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  • IL TRIBUNALE DI SAVONA In composizione monocratica in persona della d.ssa Paola Di Lorenzo ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento RG 878/2023 tra Sig. (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in Finale Ligure (SV), Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...)), che lo rappresenta e difende per mandato in atti. - Ricorrente Sig.ra (...) (c.f. (...)), elettivamente domiciliata in Finale Ligure (SV), Via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) che la rappresenta e difende per mandato in atti. - Resistente CONCLUSIONI Sig. (...) "CHIEDE all'Ill.mo Giudice dell'Esecuzione del Tribunale Ordinario di Savona affinché, contrariis reiectis, presi tutti gli opportuni e ritenuti provvedimenti, anche istruttori, voglia: I) disporre anche inaudita altera parte la sospensione dell'esecuzione; II) dichiarare che la Sig.ra (...) non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata per i motivi esposti nel ricorso introduttivo e nel presente atto.; III) condannare parte creditrice al pagamento delle spese di lite con distrazione delle stesse al sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario". Sig.ra (...) "Piaccia al Giudice Ill.mo, contrariis rejectis, previa ogni meglio vista declaratoria, IN VIA PRELIMINARE dichiarare l'improcedibilità della presente opposizione per decadenza del ricorrente dal potere di compiere l'atto, conseguente ad inosservanza dei termini perentori ex lege stabiliti; IN VIA PRINCIPALE rigettare tutte le domande formulate dall'attore Signor (...), poiché infondate in fatto ed in diritto per i motivi esposti in narrativa del presente atto; CONDANNARE il ricorrente Signor (...) per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. In ogni caso, con vittoria di spese ed onorari di causa"." MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO Con ricorso datato 30 marzo 2023, il ricorrente Sig. (...) ha evocato in giudizio la resistente Sig.ra (...), esponendo di aver ricevuto atto di precetto e successivo preavviso di rilascio, in riferimento agli immobili identificati in atti, tra cui quello in cui aveva abituale dimora, contestando radicalmente il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata e chiedendo su tale base la sospensione dell'esecuzione. Radicato il contraddittorio con la costituzione di parte resistente, che ha a sua volta contestato gli argomenti del ricorrente chiedendo il rigetto dell'opposizione, la causa è stata trattenuta in decisione, ai sensi del comma III art. 281 sexies cpc, sulle conclusioni rassegnate dalle parti alla udienza di discussione del 29 settembre 2023. Parte ricorrente fonda la proposta opposizione su due argomentazioni: - la prima si riferisce alla ritenuta inesistenza di titolo esecutivo; - la seconda deduce la nullità del precetto per mancanza di forma legale. Benché il ricorso in opposizione sia stato rubricato dal suo estensore come "opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617", corre l'obbligo di rilevare come il contenuto dell'atto e la domanda formulata portino a qualificare l'azione proposta anche come opposizione all'esecuzione, da ritenersi ai sensi dell'art. 615 comma II cpc, atteso che con il primo motivo di opposizione parte ricorrente contesta non già la legittimità o la regolarità formale di alcun atto del procedimento esecutivo, ma l'esistenza stessa del titolo, con la conseguenza che oggetto del giudizio è il diritto della asserita creditrice a procedere ad esecuzione forzata. Conseguentemente l'opposizione deve essere ritenuta proposta ai sensi dell'art. 615 comma II cpc per la parte in cui, in base alla prima motivazione, ritiene che la resistente non abbia diritto di procedere all'esecuzione forzata, ed ai sensi invece dall'art. 617 cpc nella parte in cui, in base alla seconda motivazione, si sostiene la irregolarità formale dell'atto di precetto. Sono versati in atti il precetto ed il preavviso di rilascio. Quest'ultimo, come espressamente indicato anche da parte opponente, è stato notificato all'esecutato in data 23 gennaio 2023. Il precetto invece è stato notificato in precedenza, ai sensi dell'art. 140 cpc. Appare evidente che dalla documentazione in atti non è possibile rilevare con certezza la data di ricevimento della raccomandata di avviso, menzionata nella relata allegata all'atto di precetto notificato, non essendo depositata la relativa cartolina di ricevimento. Pur potendosi presumere che la consegna della raccomandata sia avvenuta in data 17 novembre 2022, come risulta dall'esito di spedizione estratto dal servizio internet di Poste Italiane, versato in atti, tale documentazione, in mancanza della cartolina di ricevimento, non può costituire valida prova in sede di verifica della validità della notificazione. Nel caso di specie, dunque, si deve rilevare necessariamente la effettiva nullità della notificazione del precetto. Tuttavia, proprio la proposizione dell'opposizione, in quanto indice certo della piena conoscenza dell'esecuzione nonché dei relativi titoli ed atti connessi, dimostra l'avvenuto raggiungimento dello scopo cui era preordinata la detta notificazione, e comporta la sanatoria della rilevata nullità, in applicazione dell'art. 156, ultimo comma, c.p.c. Preliminarmente, parte resistente eccepisce la tardività della proposta opposizione, rilevando che il deposito del ricorso è avvenuto ben oltre la scadenza del termine decadenziale di venti giorni di cui al comma II dell'art. 617 cpc. L'eccezione è fondata per quanto attiene la contestazione sollevata da parte ricorrente con il secondo motivo di opposizione. Ed inverto la censura riguardante la forma dell'atto di precetto, che attiene alla regolarità formale di quest'ultimo, ricade nell'ambito di applicazione della richiamata norma. Benché, come sopra visto, la notifica dell'atto di precetto presenti una evidente irregolarità, i vizi riscontrabili risultano essere sanati avendo la notifica medesima conseguito lo scopo di portare l'atto a conoscenza del destinatario. Poiché il successivo atto di preavviso di rilascio è stato certamente notificato validamente, e questa notificazione si è perfezionata in data 23 gennaio 2023, come precisamente indicato dal ricorrente stesso in apertura del ricorso introduttivo, deve ritenersi accertato che la piena conoscenza dell'atto di precetto sia stata conseguita dall'esecutato non dopo tale data. Per tale ragione appare chiaro che il deposito del ricorso in opposizione, il successivo 30 marzo, è avvenuto quando il sopra menzionato termine decadenziale era già longe et ultra decorso. Conseguentemente è inammissibile e non può essere esaminato nel merito il secondo motivo di opposizione, che riguarda la regolarità formale del precetto, cioè una questione che avrebbe dovuto essere sollevata tempestivamente nel rispetto del termine di decadenza, e che invece è stata portata in giudizio solo dopo lo spirare del termine stesso. Infatti, non può essere vanificato il decorso del termine mediante l'inserimento della censura tardiva in un atto di opposizione che include anche altri motivi non soggetti alla ridetta decadenza. Deve infatti essere esaminato nel merito il primo motivo di opposizione, che attiene al diritto dell'asserita creditrice a procedere ad esecuzione forzata, e rientra pertanto nella previsione di cui al comma II dell'art. 615 cpc, ove non si prevede termine di decadenza per l'opposizione nell'esecuzione per rilascio. Contesta parte opponente che il verbale di accordo in mediazione redatto il 25 maggio 2022, in sede di procedura di conciliazione presso l'Organismo di mediazione dell'Ordine degli Avvocati di Savona, costituisca titolo esecutivo suscettibile di esecuzione forzata. Secondo la motivazione addotta in opposizione, il contenuto del ridetto verbale non implicherebbe il sorgere di un vincolo obbligatorio, giuridicamente tutelabile, in capo al ricorrente. La frase oggetto di interpretazione, contenuta nel verbale di accordo, testualmente dice: "Il Sig. (...) riconosce di non avere titolo per occupare gli immobili... - omissis - .... e si impegna a rilasciarli nella piena ed esclusiva disponibilità della Sig.ra (...) entro e non oltre il 30 settembre 2022". A dire di parte ricorrente, l'uso dell'espressione "si impegna" non implicherebbe l'assunzione di un obbligo, ma un "mero impegno", da rispettarsi solo al verificarsi di ulteriori condizioni di fatto non esplicitate nell'accordo. Sostiene l'opponente che "Con impegno si intende un'intenzione espressa senza coercizione da un individuo nel fare qualcosa. Nel caso che ci occupa, il rispetto di quanto dichiarato dal ricorrente è rimesso esclusivamente alla sua volontà che dipende dal verificarsi o meno di un evento, mentre, l'obbligo, è invece un vincolo morale o giuridico che viene imposto ad una persona da se stessa o da altre persone e dal quale non ci si può rifiutare". L'argomentazione è priva di pregio. La partecipazione dell'odierno ricorrente al procedimento dinanzi all'Organismo di conciliazione presso L'Ordine degli Avvocati di Savona, ed il raggiungimento in quella sede dell'accordo tra le parti formalizzato mediante il verbale in atti, assistito anche dalla particolare efficacia prevista dall'art. 12 Dlgs 28/2010, sono elementi che inducono con certezza a ritenere che l'intento delle parti fosse quello di stipulare una convenzione transattiva pienamente vincolante. L'uso dell'espressione "si impegna", avuto riguardo al significato letterale delle parole, deve intendersi come assunzione volontaria, nel caso specifico in via transattiva, di un preciso obbligo verso la controparte, nell'ambito di un procedimento a ciò espressamente rivolto, e perciò fornito di particolare rilievo giuridico, tanto da poter costituire ex lege titolo esecutivo idoneo all'esecuzione per rilascio, contrariamente a quanto sostenuto da parte opponente. Non può ritenersi conforme a diritto, da parte dell'obbligato, subordinare il proprio adempimento ad asserite ulteriori condizioni non contenute espressamente nel verbale di accordo sottoscritto, il quale formalizza un contratto transattivo che per principio generale ex art. 1372 c.c., una volta concluso, ha forza di legge tra le parti. Per assurdo, la particolare interpretazione oggi suggerita dal ricorrente, ove accolta, priverebbe la procedura conciliativa svolta e positivamente conclusa di qualsiasi significato ed utilità, e ciò rende inaccettabile anche sul piano logico la lettura proposta. Il contesto, come sopra veduto, in cui l'accordo è stato raggiunto ed il verbale è stato redatto, non può che rafforzare e confermare tale univoca interpretazione, che porta a ritenere sussistente il buon diritto della procedente, ex adverso qui infondatamente contestato, ad ottenere anche coattivamente il rilascio dei beni oggetto di esecuzione. L'opposizione proposta deve conseguentemente essere rigettata anche nel merito nella parte relativa al primo motivo di opposizione. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate ex DM 147/2022 (tabella vigente al momento della ultimazione delle attività difensive), scaglione di valore fino a 26.000 euro PQM Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando nel procedimento 878/2023, disattesa ogni diversa e contraria istanza, eccezione e deduzione, per le ragioni indicate in motivazione: 1- Rigetta la proposta opposizione. 2- Conseguentemente condanna il ricorrente in opposizione, Sig. (...), alla rifusione delle spese di lite nei confronti della resistente opposta Sig.ra (...), che liquida (ex DM 147/2022) in euro 3.397,00 per onorari e competenze, oltre spese generali, CPA ed IVA come per legge. Così deciso in data 9 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SAVONA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice dott. Luigi Acquarone ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 1359.2021 R.C. CIV. tra G. Srl, in persona dell'amministratore unico e legale rappresentante (...), con sede in Alassio, ivi elettivamente domiciliata in Piazza (...), presso e nello studio dell'avv. Fr.Gi. che la rappresenta e difende, in forza di procura in calce dell'atto di citazione in opposizione; ATTRICE contro (...) Spa, in persona del consigliere Stefano Montuschi con sede in Milano, quale mandataria di (...) Srl, con sede legale in C. (T.), elettivamente domiciliata in Milano, corso (...), presso e nello studio dell'avv. Fr.Fe. del foro di Genova che la rappresenta e difende, in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; CONVENUTA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione datato 6.5.2021 (...) Srl conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Savona (...) Srl quale mandataria di (...) Srl indicando quanto segue; in data 18.11.2020 le era stato notificato pignoramento immobiliare ad istanza di (...) Srl; il credito su cui si fondava l'azione esecutiva era rappresentato da mutuo ipotecario ex art. 38 e ss. T.U.B di Euro 908.000,00, da lei sottoscritto con (...) con atto a rogito Notaio E.V. di (...) del 23.9.2011; nella posizione di (...) era poi subentrato il (...) Soc. Coop e quindi (...) Spa, il quale, in data 1.6.2016, aveva poi ceduto il proprio credito a (...) Srl ai sensi e per gli effetti della Legga sulla Cartolarizzazione ex art. 58 T.U.B; (...) Srl aveva poi conferito procura speciale a (...) Spa per la gestione, l'incasso e il recupero dei crediti; con ricorso ex art. 615 comma 2 c.p.c. aveva proposto opposizione avverso l'atto di pignoramento immobiliare notificato in data 18.11.2020 ritenendolo illegittimo e/o inefficace e/o nullo per i seguenti motivi; 1) inesistenza di un titolo esecutivo valido per procedere all'esecuzione forzata stante la nullità del contratto di mutuo in quanto condizionato, privo di causa e/o simulato; 2) nullità della procura conferita alla (...) Srl e alla (...) Spa e, quindi, difetto di legittimazione attiva del creditore procedente; 3) omessa notifica del titolo esecutivo; 4) nullità del contratto di mutuo per superamento del limite di finanziabilità; 5) usurarietà del contratto di mutuo e conseguente nullità dello stesso ex art. 117 T.U.B e 1815 comma 2 C.C. delle clausole relative agli interessi compensativi e moratori; riproponeva, dette eccezioni, già respinte dal G.E. in sede di opposizione all'esecuzione, nel giudizio di merito. Concludeva, quindi, chiedendo dichiararsi la nullità e/o l'insussistenza e/o l'infondatezza e/o l'inesigibilità del credito azionato per i motivi esposti con conseguente condanna del creditore procedete alla restituzione di quanto a tale titolo percepito illegittimamente e per l'accoglimento della opposizione e dell'accertamento dell'illegittimità del procedimento esecutivo contro di lei radicato. Si costituiva in giudizio (...) Spa, per conto di (...) Spa, quale mandataria di (...) Srl, che contestava le avversarie argomentazioni; rilevava che (...) Srl aveva reiterato le eccezioni formulate in sede di opposizione all'esecuzione, già respinte dal G.E. nell'ambito del procedimento esecutivo R.G. Esec. Imm. n. 186.2020; più in dettaglio: quanto all'eccezione afferente il mutuo condizionato evidenziava che l'opponente, con l'atto a rogito Notaio V. del (...), a fronte dell'avvenuta erogazione della somma di Euro 718.000,00 da parte di (...) Spa, aveva rilasciato ampia e liberatoria quietanza; indicava che l'esecuzione n. 186.2020 R.G.E. era stata incardinata a seguito della notifica di atto di precetto con il quale era stato chiesto, il pagamento della somma di Euro 778.738,22, di cui Euro 608.790,52 per residuo capitale, Euro 109.209,48 per rate scadute in linea capitale, Euro 41.604,69 per quote interessi su rate scadute, Euro 18.150,12 per interessi di mora e Euro 983,41 per rateo interessi e rilevava che l'importo erogato era stato direttamente accreditato sul conto corrente n. (....) intrattenuto presso l'agenzia di Albenga della Banca mutuante ed intestato alla (...) Srl; quanto all'eccezione di carenza di legittimazione attiva, di assenza di titolarità del diritto di credito azionato e di indeterminatezza della procura, faceva presente che il proprio diritto di agire in sede esecutiva si ricavava dalla documentazione prodotta dalla quale si evinceva la titolarità del credito in capo a (...) Srl, la quale aveva poi conferito procura speciale a (...) Spa che, a sua volta, aveva conferito a (...) Spa ulteriore procura speciale (il tutto anche in relazione al credito vantato verso (...) Srl - NDG (...)); circa l'eccezione di omessa notifica del titolo esecutivo ne evidenziava la tardività oltre che l'infondatezza nel merito e l'irrilevanza; quanto alla asserita nullità del mutuo per il presunto superamento del limite di finanziabilità, indicava nulla essere stato provato in merito al valore del cespite oggetto di ipoteca; circa le eccezioni relative alla violazione degli art. 117 e 118 TULB, così come anche le contestazioni in materia di capitalizzazione trimestrale degli interessi indicava essere inammissibili, mentre l'eccezione di superamento del limite di usura essa risultava del tutto generica. Concludeva, quindi, per il rigetto dell'opposizione o in subordine per la conversione del mutuo da fondiario in ipotecario con conferma della quantificazione del credito vantato. Concessi i termini per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 183 c.p.c., il Giudicante con ordinanza emessa a scioglimento di riserva in data 9.2.2022, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava per assegnazione a sentenza. All'udienza del 25.3.2022, la vertenza veniva spedita a decisione con concessione del termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per eventuali repliche. MOTIVI DELLA DECISIONE G. Srl ha radicato il presente giudizio di merito fondato sulle stesse argomentazioni giuridiche già sollevate in sede di procedimento esecutivo mediante opposizione all'esecuzione e segnatamente: A) inesistenza di un titolo esecutivo valido per procedere all'esecuzione forzata stante la nullità del contratto di mutuo in quanto condizionato, privo di causa e/o simulato; B) nullità della procura conferita alla (...) Srl e alla (...) Spa e, quindi, difetto di legittimazione attiva del creditore procedente; C) omessa notifica del titolo esecutivo; D) nullità del contratto di mutuo per superamento del limite di finanziabilità; E) usurarietà del contratto di mutuo e conseguente nullità dello stesso ex art. 117 T.U.B e 1815 comma 2 C.C. delle clausole relative agli interessi compensativi e moratori. Nell'ambito di quel giudizio con ordinanza datata 8.2.2021 il G.E. così ha argomentato in relazione a tali eccezioni (si riporta l'ordinanza emessa in quel procedimento nella parte in diritto): "(...) Quanto alla asserita nullità della procura conferita a (...) Srl e a (...) Spa e poi all'avv. (...) e all'omessa notifica del titolo esecutivo per non essere stato notificato il titolo esecutivo insieme al precetto ad istanza della (...) Srl (eccezioni sub B e C) è sufficiente richiamare la documentazione in atti prodotta dalla quale si ricava sia l'esistenza di procura conferita da (...) Srl (soggetto attualmente titolare della posizione creditoria) a (...) Spa con potere alla stessa di conferire a sua volta procure e/o deleghe a terzi (vd. rogito Notaio V. (...), doc. n. 1 di parte opposta), sia successiva procura con cui (...) Spa ha poi a sua volta conferito a (...) Srl analoghi poteri (vd. rogito Notaio (...), doc. n. 2 di parte opposta): i passaggi dagli atti ricavabili consentono di potere affermare senza dubbio alcuno la corretta radicazione del procedimento esecutivo. In ogni caso, comunque, tale eccezioni afferenti la regolarità formale del titolo esecutivo, avrebbero dovuto essere sollevate mediante opposizione agli atti esecutivi da proporsi ex art. 617 c.p.c., nel termine di legge, ormai decorso. Quanto all'inesistenza di un titolo esecutivo valido per procedere all'esecuzione stante la nullità del contratto di mutuo, in quanto condizionato e, pertanto, privo di causa e/o simulato (eccezione sub A). Sostiene nel merito l'opponente che il contratto di mutuo intervenuto sarebbe condizionato, in quanto la effettiva erogazione della somma sarebbe di fatto stata condizionata al verificarsi di condizioni predeterminate (l'utilizzo della somma a copertura ed estinzione di creditipregressi) situazione da cui deriverebbe la nullità dello stesso, e, di conseguenza la sua gratuità. Osserva il Giudicante, in primo luogo, che l'art. 1 del contratto di mutuo ipotecario del 23.9.2011, prevede solo, quali adempimenti a cui l'erogazione dell'importo è subordinato, l'iscrizione di ipoteca del grado contrattualmente previsto dalle parti e la presentazione di regolare polizza di assicurazione incendio e scoppio, direttamente vincolata a favore dell'istituto mutuante e pertanto, le parti non hanno espressamente indicato alcun collegamento negoziale che comporti l'utilizzo dell'importo versato a copertura di precedenti esposizioni del mutuatario, indipendentemente dal fatto che il versamento della somma erogata sia avvenuto concretamente sul c.c. n. (...), già acceso da (...) Srl, presso (...) e della (...) Spa (poi incorporata così come (...) Spa, in (...) Spa), filiale di (...) e che a quella data detto conto presentasse rilevante esposizione. In tal senso la Suprema Corte ha più volte precisato che, al fine della configurabilità del collegamento negoziale tra più negozi sono necessari una serie di requisiti sia oggettivi che soggettivi, che nel caso esaminato risultano inesistenti o, allo stato, comunque, non provati (Cass. n. 5851.2006; Cass. n. 11974.2010; Cass. n. 12454.2012). In ogni caso, comunque, va osservato che se anche se l'istituto di credito, come sostenuto dall'opponente, avesse provveduto all'erogazione dell'importo di cui al suddetto mutuo ipotecario proprio per ottenere ulteriori forme di garanzie per il mutuante in relazione a pregresse esposizioni, detta circostanza risulterebbe del tutto irrilevante: se infatti è vero che nel mutuo di scopo convenzionale laddove le parti abbiano concordato che la dazione di denaro debba intervenire allo scopo direalizzare un'attività specificamente programmata, in quel caso, la effettiva destinazione delle somme mutuate a quel fine è parte inscindibile del regolamento voluto dalle parti e laddove il progetto concordato non sia realizzato e gli importi vengano utilizzati per altri fini (ed in particolare per ottenere da parte dell'ente erogatore ulteriori garanzie per propri preesistenti crediti) il contratto di mutuo è da considerarsi nullo ex art. 1418 C.C. per mancanza di causa negoziale, altrettanto è vero che la Suprema Corte ha rilevato che in presenza di mutuo ex art. 38 T.U.B. (come nel presente caso) è lecito il negozio stipulato per onorare debiti pregressi verso la banca mutuante poiché tra le finalità di un'operazione di credito fondiario rientra anche quella della utilizzazione delle somme ottenute per estinguere un debito precedente verso la banca concedente il finanziamento, non essendo in tale ipotesi ravvisabile un uso distorto dello strumento del mutuo (Cass. n. 28663.2013; Cass. n. 19282.2014). Ad abundantiam va poi osservato che, in ogni caso, deve essere valutato se la combinazione negoziale voluta dalle parti soddisfi comunque il requisito di liceità del negozio, o se essa abbia piuttosto avuto la finalità di aggirare un qualche divieto posto da norme imperative di legge tramite l'istituto del negozio indiretto e, solo nell'ipotesi di negozio in frode alle legge (cioè di negozio mirante alla realizzazione di una finalità pratica vietata dall'ordinamento giuridico), esso potrebbe essere sanzionato, con la nullità: nel caso esaminato allo stato non sussiste alcun elemento per potere ritenere che l'erogazione del mutuo dx art. 38 T.U.B. a favore di (...) Srl, abbia costituito negozio in frode alla legge. Da ultimo, anche a volere ritenere che il rapporto alla base fosse viziato da ipotesi di nullità, la conseguenza non sarebbe certamente, come sostenuto dall'opponente la gratuità del rapporto, ma semmai solo l'impossibilità di riconoscere come dovuti gli interessi richiesti, laddove nel presente non risulta in contestazione che anche buona parte della somma capitale erogata non sia stata restituita. Non appare poi neppure comprensibile l'eccezione di simulazione essendo pacifica, come detto, l'avvenuta erogazione della somma, anche se poi, in ipotesi, utilizzata da (...) Srl, per la eventuale copertura di precedenti posizioni debitorie con lo stesso soggetto. Quanto alla asserita nullità del contratto di mutuo per superamento del limite di finanziabilità (eccezione sub D). Osserva il Giudicante l'art. 38 T.U.B. prevede che l'importo massimo erogabile non possa essere superiore all'80% del valore dell'immobile oggetto dell'ipoteca iscritta a garanzia della restituzione delle somme mutuate e ciò per non esporre in modo eccessivo il mutuatario a rischi di spogliazione della parte restante del suo patrimonio ed in modo eccessivo rispetto al valore del finanziamento: nel presente caso l'eccezione appare del tutto generica neppure essendo specificato quale sarebbe il valore di mercato dell'immobile ipotecato e, d'altra parte, detta eccezione è correlata all'asserita nullità del mutuo per essere lo stesso condizionato e/o simulato, circostanza che, allo stato non può essere ritenuta sussistente per le ragioni in precedenza esposte. Quanto, infine, all'asserita usurarietà del contratto di mutuo, sia in riferimento alla violazione dell'art. 117 T.U.B. che all'avvenuta applicazione di interessi compensativi e moratori (eccezione sub E), essa si fonda su valutazioni effettuate unilateralmente dall'opponente e supportate dalla relazione tecnica di parte redatta peraltro sulla base di criteri che non appaiono condivisibili e non conformi all'orientamento ed ai principi in materia seguiti da questo Tribunale, facendo riferimento al computo ai fini del calcolo del TAEG anche della penale da estinzione anticipata (che rappresenta invece fatto sopravvenuto e dipendente dall'inadempimento del mutuatario) ed agli interessi c.d. compensativi e moratori. Inoltre anche a volere considerare, in astratto, la fondatezza, delle doglianze dell'opponente e, in ipotesi, la non debenza degli interessi già pagati da (...) Srl (da decurtarsi dal capitale ricevuto), va rilevato che risulta pacificamente, anche in base ai conteggi allegati alla suddetta consulenza di parte, che il debito attuale della mutuataria ammonterebbe comunque al minor importo di Euro 618.148,12. A tale proposito va poi osservato che a fronte di un rapporto di mutuo del 2011, poi oggetto di rinegoziazione nel 2013 con sospensione temporanea dei pagamenti della quota capitale delle rate, il debitore mai abbia sollevato (sino alla presente opposizione) alcuna doglianze e inoltre, come già indicato, neppure dai conteggi dell'opponente si ricavano elementi certo per potere affermare che, anche laddove le eccezioni sollevate siano fondate, esse siano tali da comportare l'azzeramento del residuo credito vantato del procedente pari, in oggi, ad Euro 778.000,00 circa, a fronte di un finanziamento pacificamente avvenuto in misura pari a Euro 718.000,00; In conclusione, per tutte le ragioni esposte non sussistono i presupposti per la sospensione della procedura esecutiva. Le spese di lite della presente fase seguono la soccombenza e vanno poste a carico di (...) Srl secondo applicazione del D.M. n. 55 del 2014, cause da Euro 520.000,00 a Euro 1.000.000,00, valori medi di tabella; P.Q.M. RESPINGE l'istanza di sospensione dell'esecuzione formulata da (...) Srl; ASSEGNA termine perentorio di giorni 90 dalla data di deposito della presente ordinanza per l'introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione al ruolo civile monocratico, a cura della parte interessata, nel rispetto dei termini a comparire di cui all'art. 163 bis c.p.c.., o altri se previsti, ridotti alla metà; CONDANNA (...) Srl al pagamento delle spese di lite della presente fase processuale che liquida in complessivi Euro 3.926,00 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A. (...)". Rileva il Giudicante che dalla lettura delle difese esposte dalle parti nel presente procedimento non si ravvisano elementi nuovi in relazione alle eccezioni sub A (inesistenza di un titolo esecutivo valido per procedere all'esecuzione forzata stante la nullità del contratto di mutuo in quanto condizionato, privo di causa e/o simulato), B (nullità della procura conferita alla (...) Srl e alla (...) Spa e, quindi, difetto di legittimazione attiva del creditore procedente), C (omessa notifica del titolo esecutivo) ed E (usurarietà del contratto di mutuo e conseguente nullità dello stesso ex art. 117 T.U.B e 1815 comma 2 C.C. delle clausole relative agli interessi compensativi e moratori), ragione per la quale in relazione a tali eccezioni possono essere integralmente richiamati e ribadite gli argomenti già esposti dal G.E. nell'ordinanza 8.2.2021 sopra riportata. Quanto poi all'eccezione sub D (nullità del contratto di mutuo per superamento del limite di finanziabilità), va osservato che l'opposta ha ulteriormente evidenziato che, in ogni caso, anche laddove si fosse verificato (fatto peraltro in alcun modo provato da (...) Srl) il superamento del limite di finanziabilità, il mutuo fondiario ben potrebbe essere oggetto di conversione in mutuo ordinario. Premesso che la sopra richiamata istanza è stata formulata da (...) Srl nella comparsa di costituzione della presente vertenza e, quindi, tempestivamente (a nulla rilevando in questo giudizio gli atti del diverso procedimento di opposizione all'esecuzione radicato nell'ambito del giudizio esecutivo) in relazione alla questione del possibile superamento del limite di finanziabilità del mutuo e delle conseguenza che ne possono derivare, anche tenuto conto della richiesta di conversione formulata dal soggetto mutuante, va osservato quanto segue. L'art. 38, comma 2 del D.Lgs. n. 385 del 1993 dispone che " (?) La B.D., in conformità delle deliberazioni del C.I.C.R, determina l'ammontare massimo dei finanziamenti, individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi, nonché le ipotesi in cui la presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie non impedisce la concessione dei finanziamenti (...)"; il C.I.C.R, con Deliberazione del 22.4.1995, ha statuito che "(...) l'ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario è pari all'80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi (...)" (limite elevabile al 100% in caso di prestazione di particolari garanzie integrative). Sul tema delle conseguenze negoziali ricadenti sui mutui fondiari erogati in misura superiore al limite di finanziabilità, fissato dalla legge e dalla regolamentazione amministrativa la Suprema Corte è intervenuta recentemente superando il proprio precedente orientamento cristallizzato in anteriori decisioni (ad es. Cass. n. 26672.2013; Cass. n. 27380.2013, Cass. n. 22446.2015; Cass. n. 4471.2016; Cass. n. 13164.2016) statuendo il principio per il quale il superamento del limite di finanziabilità determina la nullità del mutuo fondiario; in particolare la Cassazione aveva per lungo tempo ritenuto che unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto fosse tale da determinarne la nullità, non essendo sufficiente, invece, la violazione di norme, anch'esse imperative, ma riguardanti il comportamento dei contraenti, sul presupposto che la determinazione dell'importo massimo finanziabile era prevista unicamente a tutela del sistema bancario, sicché la soglia di finanziabilità investiva esclusivamente il comportamento della banca finanziatrice, tenuta a non esporsi oltre un limite di ragionevolezza, senza tuttavia incidere sul sinallagma: in sostanza, secondo il citato orientamento, solo la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto era suscettibile di determinarne la nullità, mentre la disposizione dell'art. 38 del T.U.B, costituiva, soltanto norma di "buona condotta" la cui violazione poteva, comportare esclusivamente l'irrogazione delle sanzioni previste dall'ordinamento bancario; d'altra parte ipotizzare la nullità del mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità significava travolgere la connessa garanzia ipotecaria, con il risultato, ritenuto paradossale, di pregiudicare il valore della stabilità patrimoniale della banca (il tutto sull'assunto che, anche nel credito fondiario, il cliente ha tutto l'interesse a ottenere il finanziamento nel massimo importo possibile, anche a prescindere dal limite di finanziabilità e che, in ogni caso, il rispetto di detto limite non è una circostanza rilevabile dal contratto in quanto l'accertamento in proposito può avvenire solo tramite valutazioni estimatorie dell'immobile oggetto di finanziamento, suscettibili di opinabilità e soggette a margini di incertezza valutativa e come tali non rilevabili dal testo del contratto). La Suprema Corte ha però (inizialmente con la sentenza n. 17352.2017) recentemente superato il proprio precedente orientamento, evidenziando che il mutuo fondiario che comporta la violazione del principio del divieto di superamento del limite di finanziabilità, cioè l'80% del valore dei beni ipotecati, deve considerarsi non affetto da una mera irregolarità, bensì radicalmente nullo (e, peraltro, su richiesta del mutuante, convertibile in un valido mutuo ipotecario non fondiario); la Corte ha precisato che non si può ritenere il mutuo fondiario sopra soglia una mera irregolarità, suscettibile solamente di una sanzione amministrativa da parte dell'Autorità di vigilanza, in quanto il limite di finanziabilità costituisce uno degli elementi essenziali perché un contratto di mutuo possa definirsi fondiario aggiungendo che eccedere la soglia significa violare una norma imperativa, dettata nell'interesse dell'economia nazionale, da cui discende, inevitabilmente, la nullità del contratto. Come detto tuttavia, ferma restando la nullità del contratto di mutuo, la sentenza sopra richiamata ha concluso ritenendo possibile ricorrere all'istituto della conversione ex art. 1424 c.c., applicando il quale il contratto di finanziamento fondiario mutuo produce gli effetti di un mutuo ordinario: in base a tale orientamento, in tema di mutuo fondiario se, da un lato, il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 385 del 1993 rappresenta elemento essenziale del contenuto del contratto ed il suo mancato rispetto determina la nullità del contratto stesso in quanto costituisce un limite inderogabile all'autonomia privata in ragione della natura pubblica dell'interesse tutelato, volto a regolare il "quantum" della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare ed agevolare e sostenere l'attività di impresa, dall'altro, al tempo stesso, sussiste, tuttavia, possibilità di conversione dell'originario rapporto in ordinario finanziamento ipotecario, ove ne sussistano i relativi presupposti e segnatamente in presenza di istanza formulata dalla parte creditrice; questo nuovo indirizzo ha trovato poi successiva conferma, a più riprese, nelle sentenze Cass. n. 11201.2018; Cass. n. 13286.2018; Cass. n. 22466.2018; Cass. n. 17439.2019. Pur in presenza di differenti valutazioni della problematica (al punto che la Suprema Corte con pronunzia n. 4117.2022, ha rimesso al primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite civili la questione inerente agli effetti del superamento del limite di finanziabilità - pari all'80% del "valore" dei beni ipotecati o del "costo" delle opere da eseguire sugli stessi - nelle operazioni di credito fondiario ex art. 38 T.U.B.) va osservato che il sopra richiamato orientamento è stato da ultimo confermato dalla Cassazione ancora con la recentissima sentenza n. 7509.2022 secondo cui "(...) il mutuo pur qualificato come fondiario, ove non in regola con le disposizioni dell'art. 38 T.U.B. per intervenuto superamento dei limiti di finanziabilità, altro non è che un ordinario mutuo ipotecario; da un lato, non sussiste né la nullità del sinallagma né la verifica della possibilità di dar luogo alla conversione in altro tipo di contratto, ma semplicemente si fa luogo alla disapplicazione della speciale disciplina del mutuo fondiario, con conservazione del contratto di mutuo ipotecario originario e della garanzia ipotecaria; permane oggi quindi una disciplina caratterizzata da una serie di privilegi sostanziali e processuali attribuiti al finanziatore (nei mutui fondiari), alcuni dei quali di significativo impatto anche sui principi generali del processo esecutivo individuale e concorsuale, tra cui: la facoltà di eleggere domicilio, ai fini dell'iscrizione ipotecaria, presso lapropria sede, invece che nella circoscrizione del tribunale in cui ha sede la conservatoria dei registri immobiliari (art. 2839 c.c.); il cd. consolidamento breve dell'ipoteca fondiaria, non soggetta a revocatoria fallimentare se iscritta almeno dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza di fallimento del debitore concedente o del terzo datore di ipoteca; l'estensione della garanzia ipotecaria anche in caso di clausole di indicizzazione, ove menzionate nella nota di iscrizione, in deroga all'art. 2855 c.c.; l'esenzione dalla revocatoria fallimentare dei pagamenti effettuati dal debitore poi dichiarato fallito; una serie di ulteriori agevolazioni nel procedimento esecutivo individuale, tra cui l'esonero dall'obbligo di notificazione previa del titolo esecutivo, la facoltà di proporre o di proseguire il processo esecutivo anche in caso di fallimento del debitore (salvo l'onere di insinuarvisi), il normale versamento diretto al creditore fondiario di rendite e prezzo di aggiudicazione (...)": in forza di tale impostazione è stato ribadito che in caso di mutuo fondiario anche laddove intervenga il superamento del limite di finanziabilità tale circostanza non comporta la nullità del mutuo stesso, ma esclusivamente la disapplicazione della disciplina di privilegio posta a tutela della parte creditrice senza che peraltro vengano ad essere pregiudicato, nel merito, le ragioni sostanziali su cui si fonda il titolo che legittima le azioni esecutive. Per i motivi sopra esposti, va osservato, che in ogni caso, in base a tale orientamento che questo Giudicante intende seguire (pur evidenziandosi che, buona parte della giurisprudenza di merito, continua anche a sostenere la piena validità del mutuo fondiario anche in caso di superamento del limite di finanziabilità valorizzando la tesi secondo cui la ratio della disposizione di cui all'art. 38 T.U.B. è rappresentata dalla tutela di stabilità delle singole banche e del sistema creditizio nel suo complesso che costituisce un'esigenza ben presente alla disciplina nazionale e comunitaria, con la conseguenza che la sanzione di nullità del mutuo, totale o parziale, continua ad essere ritenuta del tutto incongrua rispetto a tale finalità, in quanto determinerebbe un grave pregiudizio al recupero del credito della banca), poiché il creditore procedente ha richiesto la conversione del contratto di mutuo fondiario in mutuo ipotecario ordinario (non è in contestazione il fatto che il debitore esecutato (...) Srl non abbia assolutamente provveduto alla restituzione per intero dell'importo ricevuto a titolo di capitale). Da ultimo e ad abundantiam, va, comunque, ribadito (sebbene trattasi di argomento ulteriore e non decisivo nell'ambito del presente procedimento) che anche nell'ipotesi residuale secondo la quale il mutuo fondiario, che non rispetti il rapporto tra valore del bene ipotecato e quello del capitale erogato, come fissato dalla normativa di cui all'art. 38 TUB, non solo sarebbe nullo, ma neppure oggetto di possibile conversione ex art. 1424 c.c., laddove l'istituto bancario fosse stato pienamente a conoscenza già al momento della stipula della violazione di norme imperative (Cass. n. 1193.2020), non potrebbe non evidenziarsi che la conseguenza della declaratoria di nullità sarebbe quello dell'eliminazione di tutti gli effetti negoziali derivati dal rapporto, con obbligo, in ogni caso, per i mutuatari (e quindi anche per i garanti) di rimborsare alla banca il solo capitale ricevuto in mutuo senza interessi (Corte di Appello di Venezia n. 2260.2019; Corte di Appello di Torino n. 872.2020): nel caso esaminato, sarebbe comunque configurabile, un residuo rilevante credito dell'istituto bancario. In conclusione deve essere respinta la domanda di (...) Srl di dichiarazione della l'inesigibilità del credito azionato da (...) Srl per i vari motivi di cui al ricorso introduttivo della fase di merito di opposizione all'esecuzione. Le spese di lite della presente seguono la soccombenza vanno poste a carico di (...) Srl e liquidate come in dispositivo (scaglione tra Euro 500.000,00 e Euro 1.000,0000,00, valori medi di tabella per le fasi processuali di studio, introduzione e decisione e minimi per la fase istruttoria non essendo stata espletata in essa specifica attività). Non sussistono i presupposti per la condanna di (...) Srl al risarcimento del danno da lite temeraria. Sentenza esecutiva ex lege. P.Q.M. ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo, RESPINGE l'opposizione proposta da (...) Srl avverso l'esecuzione radicata da (...) Srl; CONDANNA (...) Srl al pagamento a favore di (...) Srl delle spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 23.937,00 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.; Sentenza esecutiva. Così deciso in Savona l'8 luglio 2022. Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2022.

