rilevante, del quale il custode può essere responsabile, prescinde dalle caratteristiche della cosa custodita, sia quindi essa o meno pericolosa ovvero dotata di intrinseco dinamismo oppure no. Ciò comporta che la fattispecie possa comprendere, dando luogo alla responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., una pluralità potenzialmente indefinita di situazioni sotto i relativi profili sia con riferimento al ruolo nella sequenza causale, sia nei casi in cui la cosa è del tutto inerte e nella quale l'interazione del danneggiato è indispensabile per la produzione dell'evento e sia nell'ipotesi in cui la cosa, per il suo intrinseco dinamismo, svolge un ruolo sempre maggiore di interazione con la condotta umana, fino a diventare una causa determinate ipotesi preponderante od esclusiva, rendendo l'apporto causale della condotta dell'uomo ininfluente. Quando poi le caratteristiche intrinseche della cosa custodita occorre sottolineare con particolare riferimento alla sua idoneità a causare situazioni di probabile danno (pericolosità) sia le fattispecie in cui la cosa non presenta rischi derivanti dall'interazione con l'uomo, sia quelle in cui il funzionamento o lo stesso modo di essere comporti di per se stesso, per le modalità sue proprie, il rischio (cioè, la probabilità ragionevole) di una conseguenza dannosa per il soggetto che viene in contatto con la cosa custodita. A siffatta complessiva ricostruzione la giurisprudenza di legittimità fa conseguire in capo al danneggiato il solo onere di provare il nesso causale tra la cosa e il danno con l'effetto che se la cosa oggetto di custodia ha avuto un ruolo nella produzione, il danneggiato può limitarsi alla allegazione e alla prova di detto aspetto. Mentre è posto a carico del custode o negare la riferibilità causale dell'evento dannoso alla cosa, oppure dare la prova della circostanza, che solo a prima vista potrebbe coincidere con la prima, che il nesso causale sussiste tra l'evento ed un fatto che non era né prevedibile, né evitabile. Su detto punto, la Corte di Cassazione con l'ord. n. 25837/2017, ha puntualizzato che il caso fortuito attiene a ciò che non può prevedersi, mentre la forza maggiore è ciò che non può evitarsi, giungendo a ritenere, all'esito dell'esame del ruolo della condotta del danneggiato, che anche questa può integrare il caso fortuito ed escludere integralmente la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., ma solo se la stessa sia stata colposa e non poteva essere prevedibile da parte del custode. Ha ulteriormente completato la Corte con la sentenza n.2480/2018 che "In effetti, può senz'altro convenirsi che, per "caso fortuito" idoneo a recidere il nesso causale tra la cosa e il danno, ai fini della peculiare responsabilità disegnata dall'art. 2051 cod. civ., va generalmente inteso quel fattore causale, estraneo alla sfera soggettiva, che presenta i caratteri dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (fattore N causale comprensivo anche del fatto del terzo o, in via descrittiva ed a seconda dei casi, della colpa del danneggiato): purché esso abbia, in applicazione dei principi generali in tema di causalità nel diritto civile, efficacia determinante dell'evento dannoso." Pertanto, anche il caso fortuito (oggettivo e valutato ex ante) va allora inquadrato in questo contesto: e l'imprevedibilità va intesa come obiettiva inverosimiglianza dell'evento, benché non anche come sua impossibilità, mentre l'eccezionalità è qualcosa di più pregnante dell'improbabilità (quest'ultima in genere intesa come probabilità inferiore alle cinquanta probabilità su cento), dovendo identificarsi come una sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come "normale", vale a dire entro margini di oscillazione - anche ampi - intorno alla media statistica, che escludano i picchi estremi, se isolati, per identificare valori comunemente accettati come di ricorrenza ordinaria o tollerabile e, in quanto tali, definibili come ragionevoli". Su queste premesse, prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, la colpa o l'assenza di colpa del custode resta del tutto irrilevante ai fini della sua responsabilità ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. Tanto premesso in diritto incombeva all'attore in primo luogo dare la prova del nesso di causalità tra il bene oggetto di custodia e l'evento che gli ha causato il danno. A tale onere probatorio l'attore ha adempiuto offrendo prova testimoniale e documentale ( fotografica) all'esito della quale deve ritenersi provato che il 24 gennaio 2019 a seguito di manifestazioni piovose intense i campi da lui coltivati a carciofo sono stati completamente allagati, che i canali di smaltimento delle acque di pertinenza del Consorzio e posti nei terreni predetti si trovavano privi di manutenzione e quindi ostruiti da erbacce, detriti che impedivano totalmente il deflusso dell'acqua la quale si riversava sulla campagna circostante allegandola. Tutti i testi escussi concordemente hanno riferito di avere visto i terreni coltivati dall'attore a carciofi allagati proprio nel mese di gennaio 2019 e ciò sicuramente in un periodo molto piovoso che aveva imbibito i terreni e reso difficoltosa l'eliminazione dell'acqua in eccesso attraverso i canali predetti. Tutti i testi hanno riferito di avere visto i campi interessati dall'allagamento coltivati a carciofo spinoso. Siffatta prova deve ritenersi pienamente esaustiva dell'onere imposto all'attore in conformità a quanto sopra evidenziato e quindi a lui richiesto. Incombeva, per contro, al Consorzio convenuto la prova contraria e precisamente che i canali di scolo presenti nel terreno dell'(...) fossero adeguatamente curati e che di conseguenza il fenomeno dell'allagamento si fosse verificato per un fatto riconducibile o al caso fortuito o alla forza maggiore. I testi (...) e (...) hanno riferito di essere a conoscenza delle condizioni dei canali di scolo presenti nei terreni della valle del (...) in quanto dipendenti tecnici del Consorzio convenuto, di averli visionati in occasione dei lamentati sinistri e di avere rilevato che effettivamente gli stessi non erano stati oggetto di manutenzione da parte del Consorzio per mancanza di fondi, precisavano, comunque, che successivamente agli eventi lamentati dall'attore, nell'anno 2020 avevano provveduto alla ripulitura dei canali di scolo e in presenza di copiose piogge i terreni si erano allagati comunque. Ciò in quanto erano presenti nelle coltivazioni sistemi di irrigazione e di smaltimento delle acque direttamente riconducibili ai coltivatori non adeguati per pendenze e ampiezza. Con riferimento alle intensità delle piogge nel periodo indicato il teste (...) non è stato in grado di riferire se le stesse fossero eccezionali o nella media, ma che erano presenti degli allerta meteo i quali prevedevano anche la possibilità di nevicate. Tutti gli elementi oggettivi emersi sia dalle prove documentali che dalla prova testimoniale sono stati sottoposti alla verifica di un consulente tecnico di ufficio il quale con chiarezza e puntualità, che questo giudice condivide pienamente, ha, in primo luogo individuato catastalmente e in loco tutti i terreni riconducibili all'attore e interessati dall'allagamento evidenziandone variazioni catastali avvenute nel corso degli anni nonché la loro effettiva individuazione. Sotto il profilo causale ha preso in esame la condizioni dei canali di smaltimento delle acque e nonché le opere che nelle buone prassi di coltivazione devono essere poste in essere anche dai privati proprietari, rilevando come oltre alle ostruzioni presenti nel canale di deflusso delle acque di proprietà del consorzio sicuramente causa dell'allagamento dei terreni doveva essere rilevata l'assenza di opere di regimentazione collegate ( scoli laterali e interfila ) da parte dell'attore, fatto che aveva aggravato inevitabilmente le conseguenze dell'allagamento come verificatosi. Ciò posto, valutate le deposizioni testimoniali, i documenti prodotti e la relazione peritale sul punto deve ritenersi sussistente il rapporto di concausalità tra la condizioni dei canali di scolo consortili e l'allagamento del fondo, causalità di efficienza preminente rispetto a quella dovuta all'assenza di opere complementari necessarie e utili nelle prassi di coltivazione quali li scoli laterali e interfila e ciò nella misura indicata del 5% ( risposta alle osservazioni del ctp di parte convenuta). Premessa la sussistenza del nesso di causalità, o meglio di concausalità, rilevato il Consorzio ha sostenuto che gli eventi atmosferici del 24 gennaio 2019 e immediatamente antecedente erano stati di natura talmente intensa da costituire un vero e proprio fortuito, sulla base del quale il convenuto doveva andare esente da colpa. Invero la prova di siffatta eccezionalità non è emersa in alcun modo né dalla deposizione del teste (...) né dalle indagini effettuate dal consulente tecnico il quale ha rilevato che al momento del sovralluogo (avvenuto nel dicembre 2021) con i canali di scolo consortili liberi, le chiuse a mare serrate e precipitazione di 60 mm di pioggia da ritenersi molto intensa e nel periodo continua, non si erano verificati eventi di tracimazione dei canali ma solamente delle falde affiorantiin alcuni punti limitrofi al canale. Ciò a riprova che i canali tenuti puliti erano in grado di smaltire l'acqua in eccesso di un periodo molto piovoso e con le chiuse a mare serrate e che di conseguenza nessun fortuito appare rinvenibili nella copiose piogge verificatesi nel mese di gennaio 2019. Il ctu ha quindi provveduto a determinare secondo i criteri tecnici previsti in agronomia la superficie degli stessi coltivabile stimandola nel 75% dell'intero e escludendo dalla valutazione il mappale costituito dal fabbricato e successivamente in applicazione dei parametri tecnici sulla coltivazione, produttività (parametri condivisi anche dai ctp) ha stimato nel 40% della produttività generale la perdita riconducibile all'allagamento lamentato e applicato il prezziario ISMEA (prezziario pubblico) ha determinato in Euro 39.122,70 il danno subito dall'attore a causa dell'allagamento. La determinazione analitica per porzione di terreno, ubicazione rispetto ai canali di scolo rende la stessa oggettivamente condivisibile e pienamente applicabile non essendo contestabile un siffatto equilibrato, giusto e logico calcolo per la determinazione del danno complessivo. Ovviamente tenuto conto dell'incidenza causale nella misura del 5% ascrivibile al comportamento tenuto dall'attore deve ritenersi che il danno cagionato dalla mancata manutenzione dei canali di scolo alla produzione di carciofi dell'attore è pari a Euro 37.166,56. Il Consorzio convenuto di conseguenza deve essere condannato al pagamento della somma di Euro 37.166,56 somma rivalutabile dal mese di gennaio 2019 fino all'effettivo pagamento. Non sono, invece, dovuti interessi compensativi. Occorre richiamare, al riguardo, il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui nei debiti di valore i cosiddetti interessi compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca dell'evento lesivo. Tale danno sussiste solo quando, dal confronto comparativo in unità di pezzi monetari tra la somma rivalutata riconosciuta al creditore al momento della liquidazione e quella di cui egli disporrebbe se (in ipotesi tempestivamente soddisfatto) avesse potuto utilizzare l'importo allora dovutogli secondo le forme considerate ordinarie nella comune esperienza ovvero in impieghi più remunerativi, la seconda ipotetica somma sia maggiore della prima, solo in tal caso potendosi ravvisare un danno da ritardo, indennizzabile in vario modo, anche mediante il meccanismo degli interessi, mentre in ogni altro caso il danno va escluso ( Cass. 1111/2020; Cass. 13684/2018; Cass. 3173/2016; Cass. 3355/2010 e Cass. 22347/2007). Le spese legali seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza eccezione e deduzione respinta; 1) Condanna il Consorzio di (...) al pagamento della somma di Euro 37.166,56 da rivalutarsi secondo gli indici Istat a decorrere dalla data dell'evento, 24 gennaio 2019, fino all'effettivo saldo; 2) Condanna il convenuto a rifondere a parte attrice le spese legali del presente giudizio liquidate in complessivi Euro 7.254,00 oltre accessori nella misura di legge nonché di consulenza tecnica di ufficio nella misura liquidata in decreto. Così deciso in Sassari il 19 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 30 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI II SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Stefania Deiana, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 638/2015 promossa da: (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio dell'avv. AN.SI., presso cui è elettivamente domiciliato ATTORE contro (...), col patrocinio dell'avv. LUCIANO SECHI, presso cui è elettivamente domiciliata CONVENUTA Oggetto: responsabilità extracontrattuale - risarcimento del danno RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con citazione notificata il 13 febbraio 2015 (...) conveniva davanti a questo tribunale (...) chiedendone la condanna al risarcimento del danno quantificato come in epigrafe. Esponeva di aver acquistato dalla convenuta, con atto pubblico del 25 febbraio 2010, un fabbricato su due livelli, con terreno circostante, ubicato nella regione (...) di (...) e che nel maggio del 2011 si erano manifestati gravi vizi e difetti nell'immobile, edificato dalla stessa parte alienante, consistenti in estese infiltrazioni di umidità ed intasamento dei pozzetti di raccolta delle acque, meglio descritti in esito al procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso nell'ottobre del 2011. Il consulente d'ufficio, nella relazione depositata il 27 dicembre 2011, aveva rilevato gravi carenze costruttive nell'immobile, indicando e quantificando in oltre 92.000,00 Euro i costi necessari per provvedere al suo risanamento. Aggiungeva che erano rimaste senza esito le lettere raccomandate inviate alla convenuta, con cui egli aveva richiesto il ristoro dei danni, rapportati alle spese necessarie al ripristino di normali condizioni di vivibilità dell'immobile, destinato ad abitazione, nonché al pregiudizio subito per aver sofferto i disagi conseguenti alla sua insalubrità. Invocando quindi la responsabilità dell'alienante-costruttrice ai sensi dell'art. 1669, c.c., o comunque dell'art. 2043, c.c., concludeva come riportato in epigrafe. Si costituiva la convenuta e contestava la domanda, eccependo l'intervenuta formazione del giudicato sulla pretesa risarcitoria azionata, dato che con sentenza n. 1594/2014 del 4 dicembre 2014 questo tribunale aveva già disatteso un'identica domanda proposta dal medesimo (...) ai sensi dell'art. 1492, c.c., e dichiarato inammissibile quella da lui proposta ex art. 1669, c.c.. Eccepiva inoltre la decadenza e la prescrizione del diritto esercitato dall'attore e, nel merito, l'infondatezza della domanda. Concludeva come sopra trascritto. Acquisita la consulenza tecnica d'ufficio depositata nel procedimento di accertamento preventivo, la causa, istruita solo con produzioni documentali, era assunta in decisione all'udienza del 12 aprile 2022 sulle riferite conclusioni, previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190, c.p.c.. L'eccezione preliminare attinente alla formazione del giudicato è infondata, dato che la sentenza richiamata in epigrafe aveva reputato inammissibile, perché proposta tardivamente, la domanda formulata ex art. 1669, c.c., dall'attore, che nel precedente giudizio aveva agito in relazione ai medesimi fatti, invocando tuttavia la responsabilità contrattuale della venditrice e chiedendo la conseguente riduzione del prezzo (domanda disattesa dal tribunale per l'intervenuta decadenza e, comunque, per la decorsa prescrizione annuale). Il sig. (...) agisce, invece, nel presente giudizio denunciando i gravi difetti costruttivi previsti dall'art. 