  • TRIBUNALE CIVILE DI SAVONA Composto dai Sigg.ri Magistrati: Dott. DAVIDE ATZENI - Presidente Rel. Dott. ERICA PASSALALPI - Giudice Dott. DANIELA MELE - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nei procedimenti riuniti iscritti ai nn. 362 e 497 del Ruolo Generale dell'anno 2021 vertente TRA G.C., rappresentato e difeso dall'Avvocato ...ed elettivamente domiciliato in Loano, via ... RICORRENTE E L.M., rappresentata e difesa dall'Avvocato ...ed elettivamente domiciliata in., via ... RESISTENTE E con l'intervento del Pubblico Ministero, rappresentato dal Procuratore della Repubblica in sede OGGETTO: separazione giudiziale Svolgimento del processo - Motivi della decisione Le risultanze processuali permettono di affermare con certezza che la prosecuzione della convivenza tra i coniugi L.M. e G.C. era ormai divenuta intollerabile. Tanto si evince dalle decise e categoriche affermazioni in proposito di entrambe le parti e dalle accuse che si rivolgono con i rispettivi scritti difensivi. Ne consegue che deve essere dichiarata la separazione giudiziale dei coniugi L.M. e G.C.. Per quanto poi concerne la domanda di addebito proposta dalla resistente L.M. nei confronti del marito, si rileva che la pronuncia di addebito a norma dell'art. 151 co. 2 c.c. postula non soltanto il riscontro di un comportamento consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, ma anche l'accertamento che a tale comportamento sia causalmente ricollegabile il deterioramento del rapporto coniugale e la situazione di intollerabilità della prosecuzione della convivenza: Cass. civ. 4656/86; Cass. civ., sez. I 21/8/97 n. 7817; Cass.civ. sez. I 11/12/98 n. 12489; Cass. civ. sez. I 18/3/99 n. 2444; Cass. civ. sez. I 9/6/2000 N. 7859); inoltre, al fine di decidere sulla domanda di addebito il giudice è tenuto ad esaminare la condotta di entrambi i coniugi. Ciò premesso, ritiene il Tribunale che nel caso di specie il contegno tenuto dal ricorrente G.C. nei confronti della moglie L.M. integri senza alcun dubbio quel "comportamento consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio" che, come testè evidenziato, è tale da integrare i presupposti dell'addebito della responsabilità della separazione coniugale. Al riguardo va infatti evidenziato che all'udienza presidenziale svoltasi in data 19.5.2021 il ricorrente ha ammesso di aver intrattenuto nel corso della convivenza matrimoniale una relazione extraconiugale con terza persona (cfr le dichiarazioni da esso rese nel corso dell'udienza: "oggi sono di fatto domiciliato a L. Via A. 480/5 in un immobile che conduco in locazione e per cui pago un canone di 400 Euro, in questo appartamento vivo con M.B., vivo con lei da quando mi hanno buttato fuori di casa, ho una relazione con questa signora da una decina d'anni, con noi vive anche il figlio della signora che ha circa 7 anni, il padre di questo bambino non l'ha voluto riconoscere e lei l'ha cresciuto da sola"). Sotto tale aspetto va anche evidenziato che all'esito del giudizio non è stata raggiunta la prova in ordine al fatto che nel momento in cui il Sig. G. ha intrapreso la relazione extraconiugale in esame - ovverosia nell'anno 2011 - i rapporti tra le parti si fossero già irreversibilmente deteriorati, prova che costituiva suo preciso onere fornire stante il condivisibile insegnamento della Suprema Corte e della migliore giurisprudenza di merito in base al quale "l'infedeltà viola uno degli obblighi direttamente imposti dalla legge a carico dei coniugi (art. 143, secondo comma c.c.), tale da giustificare la separazione. Spetta dunque all'autore della violazione dell'obbligo la prova della mancanza del nesso eziologico tra infedeltà e crisi coniugale, sotto il profilo che il suo comportamento si sia inserito in una situazione matrimoniale già compromessa e connotata da un reciproco disinteresse" (Cassazione civile sez. I, 25/05/2016, n.10823); "l'infedeltà viola uno degli obblighi direttamente imposti dalla legge a carico dei coniugi dal cit. art. 143, secondo comma, c.c. così da minare in radice l'affectio familiae in guisa tale da giustificare, secondo una relazione ordinaria causale, la separazione e l'addebito al coniuge che detta infedeltà ha commesso. La violazione dell'obbligo di fedeltà costituisce quindi la premessa, secondo il cd. id quod plerumque accidit, dell'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, per causa non indipendente dalla volontà dei coniugi, e quindi costituisce di per sé sola motivo di addebito. Una volta dimostrata la violazione dell'obbligo di fedeltà, nessun altro onere probatorio grava in capo al coniuge tradito. Spetta invece al coniuge che ha violato l'obbligo di fedeltà, dare la prova della mancanza del nesso eziologico tra detta violazione e la crisi coniugale. Per andare esente dalla pronunzia di addebito, questi deve dimostrare che il suo comportamento si è inserito in una situazione matrimoniale già compromessa e connotata da un reciproco disinteresse; in altri termini, che la crisi del rapporto matrimoniale era già in atto" (Tribunale Venezia sez. II, 15/04/2020, n.653). Peraltro nel caso di specie il fatto che al momento dell'instaurazione della detta relazione extraconiugale i rapporti tra le parti fossero già definitivamente compromessi pare essere decisamente da escludere, considerato che circa 3 anni dopo l'inizio della relazione le parti hanno avuto la figlia secondogenita I., in oggi di anni 8. Viceversa, il ricorrente non ha fornito alcuna prova in ordine a comportamenti ostili e/o offensivi e/o contrari ai doveri del matrimonio in ipotesi tenuti dalla moglie; al riguardo va in particolare evidenziato che all'esito del giudizio non è emersa la prova in ordine al fatto - dedotto dal Sig. G. nelle proprie difese - che anche la Sig.ra L., nel corso della convivenza tra le parti, abbia intrattenuto relazioni extraconiugali con terzi soggetti. La domanda di addebito proposta dalla resistente deve pertanto trovare accoglimento. Venendo ora a trattare delle ulteriori domande conseguenti alla separazione proposte dalle parti, e per quanto innanzitutto concerne il regime di affido, di collocazione abitativa e di visita delle figlie minori delle stesse I. ed I. (rispettivamente di anni 15 e 8), non può innanzitutto trovare accoglimento la domanda proposta dalla resistente al fine di ottenere l'affido in via esclusiva delle minori, non risultando dagli atti di causa che il padre abbia tenuto nei confronti di queste ultime condotte non adeguate e/o comunque non confacenti agli interessi ed alle esigenze delle stesse che siano tali da indurre a ritenere opportuna una deroga alla regola generale dell'affido condiviso stabilita dal codice civile. Viceversa, risulta dalle relazioni in atti, redatte dai Servizi Sociali del Comune di Loano in data 22.9.2021 ed in data 22.4.2022 (oltre che dalle allegate relazioni redatte dall'educatrice che ha seguito gli incontri padre/figlie), che il ricorrente nell'ultimo anno ha frequentato regolarmente gli incontri protetti calendarizzati dal Servizi Sociali su incarico del Presidente del Tribunale, e che nel corso degli incontri si è comportato in modo adeguato ed è anche riuscito ad instaurare con la figlia minore I. un buon rapporto affettivo (cfr la relazione redatta dai Servizi Sociali in data 22.9.2021, ove si legge: "gli incontri sono stati organizzati circa uno ogni dieci giorni. Le ragazzine inizialmente sono più sospettose e ritirate, ma col procedere dell'incontro l'atmosfera si fa più rilassata....l'uomo, da quanto riferito dall'educatrice, è sempre adeguato, propositivo senza imporre nulla che le figlie non vogliano fare"; cfr inoltre, a mero titolo esemplificativo, la relazione redatta dall'educatrice con riferimento all'incontro tenutosi in data 10.2.2022: "una volta finita la merenda la piccola chiede al papà se possono giocare insieme. Lui la prende per mano, la fa salire sull'altalena e insieme si mettono a giocare. La piccola chiede al papà se può giocare con lei a nascondino come l'altra volta. Lui risponde di sì. Inizia dunque a contare e la piccola si nasconde. Il papà inizia a cercarla e giocano insieme. La piccola sale sullo scivolo e chiede al papà se la può far scendere da lì e si butta tra le braccia del papà...."). È inoltre pacifico in causa che il sig. G. ha sempre provveduto regolarmente a versare alla resistente il contributo al mantenimento delle figlie minori posto a suo carico dal Presidente del Tribunale all'udienza del 19.5.2021. Il fatto poi che i rapporti tra le parti siano ancora caratterizzati da una notevole conflittualità non assume - allo stato - rilevanza determinante ai fini che qui interessano, considerato che secondo il costante e consolidato insegnamento della Suprema Corte la mera sussistenza di una situazione di difficoltà di dialogo e di incomprensione tra i genitori non è sufficiente, di per sé sola, a giustificare la deroga alla regola generale dell'affido condiviso, potendo al limite la stessa rendere necessario - qualora il disaccordo tra i genitori continui a protrarsi e finisca per diventare eccessivamente pregiudizievole per i figli, dando luogo ad una impossibilità di svolgimento della funzione genitoriale o ad una eccessiva difficoltà nello svolgimento della funzione medesima - il ricorso a misure di altra natura (quale ad esempio, ove ciò sia indispensabile per tutelare il superiore interesse alla crescita sana ed equilibrata dei figli minori, quella dell'affido degli stessi ai Servizi Sociali territorialmente competenti). In considerazione di tali circostanze le figlie minori devono dunque essere affidate in modo condiviso ad entrambi i genitori, con collocazione abitativa stabile presso la madre. Per quanto poi concerne la determinazione delle modalità e delle tempistiche degli incontri padre/figlie, il Tribunale ritiene necessario procedere ad una diversificazione della regolamentazione delle visite tra il ricorrente e la figlia minore I. rispetto alle visite tra di esso e la figlia minore I.. Al riguardo va infatti evidenziato che mentre all'esito degli incontri protetti il Sig. G. è riuscito ad instaurare un buon rapporto affettivo con la minore I. - circostanza questa che induce a ritenere che le visite padre/figlia possano in questo caso essere ormai normalizzate e liberalizzate, con la previsione dunque di un regime di incontri e di frequentazione "standard" - non può invece pervenirsi alle stesse conclusioni per quanto concerne il rapporto tra il ricorrente e la figlia I.. Dalle relazioni dei Servizi Sociali e dell'educatrice che ha seguito gli incontri è infatti emersa la sussistenza e la persistenza di considerevoli problematiche nel rapporto del padre con I., avendo quest'ultima tenuto nei confronti del genitore un atteggiamento improntato a chiusura (per motivi verosimilmente risalenti alle dinamiche dei rapporti interpersonali sussistenti all'epoca della coabitazione dei componenti del nucleo familiare) di fronte ai pur volenterosi e costanti tentativi del Sig. G. di instaurare anche con lei un rapporto di affetto, di dialogo e di comunicazione analogo a quello che esso è invece riuscito ad stabilire con la figlia più piccola (cfr sul punto le relazioni redatte dall'educatrice, dalle quali peraltro è anche dato riscontrare che nel corso degli incontri I. è non di rado passata da un iniziale atteggiamento di diffidenza e di apparente scarsa disponibilità al dialogo ad un atteggiamento di maggiore disponibilità ed apertura nei confronti del ricorrente; nella relazione dell'incontro tenutosi in data 24.8.2021 ad esempio si legge: "mentre parliamo del pranzo, la figlia grande chiede al padre se le può portare a mangiare il sushi; il padre sorridendo le chiede: "come mai ti piace il pesce crudo?" lei risponde che le piace tanto perché sono delle cose nuove che vorrebbe provare, poi aggiunge che ci sono anche tante altre cose facendogli vedere il menu sul telefono. Lui chiede dove si trova il posto per mangiare e lei gli risponde che è a Loano, lui dice che non c'è problema e ci possiamo organizzare per una prossima volta. Appare che negli ultimi momenti dell'incontro la figlia grande inizia a sciogliersi un po' parlando con il padre e giocando insieme a lui e nascondendo una moneta alla piccola.. ..mentre camminiamo verso il luogo di incontro con la mamma le figlie giocando cercano di mettere in difficoltà il padre chiedendogli di fare dei calcoli....lui risponde sbagliando appositamente per far ridere le ragazze chiedendo di fagli altre domande"; nella relazione del 10.3.2022 poi si legge: "il papà.. ..viene a sedersi accanto alla figlia grande. Lei dunque cerca sul telefono i suoi lavori e alla fine ne mostra solo 2 dicendo che gli altri li ha cancellati. Il papà le fa i complimenti e lei lo ringrazia. Dopodiché apre di nuovo il telefono e mostra altri 2 lavori dicendo "ho trovato anche questi". Per la prima volta la figlia grande appare contenta di parlare con suo papà"). Tale situazione relazionale, evidentemente ancora in divenire ed ancora caratterizzata da una certa fluidità, induce pertanto a ritenere opportuno disporre allo stato una prosecuzione degli incontri protetti tra il ricorrente e la minore I.. Ciò premesso il Tribunale, tenuto conto delle circostanze testè evidenziate, stima opportuno provvedere sul punto in esame nei termini seguenti: "dispone l'affido delle figlie minori delle parti I. ed I. in modo condiviso ad entrambi i genitori, con collocazione abitativa delle stesse presso la madre; il padre potrà vedere la figlia minore I. nell'ambito di incontri protetti che verranno calendarizzati tempo per tempo dai Servizi Sociali territorialmente competenti; qualora tali incontri abbiano esito positivo i Servizi Sociali potranno procedere alla calendarizzazione di incontri liberi, previa audizione della minore e sempre che ciò non si riveli pregiudizievole per la sana e serena crescita della stessa; il padre potrà tenere con sé la figlia minore I. a fine settimana alternati dalle ore 9,00 del sabato alle ore 19,00 della domenica, nonché un pomeriggio infrasettimanale; la minore I. trascorrerà inoltre con il padre 7 giorni durante le vacanze natalizie (alternativamente comprendenti il giorno di Natale ed il giorno di C.), 3 giorni durante le vacanze pasquali (alternativamente comprendenti il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell'Angelo) e 15 giorni anche non consecutivi durante le vacanze estive, nonché, ad anni alterni, il giorno del compleanno". I Servizi Sociali territorialmente competenti provvederanno inoltre ad organizzare un percorso di sostegno psicologico in favore della figlia minore I.. Stante la considerevole conflittualità che ancora caratterizza i rapporti tra le parti, le stesse devono essere inoltre invitate ad intraprendere un percorso congiunto di mediazione familiare. Per quanto poi concerne il contributo al mantenimento delle figlie minori da porre a carico del padre quale genitore non collocatario, va evidenziato: 1) che il ricorrente all'udienza presidenziale ha dichiarato di svolgere attività lavorativa quale artigiano edile (titolare di una ditta individuale), e di ritrarre da tale attività un reddito mensile netto pari a circa Euro 1.300,00; 2) che tuttavia esso nelle successive difese ha dichiarato, dandone anche prova mediante le proprie produzioni documentali, di aver provveduto nel giugno del 2021 a chiudere la propria ditta individuale, evidenziando di essere stato costretto a procedere a tale chiusura a causa della riduzione dell'attività lavorativa causata dalla pandemia da COVID 19; 3) che esso nelle proprie difese finali ha tuttavia dichiarato di svolgere ancora attualmente attività lavorativa quale artigiano edile, sia pure in modo non regolarizzato; 4) che è pacifico in causa che esso abbia sempre provveduto - e stia tuttora provvedendo - a versare regolarmente gli importi di cui agli assegni di mantenimento posti a suo carico in sede di udienza presidenziale, ciò da cui è dato desumere, allo stato, che i suoi redditi attuali sono comunque di entità tale da permettergli di continuare a versare gli importi medesimi nella stessa misura stabilita dal Presidente del Tribunale; 5) che esso abita in un alloggio sito in L. preso in locazione per un canone mensile di Euro 400,00, nel quale risiede assieme alla propria compagna ed al figlio minore di quest'ultima; 6) che esso ha dedotto che la propria compagna svolge attività lavorativa alle dipendenze di un'impresa di pulizie per uno stipendio pari a circa Euro 600,00/700,00 mensili netti, ciò da cui è dato desumere che le spese per la locazione dell'alloggio siano da esso sostenute anche grazie al contributo economico della propria compagna; 7) che la resistente svolge attività lavorativa quale collaboratrice familiare non regolarizzata, attività dalla quale - secondo quanto da essa dichiarato in sede di udienza presidenziale - ritrae un reddito pari a circa Euro 500,00 mensili netti; 8) che con tali esigue entrate essa deve far fronte - in modo prevalente rispetto al marito - sia alle esigenze personali proprie che alle esigenze personali delle figlie minori con essa conviventi; 9) che le esigenze personali e di vita delle figlie minori sono sicuramente aumentate rispetto all'epoca in cui sono stati adottati i provvedimenti presidenziali provvisori ed urgenti (è infatti circostanza notoria che le esigenze dei figli minori aumentano con la crescita degli stessi); 10) che la resistente risiede assieme alle figlie minori nella ex casa coniugale sita in B.S.S., per la quale deve corrispondere un canone di locazione pari ad Euro 400,00 mensili. Ciò premesso, il Tribunale, tenuto conto delle circostanze testè evidenziate ed in particolare delle condizioni economiche delle parti nonché delle esigenze personali e di vita delle figlie minori desumibili dalla loro età, stima opportuno provvedere sul punto in esame nei termini seguenti: "pone a carico del padre l'obbligo di corrispondere alla madre entro il giorno 10 di ogni mese, a titolo di concorso al mantenimento delle figlie minori I. ed I., la somma di Euro 300,00 mensili (pari ad Euro 150,00 per ciascuna figlia) annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT, oltre al 50 % delle spese straordinarie mediche, scolastiche, sportive e ricreative". Per l'esatta individuazione delle spese straordinarie ritiene il collegio opportuno evidenziare le seguenti considerazioni, elaborate in conformità alla giurisprudenza maggioritaria. Per quanto riguarda quelle attinenti al profilo scolastico/educativo del minore, occorre rilevare che entrano tra le "spese ordinarie", anche se parametrate nell'arco di un anno e non di carattere giornaliero, quelle effettuate per l'acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, dell'abbigliamento per lo svolgimento dell'attività fisica a scuola. Tutto ciò, ovviamente, basandosi sulla considerazione che la frequenza scolastica da parte del minore non è qualcosa di eccezionale ed imprevedibile ma, al contrario, di obbligatorio e fondamentale. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto deve essere considerata una "spesa ordinaria" in relazione al normale standard di vita seguito dal minore fino al momento della crisi familiare, con eventuale possibilità di aumentare l'assegno di mantenimento precedentemente disposto per far fronte a tale esigenza (Tribunale per i minorenni di Bari, decreto del 06 ottobre 2010). Per quanto riguarda, invece, i viaggi studio all'estero (Cass. Civ., n. 19607, del 2011), la partecipazione alle gite scolastiche e le ripetizioni scolastiche o gli sport (Tribunale di Roma, n. 147, del 2013) esse debbono essere ricondotte alla categoria delle "spese straordinarie". Per quanto concerne, poi, le eventuali e future spese per la formazione universitaria (tasse e libri scolastici), dovranno intendersi quali "spese ordinarie", tali da giustificare una richiesta di modifica in aumento dell'assegno periodico non trattandosi, infatti, di spese di carattere saltuario e eccezionale o comunque imprevedibile ma, al contrario, assolutamente normali e durevoli nel tempo (Cass. Civ., n. 8153, del 2006). Relativamente, ancora, alle esigenze sanitarie della prole le quali, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle "spese ordinarie" ed altre volte qualificate come "spese straordinarie", si deve ritenere che rientrino tra le prime, secondo quanto risulta da innumerevoli pronunce dei giudici di merito, le c.d. "cure ordinarie", come le visite pediatriche, l'acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente, visite di controllo routinarie (Tribunale di Catania, 04 dicembre 2008; Corte d'App. di Catania, 29 maggio 2008 e 05 dicembre 2011). Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi "spesa ordinaria" essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione (Cass. civ., n. 18618, del 2011). Diversamente dovranno essere qualificate come "straordinarie" le spese concernenti un improvviso intervento chirurgico, dei trattamenti psicoterapeutici, dei cicli di fisioterapia necessari in seguito ad un incidente stradale od altro ed, infine, quanto erogato per acquistare un paio di occhiali da vista al minore o l'apparecchio ortodontico (Tribunale di Perugia, n. 967, del 2011). Infine, la vita del minore, ovviamente, si compone anche di essenziali momenti ludici e di svago che i genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico-reddituale, sono chiamati a soddisfare. Così l'acquisto di un computer o quello di un motorino, dovrà essere qualificato come "spesa straordinaria", od anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli (Tribunale di Ragusa, n. 278, del 2011; n. 243, del 2011). In caso di separazione personale fra i coniugi, il coniuge al quale non sia addebitabile la separazione, ha il diritto di ricevere dall' altro coniuge un assegno di mantenimento, qualora non abbia redditi propri adeguati a consentirgli di mantenere un tenore di vita tendenzialmente analogo a quello che le potenzialità economiche complessive dei coniugi erano idonee a garantirgli prima della separazione. In tema di separazione personale tra i coniugi, le condizioni per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono la non titolarità di redditi propri che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e la sussistenza di una disparità economica tra le parti. D'altro canto, ai fini della determinazione della misura dell'assegno di mantenimento occorre, ai sensi dell'art. 156 c.c. comma 2, avere riguardo "alle circostanze e ai redditi dell'obbligato" intendendosi per circostanze tutti quegli elementi fattuali di ordine economico o comunque apprezzabili in termini economici, suscettibili di incidenza sulle condizioni delle parti. Ciò premesso, va evidenziato che dalle risultanze probatorie emerse all'esito del giudizio è dato desumere che le possibilità di produrre reddito da attività lavorativa del ricorrente sono superiori -quantomeno potenzialmente - rispetto a quelle della resistente; al riguardo va tra l'altro sottolineato che il fatto che il settore lavorativo del ricorrente (quello dell'edilizia) sia notoriamente in netta ripresa ed espansione a seguito del venire meno delle restrizioni alla libertà di circolazione stabilite dalla normativa adottata per far fronte alla pandemia da COVID 19 induce a ben sperare circa la possibilità per il Sig. G. di reperire, in un prossimo futuro, nuove opportunità lavorative dalle quali poter ritrarre il reddito necessario a consentirgli di contribuire in modo significativo al sostentamento - oltre che delle proprie figlie - anche della resistente. Quanto al contributo per il mantenimento della moglie appare, pertanto, congruo l'importo mensile pari ad Euro 180,00 già disposto dal Presidente del Tribunale in sede di determinazione delle condizioni provvisorie di separazione. Stante l'esito della controversia devono ritenersi sussistenti giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e conclusione rigettata, così dispone: 1) dichiara la separazione personale di L.M. e G.C., coniugi per matrimonio contratto in Toirano (SV) il 5/8/2006, con addebito della responsabilità della separazione al marito G.C.; 2) dispone l'affido delle figlie minori delle parti I. ed I. in modo condiviso ad entrambi i genitori, con collocazione abitativa delle stesse presso la madre; il padre potrà vedere la figlia minore I. nell'ambito di incontri protetti che verranno calendarizzati tempo per tempo dai Servizi Sociali territorialmente competenti; qualora tali incontri abbiano esito positivo i Servizi Sociali potranno procedere alla calendarizzazione di incontri liberi, previa audizione della minore e sempre che ciò non si riveli pregiudizievole per la sana e serena crescita della stessa; il padre potrà tenere con sé la figlia minore I. a fine settimana alternati dalle ore 9,00 del sabato alle ore 19,00 della domenica, nonché un pomeriggio infrasettimanale; la minore I. trascorrerà inoltre con il padre 7 giorni durante le vacanze natalizie (alternativamente comprendenti il giorno di Natale ed il giorno di C.), 3 giorni durante le vacanze pasquali (alternativamente comprendenti il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell'Angelo) e 15 giorni anche non consecutivi durante le vacanze estive, nonché, ad anni alterni, il giorno del compleanno; 3) dispone che i Servizi Sociali territorialmente competenti provvedano ad organizzare un percorso di sostegno psicologico in favore della figlia minore I.; 4) invita le parti ad intraprendere un percorso congiunto di mediazione familiare; 5) pone a carico del padre l'obbligo di corrispondere alla madre entro il giorno 10 di ogni mese, a titolo di concorso al mantenimento delle figlie minori I. ed I., la somma di Euro 300,00 mensili (pari ad Euro 150,00 per ciascuna figlia) annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT, oltre al 50 % delle spese straordinarie mediche, scolastiche, sportive e ricreative; 6) pone a carico del ricorrente l'obbligo di corrispondere alla resistente entro il giorno 10 di ogni mese, a titolo di concorso al mantenimento della stessa, la somma di Euro 180,00 mensili annualmente rivalutabili secondo gli indici ISTAT; 7) compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Conclusione Così deciso in Savona, il 6 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 7 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SAVONA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica nella persona della dr.ssa Laura Serra, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 2086/2020, promossa con atto di citazione DA (...) (C.F./P.IVA (...)) rappresentato e difeso dall'avv.to DA.CR., come da procura allegata all'atto di citazione depositato telematicamente PARTE ATTRICE CONTRO P. SRL (C.F./P.IVA (...)), rappresentato e difeso dagli avv.ti SA.TR. e MA.FU., come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente PARTE CONVENUTA OGGETTO: contratto di compravendita immobile - vizi costruttivi - risarcimento del danno e riduzione del prezzo MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato alla controparte, (...) ha adito il Tribunale di Savona esponendo che: - In data 30.8.2017 egli aveva sottoscritto una proposta irrevocabile d'acquisto per un immobile facente parte del compendio in corso di edificazione da parte di (...) s.r.l., sito in A. M., via M. 44; - A seguito dell'accettazione della proposta da parte della società venditrice costruttrice, il 21.9.2017 le parti sottoscrivevano contratto preliminare, nel quale veniva indicata la data di stipula del rogito il 28.2.2018; - A quel punto egli avviava con la banca l'iter per ottenere la concessione del mutuo necessario all'acquisto; nell'ottobre 2017 comunicava la disdetta dal contratto di locazione dell'abitazione fino ad allora abitata; provvedeva inoltre ad ordinare l'arredamento per la nuova casa, con consegna prevista nel termine concordato; ed anticipava nelle more il complessivo importo di euro 102.000 alla venditrice; - Tuttavia, la costruzione dell'edificio subiva notevoli ritardi imputabili alle maestranze incaricate da (...) s.r.l.. - Egli riceveva unicamente l'autorizzazione ad accedere all'alloggio per eseguire lavori di finitura, il montaggio di mobili e illuminazioni nel giugno 2018, ma non poteva prendere possesso dell'immobile; - nonostante le opere esterne dell'immobile fossero in parte non completate e in parte non eseguite a regola d'arte, il giorno 8.8.2018 egli era costretto a stipulare il contratto definitivo, ma si riservava ogni opportuna azione per la tutela dei propri interessi; - pertanto, l'attore si determinava ad instaurare procedimento per Accertamento Tecnico Preventivo, all'esito del quale il CTU nominato rinveniva l'esistenza di numerosi vizi e difetti costruttivi e rilevava la difformità tra lo stato realizzato e le opere descritte nel contratto preliminare (con riferimento alla classe energetica, alla mancanza dell'impianto fotovoltaico e della piscina - solarium). Il perito quantificava i costi di ripristino delle opere non realizzate a regola d'arte in euro 35.592,33 e la diminuzione del valore dell'immobile per la mancata realizzazione delle opere previste in euro 39.000 oltre iva. - A causa dei ritardi, il sig. (...) subiva inoltre dei danni patrimoniali, derivanti dalla necessità di pagare l'indennità di occupazione dell'alloggio condotto in locazione a seguito della scadenza del contratto, nonché di pagare 689,20 a titolo di corrispettivo per l'acquisto di un piatto doccia e lavabo compresi nel prezzo d'acquisto dell'immobile ma non forniti da (...). - Egli aveva infine diritto di ottenere il rimborso delle spese sostenute per l'ATP. Tutto ciò premesso, l'attore ha chiesto accertare i vizi e le difformità di progettazione e costruzione dell'immobile compravenduto e conseguentemente condannare la (...) s.r.l. al pagamento dei danni subiti e della riduzione di valore del bene. Si è costituita (...) s.r.l., replicando alle avverse argomentazioni che: - La società aveva acquistato un terreno edificabile in relazione al quale otteneva un permesso di costruire originario (19411); - Rispetto all'idea iniziale, la costruttrice sviluppava un progetto che prevedeva la realizzazione di un complesso con piscina e solarium negli spazi comuni, con prezzi per gli appartamenti al piano terra di euro 3.000 al metro quadro. Sennonché, tale progetto veniva abbandonato in quanto non compatibile con le richieste di mercato. - (...) metteva, dunque, in vendita gli immobili in costruzione con le caratteristiche previste dal permesso di costruire 19411, ove non era prevista la realizzazione di piscina e solarium. - Il sig. (...) si era impegnato ad acquistare l'unità abitativa 2, senza che né nel preliminare, né nel successivo contratto definitivo, fosse prevista la realizzazione di piscina e solarium nelle parti comuni. Ai contratti non era allegato alcun capitolato, né alcuna brochure illustrativa del progetto abbandonato. - Stanti i ritardi nella realizzazione dell'edificio, le parti raggiungevano un accordo transattivo in forza del quale il sig. (...) rinunciava a qualsivoglia pretesa risarcitoria, relativa alla posticipata consegna dell'immobile, a fronte dell'impegno di (...) a realizzare a proprie spese un muro di raccordo nell'esterno, voluto dall'acquirente, e a consentire a questi di fare e mantenere al di sotto del posto auto di proprietà della società una costruzione di 3,5 metri di altezza senza chiedere alcun corrispettivo o maggiorazioni di prezzo. - Quanto al piatto doccia e al lavabo, l'attore aveva comunicato che egli avrebbe provveduto autonomamente all'acquisto a proprie spese. - A seguito dell'espletamento della CTU in sede di ATP, le parti avevano raggiunto una intesa transattiva in relazione ai vizi enucleati dal perito come A3 (omessa realizzazione di parte della ringhiera sul muro di confine); A5 (fessurazione sui muri esterni) ed A6 (spazio interstiziale a quota inferiore lungo il confine), con rinuncia alle relative domande risarcitorie nel giudizio e spese compensate. - I restanti vizi che l'attore lamentava non erano suscettibili di essere ristorati in quanto: 1) l'attore era incorso nella decadenza di cui all'art. 1495 c.c. e i vizi non potevano essere qualificati ex art. 1669 c.c.; 2) relativamente a quelli sulle parti comuni l'attore aveva al più il diritto ad ottenerne il ristoro nei limiti della propria quota millesimale di proprietà, pari a 129,60 millesimi; 3) (...) non si era mai obbligata a vendere all'attore un immobile con finiture, materiali e impianti indicati dalla controparte al documento 2, né a realizzare piscina e solarium, impianti fotovoltaici e ad assicurare la classe energetica A; 4) sulla lamentata rifinitura irregolare dell'asfaltatura all'ingresso di via (...) l'attore non aveva legittimazione, poiché la strada sarebbe stata ceduta al Comune di Albissola in ottemperanza agli oneri di urbanizzazione assunti dalla società costruttrice. Parte convenuta ha quindi concluso chiedendo: - dichiarare cessata la materia del contendere in relazione ai vizi A3, A5 e A6 per i quali era intervenuta una transazione tra le parti con accordo sulla compensazione delle spese; - e rigettare tutte le altre domande proposte nei suoi confronti. La causa è stata istruita mediante l'acquisizione della CTU eseguita in sede di ATP, l'escussione di testimoni e l'assunzione dell'interrogatorio formale dell'attore. All'esito, è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e in tale sede trattenuta in decisione, previa assegnazione di termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. La domanda dell'attore è solo parzialmente fondata e può essere accolta nei limiti e per le ragioni che di seguito si espongono. In primo luogo, deve darsi atto che - per pacifica ammissione delle parti - è cessata la materia del contendere in relazione ai vizi enucleati dal CTU nella perizia resa in sede di ATP come A3, A5, A6, sui quali (...) e (...) s.r.l. hanno raggiunto un accordo transattivo, che contempla peraltro la compensazione delle spese di lite. Il giudice, pertanto, non è chiamato a vagliare la fondatezza della pretesa originariamente formulata in relazione a tali aspetti, neppure sotto il profilo della soccombenza virtuale (avendo le parti bonariamente concordato la regolamentazione delle spese processuali). Tanto premesso, occorre considerare che l'attore, nulla eccependo in ordine alla validità e all'efficacia del contratto di compravendita di immobile stipulato con (...) s.r.l., ha azionato nel presente giudizio due distinte domande: 1) la prima avente contenuto risarcitorio, sia per i danni derivanti da vizi costruttivi afferenti l'immobile compravenduto e imputabili all'impresa costruttrice venditrice; sia per i danni cagionati dal ritardo nella consegna del bene, sempre addebitabile alla convenuta; 2) la seconda, di natura estimatoria, per ottenere l'equivalente economico della riduzione di valore dell'immobile acquistato, in quanto costruito con caratteristiche deteriori rispetto a quelle previste contrattualmente. Sulla domanda di risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta Quanto alla prima, richiamando le risultanze della CTU svolta in sede di ATP, (...) si duole in primis dei difetti costruttivi dai quali risulta viziato l'immobile compravenduto, ed in particolare consistenti in: A1) rifinitura irregolare dell'asfaltatura in corrispondenza dell'ingresso su via (...) e, in prossimità del cancello di ingresso alle unità immobiliari 2 e 4, distacchi delle lattonerie e degli elementi costruttivi non correttamente rifiniti come regola d'arte imporrebbe; A2) scale comuni: le alzate non risultano ricoperte da alcun elemento di finitura ma semplicemente intonacate e tenuto conto che trattasi di scale esterne presentano macchie da fenomeni di gocciolature; A4) aiuola con ulivo: in prossimità delle scale private di accesso all'alloggio del ricorrente insisteva una aiuola circondante una pianta di ulivo dichiarata pericolante da apposita perizia e quindi asportata dal sig. (...), il quale ha quindi ricoperto l'aiuola con pavimentazione uguale a quella circostante. In seguito alla detta lavorazione, in occasione di piogge l'acqua che prima si riversava nell'aiuola ristagna non venendo di fatto raccolta dalla griglia di scarico. Pertanto, egli chiede il risarcimento dei danni, individuati nei costi necessari per il ripristino dei luoghi e per l'eliminazione delle cause che arrecano pregiudizio. In via preliminare va detto che, relativamente a tali vizi, non è fondata e deve essere rigettata l'eccezione di decadenza e di prescrizione fatta valere da parte convenuta. Si conviene con la difesa di (...) s.r.l. che l'azione debba essere qualificata ai sensi dell'artt. 1490-1492-1495 c.c., in quanto per tipologia e consistenza i vizi denunciati non rientrano certamente nell'alveo applicativo di cui all'art. 1669 c.c.. Tanto chiarito, occorre considerare che, fin dal momento della stipula del rogito (a decorrere dal quale è stato trasferito il diritto che presuppone l'azione ex art. 1490 e ss. c.c.), l'attore ha denunciato tempestivamente l'esistenza di vizi attinenti alla parte esterna dell'edificio. Egli, infatti, ha trasmesso diverse missive di lamentela, tra cui rileva ai fini che interessano quella del 9 agosto 2018, di solo un giorno successiva alla stipulazione del contratto definitivo. In tale comunicazione viene chiaramente denunciata la lamentata situazione relativa alle porzioni esterne dell'immobile. Sebbene non siano indicati espressamente i singoli vizi, è del tutto evidente che il contenuto della missiva debba essere connesso alla di poco precedente lettera del direttore lavori, (...), il quale dava atto delle opere ancora da ultimare ed eseguire. Pertanto, la stessa costituisce idonea denuncia atta ad impedire il maturare della decadenza di cui all'art. 1495 c.c. Inoltre, anche la prescrizione dell'azione non si è verificata, poiché l'attore ha trasmesso comunicazione di invito alla stipulazione di negoziazione assistita nel mese di gennaio 2019 (doc. 11), ha promosso il ricorso per ATP nel mese di novembre 2019 (doc. 20) ed ha introdotto il presente giudizio nel mese di settembre 2020, sicché ha validamente interrotto il termine annuale di prescrizione previsto dalla norma, fino all'introduzione della causa. L'immobile è infatti stato consegnato all'attore nel mese di agosto 2018, dunque meno di un anno prima del primo atto interruttivo. Superata l'eccezione preliminare, nel merito, con riguardo al vizio catalogato A1, la domanda - per come proposta - non può essere accolta. È pacifico tra le parti e deve pertanto ritenersi provato ai sensi dell'art. 115 c.p.c. che la strada di ingresso da via (...) sia ancora attualmente in proprietà di (...) s.r.l. in quanto oggetto di opere di urbanizzazione, che la società costruttrice si è impegnata a trasferire al Comune. Parte convenuta ha allegato fin dalla comparsa di costituzione, ed ha ribadito anche nella seconda memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. in modo specifico, che il raccordo in asfalto oggetto di valutazione da parte del CTU nella sezione A-1, individuato nelle fotografie pubblicate a pagina 8 dell'elaborato del CTU, non è porzione comune dell'edificio, ma è rimasto in proprietà della società venditrice. Tale fatto, pur in quanto nella necessaria conoscenza di entrambe le parti (essendo evidentemente onere del condomino conoscere quali siano le parti comuni dell'edificio), non è stato mai contestato dall'attore. Muovendo da tale presupposto fattuale, occorre allora rilevare che, al fine di vedere eliminato l'avvallamento insistente sul sedime stradale, che provoca ristagni d'acqua all'ingresso della proprietà attorea, il sig. (...) avrebbe dovuto domandare la condanna ad un facere nei confronti della società convenuta, per ottenere da questa l'esecuzione delle opere di messa in pristino dei luoghi, e non già la condanna al risarcimento dei danni. Ed invero, a causa dell'avvallamento sull'asfalto, riscontrato dal ctu, il sig. (...) subisce sì un danno, ma esso non coincide con i difetti della strada - di proprietà di terzi -, bensì con i ristagni di acqua all'ingresso della sua proprietà. In altri termini, la lesione della sfera patrimoniale dell'attore, cioè il suo danno, del quale solo ha diritto di chiedere ristoro, sia esso in forma specifica o per equivalente, è integrato dalle opere necessarie per ripristinare il suo immobile, se ed in quanto intaccato dai ristagni di acqua, e così nell'equivalente monetario dei relativi costi. Invece, i costi necessari alla messa in pristino della strada non costituiscono un danno che si verifica in capo all'attore, poiché la strada è della convenuta e dunque il difetto costruttivo che deve essere oggetto di aggiustamento si colloca nella sfera giuridica di quest'ultima. L'attore, infatti, non ha alcun diritto ad intervenire sulla proprietà di terzi, ed in particolare della convenuta, per operare direttamente il ripristino e dunque non potrebbe, nemmeno per ipotesi, impiegare a tal fine il risarcimento richiesto. Egli avrebbe certamente diritto a veder eliminate le cause del pregiudizio consistente nei ristagni all'ingresso, anche al fine di evitare il suo futuro verificarsi, ma tale diritto non può concretizzarsi in una pretesa risarcitoria, in forma specifica o generica che sia, ma diversamente nella domanda di condanna della proprietaria del sedime ad eseguire quelle opere necessarie a non ledere la proprietà altrui. Pertanto, considerato che l'attore ha chiesto nel presente giudizio non il risarcimento del danno provocato all'interno del suo immobile dall'acqua, ma l'equivalente dei costi per ripristinare l'asfalto, come quantificati dal CTU in sede di ATP, la domanda non può trovare accoglimento. Deve essere invece riconosciuto il diritto dell'attore ad ottenere il risarcimento del danno denominato A2, pur tuttavia nei limiti della sua quota di proprietà della parte comune. In particolare, il CTU ha constatato che nella parte comune della rampa d'accesso sono state rilevate su alcune pedate delle scale, costituite da lastre di pietra grigia, ombrature e leggere abrasioni che sembrano essere state causate da puliture con prodotti inidonei. Le alzate delle scale non risultano essere ricoperte da alcun elemento lapideo di finitura, ma semplicemente intonacate e - tenuto conto che trattasi di scale esterne - appaiono macchiate a causa di fenomeni di gocciolatura che non contribuiscono a migliorare l'aspetto estetico della scala. Orbene, dalla descrizione dei luoghi risulta che il vizio è presente sulle scale esterne dell'edificio. Pertanto, salvo che risulti diversamente dal titolo, le stesse costituiscono parte comune del fabbricato ai sensi dell'art. 1117 co. 1 n. 1) c.c.. A fronte della presunzione imposta dalla legge sulla comunione delle scale esterne, l'attore non ha fornito alcuna prova contraria relativa all'esclusiva proprietà del bene o, come solo rilevato in comparsa conclusionale e dunque del tutto tardivamente, inerente alla comunione della scala unicamente tra i proprietari degli interni 2 e 4. Ritenuta dunque provata la natura comune della scala viziata, occorre considerare che per il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito i condomini sono legittimati alla difesa giudiziale del bene comune e hanno diritto a proporre azione di risarcimento relativamente al danno subito dalla cosa oggetto di comproprietà, nei limiti della propria quota. Ciò in quanto, come già sopra rilevato, il risarcimento del danno ha natura riparatoria, sicché il danneggiato ha il diritto ad essere ristorato della diminuzione economica che egli abbia subito, affinché il suo patrimonio ritorni ad essere nella medesima situazione che vanterebbe ove il danno non si fosse verificato. Ciò detto, è pacifico che l'attore vanti una quota millesimale di 129,60 millesimi sulle parti comuni. I costi quantificati dal CTU per il ripristino delle scale esterne sono complessivamente pari a 2.537,19. La quota spettante all'attore è dunque pari a 329,08. Non può essere invece riconosciuto il richiesto danno denominato A4. In particolare, il CTU ha rilevato che lungo le scale private di accesso all'alloggio del ricorrente esisteva una piccola aiuola che circondava un ulivo, dichiarato pericolante da apposita perizia. L'attore, a seguito di tale dichiarazione, ha ritenuto autonomamente di asportare l'albero ed ha ricoperto l'aiuola con pavimentazione eguale a quella circostante. Da tale momento, accade che "in occasione di piogge l'acqua che prima si riversava nell'aiuola dell'ulivo ristagna nel punto dove esisteva la aiuola e non viene raccolta dalla griglia appositamente prevista per questa funzione". Con valutazione che viene integralmente condivisa, il ctu ha affermato in relazione a tale vizio che "questo ripristino non viene previsto in quanto l'inconveniente è stato provocato da una non necessaria attività del ricorrente". Ed infatti, il ristagno è causato non già dalle opere eseguite dalla costruttrice venditrice, ma dipende da quelle determinate e poste in essere dallo stesso attore per ricoprire la preesistente aiuola. Sennonché, la scelta di ricoprire l'aiuola e le modalità esecutive del lavoro sono state discrezionalmente operate dal sig. (...), senza alcun intervento della convenuta. L'attore non può pertanto imputare alla società tale vizio, autonomamente causato dallo stesso. L'attore ha chiesto ancora il risarcimento dei danni subiti a causa del ritardo nella consegna dell'immobile promesso in vendita. Tale domanda va accolta. È pacifico tra le parti che la consegna dell'immobile promesso in vendita da (...) s.r.l. a (...) abbia subito ritardi imputabili alla società costruttrice venditrice. La circostanza è comprovata dalla documentazione in atti, considerato che: - la stipulazione del rogito, prevista in sede di preliminare entro febbraio 2018 è stata differita all'agosto 2018; - il giorno anteriore alla conclusione del definitivo il direttore lavori dava atto delle opere ancora da eseguire nelle parti esterne; - il sig. (...) aveva trasmesso diverse missive alla società nel corso dei mesi lamentando l'abbandono del cantiere e poi la lentezza delle maestranze incaricate dalla società convenuta. Del resto, (...), da un lato, non ha fornito alcuna prova, sulla medesima gravante, in relazione alla non imputabilità dei ritardi oggettivamente esistenti; d'altro lato, ha espressamente affermato che, proprio al fine di evitare una richiesta risarcitoria per i ritardi nella consegna dell'immobile, dunque espressamente riconosciuti, la società concedeva all'attore "il diritto ex art. 955 c.c. di fare e mantenere, al di sotto del posto auto (che sarebbe rimasto di proprietà di (...) s.r.l.), una costruzione di 3,5 metri di altezza, senza richiedere alcun corrispettivo o maggiorazione del prezzo complessivo già previsto contrattualmente, a fronte della rinuncia da parte del sig. (...) ad ogni pretesa risarcitoria per i ritardi nella stipula del rogito". Ritenuta, dunque, provata l'esistenza dei ritardi nella consegna dell'immobile, che certamente costituiscono un inadempimento di natura contrattuale imputabile alla convenuta, occorre considerare che (...) s.r.l. - gravata dall'onere di provare l'esatto adempimento - ha eccepito che la relativa obbligazione risarcitoria si sarebbe estinta a fronte della sopra riportata transazione, a suo dire conclusa con la controparte. Tuttavia, occorre considerare che, pacifica essendo la natura transattiva del dedotto accordo, lo stesso non è stato idoneamente provato, ai sensi dell'art. 1967 c.c. Infatti, la norma prevede che "la transazione deve essere provata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 dell'articolo 1350". Nel caso di specie, (...) s.r.l. non ha fornito la prova per iscritto della dedotta transazione. In primo luogo, della stessa non vi è traccia né nell'atto pubblico notarile, né in altro documento prodotto dalle parti. Inoltre, la ricostruzione offerta dalla convenuta non appare dimostrata, ma semmai smentita, dal contenuto del contratto definitivo. Se è vero che ivi si rinviene la pattuizione per cui la società costruttrice concedeva all'acquirente il diritto di mantenere una costruzione alta oltre 3,5 metri ai sensi dell'art. 955 c.c., al contrario non è riportata alcuna rinuncia di quest'ultimo alla richiesta di risarcimento dei danni da ritardo. Risulta, allora, poco credibile che le parti abbiano inteso concludere un siffatto accordo transattivo limitandosi tuttavia a riportare per iscritto l'unilaterale obbligazione assunta da (...) s.r.l., senza contestualmente precisare la reciproca concessione da parte del sig. (...). Del resto, in nessuna delle numerose comunicazioni trasmesse dall'attore nei confronti della convenuta viene accennato alla rinuncia di questi a far valere i danni da ritardo, che invece vengono ripetutamente richiesti, in epoca sia immediatamente anteriore sia immediatamente successiva al rogito. Anche la circostanza che il sig. (...) abbia acconsentito alla ritardata consegna dell'immobile promesso in vendita, accordando un differimento alla stipulazione del rogito, non implica in alcun modo la rinuncia di questi a far valere il diritto al risarcimento dei danni provocati dai ritardi. Alla luce di tali elementi, le deposizioni testimoniali rese a comprova della transazione si ritengono superate, sia in ragione della necessità della prova scritta, sia tenuto conto che la documentazione prodotta è atta a smentire la ricostruzione, poco credibile, fornita dai testimoni. Ciò detto, l'attore ha dimostrato che, a causa del differimento della consegna, egli aveva dovuto prolungare l'occupazione dell'immobile già condotto in locazione (doc. 29), per il quale aveva tempestivamente trasmesso disdetta (doc. 30), nei mesi da marzo ad agosto 2018. La circostanza è dimostrata in via documentale, dalla produzione dei bonifici prodotti in atti (doc. 16 fascicolo atp), per euro 500 mensili, indirizzati al locatore R.G. con causale affitto. Del resto, neppure può ritenersi che il sig. (...) prese possesso dell'immobile da giugno 2018, con effetti anticipati rispetto al trasferimento dell'immobile. Dalle risultanze testimoniali risulta che la società costruttrice gli consentì, anche in considerazione dei ritardi accumulati, di accedere all'immobile per poter tinteggiare e montare i mobili, ma una volta finiti i lavori, egli riconsegnò le chiavi al direttore dei lavori (...) (in particolare il testimone ha ricordato che a giugno "fui io stesso a dargli le chiavi per entrare", e che "una volta terminati i lavori interni (...) mi restituì le chiavi"). (...) ha pertanto diritto al riconoscimento della somma pari ad euro 3.000,00. (...) ha chiesto anche a titolo risarcitorio il rimborso della somma di euro 689,20, pari al corrispettivo pagato dallo stesso per l'acquisto di piatto doccia e lavabo. Tale importo non può essere riconosciuto. È pacifico e confermato dai testimoni che (...) s.r.l. offrì al sig. (...) un piatto doccia e un lavabo che all'acquirente non andavano bene. È altresì non contestato che egli si recò presso E. a scegliere altri sanitari di suo gradimento e che (...) si impegnò ad andare a ritirarli e a montarli presso l'appartamento. Non è tuttavia dimostrato che (...) si obbligò a rimborsare al sig. (...) il quantum previsto contrattualmente in origine per la fornitura dei sanitari. Ed infatti, i testimoni di parte convenuta interrogati sul punto ((...) e (...)) hanno negato la circostanza, mentre i testimoni di parte attrice ((...) e (...)) l'hanno confermata unicamente de relato actoris, sicché la relativa dichiarazione è priva di valore probatorio. Inoltre, il fatto che i testimoni attorei abbiano confermato di essere andati insieme al sig. (...) a scegliere i sanitari a Celle, non prova nulla sul fatto che la società si fosse obbligata a rimborsarne i costi all'acquirente. Del resto, risulta sul contratto preliminare che "la mancata esecuzione, su richiesta della parte promissaria acquirente, di qualsiasi opera prevista nei documenti consegnati descritti dell'unità promessa, non comporterà modifica del prezzo, né darà diritto all'acquirente a rimborsi, compensazioni o riduzioni del prezzo". Pertanto, anche a livello contrattuale, emerge che, laddove l'acquirente avesse scelto finiture diverse da quelle previste, non avrebbe avuto diritto al relativo rimborso. Alla luce delle ragioni esposte, (...) s.r.l. deve essere condannata a pagare a (...) la somma di euro 3.329,08. Sulla somma capitale così determinata, all'evidenza debito di valore in quanto posta risarcitoria, in base ai pacifici principi generali vanno conteggiati: - rivalutazione monetaria, dalla data del danno (da collocarsi convenzionalmente alla data del rogito) al saldo; - gli interessi compensativi per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno; peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale fino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi; - interessi legali dalla presente pronuncia al saldo effettivo. Sulla domanda di riduzione del prezzo Unitamente alla domanda risarcitoria, l'attore ha ulteriormente chiesto la riduzione del prezzo pagato per l'acquisto dell'unità immobiliare, rappresentando che, a differenza di quanto concordato nel contratto preliminare, l'impresa costruttrice non aveva realizzato piscina e solarium, non aveva installato l'impianto fotovoltaico, non aveva assicurato la promessa classe energetica A. Tale domanda non può essere accolta. In primo luogo, occorre considerare che l'attore qualifica non correttamente anche tali vizi come difetti costruttivi rilevanti ai sensi dell'art. 1669 c.c. Tuttavia, le mancanze addebitate all'impresa costruttrice non possono rientrare nell'alveo applicativo della norma citata, poiché non costituiscono vizi tali da integrare un difetto costruttivo ovvero idoneo a costituire un pericolo per la rovina dell'immobile e per il libero godimento dello stesso. Semmai, le stesse costituiscono - secondo la prospettazione attorea - mancanze di qualità della cosa venduta, ovvero, per non incorrere nelle restrizioni di cui all'art. 1497 c.c. (che ammette la sola risoluzione del contratto), vizi della cosa venduta. Come noto, ai sensi dell'art. 1490 c.c., il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che, per quanto interessa in questa sede, ne diminuisca in modo apprezzabile il valore. Ai sensi dell'art. 1492 c.c., il compratore può in questo caso chiedere la riduzione del prezzo, ma tale azione è subordinata al rispetto dei termini previsti dall'art. 1495 c.c. In particolare, il compratore "decade dal diritto alla garanzia se non denunzia i vizi entro otto giorni dalla scoperta" ... "l'azione si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna". Nel caso di specie, l'attore è incorso nella decadenza e nella prescrizione dell'azione, tempestivamente eccepite da parte convenuta. Va, infatti, considerato che la mancata realizzazione di piscina, solarium e dell'impianto fotovoltaico, così come l'omessa installazione delle valvole termostatiche sui radiatori costituiscono "vizi" immediatamente percepibili e visibili con l'ordinaria diligenza. È allora sufficiente rilevare che l'attore, pur entrato in possesso dell'immobile ad agosto 2018, non ha mai denunciato l'esistenza di tali difformi qualità fino al momento dell'introduzione del ricorso per atp, risalente al novembre 2019, dunque un tempo di gran lunga superiore agli 8 giorni dalla scoperta e comunque all'anno dalla consegna. In tutte le missive anteriormente trasmesse, così come nell'invito alla negoziazione assistita, (...) ha invece limitato le proprie doglianze ai vizi di natura costruttiva riguardanti la parte esterna del condominio, evidenziati dal CTU con enucleazione A, domandando il risarcimento dei danni, ma non ha mai invece contestato all'impresa costruttrice l'omessa realizzazione di elementi interni (quali le valvole termostatiche), né la mancanza di qualità promesse dell'immobile (piscina, solarium e impianto fotovoltaico), e neppure ha domandato mai la correlativa riduzione di valore. Pertanto, l'attore è decaduto dalla relativa azione, in ogni caso prescritta. Anche relativamente alla mancanza della classe energetica promessa, valgono analoghe considerazioni, con la precisazione che se tale vizio può ritenersi occulto e non immediatamente percepibile, lo stesso comunque non risulta essere stato denunciato entro 8 giorni dalla scoperta. Risulta provato in via documentale che, al più tardi al momento della consegna della relazione peritale di parte redatta dall'ing. E. su incarico del sig. (...), risalente al 9 ottobre 2019, l'attore veniva precisamente a conoscenza del vizio lamentato, posto che il tecnico provvedeva sia alla sua rilevazione, sia alla stima della riduzione del prezzo da declassamento energetico. Sennonché, non risulta che (...) abbia, né prima, né comunque dopo la certa scoperta, denunciato il vizio all'impresa venditrice, anteriormente alla notifica dell'ATP, risalente al novembre 2019. Dunque, l'attore è incorso, ancora una volta, nella decadenza di cui all'art. 1497 c.c.. Ad abundantiam, non pare superfluo aggiungere che in ogni caso la pretesa azione di riduzione del prezzo sarebbe risultata infondata anche nel merito. Infatti, occorre considerare in estrema sintesi che l'attore non ha provato che la convenuta avesse promesso la realizzazione di piscina, solarium ed impianto fotovoltaico e si fosse obbligata in tal senso. Al riguardo, il testimone escusso, (...), ha riferito che al contratto preliminare fu allegato il capitolato, di cui alla produzione 2 di parte attrice, mentre la successiva parte (ove si fa riferimento a piscina, solarium etc..) era meramente pubblicitaria e promozionale e non vincolante. Tale circostanza trova puntuale conferma negli ulteriori elementi probatori a disposizione, valutato che: - nella brochure, che prevedeva la realizzazione di piscina e solarium, i prezzi di vendita proposti dalla società venditrice-costruttrice erano assai più elevati di quelli poi applicati in concreto, ciò che fa presupporre che già all'epoca della proposta di acquisto il progetto più oneroso fosse stato abbandonato; - il rogito notarile di compravendita fa espresso riferimento al permesso di costruire originario, che non prevedeva la realizzazione di piscina e solarium; - infine, anche laddove le parti si fossero accordate in sede di preliminare per la realizzazione di tali manufatti, va osservato che le pattuizioni del contratto definitivo vanno a superare e a sostituirsi a tali accordi. Pertanto, considerato che l'immobile è stato venduto finito, senza che in sede di definitivo la costruttrice venditrice abbia assunto alcuna obbligazione ulteriore, deve ritenersi che l'eventuale e comunque non provato precedente impegno sia venuto meno per concorde volontà delle parti con il contratto definitivo. Analogamente è a dirsi con riferimento alla classe energetica dell'immobile. Al riguardo, sebbene il capitolato allegato al preliminare contenesse la previsione della classe energetica A, va considerato che al rogito è allegato un attestato di prestazione energetica E e che - anche in questo caso - non è prevista alcuna obbligazione da parte della società venditrice di migliorare la classe energetica. Dunque, atteso che l'APE era conosciuto da entrambe le parti ed allegato al rogito, deve presumersi che l'attore avesse accettato al momento dell'acquisto il deteriore classamento energetico, implicitamente rinunciando a quanto anteriormente convenuto in sede di preliminare. Si dà atto che, sull'argomento, non viene tenuto conto delle dichiarazioni rese dal testimone (...), posto che egli, a seguito della testimonianza, ha trasmesso comunicazione chiedendo poter ritrattare le proprie dichiarazioni. È evidente che tale richiesta ha minato irrevocabilmente l'attendibilità del testimone e ha reso superflua la sua escussione per ritrattazione, posto che non sarebbe stato comunque possibile valutare ex post quale delle dichiarazioni rese fosse autentica e veritiera. Alla luce di tutte le ragioni esposte, la domanda di riduzione del prezzo non può essere accolta. Sulle spese di ATP L'attore ha altresì richiesto, a titolo risarcitorio, le spese sostenute nell'ambito del procedimento di ATP, per la consulenza di parte, la consulenza tecnica d'ufficio e i compensi del difensore. Tali costi non possono essere qualificati come un pregiudizio da ristorare, ma vanno computati nella regolamentazione delle spese processuali sostenute, e quindi rimborsati in virtù della soccombenza, in ossequio al principio, ancora di recente enunciato dalla Suprema Corte, secondo cui "le spese dell'accertamento tecnico preventivo "ante causam" devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, in virtù dell'onere di anticipazione e del principio di causalità, e devono essere prese in considerazione, nell'eventuale successivo giudizio di merito, come spese giudiziali, da regolare in base agli ordinari criteri di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c." (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 9735 del 26/05/2020). Allo stesso modo, con riferimento alle spese di CTP, la Cassazione con orientamento consolidato ha rilevato che la consulenza tecnica di parte ha natura di allegazione difensiva tecnica e le spese sostenute per l'espletamento della stessa rientrano tra quelle che la parte vittoriosa ha diritto di vedersi rimborsate (Cass. 9549/2009). Come altresì chiarito, tali costi costituiscono "spese giudiziali" e non componenti del danno da risarcire sicché le relative somme devono essere considerate nella liquidazione delle spese processuali da porre, in tutto o in parte, a carico del soccombente e vengono riconosciute in quanto non eccessive o superflue. La diversa qualificazione della domanda non impedisce comunque l'accoglimento della stessa, avendo l'attore specificato correttamente in atti sia il petitum sia la causa petendi della richiesta di rimborso. Sulla regolamentazione delle spese processuali Pertanto, sulla base del principio della soccombenza, va considerato che: - le spese del procedimento di ATP, ed in particolare i compensi al CTU e al CTP, vengono poste a carico di parte convenuta. Al riguardo, va precisato che, proprio grazie all'opera del CTU e a seguito dell'introduzione del giudizio, le parti sono addivenute ad una transazione, quantomeno parziale della controversia. Sebbene l'accordo abbia previsto la compensazione delle spese di lite, è del tutto evidente che le parti non abbiano voluto comprendervi anche le spese di ATP, come appalesa il fatto che l'attore le abbia qualificate nel presente giudizio non già come spese, ma come danni da risarcire e ne abbia dunque chiesto il risarcimento (con rimborso integrale), insistendovi anche a seguito della transazione. - pertanto, (...) s.r.l. deve farsi carico delle spese tecniche sostenute in via anticipata da (...), in quanto - principalmente sui vizi per i quali è stato raggiunto accordo transattivo - l'attore è stato costretto a sostenerle a causa dell'inadempimento imputabile alla convenuta e il CTU ha riconosciuto la fondatezza delle pretese dell'attore, consentendo conseguentemente la conclusione di un'intesa stragiudiziale. Ne discende che il sig. (...) non può essere chiamato, all'esito della causa, a sostenere i costi del CTU (doc. 23), così come quelli del proprio ctp (doc. 24), poiché tali esborsi trovano origine nell'inadempimento della convenuta di significativa rilevanza e dunque su quest'ultima devono ricadere. - anche le spese legali del procedimento per ATP vengono poste a carico di parte convenuta, ribadendo che le parti in sede transattiva hanno ritenuto di compensare le sole spese del presente giudizio, e non già quelle della fase di istruzione preventiva. Dunque, richiamato che l'accertamento ha consentito di accertare vizi e difetti, poi emendati da parte convenuta in via transattiva, le spese legali vengono poste a carico di quest'ultima, liquidate in dispositivo alla luce dei parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014. - le spese del presente giudizio, invece, vengono integralmente compensate, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., tenuto conto, da un lato, che le parti in sede transattiva hanno già previsto la compensazione di quelle riferite ai vizi A3, A5 e A6 sui quali è cessata la materia del contendere e, d'altro lato, che all'esito del processo, la domanda risarcitoria attorea è stata accolta solo in parte, mentre è stata del tutto rigettata la domanda di riduzione del prezzo. P.Q.M. il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: 1) Dichiara cessata la materia del contendere in relazione ai vizi enucleati dal ctu A3, A5, A6; 2) Condanna (...) s.r.l. a pagare in favore di (...) la somma di euro 3.329,08, oltre interessi e rivalutazione come specificati in parte motiva; 3) Rigetta le ulteriori domande proposte dall'attore nei confronti di parte convenuta; 4) pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di C.T.U., come liquidate in sede di ATP; 5) condanna (...) s.r.l. al pagamento in favore di (...) delle spese sostenute in sede di ATP, che liquida in euro Euro 3.186 per esborsi (286 spese esenti ATP, 2.900,00) ed in euro 2.225,00 per compensi, oltre al 15% dei compensi per rimborso forfettario spese generali. I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A.; 6) compensa integralmente tra le parti le spese processuali riferite al presente giudizio. Sentenza per legge esecutiva. Così deciso in Savona il 11 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2022.

  • TRIBUNALE CIVILE DI SAVONA Composto dai Sigg.ri Magistrati: Dott. DAVIDE ATZENI - Presidente Rel. Dott. ERICA PASSALALPI - Giudice Dott. DANIELA MELE - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. 966 del Ruolo Generale dell'anno 2020 vertente TRA T.R., rappresentato e difeso dall'Avvocato ...del Foro di Napoli RICORRENTE E B.G., rappresentata e difesa dall'Avvocato ... ed elettivamente domiciliata in., via ... RESISTENTE E con l'intervento del Pubblico Ministero, rappresentato dal Procuratore della Repubblica in sede ... INTERVENUTO OGGETTO: divorzio contenzioso Svolgimento del processo - Motivi della decisione Il ricorso merita accoglimento poiché risulta integrata la fattispecie di cui all'art. 3 n. 2 lett. f) della L. 1 dicembre 1970, n. 898, modificata dalla L. 6 marzo 1987, n. 74. Al riguardo ritiene il Tribunale che all'esito dell'istruttoria espletata nel corso del giudizio sia stata raggiunta la prova in ordine al fatto che il matrimonio de quo, contratto dalle parti in Savona in data 3.10.2019, non sia stato da esse consumato. Tale prova può essere tratta dal contenuto dei messaggi che le parti si sono scambiate attraverso i servizi di messaggistica WhattsApp e Facebook (prodotti dal ricorrente in allegato alla propria memoria istruttoria ex art. 183 n.2 c.p.c.), contenuto le cui risultanze hanno anche trovato elementi di riscontro nella prova testimoniale. Per quanto in particolare riguarda la questione dell'utilizzabilità ai fini del decidere del contenuto dei messaggi testè menzionati va in particolare sottolineato: 1) che secondo il disposto dell'art. 2712 c.c., "le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime"; 2) che secondo l'insegnamento della Suprema Corte e della migliore giurisprudenza di merito, "per far perdere in un processo la qualità di prova alle riproduzioni informatiche di una chat occorre un disconoscimento "chiaro, circostanziato ed esplicito", che si deve concretizzare "nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta". Sono perciò inefficaci i semplici richiami, fatti dal ricorrente, ai propri scritti difensivi nei quali dichiarava che quanto rappresentato dalle riproduzioni informatiche non corrispondesse alla realtà dei fatti in essa descritta. A precisarlo è la Cassazione confermando in tal modo l'importanza delle riproduzioni informatiche di conversazioni via sms, messaggi mail o whatsapp. Nel caso di specie, si trattava di una relazione extraconiugale intrattenuta dal ricorrente a cui i giudici di merito avevano addebitato la separazione" (Cassazione civile sez. VI 13 maggio 2021 n. 12794); "in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all' art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere non solo tempestivo, soggiacendo a precise preclusioni processuali, ma anche chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta" (Cassazione civile sez. VI 13 maggio 2021 n. 12794); "i messaggi di posta elettronica (cd. e -mail) o lo "short message service" ("SMS") costituiscono documenti elettronici che contengono la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privi di firma, rientrano tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all' art. 2712 c.c. e, pertanto, formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale vengono prodotti non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime" (Tribunale Firenze sez. III 07 febbraio 2020 n. 370); "lo "short message service" ("SMS") contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell'ambito dell' articolo 2712 c.c. , con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Tuttavia, l'eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall' articolo 215 c.p.c., comma 2 , poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni" (Cassazione civile sez. I 17 luglio 2019 n. 19155); "nel processo civile gli sms e le mail hanno piena efficacia di prova. Per il disconoscimento di queste comunicazioni colui contro il quale esse sono prodotte deve dimostrare, con elementi concreti e in maniera circostanziata ed esplicita, la non rispondenza con la realtà. A ribadire tale regola è la Cassazione respinge il ricorso di un padre separato "condannato" a pagare la sua quota di retta dell'asilo nido del figlio, sulla base di un sms nel quale aderiva all'iniziativa dell'iscrizione presa dalla madre del bambino. Per la Corte sia gli sms che le mail hanno lo stesso valore di prova che l' articolo 2712 del codice civile attribuisce alle riproduzioni informatiche" (Cassazione civile sez. I 17 luglio 2019 n. 19155); "lo "short message service" ("SMS") contiene la rappresentazione di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti ed è riconducibile nell'ambito dell' art. 2712 c.c. , con la conseguenza che forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne contesti la conformità ai fatti o alle cose medesime. Tuttavia, l'eventuale disconoscimento di tale conformità non ha gli stessi effetti di quello della scrittura privata previsto dall' art. 215, comma 2, c.p.c. poiché, mentre, nel secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo della stessa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo non può escludersi che il giudice possa accertare la rispondenza all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. (Nella specie, veniva in questione il disconoscimento della conformità ad alcuni "SMS" della trascrizione del loro contenuto)" (Cassazione civile sez. II 21 febbraio 2019 n. 5141; conforme: Cass. n.11606 del 2018); "in ordine all'assunta contestazione dei dati del sistema informatico, è da osservare preliminarmente che, per l'art. 2712 c.c., la contestazione esclude il pieno valore probatorio della riproduzione meccanica, ove abbia per oggetto il rapporto di corrispondenza fra la realtà storica e la riproduzione meccanica (la conformità dei dati ai fatti ed alle cose rappresentate). Ove la contestazione (con questo specifico contenuto) vi sia stata, la riproduzione, pur perdendo il suo pieno valore probatorio, conserva