1669, c.c., e, in subordine, ai sensi dell'art. 2043, c.c., invocando quindi una responsabilità extracontrattuale della convenuta quale costruttrice dell'immobile viziato e chiedendone la condanna (non alla riduzione del prezzo della compravendita, ma) al risarcimento del danno che assume di aver subito a causa delle evidenziate carenze nell'edificazione del fabbricato. Sia il petitum che la causa petendi risultano dunque differenti rispetti a quelli che avevano caratterizzato la domanda già proposta e sulla quale si è formato il giudicato, osservandosi anche che nessuna pronuncia era stata adottata in quel giudizio circa il rapporto e le responsabilità della venditrice dedotti con la presente domanda. Quanto alle eccezioni di decadenza e prescrizione, è sufficiente rilevare che solo a seguito del deposito, nel dicembre 2011, della relazione di a.t.p. l'odierno attore, che già nel maggio precedente aveva constatato e comunicato alla venditrice la presenza dei fenomeni denunciati, era stato messo in grado di apprezzare compiutamente l'origine e la derivazione causale, in termini di specifiche carenze nelle tecniche di progettazione e costruzione, dei difetti in questione, trovando nella specie applicazione il principio, più volte ribadito dalla giurisprudenza, per cui il termine di decadenza decorre solamente dal giorno in cui il committente o acquirente dell'immobile consegua un grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione dall'imperfetta esecuzione dell'opera. Non è, infatti, determinante a tal fine la mera conoscenza del verificarsi dei fenomeni (nella specie, presenza di estese infiltrazioni di umidità e traboccamento dei pozzetti) la cui origine non poteva propriamente e compiutamente essere indagata senza l'ausilio di una consulenza tecnica che accertasse il difetto costruttivo a base delle gravi infiltrazioni osservate. Il dies a quo del termine annuale di cui all'art. 1669, co. 1, c.c., dev'essere pertanto ricondotto alla data del deposito, nel dicembre del 2011, della relazione del consulente nominato in sede di accertamento tecnico preventivo (al riguardo, Cass. Civ. n. 24486/2017 e Cass. Civ. 27693/2019). Col successivo invio delle due lettere raccomandate ricevute dalla convenuta in data 17 ottobre e 2 novembre 2012 (v. missive allegate sub 7 e 8 dall'attore) era stata quindi impedita ogni decadenza. Era stato poi efficacemente interrotto dal sig. (...) il termine prescrizionale annuale di cui all'art. 1669, co.2 , c.c., con la proposizione del giudizio di merito, avvenuta con ricorso depositato nel marzo 2013, procedimento nel cui ambito era stata proposta anche la domanda ex art. 1669, c.c., dichiarata inammissibile con la richiamata sentenza. Deve pertanto escludersi che siano maturati i termini di decadenza e prescrizione previsti dalla disposizione richiamata, rammentandosi che la prescrizione non ricomincia a decorrere sino alla definizione del giudizio (art. 2945, co. 2, c.c.). Quanto alla legittimazione passiva della convenuta, è opportuno richiamare il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, posto che la denuncia di gravi difetti di costruzione, oltre che dal committente e dai suoi aventi causa, ben può provenire anche dall'acquirente dell'immobile, avuto riguardo alla generale finalità di tutela a fondamento delle disposizioni di cui all'art. 1669, c.c., dirette a disciplinare le conseguenze dannose di quei difetti che incidano significativamente sugli elementi essenziali dell'opera, compromettendone la conservazione, e dando luogo ad un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, il costruttore responsabile per gli effetti di cui all'art. 1669, c.c., ben può essere individuato nella figura (anche non professionale né imprenditoriale) della parte venditrice, qualora, come nella specie, essa abbia proceduto alla costruzione del manufatto mantenendo quantomeno un potere di sorveglianza e verifica sul relativo procedimento edificatorio. Il giudice di legittimità ha, invero, anche recentemente ribadito come l'art. 1669 c.c. trovi applicazione, oltre che nei casi in cui il venditore abbia provveduto alla costruzione con propria gestione di uomini e mezzi, anche qualora la costruzione stessa sia a lui riferibile in tutto o in parte per avere ad essa partecipato in posizione di autonomia decisionale. Ha inoltre specificato che chi abbia deciso di far costruire un immobile da destinare alla successiva vendita (intera o frazionata) a terzi, è tenuto alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c. (al riguardo, Cass civ. sez. II, n.20877 del 30 settembre 2020). Nella specie, parte attrice ha documentato che la sig.ra B., come dichiarato espressamente nell'atto di compravendita in data 25 febbraio 2010, aveva "edificato in proprio" l'immobile in questione e, in difetto di elementi di valutazione deponenti in senso contrario, ella dev'essere ritenuta quantomeno corresponsabile della relativa costruzione, dato che "l'azione di responsabilità (...) può essereesercitata, non solo dal committente contro l'appaltatore, ma anche dall'acquirente contro il venditore che abbia costruito l'immobile sotto la propria responsabilità, allorché lo stesso venditore abbia assunto nei confronti dei terzi e degli stessi acquirenti una posizione di diretta responsabilità nella costruzione dell'opera" (così la sezione II della Cassazione civile, ordinanza n. 4055/2018). D'altra parte, per esimersi dalla responsabilità propria del costruttore, la convenuta avrebbe dovuto invocare una responsabilità altrui, chiamando in causa il progettista, il direttore dei lavori, l'impresa appaltatrice e, in generale, i soggetti cui ritenesse di ascrivere alternativamente o in concorso le rilevate carenze costruttive. Tanto premesso, venendo dunque al merito della domanda, avuto riguardo alla documentazione dei gravi vizi manifestati dall'immobile desumibili, oltre che dagli eloquenti rilievi fotografici versati in atti dall'attore, dagli accertamenti eseguiti in esito all'a.t.p. dal consulente nominato dal giudice, appare manifesta la ricorrenza di quei "... gravi difetti i quali, al di fuori dell'ipotesi di rovina ed evidente pericolo di rovina, pur senza influire sulla stabilità dell'edificio, pregiudicano o menomano in modo rilevante il normale godimento, la funzionalità o l'abitabilità del medesimo" (così la richiamata ordinanza). Le diffuse ed estese infiltrazioni di umidità interessanti l'immobile, provenienti sia dalla parte sottostante alla pavimentazione (umidità da risalita capillare) che dai suoi muri perimetrali, e la presenza di vaste aree interessate dall'evidente formazione di muffe, hanno gravemente e palesemente compromesso la funzione e la normale fruibilità del manufatto il cui intero perimetro è, inoltre, interessato da lesioni orizzontali, visibili anche lungo la facciata. Il CTU, nel rispondere ai quesiti formulati, ha in particolare evidenziato, in esito ad un'accurata ed esauriente indagine in loco, le carenze costruttive riscontrate, riconducibili essenzialmente alla totale mancanza dell'intercapedine fra il terreno ed il muro perimetrale del seminterrato dell'edificio (anche in violazione dei criteri edificatori previsti espressamente dal Regolamento edilizio comunale), con conseguenti gravi carenze d'isolamento ed impermeabilizzazione delle mura, alla totale mancanza di isolamento delle fondazioni e dei vespai, privi di camera d'aria di drenaggio e di alcuna ventilazione del sottofondo della pavimentazione. Ha, ancora, riscontrato la presenza di fessurazioni interessanti l'intero perimetro dell'edificio, lungo i suoi muri portanti, la totale difformità dalle regole tecniche costruttive anche dei pozzetti di raccolta delle acque bianche e nere e, infine, la presenza in un tratto della cantina di una roccia che concorre ad aggravarne l'umidità. Rimandandosi all'analitica descrizione ed ai rilievi tecnici illustrati dal CTU nell'elaborato, regolarmente acquisito al presente giudizio, appare anche congrua ed esente da rilievi la quantificazione (si rimanda all'accurata descrizione dei lavori contenuta nella relazione dell'esperto) delle opere indispensabili al risanamento della costruzione dall'umidità, stimata in complessivi Euro 92.440,50. Non risultano adeguatamente dimostrate le altre voci di danno domandate dall'attore, anche tenuto conto della carenza di prova circa l'effettiva destinazione (stabilmente) abitativa dell'immobile. Considerato che il risarcimento è stato domandato da parte attrice per equivalente, esso va pertanto commisurato a detto importo, ossia ai costi necessari per ripristinare e ristrutturare l'immobile, riconducendolo a normali condizioni di godimento e fruibilità (sulla spettanza ed i criteri risarcitori, Cass. civ. sez. II, ordinanza dep. il 30 aprile 2021). La somma, costituente debito di valore, è dovuta dalla convenuta con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012) sino al saldo, con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, a carico della convenuta. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra e contraria istanza, in accoglimento, per quanto di ragione, della domanda, condanna la convenuta (...) al pagamento in favore dell'attore (...) della complessiva somma di Euro 92.440,50, con la rivalutazione monetaria e gli interessi legali da computarsi con decorrenza dalla data di ricevimento della prima raccomandata di messa in mora (17 ottobre 2012), con riferimento a ciascuna annualità ed esclusione del cumulo. Condanna la convenuta alla rifusione in favore dell'attore delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro8.960,00, oltre rimborso forfetario ed oneri di legge, per il presente giudizio di merito, e in ulteriori Euro1.320,00 per il procedimento di a.t.p., nonché alla rifusione dei compensi liquidati al CTU (Euro 1750,00 per onorari e spese). Così deciso in Sassari il 23 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 23 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SASSARI PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale civile di Sassari, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott.ssa Elisabetta Carta, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 2533/19 R.G. promossa da: (...) (C.F. (...) ) elettivamente domiciliata in Sassari, Via (...), presso lo studio degli Avv.ti Sa.Sa. (C.F. (...) ) e La.So. (C.F. (...)) che la rappresentano e difendono in forza di delega in calce all'atto di citazione, ATTORE CONTRO CONDOMINIO DI VIALE U. I N. 90 (C.F. (...) ), in persona dell'Amministratore in carica E.P.S. S.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in S., via (...) D. G. 6, CONVENUTO CONTUMACE E (...) S.R.L. (CF: (...),)in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Sassari, viale (...), elettivamente domiciliata in Alghero, via (...), presso lo studio dell'Avv. Mi.Ma., (C.F. (...) ) che lo rappresenta e difende in forza di mandato allegato in atti, CONVENUTO E (...)S.P.A. (P.IVA (...)) in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in Sassari Via (...), presso e nello studio dell'avv. Ga.Pi. (C.F. (...) ), che la rappresentata e difende in forza della procura generale alle liti rilasciata da (...)S.p.a. per atto del notaio (...), redatto in M. V. (T.) il (...) repertorio n. (...), (...) OGGETTO: risarcimento danni. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO In via di premessa si osserva che gli art.132 c.p.c. e 118 disp att. c.p.c. prevedono che la sentenza deve contenere la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione la quale consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così che debba ritenersi conforme al modello normativo richiamato (il quale prevede la sinteticità della motivazione quale corollario del dovere di assicurare la ragionevole durata del processo) la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, 26 luglio 2012 n. 13202), nonché l'esame e la trattazione nella motivazione delle sole questioni - di fatto e di diritto - "rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata, dovendo le restanti questioni eventualmente esposte dalle parti e non trattate dal giudice essere ritenute non come "omesse" (per l'effetto dell' error in procedendo), ma semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante. Richiamati, in ordine alla ricostruzione dei profili fattuali della presente vicenda controversa, il contenuto assertivo della citazione, quello delle comparse di risposta, nonché dei provvedimenti istruttori assunti dal giudice in corso di causa, si osserva quanto segue in ordine alla decisione. Con atto di citazione ritualmente notificato (...), premesso di essere proprietaria dell'appartamento posto al 5 piano, scala B, dello stabile sito S., viale U. I n. 90, presso il quale risiede con la propria famiglia, ha allegato che nell'anno 2017 il Condominio di viale U. I n. 90 aveva incaricato l'Impresa Dott. (...) di eseguire un intervento di ammodernamento e rimessa in funzione dell'impianto di riscaldamento condominiale, che nel corso dei lavori di adeguamento della caldaia l'impresa aveva segnalato all'amministratore di condominio che, in data 13.12.2017, i tecnici incaricati avrebbero provveduto al riempimento dell'impianto e ad una prova di pressione delle colonne montanti e che l'amministratore aveva pertanto affisso il relativo avviso in bacheca invitando i condomini a rimanere in casa e a segnalare tempestivamente all'impresa eventuali perdite d'acqua all'interno degli appartamenti. Ha dedotto che la prova di pressione, tuttavia, non era stata eseguita nella data del programmata del 13.12.2017, ma il giorno successivo, senza alcun preavviso e che durante l'esecuzione della stessa si era verificata la rottura di una delle colonne montanti nella zona in prossimità del piano attico, in conseguenza della quale vi era stata un'improvvisa e capiente fuoriuscita d'acqua dalle murature delle parti comuni dell'edificio che aveva interessato l'unità immobiliare sottostante di sua proprietà. Atteso che al momento dell'evento nell'appartamento non era presente nessuno ha rappresentato che, col trascorrere del tempo, l'acqua era andata a ricoprire l'intera superficie dell'abitazione, provocando danni ai supporti murari, ai battiscopa, alle porte in legno, ai mobili delle camere da letto, al materasso della camera matrimoniale (che si trovava proprio sotto il gettito d'acqua), ai mobili del salone, all'armadio a muro posto all'ingresso, ai mobili della cucina, ai divani della cucina e del salone e ai tappeti. Ha allegato di aver proposto procedimento per Accertamento Tecnico Preventivo ex art. 696 e 696 bis c.p.c. al fine di far accertare e stimare i danni riportati dal proprio immobile e dagli arredi in esso contenuti, prima di procedere al ripristino degli stessi e che, nell'ambito del medesimo, nel quale erano stati convenuti la (...) S.p.A., l'Impresa Dott. (...) S.r.l. e il Condominio di Viale U. I n. 90 (che a loro volta avevano chiamato in causa le rispettive compagnie di assicurazione (...) e (...)S.p.A.) e che il CTU incaricato dal Giudice, Geom. Fr.Ca.: 1) aveva stimato i costi necessari per il ripristino dell'immobile in Euro 9.316,06 oltre IVA e i costi per il ripristino degli arredi danneggiati in Euro 24.176,00 comprensivi di IVA nei modi di legge; 2) aveva individuato la causa dei danni nelle abbondanti infiltrazioni d'acqua conseguenti alla rottura di una colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale in occasione della messa in pressione dell'impianto stesso da parte dell'Impresa Dott. (...) S.r.l., rottura determinata, secondo il CTU, dal naturale e graduale deterioramento della tubazione. Ritenuta la sussistenza di una responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al Condominio di Viale U. n. 90, in qualità di proprietario e custode della tubatura in questione, per i danni patiti dall'attrice o, in subordine ex art. 2043 c.c. per violazione delle comuni regole di diligenza