tuttavia il minor valore di un semplice elemento di prova, che può essere integrato da ulteriori elementi. L'accertamento della sussistenza e del contenuto della contestazione, avendo per oggetto fatti materiali, è funzione del giudice di merito; e, ove sia esente da vizi logici, in sede di legittimità è insindacabile" (Cassazione civile Sez. lav. 11 maggio 2005 n. 9884); "sono da ritenere prive di qualsiasi valore probatorio le conversazioni WhatsApp e Sms estratte dall'utenza telefonica e prodotte con trascrizioni su fogli Word" (Tribunale di Milano, Sez. lavoro, 06/06/2017; cfr sul punto anche Cassazione penale sez. V 19 giugno 2017 n. 49016); 3) che non possono essere condivise le deduzioni difensive svolte dalla resistente laddove essa ha sostenuto che i messaggi WhattsApp e Facebook prodotti dal ricorrente non potrebbero essere considerati come vere e proprie riproduzioni meccaniche ai sensi dell'art. 2712 c.c. in quanto consisterebbero in mere trascrizioni su fogli Word (e dunque, in quanto tali, modificabili nel loro contenuto) delle conversazioni svoltesi tra le parti per mezzo dei servizi di messaggistica W., Facebook o SMS; 4) che infatti, per quanto è dato trarre dalla documentazione prodotta dal ricorrente, i messaggi in atti non consistono in mere trascrizioni su fogli Word, ma risultano essere invece messaggi in formato PDF (che è notoriamente un formato non modificabile) ricavati mediante una semplice procedura informatica di esportazione dei messaggi tratti dal cellulare del ricorrente e di trasposizione degli stessi in formato testuale, ed in quanto tali devono pertanto considerarsi a tutti gli effetti come riproduzioni meccaniche della messaggistica originale rientranti nella disciplina dettata dall'art. 2712 c.c.; 5) che tale circostanza, dedotta dal ricorrente nella propria comparsa conclusionale, non è stata contestata dalla resistente nella propria memoria di replica se non in modo meramente generico (così come non è stata da essa contestata in modo specifico l'effettiva provenienza dei messaggi dal cellulare del ricorrente); 6) che, analogamente, la ricorrente non ha specificamente contestato né che i messaggi prodotti dal ricorrente siano stati da esso alterati, né che i fatti e le circostanze in essi rappresentate siano effettivamente conformi ai fatti realmente verificatisi ed alle vicende realmente avvenute nel corso del rapporti intrattenuti dalle parti e per i quali è causa; 6) che pertanto i messaggi in esame devono considerarsi indubbiamente utilizzabili quali mezzi di prova ai fini del decidere. Ciò premesso, va rilevato che dal contenuto dei messaggi in esame può essere tratta la prova in ordine al fatto che le parti, nel corso della brevissima durata del matrimonio de quo - durante il quale esse non hanno mai realmente convissuto (ciascuna parte ha infatti continuato a risiedere nella propria città, il ricorrente a Napoli e la resistente a Savona) e si sono frequentate solo per circa 60 giorni complessivi nell'arco di 7 mesi (come è emerso dalle dichiarazioni dei testi) -, non abbiano mai consumato rapporti sessuali completi; risulta infatti chiaramente dalle conversazioni da esse intrattenute via Whattsapp e via Facebook che nel caso di specie vi sono stati solo due tentativi di rapporto sessuale, entrambi terminati senza successo (cfr il messaggio inviato dalla resistente in data 1.5.2020: "avrei voluto un rapporto inizialmente di reciproca compagnia alternata e con un po' di pazienza saremmo anche riusciti ad avere quei rapporti completi, che non per causa mia tu non sei riuscito a concludere. M. smorzando un pò.. ..quel presunto vulcano che è in te! Tutto questo mi era stato assicurato da parte tua, dicendomi che avresti avuto tutta la pazienza necessaria, affinché io riuscissi a vincere questo mio blocco.."; a tale messaggio il ricorrente ha risposto nei seguenti termini: "i due tentativi non riusciti rientrano fisiologicamente nell'ordine naturale delle cose allorquando manca la partecipazione di un partner. La prima volta sei uscita dal bagno piangendo che volevi tornare a casa, la seconda volta mi girasti le spalle sfuggendo come un'anguilla ed interrompendo senza dialogo e senza tener conto dell'emozione che gioca il suo ruolo soprattutto le prime volte e di ciò che non sapevi ancora"; a tale ultimo messaggio, significativamente, la resistente non ha replicato alcunché, omettendo pertanto di contestare la veridicità di quanto affermato dal Sig. Rotondo; cfr ancora il messaggio inviato dalla resistente in data 14.4.2020: "credevo proprio in un bel sentimento, da parte mia, anche se non era completato da quell'attrazione sessuale per te irrinunciabile, ma avrei veramente voluto provarci"; cfr infine il messaggio inviato dalla resistente alla figlia del ricorrente in data 16.4.2020: "l'estate scorsa lui ha fatto un'insistenza all'inverosimile, perché accettassi questo matrimonio, nonostante io gli ripetessi in continuazione che pur trovandomi molto bene con lui e provando un affetto sincero, non ne fossi innamorata e non avrei mai voluto deluderlo né farlo stare male. Alla fine ho ceduto basandomi su promesse e riassicurazioni da parte sua, ripetendo che avrebbe voluto sposarmi ugualmente anche nel caso in me non fosse maturato l'aspetto sessuale, vivendo un po' a Napoli, un po' a Savona e un po' ognuno a casa propria. Parlando da donna a donna io ci ho provato per due volte, ma alla fine.. soltanto un grande malessere, anche per il fatto che con il suo problema della prostata, non avrebbe potuto essere un rapporto naturale e spontaneo, cosa che se accade nel corso di una vita assieme sarebbe stato ben diverso"). Le risultanze dei messaggi testè riportati hanno poi trovato conferma anche nelle risultanze della prova testimoniale (cfr le dichiarazioni rese dalla teste Rotondo M.R. all'udienza del 29.4.2021: "per quello che mi ha riferito mio padre non ci furono rapporti sessuali completi. Mio padre mi confidava che la sig.ra B. si rifiutava di avere rapporti sessuali nonché di convivere con lui. ADR: dormivano insieme ma senza avere rapporti; ho visto messaggi whatsapp che mio padre mi ha fatto vedere sul suo cellulare nei quali vi erano frasi scherzose fra i coniugi in ordine alla mancata consumazione del matrimonio....mio padre mi ha confidato che c'è stato un solo tentativo di rapporto intimo. Subito dopo il matrimonio mio padre è venuto a Napoli e sia con me che con mio fratello A. si mostrava infastidito del fatto che la sig.ra B. pretendesse delle garanzie economiche; per questo motivo predispose una scrittura con cui si impegnava a versare 650 euro mensili a titolo di rimborso del canone di locazione dell'immobile di Savona ove risiedeva la sig.ra B., ne parlò a mio fratello il quale, lavorando in banca, poteva predisporre, come predispose, tale pagamento. ADR: so che la sig.ra B. faceva lavori saltuari ma il titolo relativo a questi pagamenti riguardava il rimborso del canone di locazione"). Sulla base delle risultanze istruttorie testè riportate deve ritenersi raggiunta la prova in ordine alla mancata consumazione del rapporto matrimoniale da parte dei coniugi, e, prima ancora, la prova in ordine al fatto che non sia mai nata, nel brevissimo periodo della loro unione coniugale, una vera e propria affectio coniugalis (essi infatti non sono mai stati realmente accomunati da un vero e proprio progetto di vita familiare e coniugale). La domanda proposta dal ricorrente al fine di ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale deve pertanto trovare accoglimento. Venendo ora a trattare la domanda proposta in via riconvenzionale dalla resistente al fine di ottenere che il ricorrente sia condannato a corrisponderle un importo periodico a titolo di assegno divorzile, va rilevato che secondo l'insegnamento della Suprema Corte, "l'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge ha natura assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, discendente direttamente dal principio costituzionale di solidarietà, che conduce al riconoscimento di un contributo volto non a conseguire l'autosufficienza economica del richiedente sulla base di un parametro astratto, bensì un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto in particolare delle aspettative professionali sacrificate, fermo restando che la funzione equilibratrice non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi" (cfr Cassazione civile sez. I, 28/02/2020, n.5603); "ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la L. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell'assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi o comunque dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l'applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma i quali costituiscono il parametro di cui si deve tenere conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto" (Cassazione civile sez. un., 11/07/2018, n.18287; cfr in particolare la sentenza in motivazione, ove tra l'altro si legge: "l'art. 5, comma 6 attribuisce all'assegno di divorzio una funzione assistenziale, riconoscendo all'ex coniuge il diritto all'assegno di divorzio quando non abbia mezzi "adeguati" e non possa procurarseli per ragioni obiettive. Il parametro dell'adeguatezza ha, tuttavia, carattere intrinsecamente relativo ed impone una valutazione comparativa che entrambi gli orientamenti illustrati traggono al di fuori degli indicatori contenuti nell'incipit della norma, così relegando ad una funzione residuale proprio le caratteristiche dell'assegno di divorzio fondate sui principi di libertà, autoresponsabilità e pari dignità desumibili dai parametri costituzionali sopra illustrati e dalla declinazione di essi effettuata dall'art. 143 c.c.. L'intrinseca relatività del criterio dell'adeguatezza dei mezzi e l'esigenza di pervenire ad un giudizio comparativo desumibile proprio dalla scelta legislativa, non casuale, di questo peculiare parametro inducono ad un'esegesi dell'art. 5, comma 6, diversa da quella degli orientamenti passati. Il fondamento costituzionale dei criteri indicati nell'incipit della norma conduce ad una valutazione concreta ed effettiva dell'adeguatezza dei mezzi e dell'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive fondata in primo luogo sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti, da accertarsi anche utilizzando i poteri istruttori officiosi attribuiti espressamente al giudice della famiglia a questo specifico scopo. Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, al fine di accertare se l'eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all'atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell'assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, in relazione alla durata, fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell'altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all'età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro. Il richiamo all'attualità, avvertito dalla sentenza n. 11504 del 2017, in funzione della valorizzazione dell'autoresponsabilità di ciascuno degli ex coniugi deve, pertanto, dirigersi verso la preminenza della funzione equilibratrice-perequativa dell'assegno di divorzio. Il principio di solidarietà, posto a base del riconoscimento del diritto, impone che l'accertamento relativo all'inadeguatezza dei mezzi ed all'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive sia saldamente ancorato alle caratteristiche ed alla ripartizione dei ruoli endofamiliari. L'accertamento del giudice non è conseguenza di un'inesistente ultrattività dell'unione matrimoniale, definitivamente sciolta tanto da determinare una modifica irreversibile degli status personali degli ex coniugi, ma della norma regolatrice del diritto all'assegno, che conferisce rilievo alle scelte ed ai ruoli sulla base dei quali si è impostata la relazione coniugale e la vita familiare. Tale rilievo ha l'esclusiva funzione di accertare se la condizione di squilibrio economico patrimoniale sia da ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente. Ove la disparità abbia questa radice causale e sia accertato che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull'assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all'interno della famiglia e dal conseguente contribuito fattivo alla formazione del patrimonio comune e a quello dell'altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell'inadeguatezza dei mezzi e dell'incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive. Gli indicatori, contenuti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, prefigurano una funzione perequativa e riequilibratrice dell'assegno di divorzio che permea il principio di solidarietà posto a base del diritto. Il giudizio di adeguatezza impone una valutazione composita e comparativa che trova nella prima parte della norma i parametri certi sui quali ancorarsi. La situazione economico-patrimoniale del richiedente costituisce il fondamento della valutazione di adeguatezza che, tuttavia, non va assunta come una premessa meramente fenomenica ed oggettiva, svincolata dalle cause che l'hanno prodotta, dovendo accertarsi se tali cause siano riconducibili agli indicatori delle caratteristiche della unione matrimoniale così come descritti nella prima parte dell'art. 5, comma 6, i quali, infine, assumono rilievo direttamente proporzionale alla durata del matrimonio. Solo mediante una puntuale ricomposizione del profilo soggettivo del richiedente che non trascuri l'incidenza della relazione matrimoniale sulla condizione attuale, la valutazione di adeguatezza può ritenersi effettivamente fondata sul principio di solidarietà che, come illustrato, poggia sul cardine costituzionale fondato della pari dignità dei coniugi. (artt. 2,3 e 29 Cost.)"). Ciò rilevato, e per quanto specificamente concerne il caso in esame, va evidenziato 1) che il ricorrente è attualmente pensionato (in passato ha svolto la professione di Avvocato), e percepisce redditi da pensione pari a circa Euro 1.500,00 mensili netti; 2) che la resistente è anch'essa pensionata (in passato ha svolto attività imprenditoriale quale gestore di ristoranti; di recente ha anche svolto attività di assistenza di una ragazza disabile presso una famiglia savonese), e percepisce una pensione pari a circa Euro 530,00 mensili netti; 3) che essa risiede in Savona in un alloggio preso in locazione, per il quale corrisponde un canone di locazione mensile pari ad Euro 400,00; 4) che il ricorrente risiede a Napoli in un alloggio di proprietà del proprio genero, sul quale ha un diritto di abitazione; 5) che dagli atti di causa non può essere tratta alcuna prova in ordine al fatto che la resistente, in vista del matrimonio e/o nel corso della (peraltro insussistente) convivenza coniugale, abbia sacrificato le proprie aspirazioni professionali e/o le proprie aspettative di guadagno al fine di occuparsi a tempo pieno (e/o quantomeno in prevalenza) della cura della famiglia, della gestione della casa e/o della cura delle esigenze personali del marito; 6) che in particolare è del tutto inverosimile che essa abbia abbandonato l'attività di accudimento della ragazza disabile di cui sopra si è accennato in quanto indotta a ciò dal ricorrente, e ciò in quanto è pacifico in causa che essa non ha mai acconsentito alle ripetute richieste di quest'ultimo di stabilirsi a vivere da lui a Napoli (ciò che rende per l'appunto inverosimile che il marito abbia potuto convincerla a lasciare l'attività di assistenza in esame: una simile richiesta da parte del marito avrebbe infatti avuto senso solo ove la stessa fosse stata finalizzata a consentire alla resistente di trasferirsi a Napoli da lui); 7) che non vi è alcuna prova che la resistente, mediante una rinuncia alle proprie aspirazioni professionali e/o di guadagno, abbia apportato un significativo contributo alla formazione del patrimonio del coniuge (consa del tutto impossibile stante l'età dei coniugi al momento della celebrazione del matrimonio e stante anche la durata brevissima del matrimonio medesimo); 8) che in particolare non vi è prova del fatto che lo squilibrio attualmente sussistente tra le condizioni economiche e patrimoniali delle parti sia causalmente riconducibile alla rinuncia, da parte della resistente, alle proprie aspirazioni professionali e di guadagno; 9) che la resistente è ancora in buona salute (dagli atti di causa non può infatti essere tratta la prova del contrario), e pertanto deve ritenersi verosimile che essa possa ancora svolgere attività lavorative di carattere saltuario del tipo di quella suindicata con le quali migliorare le proprie condizioni economiche (come peraltro ha fatto fino al periodo precedente alla celebrazione del matrimonio) e con cui provvedere in modo del tutto autonomo al proprio sostentamento. Conseguentemente, sulla base delle considerazioni e delle circostanze che precedono, va ritenuto che nel caso di specie non sussistano i presupposti di legge affinché possa essere riconosciuto alla resistente il diritto a percepire dal marito un assegno divorzile. Sussistono giusti motivi, stante la natura e l'esito del giudizio, perché le spese di causa siano integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e conclusione disattesa; - pronuncia lo scioglimento del matrimonio civile contratto in Savona in data 3.10.2019 dai signori T.R. e B.G. e trascritto nei registri dello Stato Civile del Comune di Napoli (atto numero 119, anno 2019, p. II, s. C sez. G); - ordina all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Napoli di procedere alla trascrizione della presente sentenza nella parte seconda serie C dei registri degli atti di matrimonio dell'anno corrente e di eseguire le prescritte annotazioni a margine dell'atto di matrimonio delle parti e le ulteriori incombenze di legge; - dispone che le spese di causa siano integralmente compensate tra le parti. Conclusione Così deciso nella Camera di Consiglio in data 7 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 8 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SAVONA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Savona in persona del giudice Alberto Princiotta, ha pronunciato la presente sentenza nella causa n. 2680 del ruolo generale affari contenziosi civili dell' anno 2020 promossa da: (...) codice fiscale (...) assistito dagli avv. VA.RO. e DE.MA.; nei confronti di: P. SOCIETÀ COOPERATIVA A RESPONSABILITA' LIMITATA partita IVA (...), assistita dagli avv. RA.MA. e LA.AN.; e nei confronti di: (...) SPA assistita dall' avv. BO.DI. OGGETTO DELLA CAUSA: lesione personale Ragioni in fatto e in diritto della decisione I. - (...) ha convenuto in giudizio la (...) Società Cooperativa a responsabilità limitata chiedendo il risarcimento dei danni subiti in Albenga il 10/4/2019. A sostegno della domanda, assumeva: .- di svolgere la professione di badante e di aver accompagnato la propria assistita presso la caffetteria "(...)", in Albenga; .- nella circostanza, era entrata nell'esercizio dalla entrata principale e, dopo avere effettuata la consumazione, era uscita dalla porta/finestra a vetri; - attraversando la porta/finestra una corda - che legava i due lembi della tenda dell'apertura - le si era attorcigliata intorno al collo facendola cadere a terra; - tale insidia non era in alcun modo segnalata e, in conseguenza di tale incidente era stata trasferita al Pronto Soccorso di Santa Corona ove le era stata diagnosticata la "frattura-lussazione trimalleolare destra" ove era stata operata; - la responsabilità dell'evento era imputabile esclusivamente a parte convenuta quale ente custode e responsabile del locale, ai sensi dell'art.2051 c.c., poiché il pericolo non risultava segnalato e non era visibile o prevedibile; - chiedeva, pertanto, il risarcimento del danno che quantificava complessivamente in Euro 29.331,83. La convenuta ha resistito alla domanda contestando la dinamica del fatto; avendo stipulato polizza assicurativa a copertura e garanzia dei rischi connessi all'esercizio della propria attività con la società (...), chiedeva di convenirla in giudizio al fine di esserne manlevata. La (...) si è associata alle conclusioni della sua assicurata. La causa è stata istruita documentalmente e con l'udizione dei testimoni indicati. Il 2/2/2022 è stata posta in decisione sulle conclusioni sopraindicate. II. - La domanda non è fondata. L' istruzione probatoria, invero, ha smentito la ricostruzione del fatto indicata in citazione e risulta invece provato che l' evento dannoso è ascrivibile esclusivamente alla condotta imprudente dell' attrice che è passata da un' apertura non utilizzabile e non ha prestato attenzione all' avvertimento tempestivamente rivoltole dall'inserviente. Significative al riguardo appaiono le deposizioni rese dai testi: - P.M.: " ..in primavera e comunque quando inizia a fare più caldo vengono aperte due pareti laterali: questo per aerare il locale ed evitare che all'interno si crei l'effetto serra visto che la struttura è in vetro e metallo; preciso che le due pareti che vengono aperte si trovano dalla parte opposta rispetto all'ingresso del locale ... all'interno del dehor, davanti all'apertura laterale di cui sopra ho già riferito, c'erano due tavolini con le rispettive sedie; aggiungo che i tavolini e le sedie sono lì sempre, anche quando le pareti restano chiuse ... davanti all'apertura laterale c'erano due tende semi rigide abbassate più o meno come si vede nella foto 2 di parte convenuta che mi si rammostra ... tutti entrano ed escono da quello che è l'unico ingresso e che è posto dalla parte opposta rispetto all'apertura laterale ... ho visto la signora - che ho riconosciuto presente oggi - che usciva dal bar, attraversava a passo spedito il dehor e si dirigeva verso l'apertura laterale ... ho sentito il rumore di una sedia che veniva spostata e poi il trambusto di una caduta ... una delle cameriere o comunque una inserviente del bar ha seguito la signora quando ha visto che si dirigeva verso l'apertura laterale e confermo che le ho sentito gridare qualcosa del tipo "Signora dove va ?? Non si esce da lì!"; - (...): " in primavera vengono aperte solo due delle pareti laterali e confermo che il giorno dell'incidente erano appunto solo due le pareti alterali aperte ... dentro al dehor davanti all'apertura vi erano due tavolini con le rispettive sedie così come pure si vede nella detta foto 2 di parte convenuta (...); aggiungo che sedie e tavolini ci sono sempre ... confermo anche la presenza delle due tende semirigide che arrivavano più o meno all'altezza del petto, all'incirca come si vede nella foto 2) ... confermo che c'è un'unica entrata che ... è posta sulla destra, dalla parte opposta rispetto all'apertura laterale di cui sopra ho riferito... quanto alla signora (...) ... l'ho solo vista che passava; non so dove andasse; comunque non andava verso l'uscita; ricordo che camminava abbastanza velocemente, sembrava agitata ... ho sentito il rumore di sedie che si spostavano ...una cameriera aveva inseguito la signora e confermo che le sentii dire "Signora dove va ?? Non si può uscire da lì!"; - (...): "in primavera vengono aperte solo due pareti laterali per favorire l'areazione del locale; anche il giorno dell'incidente le uniche pareti aperte erano quelle che si vedono nella foto 2 di parte convenuta ... davanti all'apertura c'erano due tavolini e le rispettive sedie ed anche le due tende semirigide come si vede nella foto 2 di cui sopra ... vi è una sola porta d'ingresso che viene utilizzata per entrare ed uscire e che nella foto 9 di parte convenuta si vede sulla destra mentre dalla parte opposta si trova l'apertura che sopra ho descritto ... frequento spesso il locale in oggetto e posso dire di non avere mai visto nessuno entrare o uscire attraverso l'apertura in oggetto ... ricordo di aver visto la signora entrare dall'ingresso e chiedere qualcosa al bar, penso un caffè; ricordo che la signora sembrava impaziente visto che mentre aspettava di essere servita batteva le monete sul bancone; poi è uscita di corsa; ricordo che una cameriera l'ha inseguita quando si è avviata verso il dehor e ho sentito che la cameriera le diceva che da lì non si passava ... non ho visto la signora cadere; ho però sentito il rumore di sedie spostate e allora mi sono girato ed ho visto le tende semirigide davanti all'apertura che si muovevano ... le ho potute vedere perché la parete che chiude il bar dal lato del dehor è in vetro". - (...): "nei mesi primaverili vengono aperte solo due delle pareti laterali come ben si vede nelle foto 2 di parte convenuta; confermo che la situazione riportata da detta foto era anche quella del giorno dell'incidente ... e cioè davanti all'apertura vi erano dei tavolini e delle sedie e due tende semirigide ...vi è un'unica porta di ingresso che viene utilizzata per entrare e per uscire ...non ho visto la signora entrare; l'ho solo notata quando è passata vicino al mio tavolino perché mi sono accorto che correva e che una delle ragazze al bar le diceva dietro qualcosa del tipo "Signora dove sta andando ??" visto che non era diretta verso l'ingresso... ho ... sentito un rumore di sedie che venivano spostate; mi sono allora girato ed ho visto la signora per terra e le tende semirigide che si muovevano". - (...): "in primavera vengono aperte due pareti laterali come vedo nella foto 2 di parte convenuta ... anche il giorno dell'incidente le due pareti laterali erano aperte ...anche il giorno dell'incidente davanti all'apertura vi erano sedie e tavolini e due tende semirigide come pure si vede nella detta foto 2; anzi direi che quel giorno i tavolini e le sedie erano ancora più centrati e quindi chiudevano l'apertura anche più di quanto si vede nella foto ... vi è un'unica porta d'ingresso per entrare e uscire, porta che rispetto alla foto 9 di parte convenuta è sulla destra mentre dalla parte opposta sulla sinistra vi è l'apertura che sopra ho descritto... la signora è entrata dall'ingresso ed è venuta al bancone; l'ho servita io; non ricordo bene cosa ha ordinato, ricordo però che aveva fretta ... la signora ha afferrato il resto ma per uscire non si è diretta verso l'ingresso da cui era entrata bensì verso il dehor tanto che l'uscita non era da lì ma la signora ha proseguito; ricordo che correva ... confermo di avere visto la signora fare un movimento con il fianco in modo da passare attraverso le sedie poste davanti all'apertura di cui sopra ho riferito; ricordo anche che con un braccio ha anche sollevato una delle tende semirigide e poi l'ho vista cadere ... è caduta verso l'esterno ... ho avvisato la titolare che è accorsa ... la tenda che la signora aveva sollevato non si è rotta... per arrivare all'apertura in oggetto partendo dal bancone bisogna percorrere tutto il dehor; io ho urlato alla signora dove stesse andando quando mi sono accorta che prendeva la via sbagliata ma lei non si è fermata". - (...): "ero seduta ad un tavolino all'interno del dehor insieme a (...) e (...) ... in primavera vengono aperte due pareti laterali per aerare il locale ed anche il giorno dell'incidente erano aperte solo le due pareti laterali come sivede nella foto 2 di parte convenuta ... confermo che davanti all'apertura vengono posizionati tavolini e sedie e ci sono anche due tende semirigide come ben si vede nella detta foto 2 ...confermo che vi è un'unica porta d'ingresso da cui si passa per entrare e uscire porta che, rispetto alla foto 9 di parte convenuta, è sulla destra mentre dalla parte opposta, sulla sinistra vi è l'apertura di cui sopra ho riferito... da dove mi trovavo non ho visto la signora entrare né l'ho vista al bancone; l'ho invece vista quando è passata vicino al tavolino dove mi trovavo; ricordo che correva... non ho visto la signora cadere; ho però sentito un rumore di sedie che venivano spostate e mi sono girata ed ho visto la signora era già praticamente per terra e che le tende si muovevano ...confermo di avere visto che una delle dipendenti del locale - la (...) che ha testimoniato oggi prima di me - le è corsa dietro ed ho sentito che ha urlato alla signora che da lì non si poteva passare ma la signora ha proseguito... la signora era da sola; aggiungo che fuori non c'era nessuno con lei anche perché dopo che è caduta l'unica che l'ha aiutata è stata mia madre, avvisata di quanto era successo dalla (...) che nel frattempo era rientrata al bancone; aggiungo che fuori non c'era nessuno in carrozzina". - (...): "non ho visto la signora (...) entrare nel bar in questione; io quel giorno mi trovavo all'esterno del bar, seduta nella panchina circolare intorno ad una delle palme della piazza che riconosco nella foto 2 di parte convenuta che mi viene rammostrata; preciso che la panchina è sulla sinistra della foto, dalla parte opposta all'entrata del bar che nella foto di cui sopra è sulla destra... il bar è all'interno di un gazebo che è a sua volta circondato da una struttura attrezzata a dehor con pareti amovibili;... ho visto la signora (...) mentre usciva; confermo che non è passata dall'entrata principale; procedeva a passo veloce ma senza correre; ho visto che aveva notato nella piazza delle persone che evidentemente conosceva perché ha fatto loro segno ed ha dato l'idea di volerle raggiungere; non si era però accorta che le era rimasto attorno al collo il filo di una delle tende a pacchetto e quando ha fatto per andare verso gli amici il filo l'ha trattenuta, l'ha sbilanciata e l'ha fatta cadere; aggiungo che io sono subito accorsa ad aiutarla e per prima cosa le ho tolto il filo da intorno al collo; la signora è caduta di schiena...". In un simile coerente quadro probatorio, irrilevanti appaiono le deposizioni dei testi indicati da parte attrice (signore K.O. ed P.O.) che comunque si trovavano all' esterno del locale al momento del fatto. Conseguentemente, considerato che l' attrice ha tentato di uscire dal bar passando da una apertura non utilizzabile quale accesso senza neppure rispettare l' avvertimento tempestivamente effettuato dalla dipendente, nessun addebito può essere ascritto alla convenuta e la responsabilità ai sensi dell' art. 2051 c.c. risulta esclusa dal caso fortuito rappresentato dalla condotta incauta, anomala ed imprevedibile tenuta dalla danneggiata (cfr., edita in Banca Dati Giuffrè: "Cassazione Sez. 6 - 3, ordinanza n. 34886 del 17/11/2021: "In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro". Cfr. altresì Sez. III Civile sentenza n. 8478/20 in motivazione: "In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione - anche ufficiosa - dell'art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro"). La domanda avanzata dall'attrice va, quindi, respinta. III. - La statuizione sulle spese processuali, ivi comprese quelle relative alla chiamata in giudizio della (...), terza chiamata, segue il criterio della soccombenza (conf. Cassazione civile Cassazione civile sez. III, 17/01/2017, n. 925 edita anche su Banca Dati Giuffrè: "La posizione dell'assicuratore della responsabilità civile nel giudizio in cui viene chiamato in causa (e nel cui ambito si determina, anche a prescindere da una domanda del garantito sull'accertamento del rapporto di garanzia e/o sulla relativa prestazione, l'estensione soggettiva dello stesso giudizio nei confronti del garante, con conseguente litisconsorzio necessario processuale) è quella di un interventore adesivo autonomo. Ne deriva che, qualora l'assicurazione contesti la fondatezza della domanda attorea, essa resta soggetta al principio della soccombenza, al fine della regolamentazione delle spese, a prescindere da ogni questione sulla natura e sul titolo dell'intervento e può anche essere condannata in solido con la parte della quale condivide il medesimo interesse"). Le spese vanno liquidate in conformità ai parametri di legge, ritenendo il valore della causa pari a quello indicato da parte attrice in sede di iscrizione ed in relazione agli adempimenti processuali compiuti nel corso del giudizio per la cui definizione è stata necessaria l' audizione di numerosi testi. PER QUESTI MOTIVI Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni diversa e contraria istanza, eccezione e deduzione, per le ragioni indicate in motivazione, così provvede: 1. - respinge le domande avanzate dall'attrice; 2. - condanna l' attrice al pagamento delle spese processuali che liquida: a. - in favore di (...) SOCIETÀ COOPERATIVA A RESPONSABILITÀ LIMITATA che liquida in Euro 528,65 per esborsi, Euro 3.972,00 per compensi al difensore, oltre oneri fiscali, previdenziali e tariffari nella misura di legge; b. - in favore della società (...) spa in Euro 3.972,00 per compensi al difensore, oltre oneri fiscali, previdenziali e tariffari nella misura di legge Con sentenza provvisoriamente esecutiva. Così deciso in Savona il 27 marzo 2021. Depositata in Cancelleria 29 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SAVONA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica nella persona della dr.ssa Laura Serra, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 2433/2020, promossa con atto di citazione DA (...) (C.F./P.IVA (...)) rappresentata e difesa dall'avv.to BE.PA., come da procura allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata telematicamente PARTE RICORRENTE CONTRO (...) SPA C.R.G. (C.F./P.IVA (...)), rappresentata e difesa dall'avv. SI.MA., come da procura allegata alla comparsa di costituzione depositata telematicamente PARTE RESISTENTE OGGETTO: fideiussione bancaria - escussione. MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., regolarmente notificato alla controparte, (...) ha adito il Tribunale di Savona esponendo che: - Ella è unica erede del padre (...), in forza di successione ereditaria aperta l'8.11.2011; - Nel quadro di una più estesa negoziazione, con contratto preliminare del 9.12.2005, la società (...) aveva promesso di vendere al genitore, suo dante causa, che aveva promesso di acquistare, gli alloggi int. 6 e 7 e i box 5 e 6 di un edificio che doveva essere costruito su terreno della promittente venditrice. La compravendita aveva pertanto ad oggetto cosa futura, che la promittente venditrice si obbligava a realizzare; - La società (...) garantiva di essere piena ed esclusiva proprietaria delle aree sulle quali avrebbe dovuto essere eretto il fabbricato; - Il prezzo della compravendita era fissato in 130.000 euro, pagato: - per 96.000 euro per compensazione con il corrispettivo dovuto dalla (...) per l'acquisto del terreno venduto alla società dallo stesso sig. (...) con scrittura privata autenticata del 28.12.2005; - per la differenza di euro 34.000,00 con assegno bancario del sig. (...), consegnato alla firma del preliminare; - Le parti convenivano che la costruzione del fabbricato avrebbe dovuto essere ultimata entro 24 mesi dalla stipula del preliminare e, comunque, entro 18 mesi dall'inizio dei lavori; - La promittente venditrice, a garanzia dell'adempimento delle obbligazioni assunte, consegnava al promissario acquirente una fideiussione bancaria rilasciata da (...) in data 7.12.2005, per l'importo di 130.000 euro. - (...) e (...) sottoscrivevano inoltre, nel medesimo contesto, altre scritture correlate, con le quali: da un lato, disciplinavano la permuta della cubatura edificabile sui terreni venduti dal sig. (...) con parte degli immobili da essere costruiti con il SUA, e d'altro lato, il rappresentante legale della società e la di lui moglie si costituivano entrambi fideiussori per l'ulteriore importo di euro 260.000,00, avendo l'operazione un valore complessivo determinato in euro 390.000,00; - Veniva altresì dato atto tra le parti che la realizzazione del complesso edilizio nel quale si sarebbero dovuti costruire gli immobili da cedere al sig. (...) dipendeva dal fatto che (...) potesse acquistare la proprietà di tutti i terreni e le volumetrie del SUA. Per cui, l'efficacia e la validità del contratto preliminare venivano subordinati al verificarsi di tale condizione. Il mancato avveramento della condizione avrebbe comportato la liberazione delle parti degli impegni assunti, con l'obbligo di (...) di ritrasferire al sig. (...) la proprietà del terreno e l'obbligo di quest'ultimo di restituire le garanzie rilasciategli. - Con un addendum al preliminare del 25.11.2015, (...) (in qualità di erede di (...)) e la società (...) ribadivano la volontà di proseguire negli impegni presi, modificando tuttavia l'oggetto del preliminare attesa l'accertata mancanza di conformità della pregressa progettazione esecutiva rispetto al Regolamento Edilizio. Pertanto, veniva promesso in vendita l'alloggio 6 posto al piano terra, in luogo dei diversi e più piccoli alloggi 6 e 7 di cui alla contrattazione preliminare originaria. Rimanevano invece invariati l'identificazione, il numero e la superficie dei box, nonché tutte le altre pattuizioni. - Le parti convenivano che la costruzione del fabbricato avrebbe dovuto essere ultimata entro 36 mesi dall'inizio dei lavori. Inoltre, con la specifica finalità di consentire alla (...) di confermare le garanzie bancarie rilasciate, (...) proponeva di concordare un termine finale di stipula del definitivo, identificato nel 30 settembre 2019. - Nonostante l'avvenuta scadenza del termine, (...) non aveva provveduto a iniziare la costruzione dell'edificio, di cui le unità immobiliari oggetto del preliminare avrebbero dovuto essere compendio. - Pertanto, ella aveva richiesto alla (...) l'escussione della garanzia, ma l'istituto aveva opposto il proprio rifiuto. Tutto ciò premesso, (...), qualificata la fideiussione come contratto autonomo di garanzia, ha convenuto in giudizio (...) al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di euro 130.000,00 oltre interessi di legge maturati dal 9.12.2007 al saldo. Si è costituita (...) replicando alle avverse argomentazioni che: - La garanzia fideiussoria doveva ritenersi estinta, in quanto rilasciata per un contratto preliminare, sottoscritto il 9.12.2005, diverso da quello in relazione al quale la ricorrente faceva valere l'inadempimento, stipulato il 25.11.2015; - La Banca aveva prestato la garanzia fideiussoria solo in relazione al primo contratto, ma non invece al secondo, come peraltro affermato dalla stessa parte ricorrente, laddove rilevava che tra i contraenti veniva fissato un termine per la stipula del definitivo datato 30.9.2019, al fine di consentire all'istituto di credito di confermare la garanzia fideiussoria precedentemente rilasciata; - La garanzia era stata rilasciata verso specifico contratto, superato dalle successive pattuizioni inopponibili alla Banca e il nuovo accordo presupponeva necessariamente il rilascio di una nuova garanzia o l'estensione di quella pregressa, circostanze mai verificatesi; - La pretesa di escutere una fideiussione estinta, o comunque posta a garanzia di un rapporto diverso da quello caducato tra le parti, consentiva all'istituto di opporre l'exceptio doli generalis, ravvisandosi nella condotta della ricorrente una condotta abusiva, poiché ella non lamentava l'inadempimento del contratto garantito, ma di contratto diverso e modificativo del precedente. - Sotto altro profilo, (...) doveva comunque ritenersi decaduta dal diritto di far valere la garanzia originaria, peraltro estinta per prescrizione. Tanto premesso, la Banca ha chiesto il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti. Alla prima udienza di trattazione è stata disposta la conversione del rito da sommario di cognizione ad ordinario. C. i termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., senza necessità di istruttoria, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e in tale sede trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti di termini per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica. La domanda è fondata e deve essere accolta per le ragioni che di seguito si espongono. È pacifico che con contratto del 9 dicembre 2005, (...) si costituiva fideiussore nell'interesse di (...) e a favore di (...) fino alla concorrenza di euro 130.000,00 oltre interessi di legge maturati decorsi 18 mesi dalla data di inizio dei lavori, per l'esatto adempimento delle obbligazioni assunte dalla società garantita nell'ambito del contratto preliminare del 9.12.2005, stipulato tra (...) e (...). In particolare, nel contratto di garanzia, si rinviene a titolo di premessa che: - con contratto preliminare sottoscritto in pari data, (...) aveva promesso in vendita ad (...), il quale ne aveva promesso l'acquisto, gli immobili da costruire quali cose future con la realizzazione dello Strumento Urbanistico Attuativo di iniziativa privata in zona C2 del PRG, località C., via M. degli (...), B. S. S., individuati negli alloggi 6 e 7 posti al piano terra dell'edificio 6B e nei box 5 e 6 dell'edificio 6B. - la promittente venditrice si era obbligata a consegnare i suddetti appartamenti e box entro e non oltre il termine di 24 mesi dalla firma del compromesso e comunque entro 18 mesi dall'inizio dei lavori; - la Banca si costituiva garante dell'esatto adempimento degli obblighi assunti con il contratto "in particolare avente ad oggetto l'intestazione e la consegna delle unità immobiliari avanti indicate", a prima richiesta, fatta espressa esclusione dell'obbligo di preventiva escussione del debitore principale, fino alla concorrenza di 130.000 euro, pari al prezzo concordato e già pagato dal promissario acquirente. Il contratto di garanzia, inoltre, precisa che: - la "presente fideiussione avrà validità dalla data odierna e sino alla stipula del rogito notarile di trasferimento degli alloggi di cui in premessa"; - ogni richiesta di pagamento dovrà pervenire alla Banca entro e non oltre 60 giorni successivi alla scadenza indicata, decorsi i quali la fideiussione avrebbe perso efficacia ed operatività in ragione dello spirare del termine decadenziale. Orbene, a fronte di tali pacifiche pattuizioni, la Banca convenuta oppone all'escussione della fideiussione pretesa dalla controparte che: 1) la fideiussione si sarebbe estinta in quanto prestata solo a garanzia del contratto preliminare del 9.12.2005 e non del successivo e nuovo contratto preliminare del novembre 2015; 2) la garanzia sarebbe comunque estinta per prescrizione, non avendola (...) fatta valere per oltre 10 anni dall'inadempimento definitivo del primo contratto preliminare imputabile alla società (...); 3) la signora (...) sarebbe decaduta dal diritto di escutere la garanzia, poiché non azionato entro 60 giorni dal termine finale di consegna dei lavori previsto sia nel primo che nel secondo contratto preliminare. Tuttavia, tali argomentazioni non sono condivisibili e devono essere respinte. In primo luogo, si condivide che l'obbligazione assunta dalla Banca in favore di (...) (subentrata per successione nei rapporti del padre (...)), debba essere qualificata non come fideiussione ma come contratto autonomo di garanzia. Costituiscono sicuri indici di tale qualificazione, in primis, il fatto che l'obbligo del garante non è quello di adempiere alla medesima prestazione dovuta dall'obbligato principale, consistente nella costruzione, nella consegna e nel trasferimento delle unità immobiliari oggetto del preliminare, bensì quello diverso di tenere il creditore indenne dall'inadempimento del debitore principale, mediante l'erogazione di una somma di denaro pari ad euro 130.000,00. Il secondo è la previsione dell'impegno della banca a pagare "a prima richiesta", a fronte di semplice domanda del beneficiario, senza dunque poter formulare eccezioni inerenti al debito principale, e con espressa esclusione del dovere di preventiva escussione del debitore principale. Ed infatti, come già affermato dalla giurisprudenza di merito, pertinentemente citata da parte ricorrente, "il contratto autonomo di garanzia (c.d. garantievertrag) mira a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, contrariamente al contratto del fideiussore, che garantisce l'adempimento della medesima obbligazione principale e prestazione dovuta dal garante; nella sostanza, ciò che differenzia le due fattispecie è la causa, che nella fideiussione si sostanzia nella richiesta di adempimento rivolta al garante anziché all'obbligato principale, e nel caso di garanzia autonoma si sostanzia nella richiesta di un indennizzo predeterminato (sostanzialmente una penale non riducibile), svincolato dalla prestazione oggetto del rapporto fondamentale così come dalla stessa commisurazione della natura dell'inadempimento (ritardo, inesattezza, incompletezza) e dalla sua maggiore o minore gravità" (Corte d'Appello di Brescia, sentenza n. 1270, dell'11.10.2021). Alla luce di tale preliminare chiarimento vengono affrontate le ragioni opposte dalla Banca alla avversaria escussione della fideiussione. 1) in primo luogo, non può essere condivisa la prospettazione della convenuta secondo cui la garanzia fideiussoria si sarebbe estinta in quanto il contratto preliminare del 9.12.2005 sarebbe stato sostituito da quello del 25.11.2015, avente diverso oggetto, sicché (...) avrebbe inteso escutere la fideiussione a garanzia di un contratto diverso rispetto a quello per il quale l'obbligazione era stata assunta. È provato in via documentale che: - il 9.12.2005 (...) stipulò con (...) un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto una cosa futura, ovvero immobili da costruire, in Comune di Borghetto Santo Spirito, via Madonna degli Angeli, nel fabbricato 6B di cui allo Strumento Urbanistico Attuativo sito in zona C2, ivi identificati negli alloggi int 6 e int 7 posti al piano terra dell'edificio, oltre ai box 5 e 6 del medesimo edificio. All'art. 10 la promittente venditrice garantiva che "il fabbricato di cui gli enti immobiliari oggetto del presente atto faranno parte sarà costruito in conformità al permesso di costruire sopra richiesto ed eventuali successive varianti" (doc. 8 parte ricorrente). - il 25.11.2015, (...) e (...) conclusero un "addendum al preliminare", nel quale le parti, dando atto di aver sottoscritto il menzionato preliminare del 9.12.2005, "ribadiscono la loro volontà di proseguire negli impegni e nelle obbligazioni ivi assunte", tuttavia prevedendo alcune modifiche rese necessarie dalla mancanza di conformità del precedente progetto al Regolamento Edilizio Comunale e da errori e inesattezze contenute nella precedente progettazione. In particolare, alla lettera b) venne previsto che "l'oggetto del preliminare di vendita 9 dicembre 2005 viene sostituito con il seguente fatte salve eventuali ulteriori modifiche e prescrizioni imposte dalle Autorità competenti in sede di approvazione dei progetti: - alloggio int. 6 posto al piano terra dell'edificio 6B. Rimane invariata la superficie e il numero dei box". Alla lettera e) era precisato inoltre che "la maggior superficie degli alloggi sopra indicati, rispetto a quelli individuati nel preliminare 9 dicembre 2005 verrà monetizzata da parte promittente acquirente al puro costo di costruzione, forfettariamente indicato in Euro 2.000,00 (duemila/00) al mq. e pertanto in complessivi Euro 1.700,00 (millesettecento/00). Alla successiva lettera f) era espressamente dichiarato che "per quanto non disciplinato col presente accordo, le parti si richiamano e confermano quanto già pattuito con il preliminare e la scrittura privata tra loro intercorsi in data 9 dicembre 2005". Alla luce di tali elementi, si tratta dunque di stabilire - ai fini che qui occupano - se l'addendum al contratto preliminare costituisca una mera specificazione ed integrazione del precedente, ovvero costituisca una modifica sostanziale dell'oggetto e dunque costituisca un nuovo ed autonomo vincolo negoziale. Interpretando il dato negoziale, secondo i canoni dettati dall'art. 1362 e seguenti c.c., si propende per la prima soluzione. Va rammentato, in termini generali, che ai sensi dell'art. 1230 c.c. si ha estinzione di un'obbligazione precedentemente assunta quando le parti sostituiscono ad essa una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. La volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco per pacifico principio giurisprudenziale. Il successivo art. 1231 c.c. prevede invece che ogni modificazione accessoria all'obbligazione assunta, come anche l'apposizione di un termine, non importano novazione. Per pacifico orientamento giurisprudenziale, "La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula il mutamento dell'oggetto o del titolo della prestazione, ai sensi dell'art. 1230 cod. civ., mentre non è ricollegabile alle mere modificazioni accessorie di cui all'art. 1231 cod. civ., e deve essere connotata non solo dall'"aliquid novi", ma anche dall"animus novandi" (inteso come manifestazione inequivoca dell'intento novativo) e dalla "causa novandi" (intesa come interesse comune delle parti all'effetto novativo); l'accertamento che su tali tre elementi (volontà, causa ed oggetto del negozio) compia il giudice di merito è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivato (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5665 del 09/03/2010). Nel caso di specie, è del tutto evidente che le parti abbiano inteso mantenere in vita il contratto preliminare del 9.12.2005, espressamente richiamato in ogni sua parte, eccezion fatta per: - la descrizione degli immobili promessi in vendita, identificati in modo diverso a seguito di modifiche progettuali resesi necessarie per rendere conforme il progetto iniziale al Regolamento Edilizio; - l'apposizione di un diverso termine per la consegna degli immobili e per la stipulazione del contratto definitivo. Esaminate nel complesso dei rapporti tra le parti, non solo la seconda modifica attinente all'apposizione di un termine, pacificamente di contenuto accessorio rispetto all'obbligazione principale, ma anche la prima attinente all'oggetto del contratto, non determinano la novazione del rapporto obbligatorio. In particolare, dalle planimetrie allegate al primo e al secondo contratto risulta che il compendio immobiliare oggetto della promessa compravendita è rimasto sostanzialmente invariato, poiché riguarda sempre la medesima superficie, collocata al piano terra dell'edificio 6B, nella stessa posizione e con la medesima configurazione perimetrale. Risulta, invece, variato che tale superficie non è più suddivisa in due appartamenti, ma è stata unificata in un unico alloggio, al fine di rispettare le dimensioni minime previste per gli appartamenti dal Regolamento Edilizio. Inoltre, la dimensione dell'unità, evidentemente al fine di eseguire i dovuti aggiustamenti, risulta maggiore per un'area inferiore a 1 mq. Sono rimasti invece invariati i box di cui al preliminare originario. Pertanto, va avuto riguardo al fatto che il preliminare del 2005 aveva ad oggetto la vendita di cosa futura e che la costruzione degli alloggi si inseriva in un ben più ampio progetto immobiliare, derivante da un piano particolareggiato di iniziativa privata che interessava una superficie di oltre 55.000 mq., risultante dall'accorpamento dei terreni conferiti da 16 diverse ditte per la costruzione di oltre 33.000 mc. di edilizia residenziale, distribuiti su "diversi 11 edifici, per una superficie utile coperta di circa 11.000 mq., oltre gli interrati" (doc. 12). In tale contesto, è del tutto prevedibile che, nel passaggio dalla progettazione generale del comparto a quella esecutiva necessaria per ottenere il rilascio dei permessi a costruire dei singoli stabili, sia necessario apportare al progetto modifiche di dettaglio. Tuttavia, tali varianti non determinano necessariamente una novazione degli accordi ma consistono in una migliore e più dettagliata specificazione di quelli iniziali, che già contemplavano al loro interno la possibilità di prevedere varianti necessarie a rendere le costruzioni conformi sotto il profilo edilizio ed urbanistico. Infatti, già nel preliminare del 9.12.2005 la promittente venditrice si obbligava a costruire gli immobili in conformità al Progetto Esecutivo e alle sue successive varianti, prevedendo fin da allora la possibilità che si verificassero modifiche ed aggiustamenti in conseguenza della necessità di assicurare la rispondenza dei beni edificandi alla normativa urbanistica generale e locale. Dunque, proprio in ragione di tale esigenza, il bene immobile - oggetto del preliminare di compravendita - è rimasto materialmente invariato ma è stato suddiviso internamente in modo diverso, con unificazione di due monolocali, e dunque identificato non più come alloggi 6 e 7 ma come unico alloggio 6. Ne consegue che la "nuova" identificazione dello stesso costituisce una mera integrazione e chiarificazione del contenuto della volontà negoziale già in precedenza espresso, poiché il bene è stato contrattualmente individuato fin dall'origine nella sua localizzazione (piano terra, edificio 6B nella posizione risultante da entrambe le planimetrie) e nella sua conformazione unitariamente considerata (come contornata dalla rappresentazione grafica), ed è stato solo meglio identificato e internamente strutturato per renderlo conforme alle varianti progettuali che si sono rese necessarie nel tempo. D'altra parte, risulta palese dal tenore dell'addendum che le parti non hanno certamente voluto sostituire il precedente preliminare di vendita, che viene anzi espressamente richiamato a disciplinare ogni aspetto diverso dalla modificazione pattizia, né assumere una obbligazione diversa da quella pregressa consistente nel trasferimento di un immobile sito al piano terra dell'edificio 6B, realizzato sul mappale già identificato al foglio (...) mappale (...), oltre ai box rimasti sempre gli stessi, al prezzo già concordato. Alla luce di tali elementi, l'addendum non costituisce una novazione delle obbligazioni precedentemente assunte con il contratto preliminare, rimaste in vigore e consistenti: - per il promittente venditore, nella costruzione e nel trasferimento degli immobili oggetto di costruzione, come meglio specificati successivamente in forza delle varianti progettuali; - per il promissario acquirente di pagare il prezzo concordato, e già versato al momento della conclusione del contratto del 9.12.2005. Manca, infatti, non solo una modifica significativamente incidente sull'oggetto del contratto, ma altresì l'animus novandi, ovvero la volontà delle parti di dar vita ad un nuovo rapporto contrattuale sostitutivo del precedente. Pertanto, si ritiene che l'obbligazione di garanzia della banca non sia estinta per venir meno del rapporto principale. Infatti, la garanzia è stata prestata per tenere indenne il beneficiario dell'inadempimento del promittente venditore, rispetto alle obbligazioni assunte proprio con il contratto preliminare del 9.12.2005, meglio specificate in relazione ad aspetti meramente accessori con l'addendum del 25.11.2015. E del resto, una volta chiarito che il rapporto principale per il quale è stata prestata la garanzia è rimasto valido ed efficace tra le parti, va considerato, da un lato, che la garanzia prestata dalla Banca è rimasta del tutto invariata nell'ammontare e non ha subito alcuna modifica, tantomeno in pejus, in conseguenza dell'addendum (anzi, la fissazione di una data fissa per la stipulazione del definitivo va a suo vantaggio rispetto alle pregresse pattuizioni, come si avrà modo di meglio specificare oltre), d'altro lato, che la Banca ha sottoscritto un contratto autonomo di garanzia in forza del quale essa si è obbligata non già ad estinguere la medesima obbligazione assunta dal debitore principale, ma a tenere indenne il beneficiario dall'eventuale suo inadempimento. Sicché l'Istituto resta del tutto estraneo rispetto a pattuizioni sopravvenute che vadano ad incidere solo su aspetti accessori e interni del contratto tra il creditore e il debitore, lasciando in essere il rapporto principale. In altri termini, ai fini della garanzia rileva che (...) si sia resa inadempiente agli obblighi assunti verso il promissario acquirente con il contratto preliminare 9.12.2005, meglio specificati con addendum del 25.11.2015, e non invece che la società abbia apportato varianti concordate al progetto edilizio, proprio al fine di poter adempiere agli impegni contrattuali assunti, che rilevano esclusivamente nei rapporti interni tra le parti contraenti della compravendita. 2) anche l'eccezione di decadenza fatta valere dall'istituto di credito è infondata. Deve in primo luogo considerarsi che il contratto preliminare sottoscritto tra le parti il 9.12.2005 prevede che: "la costruzione del fabbricato del quale le porzioni immobiliari oggetto del presente atto fanno parte, dovrà essere eseguita e completamente ultimata entro e non oltre 24 (ventiquattro) mesi da oggi e, comunque, entro il termine massimo di 18 (diciotto) mesi dall'inizio dei lavori, come sopra previsto per la consegna alla parte promittente acquirente delle porzioni immobiliari in oggetto (eventualmente: fermo il rispetto dei termini sopra previsti per le singole fasi di lavorazione). A tal fine, la parte promittente venditrice convocherà la parte acquirente con un preavviso di almeno 15 giorni per la visita degli enti immobiliari in oggetto, per la redazione del relativo verbale di consegna e collaudo dei beni medesimi e per la consegna delle chiavi. La stipula del contratto verrà effettuata presso lo studio e a ministero del Notaio scelto dalla parte promittente venditrice, la quale procederà alla convocazione della controparte, mediante lettera raccomandata spedita almeno 15 giorni prima della data fissata per la stipula medesima". Dunque, in sede contrattuale, le parti non hanno previsto una data per la stipulazione del contratto definitivo, ma hanno previsto esclusivamente un termine per la "consegna" degli immobili in favore della parte promissaria acquirente. Orbene, da un lato, è del tutto evidente che, sotto il profilo giuridico, la "consegna" dei beni non coincide certo con il trasferimento della proprietà, che deve avvenire mediante lo scambio dei consensi, nel caso di specie da effettuarsi in forma scritta trattandosi di immobili; d'altro lato, che la tempistica prevista per la costruzione degli immobili e per la consegna dei beni ha natura non essenziale, tant'è vero che il decorrere dello stesso è subordinato all'inizio dei lavori, circostanza ancora incerta in relazione al momento del suo verificarsi. Tanto chiarito, occorre considerare invece che il contratto denominato di "fideiussione" prevede nelle premesse che: "la parte promittente venditrice si è obbligata a consegnare i suddetti appartamenti e box entro e non oltre il termine di mesi 24 (ventiquattro) dalla firma del compromesso e, comunque, entro mesi 18 (diciotto) dall'inizio dei lavori". Viene pertanto fatto riferimento agli stessi termini previsti nel preliminare. Nel testo dell'atto, poi, la (...) si costituisce fideiussore nell'interesse (...) fino alla concorrenza di euro 130.000,00, specificando che la fideiussione "avrà validità dalla data odierna e sino alla stipula del rogito notarile di trasferimento degli alloggi di cui in premessa, al riguardo si precisa che ogni eventuale richiesta di pagamento dovrà comunque pervenire alla Banca, a pena di decadenza, entro e non oltre i 60 giorni successivi alla scadenza sopra precisata, decorsi i quali 60 giorni la presente fideiussione sarà da considerarsi a tutti gli effetti decaduta e priva di ogni efficacia ed operatività". Dunque, da un lato, le parti hanno voluto stabilire un termine di validità della garanzia fideiussoria; d'altro lato, tuttavia, tale termine viene individuato espressamente con la stipula del rogito notarile, la cui data non risulta in alcun modo predeterminata nell'ambito del contratto preliminare del 9.12.2005, come peraltro rilevato dalle stesse premesse. La Banca convenuta sostiene che, decorsi 24 mesi dalla stipula del preliminare, e dunque il 9.12.2007, si sarebbe verificato l'inadempimento definitivo alla scrittura (in quanto l'opera da trasferirsi doveva essere ultimata entro il termine di mesi 24 dalla stipula del preliminare) per cui la fideiussione avrebbe dovuto essere escussa entro i 60 giorni successivi. Tuttavia, tale impostazione non è corretta sotto due distinti profili: - da un lato, la validità della fideiussione non era collegata dalle parti al termine previsto per la fine lavori e per la consegna degli immobili, bensì diversamente al momento della stipula del rogito. La decadenza veniva espressamente connessa in sede contrattuale alla mancata escussione della garanzia entro 60 giorni dalla conclusione del contratto definitivo e non invece dal diverso termine di consegna degli immobili. - d'altro lato, neppure è condivisibile che - decorsi 24 mesi senza che gli immobili fossero stati realizzati - si era verificato l'inadempimento definitivo del contratto preliminare, sicché da tale momento poteva e doveva essere escussa la garanzia da parte del beneficiario. Al riguardo, occorre considerare che le parti, nel contratto preliminare, avevano fissato come termine - indicativo e non essenziale - per la consegna degli immobili 24 mesi dalla data del preliminare e comunque 18 mesi dall'inizio dei lavori. Questo secondo termine assorbe il primo, manifestando la consapevolezza dei contraenti che le opere avrebbero potuto cominciare in un momento successivo non determinabile ex ante. Tant'è vero che, con "scrittura privata di accertamento" stipulata in pari data rispetto al preliminare (doc. 9), il 9.12.2005, (...) e (...) davano atto che "perché (...) s.r.l. possa realizzare il complesso immobiliare in cui rientra anche il terreno del Signor (...) occorre che (...) s.r.l. acquisisca la proprietà e/o disponibilità di tutti i terreni e tutte le volumetrie oggetto dello SUA, località Cinastri di cui in premessa (volumetria complessiva di mc 33.284 su una superficie globale di mq 55.723) si conviene espressamente che la validità ed efficacia dell'intero rapporto stipulato tra le parti sia espressamente subordinata al positivo verificarsi delle seguenti condizioni essenziali: che tutti i partecipanti allo SUA in parola o vengano e/o cedano ad (...) s.r.l. tutti i terreni e tutte le volumetrie inserite sul suindicato SUA". Il contratto preliminare del 9.12.2005, e dunque la decorrenza dei termini ivi previsti connessi all'inizio dei lavori, era pertanto subordinato al verificarsi della condizione sospensiva, che la società promittente venditrice fosse divenuta proprietaria di tutta l'area sulla quale era prevista la edificazione dei fabbricati. Tuttavia, è documentato che, a decorrere dall'anno 2006 furono instaurati contenziosi, poi riuniti, tra (...) ed altri soggetti proprio aventi ad oggetto la contestata proprietà dei terreni oggetto della convenzione edificatoria (doc. 17 parte ricorrente), conclusisi con sentenza emessa nel 2011 e passata in giudicato nel 2015 (doc. 18). Pertanto, risulta che - a differenza di quanto sostenuto dall'istituto di credito - la decorrenza di 24 mesi dal preliminare non aveva comportato alcun inadempimento definitivo. La circostanza è confermata sia dal fatto che i contraenti avevano comunque determinato un ulteriore termine con decorrenza fissata dall'inizio dei lavori (pacificamente ancora non incominciati), sia in quanto non si era ancora verificata la condizione sospensiva prevista a latere. Del resto, va anche considerato che l'unico soggetto legittimato a far valere e ad interloquire sull'inadempimento della controparte era il promissario acquirente, e non certo la Banca. Infatti, come già sopra rilevato, l'istituto si era obbligato con contratto autonomo di garanzia a pagare a prima richiesta, senza poter sollevare alcuna eccezione relativa al rapporto principale, limitando la validità della "fideiussione" non già ai termini previsti contrattualmente per la consegna degli immobili, bensì diversamente alla stipula del rogito. Pertanto, non può condividersi che (...) sia incorsa nella decadenza prevista dal contratto di garanzia per non aver escusso la fideiussione entro 60 giorni dal 9.12.2007. Piuttosto, va considerato che, una volta verificatasi la condizione sospensiva prevista nel negozio di accertamento, collegato al preliminare, la promittente venditrice e la promissaria acquirente hanno rinnovato gli impegni già assunti, rideterminando necessariamente le obbligazioni sotto il profilo temporale. Ancora una volta, nell'addendum al preliminare del 25.11.2015, non è previsto un termine specifico per la stipula dell'atto definitivo di compravendita, ma sono invece determinati nuovamente termini di costruzione degli immobili previsti entro 36 mesi dall'inizio dei lavori (doc. 10). Tuttavia, i contraenti con separato accordo (doc. 11) hanno stabilito di concordare e precisare il termine per la stipula dei contratti definitivi a data determinata (anziché determinabile) e coincidente in tutti i casi con il giorno 30 settembre 2019, con il dichiarato fine "di consentire a (...) S.p.A. di confermare le garanzie bancarie a prima richiesta a suo tempo rilasciate al riguardo in favore di ciascuno di Voi (o relativi danti causa) con inserimento di un termine finale di validità opportunamente coordinato con il termine per la stipula dei rogiti (e cioè successivo a quest'ultimo di 30 giorni)". L'istituto di credito sostiene che tale termine non gli sarebbe opponibile, come peraltro confermerebbero gli stessi contraenti nell'esplicitare la necessità per la Banca di confermare la garanzia prestata. Anche tale argomentazione non convince. In primo luogo, occorre considerare che la fideiussione stabilisce quale proprio termine di validità la stipula del rogito. Il momento già contrattualmente non è determinato ma soltanto determinabile, in quanto non fissato dai contraenti del preliminare. Pertanto, è lo stesso negozio di garanzia a contenere un vincolo temporale predeterminato necessariamente da altri e come tale opponibile alla Banca che ad esso si richiama, pur in quanto non parte del contratto. Sotto altro profilo, è vero che il patto aggiuntivo all'addendum propone la fissazione di un termine finale predeterminato con il dichiarato fine di consentire alla banca di confermare la garanzia già prestata. Tuttavia, si ritiene che la locuzione "confermare" sia usata dai contraenti in modo atecnico, stando invece a significare che in tal modo l'obbligazione dell'istituto di credito avrebbe potuto essere non sine die ma limitata nel tempo. In ogni caso, anche a voler ritenere che le parti ritenessero necessaria la "conferma" della garanzia da parte della Banca, tale resta una mera loro supposizione, o al più il motivo (ma non la causa) dell'atto, che pertanto non assume alcuna funzione negoziale nei confronti dell'istituto di credito. Ne discende che (...) ha fatto valere il proprio diritto tempestivamente, ossia entro 60 giorni dallo spirare del termine del 30 settembre 2019 predeterminato dalle parti per la stipula del rogito. Ella ha infatti pacificamente richiesto l'escussione della garanzia con una prima missiva il 7 ottobre 2019 e con una seconda PEC il 29 ottobre 2019 (doc. 4 e 5 parte ricorrente). 3) infine, anche l'eccezione di prescrizione non può trovare accoglimento. Secondo (...) il diritto ad escutere la garanzia avrebbe potuto essere fatto valere dal beneficiario già dal 9.12.2007, sicché al momento della richiesta lo stesso si sarebbe prescritto. Tuttavia, deve rilevarsi ancora una volta che tale impostazione si fonda su un presupposto erroneo, ovvero che la società promittente venditrice sarebbe stata definitivamente inadempiente, una volta decorsi 24 mesi dalla stipula del preliminare, con conseguente obbligo della signora (...) di far valere la garanzia. Invece, se è vero che l'inadempimento costituiva il presupposto per l'escussione della garanzia, prestata proprio per tenere indenne il beneficiario da tale eventualità, tuttavia la stessa non poteva ritenersi verificata alla data indicata. In primis, perché la validità del preliminare era stata sospensivamente condizionata al fatto che (...) divenisse proprietaria dei terreni sui quali dovevano essere eretti gli immobili; inoltre, perché la società si era obbligata a consegnare gli immobili comunque entro 18 mesi dall'inizio dei lavori (momento ancora del tutto incerto), senza che fosse previsto un termine essenziale per l'esecuzione della prestazione. Del resto, tale opzione ermeneutica risulta confermata dallo stesso testo del contratto di fideiussione, posto che la Banca si obbliga a pagare a prima richiesta la somma di euro 130.000,00 oltre "interessi di legge maturati decorsi 18 mesi dalla data di inizio dei lavori, per l'esatto delle obbligazioni assunte dalla società garantita". Pertanto, è lo stesso istituto di credito a confermare che l'inadempimento (dal quale far decorrere l'applicazione degli interessi) si sarebbe verificato solo 18 mesi dopo l'inizio dei lavori senza che le opere fossero state terminate e consegnate. Con la conseguenza che, non essendo pacificamente mai iniziati i lavori, la condotta inadempiente della società non è mai divenuta definitiva. Ed infatti, nonostante lo spirare del termine di 24 mesi dalla stipula del preliminare, entrambi i contraenti hanno mantenuto inalterato nel tempo l'interesse al corretto adempimento delle obbligazioni ivi assunte, da una parte alla realizzazione e al trasferimento dei beni promessi in vendita, d'altra parte all'acquisto degli stessi. Tant'è vero che (...) e (...), una volta venuti meno gli ostacoli alla realizzazione delle costruzioni (con il passaggio in giudicato della sentenza emessa nel 2011, avvenuto nel 2015), ribadivano i pregressi impegni con l'addendum del 2015. Pertanto, la ricorrente ha potuto far valere la garanzia solo una volta spirato il termine determinato per la stipula del rogito al 30.9.2019, senza che la promittente venditrice fosse riuscita neppure ad iniziare le opere edificatorie restando conseguentemente - questa volta sì - definitivamente inadempiente ai fini che interessano in questa sede. Infatti, per come era formulato il contratto di garanzia, la ricorrente era obbligata all'escussione a pena di decadenza entro e non oltre i 60 giorni successivi alla "scadenza sopra precisata", con univoco riferimento "alla stipula del rogito notarile di trasferimento degli alloggi", "decorsi i quali 60 giorni" la fideiussione darebbe divenuta "priva di ogni efficacia ed operatività". Alla luce di tutte le ragioni esposte, (...) deve essere condannata a pagare in favore di (...) la somma di euro 130.000,00 euro, oltre agli interessi al tasso legale dalla data della messa in mora (7.10.2019) al saldo. Infatti, il presupposto per l'applicazione degli interessi corrispettivi stabilito contrattualmente (decorsi 18 mesi dall'inizio dei lavori) non si è verificato. Sicché, la Banca deve essere tenuta a pagare gli interessi solo dal momento in cui, pur in quanto richiesta, non ha adempiuto all'obbligazione assunta nei confronti della beneficiaria. Le spese di lite seguono la soccombenza e pertanto vengono poste a carico della convenuta, liquidate in dispositivo alla luce dei parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto della complessità delle questioni trattate, dell'attività difensiva svolta e dunque facendo applicazione degli importi medi dello scaglione di riferimento per le fasi di esame, introduttiva e decisionale, ridotti del 50% per la fase istruttoria (limitata alla sola redazione delle memorie ex art. 183 co. 6 c.p.c.). P.Q.M. il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: 1) Condanna (...) s.p.a. a pagare a (...) la somma di euro 130.000,00 oltre interessi al tasso legale dal 7 ottobre 2019 al saldo; 2) condanna la convenuta al pagamento in favore di (...) delle spese processuali che liquida in Euro 406,50 per esborsi, ed in Euro 10.730,00 per compensi, oltre al 15% dei compensi per rimborso forfettario spese generali, I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A.. Sentenza per legge esecutiva. Così deciso in Savona il 14 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 14 marzo 2022.