e prudenza, per non aver provveduto ad un'adeguata manutenzione dell'impianto di riscaldamento ormai vetusto e usurato, nonché per non essersi assicurato che l'Impresa Dott. (...) eseguisse i lavori nella data prestabilita allorquando i condomini erano rimasti in casa a vigilare ne ha chiesto la condanna al risarcimento dei danni patiti. Ha inoltre ravvisato profili di responsabilità nella determinazione dei danni lamentati anche in capo all'impresa esecutrice dei lavori atteso che prima di effettuare la prova di pressione sull'impianto di riscaldamento condominiale, la stessa avrebbe dovuto verificare lo stato di usura delle tubature e valutare il rischio di eventuali rotture delle stesse, adottando le misure necessarie a prevenire o limitare i danni a terzi. Ha concluso chiedendo: "accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva del Condominio di viale U. I n. 90 nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarlo al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; c) In via subordinata accertare e dichiarare la responsabilità esclusiva dell'Impresa Dott. (...) S.r.l. nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarlo al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; d) In via ulteriormente subordinata accertare e dichiarare la responsabilità concorsuale dell'Impresa Dott. (...) S.r.l. e del Condominio di Viale U. I n. 90 nella determinazione dei danni lamentati dalla Sig.ra (...) e per l'effetto condannarli in solido al risarcimento degli stessi nella misura di Euro 35.541,59 o nella veriore misura che il Giudice riterrà dovuta causa cognita; e) In ogni caso con vittoria di spese e competenze del presente giudizio e del procedimento ex artt. 696 - 696 bis c.p.c.". Benchè ritualmente citato il Condominio di Viale U. I n. 90 è rimasto contumace nel presente giudizio. Si è costituita la (...) Srl deducendo preliminarmente che i lavori di cui trattasi, concessi in appalto dal Condominio di Viale U. n. 90 alla odierna convenuta, erano stati svolti dalla medesima nel pieno ed assoluto rispetto delle norme di legge vincolanti, sotto i seguenti profili: tecnico, contabile, sicurezza sul lavoro, contributivo-assicurativo, come anche delle regole dell'arte, tanto da ottenere in occasione della conclusione delle attività, la certificazione di regolare esecuzione di essi da parte del Direttore dei lavori incaricato dal suddetto condominio. Ha dedotto che sulla base delle risultanze dell'espletata Ctu risultava escluso qualsiasi profilo di responsabilità a suo carico e ha chiesto il rigetto della domanda risarcitoria spiegata nei suoi confronti. Ha comunque chiesto di essere autorizzata alla chiamata del terzo società (...)S.p.A. con cui aveva stipulato idonea polizza di assicurazione della responsabilità civile, al fine di tenerla indenne da ogni e qualsivoglia conseguenza pregiudizievole che dovesse derivarle dal presente giudizio. Autorizzata la chiamata si è costituita la (...)Spa la quale ha preliminarmente evidenziato che oggetto del contratto di appalto stipulato dall'assicurata col Condominio riguardava esclusivamente i lavori termoidraulici di risanamento e messa in servizio della centrale termica all'interno del Condominio odierno convenuto e che, pertanto, nessuna opera che riguardasse l'intervento sull'intero impianto di riscaldamento, sulle tubazioni che portano l'acqua ai caloriferi presenti nei singoli appartamenti e sulle colonne montanti dell'impianto di riscaldamento condominiale era stata mai oggetto di accordo tra le parti. Ha dedotto che all'impresa non poteva essere ascritta alcuna responsabilità avendo il Consulente accertato che la causa del danno era da individuarsi nello stato di usura e nel malfunzionamento dell'intero sistema di riscaldamento che aveva cagionato la rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale. Ritenuto che la responsabilità per i danni cagionati all'attrice era quindi da ascrivere alla condotta del Condominio convenuto anche considerato il mancato avviso ai singoli condomini circa la prova di messa in funzione dell'impianto stesso che avrebbe consentito di evitare i danni, ha chiesto il rigetto della domanda della impresa assicurata. Ha infine eccepito eccepisce la non operatività dell'assicurazione stipulata con la società Dott. (...) S.r.l. ai sensi dell'art. 3 lett. i) ed n) delle Condizioni Generali di Assicurazione atteso che la fase di collaudo, nel corso della quale si era verificata la rottura della colonna montante, non rientrava nell'ambito dell'assicurazione che, invece, operava sino alla fase precedente. Ha poi eccepito il concorso colposo dell'attrice ex art. 1227 c.c e contestato la quantificazione dei danni. La causa è stata istruita mediante la produzione di referente documentale ed acquisizione del fascicolo del procedimento per ATP e, all'udienza cartolare del 19 maggio 2022, lette le note di trattazione scritta nel termine assegnato dal Giudice la causa è stata trattenuta in decisione previa assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. La domanda attore è fondata e deve essere accolta per i motivi e nei limiti in appresso illustrati. Si osserva che nell'ambito del procedimento per ATP, svoltosi nel contradditorio di tutte le parti del presente processo, il nominato Consulente ha preliminarmente accertato, a seguito di accurate verifiche effettuate durante il sopralluogo presso l'immobile oggetto della procedura, che lo stesso era interessato da una serie di danni, documentati puntualmente con copiosa documentazione fotografica. Ha illustrato, in particolare, che dai controlli eseguiti si era rilevata "la presenza di rigonfiamenti ed esfogliazioni dell'intonaco, nelle pareti e nel soffitto della camera matrimoniale, nei due bagni adiacenti la stessa camera, il danneggiamento dei telai e relativi copri-telai delle porte interne, dei battiscopa dell'immobile e della mobilia presente" e che "le lesioni presenti all'interno dell'abitazione possono essere compatibili con il contatto prolungato delle murature e delle mobilia, con l'acqua presente nell'unità immobiliare a seguito della rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale". Ha accertato che l'acqua è arrivata ad un'altezza di circa 4 cm e che vi è stato il riversamento di un quantitativo di acqua per ora pari a 1,4 mc/h (5,6 mc/ 4h) e quindi di una portata di circa 0,0038 mc/s. Ha quindi ricollegato eziologicamente i danni riscontrati all'allagamento dell'appartamento. Premesso quindi di aver potuto esaminare le sole tubazioni a vista presenti nella caldaia e nell'appartamento sovrastante l'immobile di proprietà di parte attrice in relazione alle cause dell'allagamento ha accertato che, tenuto conto dello stato dei tubi presenti al piano superiore e considerando la vetustà dell'intera palazzina, la possibile rottura della stessa tubazione "non è da imputare ad una carenza di manutenzione ma dal fatto che, con il passare degli anni, i tubi subiscono fenomeni di usura, formazione di ruggine, ossidazione ecc. e manifestano il loro stato di degrado nel momento in cui avviene una perdita d'acqua dovuta alla rottura in una parte della tubazione più deteriorata. Si ritiene pertanto che il fenomeno accaduto sia dovuto ad un naturale e graduale deterioramento della tubazione". Fermo pertanto che il Ctu ha accertato che l'allagamento che ha cagionati i danni in relazione ai quali è stata avanzata la domanda risarcitoria è stato causato dalla rottura della colonna montante dell'impianto di riscaldamento condominiale dovuta all'usura ed al graduale deterioramento della tubazione più deteriorata, laddove il Consulente ha rilevato che la rottura non è stata dovuta ad una carenza di manutenzione lo stesso ha espresso un giudizio non richiestogli e rimesso all'organo giudicante, avendo il Consulente il compito esclusivo di accertamento dei fatti e non della loro valutazione. Si osserva, difatti, che per la parte dell'impianto di riscaldamento condominiale che rimane fuori dai singoli appartamenti (c.d. colonna montante) il legislatore ha previsto una presunzione di comproprietà posta dall'art. 1117, n. 3, c.c. con la conseguenza che il Condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, (anche provvedendo alla loro regolare manutenzione) sicché risponde "ex" art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Costituisce principio pacifico della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui "ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. la responsabilità per danni ha natura oggettiva, in quanto si fonda sul mero rapporto di custodia ,cioè sulla relazione intercorrente fra la cosa dannosa e colui il quale ha l'effettivo potere su di essa (come il proprietario, il possessore o anche il detentore) e non sulla presunzione di colpa, restando estraneo alla fattispecie il comportamento tenuto dal custode; a tal fine, occorre, da un lato, che il danno sia prodotto nell'ambito del dinamismo connaturale del bene ,o per l'insorgenza in esso di un processo dannoso, ancorché provocato da elementi esterni , e, dall'altro, che la cosa, pur combinandosi con l'elemento esterno costituisca la causa o la concausa del danno; pertanto, l'attore deve offrire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l'evento lesivo nonché dell'esistenza di un rapporto di custodia relativamente alla cosa, mentre il convenuto deve dimostrare l 'esistenza di un fattore estraneo che, per il carattere dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso di causalità, cioè il caso fortuito, in presenza del quale è esclusa la responsabilità del custode". Ritiene pertanto questo Giudice che accertato il rapporto di custodia ed il nesso causale tra la cosa in custodia (impianto di riscaldamento condominiale) ed il danno, ed avendo il Condominio convenuto rinunciato con la mancata costituzione in giudizio a fornire la prova liberatoria del caso fortuito, debba riconoscersi la responsabilità del Condominio convenuto ex art. 2051 c.c. con conseguente condanna dello stesso al risarcimento dei danni causati dalla rottura e conseguente allagamento. Nessuna responsabilità può invece ascriversi alla convenuta (...) Srl. Parte attrice ha convenuto in giudizio l'impresa appaltatrice dei lavori sulla scorta della considerazione che "l'impresa avrebbe dovuto verificare lo stato di usura delle tubature e valutare il rischio di eventuali rotture delle stesse, adottando le misure necessarie a prevenire o limitare i danni ai terzi". Orbene, risulta documentalmente provato che il Condominio di Viale U. I 90 abbia appaltato alla predetta società esclusivamente "i lavori termoidraulici di risanamento e messa in servizio della centrale termica" con esclusione pertanto di qualsiasi intervento sull'intero impianto di riscaldamento, e quindi sulle tubazioni che portano l'acqua ai caloriferi presenti nei singoli appartamenti e sulla colonna montante. I lavori appaltati sono stati eseguiti a regola d'arte, tanto che l'ausiliario del Giudice ha verificato che la caldaia e le tubazioni della stessa erano state oggetto di intervento come indicato nel contratto acquisito in sede di sopralluogo e quindi si presentavano in buone condizioni di manutenzione. Risultano inoltre prodotti agli atti il Verbale di ultimazione dei lavori del 22/12/2017 in forza del quale il Condominio di Viale U. n. 90 di S. per mezzo del proprio Direttore dei lavori Ing. (...), svolti gli opportuni accertamenti in contraddittorio con l'appaltatore, ha dato atto della completa ultimazione dei lavori in conformità al contratto di appalto, nonché il Verbale di visita di controllo - Certificato di regolare esecuzione del 12/03/2018) in forza del quale il predetto Condominio, sempre per il tramite del Direttore dei lavori da esso incaricato, ha dato atto della compiuta disamina degli atti contrattuali e contabili relativi ai lavori, effettuava i controlli ed esami, sia delle opere che delle documentazioni e certificazioni dei materiali e degli apparecchi posti in opera, riscontrando positivamente che le opere oggetto di appalto erano state eseguite con materiali, apparecchi e magisteri appropriati, nel rispetto delle regole dell'arte ed in conformità alle prescrizioni contrattuali tanto da disporre il pagamento del residuo del corrispettivo dell'appalto. Trattandosi di atti formati in data successiva a quella dell'allagamento per cui è causa gli stessi confermano che il Condominio abbia escluso profili di responsabilità dell'impresa appaltatrice, così da impedire ogni sorta di pretesa attorea nei confronti della stessa. In sostanza, pertanto, considerata l'accertata causa dell'allagamento come relazionato dal Ctu, tenuto conto dell'oggetto del contratto stipulato tra le parti e della corretta esecuzione dei lavori, la società T. Srl va ritenuta esente da qualsiasi responsabilità per l'evento per cui è causa. Tanto chiarito in punto di an debeatur, in ordine al quantum debeautur il Ctu ha provveduto alla valutazione dei danni basandosi sull'entità dei lavori necessari per il ripristino degli stessi al fine di riportare gli ambienti allo stato in cui si trovavano prima dell'evento oggetto di accertamento, utilizzando il prezziario dei lavori Pubblici della Regione Sardegna, entrato in vigore da aprile 2018 e quantificando gli stessi in Euro 9.316,06 oltre I.V.A. nei modi di legge. Per quanto attiene agli arredi e relativi costi di ripristino ha ritenuto "congrue le valutazioni indicate nei preventivi allegati nelle memorie di parte attrice solo per alcuni arredi (vedi voce computo n. NP1, NP3 e NP5) ma, in seguito ad adeguate ricerche di mercato, ha ritenuto opportuno dare una differente valutazione ad altre (vedi voce computo n. NP2, NP4, NP6, NP7, NP8, NP9, NP10 e NP11)" stimando come necessario un importo di Euro 24.176,00 comprensivo di I.V.A. nei modi di legge. Accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condominio di Viale U. I n. 90 in relazione ai fatti per cui è causa deve condannarsi il medesimo, in persona dell'Amministratore pro tempore, al risarcimento dei danni patiti dall'attrice che si liquidano in complessivi Euro 33.492,06, oltre interessi e rivalutazione. Le spese di lite tra l'attrice e il Condominio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo applicando lo scaglione di valore compreso tra Euro 5.201,00 ed Euro 26.000,00, il valore medio per la fase studio, introduttiva e decisionale, uniche svolte, applicando la riduzione del 30 % per l'assenza di specifiche questioni di fatto e diritto (art. 4, comma 4). Anche le spese di lite tra l'attrice e la (...) Srl e la terza chiamata seguono la soccombenza, con gli stessi criteri, considerato il rigetto della domanda nei confronti dell'impresa e tenuto conto che le risultanze della Consulenza Tecnica svolta tramite Accertamento Tecnico Preventivo hanno escluso qualsiasi profilo di responsabilità in capo all'impresa appaltatrice non risultando provato che la rottura della colonna montante nella zona in prossimità del piano attico - che ha determinato l'allagamento dell'unità immobiliare sottostante di proprietà della Sig.ra M. - si sia verificata nel corso dei lavori di adeguamento della caldaia da parte dell'impresa convenuta e, specificamente, in occasione del riempimento dell'impianto e della prova di pressione delle colonne montanti, così come allegato. Considerato che la chiamata in garanzia è stata effettuata come sviluppo logico e normale della lite, gravano sull'attore soccombente le spese di lite in favore del chiamato, attesa l'astratta fondatezza della chiamata in manleva. Spese dell'ATP definitivamente a carico del Condominio convenuto. P.Q.M. Il Tribunale di Sassari, in persona del Giudice designato, definitivamente pronunciando sulle domande proposte: 1) Accertata la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condomino Viale U. I n. 90 per i motivi di cui in espositiva, condanna il medesimo in persona dell'amministratore pro tempore al risarcimento dei danni in favore di (...) che si liquidano in complessivi Euro 33.492,06, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 2) Condanna altresì il Condominio convenuto a pagare in favore dell'attrice le spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.873,80 per competenze oltre spese vive e accessori di legge. 3) Condanna (...) al pagamento in favore della conventa (...) Srl e della (...)S.p.A. delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 3.873,80 per competenze per ciascuna parte oltre spese vive e accessori di legge. 4) Spese dell'ATP definitivamente a carico del Condominio convenuto. Sassari, 3 agosto 2022. Così deciso in Sassari il 3 agosto 2022. Depositata in Cancelleria il 3 agosto 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SASSARI composto dai magistrati: dott.ssa Giuseppina Sanna Presidente; dott.ssa Marta Guadalupi Giudice; dott. Francesco De Giorgi Giudice, relatore; ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al numero 4901 del Ruolo Generale dell'anno 2017 tra: (...) in qualità di erede di (...) deceduta in corso di causa, elettivamente domiciliato in Cagliari presso lo studio dell'Avv. Al.Ri., che lo rappresenta e difende per procura speciale allegata alla comparsa di costituzione del 12.10.2020; attore contro (...), elettivamente domiciliata in Sassari presso lo studio dell'Avv. Pi.Pu., che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione e risposta. convenuto RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha convenuto in giudizio (...) per accertare la nullità per difetto di forma, in quanto apocrifo sia nella autografia che nella sottoscrizione, del testamento olografo apparentemente redatto dalla di lei germana defunta (...) il 13.3.2009 e pubblicato il 4.7.2017 con atto a rogito notaio (...), con il quale veniva nominata erede universale la convenuta (...) e veniva, pertanto, implicitamente revocato il precedente testamento pubblico a rogito notaio (...) in data 30.1.2008 che istituiva erede universale l'attrice (...) e, in sostituzione, il figlio (...), con richiesta subordinata di annullamento dell'ultimo testamento per errore vizio della volontà. Nel suddetto testamento pubblico la testatrice, altresì, oltre a revocare un altro precedente testamento pubblico risalente al 2005, dichiarava di essere analfabeta e di essere capace di apporre solamente la propria firma. L'attrice, pertanto, a fondamento della domanda ha dedotto che la scheda testamentaria olografa non potesse essere stata scritta di pugno della testatrice in quanto analfabeta, come dalla stessa dichiarato dinanzi al notaio (...) nel precedente testamento pubblico. Ha sostenuto, quindi, l'invalidità del testamento e ha concluso per l'accertamento della nullità per difetto di forma in quanto non autografo ai sensi dell'art. 606 c.c., nonché per la declaratoria di apertura della successione testamentaria o in subordine ab intestato in proprio favore, e per la condanna di parte convenuta alla restituzione dell'immobile della de cuius detenuto sine titulo. Si è costituita in giudizio (...) contestando le domande di parte attrice ed invocandone il rigetto, sostenendo che (...) si fosse determinata alla revoca del testamento precedentemente reso in favore della sorella a seguito di varie vicissitudini con la famiglia d'origine: in particolare nessuno dei parenti, tantomeno la sorella (...), nei 10 anni trascorsi tra la data del testamento pubblico con la quale veniva istituita erede universale e la data del testamento olografo impugnato, si era interessato alla defunta testatrice nonostante, nel testamento in favore dell'attrice, la (...) avesse espressamente inserito che avrebbe dovuto assisterla fino alla morte. La convenuta ha aggiunto che in quegli anni aveva conosciuto e frequentato costantemente (...), divenendone l'unico vero punto di riferimento e rimanendole sempre accanto, anche a seguito del suo ricovero presso una struttura protetta a Florinas (Villa Margherita) resosi necessario in conseguenza dei problemi respiratori cui la defunta testatrice era con il tempo andata incontro, i quali richiedevano cure mediche continue ed appropriate. Altresì, la convenuta ha specificato che, dietro espresso desiderio di (...), le aveva insegnato a leggere e scrivere in modo che non dovesse più sentirsi fuori dal mondo, come spesso lamentava, a causa della sua condizione di analfabeta. In corso di causa è deceduta l'attrice e si è contestualmente costituito in sua vece l'erede (...). La causa è stata istruita mediante produzioni documentali, consulenza tecnica d'ufficio e prova per testimoni ed è stata rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni contenute negli atti richiamati in epigrafe. In particolare la CTU grafologica e grafoscopica è stata espletata per valutare l'autenticità e, dunque, la riferibilità alla testatrice del testamento olografo del 13.3.2009, pubblicato con atto a rogito notaio (...) il 4.7.2017, mediante confronto della scheda testamentaria impugnata con le firme apposte dalla testatrice nei precedenti testamenti pubblici (il primo del 26.9.2005, ricevuto dal notaio (...); e il secondo del 30.1.2008, ricevuto dal notaio (...)), oltre che con le firme depositate presso l'ufficio comunale che ha rilasciato l'ultimo documento d'identità in possesso della de cuius e con la firma contenuta nel decreto di nomina di amministratore di sostegno del 28.8.2019. Le domande proposte dall'attore sono fondate e devono essere accolte per le argomentazioni che seguono. Risulta dagli atti che la de cuius (...) abbia redatto testamento pubblico in data 30.1.2008, ad atto notaio (...), con il quale veniva revocata ogni precedente disposizione testamentaria e che disponeva nel modo seguente: "nomino erede universale di tutto il mio patrimonio presente e futuro mia sorella (...) in riconoscenza di tutta l'assistenza che mi presta insieme a suo figlio in tutte le necessità di vita che confido durerà sino alla mia morte"; nell'atto era altresì contenuta la seguente dichiarazione resa al Notaio: "la stessa dichiara di essere analfabeta ma di saper apporre la sua firma". Su tale scheda testamentaria, che chiaramente istituisce erede universale Antonia Gala non vi sono contestazioni di sorta. Quanto, invece, al testamento olografo in data 13.3.2009, ad atto notaio (...), del seguente tenore: "Io sottoscritta (...) nata il (...) ad Arzachena nel pieno delle mie capacità intellettive nomino mia erede universale la signora (...) nata (...) nomino esecutore testamentario l'avvocato Pietrina Putzolu con sede a Sassari via (...)", si deve convenire con le risultanze della CTU - utilizzabile per fondare la decisione in quanto analitica, frutto di approfonditi esami strumentali e comparativi, congruamente e logicamente motivata - la quale ha accertato quanto segue: "eseguito l'adeguato screening sulle scritture Y Gala autografe, esaminate le caratteristiche delle omogenee sottoscrizioni testamentarie X in verifica, - e valutate le prevalenti incoerenze grafo-motorie tra le contrapposte X/Y, - le firme indagate X possono considerarsi molto probabilmente APOCRIFE e non riconducibili alla mano di (...)"; ed altresì: "osservate le caratteristiche grafiche interne all'olografo X in verifica, valutate alcune importanti incompatibilità ed incoerenze gestuali, stante altresì il grave decadimento cognitivo ed il grado di analfabetizzazione della de cuius, - il grafismo compilativo X può considerarsi molto probabilmente APOCRIFO e non riconducibile alla mano di (...)". L'Ausiliario ha quindi concluso sia per il difetto di autografia che per il difetto di sottoscrizione in ordine alla scheda testamentaria impugnata affermando come appaia alquanto improbabile che la de cuius avesse sviluppato, alla data della redazione del testamento olografo "competenze ed abilità scritturali tali da poter redigere in forma autonoma e consapevole una scrittura testamentaria organizzata, finalizzata e corretta sotto il profilo ortografico e lessicale, anche mediante utilizzo di vocaboli e terminologie distanti dall'ambito culturale della stessa". Tale testamento pertanto risulta essere redatto in violazione delle prescrizioni stabilite dall'art. 602, comma 1 c.c. ("il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore") con conseguente integrazione della causa di nullità espressamente prevista dall'art. 606 c.c. il quale la prevede, tra gli altri casi, quando "manca l'autografia o la sottoscrizione"; ipotesi di nullità la cui ratio è chiaramente rinvenibile nella necessità di preservare la genuina volontà del testatore. D'altronde, per giurisprudenza costante, anche una meno grave 'guida della mano' da parte di terzi integra la carenza di autografia, conformemente al principio per cui: "la guida della mano del testatore da parte di una terza persona esclude, di per sé, il requisito dell'autografia, indispensabile per la validità del testamento olografo, a nulla rilevando l'eventuale corrispondenza del contenuto della scheda rispetto alla volontà del testatore ed essendo ultroneo verificare se la "mano guidante" sia intervenuta (come nella specie) su tutta la scheda testamentaria, trattandosi di condotta in ogni caso idonea ad alterare la personalità ed abitualità del gesto scrittorio e tale da condizionare l'accertamento della validità del testamento alla verifica di ulteriori circostanze - quali l'effettiva finalità itto alla volontà dell'adiuvato - che dell'aiuto del terzo o la corrispondenza del testo scritto minerebbero le finalità di chiarezza e semplificazione alla base della disciplina del testamento olografo (cfr. Cass. civ. ord. n. 5505 del 06/03/2017). Deve ritenersi assorbita nell'ambito di tale pronuncia di nullità anche quella relativa all'annullamento richiesta da parte attrice in via subordinata, deducendo a sostegno un vizio/errore nel consenso. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte infatti: "non incorre nel difetto di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., il giudice che, in presenza di una domanda che deduce l'invalidità di un testamento olografo sia per incapacità del testatore, sia per la falsità dell'atto, dichiari la nullità dello stesso, avendo accertato la mancanza dell'autografia ed avendo ritenuto assorbente tale causa di nullità rispetto a quella di annullamento per difetto di capacità, in quanto la nullità, quale forma più grave di invalidità, comprende, nell'ambito del "petitum", le ragioni dell'annullamento e la decisione della domanda assorbente, comportando una tutela più piena, che rende superflua la pronuncia sulla domanda assorbita, ormai non sorretta da alcun concreto interesse" (cfr. Cass. Civ., n. 12473 del 21.5.2013). Per l'effetto della dichiarata nullità del testamento olografo, deve essere anche dichiarata aperta la successione testamentaria di (...) in forza del testamento pubblico per atto del Notaio (...) del 30.1.2008 in virtù della quale è istituita erede (...), cui a sua volta succede il figlio (...). In ordine alla domanda di condanna della convenuta alla restituzione dell'immobile facente parte dell'asse ereditario e pacificamente costituito dall'abitazione sita in Sassari, via (...), distinto al NCEU al foglio (...), si deve, altresì ritenere la fondatezza di tale domanda in quanto il possesso dell'immobile da parte della (...) costituisce circostanza di fatto non specificamente contestata e pertanto provata ai sensi dell'art. 115 c.p.c. (peraltro, il possesso si evince in ogni caso dal tenore complessivo della comparsa di costituzione e risposta - fr. pag. 2), risultando così pienamente assolto l'onere della prova gravante sull'erede conformemente al principio per cui: "poiché la petizione dell'eredità - che è un'azione reale diretta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell'asse ereditario al momento dell'apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete - presuppone l'accertamento della qualità di erede dell'attore, questi può limitarsi ad offrire la prova della sua qualità ereditaria o dei diritti che gli spettano "iure hereditario" - qualora siano contestati - e ciò diversamente dall'onere probatorio richiesto nella rei vindicatio, che pur avendo con la "petitio hereditatis" affinità nel petitum, se ne differenzia, postulando la dimostrazione da parte dell'attore della proprietà dei beni attraverso un serie di regolari passaggi durante il periodo necessario per l'usucapioni" (cfr. Cass. civ. n. 5252 del 15/03/2004; Cass. civ. ord. n. 7871 del 19/03/2021). Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo in base al d.m. 55/2014 nello scaglione delle cause di valore indeterminabile tenendo conto della bassa complessità della controversia e parametri medi per tutte le fasi. Sulla parte soccombente devono, altresì, interamente gravare le spese di CTU. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando: - dichiara la nullità, in quanto apocrifo sia nella autografia che nella sottoscrizione, del testamento olografo in data 13.3.2009, il quale non proviene, pertanto, da (...), nata (...) e deceduta in Florinas in data 28.6.2017; - dichiara aperta nella data della morte la successione testamentaria di (...) in favore di (...), cui è succeduto (...), in forza del testamento pubblico per atto Notaio (...) rep. 349 del 30.1.2008; - condanna (...) alla restituzione in favore di (...) dell'immobile facente parte dell'asse ereditario, sito in Sassari, via (...), distinto al NCEU al foglio (...); - condanna (...) alla rifusione, in favore di (...), delle spese processuali che si liquidano in Euro 7.803,98, di cui Euro 7.254,00 per compensi, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a., come per legge; - pone definitivamente a carico di (...) le spese di CTU con obbligo di rifusione alla controparte di quelle che abbia in tutto o in parte anticipato. Così deciso in Sassari il 25 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SASSARI I Sezione Civile Il Giudice dott.ssa Marta Guadalupi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 259/2021, promossa con atto di citazione regolarmente notificato da (...) (C.F. (...)) rappresentata e difesa dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo sito in Sassari viale (...) come da procura allegata all'atto di citazione; ATTRICE contro (...) (C.F. (...)) CONVENUTO CONCLUSIONI: all'udienza del 11 maggio 2022 il procuratore di parte attrice precisava le conclusioni come da foglio di pc depositato telematicamente. MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Con atto di citazione del 20.01.2021 ritualmente notificato, (...) ha convenuto in giudizio, davanti all'intestato Tribunale, il fratello (...), esponendo: - che in data 28.07.2018 in Sassari era deceduto il sig. (...), nato a Sassari il 19.12.1942 (v. doc. 1 all. all'atto di citazione) padre sia dell'attrice che del convenuto; - che la sua successione era stata regolata in forza di testamento olografo del 18.11.2015 pubblicato il 22.08.2018 (v. doc. 2 all. all'atto di citazione) in base al quale il padre aveva nominato coeredi, oltre alle parti del presente giudizio, anche i figli (...); - che, per quanto interessa in questa sede, in forza del testamento olografo suddetto, era stata destinata a favore dell'attrice la proprietà esclusiva (pro quota nella misura di 7/8) dell'immobile sito in Sassari in via (...) (contraddistinto al NCEU al Foglio (...), Particella n. (...), Cat. A/2, Classe 2, consistenza vani 6,50, rendita catastale 1107,80); - che, aperta la successione, il convenuto, pur mantenendo formalmente la residenza presso altro indirizzo (v. doc. 4 all. all'atto di citazione), si era trasferito illegittimamente nell'immobile attribuito dal padre all'attrice, omettendo di corrispondere il pagamento degli oneri condominiali e di ogni altra spesa connessa alla manutenzione dello stesso, ed impedendo oltretutto all'attrice di percepire i frutti civili che avrebbe potuto ottenere concedendo in locazione il predetto appartamento; - che