  • Tribunale Ordinario di Savona Sezione Unica Civile riunito in camera di consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati: Dott. Davide Atzeni - Presidente Dott.ssa Erica Passalalpi - Giudice Est. Dott.ssa Daniela Mele - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 1812 del Registro Generale Affari Contenziosi Civili dell'anno 2020 rimessa in decisione all'udienza del 22.2.2022 vertente tra P.I. (C.F.: (...)), nata a S. il (...), elettivamente domiciliata in Savona, Via ...presso e nello studio dell'Avv.. che la rappresenta ed assiste giusto mandato in atti -ricorrente- e A.E. (C. F.: (...)), nato a Q. S. il (...) -resistente contumace- Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con ricorso depositato in cancelleria in data 7.8.2020, I.P., premesso di aver contratto matrimonio con E.A. in data 19.10.2008 a., trascritto nel Registro degli atti di matrimonio del Comune di ... anno 2008, parte II, serie A, numero 8; che dall'unione coniugale sono nati due figli, F. ((...)) e M. ((...)); che "da circa 4 anni il Sig. A.E. ha lasciato la casa coniugale, trasferendosi in Sardegna., omettendo di provvedere al mantenimento della famiglia"; che la Sig.ra P. svolge lavori precari per provvedere al mantenimento proprio e dei figli, maggiorenni ma economicamente non autosufficienti; tutto ciò premesso, ha chiesto che sia pronunciata la separazione con addebito al marito, alle seguenti condizioni: contributo di mantenimento a carico del resistente per il mantenimento della moglie pari a 180,00 euro e per il mantenimento dei figli pari a 600,00 euro complessivi, oltre al 50% delle spese straordinarie. In sede presidenziale, instaurato regolarmente il contraddittorio, è comparsa la sola ricorrente la quale ha precisato di vivere, con i propri figli, in un immobile in locazione con oneri alloggiativi a proprio carico per 550,00 euro mensili; di trovarsi in stato di disoccupazione con entrate mensili pari a 650,00 euro; di non essere titolare di alcuna proprietà immobiliare; che il figlio F. "ha iniziato il grafico pubblicitario ma in seconda si è ritirato, ha solo la licenza media, ha fatto parecchie stagioni, ha lavorato anche qualche mese come receptionist ora sta cercando lavoro"; di essere in procinto di acquisire la qualifica di OSS. La ricorrente ha, inoltre, riferito di non essere a conoscenza dello stato occupazionale del marito: "io non so cosa faccia, non lo sento da sette anni, lui ai nostri figli dice che non lavora". Con ordinanza del 2.2.2021, il Presidente emetteva i provvedimenti provvisori, autorizzando i coniugi a vivere separati, ponendo a carico del resistente per il mantenimento della moglie la somma di 100,00 euro e per il mantenimento della figlia M. la somma di 300,00 euro complessivi e rimettendo, per il resto, la causa davanti al G.I. Radicatosi il contraddittorio davanti al Giudice Istruttore, il resistente è rimasto contumace, malgrado la ritualità della notifica nei suoi confronti. All'udienza del 22.2.2022, su richiesta della ricorrente, la causa è stata rimessa al Collegio per la decisione, con rinuncia ai termini ex art. 190 c.p.c. Nel merito, la domanda di separazione personale appare fondata, dovendo ritenersi provata l'impossibilità di ricostituire il consorzio familiare dal momento che è chiaro come i coniugi siano ormai lontani ed indifferenti. La ricorrente, infatti, ha evidenziato che da oltre sette anni non intrattiene col coniuge alcun contatto. Ciò posto e venendo alla domanda di addebito, si osserva che la stessa non merita accoglimento. Ed invero la ricorrente nell'atto introduttivo del giudizio ha dedotto che il marito avrebbe abbandonato la casa coniugale, ma in occasione dell'udienza presidenziale ha precisato: "dalla casa coniugale me ne ero andata via prima io nel 2013, successivamente mio marito dopo circa un anno se ne è andato dalla casa coniugale ed è andato a vivere in Sardegna dalla madre". E' vero che la ricorrente ha riferito: "io sono andata via dalla casa coniugale perché lui ha iniziato a minacciarmi, mi diceva di non dormire tranquilla perché non sarei arrivata al mattino dopo". Tuttavia, è anche vero che nelle memorie istruttorie la ricorrente non ha offerto alcun mezzo di prova in tal senso. Talché l'allontanamento dalla casa familiare del resistente, dopo che la ricorrente già l'aveva abbandonata da un anno, non può determinare di per sé l'addebito della separazione al Sig. E.A., perché il suo allontanamento non può in alcun modo considerarsi la causa della definitiva rottura dell'unità familiare, ma caso mai appare conseguenza della stessa. Quanto alle domande accessorie, la ricorrente nulla ha dedotto con riguardo alla posizione economica del coniuge, limitandosi ad affermare che, per quanto riferito dal Sig. A. ai figli, il resistente sarebbe privo di attività lavorativa. Ha depositato in atti i propri CUD 2018, 2019 e 2020, dimostrando la propria capacità di collocarsi sul mercato del lavoro e, in ogni caso, la percezione di entrate modeste anche in considerazione degli oneri alloggiativi e di mantenimento da cui è gravata. Il resistente, scegliendo di non costituirsi, ha di fatto rinunciato a rappresentare l'esistenza di un'eventuale situazione di impossibilità oggettiva a prestare attività lavorativa retribuita, di modo che deve presumersi che lo stesso possa svolgere lavori anche soltanto occasionali e saltuari per contribuire al mantenimento della moglie e della figlia M., ormai maggiorenne ma economicamente non autosufficiente. Va, pertanto, confermata l'ordinanza presidenziale laddove ha posto a carico dell'A. per il mantenimento della moglie la somma di 100,00 euro mensili e per il mantenimento della figlia M. la somma di 300,00 euro mensili; nulla per il figlio F. che, come già rilevato in sede presidenziale, oltre ad avere ormai 23 anni, "ha anche interrotto gli studi ormai da molti anni e ha nel frattempo fatto dei lavori, sebbene a carattere precario e stagionale". Va, da ultimo, previsto che ciascuna delle parti si farà carico del 50% delle spese straordinarie della figlia M.. A tal proposito, per l'esatta individuazione delle spese straordinarie ritiene il Collegio opportuno evidenziare le seguenti considerazioni, elaborate in conformità alla giurisprudenza maggioritaria. Per quanto riguarda quelle attinenti al profilo scolastico/educativo del minore, occorre rilevare che entrano tra le "spese ordinarie", anche se parametrate nell'arco di un anno e non di carattere giornaliero, quelle effettuate per l'acquisto di libri scolastici, di materiale di cancelleria, dell'abbigliamento per lo svolgimento dell'attività fisica a scuola. Tutto ciò, ovviamente, basandosi sulla considerazione che la frequenza scolastica da parte del minore non è qualcosa di eccezionale ed imprevedibile ma, al contrario, di obbligatorio e fondamentale. Anche le spese mensili per la frequenza scolastica con annesso semi-convitto deve essere considerata una "spesa ordinaria" in relazione al normale standard di vita seguito dal minore fino al momento della crisi familiare, con eventuale possibilità di aumentare l'assegno di mantenimento precedentemente disposto per far fronte a tale esigenza (Tribunale per i minorenni di Bari, decreto del 06 ottobre 2010). Per quanto riguarda, invece, i viaggi studio all'estero (Cass. Civ., n. 19607, del 2011), la partecipazione alle gite scolastiche e le ripetizioni scolastiche o gli sport (Tribunale di Roma, n. 147, del 2013) esse debbono essere ricondotte alla categoria delle "spese straordinarie". Per quanto concerne, poi, le eventuali e future spese per la formazione universitaria (tasse e libri scolastici), dovranno intendersi quali "spese ordinarie", tali da giustificare una richiesta di modifica in aumento dell'assegno periodico non trattandosi, infatti, di spese di carattere saltuario e eccezionale o comunque imprevedibile ma, al contrario, assolutamente normali e durevoli nel tempo (Cass. Civ., n. 8153, del 2006). Relativamente, ancora, alle esigenze sanitarie della prole le quali, a seconda della loro natura, vengono a volte ricomprese nelle "spese ordinarie" ed altre volte qualificate come "spese straordinarie", si deve ritenere che rientrino tra le prime, secondo quanto risulta da innumerevoli pronunce dei giudici di merito, le c.d. "cure ordinarie", come le visite pediatriche, l'acquisto di medicinali da banco o comunque di uso frequente, visite di controllo routinarie (Tribunale di Catania, 04 dicembre 2008; Corte d'App. di Catania, 29 maggio 2008 e 05 dicembre 2011). Anche quanto necessario a garantire cura ed assistenza al proprio figlio disabile non può che ritenersi "spesa ordinaria" essendo destinata, invero, a soddisfare i bisogni quotidiani del ragazzo in relazione alla specificità della sua situazione (Cass. civ., n. 18618, del 2011). Diversamente dovranno essere qualificate come "straordinarie" le spese concernenti un improvviso intervento chirurgico, dei trattamenti psicoterapeutici, dei cicli di fisioterapia necessari in seguito ad un incidente stradale od altro ed, infine, quanto erogato per acquistare un paio di occhiali da vista al minore o l'apparecchio ortodontico (Tribunale di Perugia, n. 967, del 2011).Infine, la vita del minore, ovviamente, si compone anche di essenziali momenti ludici e di svago che i genitori, nei limiti ovviamente della loro situazione economico-reddituale, sono chiamati a soddisfare. Così l'acquisto di un computer o quello di un motorino, dovrà essere qualificato come "spesa straordinaria", od anche le somme necessarie per giungere a conseguire la patente di guida ed a pagare, successivamente, eventuali contravvenzioni dovute a violazione del codice della strada da parte dei figli (Tribunale di Ragusa, n. 278, del 2011; n. 243, del 2011). Preso atto della natura della controversia e della mancata resistenza alla domanda nonché delle statuizioni che precedono, sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunziando, ogni altra istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - dichiara la contumacia di E.A.; - dichiara la separazione personale di I.P. ed E.A.; - rigetta la domanda di addebito proposta dalla ricorrente; - pone a carico di E.A. per il mantenimento della ricorrente il contributo di 100,00 euro, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, da corrispondersi in favore di I.P., entro il giorno 10 di ogni mese; - pone a carico di E.A. per il mantenimento ordinario della figlia M. il contributo complessivo di 300,00 euro, annualmente rivalutabili secondo gli indici Istat, da corrispondersi in favore di I.P., entro il giorno 10 di ogni mese; - pone a carico di ciascun genitore il 50% delle spese straordinarie della figlia M. così come sopra meglio specificate; - rigetta la domanda di mantenimento del figlio F. proposta dalla ricorrente; - compensa interamente tra le parti le spese processuali del presente giudizio. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza. Conclusione Così deciso in Savona, nella camera di consiglio del 22 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 24 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SAVONA In composizione monocratica in persona del dott. Stefano Poggio ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento RG 778/2020 tra Sig. (...), nato a S. il (...) ed ivi residente in Via P. G. n. 11/1, C.F. (...), rappresentato e difeso dall'avv. Gi.Pe. (C.F. (...)) per mandato in atti - Attore (...) S.p.A. (partita iva (...), c.f. (...)), con sede in S., Piazza S. 3, iscritta con lo stesso numero presso il Registro delle Imprese Arezzo - Siena, aderente al Fondo (...), Banca iscritta all'Albo delle Banche e Capogruppo del (...) - codice Banca 1030.6 codice Gruppo 1030.6, in persona del dott. (...) (c.f. (...)) in qualità di Responsabile di Servizio di Capogruppo Bancaria della Direzione Group General Counsel della (...) S.p.a. e, come tale, munito dei necessari poteri di rappresentanza - come da delibera del C.d.A. del 25 marzo 2014 ai sensi del vigente Statuto sociale e dalla conseguente procura speciale a rogito Z., notaio in S., del (...), rep. n. (...) racc. n. (...) - difesa e rappresentata in giudizio dall'avv. Ro.Ci. (c.f. (...)) per mandato in atti - Convenuta Sig.ra (...) (C.F.: (...)) residente in Roma ed elettivamente domiciliata in Grottaglie (Ta), alla Via (...), presso e nello studio dell'Avv. Pi.MO. (C.F.:(...)), del Foro di Taranto, dal quale è rappresentata e difesa, per mandato in atti - Terza intervenuta volontaria Sig. (...) (C.F.: (...)), residente in R., al V.le (...) B. n. 335 rappresentato e difeso dall'Avv. Di.Fa. (c.f. (...)) per mandato in atti - Terzo chiamato Oggetto: mandato - inadempimento. MOTIVI DELLA DECISIONE 1a. L'attore riferisce di avere contratto nell'anno 2010 con la (...), unitamente alla signora (...), un mutuo fondiario per l'acquisto di un immobile in Roma di proprietà del sig. (...), peraltro già gravato da una precedente iscrizione ipotecaria a favore di (...) per il residuo importo di Euro 104.938,83. Le parti concordavano quindi che parte della somma erogata a titolo di mutuo sarebbe stata utilizzata per cancellare il gravame, mentre il resto sarebbe stato versato al venditore: a ciò avrebbe materialmente provveduto la stessa (...) ed a tal fine i mutuatari emettevano due mandati irrevocabili di bonifico bancario (sul conto personale acceso dagli attori) mediante appositi moduli preconfezionati dalla banca mutuante. (...) tuttavia - anziché versare ad (...) la somma necessaria ad estinguere l'ipoteca sull'immobile - eseguiva entrambi i pagamenti nelle mani del venditore sig. (...), il quale tratteneva la somma. (...) non informava gli attori dell'errore e questi, in buona fede confidavano sul buon esito della vicenda, salvo accorgersi nell'anno 2017 - quando decidevano di rimettere in vendita l'immobile - che lo stesso risultava ancora gravato dall'ipoteca in favore di (...). Quest'ultima nel frattempo aveva ceduto il proprio credito, ancora non soddisfatto, alla (...) srl, la quale a propria volta provvedeva a pignorare l'alloggio. Gli attori intraprendevano quindi la presente azione chiedendo la condanna di (...) al rimborso della somma di Euro 104.938,83 da essa versata a soggetto diverso da quello indicato nel mandato di bonifico, oltre al risarcimento di tutti gli esborsi e costi relativi alla procedura esecutiva avviata da (...) srl. 1b. (...) si costituiva eccependo in via preliminare l'incompetenza territoriale di questo Ufficio, invocando il foro di essa convenuta, non essendovi prova dell'applicabilità alla fattispecie della disciplina del foro del consumatore. Eccepiva altresì la parziale carenza di legittimazione passiva del sig. (...), posto che l'eventuale danno derivante dall'asserita omessa estinzione del mutuo pregresso dovrebbe ritenersi essere di pertinenza della sig.ra (...), anch'essa parte mutuataria ed acquirente dell'immobile per cui è causa. Invocava anche la necessità di sospendere il presente giudizio ex art. 295 c.p.c. nell'attesa della definizione di altri giudizi aventi carattere pregiudiziale, indicati dallo stesso attore nel proprio atto introduttivo. Nel merito deduceva: - L'assenza di qualsivoglia obbligazione di (...) in relazione all'estinzione del mutuo preesistente: l'art. 2 del contratto conterrebbe, infatti, una semplice "autorizzazione" rilasciata dalla parte mutuataria alla banca. Se ne trarrebbe conferma dalla lettura del contratto di compravendita tra il sig. (...) e gli attori, ove si legge che l'obbligo relativo alla estinzione del precedente mutuo veniva assunto dal primo quale parte venditrice Quanto poi all'ordine di bonifico, la società convenuta rilevava che "già nella comparsa di risposta depositata nel giudizio nr. 73450/2018 R.G. promossa dalla sig.ra (...) nanti il Tribunale di Roma ha osservato come in data 9/3/2010 sia stato effettuato un bonifico in partenza da (...) verso (...) in favore di (...), su IBAN (...), per l'importo di Euro 104.938,83, corrispondente al residuo importo del sopra menzionato mutuo concesso al predetto sig. (...) (cfr. prod. avv. nr. 7) ... Per ciò che rileva in questa sede occorre sottolineare come i due (diversi) codici iban ((...) e (...)) da utilizzarsi per inviare i due bonifici vennero indicati alla Banca mutuante (...) dalle parti interessate, ossia i sigg.ri (...) e (...), contestualmente presenti. E' del resto evidente come (...) non potesse certo conoscere i due codici IBAN sopra indicati e ciò dimostra, senza ombra di dubbio, come gli stessi vennero forniti dagli ordinanti. La Banca ha pertanto correttamente adempiuto alle proprie obbligazioni effettuando i due bonifici secondo le disposizioni ricevute ... 8.2.2) Sul punto va altresì evidenziato come, in ogni caso, l'ordine di bonifico prodotto in copia dall'attore sub (...)) sia incompleto in quanto neppure risultano indicati il numero di conto corrente del beneficiario, la filiale, l'(...) ed il (...) e come, di conseguenza, anche solo per questo motivo non possa ravvisarsi alcuna responsabilità in capo alla conchiudente posto che l'art. 24 del D.Lgs. n. 11 del 27 gennaio 2010 i) contempla la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento nel solo caso in cui l'ordine di pagamento venga eseguito in maniera difforme all'identificativo unico (c.d. iban) fornito dal pagatore; ii) esclude la responsabilità del prestatore di servizi di pagamento "Se l'identificativo unico fornito dall'utente è inesatto", ipotesi alla quale va assimilata, per identità di ratio, quella in cui non sia stato fornito alcun identificativo. L'errata comunicazione dell'IBAN su cui effettuare il bonifico renderebbe comunque applicabile l'art. 1189 c.c. (pagamento al creditore apparente). - Nemmeno potrebbe sostenersi che (...) abbia assunto alcun obbligo circa la cancellazione dell'ipoteca posto che li mutuo di (...) venne stipulato ai sensi della L. n. 40 del 2007 "secondo cui, come è noto: i) "Ai fini di cui all'articolo 2878 del codice civile, e in deroga all'articolo 2847 del codice civile, se il creditore è soggetto esercente attività bancaria o finanziaria, l'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo si estingue automaticamente alla data di avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita" (art. 8-sexies); ii) "Il creditore è tenuto a rilasciare al debitore quietanza attestante la data di estinzione dell'obbligazione e a trasmettere al conservatore la relativa comunicazione entro trenta giorni dalla stessa data, secondo le modalità di cui al comma 8-octies e senza alcun onere per il debitore" (art. 8-septies). La convenuta invocava infine: - La clausola di esonero da responsabilità contenuta nel mandato irrevocabile di bonifico bancario ad essa conferito dai mutuatari ("espresso esonero della (...) S.p.A. da ogni responsabilità in ordine all'esecuzione del presente mandato, anche per l'ipotesi di revoca per giusta causa"); - La decadenza ex art. 119 TUB e l'operatività dell'art. 1832 c.c. ("La disposizione di bonifico effettuata in favore del sig. (...) e (oggi) contestata dal sig. (...) è stata regolarmente annotata sull'estratto conto al 31/3/2010 relativo al conto corrente nr. (...) intestato ai sigg.ri (...) e M.. Nel suddetto estratto risulta chiaramente evidenziato come il bonifico di e 104.938,83 del 9/3/2010 sia stato effettuato in favore del sig. (...) e con causale "saldo prezzo vendita". Detto estratto, al pari di tutti gli altri, è stato regolarmente inviato ai clienti presso l'indirizzo dai medesimi indicato al momento dell'accensione del rapporto di conto corrente (cfr. ns. prodd. nr. 5 e nr. 6). Ne consegue, evidentemente, che l'attore è ormai decaduto dal diritto di effettuare qualsivoglia contestazione relativa alle suddette operazioni. Come è noto, infatti, l'art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993 offre al correntista la possibilità di avanzare delle osservazioni scritte, entro sessanta giorni dal ricevimento o dalla conoscenza dell'estratto conto o di altre comunicazioni periodiche, con le quali si contestino le annotazioni contenute nei documenti della Banca. Da ciò deriva che, in mancanza di opposizione scritta del cliente, vige la regola dell'approvazione tacita del contenuto delle scritture contabili con conseguente decadenza dalla possibilità di agire per la restituzione delle somme o di avanzare osservazioni in merito al contenuto delle annotazioni (cfr. F. Capriglione, Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2001, p. 920 e segg.). L'effetto preclusivo attribuito alla mancata contestazione scritta da parte del cliente deriva, oltre che dall'art. 119 del D.Lgs. n. 385 del 1993, anche dall'art. 1832 c.c. che, come è noto, prevede un termine di decadenza trascorso il quale non è più possibile contestare l'estratto conto trasmesso dalla Banca. Le contestazioni avversarie risultano pertanto precluse ed inammissibili in quanto tardive (si vedano in proposito Cass. 29/1/1982 nr. 575, in Foro It. 1983, I, p. 1990; Trib. Milano 9/7/1984, in BBTC 1986, II, p. 103; Cass. 4/4/1986 nr. 2237, in BBTC 1987, II, p. 265; Cass. 27/9/1995 nr. 10236, in Giust. Civ. Mass. 1995, 1684; Cass. 19/7/1980 nr. 4738)". - L'operatività dell'art. 1712 c.c. ("Controparte, d'altra parte, riconosce esplicitamente di non aver mai sollevato alcun tipo di contestazione in relazione al bonifico annotato sino al mese di novembre del 2017. Tale operazione deve pertanto essere considerata come riconosciuta esatta ed approvata a suo tempo anche ai sensi dell'art. 1712, comma II, c.c., che, come è noto, dispone che "il mandatario deve ... comunicare al mandante l'esecuzione del mandato" e che "il ritardo del mandante a rispondere dopo aver ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura degli affari o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato"). - La prescrizione della pretesa risarcitoria azionata ("M. eccepisce preliminarmente la prescrizione, decennale, del diritto al risarcimento vantato dal sig. (...). Il suddetto diritto deriva, secondo quanto prospettato dallo stesso attore, da un asserito inadempimento relativo alle obbligazioni di natura contrattuale assunte dalla Banca mediante la stipula del contratto di mutuo del 2/2/2010 ed a seguito dell'ordine di bonifico impartitole con disposizione, anch'essa, del 2/2/2010. Posto che l'atto di citazione introduttivo del presente giudizio è stato notificato alla conchiudente in data 16/03/2020 e che controparte non ha allegato e/o prodotto atti interruttivi, deve ritenersi che la prescrizione del diritto al risarcimento sia definitivamente maturata in data 2/2/2020"). - Il concorso di responsabilità del preteso danneggiato per non avere mai verificato il buon esito dell'operazione. - Eccepiva in ogni caso la prova circa il quantum della pretesa risarcitoria. Ad ogni buon conto (...) chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa il sig. (...) al quale rivolgeva la domanda di ripetizione dell'indebito in relazione al bonifico a questi erroneamente inviato. 1c. Nel giudizio interveniva volontariamente la signora (...) che contestava gli argomenti di (...) aderendo alle tesi dell'attore, così superando l'eccezione di parziale carenza di legittimazione sollevata dalla convenuta. 1d. Si costituiva anche il sig. (...) protestando la propria estraneità ai rapporti intercorsi tra i coniugi C./M. e la convenuta ed in ogni caso eccependo la prescrizione della domanda di ripetizione dell'indebito. 2. L'eccezione preliminare di incompetenza non può essere accolta operando il foro esclusivo del consumatore ex art. 33 de D.Lgs. n. 206 del 2005, in quanto il sig. (...) risiede a S. in via P. G. n. 11/1 (cfr. doc. n. 11 dell'attore). Nemmeno si pone il tema della necessaria sospensione del giudizio in attesa dell'esito di quelli pendenti c/o il Tribunale di Roma (R.G. 73450/2018, R.G. 50107/2019, R.E. 1662/2019) non essendovi coincidenza soggettiva tra detti giudizi e quello presente. 3. Nel merito valgano le considerazioni che seguono. Il mandato di pagamento di cui si discute non è assimilabile ad un mero ordinativo di bonifico od ad altra banale operazione contabile, puramente e semplicemente riconducibile alla disciplina di cui al D.Lgs. n. 11 del 2010 e tale che l'istituto di credito possa trincerarsi sull'esimente da responsabilità di cui all'art. 24 comma 2 primo alinea ("2. Se l'identificativo unico fornito dall'utente è inesatto, il prestatore di servizi di pagamento non è' responsabile, ai sensi dell'articolo 25, della mancata o inesatta esecuzione dell'operazione di pagamento"); per lo stesso motivo non risultano pertinenti i richiami agli artt. 119 TUB e 1832 c.c. da parte dell'odierna convenuta. Esso si inquadra infatti in un rapporto ben più ampio, nel quale (...) ha assunto verso gli ordinanti l'impegno ad ottenere un risultato ben preciso: l'estinzione del precedente mutuo di (...) sull'immobile da questi appena acquistato prodromico alla cancellazione dell'ipoteca (cfr. doc. 3 dell'attore: "... i signori (...) e (...), addebitando il conto corrente n. ... con la presente disposizione conferiscono a codesta banca mandato irrevocabile, ai sensi dell'art. 1723 secondo comma c.c., in quanto conferito anche nell'interesse del terzo, affinché la somma di Euro 104.938,83 CA, spettante in forza dello stipulato contratto di mutuo, sia devoluta in favore di: (...) ... per estinzione mutuo in essere"). Il tutto nell'interesse della stessa Banca mutuante: tra (...) ed i mutuatari, infatti, è intercorso un finanziamento fondiario ex art. 38 TUB, il quale, come noto, prevede la costituzione di una garanzia di primo grado sull'immobile finanziato. La finanziatrice aveva dunque un interesse personale a che si addivenisse a tale estinzione, tanto che lo stesso mandato di pagamento viene espressamente qualificato "irrevocabile" in quanto conferito nell'interesse del mandatario (cfr. supra). In un tale contesto la circostanza che le coordinate bancarie per l'effettuazione del bonifico siano state fornite dagli ordinanti è del tutto irrilevante, poiché (...) - data la veste professionale ricoperta - aveva il preciso onere di verificare che il pagamento fosse adeguato allo scopo perseguito; ed è inverosimile che essa non si sia mai avveduta dell'errore, non avendo potuto procedere all'iscrizione ipotecaria nel grado richiesto dalla tipologia di mutuo concesso ai clienti. Nello stesso contratto di mutuo, del resto, (...) era già stata autorizzata ad utilizzare parte della somma data a prestito per estinguere il credito di (...), sia pure con la previsione per cui all'estinzione dell'ipoteca avrebbe provveduto quest'ultima ex L. n. 40 del 2007. Detta ultima previsione costituisce una "promessa del fatto del terzo" ex art. 1381 Codice Civile con quel che ne segue in punto responsabilità del promittente ove il terzo non compia l'attività promessa ("Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso"). Che dunque esistesse una specifica obbligazione di (...) di estinguere il mutuo pregresso e di attivarsi efficacemente verso Intesa per la connessa cancellazione ipotecaria non può essere messo in dubbio. Né tale conclusione viene inficiata dalla considerazione che identica obbligazione era stata autonomamente assunta verso gli acquirenti dal proprio dante causa (...). Tra i due soggetti obbligati è infatti sorto un vincolo di solidarietà passiva - al qual fine non è richiesta l'unicità del titolo quanto l'oggettiva identità della prestazione dovuta - con la conseguenza che il creditore può esigere da ciascuno l'intera prestazione, salva la successiva azione di regresso. E' dunque indiscutibile la responsabilità contrattuale della banca la quale non ha eseguito il mandato con la diligenza richiesta dalla attività professionale esercitata (art. 1176 comma 2 c.c.); né essa - trattandosi di inadempimento gravemente colpevole - può invocare la clausola di esonero di responsabilità inserita nel mandato di pagamento (art. 1229 c.c.). D'altro canto - accortasi dell'inconveniente - essa avrebbe dovuto attivarsi immediatamente per ottenere la restituzione della provvista o quantomeno per fornire informazioni utili alla tutela dei disponenti nei confronti del beneficiario del pagamento (arg. ex cfr. art. 24 comma 2 secondo alinea D.Lgs. n. 11 del 2010 "... Il prestatore di servizi di pagamento del pagatore compie tuttavia sforzi ragionevoli per recuperare i fondi oggetto dell'operazione di pagamento. Il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario è tenuto a collaborare, anche comunicando al prestatore di servizi di pagamento del pagatore ogni informazione utile. Se non è possibile il recupero dei fondi, il prestatore di servizi di pagamento del pagatore, su richiesta scritta del pagatore, è tenuto a fornirgli ogni informazione disponibile che sia utile ai fini di un'azione di tutela"). Né l'azione contrattuale può ritenersi prescritta essendo soggetta al termine decennale ordinario decorrente dalla del conferimento del mandato (febbraio 2010). Tale termine è stato infatti ritualmente interrotto dalla signora (...) mediante l'instaurazione presso il Tribunale di Roma di una controversia - nei confronti anche di (...) e del sig. (...) - avente ad oggetto l'accertamento del proprio diritto di ottenere la cancellazione della medesima ipoteca per cui oggi è causa (RG 73450/2018). L'efficacia dell'atto interruttivo va a vantaggio anche della posizione del sig. C.: trattandosi infatti di obbligazione avente ad oggetto una prestazione per propria natura indivisibile (cancellazione dell'ipoteca), essa è sorretta per quanto applicabili alle norme relative alle obbligazioni solidali (art. 1317 c.c.), a partire dalla previsione per cui "gli atti con i quali ... uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri ... creditori" (art. 1310 c.c.). 4. La misura del risarcimento va determinata nella misura pari al residuo importo da versare a (...) per ottenere da questa la cancellazione dell'ipoteca pari ad Euro 103.499,80 (corrispondente al debito residuo del sig. (...) nei confronti di (...)); tale è infatti la spesa che gli attori dovrebbero ulteriormente sborsare per ottenere il risultato che era stato loro promesso, cui andranno aggiunti gli esborsi sostenuti per resistere all'azione esecutiva che sono stati costretti a subire (che però in questa sede non sono stati esattamente quantificati e dei quali pertanto non si terrà conto nel dispositivo). 5. (...) chiede la condanna del sig. (...) alla restituzione della somma da questi indebitamente trattenuta. L'azione va respinta in quanto prescritta per l'inutile decorso del termine decennale dal versamento non dovuto (ferma la possibilità dell'eventuale futura azione di regresso ex art. 1299 c.c.). 6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014 detratta la quota relativa alla fase istruttoria. P.Q.M. Il Tribunale di Savona definitivamente pronunciando nel procedimento RG 778/2020 così decide: 1) Accerta e dichiara la responsabilità di (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, per violazione degli obblighi sulla stessa gravanti anche ai sensi del D.Lgs. n. 11 del 2010 nonché dei doveri di correttezza, diligenza, lealtà e protezione derivanti dall'atto di mutuo del 02/02/2010 sottoscritto dal sig. (...) e dal mandato irrevocabile di bonifico bancario rilasciato dallo stesso sig. (...) in pari data a favore di (...), per aver eseguito in data 09/03/2010 il pagamento della somma di Euro 104.938,83 a favore del sig. (...) anziché a favore della stessa (...); 2) Dichiara tenuta e condanna la (...) S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento a favore del sig. (...) e della signora (...) - in via solidale tra loro - della somma di Euro 103.499,80 oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 3) Respinge la domanda di (...) nei confronti di (...); 4) Condanna (...) S.p.A. alla refusione delle spese di lite in favore di (...) che liquida in Euro 5.000,00 per competenze professionali oltre accessori di legge ed oltre refusione del CU di legge; 5) Condanna (...) S.p.A. alla refusione delle spese di lite in favore di (...) che liquida in Euro 5.000,00 per competenze professionali oltre accessori di legge; 6) Condanna (...) S.p.A. alla refusione delle spese di lite in favore di Giuliano (...) che liquida in Euro 5.000,00 per competenze professionali oltre accessori di legge, con distrazione a favore del difensore antistatario. Così deciso in Savona il 17 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SAVONA In composizione monocratica in persona del dott. Stefano Poggio ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento RG 851/2019 tra Sig.ra (...) nata a B. il (...) (C.F. (...)) con gli avvocati Fr.As. e Mo.To. che la rappresentano e difendono per mandato in atti - Attrice CONDOMINIO (...) D/E/F (C. F. (...)) in persona del suo amministratore pro-tempore sig. (...) (C.F. (...)) nella qualità di legale rappresentante della Amministrazioni Condominiali S.a.s. di (...) con sede in L. (S.), Via (...) (C. F. e P.I. (...)), elettivamente domiciliata in Genova, Via (...) presso e nello studio dell'Avv. Lu.De. (C. F. (...)) che lo rappresenta e difende per mandato in atti - Convenuto Oggetto: responsabilità ex art. 2051 c.c... MOTIVI DELLA DECISIONE 1. L'attrice citava l'ente convenuto riferendo di essere caduta rovinosamente a terra transitando nel cortile del Condominio (...) ove abita inciampando a causa di un tombino non fissato, malfermo e traballante, procurandosi varie lesioni. Si costituiva il Condominio rilevando come al momento del sinistro vi fosse una perfetta visibilità, onde la causa del danno sarebbe da ascriversi alla esclusiva responsabilità della danneggiata, tanto più che la stessa abita nel caseggiato da oltre 10 anni e conosceva benissimo lo stato dei luoghi. 2. Le circostanze riferite dall'attrice non hanno trovato conferma dall'escussione dei testi. Le parti hanno molto dibattuto circa la capacità a testimoniare della sig.ra (...), in quanto partecipante al condominio convenuto. In proposito va detto che essa è certamente incapace di testimoniare a favore del condominio (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 17199 del 27/08/2015: "I singoli condomini sono privi di capacità a testimoniare nelle cause che coinvolgono il condominio (nella specie, per il risarcimento dei danni derivanti da una caduta sul pianerottolo condominiale) poiché l'eventuale sentenza di condanna è immediatamente azionabile nei confronti di ciascuno di essi"), essendo privo di rilevo a tal fine, che la stessa sia meramente usufruttuaria dell'alloggio in cui vive, come eccepito dall'attrice all'udienza del 22.7.2020: certamente anche l'usufruttuario riveste la qualità di condomino almeno quanto alla gestione ordinaria dello stabile, partecipando alle relative spese: l'art. 1004 c.c. pone in capo a questi infatti "le spese e, in genere, gli oneri relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa". Il teste (...), inoltre, smentiva l'assunto attoreo per cui il tombino per cui è causa apparisse regolare, tanto che rispondendo in relazione al capo 4 ("Vero che il tombino di cui trattasi ad occhio nudo appariva regolare, come gli altri presenti nel cortile") affermava: "Non è vero, confermo che la situazione del tombino è quella che ho descritto in risposta al capo 3", mentre in risposta al capo 3 affermava che il tombino presentava la sua copertura "un po' sollevata rispetto al piano del marciapiede". Lo stesso teste, interrogato in controprova riferiva ancora che "all'ora in cui ho soccorso l'attrice era ancora chiaro e si vedeva bene con la luce naturale; non mi pare che vi fossero foglie, carta o altri materiali sul tombino o nei pressi, ma non posso affermarlo con certezza poiché la mia attenzione era solo rivolta alla mia collega". Il sig. D., quindi, dichiarava che il tombino era solo di poco sollevato rispetto al livello del marciapiede e tale affermazione è confermata dal teste (...) il quale, in qualità di perito assicurativo, aveva provveduto ad esaminare i luoghi di causa riferendo poi all'udienza del 22.7.21 che il tombino presenta un "dislivello rispetto al terreno di 1,5 cm". Nessuna notizia utile proveniva infine dal marito dell'attrice, sig. (...), il quale non era presente al momento del sinistro. Soprattutto è dirimente il fatto che tutti i testi escussi confermavano che al momento del fatto la zona era perfettamente illuminata e ben visibile. Le dichiarazioni testimoniali sono confortate dall'esame delle fotografie prodotte in giudizio, dalle quali si può apprezzare il modesto dislivello tra tombino e marciapiede, che avrebbe potuto essere superato con la diligenza ordinaria, tanto più da un soggetto che pacificamente ha una pregressa conoscenza dello stato dei luoghi che frequenta quotidianamente. Ne consegue l'impossibilità di accoglimento della domanda dell'attrice in virtù dei principi espressi in un caso analogo da Cassazione 18100/2020 di seguito in parte ritrascritta: "Va premesso che il caso fortuito, che ben può essere costituito dal comportamento della vittima, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, è stato sottoposto ad un profondo esame da tre pronunce di questa Corte regolatrice, cui si intende dare seguito: Cass. 01/02/2018, nn. 2478, 2480, 2482. Tali pronunce, e quelle successive che vi si sono conformate (da ultimo, cfr., ad esempio, Cass. 08/10/2019, n. 25028), hanno messo a fuoco i seguenti caratteri della responsabilità ex art. 2051 c.c.. a) in primo luogo, integra il caso fortuito, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un'eccezione alla normale sequenza causale (imprevedibilità quindi intesa come obiettiva inverosimiglianza dell'evento); b) il caso fortuito può essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera "occasione" della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell'evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente; c) il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità da cose in custodia si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare; tuttavia, l'imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile, di tal modo che, quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, l'indagine eziologica sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela; d) quando manchi l'intrinseca pericolosità della cosa e le esatte condizioni di essa siano percepibili in quanto tali, ove la situazione comunque ingeneratasi sia superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, va allora escluso che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e va considerato ritenuto integrato il caso fortuito. Applicando tali principi alla vicenda per cui è causa, pur dovendosi premettere che non è compito di questa Corte stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione possibile dei fatti nè di condividerne la giustificazione, dovendo solo verificare se la giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (Cass. 17/06/2009, n. 14098), si ritiene che, nel caso di specie, il Tribunale non abbia affatto violato le norme di legge che regolano il regime della responsabilità ex art. 2051 c.c. ed abbia fatto buon governo dei principi della giurisprudenza di questa Corte, ritenendo accertata la mancanza di un nesso di causalità tra la presenza del tombino e dell'avvallamento e la caduta, posto che la situazione dei luoghi e l'orario diurno erano prova del fatto che l'uso dell'ordinaria diligenza avrebbe evitato la caduta; il che è conforme ai principi in precedenza richiamati". 3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. Il Tribunale di Savona definitivamente pronunciando nel procedimento RG 851/2019 così decide: 1) Respinge le domande dell'attrice; 2) Condanna l'attrice alla refusione delle spese di lite in favore del convenuto che liquida in Euro 2.800,00 per competenze professionali oltre accessori di legge ed oltre refusione delle spese di CTU e di CTP. Così deciso in Savona il 14 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SAVONA SEZIONE CIVILE in persona del Giudice dott. LUIGI ACQUARONE ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile n. 2929.2019 R.C. CIV. tra (...), residente in A. (T.), (...), residente in A. (T.), elettivamente domiciliati in Savona, corso (...), presso e nello studio dell'avv. St.Mo. che li rappresenta e difende, unitamente all'avv. Ma.Ro. del foro di Torino, in forza di procura in calce all'atto di citazione; ATTORI contro (...), residente in M., elettivamente domiciliata in Savona, piazza (...), presso e nello studio dell'avv. Vi.Ve. che la rappresenta e difende in forza di procura in calce alla comparsa di risposta; CONVENUTA SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione datato 30.9.2019, (...) e (...) convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Savona, (...) esponendo quanto segue: in data (...), con rogito Notaio L., dopo aver visto su un sito commerciale la pubblicità relativa ad appartamenti siti in L., via P. n. 9 "realizzati in bioedilizia ed energeticamente indipendenti" e nel rispetto degli standard di qualità imposti dalla certificazione Casa Clima, avevano acquistato da (...), l'appartamento (con terrazzo) posto nel Condominio (...), quarto piano (sottotetto), n. 19, censito a C.F. del Comune di L., al Foglio n. (...), particella n. (...) sub (...), categoria (...), classe (...), vani 3,5 nonché il posto auto scoperto facente parte del Condominio (...), pertinenziale all'appartamento e con accesso da Via A. ai numeri 470 e 472, distinto col numero 2 e censito al C.F. al Foglio n. (...), particella n. (...) sub (...), al prezzo di Euro 320.000,00 per l'appartamento e di Euro 20.000,00 per il posto auto; nel contratto di compravendita la venditrice T. aveva dichiarato: che "(...) i dati catastali e la planimetria catastale sono conformi allo stato di fatto attuale di quanto trasferito sulla base delle vigenti disposizioni in materia catastale (...)