per evitare procedure di esecuzione volte al recupero forzoso delle somme dovute al condominio, l'attrice aveva provveduto all'integrale pagamento degli oneri condominiali, ivi compresi le somme dovute per i consumi idrici imputabili al fratello (...) (v. doc. 8 all. all'atto di citazione); - che nonostante i numerosi e formali solleciti rivolti al convenuto al fine di ottenere il rilascio dell'immobile oltreché il pagamento del dovuto (v. doc. 9 all. all'atto di citazione) e malgrado il ricorso alla procedura di mediazione (quest'ultima conclusasi con verbale negativo per mancata comparizione del convenuto, v. doc. 6 all. all'atto di citazione), il convenuto era rimasto inadempiente; - che ad oggi il credito vantato dalla parte attrice nei confronti del fratello convenuto ammonterebbe euro 8.704,83. Sulla base di tali premesse, l'attrice, con le conclusioni di cui all'atto di citazione, ha chiesto, a) previo accertamento della qualità di erede in capo all'attrice, b) il riconoscimento della titolarità dalla proprietà esclusiva (nella quota del de cuius pari a 7/8) dell'immobile sopra descritto, con conseguente c) condanna al suo rilascio, nonché d) al pagamento a suo favore delle somme corrisposte dal 2018 ad oggi relative ad oneri condominiali e tributo Tasi, e) al versamento a suo favore delle somme corrispondenti ai frutti civili non percepiti a titolo di corrispettivo della locazione dell'immobile de quo, ed infine f) al risarcimento di tutti i danni materiali e morali conseguiti dall'indebito utilizzo dell'immobile. Il convenuto, ritualmente citato, non si è costituito ed è stato dichiarato contumace. La causa è stata istruita con le produzioni documentali della parte attrice e con l'espletamento delle prove testimoniali ammesse; all'udienza del 28.04.2022 l'attrice, comparsa personalmente, ha dichiarato di voler rinunciare "al risarcimento della somma corrispondente al mancato introito dei frutti che il bene avrebbe potuto produrre e che le sarebbero spettati se avesse goduto della piena ed esclusiva disponibilità dell'immobile locandolo ai prezzi correnti di mercato " ed il Giudice ha, pertanto, revocato la CTU ammessa all'udienza del 07.02.2022. Infine, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 11.05.2022, previa concessione del solo termine di 60 giorni previsto ex art. 190 cpc per il deposito della comparsa conclusionale. Al fine di dare un corretto inquadramento alla vicenda in esame, va anzitutto premesso che l'azione esercitata da (...) deve essere qualificata come petizione ereditaria (cd petitio hereditatis), una speciale azione reale concessa all'erede - al di fuori delle altre azioni possessorie e petitorie - con la funzione di ripristinare nell'erede la situazione patrimoniale quale era presso il defunto (cfr. Cass. 08/8440 e 04/5252) non incontrando i termini previsti per le azioni possessorie e dispensando oltretutto l'attore dalla cd probatio diabolica in ordine alla proprietà dei beni che invece caratterizza l'azione di rivendica. Detta azione di petizione ereditaria trova la sua disciplina nell'art 533 c.c., di cui nella fattispecie ricorrono tutti gli elementi: a) la legittimazione attiva di parte attrice in capo alla sig.ra (...), la quale agisce in qualità di erede testamentaria (v. certificato di morte (v. doc. 1 all. all'atto di citazione), il verbale di pubblicazione del testamento olografo (v. doc. 2 all. all'atto di citazione), denuncia di successione (v. doc. 3 all. all'atto di citazione)), senza la necessità peraltro di dover coinvolgere gli altri fratelli germani coeredi non essendo ravvisabile al riguardo un caso di litisconsorzio necessario; b) l'oggetto, che può essere costituito o dall'intero asse ereditario o solamente da una parte, da un solo bene o da una quota (come nel caso di specie, in cui l'appartamento di via (...) rappresenta uno dei cespiti ricompresi nel compendio ereditario); c) la legittimazione passiva del convenuto il quale si trova nel possesso del bene ereditario di cui parte attrice chiede la restituzione (detta circostanza è stata largamente confermata dai testi (...) - rispettivamente zio e vicino di casa del convenuto il primo e amministratore di condominio il secondo - escussi all'udienza del 07.02.2022 nonché dal teste (...), fratello delle parti del giudizio, il quale sentito all'udienza del 28.04.2022 ha anch'egli confermato che il convenuto vive nell'appartamento per cui è causa). A ciò si aggiunga che "data la natura prevalentemente recuperatoria dell'azione di petizione ereditaria, essendo il riconoscimento della qualità di erede cui essa tende strumentalmente diretto all'ottenimento dei beni ereditari, qualora il convenuto non contesti la qualità di erede dell'attore, ciò non fa venire meno la finalità recuperatoria dell'azione, ma produce effetti solo sul piano probatorio, esonerando l'attore dalla prova della sua qualità" (v. Cass.1074/2009). Risulta, quindi, fondata la prima domanda attorea, avente ad oggetto l'accertamento e la declaratoria della qualità di erede dell'attrice rispetto alla successione apertasi a seguito del decesso di (...) in data 28.07.2018. Non è possibile invece accertare - in questa sede - l'esclusiva proprietà dei 7/8 delle quote concernenti l'immobile sito in Sassari nella via (...) contraddistinto al NCEU al foglio (...), particella n. (...), Cat. A/2, Classe 2, della consistenza di vani 6,50, rendita catastale 1107,80 meglio descritto nell'atto introduttivo in capo all'attrice, e ciò a fronte del dato letterale del testamento olografo del de cuius, che la difesa di parte attrice ha (inspiegabilmente) non approfondito. Ebbene, il testamento prevede testualmente: "Lascio quindi a mio figlio (...) le mura di via degli astronauti n.17 con la relativa strumentazione ivi giacente quali: scaffalature e macchinari per poter svolgere tale attività, le lascio inoltre tutte le armi sia da caccia che da collezione. Lascio a mia figlia (...) il magazzino sito in via (...) e lascio sempre a (...) da dividere in parti uguali la mia proprietà dell'appartamento sito in via (...) piano con relativa terrazza ove io abito, le lascio inoltre la mia quota del garage in via (...) assieme ad altre piccole quote a me intestate di via (...) (locali commerciali) e la quota della casa di campagna sita in (...) in comproprietà con mia sorella (...). Mentre a mia figlia (...) lascio le mura di via (...) comprese le attrezzature gli arredamenti e la merce in giacenza. Lascio a (...) le mura site in Sorso con tre ingressi, le lascio inoltre parte della casa di campagna da dividere in parti uguali con il fratello (...) assieme al terreno pertinente con tutte le servitù di acqua pozzo a cisterna, (...) dovrà mettersi d'accordo con la sorella (...) affinché insieme si possa proseguire la mia attività. Mentre a mie nipoti (...) e (...), vista la loro premura e il loro spontaneo affetto nei miei riguardi lascio per mio ricordo quota nella casa sita in Castel Sardo in (...), vicolo aquilone". Di talché, all'attrice non è stata attribuita dal padre la proprietà esclusiva dell'appartamento di via (...), ma appare che il de cuius abbia voluto intendere che detto appartamento vada diviso in parti uguali tra tutti i figli; così stando le cose, non può essere accolta la domanda di rilascio del bene. Di conseguenza, la domanda di rimborso delle quote condominiali pagate dall'attrice (v. spese documentate) viene accolta solo nella misura di V (8.704,83 / 4) pari ad euro 2.176,20, oltre interessi da calcolare dal momento del pagamento delle quote al saldo effettivo. Nulla sulle spese di lite in considerazione dell'esito della causa. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria domanda, istanza ed eccezione, così provvede: 1) dichiara la sig.ra (...) erede testamentaria del sig. (...), deceduto in Sassari il 28.07.2018, giusto testamento olografo del 18.11.2015 pubblicato il 22.08.2018; 2) condanna il convenuto (...) al pagamento in favore dell'attrice della somma di euro 2.176,20 oltre interessi come in motivazione; 3) spese compensate. Così deciso in Sassari il 18 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI SECONDA SEZIONE CIVILE Il Giudice monocratico, dott.ssa Ada Gambardella, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1476/2017 R.G., promossa DA (...), con l'avv. PI.MA. ATTORE CONTRO (...) S.R.L.S UNIPERSONALE, con l'avv. CR.MA. CONVENUTA E CON L'INTERVENTO DI (...) S.R.L., in persona del suo legale rappresentante pro tempore sig. (...), con l'avv. PI.VA. TERZO CHIAMATO IN CAUSA Causa in punto di appalto, trattenuta in decisione sulle seguenti SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso depositato in data 06/04/2017 il ricorrente in intestazione, proprietario di un immobile in (...), esponeva di aver stipulato il 13/10/2014 con la (...) s.r.l.s. un contratto per le opere di ampliamento del fabbricato per il costo di Euro 45.365,00 oltre IVA. Deduceva come durante i lavori nella nottata del 25/11/2015 a causa di intense precipitazioni si fossero verificate copiose infiltrazioni che avevano danneggiato il controsoffitto sottostante il lastrico solare, l'impianto elettrico, gli stipiti del portone di ingresso oltre alle pareti. Si doleva del fatto che i lavori di ripristino da parte dell'impresa incaricata fossero durati circa due mesi e non fossero stati eseguiti a regola d'arte, sicché al momento della consegna dell'immobile, avvenuta il 20/2/2016, l'opera presentava evidenti vizi, oltre ad ulteriori infiltrazioni di acque meteoriche in corrispondenza degli infissi. Evidenziava come il cantiere fosse stato abbandonato senza motivo, nonostante la corresponsione del complessivo importo di Euro 38.000,00 circa, ed indicava gli altri ammaloramenti che si erano verificati a causa delle precipitazioni del febbraio del 2016 che avevano addirittura reso necessario l'intervento dei Vigili del fuoco. Rilevava come a causa dell'inadempimento contrattuale in data 11/03/2016 fosse stata comunicata la risoluzione del contratto (con riserva di quantificare i danni prodotti dalla mancata esecuzione a regola d'arte dei lavori e dall'impossibilità di utilizzo dell'immobile) e come con missiva del 18/03/2016 fossero state espresse le contestazioni formali con quantificazione dei danni nell'importo di Euro 25.000,00. Deduceva di aver promosso un procedimento per accertamento tecnico preventivo con il quale erano stati accertati danni e lavorazioni da eseguire nell'immobile per Euro 22.595,36, oltre IVA. Chiedeva, pertanto, di condannare la controparte al pagamento della relativa somma oltre alla rifusione delle spese della consulenza tecnica espletata in sede di istruzione preventiva e al risarcimento del danno patito per il mancato utilizzo dell'immobile come abitazione familiare che quantificava nell'importo di Euro 5.000,00. Si costituita la società convenuta che contestava ogni avversa istanza, ripercorrendo le vicende che avevano caratterizzato la conclusione dell'accordo tra le parti e, dunque, la ricezione di un primo progetto e computo metrico sulla cui base era stato formulato il preventivo inviato il 16/12/2014, di un secondo progetto del 13/03/2015 a cui era seguita un'offerta integrativa, del terzo e del quarto progetto, dopo il quale era stata inoltrata alla fabbrica produttrice la richiesta di procedere alla costruzione delle pareti ed era stato inviato il 12/08/2015 alla committente e all'architetto, suo direttore dei lavori, il progetto definitivo. Deduceva come in data 24/08/2015 fosse stata trasmessa un'ulteriore modifica diretta all'eliminazione di una finestra, sicché in data 31/08/2015 erano stati inviati i prezzi degli infissi definitivi della sopraelevazione nonché quello del finestrone scorrevole del piano sottostante con la rassicurazione sia del committente che del direttore dei lavori che sarebbe stata presentata la relativa variante in corso d'opera. Affermando di aver appreso solo successivamente che alcuni diritti lavori non erano più in previsione a causa della mancanza dei necessari atti amministrativi, esponeva di avere eseguito non solo le opere di sopraelevazione sul terrazzo dell'edificio, ma anche quelle relative alle varianti in corso d'opera nonché la ristrutturazione e il restauro dell'appartamento sottostante sempre sotto la direzione dei lavori dell'architetto incaricato. In particolare, rilevava di essersi sempre attenuto alle direttive ricevute, a cui si era adeguata senza alcun margine di autonomia, nonostante in più occasioni avesse sconsigliato alcune soluzioni tecniche. Indicava precisamente le opere realizzate, come richieste e con tutti i cambiamenti apportati, contestando ogni responsabilità anche per i ritardi, rilevando di aver effettuato i lavori di ripristino che si erano resi necessari a causa le precipitazioni senza alcuna doglianza - né da parte della committenza né da parte del direttore dei lavori - che erano state comunicate solo con la missiva del 18/03/2016 e dunque dopo circa quattro mesi. Indicava le ulteriori opere volute dalla controparte che avevano determinato il ristagno delle acque piovane, ma affermava che, nonostante tutto, terminati i lavori e riguainato il terrazzo, anche eseguendo prove di allenamento non erano risultati infiltrazioni. Sosteneva che queste si fossero presentate solo dopo l'intervento (non autorizzato) dei lattonieri, a seguito del quale si erano riscontrati il sollevamento della guaina catramata e il posizionamento al suo interno di un corrugato che avevano determinato ulteriori infiltrazioni, cui, nonostante le stesse non fossero dipese dalla sua attività, aveva posto rimedio. Deduceva come non fossero mai sorti problemi tra le parti se non in sede di saldo delle opere, posto che il complessivo costo dei lavori realizzati era di Euro 71.579,70 (di cui Euro 45.365,00 come da previsione di contratto, Euro 9.910,78 per la ristrutturazione dell'appartamento, Euro 15.175,68 per lavori extra capitolato ed Euro 1.128,24 per ulteriore materiale ordinato dalla committenza) a fronte di Euro 38.000,00 corrisposti dal committente, fatto da cui era derivato il mero rallentamento dei lavori. Contestava ogni responsabilità per i fatti lamentati in ricorso, rilevando come la stessa ricorrente attraverso il suo direttore dei lavori avrebbe dovuto svolgere un ruolo di vigilanza e di controllo. Quanto alla consulenza tecnica d'ufficio eseguita in sede di istruzione preventiva ne eccepiva la nullità insanabile, posto che il consulente incaricato, dopo aver ricevuto le osservazioni dei consulenti di parte, aveva depositato un elaborato privo delle richieste di chiarimenti e delle relative risposte con conseguente pregiudizio del contraddittorio tecnico. In particolare, richiamava le osservazioni del proprio ausiliare, dolendosi di come alle stesse non fosse stata data alcuna risposta. Proprio sulla scorta della consulenza tecnica che aveva riscontrato vizi inerenti prevalentemente gli infissi e la loro posa, di cui si era occupata una società subappaltatrice, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa (...) s.r.l. per esserne manlevata in caso di soccombenza e in via riconvenzionale chiedeva la condanna di parte ricorrente al pagamento delle somme ancora dovute pari ad Euro 23.076,00 con eventuale compensazione del credito eventualmente accertato in favore del T.. Concludeva in conformità. Disposto il mutamento del rito, con comparsa depositata il 04/12/2017 si costituiva la terza chiamata in causa che preliminarmente eccepiva l'illegittimità della sua evocazione in giudizio, dal quale chiedeva di essere estromessa. Nel merito si dichiarava estranea ad ogni responsabilità, affermando di essersi limitata a montare i serramenti acquistati direttamente dall'appaltatrice; più in particolare deduceva di essere stata contattata da questa per la posa di due scorrevoli alzanti di notevoli dimensioni, di una vetrata fissa e di una finestra traslante, infissi dei quali era stata rilevata la