." (art. 2), "(...) di aver effettuato il recupero a fini abitativi dei quattro locali di sgombero costituenti l'intero sottotetto, ai sensi e per gli effetti di cui alla L.R. n. 24 del 2001, in virtù: del permesso di costruire n. 41.2006 rilasciato in data 20.7.2009; della successiva variante pratica edilizia numero 28/2010 rilasciata in data 22.7.2010; della successiva proroga per effetto della pratica edilizia n. 41.2012 rilasciata in data 24.7.2012; in data 31.12.2015 è stata protocollata la dichiarazione di fine lavori (...)" (art. 9); dopo la compravendita erano emersi alcuni difetti dell'appartamento, con particolare riferimento alla climatizzazione ed al consumo energetico e, in particolare, era risultata del tutto mancante la certificazione Casa Clima (l'appartamento non aveva neppure le caratteristiche per ottenere detta certificazione) e l'impianto fotovoltaico non era allacciato né allacciabile; avevano, quindi, radicato procedimento per A.T.P., davanti al Tribunale di Savona (R.G. n. 1590.2018) ed il C.T.U. nominato arch. (...), all'esito del suo elaborato peritale, aveva confermato la fondatezza delle loro lamentele circa la mancata certificazione promessa e la mancanza del confort termico adeguato ed aveva altresì indicato la presenza di irregolarità edilizie ed urbanistiche dell'immobile realizzato, in violazione della normativa regionale ed in difformità al permesso di costruire rilasciato; più in dettaglio erano state riscontrate le seguenti difformità tra il progetto approvato e lo stato attuale dei luoghi: A) la Relazione Tecnica ai sensi della L. n. 10 del 1991 e del D.Lgs. n. 192 del 2005 attestante la rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico degli edifici allegata alla DIA n. 193.2012 prevedeva all'interno dell'alloggio in oggetto un impianto termico per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria costituito da caldaia murale a condensazione e sistema di distribuzione a collettore con n. 4 radiatori tubolari in acciaio e scalda salviette, mentre l'impianto termico era stato invece realizzato con pompa di calore con una sola unità interna e l'impianto di produzione di acqua calda sanitaria (ACS) era stato realizzato con pompa di calore senza unità interna; B) la DIA in variante n. 92.2013 presentata in data 16.7.2013 prevedeva le seguenti opere: alcune modeste modifiche interne degli alloggi con spostamenti tramezzi; la realizzazione di un supporto sul lato sud-ovest per l'appoggio di pannelli solari; una diversa disposizione delle finestre a tetto velux; la posa in opera di pannello solari termici e fotovoltaici sulla falda del tetto posta a sud-ovest; in realtà allo stato attuale i pannelli erano stati posizionati verticalmente a filo col parapetto dei terrazzi senza alcuna delimitazione rispetto ai terrazzi limitrofi e la soletta che doveva fungere da supporto ai pannelli stessi era divenuta superficie a terrazzo ampliando di fatto i due terrazzi esistenti; inoltre tutta la porzione di solaio adibita a terrazzi, sia quella dei terrazzi a pozzo, sia quella del supporto per i pannelli, non era stata realizzata a filo facciata come indicato nel progetto approvato, ma risultava sporgente (il tutto in difformità dal progetto assentito, non solo per aver realizzato una maggiore superficie di terrazzo, inglobando in esso una porzione di soletta che aveva altra destinazione -supporto pannelli fotovoltaici - e che non faceva parte dell'unità immobiliare oggetto di causa essendo da essa separata da parapetto, ma anche e soprattutto per aver realizzato la soletta dei terrazzi e del supporto per i pannelli in aggetto rispetto all'involucro del fabbricato e di fatto entrambe le solette risultavano sporgenti dal filo della facciata, non rispettando la L.R. n. 16 del 2001; C) con riferimento all'impianto fotovoltaico, era stata rilevata la mancanza dello schema di impianto realizzato, la non conformità degli interruttori di protezione e sezionamento per consentire l'allaccio dell'impianto alla rete elettrica nazionale, la carenza dell'alloggiamento dell'inverter per ventilazione e distanze di installazione prescritte dalla ditta produttrice, la presenza di un solo sezionatore sulla linea AC che non consentiva il sezionamento del contatore di produzione a valle dell'inverter, la mancanza di dispositivi di protezione da sovratensione e sovracorrente e che i pannelli sul terrazzo non erano collegati all'impianto; D) con riferimento all'impianto di riscaldamento, la quantità di energia termica immessa negli ambienti non era stata in grado di garantire il confort in tutti i locali, con problemi anche di elevati consumi, imputabili ad una non adeguata scelta impiantistica e di regolazione di zona e di ambienti nell'alloggio in questione; l'immobile era, quindi, difforme dal permesso di costruire e ciò determinava nullità dell'atto di compravendita o quantomeno sussistevano i presupposti per la declaratoria di risoluzione del contratto; in forza di quanto esposto avevano diritto alla restituzione del prezzo ed al rimborso delle spese notarili sostenute, nonché di quelli afferenti il pagamento dell'IMU dal 2017 in poi e le spese tutte sostenute in sede di A.T.P.; in subordine, avevano comunque diritto al rimborso di parte del prezzo, sia per il minor valore dell'immobile che per le spese che avrebbero dovuto sostenere per le opere necessarie per renderlo conforme al permesso di costruire. Concludevano, pertanto, chiedendo, in via principale, dichiararsi la nullità e/o risoluzione del contratto per inadempimento della venditrice ex art. 1453 c.c. con restituzione del prezzo versato ed il risarcimento di tutti i danni o, in subordine, accertarsi il diritto alla riduzione del prezzo pagato ed in ogni caso al risarcimento ed in ogni caso dei danni subiti. Si costituiva in giudizio (...) che contestava le avversarie argomentazioni; rilevava che l'immobile compravenduto era stato materialmente consegnato agli acquirenti (arredato a nuovo come da loro richiesto e con ulteriori migliorie realizzate) già nell'agosto 2016 ben prima della stipula del rogito avvenuta nel febbraio 2017; indicava che solo successivamente avevano lamentato problematiche legate al funzionamento dell'impianto fotovoltaico ed ai sistemi di riscaldamento dell'immobile, da cui era derivata la radicazione di un primo procedimento per A.T.P., poi abbandonato per essere riproposto nel 2019; evidenziava che il (...) e la (...) avevano lamentato: 1) la presunta mancanza della certificazione Casa Clima; 2) l'irregolarità dell'immobile, sia per quanto riguardava l'impianto termico, che sotto il profilo urbanistico, e precisamente la non conformità di quanto realizzato rispetto al progetto approvato; 3) l'omesso allaccio dell'impianto fotovoltaico; 4) la non conforme climatizzazione e gli eccessivi consumi energetici dell'appartamento; in relazione alle suddette doglianze sosteneva quanto segue: la pubblicità degli appartamenti in vendita era stata effettuata dall'Agenzia incaricata che, semplicemente, riportava il marchio Casa Clima, in quanto gli appartamenti proposti in vendita erano conformi ai requisiti prescritti da tale Ente certificatore ed in ogni caso la certificazione Casa Clima, esisteva ed era stata rilasciata e consegnata ancor prima della radicazione del giudizio per A.T.P.; circa le asserite irregolarità urbanistiche, le differenze tra la rappresentazione grafica del progetto approvato e lo stato attuale, segnalate in sede di A.T.P., erano state ormai superate; circa il problema della separazione tra il terrazzo e la soletta, nel progetto approvato non risultava rappresentato alcun divisorio tra la zona tecnica destinata al supporto dei pannelli ed il terrazzo, né la soletta di supporto era stata venduta proponendola come area a terrazzo; circa la questione che il terrazzo e la superficie di supporto dei pannelli non fossero stati realizzati a filo della restante facciata, essa era stata travisata dal perito dell'ufficio e non era corretto affermare che la legge sul recupero dei sottotetti richiedesse di rimanere "all'interno dell'involucro esistente", ma, piuttosto. solo all'interno "delle coperture esistenti" e, in ogni caso, già prima dell'intervento di ristrutturazione da lei effettuato alla base del tetto vi era un cornicione, o meglio una porzione di solaio coperto che aggettava rispetto alla facciata e che a tutti gli effetti svolgeva funzione di copertura delle proprietà sottostanti: il problema era semmai insorto solo a causa di una errata rappresentazione grafica a causa di un mero errore materiale del progettista e direttore lavori Geom. F.F., poi risoltosi con la mera dichiarazione di rinuncia a parte della demolizione autorizzata e la correzione del disegno di progetto approvato (pratica di correzione presentata dallo stesso Geom. (...) con SCIA n. 42/2019 del 18.6.2019, con esito positivo); quanto all'impianto termico l'art. 8, comma 1 del D.Lgs. n. 192 del 2005 vigente all'epoca nel descrivere contenuti e modalità di presentazione della relazione tecnica, precisava che gli adempimenti previsti dalla norma, compresa la relazione, non erano dovuti in caso di installazione di pompa di calore avente potenza termica non superiore a 15 kw ed in ogni caso detta relazione tecnica era documento atto ad attestare la rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del consumo energetico degli edifici da rispettare in fase di costruzione (isolamenti, ponti termici, rendimenti impianti, ecc) con informazioni relative alle prestazioni ed al rendimento energetico del sistema edificio-impianti, per controllare che i componenti dell'involucro edilizio e gli impianti dell'edificio rispettino i limiti definiti dal D.Lgs. n. 311 del 2006, con solo carattere, quindi, di certificazione prestazionale dell'edificio rispetto ai parametri imposti dalla normativa; d'altra parte, così come previsto dall'art. 8 comma 3 del D.Lgs. n. 192 del 2005, il direttore lavori aveva asseverato la conformità delle opere realizzate o sue eventuali varianti e nel caso esaminato il geom. (...), nella relazione tecnica asseverata agli atti in Comune, aveva evidenziato le varianti migliorative rispetto all'ultima relazione tecnica depositata a firma Ing. (...), intervenute a vantaggio dei fruitori dell'appartamento, ragione per cui l'impianto previsto inizialmente non era più giustificato; quanto all'impianto fotovoltaico l'immobile godeva di un impianto a tetto della potenza di circa 1KW e di un ulteriore piccolo impianto facoltativo, posto sul supporto tecnico lato sud ovest della potenza di circa 200 W e quello principale, come confermato in sede di A.T.P. dall'arch. (...), era funzionante in quanto fisicamente connesso all'impianto elettrico; le doglianze relative al fatto che detto impianto non risultava allacciato alla rete elettrica era infondata poiché era compito degli utilizzatori provvedere a detto allaccio, come previsto anche dalla scrittura privata 11.8.2016, sottoscritta dalle parti alla data della consegna dell'immobile; nella medesima scrittura gli attori avevano poi dichiarato altresì di aver trovato l'immobile conforme a quanto era stato convenuto e nessun vizio era stato segnalato denunciato nei termini concordati; per quanto riguardava, poi, le dedotte mancanze dello schema di impianto, la non conformità degli interruttori o dell'alloggiamento dell'inverter e la presenza di un solo sezionatore e la mancanza di dispositivi di protezione, aveva, a norma di legge, demandato ad un'impresa terza (E. Srl) la realizzazione dell'impianto ed all'esito dei lavori, aveva ottenuto la dichiarazione di conformità; quanto alla climatizzazione ed ai consumi energetici non erano condivisibili le valutazioni effettuate dal C.T.U. in sede di A.T.P; rilevava in diritto, che la compravendita di un immobile che presentava eventuali difformità rispetto al permesso di costruire, non poteva essere comunque dichiarato nullo (in ogni caso la presunta difformità urbanistica denunciata, non sussisteva, trattandosi di un mero errore di rappresentazione grafica, e, comunque, tale aspetto era già stato risolto e superato a cura e spese esclusive del progettista e D.L. Geom F.); circa poi la domanda di risoluzione del contratto, essa poteva trovare accoglimento solo nell'ipotesi di inadempimento grave, valutazione da effettuarsi in base sia a parametri oggettivi (sensibile squilibrio del sinallagma contrattuale) e soggettivi (quali ad esempio un atteggiamento colpevole della parte inadempiente, o la mancanza di disponibilità ad una tempestiva riparazione), certamente non configurabili nel caso esaminato; eccepiva, inoltre, la prescrizione dell'azione e decadenza dal diritto a richiede i danni per i presunti vizi/difetti di climatizzazione dell'appartamento e dell'impianto fotovoltaico non denunciati tempestivamente; nel caso di accoglimento delle pretese degli attori eccepiva in compensazione il fatto che dall'agosto 2016 gli acquirenti avevano utilizzato e fruito del compendio immobiliare con conseguente suo diritto a richiedere la relativa indennità di occupazione, quantificata in Euro 950,00 mensili e quindi in complessivi Euro 41.800,00, salvo adeguamento, fino all'effettivo rilascio; contestava infine, la quantificazione dei danni oggetto di risarcimento in ipotesi di risoluzione con riferimento al rimborso delle spese dell'atto notarile trattandosi, in quel caso, di atto validamente stipulato e solo successivamente eventualmente risolto ed alle altre spese sostenute (il tutto dovendosi tenere conto anche dei vantaggi fiscali ottenuti dagli acquirenti dopo l'acquisto dell'immobile). Concludeva, quindi, per la reiezione delle attoree domande e/o in subordine, in caso di accoglimento parziale delle stesse, chiedeva procedersi a compensazione tenuto conto dei suoi crediti verso gli acquirenti. Disposta l'acquisizione al giudizio degli atti del procedimento per A.T.P. R.G. n. 1590.2018 vertito tra le parti e concessi i termini di cui all'art. 183 c.p.c., per il deposito delle memorie istruttorie, con ordinanza emessa a scioglimento di riserva in data 4.1.2021, il Giudicante fisava udienza di comparizione personale delle parti per verificare eventuale possibilità transattiva. Effettuato detto adempimento senza esito, con altra ordinanza riservata datata 5.2.2021, il Giudice disponeva procedersi a C.T.U, per nuova descrizione e valutazione dell'immobile oggetto di causa anche alla luce delle modifiche medio tempore intervenute dopo la celebrazione del giudizio per A.T.P., nominando perito nuovamente l'arch. (...). All'esito della C.T.U., all'udienza con altra ordinanza riservata datata 6.8.2021 la causa veniva rinviata per la decisione e all'udienza del 1.10.2021 la vertenza veniva assegnata a sentenza con termine di venti giorni alla parte attrice per il deposito delle conclusionali. MOTIVI DELLA DECISIONE (...) e (...) hanno convenuto in giudizio (...) per ottenere la declaratoria di nullità o la risoluzione o quantomeno il risarcimento del danno da azione redibitoria, in relazione al contratto di compravendita da loro concluso in data 13.2.2017 con la convenuta avente ad oggetto l'appartamento sito in L., via P., con relativo posto auto scoperto, in atti meglio descritto, avendo lamentato una serie di difetti e/o vizi dell'immobile tali da avere determinato la nullità del rapporto negoziale (così da giustificare la sussistenza dei presupposti per la eliminazione in toto degli effetti negoziali) o il grave inadempimento della venditrice, (così da giustificare la richiesta di risoluzione del contratto) o la riduzione del prezzo e segnatamente: mancanza della certificazione Casa Clima, irregolarità dell'immobile, sia in relazione all''impianto termico, che sotto il profilo urbanistico (mancanza di conformità di quanto realizzato rispetto al progetto approvato), omesso allaccio dell'impianto fotovoltaico e non conforme climatizzazione con conseguenti eccessivi consumi energetici. In via preliminare va ritenuta infondata l'eccezione di prescrizione e/o di decadenza sollevata dalla (...). Circa la conoscibilità dei vizi da parte degli attori, va richiamato quell'orientamento secondo cui al fine della valutazione della scoperta dei difetti assume rilevanza il momento in cui la parte abbia la concreta consapevolezza della gravità dei vizi, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate; in sostanza, in forza del richiamato principio, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del termine, deve ritenersi conseguita dal danneggiato solo all'atto dell'acquisizione di idonei accertamenti tecnici e, pertanto, nell'ipotesi di vizi la cui entità e le cui cause, impongano l'effettuazione di indagini, si deve affermare che per la decorrenza del termine per la denuncia debba sussistere una sicura conoscenza dei difetti e delle loro cause, così da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara, individuazione ed imputazione della loro origine (ex pluribus Cass. n. 16008.2002; Cass. n. 20853.2009; Cass. n. 9666.2014; Cass. n. 3040.2015); per i motivi esposti, trattandosi di vizi per comprendere la natura, la consistenza, l'origine e la gravità dei quali, è stato necessario ricorrere alle valutazioni approfondite di un tecnico del settore, non si può affermare che il (...) e la (...), prima delle risultanze della C.T.U. espletata in sede di A.T.P., si trovassero nella condizione di potere avere contezza della situazione. Ciò osservato, all'esito della C.T.U. disposta nel presente giudizio (dopo quella già effettuata nel giudizio per A.T.P., anche tenuto conto delle modifiche dello stato dei luoghi intervenute a seguito degli interventi posti in essere medio tempore dalla (...) per ovviare alla situazione dopo il deposito del primo elaborato peritale), redatta dall' l'arch. (...), le cui valutazioni e conclusioni (nonostante le contestazioni sollevate) devono essere richiamate dal Giudicante, è emerso quanto segue. Lo stato di fatto dell'immobile oggetto di valutazione è rimasto inalterato rispetto alla condizioni accertate in occasioni dell'accertamento peritale posto in essere in occasione del procedimento per A.T.P. vertito tra le stesse parti. Risulta invece essere mutata la situazione dal punto di vista amministrativo poiché in data 18.6.2019 è stata presentata al Comune di Loano dal geom. (...), S.C.I.A. n. 42.2019 ex art. 37 comma 4 del D.P.R. n. 380 del 2001, tendente ad ottenere la sanatoria edilizia per opere eseguite sull'intero immobile situato in via dei P. n. 9 e tale S.C.I.A in sanatoria che ha coinvolto anche l'immobile oggetto di causa (dopo che una prima richiesta depositata era stata respinta in quanto l'intervento in sanatoria non era stato ritenuto conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda in quanto l'intervento originario era stato attuato utilizzando la L.R. n. 24 del 2001 e successive modifiche che non permette, peraltro, la realizzazione di terrazzi se non a pozzetto, ex art. 2 comma 4) e si è poi conclusa positivamente (anche a seguito delle osservazioni formulate a sostegno dell'ammissibilità della S.C.I.A. dall'avv. (...), legale incaricato dalla T., avverso il provvedimento di rigetto), come da attestazione del Comune di Loano Protocollo n. (...) del 13.11.2020. Ciò premesso il C.T.U. ha dissentito dalle valutazioni effettuate dagli organi competenti ribadendo l'impostazione (originariamente già fatta propria dall'Ente Locale), secondo cui la regolarizzazione in questione non avrebbe potuto essere rilasciata in presenza di stato dei luoghi ancora difforme da quanto indicato negli elaborati allegati alla SCIA n. 42.2019: alla luce di tale valutazione, ha indicato che l'immobile non appare, a suo parere, in oggi liberamente commerciabile, poiché risulta parzialmente difforme dai titoli autorizzativi, ed ha, quindi, evidenziato gli interventi necessari per la regolarizzazione della situazione (intervento di messa in pristino dei luoghi al fine di portarli alla perfetta corrispondenza con quanto indicato nel titolo edilizio, mediante presentazione di una pratica edilizia presso il Comune di Loano, con costi di ripristini quantificati in Euro 9.960,00 oltre I.V.A., oltre alle spese tecniche quantificate in complessivi Euro 2.800,00 oltre oneri) (in tal senso conclusioni definitive dell'elaborato dopo le risposte alle osservazioni dei C.T.P.). Passando alla incidenza sul valore dell'immobile (tenuto contro del prezzo di vendita) delle difformità urbanistiche sopra riscontrate, secondo il C.T.U. poichè a seguito dell'esecuzione delle sopra indicate opere si verificherà una diminuzione della superficie del terrazzo (in parte peraltro già adibita a soletta tecnica) per circa 1 mq, ciò determinerà un minor valore dell'immobile di Euro 4.225,00. Ancora, per l'eliminazione dei vizi già esaminati e riscontrati in sede di A.T.P. (ed ancora presenti), con riferimento all'impianto di riscaldamento e raffrescamento costituito da pompa di calore aria-aria monosplit, con regolazione di ambiente nel soggiorno, il C.T.U. ha confermato che la distribuzione dell'aria ai fini della climatizzazione in tutto l'alloggio risulta inadeguata non riuscendo la macchina a distribuire completamente il caldo e il freddo in tutto l'alloggio, essendo al servizio solo del locale in cui è installata, con conseguente problema di comfort, oltre che di forti consumi, legati alla difficoltà di raggiungimento dei valori richiesti di temperatura ambiente interna ai locali a causa di una non adeguata scelta impiantistica e di regolazione di zona e di ambienti; in relazione a detta problematica il perito dell'ufficio ha evidenziato come, per ovviare alla situazione, si debba dotare l'alloggio di un condizionatore trial sempre della stessa potenzialità di quello esistente ma con due ulteriori unità interne sistemate nelle due camere per garantire la temperature di comfort di 20 C e una più veloce climatizzazione degli spazi, mediante la rimozione dell'unità di climatizzazione esistente posta sul tetto e posa in opera di unità di climatizzazione a pompa di calore ad espansione, composta da un'unità esterna e da n. 3 unità interne, secondo le modalità meglio indicate con esecuzione delle necessarie opere murarie e di ripristino, con costi quantificati in complessivi Euro 12.600,00 comprensivi anche di spese tecniche e di certificazione Casa Clima (in tal senso conclusioni definitive dell'elaborato dopo le risposte alle osservazioni dei C.T.P.). Ciò rilevato sulle conclusioni dl C.T.U., osserva il Giudicante che, in oggi, in concreto, indipendentemente dalla eventuale non correttezza delle valutazioni effettuate dagli organi competenti del Comune di Loano circa la situazione in essere nel fabbricato compravenduto, rappresenta dato oggettivo ed incontrovertibile quello per il quale all'esito della presentazione (ad opera del geom. (...) anche nell'interesse della T.) della S.C.I.A. n. 42.2019 per ottenere la sanatoria edilizia delle opere eseguite sull'intero immobile (ed anche quelle riferite all'immobile compravenduto), sia stato emesso il provvedimento richiesto, come da attestazione del Comune di Loano Protocollo n. (...) del 13.11.2020, provvedimento in alcun modo impugnato. Tale circostanza comporta il superamento delle doglianze degli attori sul punto non potendo certamente in questo contesto l'A.G.O. sindacare la validità e la piena efficacia del richiamato provvedimento amministrativo (in ogni caso nessuna domanda in punto legittimità e/o validità del provvedimento sopra indicato è stata formulata nel presente giudizio) e, pertanto, devono essere ritenute in oggi infondate le pretese degli acquirenti in relazione a detta problematica: la circostanza dell'avvenuta formale sanatoria dal punto di vista amministrativo non richiede quindi l'esecuzione delle opere aggiuntive e/o sostitutive meglio descritte dal C.T.U. e non può essere neppure valutata la perdita di valore dell'appartamento per la limitata riduzione di superficie dell'immobile che dall'esecuzione di tali opere potrebbe derivare. Circa poi le varie domande formulate dagli attori (richiesta di accertamento della nullità del contratto, richiesta di risoluzione del contratto per grave inadempimento della parte venditrice, riduzione del prezzo), risulta accoglibile solo quella di riduzione del prezzo versato. Osserva a tale proposito il Giudicante che la Suprema Corte, con orientamento ormai consolidato, ha sancito il principio secondo il quale deve ritenersi nullo, per contrarietà alla legge, il contratto di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico: in particolare è stato precisato che detta impostazione risulta giustificata da considerazioni sia logiche che basate sulla stessa formulazione dell'art. 40, della L. n. 47 del 1985 (a cui ben può essere assimilata ed equiparata la successiva disciplina urbanistica introdotta con il D.P.R. n. 380 del 2001). La Suprema Corte ha precisato invero che con la sentenza n. 23591.2013, "(...) se lo scopo perseguito dal legislatore era quello di rendere incommerciabili gli immobili non in regola dal punto di vista urbanistico, sarebbe del tutto in contrasto con tale finalità la previsione della nullità degli atti di trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico o per i quali è in corso la pratica per la loro regolarizzazione per motivi meramente formali, consentendo, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari, lasciando eventualmente alle parti interessate assumere l'iniziativa sul piano dell'inadempimento contrattuale; addirittura si potrebbe prospettare la possibilità per le parti di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal legislatore, stipulando il contratto e poi immediatamente dopo concludendo una transazione con la quale il compratore rinunzi al diritto a far valere l'inadempimento della controparte; sempre sotto il primo profilo non si può non considerare che il legislatore, con la L. n. 47 del 1985, ha inteso prevedere un regime più severo di quello previsto dalla L. n. 10 del 1977, art. 15, il quale prevedeva la nullità degli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, ove da essi non risultasse che l'acquirente era a conoscenza della mancata concessione; tale inasprimento, invece, sarebbe da escludere ove, per gli atti in questione, all'acquirente dovesse essere riconosciuta la sola tutela prevista per l'inadempimento (...)". In sostanza poiché, in base alla richiamata disciplina, gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi della avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione, da tale previsione normativa è desumibile il principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si aggiunte una nullità (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi (in tal senso anche Cass. n. 15734.2011; Cass. n. 28456.2013; Cass. n. 25811.2014, le quali tutte avevano già indicato detto principio in relazione, quantomeno ad ipotesi, come nel caso esaminato, dell'intervenuta stipula del rogito definitivo). Il Legislatore ha sostanzialmente inteso sanzionare l'eventuale esistenza di situazione di abusi su immobili con la conseguenza dell'incommerciabilità del bene laddove l'abuso sia ancora in essere al momento del trasferimento del diritto (a prescindere dalla rilevanza dello stesso) e/o nelle ipotesi in cui la situazione di irregolarità addirittura risulti neppure sanabile. Nel caso esaminato, peraltro gli abusi riscontrati già sono stati formalmente sanati e detta circostanza comporta l'impossibilità di pervenire a pronuncia di declaratoria di nullità del contratto di compravendita immobiliare. Parimenti non può trovare accoglimento nel presente caso la domanda attorea di risoluzione del contratto per inadempimento che postula, secondo il principio generale sancito dall'art. 1455 C.C., la gravità dello stesso in relazione all'interesse della controparte. La Suprema Corte ha precisato a più riprese (ad es. Cass. n. 22346.2014; Cass. n. 10995.2015; Cass. n. 24206.2015; che la valutazione della "non scarsa importanza dell'inadempimento" (e/o inesatto e/o tardivo adempimento) deve essere condotta in base ad un criterio che consenta di coordinare l'elemento oggettivo (mancata o tardiva prestazione tale da incidere in maniera apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto in modo da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del vincolo corrispettivo delle obbligazioni) e soggettivo (condotta assunta delle parti da valutarsi anche in relazione ai precetti generali della correttezza e buona fede contrattuale) e che la valutazione della gravità dell'inadempimento rappresenta questione di fatto che va rimessa alla discrezionalità del Giudicante (Cass. 6401.2015; Cass. 12182.2020). In sostanza la gravità dell'inadempimento di una delle parti del contratto va commisurata tanto all'entità del danno, che alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto ed al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione. Orbene nel caso esaminato va osservato, da un lato, che il danno globalmente subito dagli acquirenti (pari, in concreto, a Euro 12.600,00 per i motivi già precisati) incide percentualmente in misura pari inferiore a 1/25 del valore dell'operazione immobiliare posta in essere tra le parti (la vendita è avvenuta per un prezzo complessivo di Euro 340.000,00), che la venditrice si è attivata per ovviare (quantomeno per quelle urbanistiche) alle problematiche riscontrate e che, in ogni caso, gli acquirenti hanno pacificamente utilizzato (e continuano ad utilizzare) l'immobile di cui si discute da periodo addirittura precedente alla stipula del rogito: tali elementi depongono certamente, anche tenuto conto del principio generale della tutela della conservazione del contratto, per valutare l'inadempimento riscontrato di gravità insufficiente da giustificare la risoluzione del contratto di compravendita. La reiezione delle domande di nullità e di risoluzione del contratto comporta il superamento delle domande ulteriori degli attori aventi ad oggetto il rimborso delle spese per l'atto notarile e le tasse IMU pagate per gli anni 2017, 2018 e 2019 nonché l'eccezione di compensazione per debenza dell'indennità di occupazione dell'immobile da parte del (...) e della (...) dal 2016 in avanti. Come già in precedenza anticipato appare invece fondata la domanda di riduzione del prezzo formulata dal (...) e dalla (...) e tale riduzione va quantificata nel costo delle opere necessarie per ovviare alle carenze riscontrate in riferimento all'impianto di riscaldamento e raffrescamento che il (...) e la (...) dovranno eseguire quantificate in complessivi Euro 12.600,00 (vedi conclusioni del C.T.U. sul punto in replica alle osservazioni delle parti). La sostanziale fondatezza, sia pure parziale, anche tenuto conto della sanatoria intervenuta successivamente al deposito della relazione in sede di procedimento di A.T.P., comporta altresì la fondatezza della pretesa degli attori al rimborso delle spese sostenute per quella fase procedimentale. In conclusione (...) va condannata al risarcimento del danno subito da (...) e (...) quantificato in Euro 12.600,00 oltre agli interessi legali dalla data della messa in mora (24.5.2018 radicazione della procedura per A.T.P) fino al saldo effettivo. Le spese processuali della presente fase seguono la soccombenza, vanno accollate a (...) e liquidate come in dispositivo con applicazione del D.M. n. 55 del 2014, cause scaglione da Euro 5.200,00 a Euro 26.000,00 (tenuto conto del valore effettivo della vertenza) valori superiori a quelli medi di tabella tenuto conto della complessità e della pluralità delle questioni trattate; vanno poste sempre a carico di (...) anche le spese legali della fase di A.T.P. con applicazione del D.M. n. 55 del 2014, cause scaglione da Euro 5.200,00 a Euro 26.000,00 (tenuto conto del valore effettivo della vertenza); tra le spese di cui gli attori hanno diritto al rimborso vanno computate anche quelle per i propri tecnici di parte sopportate per le due fase processuali, in atti documentate, ritenute congrue e quantificate in complessivi Euro 3.667,40 (tali spese vengono liquidate in dispositivo, come globalmente sostenute nella presente fase processuale). Le spese di C.T.U. sia dalla fase di A.T.P. che della presente causa, come già liquidate in corso di causa, vanno infine accollate a (...). Sentenza esecutiva ex lege. P.Q.M. ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo in accoglimento della domanda subordinata formulata da (...) e (...) di riduzione del prezzo della compravendita dell'immobile oggetto di causa, CONDANNA (...) al risarcimento del danno subito da (...) e (...) per complessivi Euro 12.600,00, oltre agli interessi legali dalla data del 24.5.2018, fino al saldo effettivo; RESPINGE le ulteriori domande proposte da (...) e (...) nei confronti di (...); CONDANNA (...) al pagamento delle spese legali sostenute da (...) e (...) nel presente giudizio che liquida in Euro 4.908,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.; CONDANNA (...) al pagamento delle spese legali sostenute da (...) e (...) nel giudizio di A.T.P. che liquida in Euro 286,00 per esborsi e Euro 2.225,00 per compensi, oltre spese generali 15% sui compensi, oltre I.V.A. e C.P.A.; CONDANNA (...) al pagamento delle spese della C.T.U. redatta nel presente giudizio come già liquidate in corso di causa; CONDANNA (...) al pagamento delle spese della C.T.U. redatta nel giudizio di A.T.P. come già liquidate all'esito di detto procedimento. Sentenza esecutiva. Così deciso in Savona il 13 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SAVONA In composizione collegiale in persona dei magistrati: - Dott. Alberto Princiotta - Presidente; - Dott.ssa Laura Serra - Giudice; - Dott. Stefano Poggio - Giudice rel. Ha pronunciato la seguente SENTENZA Nel procedimento RG 967/2021 tra Dott. (...) (C. F. (...)), nato a O. (C.), in data (...) e residente in A. (17051-SV), Via M. P., 50, int. 15, rappresentato e difeso dall'Avv. Ma.Kò. (C. F. (...)), con studio in Milano (MI), Via (...), per mandato in atti - Attore Agenzia delle Entrate Riscossione - Agente della riscossione per la provincia di Savona (C. F. (...)), in persona del Direttore pro tempore, con sede in Via (...), 17100 Savona (SV) - Convenuta contumace Oggetto: querela di falso. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. L'attore riferisce che "in data 31.12.2020, a seguito di una ispezione ipotecaria in relazione al proprio immobile sito in A. (S.), prendeva cognizione dell'iscrizione ipotecaria prot. n. (...) sulla base di n. 46 cartelle di pagamento, di cui n. 21 relative a "sanzioni infrazioni D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753". 2. Con atto notificato in data 30.1.2021 l'opponente impugnava le citate 21 cartelle di pagamento avanti il Giudice di Pace di Savona. 3. La causa veniva iscritta a RG. n. 173/2021 e veniva fissata udienza al 22.3.2021." In tale udienza l'opponente visionando la produzione documentale in atti osservava "che la sottoscrizione apposta sulla ricevuta di ritorno relativa alla cartella n. (...), consegnata il 30.9, non era del Dott. (...). 5. L'attestazione del messo notificatore, quindi, sulla citata ricevuta di ritorno risultava falsa, in quanto la relativa cartella non veniva consegnata al Dott. (...) o a soggetto consegnatario. 6. Per tale ragione all'udienza del 22.3.2021, l'opponente proponeva in via incidentale querela di falso ex art. 221 c.p.c. avverso la suddetta ricevuta di ritorno". Più precisamente l'attore contestava la genuinità dell'attestazione del pubblico ufficiale il quale, nell'ambito di un procedimento notificatorio eseguito ai sensi dell'art. 140 c.p.c., dopo aver depositato l'atto nella casa Comunale ed aver affisso alla porta del destinatario il relativo avviso, spediva la prescritta raccomandata informativa. A detta dell'istante la sigla (illeggibile) che appare nella cartolina di ritorno relativa alla raccomandata informativa appresso alla dicitura "ricevente" non sarebbe riconducibile al medesimo: affermava infatti che "la firma apposta sulla cartolina di ricevimento non è dell'attore" (cfr. verbale di udienza nel procedimento RG 173/21 dinanzi al GDP). Il Giudice di Pace, con ordinanza del 22.3.2021, ammetteva la querela di falso rimettendo la causa al Collegio per la decisione. L'opponente provvedeva quindi ad iscrivere a ruolo il presente procedimento nel quale l'Agenzia delle Entrate non si costituiva. 