scarsa qualità, confermata una volta che i manufatti erano stati messi in opera. Ancora, descriveva l'intervento eseguito, per il quale si era avvalsa dell'assistenza muraria della convenuta. Pur affermando la totale sua estraneità ai danni lamentati dalla parte ricorrente, si dichiarava sempre disponibile a sigillare i serramenti, una volta effettuati i necessari ripristini. La causa, istruita con produzioni documentali e prove testimoniali, era infine trattenuta in decisione sulle sopra riportate conclusioni. MOTIVI DELLA DECISIONE Non costituisce materia di giudizio la risoluzione del contratto, posto che non è stata proposta da parte ricorrente alcuna domanda di emettere una pronuncia dichiarativa o costitutiva della stessa. Parte ricorrente, infatti, ha agito unicamente per il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale connesso ai vizi da cui sarebbe affetta l'opera di cui al contratto prodotto all'allegato 1 al ricorso. Pacifico che sia intervenuto il contratto d'appalto tra le parti in causa e che il montaggio degli infissi sia stato affidato alla terza chiamata in causa, è anzitutto necessario esaminare la consulenza tecnica espletata in sede di istruzione preventiva. Il consulente tecnico incaricato ha proceduto all'esame dei luoghi interessati dai lavori di cui al contratto di appalto, descritti come un ampliamento riguardante il piano superiore del fabbricato che è stato sopraelevato. Al momento del sopralluogo dette opere sono risultate eseguite in maniera solo parziale, cosicché è stato possibile per l'ausiliare accertare le cause che hanno determinato le infiltrazioni delle acque meteoriche. Si è proceduto anche all'esposizione degli infissi a un getto d'acqua costante, circostanza dalla quale è emersa la comparsa di macchie di umidità in diversi punti interni alla struttura, come evidenziato anche dalle fotografie dell'elaborato. Dette infiltrazioni costituiscono certamente la principale causa di allagamento della sala. È stato poi verificata l'errata posa degli infissi in prossimità del vano scala proprio perché questi sarebbero fuori quota, sicché non sarebbe stata possibile neppure una corretta pavimentazione. Sono stati anche rilevati vizi a carico dello scarico delle acque meteoriche posto nel terrazzo della sopraelevazione, che non consentirebbe il corretto scolo, la mancanza di idonee vernici di protezione della guaina impermeabilizzante e di corrette pendenze alla pavimentazione tali da far defluire le acque e l'omessa sigillatura della braca di scarico dei reflui posta all'esterno del fabbricato. E' stato anche verificato al piano inferiore il deterioramento della controsoffittatura della sala da pranzo a causa delle infiltrazioni. Sono state indicate le opere necessarie per il ripristino dell'immobile e, in particolare, la rimozione e posa degli infissi (specie quelli della sopraelevazione), il rifacimento della guaina impermeabilizzante, l'esecuzione del massetto in malta cementizia per dare le giuste pendenze al terrazzo circostante la sopraelevazione, la realizzazione della pavimentazione esterna in gres porcellanato, la sigillatura della canna fumaria, il rifacimento e la ritinteggiatura della controsoffittatura del soggiorno pranzo e, infine, il ripristino del tubo di riscaldamento posto nel controsoffitto. Detti lavori con relativi materiali sono stati quantificati nell'importo di Euro 22.595,36 oltre IVA. Da tale importo si ritiene di dover eliminare la spesa pari al costo degli infissi, atteso che non sono questi in sé a presentare vizi, essendo stata difettosa piuttosto la loro posa. Ora, il computo metrico delle opere di messa in sicurezza quantifica la spesa per la fornitura e l'installazione degli infissi in pvc in complessivi Euro 7.857,00, cui vanno aggiunte le spese di manodopera. In mancanza di dati più precisi si può ritenere che, non dovendo essere sostituiti anche gli infissi, da quell'importo possa detrarsi il loro costo che, data la tipologia e la misura dei manufatti, può stimarsi in una somma pari ad Euro 3.000,00, così giungendosi ad Euro 19.595,36. Il consulente tecnico ha anche esaminato tutte le opere eseguite dalla convenuta, descritte e quantificate nell'importo di Euro 51.254,97 oltre IVA. Trova, quindi, concreto riscontro l'allegazione per cui la convenuta avrebbe eseguito ulteriori opere rispetto a quelle di cui al contratto e detta circostanza in realtà non è neanche mai stata espressamente contestata da parte ricorrente, destinataria della domanda riconvenzionale della società che dunque vanterebbe un credito di Euro 6.340,39, pari alla differenza tra l'importo delle opere effettivamente eseguite (Euro 51.254,97) e quanto già versato (Euro 38.000,00) al netto della somma di Euro 19.595,97 (decurtata del costo degli infissi, come sopra stimato) necessaria per l'eliminazione dei vizi. Va, infatti, chiarito che, pur non costituendo materia del giudizio la risoluzione del contratto e che comunque la risoluzione stragiudiziale potrebbe essere giustificata solo in presenza di una delle tre specie considerate dal codice (clausola risolutiva espressa, termine essenziale e diffida ad adempiere), la missiva dell'1.3.2016 può essere considerata come un recesso unilaterale dal contratto, fatto dal quale deriva il diritto dell'appaltatore al pagamento delle opere eseguite fino a quel momento al netto dell'importo versato pari ad Euro 38.000,00. Conclusivamente, l'importo che a titolo di risarcimento del danno può ritenersi spettare al ricorrente è quello di 6.340,39 oltre IVA. Costituendo quello risarcitorio un debito di valore (Cass. 25015 del 2013 e 24301 del 2006), andranno aggiunti la rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dalla data della consulenza tecnica (13.9.2016, data alla quale possono ritenersi cristallizzati i danni derivanti dai difetti delle opere) all'attualità e gli interessi compensativi, da calcolare sulla somma capitale via via annualmente rivalutata sempre secondo gli indici Istat dal 13.9.2016 ad oggi. Richiamate in questa sede le considerazioni svolte in punto di articolazione della prova della terza chiamata in causa e ribadito che nel costituirsi questa ha contestato solo che gli infissi montati non erano di buona qualità (fatto che di per sé non potrebbe essere stata causa delle infiltrazione) ed affermato di aver eseguito il montaggio secondo le indicazioni rivenute, senza eccepire né l'inopponibilità dell'a.t.p. né la non rispondenza degli infissi alla misura delle luci né che al momento della posa non sarebbero stati presenti le soglie e l'impermeabilizzazione, occorre rilevare come una parte dei vizi accertati durante le operazioni di consulenza sarebbe proprio stata riferita al montaggio non corretto degli infissi, attività pacificamente svolta dalla terza chiamata in causa. In base ai dati che si evincono dal computo metrico allegato alla relazione è possibile stimare il costo delle opere relative alla manodopera necessaria per gli infissi in complessivi Euro 3.000,00 oltre rivalutazione monetaria e interessi compensativi come sopra indicato. Il complessivo importo rappresenterà la somma nei limiti della quale la terza chiamata in causa dovrà tenere indenne la convenuta in caso di esecuzione nei suoi confronti della sentenza che qui si pronuncia. Sui risultati cui è pervenuta la consulenza tecnica non incidono le dichiarazioni rese dai testimoni. In particolare (...), tra l'altro padre del legale rappresentante della società convenuta, ha dato atto della modifica in corso di lavori consistente nell'impossibilità di realizzare il bagno e la camera da letto che sarebbero stati abusivi e della conseguente necessità di modificare le pendenze, di alzare di molto il piano di calpestio per far defluire le acque piovane verso l'unico bocchettone presente, ma anche di aumentare la quota del piano interno e di procedere alla fresatura della trave nella parte interna del finestrone. Egli, peraltro, ha precisato che la quota del massetto interno era comunque troppo alta tanto che fu necessario eseguire una specie di zoccolatura, come da disegno che fu proprio il T. ad inviare. A detta del teste il ricorrente fece abbassare la quota del massetto esterno (anche della parte condominiale, tanto che alcuni condomini protestarono) e, nonostante fosse stato fatto presente il rischio di infiltrazioni che sarebbe derivato, fu eseguito tutto quanto richiesto dalla committenza e dalla direzione dei lavori. Tuttavia, occorre considerare come la professionalità dell'appaltatore lo renda non mero esecutore delle richieste della committenza posto che quella stessa professionalità, come l'obbligazione dell'appaltatore sia di risultato (egli deve realizzare un'opera che abbia le necessarie caratteristiche di funzionalità) e come (Cass. 17819 del 2021) l'appaltatore sia tenuto a controllare nei limiti delle proprie competenze la rispondenza a regola d'arte del progetto o delle istruzioni ricevute. Tanto gli impone di segnalare espressamente l'inidoneità delle soluzioni tecniche pretese e solo l'adempimento di tale dovere di informazione lo esonererebbe da responsabilità. Tuttavia, delle implicazioni delle scelte tecniche imposte e della loro comunicazione alla committenza e alla direzione dei lavori hanno dato conto solo le dichiarazioni del teste sopra indicato, padre del legale rappresentante della società convenuta, mentre la gravità delle conseguenze che certe modalità esecutive avrebbero comportato avrebbe giustificato o la sospensione formale dei lavori o richieste di confronto tecnico con la direzione dei lavori e, dunque, una ben più incisiva e tracciabile manifestazione di dissenso rispetto a quanto richiesto, proprio per la responsabilità che deriva all'appaltatore dall'obbligo di assolvere con diligenza (secondo un preciso standard professionale) alle prestazioni derivanti dal contratto. Nel caso di specie, oltretutto, stando alle dichiarazioni del teste, era assai chiaro che seguire le indicazioni tecniche della committenza avrebbe esposto l'opera al rischio di infiltrazioni. Pertanto, a maggior ragione la società appaltatrice avrebbe dovuto provare con fonti più oggettive - se non documentalmente - di aver informato circa le conseguenze che sull'l'integrità dell'opera commissionata avrebbe avuto la modifica imposta dall'abbandono del progetto di realizzare i vani che sarebbero risultati abusivi. Il teste (...), consulente di parte nel procedimento di istruzione preventiva, non ha potuto riferire per conoscenza diretta su molti degli aspetti più importanti (come le richieste della committenza), dei quali è stato in parte edotto solo in sede di operazioni peritali. Neppure le dichiarazioni del teste F., consulente di parte ricorrente, presentano aspetti di rilevanza ai fini del giudizio. L'istruttoria orale, dunque, non modifica quanto tecnicamente accertato, anche con prove dirette, e gli esiti della consulenza espletata, su cui può fondarsi il giudizio con i sopra espressi correttivi. Circa la mancanza di contraddittorio tecnico, occorre rilevare come il consulente incaricato in sede di a.t.p. abbia individuato nella cattiva posa degli infissi solo una delle varie cause delle infiltrazioni e come il medesimo abbia computato il valore delle opere effettivamente eseguite e riscontrate in cantiere, confrontandole con le previsioni di contratto; circa la ritenuta non necessità di rimozione della guaina, occorre rilevare come non sia un dato dirimente la mancata immediata comparsa delle infiltrazioni: una volta che penetra nelle strutture, infatti, è dato di comune esperienza che l'acqua può comparire con tempi assai diversi e con macchie di umidità presenti in punti anche lontani dalle eventuali lesioni, perché tali aspetti sono condizionati da vari fattori, come le pendenze, la porosità dei materiali, il grado di umidità etc. Pertanto, le osservazioni a cui il consulente tecnico d'ufficio non avrebbe risposto non paiono in grado di scalfirne il giudizio. Conclusivamente, in parziale accoglimento del ricorso e della riconvenzionale, (...) s.r.l.s. unipersonale dovrà essere condannata al pagamento in favore di (...) della somma di Euro 6.340,39 oltre IVA, oltre rivalutazione monetaria e interessi compensativi come indicato in parte motiva. Deve rigettarsi la domanda di risarcimento dei danni proposta da parte ricorrente di cui alla lettera C) delle conclusioni, non sostenuta da specifica allegazione e prova del concreto ed effettivo pregiudizio subito. (...) s.r.l. dovrà essere condannata a tenere (...) s.r.l.s. indenne dalle conseguenze sfavorevoli derivanti dall'esecuzione in suo danno della condanna di cui sopra nei limiti dell'importo di Euro 3.000,00, oltre rivalutazione e interessi compensativi come indicato in parte motiva. Le spese di lite seguono la soccombenza quanto al rapporto tra ricorrente e convenuta, mentre quanto al rapporto tra la convenuta e la terza chiamata in causa, dati i limiti in cui la domanda di garanzia impropria è stata accolta, se ne dispone la compensazione per la quota del 75%; la restante quota del 25% liquidata nel dispositivo sarà posta a carico della terza chiamata in causa. Gli oneri di consulenza tecnica, già liquidati nel procedimento per a.t.p., vengono posti a carico della convenuta per la quota del 75% e della terza per la quota del 25%. PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale, definitivamente pronunciando; 1. condanna (...) s.r.l.s al pagamento in favore di (...) della somma di Euro di 6.340,39 oltre IVA, oltre rivalutazione monetaria e interessi compensativi come indicato in parte motiva; 2. rigetta la domanda di risarcimento dei danni di cui alla lettera C) delle conclusioni di parte ricorrente; 3. condanna (...) s.r.l. a tenere (...) s.r.l.s. indenne dalle conseguenze sfavorevoli derivanti dall'esecuzione in suo danno della condanna di cui al capo 1 nei limiti dell'importo di Euro 3.000,00 oltre rivalutazione e interessi compensativi; 4. condanna (...) s.r.l.s. alla rifusione in favore di (...) delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge; 5. condanna (...) s.r.l. alla rifusione in favore di (...) s.r.l.s. della quota del 25% delle spese di lite, liquidate in Euro 1.000,00, oltre rimborso forfetario ed accessori di legge, compensando la restante quota del 75%; 6. pone gli oneri della consulenza tecnica espletata in sede di istruzione preventiva per la quota del 75% a carico di (...) s.r.l.s. e per la quota del 25% a carico di (...) s.r.l. Così deciso in Sassari il 13 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SASSARI SECONDA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice monocratico, dott.ssa Ada Gambardella, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 665 del Ruolo Generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, promossa DA CONDOMINIO (...), in persona dell'amministratore Studio An., con l'avv. FA.PA. ATTORE IN OPPOSIZIONE CONTRO (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante R.(...), con l'avv. PI.GI. e l'avv. CU.AN. CONVENUTA IN OPPOSIZIONE SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione ritualmente notificata il Condominio (...) in S. proponeva opposizione avverso il decreto n. 3 del 2018 con cui su istanza di (...) s.r.l. era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 31.567,53, oltre interessi e spese, per le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria eseguite dall'1/7/2017 al 30/9/2017. Sosteneva che alcun compenso fosse dovuto, posto che le prestazioni erano state eseguite senza essere state richieste e dopo che il Comprensorio aveva comunicato il suo recesso dal contratto in data 4.10.2016, avendo affidato il servizio ad altra impresa. Sosteneva che il contratto fosse stato originariamente stipulato dal (...), amministratore del Comprensorio e legale rappresentante della società avversaria, senza alcuna autorizzazione dell'assemblea e in palese conflitto di interesse, sicché l'appalto di servizi doveva ritenersi annullabile. Ancora, affermava che i servizi resi fossero inferiori alle prestazioni cui la società si era impegnata e rilevava come il nuovo amministratore, nominato dall'assemblea del 13/08/2016, accertate le numerose inadempienze anche dal punto di vista del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dei dipendenti della s.r.l., non avendo ricevuto il DURC richiesto, in data 04/10/2016 avesse comunicato la cessazione del rapporto ed invitato la società a non proseguire nelle sue attività nel Comprensorio e fosse stato costretto ad intraprendere un procedimento cautelare per inibire lo svolgimento delle prestazioni, affidate ad altra ditta. Chiedeva la riunione del procedimento a quelli sempre promossi contro la convenuta per analoghi crediti ed evidenziava come fosse emerso un significativo ammanco di cassa, posto che a fronte di un attivo condominiale di Euro 994.386,48 erano stati rinvenuti nel conto corrente del Comprensorio solo Euro 4.684,80. Concludeva come riportato in epigrafe. Si costituiva la società che eccepiva il difetto di legittimazione dell'amministratore del Condominio a promuovere il giudizio, osservando come allo scopo non potesse valere la delibera assembleare dell'11/11/2016, posto che il credito azionato in via monitoria si riferiva a prestazioni relative ad un periodo successivo. Rilevava come il contratto di manutenzione fosse stato stipulato in data 20.8.2012 e fosse venuto a scadenza il 31.12.2017 e come il Comprensorio avesse sempre regolarmente pagato le fatture relative ai servizi eseguiti fino al 31.12.2015, omettendo invece di onorare (tra le altre) quelle di cui al ricorso per decreto ingiuntivo. In punto di conclusione del contratto in conflitto di interessi sosteneva che attraverso il regolare pagamento delle fatture e l'approvazione dei bilanci consuntivi e preventivi che indicavano le relative spese il Condominio avesse comunque approvato il rapporto contrattuale che senza contestazione alcuna si era protratto per ben 12 anni. Contestava ogni inadempimento, evidenziando la genericità delle doglianze di controparte e la stessa risoluzione del contratto, non essendo stato dato un congruo termine per adempiere ex art. 1454 c.c. In particolare, rilevava come la PEC del 15.9.2016 mancasse dei requisiti di cui alla citata norma e non integrasse una diffida ad adempiere, essendo stato concesso per la consegna del DURC il solo termine di 5 giorni, a cui la controparte aveva implicitamente rinunciato con la successiva PEC del 29.9.2016, con cui la richiesta era stata reiterata. Chiariva di aver comunque inviato in data 7.10.2016 il DURC aggiornato, ricevuto il quale, tuttavia, non era stato eseguito alcun pagamento. Quanto all'eccezione di compensazione proposta in via subordinata deduceva il difetto di sua legittimazione passiva e comunque la mancanza anche della legittimazione attiva dell'amministratore, mai autorizzato dall'assemblea a sollevare l'eccezione di compensazione che contestava anche nel merito. Concludeva in conformità. Con ordinanza del 26.3.2019 per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva il procedimento veniva riunito a quello iscritto al n. 153/17 R.G. unitamente a quelli iscritti ai numeri 3333/17 e 4130/17 R.G. Con successivo Provv. dell'8 ottobre 2020 il Giudice invitava parte attrice a dedurre in ordine alla legittimazione dell'amministratore del Condominio ad agire per l'annullamento del contratto e, ritenuto che la riunione delle cause pregiudicasse la corretta comprensione della materia del contendere e soprattutto la rapida definizione dei giudizi, ne disponeva la separazione, provvedendo per la prosecuzione del processo, come originariamente promosso. Previa istruttoria documentale e orale all'udienza del 5.4.2022 il Giudice tratteneva la causa in decisione, concedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Occorre, anzitutto, chiarire come a seguito della separazione delle cause il presente giudizio abbia ad oggetto unicamente l'accertamento dell'an e del quantum del credito per le prestazioni asseritamente eseguite nel periodo compreso tra l'1/7/2017 e il 30/9/2017, cui si riferiscono le fatture B/18, B/20 e B/21 prodotte in sede monitoria. Va, poi, rilevato come l'amministratore del Condominio abbia certamente la legittimazione a promuovere l'opposizione a decreto ingiuntivo, costituendo questa una controversia avente ad oggetto il pagamento preteso dal terzo creditore in forza di un contratto precedentemente concluso. Detta legittimazione, infatti, è direttamente connessa alle attribuzioni dell'amministratore, come indicate e descritte dall'art. 1130 n. 3 c.c., e non richiede né l'autorizzazione dell'assemblea né la sua successiva ratifica (così Cass. n. 12525 del 2018 e n. 16260 del 2016). Tuttavia, a diversa conclusione deve pervenirsi quanto all'annullabilità del contratto per essere stato stipulato in condizioni di asserito conflitto di interessi: che questa sia oggetto di una domanda o anche solo di un'eccezione, la possibilità di farla valere in giudizio non può che derivare da un decisum dell'assemblea, posto che solo il Condominio è contraente e dunque legittimato a chiedere o eccepire l'annullamento del contratto. Per quanto detto occorre ritenere titolo assolutamente valido ed efficace l'appalto stipulato tra le parti. È, invece, necessario esaminare le altre doglianze di parte attrice che ha contestato l'effettivo svolgimento delle prestazioni di manutenzione nel periodo sopra indicato, rilevando oltretutto come queste siano state rese contro la sua volontà, atteso che con PEC del 4.10.2016 sarebbe stato comunicato alla società appaltatrice la cessazione del rapporto. Occorre interrogarsi sulla qualificazione giuridica del contenuto della missiva. Ora, considerato come la risoluzione stragiudiziale del contratto sia riferibile unicamente alle tre fattispecie codificate, vale a dire alla clausola risolutiva espressa, al termine essenziale e alla diffida ad adempiere, deve rilevarsi come nessuna di quelle abbia operato nel caso di specie. Più precisamente, deve osservarsi come la missiva del 4.10.2016 non possa ritenersi affatto idonea a determinare la risoluzione del contratto ed analoga considerazione vale per quella del 15.9.2016 che l'ha preceduta e che non ha nulla del contenuto richiesto dall' articolo 1454 c.c.: il termine di 5 giorni concesso per adempiere è inferiore a quello minimo di 15 giorni previsto dal II comma e la comunicazione non rappresenta neppure al suo destinatario che l'inutile decorso del termine avrebbe determinato la risoluzione del contratto. Benché gli atti di causa (in particolare quelli del procedimento cautelare) inducano ad interpretare la volontà dell'attore come diretta a far valere l'inadempimento della controparte o la risoluzione del contratto e nonostante la Delib. dell'11 novembre 2016 al punto 6 dell'ordine del giorno faccia riferimento all'inadempimento della s.r.l. e alla intervenuta "rescissione" del contratto, deve rilevarsi come, anche a voler intendere la comunicazione del 4.10.2016 come diretta ad esercitare il diritto potestativo di recedere liberamente dal contratto ex art. 1671 c.c., ci si dovrebbe arrestare di fronte ad un dato inconfutabile, vale a dire la mancanza di legittimazione dell'amministratore che, come non è mai stato autorizzato a proporre l'azione di annullamento del contratto, mai è stato investito dall'assemblea del potere di manifestare la volontà di recedere dallo stesso (e nemmeno, peraltro, del potere di risolverlo stragiudizialmente). Neppure dalla successiva Delib. del 12 novembre 2016 deriva una tale legittimazione, posto che l'unico potere conferito all'amministratore è stato quello di adire le vie legali per impedire alla convenuta di proseguire nella sua attività nel Comprensorio. Tanto chiarito, considerate comunque le doglianze contenute nell'atto di opposizione - idonee ai fini dell'autotutela di cui all'art. 1460 c.c. - occorre verificare se effettivamente parte convenuta abbia dato idonea prova dell'esecuzione delle prestazioni a cui sia impegnata con il contratto d'appalto. Ora, occorre rilevare come la prova testimoniale acquisita abbia dato conto dello svolgimento di tutta l'attività manutentiva per cui è stato preteso il pagamento. In particolare, i testi (...) hanno confermato l'esecuzione dei servizi (con le modalità e la strumentazione indicate) nel periodo oggetto del presente giudizio e di cui ai rapportini di lavoro consegnati al (...), mentre per quanto sopra detto non rileva né che nel Comprensorio lavorassero anche i dipendenti dell'impresa incaricata dopo la convenuta né che, quando questa iniziò gli interventi (prima della Pasqua del 2017), vi fosse una situazione di abbandono, posto che le prestazioni oggetto di causa sono quelle eseguite in periodo estivo e nel primissimo autunno. Alla luce di tali elementi probatori non può revocarsi in dubbio che, avendo eseguito le prestazioni cui era tenuta, parte convenuta abbia diritto al loro pagamento. Conclusivamente, l'opposizione deve essere rigettata, benché il decreto ingiuntivo n. 3 del 2018 vada revocato e sostituito con una nuova condanna per lo stesso importo capitale di Euro 31.567,53, maggiorato tuttavia degli interessi di cui all'art. 1284 c.c. e non di quelli di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, la cui disciplina è applicabile solo alle transazioni commerciali, definite dall'art. 2 comma I, lettera a) come contratti tra imprese. Cristallizzato il credito della società, deve essere rigettata l'eccezione di compensazione proposta in subordine dall'opponente; della compensazione manca anzitutto la reciprocità delle posizioni di debito e credito, posto che il credito vantato dal Comprensorio sarebbe quello da risarcimento dei danni derivante dalla condotta del suo ex amministratore che, per quanto anche legale rappresentante della (...) s.r.l., è soggetto del tutto distinto dalla convenuta ed estraneo al giudizio. Le spese di lite, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza. PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale, definitivamente pronunciando: - dichiara il difetto di legittimazione dell'amministratore del Condominio (...) quanto alla domanda di annullamento del contratto d'appalto del 20.8.2012; - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 3 del 2018; - revoca il decreto ingiuntivo n. 3 del 2018; - condanna il Condominio (...) al pagamento in favore di (...) s.r.l. della somma di Euro 31.567,53, oltre interessi legali dalla notifica del ricorso per decreto ingiuntivo al saldo; - rigetta l'eccezione di compensazione proposta dal Condominio (...); - condanna il Condominio (...) alla rifusione in favore di (...) s.r.l. delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 5.000,00, oltre rimborso forfettario ed accessori di legge. Così deciso in Sassari il 13 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 13 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SASSARI SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice Ezio Castaldi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2649/2019 promossa da: CONDOMINIO COMPLESSO RESIDENZIALE (...) CF. (...) in persona del suo Amministratore Rag. (...), nato a P. il (...) e residente in (...) C.F. (...) ai fini del presente atto elettivamente domiciliato in Via Genova n. 10, presso e nello studio dell'Avv. Fr.Do., C.F. (...), il quale lo rappresenta e difende in virtù di procura stesa su documento separato, da intendersi apposta in calce all'atto di citazione PARTE ATTRICE CONTRO (...) S.P.A., con sede in N. nella via S. n. 35 (C.F. e P.I. (...)), in persona dell'Amministratore Unico e legale rappresentante pro-tempore Ing. (...) nato a P. (C.) il (...) (C.F. (...)), elettivamente domiciliata in Sassari nella via (...) presso lo studio dell'Avv. Ca.De. (C.F. (...) - pec (...) - fax (...)), che la rappresenta e difende in forza della procura speciale alle liti conferita con atto a rogito del Notaio (...) del (...) (Rep. n. (...), Racc. (...)) allegata alla comparsa di costituzione in giudizio PARTE CONVENUTA Oggetto: Somministrazione SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con l'atto di citazione depositato il 05/08/2019 ed iscritto al numero 2649 2019, il CONDOMINIO COMPLESSO RESIDENZIALE (...) citava in giudizio (...) SPA esponendo: - che esso si compone di nove edifici, ciascuno dotato di cisterna propria per l'accumulo dell'acqua, posizionata nel piano seminterrato; - che in conseguenza di ciò le eventuali rotture delle tubazioni non determinerebbero lo sversamento dell'acqua nella condotta fognaria, ma nel sottosuolo; - che (...) sarebbe subentrata nel contratto di utenza stipulato a suo tempo dall'attore con il Comune di Alghero, precedente gestore del servizio; - che ciascuno degli edifici condominiali avrebbe stipulato i contratti di sotto-utenza dapprima con Comune di Alghero e poi, quindi, con A.; - che gli apparecchi di misura, tanto per l'utenza condominiale complessiva quanto per tutte le sottoutenze, sarebbero stati forniti e istallati dal gestore di servizio, e sarebbero letti a cura di quest'ultimo; - che il 14 marzo 2019 (...) Spa aveva emesso nei confronti del condominio la fattura numero (...) dell'importo di Euro 180.430,67, recapitata nei primi giorni dell'aprile successivo, sulla base di una lettura di 117.430 m3 rilevata il 22 novembre 2018; - che il 31 maggio 2019 gestore aveva emesso la fattura (...) per l'importo di Euro 4033,85, calcolata in base alla lettura rilevata il 17 maggio e 2019 riguardante consumi del periodo dal 23 dicembre 2018 17 maggio 2019, pari al consumo di 2664 m3; - che a seguito della ricezione della prima fattura il Condominio (...) avrebbe richiesto copia della scheda di rilevazione dei consumi, al fine di verificare l'andamento degli stessi; ma (...) non avrebbe rilasciato la documentazione né risposto al reclamo così introdotto; - che parte della somma esposta nella detta fattura numero (...) non sarebbe comunque esigibile in quanto prescritta in parte; - che il Condominio avrebbe subito perdite occulte dovuta alla rottura di tre delle cisterne di accumulo, scoperte solo nel mese di marzo del 2017 allorché ebbero a manifestarsi nei seminterrati dei fenomeni di umidità per risalita; - che tali perdite avrebbero portato la dispersione di quantitativi di acqua che comunque non potrebbe essere presa in considerazione ai fini dell'applicazione della tariffa per depurazione e fognatura in ragione di quanto si è detto e della mancata confluenza in fognatura; - che la mancata, tempestiva emissione delle bollette avrebbe causato il protrarsi della perdita, non avendo l'utente potuto accorgersene in precedenza; - che nessun rilievo avrebbe mosso (...) nonostante il consumo rilevato fosse di tre volte superiore alla media storica del cliente, criticità da segnalarsi all'utente con specifiche tempestiva comunicazione da inviarsi entro e non oltre 30 giorni dalla data di rilevazione dei consumi; - che nelle due fatture di che trattasi sarebbe stato applicato il costo del servizio di riparto, ma anzitutto (...) non avrebbe tempestivamente addebitato le fatture, come sopra detto, e poi non avrebbe in realtà eseguito alcun riparto delle spese, e quanto così richiesto non sarebbe pertanto dovuto. Concludeva pertanto il Condominio (...) come riportato in epigrafe. Costituendosi (tardivamente) in giudizio, la convenuta (...) SPA depositava comparsa con la quale, richiamato il contenuto le richieste dell'atto di citazione, sosteneva anzitutto essere incontestata in sé la registrazione da parte dei misuratori del servizio, sia quello complessivo, sia quelli afferenti ai singoli edifici condominiali. Evidenziava che l'attore, pur richiesto, non avrebbe mai pagato neppure la minor somma ritenuta dovuta, nonostante l'emissione e la ricezione delle fatture qui opposte. Evidenziava poi (...) che i contatori sarebbero posti all'interno del complesso immobiliare, cioè all'interno della proprietà privata, e pertanto non sempre accessibili al gestore del servizio idrico per letture periodiche e per la conseguente emissione delle fatture a saldo: e ciò in contrasto con le disposizioni del regolamento del servizio idrico integrato. Sarebbe comunque obbligo dell'utente accertare le cause della mancata ricezione della fattura richiederne un duplicato, al fine anche di evitare l'applicazione degli interessi di mora e di quelli per ritardato pagamento. Né vi sarebbe prova a sufficienza delle asserite perdite, mai segnalate con il reclamo dell'11 maggio 2019 e dedotte per la prima volta con il presente giudizio; mentre ai sensi del regolamento di servizio idrico integrato non potrebbero essere accolte le domande di ricalcolo per un guasto interno visibile oppure dovuta incuria dell'utente stesso, e non sarebbero pertanto opponibili le asserzioni la fattura emesse dalla ditta (...), prive di valore probatorio nei confronti di A.. Graverebbe comunque sull'utente l'onere di procedere alla visita e verifica periodica del proprio impianto e dei misuratori, essendo peraltro le asserite perdite prive di prova, ed escluse sulla base dei consumi medi giornalieri riscontrati. Tali consumi, sempre privi di variazioni significative, sarebbero però sempre stati significativamente maggiori nei periodi estivi, quelli del periodo estivo di maggior utilizzo. A. spa sosteneva poi essere dovuto il pagamento del servizio di reparto ai sensi dell'articolo 17 del contratto già stipulato con il Comune di Alghero, e oggi in forza dell'articolo 2041 del codice civile: e concludeva pertanto come riportato in epigrafe. Esperita istruttoria documentale, formulata proposta transattiva ex art. 185 bis c.p.c. e disposti alcuni rinvii per la pendenza di trattative di conciliazione, (...) riconosceva la prescrizione parziale della pretesa in relazione alla fattura del 14 marzo 2019; indi le parti precisavano le conclusioni come sopra, e all'udienza del 05/04/2022 la causa veniva trattenuta a sentenza ai sensi dell'articolo 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente va dato atto che la soc. convenuta, essendosi costituita il giorno 18 dicembre 2019 rispetto alla prima udienza fissata per il giorno seguente - e perciò senza il rispetto dei termini di cui all'art. 1267 c.p.c. - è sì decaduta dal diritto a proporre le domande riconvenzionali, le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio e la chiamata di terzo; ma non può considerarsi decaduta anche dal diritto di contestare l'avversa domanda né dal diritto di dedurre prova contraria a quella del condomino attore. Peraltro la causa, come è pacifico, aveva ed ha mera natura documentale: in particolare la sussistenza delle perdite (non del tutto occulte, secondo quanto si vedrà) subìte dal condominio attore risultano sufficientemente provate dalla fattura numero (...) del 26 aprile 2017 rilasciata dalla ditta "(...); mentre in ordine alla "quantità" delle perdite stesse soprattutto alla loro precisa decorrenza temporale, nulla avrebbe potuto dire neppure il dedotto teste Pasquino. Per il resto soccorrono ad colorandum le rilevazioni dei consumi di cui alle schede in atti, incontestate; peraltro deve pure valutarsi che - come emerge dalla documentazione in atti ed è incontestato - il condominio non ha addotto esservi state perdite nemmeno quando ha sporto il reclamo dell'11 maggio 2019, pur essendosi dette perdite (a dire dello stesso condominio attore) verificate ben prima, cioè nell'annualità 2017 e precedenti. E sul punto si tornerà. In assenza di prova della tempestiva, rituale emissione e trasmissione delle bollette al condominio attore prima di quella giunta nei primi giorni dell'aprile 2019, va dichiarata la prescrizione di tutto quanto dovuto dal condominio attore fino ai primi giorni dell'aprile 2014, in applicazione della prescrizione quinquennale (come da giurisprudenza del tutto pacifica anche in questo Ufficio, trattandosi di forniture che vanno pagate in termine annuale, o più breve); e il corretto funzionamento dei contatori di cui trattasi, tanto di quello c.d. "master " quanto di quelli dei singoli edifici condominiali, non è stato neppure ritualmente e tempestivamente contestato. Come pure è ormai pacifico in diritto, le eventuali perdite nella tubatura pertengono alla sola responsabilità dell'ente erogatore, se posti a monte del contatore; attengono invece anche alla responsabilità del cliente/utente se posti a valle del contatore stesso: e nella specie non risultano neppure perdite "a monte" del contatore condominiale che possano avere influito in qualche modo sulla correttezza dei consumi rilevati. A tal proposito deve pure dirsi che del tutto corretta e corrispondente a buona fede contrattuale si appalesa la prassi - consacrata nel contratto verbale - di apporre un contatore condominiale e poi, a valle, i vari contatori dei singoli condomini, per provvedere alla ripartizione dei consumi. Se poi il contatore condominiale registri consumi diversi (ed ulteriori) rispetto a quelli derivanti dalla sommatoria delle registrazioni dei singoli contatori, ovviamente l'ente erogatore provvederà alla fatturazione sulla base dei primi, spettando poi - eventualmente - al condominio di effettuare eventuale ripartizioni "interne" secondo regolamenti e prassi condominiali. E nella specie, come ripetesi, non è contestata la regolarità delle misurazioni effettuate dal contatore condominiale. È peraltro di affermazione costante anche in questo Ufficio, in applicazione dei principi generali (e non lo dubita in astratto la stessa A.) che l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto di riscuotere le somme di cui alle bollette emesse grava sempre su colui che se ne afferma titolare ed intenda farlo valere (v. sent. Cass. 26.158/2014); e che da ciò deriva che incombeva ed incombe alla società qui convenuta di dimostrare non solo la sussistenza e l'entità delle erogazioni e dei servizi forniti dei quali richiede il pagamento, ma anche - e con precisione - l'epoca in cui ciò sarebbe avvenuto, a fronte dell'eccezione di prescrizione ritualmente e tempestivamente avanzata. In particolare deve qui ribadirsi pure, con la giurisprudenza costante anche in questo Ufficio, che non può condividersi la pretesa di (...) di "spalmare", come è stato detto, i consumi nell'arco di un lungo tempo all'uopo considerato in molte fatture e addebiti, e nemmeno di imputarlo "equitativamente e pro/die" anche per ricavarne così quanto ancora dovuto perché non prescritto. Del resto il condominio attore si oppone a tale metodo "equitativo", come è suo diritto, ed ha anche contestato la stessa pretesa regolarità e costanza nei consumi, contestando anche così la fatturazione e ricostruzione presuntiva dei consumi col criterio pro/die. Ma nella specie la produzione (avvenuta per la prima volta in giudizio, nonostante la richiesta all'uopo avanzata dal condominio attore già in sede di reclamo dell'anno 2019) delle schede di rilevazione dei consumi dimostra con sufficiente precisione che, a parte la periodica variazione dei periodi estivi, i consumi sono rimasti relativamente costanti nel tempo, sia prima sia dopo la asserita perdita. E per tale motivo in questo caso specifico può ritenersi sufficiente per la corretta imputazione temporale dei consumi (e per la dichiarazione di quanto prescritto e quanto no) la produzione dell'elenco delle letture periodiche del contatore, sebbene l'effettuazione e i risultati non siano stati tempestivamente comunicate al condominio attore. Infatti è stato ed è possibile tuttora il riscontro in loco delle registrazioni dei contatori (master e dei singoli edifici) da parte dello stesso, dei singoli condòmini e sei singoli edifici del condominio C.; e tali contatori sono posti all'interno della proprietà privata e non sono direttamente facilmente accessibili da (...), in contrasto con quanto prescritto dal regolamento del servizio idrico integrato. Ulteriore elemento da valutarsi è ancora quello della mancata segnalazione in sede del reclamo dell'11 maggio 2019 delle perdite. Dall'altro lato deve ribadirsi che l'attività di (auto)controllo dei consumi, se è finalizzata a rilevare e a scongiurare eventuali perdite occulte (che proprio per tale motivo, se sussistenti, devono tornare a danno del consumatore), non può infatti equivalere al mero controllo - dovuto e a posteriori - anche sull'attendibilità delle fatture "eventualmente" emesse dall'ente erogatore; e comunque il riscontro dei consumi "totali" è sempre possibile ed emerge dalla semplice lettura finale del contatore, come è pacifico. Resta però fermo che un tale, periodico controllo "di iniziativa" dell'utente resterebbe e resta un atto meramente di parte, anch'esso privo di riscontro - e del tutto analogo sotto quest'aspetto - alle letture da parte di (...) SpA. Questo Ufficio, sulla scorta di analoghi orientamenti di merito, avallati dalla S.C. (v. per tutte sent. Tribunale di Brindisi n. 8888/2017) suole ribadire dunque che ben può sussistere la responsabilità - concorrente od esclusiva - dell'ente gestore idrico anche se la perdita riguarda le tubazioni all'interno di una proprietà privata, sempre che il consumo eccessivo non sia in toto addebitabile all'utente e che l'ente non abbia tenuto un comportamento conforme a buona fede, omettendo le tempestive letture e comunicazioni. Trattasi in sostanza dell'applicazione del principio del concorso del fatto colposo del creditore di cui al secondo comma dell'art. 1227 c.c., ai sensi del quale "il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza". Se l'ente gestore non rispetta il suo obbligo di emettere fatture con cadenza almeno semestrale - non curandosi del fatto che esse giungano nell'effettiva conoscenza dell'utente - e/o omette comunque di segnalare a quest'ultimi consumi anomali che esso conosce ben prima di lui, è responsabile o cor-responsabile dei maggiori consumi derivanti dalle perdite d'acqua che in tal modo non vengano tempestivamente scoperti, e ciò, come si è detto, anche nel caso che la perdita interessi l'impianto privato. Cfr. il caso deciso dalla Cassazione civile sez. III, con la sent. del'11/04/2017, (ud. 02/02/2017, dep. 11/04/2017), n.9264, nel quale si è fondata la responsabilità esclusiva dell'ente distributore dell'acqua sulla base del fatto che esso aveva la conoscenza anche di perdite rilevanti e precedenti rispetto a quella che aveva determinato la fatturazione "abnorme". Come detto nella specie è incontestato che (...) non ha emesso né inviato regolari fatture al condominio (...) prima dell'anno 2019, tanto che è maturata una ingente prescrizione, oggi riconosciuta da (...) stessa; e perciò (...) non ha formato - e tantomeno inviato all'utente - alcuna comunicazione di "allarme" prima della prima fattura per cui è causa. Non può pertanto farsi ricadere solo sul condominio attore la responsabilità per la mancata, tempestiva individuazione delle perdite occulte lamentate dall'attore, che in questo caso sono sì da riconoscersi sussistente tanto in capo a quest'ultimo, quanto in capo ad (...), in ragione del 50% ciascuno: ma da limitarsi nella loro quantificazione concreta secondo quanto subito si vedrà, tenuto conto dell'andamento praticamente costante dei consumi rilevati dai contatori condominiali. Si è infatti detto anche che l'utente deve rispondere al 50% delle perdite, quando non abbia prontamente reagito alla mancata ricezione delle fatture semestrali e soprattutto per non avere controllato, e per lungo tempo, la funzionalità e l'integrità del proprio impianto idrico e del misuratore (artt. B.16 e B.35 del regolamento di fornitura), sempre rimasti nella sua (esclusiva) disponibilità. In definitiva in questo caso deve ritenersi raggiunta prova sufficiente per la quantificazione equitativa del danno subito dal condominio attore per le perdite occulte non segnalate; ed in applicazione dell'articolo 1226 c.c. e tenuto conto della prescrizione parziale di quanto dovuto per il servizio fino ai primi giorni dell'aprile 2014, va dichiarata la spettanza attuale ad (...) della somma di Euro 55.000 per i titoli di causa: somma corrispondente al 50% di quanto già contenuto nell'ordinanza ai sensi dell'articolo 185 bis c.p.c. emessa in corso di causa. A questo fine va solo ribadito che il criterio del consumo PRO-DIE, risulta in questo specifico caso del tutto accettabile anche ai fini della determinazione del dovuto, sempre considerato che la stessa (...) ha ridotto la pretesa di cui alla fattura (...) ad Euro 92.437,94, come da prospetto ed estratto conto aggiornati prodotti in causa (ancora una volta, trattasi di circa il 50% della richiesta originaria). Nella quantificazione equitativa si è tenuto conto anche di quanto dovuto per la successiva fattura numero (...) dell'importo di Euro 4033,85, relativa a consumi pacificamente non prescritti e non alterati da perdite dell'impianto. Quanto al pagamento del servizio di riparto, è bene sottolineare che si discute qui non sulla sussistenza ed effettività del servizio reso, ma sulla liceità dell'addebito di costi ulteriori. Ed in argomento anche questo Ufficio ha avuto modo di ribadire - e non solo con le sentenze citate da parte appellata - che seppure le misurazioni in sé dei consumi effettuate dai tecnici (...) SpA risultino anche dalla documentazione prodotta in causa dall'opposta e non siano contestate dal condominio appellato in punto di fatto (è pacifico che (...) Spa ha provveduto anche a rilevare, oltre ai consumi individuali, anche quelli condominiali e rilevati dal contatore c.d. "master", provvedendo poi a ripartirli - in proporzione dei rispettivi consumi - sui singoli edifici condominiali), nondimeno i costi del servizio "di riparto" all'uopo addebitati possono sì ritenersi variati nel corso degli anni, ma non risultano determinati né determinabili da alcuna norma di legge né D.M.: come la stessa soc. appellante non disconosce, pur riportandosi a norme di legge e di regolamento che definiscono la complessa materia. Né tali costi risultano essere stati oggetto di apposita clausola contrattuale debitamente sottoscritta dalle parti, ed essere per tale via vincolanti per il condominio appellato. In questo stato di cose, non può condividersi la tesi che alla (unilaterale) determinazione di (...) Spa, pur sulla base delle generiche norme sopra richiamate, corrisponda una soggezione dell'utente a pagare tali oneri: e ciò non solo considerando che l'utente contesta le modalità del calcolo e la debenza in sé di tale onere e il corrispondente onere probatorio a carico di (...) SpA, ma anche che quest'ultima esegue le rilevazioni e riparti (anche) nel proprio interesse, individuando anche così - e con precisione - i propri diretti utenti/debitori. Neppure può parlarsi, in questo senso, di indebito arricchimento che possa giustificare di per sé - e in mancanza di prova convincente - la corresponsione di oneri rapportati ad un utile percepito e/o a costi effettivamente sopportati, sol che si tenga presente che, in precedenza, il gestore non addebitava alcunché a tale titolo specifico. Deve pertanto dichiararsi che nulla è dovuto in relazione al cosiddetto servizio di riparto, in mancanza di idoneo accordo tra le parti. In ragione della reciproca soccombenza, e pure della mancata adesione alla proposta conciliativa, le spese del giudizio integralmente compensate. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 1) dichiara prescritta ogni pretesa di (...) relativamente ai consumi anteriori ai primi giorni dell'aprile 2014; 2) dichiara tuttora dovuta dal condominio attore per i titoli di causa la somma di Euro 55.000 alla data odierna, oltre interessi legali fino all'effettivo pagamento; 3) dichiara integralmente compensate le spese del giudizio. Così deciso in Sassari il 9 luglio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2022.

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