2. Occorre premettere che, sebbene la lettera della legge affidi al giudice istruttore (in questo caso al Giudice di pace) la valutazione della rilevanza dell'atto inciso dalla querela e dell'ammissibilità della stessa, il Collegio conserva il potere di riesaminare tali presupposti. Il provvedimento di ammissione, al pari di tutte le altre ordinanze istruttorie, può infatti essere rivalutato ex art. 178 comma primo c.p.c sia in ordine ai suoi requisiti formali sia nel merito (cfr. Cass., 4 maggio 2012, n. 6793: "In tema di querela di falso, il giudizio di ammissibilità e rilevanza non è riservato alla fase della sua proposizione, in quanto l'ordinanza che autorizza la presentazione non è suscettibile di passare in giudicato e, pertanto, non vincola il giudice della querela che, se non è obbligato a esaminare nuovamente la rilevanza, è tenuto a controllare che: a) che sulla genuinità del documento sia insorta contestazione; b) sia stato fatto uso del documento; c) il documento stesso sia idoneo a costituire prova contro l'istante"). In relazione al tema della ammissibilità il primo requisito che si rende necessario è naturalmente costituito dalla esistenza di un atto destinato ad assumere la speciale forza probatoria di cui all'art. 2700 c.c.. Nel caso di specie tuttavia l'istante non contesta l'avvenuto adempimento, da parte del notificante, delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c., nulla eccependo in merito all'avvenuto deposito dell'atto presso la casa Comunale, né in relazione all'affissione dell'avviso sulla porta dell'abitazione ovvero alla successiva spedizione della raccomandata informativa. L'attenzione dell'attore si appunta unicamente sulla mancata effettiva consegna di tale ultima comunicazione, non potendo essa desumersi dalla sigla apposta sulla cartolina di ritorno in quanto (asseritamente) apocrifa. Tale doglianza non può tuttavia costituire oggetto dello speciale procedimento qui azionato, posto che l'attività personalmente svolta dell'Ufficiale notificante - e per questo coperta da pubblica fede - si arresta al momento in cui questi consegna all'ufficio postale la raccomandata informativa per il successivo inoltro al destinatario, mentre tutto quel che avviene successivamente non rientra nel suo dominio. Tale seconda fase potrà dunque essere contestata con gli ordinari mezzi probatori nell'ambito del giudizio di merito, spettando esclusivamente al giudice a quo valutare l'esistenza/validità della procedura di notificazione così conclusa. In tal senso cfr. Cassazione ordinanza n. 1699 del 22/01/2019: "In tema di notifica ex art. 140 c.p.c., il compimento delle formalità richieste deve risultare dalla relata redatta dall'ufficiale giudiziario ai sensi dell'art. 148 c.p.c. che, sotto tale profilo, è coperta da fede privilegiata, a differenza di quanto avviene per l'effettivo inoltro dell'avviso informativo al destinatario da parte dell'ufficio postale cui è stato consegnato da detto pubblico ufficiale, con la conseguenza che la prova dell'eventuale mancato recapito dello stesso potrà essere fornita dal destinatario senza necessità di impugnare la relata mediante querela di falso". D'altro canto l'atto impugnato non contiene alcuna attestazione circa le generalità della persona genericamente indicata quale "ricevente", cosicché non può nemmeno escludersi che l'atto sia stato ritirato da altro soggetto abilitato, mentre è da escludersi che la querela di falso possa indirizzarsi verso una attestazione che il postino non ha fatto e che non era tenuto a fare. E' pacifico infatti che la raccomandata con la quale viene data notizia del deposito nella casa comunale, avendo finalità informativa e non tenendo luogo dell'atto da notificare, non è soggetta alle disposizioni in materia di notificazione a mezzo posta, ma solo al regolamento postale, sicché è sufficiente che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall'ufficiale postale, non dovendo risultare da esso la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario (Cass. n. 6492 del 16/3/2018, Cass. n. 27479 del 30/12/2016). In definitiva è sufficiente, per la raccomandata informativa, il rispetto di quanto prescritto dal regolamento postale per la raccomandata ordinaria, disciplinata dal D.M. 9 aprile 2001, che dispone che "tutti gli invii di posta raccomandata sono consegnati al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta" (art. 32) e che "sono abilitati a ricevere gli invii di posta presso il domicilio del destinatario, anche i componenti del nucleo familiare, i conviventi e i collaboratori familiari e, se vi è servizio di portierato, il portiere" (art. 39). Dunque è sufficiente che sia avvenuta la consegna del plico al domicilio del destinatario, senz'altro adempimento per l'ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro della corrispondenza (Cass. n. 11708 del 27/05/2011). Ferme le superiori considerazioni giova comunque sottolineare che nel giudizio a quo la presentazione della querela di falso da parte del dott. (...) si è arrestata alla asserzione della natura apocrifa della firma, senza indicazione di elementi di prova (salva una generica richiesta di CTU grafologica), così come alcuna prova è stata indicata nell'atto introduttivo del presente giudizio, in chiara tensione con quanto stabilito dall'art. 221 comma 2 c.p.c. ("La querela deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elementi e delle prove della falsità ..."). In conclusione, la querela di falso proposta dall'attore è inammissibile per carenza dei suoi presupposti legali, fermo restando che la validità/efficacia della notifica qui impugnata potrà essere contestata dinanzi al giudice a quo con gli ordinari strumenti processuali. 3. Nulla sulle spese stante la mancata costituzione dell'Agenzia delle Entrate. P.Q.M. Il Tribunale di Savona in composizione collegiale come indicato in epigrafe definitivamente pronunciando nel procedimento RG 967/2021 così provvede: 1. Dichiara inammissibile la querela di falso proposta dal dott. (...) relativamente alla sottoscrizione apposta sulla ricevuta di ritorno della raccomandata informativa relativa alla notificazione della cartella n. (...); 2. Nulla sulle spese. Così deciso in Savona il 14 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SAVONA SEZIONE CIVILE in composizione monocratica nella persona della dr.ssa Laura Serra, in funzione di Giudice Unico, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale 2427/2019, promossa con atto di citazione DA (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)) rappresentati e difesi dagli avv.ti FA.GI. e SI.PO., come da procura in calce all'atto di citazione PARTE ATTRICE CONTRO (...) (C.F./P.IVA (...)), rappresentato e difeso dall'avv. (...), come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)), (...) (C.F./P.IVA (...)), rappresentati e difesi dall'avv. AN.CH., come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente (...) S.R.L. (C.F./P.IVA (...)), (...) S.N.C. (C.F./P.IVA (...)), contumaci PARTE CONVENUTA E CON L'INTERVENTO EX ART. 106 C.P.C. DI (...) SPA rappresentata e difesa dall'avv. EL.RA. come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta depositata telematicamente PARTE TERZA CHIAMATA OGGETTO: responsabilità ex art. 1669 c.c. per vizi e difetti dell'opera edilizia costruita. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione regolarmente notificato, i signori (...), (...), (...), (...), (...) hanno adito il Tribunale di Savona esponendo che: - Essi avevano acquistato dai signori (...) e (...) e dalla signora (...) (per quanto concerne una porzione di proprietà (...)) tre unità immobiliari site in (...), via P. O. n. 45 rispettivamente di proprietà dei coniugi (...), del sig. (...) e dei coniugi (...); - Una volta entrati in possesso delle loro abitazioni, avevano iniziato a notare il manifestarsi di alcuni vizi ed in particolare di infiltrazioni di acqua meteorica. - Pertanto, avevano introdotto un procedimento per accertamento tecnico preventivo nei confronti dei venditori, unici soggetti con i quali avevano stipulato un rapporto contrattuale, nonché avverso il progettista direttore dei lavori (...) e le ditte appaltatrici (...) e Ditta (...). - In quella sede, i venditori avevano chiesto ed ottenuto di chiamare in giudizio, oltre che i convenuti, anche - limitatamente a quanto interessa in questa sede - la (...) snc, l'impresa (...) di (...), per essere da questi tenuti indenni. - All'esito dell'accertamento peritale, emergeva l'effettiva presenza di vizi e difetti di rilevante entità cagionati dall'operato dei convenuti, la responsabilità dei quali veniva suddivisa dal CTU sulla scorta dell'attività compiuta da ciascuno in cantiere. Tutto ciò premesso, gli attori hanno citato in giudizio il direttore dei lavori e progettista (...), l'appaltatrice (...), i signori (...) e (...) e la signora (...) (soci della cancellata (...) s.a.s. di (...)), la (...), per sentir accertare la responsabilità di questi ex art. 1669 c.c., con conseguente condanna al risarcimento di tutti i danni subiti a causa della negligente esecuzione delle opere edificatorie realizzate nonché al rimborso delle spese sostenute in sede di atp. Si sono costituiti (...), i signori (...) e (...) chiedendo il rigetto delle domande proposte nei rispettivi confronti. Inoltre, (...) ha chiesto ed ottenuto di essere autorizzato a chiamare in causa (...) s.p.a., la quale si è costituita, chiedendo il rigetto delle domande attoree e la limitazione della responsabilità dell'assicurazione ai sensi di polizza nel denegato caso di condanna. Nonostante la ritualità della notifica, nessuno si è, invece, costituito per (...) s.r.l. e per (...) s.n.c., dichiarati contumaci all'udienza del 29 gennaio 2021. A seguito della concessione dei termini ex art. 183 co. 6 c.p.c., le parti costituite hanno raggiunto una conciliazione in sede stragiudiziale e conseguentemente hanno rinunciato agli atti del giudizio e accettato le rinunce in relazione alle domande reciprocamente svolte. Pertanto, all'udienza del 30 aprile 2021, in virtù dell'art. 306 c.p.c., sono state dichiarate: - l'estinzione del rapporto processuale tra gli attori da un lato e (...), (...), (...) e (...) dall'altro lato; - l'estinzione del rapporto processuale tra (...) e (...). Gli attori hanno inoltre dato atto di aver definito la posizione in via transattiva con (...), parte non costituita, nei confronti della quale non hanno coltivato le domande nell'ambito degli atti difensivi conclusivi. Tali domande, pertanto, devono intendersi rinunciate. La controversia è, invece, proseguita tra gli attori e (...) s.r.l., essendo interesse dei primi sentir accertare la responsabilità della società costruttrice nella causazione dei vizi e difetti cagionati all'interno delle unità abitative acquistate e conseguentemente ottenere il risarcimento dei danni subiti, limitatamente alla sola quota di responsabilità addebitata alla convenuta dal CTU all'esito dell'atp. Pertanto, su tali conclusioni rassegnate dagli attori, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. La domanda proposta dagli attori nei confronti di (...) ai sensi dell'art. 1669 c.c. è fondata e deve essere accolta per le ragioni che di seguito si espongono. Come noto, per ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, "l'art. 1669 cod. civ., nonostante la sua collocazione nell'ambito della disciplina del contratto d'appalto, dà luogo ad un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale, la quale, pur presupponendo un rapporto contrattuale, ne supera i confini e si configura come obbligazione derivante dalla legge per finalità e ragioni di carattere generale, costituite dall'interesse pubblico - trascendente quello individuale del committente - alla stabilità e solidità degli immobili destinati ad avere lunga durata, a preservazione dell'incolumità e sicurezza dei cittadini; e, sotto tale profilo la norma si pone in rapporto di specialità con quella generale di cui all'art. 2043 cod. civ., che trova applicazione solo ove non risulti applicabile quella speciale, ed attribuisce legittimazione ad agire contro l'appaltatore ed eventuali soggetti corresponsabili non solo al committente ed ai suoi aventi causa (ivi compreso l'acquirente dell'immobile), ma anche a qualunque terzo che lamenti essere stato danneggiato in conseguenza dei gravi difetti della costruzione, della sua rovina o del pericolo della rovina di essa" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 28/01/2005). Sulla scorta di tale principio, pertanto, gli acquirenti degli immobili costruiti hanno il diritto di agire nei confronti dell'impresa appaltatrice delle opere invocando il regime di responsabilità di cui all'art. 1669 c.c., qualora ne ricorrano le condizioni applicative. In particolare, occorre accertare se, valutati nel loro insieme, i vizi riscontrati (e successivamente dimostrati) rientrino o meno nei concetti di "pericolo di rovina" o "grave difetto", compresi nell'alveo applicativo della norma sopra richiamata. Al riguardo, va osservato che la giurisprudenza di legittimità ha nel tempo via via esteso la portata dell'art. 1669 c.c., riconducendovi anche quei difetti "che riguardano elementi secondari ed accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi ecc.) purché tali da compromettere la funzionalità globale dell'opera stessa e che, senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possono essere eliminati solo con interventi di manutenzione ordinaria ai sensi dell'art. 31 L. n. 457 del 1978 e cioè con "opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici" o con "opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti"" (Cass. SS.UU. 27 marzo 2017, n. 7756). La Suprema Corte, inoltre, è pacifica nel ritenere che tra i gravi difetti di cui all'art. 1669 c.c. rientrino pure vizi non totalmente impeditivi dell'uso dell'immobile, come quelli relativi all'efficienza dell'impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e di umidità, in quanto essi costituiscono alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura. Applicando tali principi di carattere generale alla fattispecie concreta, limitatamente alla posizione di (...) s.r.l., si osserva che la CTU - esperita in sede di ATP nel contraddittorio tra le parti e svolta con metodologia accurata e corretta, sia sotto il profilo tecnico, sia logico e motivazionale e pertanto integralmente condivisa - ha rilevato innanzitutto che la società convenuta ha rivestito nella costruzione degli immobili compravenduti in favore degli attori il ruolo di appaltatrice principale. Il ctu ha poi confermato l'esistenza dei vizi e difetti lamentati dagli attori in relazione agli immobili di rispettiva proprietà individuandone le singole cause. Al riguardo, limitatamente a quanto interessa in questa sede e dunque facendo riferimento alle sole opere eseguite in tutto o in parte da (...) s.r.l. (ed utilizzando per comodità la stessa numerazione proposta dal perito), si rileva che: 1b) presso il terrazzo a livello dell'alloggio int. 5 di proprietà (...) è stata constatata la fessurazione perimetrale del cordolo in mattoni con distacco del sottofondo che provoca infiltrazioni nella sottostante camera facente parte dell'alloggio int. 3 di proprietà (...). La causa di tale difetto è stata rinvenuta nell'impostazione concettualmente errata del rifacimento dell'impermeabilizzazione del terrazzo con la sovrastante pavimentazione. In particolare, il cordolo perimetrale in mattoni è stato posato sopra lo strato di impermeabilizzante che avrebbe dovuto essere invece risvoltato sopra la parte interna del cordolo, in modo tale che l'acqua trapelante la pavimentazione avrebbe dovuto essere convogliata con opportuna pendenza verso uno scarico che l'avrebbe raccolta e smaltita. Al contrario, la discontinuità costituita dalla membrana impermeabile posta sotto il cordolo di mattoni ne ha causato il distacco da cui fuoriesce l'acqua piovana ivi addotta dalla impermeabilizzazione, che poi percola lungo tutta la parete della facciata, penetrando nell'abitazione di (...) attraverso i telai delle finestre. La responsabilità di tale difetto è stata imputata per il 50% al direttore dei lavori che non ha sorvegliato la ditta appaltatrice e per il 50% a (...) esecutrice dei lavori. 3b) è stato accertato che l'impianto a pannelli solari a servizio della produzione di acqua calda sanitaria degli alloggi int. 5 ((...)) e int. 3 ((...)) non è funzionante. La probabile causa è consistita in un'inadeguata installazione o nel difettoso funzionamento di qualche apparecchiatura. La responsabilità è stata attribuita al 100% all'impresa (...) che si è occupata della predisposizione e montatura dell'impianto. 4b) Le persiane in alluminio verniciato a protezione del locale soggiorno dell'alloggio int. 5 (di proprietà (...)) denotano imperfezioni di assetto e difficoltà di posizionamento in apertura. Tale difetto è dipeso causalmente dal fatto che in fase di progettazione non è stato tenuto conto che le ante delle finestre adiacenti non avrebbero potuto aprirsi senza impedirsi tra loro. Il tentativo successivo di rimedio, mediante apertura a libro, non ha invece considerato la necessità di usare supporti più robusti per l'aumento di peso da reggere da un solo lato. Sicché l'inadeguatezza del supporto delle persiane fa sì che le stesse, aprendosi, assumano un "assetto svergolo che va eliminato". La responsabilità di tale difetto è stata imputata per il 50% al progettista che avrebbe dovuto rendersi conto della dimensione degli spazi a disposizione incompatibile con la scelta delle ante e per il 50% alla ditta L., che avrebbe dovuto rendersi conto della problematica in fase esecutiva ed usare materiali più robusti in fase di rifacimento; 8b) Sono state riscontrate infiltrazioni di acqua piovana nelle camere dell'alloggio di proprietà (...), sottostanti al terrazzo di proprietà (...) che dipendono dall'errata esecuzione della pavimentazione del terrazzo pertinenziale dell'alloggio interno 5. La responsabilità è stata attribuita in pari misura al progettista e all'impresa L., nella misura del 50% ciascuna, come già spiegato al punto 1b). 12b) sono state rilevate zone di intonaco di facciata non rifinite pittoricamente, in corrispondenza del sottoscala ove sono ubicati gli impianti di riscaldamento, dell'atrio a giorno alla base delle scale condominiali, della parte inferiore del cornicione sopra gli ingressi, della zona del riquadro elettrico generale. Anche il cancello di ingresso e lo sportello dei contatori del gas non è stato completato. Le cause di tali mancanze sono state ravvisate in dimenticanze da parte degli esecutori non sufficientemente sorvegliati dalla direzione lavori. La responsabilità è stata dunque addebitata per il 90% a (...) che non ha eseguito le opere per negligenza e per il 10% al progettista/direttore lavori. Come evidente, tali vizi, complessivamente considerati, sono sicuramente tali da compromettere l'uso e il libero godimento delle unità immobiliari da parte dei relativi proprietari, entro i limiti indicati dalla Suprema Corte. In particolare, l'esistenza di infiltrazioni, i difetti di impermeabilizzazione dei terrazzi, il mancato funzionamento dell'acqua calda derivante dalla disfunzione dell'impianto fotovoltaico, il difettoso funzionamento delle ante degli infissi, pregiudicano il normale utilizzo dei beni acquistati in rapporto alla funzione cui sono destinati. Pertanto, l'insieme dei difetti riscontrati assume quel carattere di "gravità" che ne determina la comprensione nell'ambito applicativo dell'art. 1669 c.c.. Per tutte le considerazioni esposte, gli attori hanno assolto all'onere probatorio sui medesimi gravanti in relazione alla responsabilità della convenuta nella causazione dei vizi lamentati e conseguentemente hanno diritto ad ottenere il risarcimento dei danni da questa provocati, come determinati dal perito nominato in sede di ATP. Relativamente alla quantificazione del risarcimento del danno, l'appaltatrice è tenuta a rispondere in misura corrispondente a quella quantificata dal ctu per i costi di ripristino dei vizi riscontrati, che costituisce il pregiudizio economico subito e direttamente addebitabile alla convenuta, in proporzione alla sua quota di responsabilità, tenuto conto che gli attori hanno espressamente limitato la domanda in tal senso, escludendo il vincolo di solidarietà della società per i danni causati dai corresponsabili. Nello specifico: - relativamente al vizio denominato b1 il costo totale di ripristino previsto dal ctu, consistente nella demolizione della pavimentazione e nel rifacimento dell'impermeabilizzazione del cordolo in mattoni è pari a Euro 10.923,40, con percentuale del 50% imputabile a (...), ovvero Euro 5.461,70; - per il vizio indicato b3, il ripristino consistente nella totale e radicale revisione dell'impianto, ha un costo preventivato di Euro 2.648,91, interamente addebitabile a (...); - quanto al difetto menzionato al b4, i serramenti dovranno essere smontati e ricostruiti con supporti maggiormente resistenti, con un costo di Euro 1.921,79, il cui 50%, imputabile alla convenuta, è pari a Euro 960,90; - per la risoluzione del difetto b8, la spesa totale prevista è pari a Euro 6.575,49 con percentuale del 50% imputabile a (...), ovvero Euro 3.287,75; - Da ultimo, i costi per emendare alle dimenticanze dell'appaltatrice, relativamente alla pitturazione di porzioni di facciate e manufatti (b12) sono stati quantificati in euro Euro. 5.297,82, con percentuale del 90% imputabile a (...), dunque per Euro 4.768,03. La convenuta deve essere conseguentemente condannata a pagare agli attori la somma complessiva di euro Euro 17.127,29 oltre IVA. Sulla somma capitale sopra determinata, all'evidenza debito di valore in quanto posta risarcitoria, in base ai pacifici principi generali vanno conteggiati: - rivalutazione monetaria, dal momento del deposito dell'accertamento peritale (31.8.2018), data in cui è stato accertato e stimato il danno, al saldo; - gli interessi compensativi per la ritardata corresponsione dell'equivalente pecuniario del danno, posto che, nelle obbligazioni di valore, il debitore è in mora dal momento della produzione dell'evento di danno (convenzionalmente determinato nel deposito dell'ATP); peraltro, avuto riguardo ai principi enunciati dalla sentenza n. 1712/1995 delle SS.UU. della Corte di Cassazione, al fine di evitare un lucro ingiustificato per il creditore, e per meglio rispettare la funzione compensativa dell'interesse legale riconosciuto sulla somma rivalutata, gli interessi devono essere calcolati non sulla somma rivalutata (o espressa in moneta attuale) al momento della liquidazione, né sulla somma originaria, ma debbono essere computati sulla somma originaria che via via si incrementa, a partire dal livello iniziale fino a quello finale, nei singoli periodi trascorsi; - interessi legali dalla presente pronuncia al saldo effettivo. Si dà atto che gli attori hanno richiesto nei confronti della società appaltatrice una condanna unitaria, senza separare le posizioni di ciascuno dei proprietari delle unità immobiliari in relazione ai danni subiti all'interno dei rispettivi appartamenti. Conseguentemente, in virtù del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la condanna viene disposta nei confronti di tutti gli attori, in via tra loro solidale. Inoltre, deve osservarsi che gli attori hanno richiesto anche il rimborso dei costi sostenuti per l'accertamento tecnico preventivo, formulando domanda risarcitoria. Tuttavia, tali costi non costituiscono un pregiudizio da ristorare, ma vanno computati nella regolamentazione delle spese processuali sostenute, e quindi rimborsati in virtù della soccombenza, in ossequio al principio, ancora di recente enunciato dalla Suprema Corte, secondo cui "le spese dell'accertamento tecnico preventivo "ante causam" devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, in virtù dell'onere di anticipazione e del principio di causalità, e devono essere prese in considerazione, nell'eventuale successivo giudizio di merito, come spese giudiziali, da regolare in base agli ordinari criteri di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c." (Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 9735 del 26/05/2020). Inoltre, giova precisare che le spese della CTU sostenute in sede di atp ben possono essere richieste dagli attori per intero nei confronti di (...), rimasta soccombente nel presente giudizio, ferma restando ogni eventuale iniziativa della convenuta nei confronti dei condebitori solidali con i quali gli attori hanno trovato un accordo nella presente sede. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono pertanto poste a carico di parte convenuta, liquidate direttamente in dispositivo alla luce dei parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa (quantificato sulla base di quanto riconosciuto a titolo risarcitorio all'esito della lite), della complessità delle questioni trattate, dell'attività difensiva svolta e dunque facendo applicazione degli importi medi previsti dallo scaglione di riferimento sia per la fase di istruzione preventiva, sia per le fasi di esame, introduttiva, istruttoria e decisionale del presente giudizio. Come già detto, anche le spese di ctu, come liquidate in sede di atp ed anticipate dagli attori (docc. 12, 13, 14), vengono poste definitivamente a carico di (...) s.r.l. in quanto soccombente, con conseguente diritto degli attori al rimborso da parte della convenuta. Le spese di ctp, invece, non sono rimborsabili in quanto non risultano documentate nel presente giudizio. P.Q.M. il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda ed eccezione rigettata, così provvede: 1) Accerta la responsabilità di (...) s.r.l. per i vizi e difetti lamentati dagli attori e per l'effetto; 2) Condanna (...) s.r.l. a pagare in favore degli attori, in via tra loro solidale, la somma complessiva di Euro 17.127,29 oltre IVA, rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale dal 31.8.2018 al saldo; 3) condanna (...) s.r.l. a rimborsare agli attori le spese di C.T.U., come liquidate in sede di ATP; 4) condanna (...) s.r.l. al pagamento in favore degli attori delle spese processuali che liquida in Euro 786,00 per anticipazioni, ed in Euro 7.060,00 per compensi, oltre al 15% dei compensi per rimborso forfettario spese generali, I.V.A. (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) e C.P.A. Sentenza per legge esecutiva. Così deciso in Savona il 13 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SAVONA SEZIONE UNICA CIVILE Il Giudice, Dott.ssa Erica Passalalpi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta al n. 452 del Registro Generale Affari Contenziosi Civili dell'anno 2020 rimessa in decisione all'udienza del 22.10.2021 vertente tra (...) SOCIETA' COOPERATIVA SOCIALE ONLUS (C.F./P. IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Ni.Me. e Lu.Ra. del Foro di Genova e dall'Avv. An.Gh. del Foro di Savona ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Savona, Via (...) giusta procura in atti, attori contro (...) SPA (P. IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), tutti rappresentati e difesi dagli Avv.ti Fr.Li. e Gu.Ga. ed elettivamente domiciliati presso il loro studio in Genova, Via (...) giusti mandati in atti, convenuti Oggetto: responsabilità per diffamazione a mezzo stampa. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO Con l'atto introduttivo del presente giudizio, la Cooperativa Sociale "(...)" ed i suoi amministratori (...) e (...) hanno agito in giudizio avverso la (...) Spa, editrice del quotidiano "(...)" e del quotidiano "(...)", il Dott. (...), nella sua qualità di direttore responsabile del quotidiano "(...)", il Dott. (...), nella qualità di direttore responsabile del quotidiano "(...)", il Dott. (...), nella qualità di responsabile della redazione di Savona del quotidiano "(...)" e del quotidiano "(...)", il Dott. (...), nella sua qualità di responsabile della redazione di Imperia-Sanremo del quotidiano "(...)", il Dott. (...), nella sua qualità di giornalista della redazione di Savona del quotidiano "(...)" e del quotidiano "(...)", ed il Dott. (...), nella qualità di giornalista della redazione di Savona del quotidiano "(...)" e del quotidiano "(...)", chiedendo accertare e dichiarare la loro responsabilità solidale per i danni patrimoniali e non patrimoniali arrecati per effetto di diffamazione a mezzo stampa con l'articolo "(...), sequestro da 2 milioni per mancato pagamento di tasse", comparso su "(...)", edizione ponente ligure, del 19.1.2020, e con gli articoli, tutti del 25.1.2020, "Omesso versamento Irpef inchiesta chiusa sul (...)", comparso su "(...)", edizione Savona, "Mancato versamento Irpef inchiesta chiusa sul (...)", comparso su "(...)", edizione Imperia, "Ritenute d'acconto non versate vertici del (...) sotto inchiesta", comparso su "(...)", edizione Savona. Gli attori hanno, inoltre, chiesto la condanna dei convenuti alla sanzione pecuniaria di cui all'art. 12 L. n. 47 del 1948. A sostegno delle proprie domande, gli attori hanno allegato che: -"(...)" è una Cooperativa sociale, a mutualità prevalente, attiva fin dal 1980 sia nel settore dei servizi socio-sanitari ed educativo assistenziali sia in altri settori con la finalità dell'inserimento lavorativo di persone svantaggiate; -- "(...)" a dicembre 2019 occupava circa 500 fra soci lavoratori e lavoratori non soci, ragione per cui ha rappresentato e tuttora rappresenta uno dei principali attori del c.d. Terzo Settore; - nel 2014 e 2015 "(...)" ha subito una grave crisi, con risultati di bilancio marcatamente negativi, in conseguenza "di strategie ed indirizzi imprenditoriali assunti fino all'anno 2015"; - nel 2016 gli organi sociali "si sono visti costretti a ricorrere ad un piano di crisi aziendale" diretto soprattutto a "salvaguardare, per quanto possibile, il livello occupazionale della Società, con particolare riguardo ai soci lavoratori (anche in virtù dell'impatto sociale che sarebbe potuto derivare da una procedura concorsuale)" e a "garantire la prosecuzione dei servizi mediante il risanamento della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della Società stessa". Contestualmente "l'assemblea dei soci de (...) ha nominato i nuovi membri del Consiglio di Amministrazione per il triennio 2016-2018: in tale occasione, l'assemblea ha quindi nominato il Sig. (...), quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, e la Sig.ra (...), quale Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione"; - le misure adottate a partire dal 2016 hanno comportato notevoli sacrifici per il personale, ma anche un effettivo e marcato miglioramento della situazione economico-finanziaria e patrimoniale della Società, con risultati d'esercizio positivi e progressiva contrazione dell'esposizione debitoria; - "(...)" ha sì maturato un debito nei confronti dell'Erario per ritenute Irpef relative agli anni 2014 e 2015, peraltro correttamente indicato in bilancio, ma tale debito "risale alle gestioni precedenti" al 2016 che "hanno privilegiato alcune spese a scapito della possibilità di rispettare il pagamento dell'Erario, dei fornitori e di creditori vari". Rispetto a tale debito è in essere un piano di rientro con L'Agenzia delle Entrate, ormai prossimo alla conclusione (2024); - "il Sig. (...) e la Sig.ra (...) hanno sempre svolto la propria attività quali componenti del Consiglio di Amministrazione della Società in assoluta trasparenza e nel pieno rispetto delle leggi, nonché in osservanza di un costante dialogo con i soci lavoratori, con i lavoratori, con gli ospiti delle strutture..., con la comunità e con le autorità". Tuttavia, "(...), il Sig. (...) e la Sig.ra (...) si sono dovuti confrontare ... con ingiustificati attacchi da parte di una certa stampa locale (quotidiano "(...) - edizione di Savona ed edizione di Imperia e quotidiano "(...)" - edizione di Savona), la quale ha in più occasioni, con modalità che trascendono tutte le regole del corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, diffamato la loro reputazione". Oltretutto, "le notizie che sono state proditoriamente pubblicate su "(...)", sul Sig. (...) e sulla Sig.ra (...),...sono state riprese e ulteriormente diffuse da blog e siti internet con visibilità non solo locale, incrementando in modo esponenziale il danno, anche alla reputazione" degli odierni attori. In particolare, gli articoli del 19.1.2020 e del 25.1.2020, per cui è causa, invece di fornire ai lettori una neutrale e corretta informativa, avrebbero ad oggetto notizie che non corrisponderebbero pienamente al vero e che sarebbero state reiteratamente riportate in maniera del tutto strumentale con titoli volutamente sensazionistici - e spesso, non corrispondenti al contenuto dell'intero articolo -, con toni esagerati e con contenuti confusi, ingenerando il falso convincimento nel lettore di atti di mala gestio, invero inesistenti, posti in essere dal (...) e dalla (...); - "le notizie date...hanno integrato una grave offesa all'onore e alla reputazione de "(...)", dei suoi soci lavoratori e dei suoi lavoratori..., ma soprattutto hanno causato un grave danno d'immagine ad una società, come è "(...)", che fonda i propri valori sui principi del mondo cooperativo e sull'impegno sociale, garantendo posti di lavoro e supporto alla comunità. Inoltre, le notizie di cui sopra hanno integrato una grave offesa all'onore, alla reputazione e all'immagine del Sig. (...) e della Sig.ra (...), che si sono fatti carico, unitamente agli altri membri del Consiglio di Amministrazione della Società, della gestione di quest'ultima in un periodo difficile, riuscendo a portare a termine il piano approvato dai soci della Società medesima". Si sono costituiti i convenuti, invocando il rigetto delle domande formulate nei loro confronti. In particolare, i convenuti (...) e (...) hanno eccepito, in via preliminare, il loro difetto di legittimazione passiva in quanto "dipendenti di G., con qualifica di caporedattore, rispettivamente delle redazioni di Sanremo-Imperia e di Savona de "(...)": essi non sono né l'Editore né i Direttori del quotidiano né gli estensori degli articoli contestati". I convenuti tutti hanno poi contestato la fondatezza del merito delle avverse domande, evidenziando che: -"appare...indubitabile la rilevanza, per il pubblico, della vicenda descritta dai giornalisti" avente ad oggetto un'inchiesta giudiziaria per reati tributari (art. 10bis D.Lgs. n. 74 del 2000) condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona e riguardante una Cooperativa sociale nota nelle province di Savona ed Imperia; -"il fatto - e la notizia - sono la formulazione di ipotesi di reato da parte della Magistratura, il cui contenuto gli articoli hanno riferito, in sé, senza dubbio vere"; -"in tale procedimento era stato depositato in data 24.12.2019 - prima, dunque, della pubblicazione degli articoli - l'avviso della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415bis c.p.p."; -"la verità della notizia riferita dai quotidiani emerge chiarissima da un semplice raffronto fra il testo dell'avviso di conclusione indagini preliminari ...ed il contenuto degli articoli contestati"; -"gli articoli hanno poi dato atto della ulteriore circostanza di fatto - la cui rispondenza al vero controparte non ha contestato - dell'avvenuta applicazione della misura cautelare del sequestro preventivo per l'importo di due milioni di Euro, eseguito sui conti correnti e sugli immobili della Cooperativa (...), nonché sui beni personali dei due soggetti indagati"; -"gli articoli evidenziano ripetutamente come il mancato versamento delle ritenute erariali fosse da riferire alla precedente gestione della Cooperativa (rispetto a quella degli attori) e come la Onlus "(...)" sia stata pienamente risanata"; -"le pubblicazioni in esame, oltre a riportare notizie vere, sono senza dubbio improntate alla più onesta e lineare continenza, senza uso di espressioni suggestive o giudizi non obiettivi...anche il titolo ed i sottotitoli sintetizzano - secondo il normale e legittimo linguaggio giornalistico - i contenuti dell'articolo, senza alcuna enfasi od iperbole"; -in più "i giornalisti (...) e (...), secondo il corretto modo di procedere, hanno raccolto le dichiarazioni della Sig.ra (...), del consulente per la comunicazione della Cooperativa "(...)", (...), e del difensore dei Sigg.ri (...) e (...), Avv. (...), dando ampio spazio alle loro dichiarazioni sia nel testo dei pezzi, sia nei sottotitoli"; -la circostanza che la Sig.ra (...) riveste la carica di assessore del Comune di Albissola Superiore è "rispondente al vero e certamente non diffamatoria e di pubblico rilievo"; -in ordine alla richiesta di riparazione pecuniaria ex art. 12 L. n. 47 del 1948, la stessa è da ritenersi inammissibile con riguardo alla posizione dell'Editore e dei Direttori responsabili dei quotidiani. Espletata la procedura di mediazione, con esito negativo, gli attori hanno ribadito le proprie difese, contestato espressamente l'avversa istanza di difetto di legittimazione passiva in capo al Dott. (...) ed al Dott. (...), spiegando che - anche ai sensi dell'art. 2049 c.c. - il ruolo di capo della redazione "attribuisce agli stessi un obbligo di controllo, e una conseguente responsabilità, dell'attività compiuta dai giornalisti dagli stessi coordinati". Gli attori hanno, altresì, sottolineato che: -"i tre (!) articoli pubblicati in data 25 gennaio 2020 non riportano alcuna notizia nuova rispetto a quanto già trattato dai medesimi giornalisti nell'articolo del 19 febbraio 2020" e che "i tre (!) articoli pubblicati in data 25 gennaio 2020 corrispondono, parola per parola, nei contenuti"; -"nel caso di specie sono state omesse talmente tante circostanze invero fondamentali a inquadrare correttamente la reale situazione (quali, per citare le più clamorose, i) la corretta indicazione a bilancio dei debiti tributari, ii) l'esistenza di un piano di rientro con l'Agenzia delle Entrate, iii) l'imputabilità dei fatti alla precedente gestione de "(...)", e quindi la sostanziale estraneità ai fatti dei Signori (...) e (...)), che l'eventuale interesse della collettività all'indagine penale viene del tutto dissolta in quello che, alla fine, è più un gossip che una notizia, stante appunto l'integrale assenza di vero contenuto informativo dell'articolo di giornale"; -"negli articoli del 25 gennaio 2020 si parla di "rinvii a giudizio" e di "inchieste chiuse": tali dizioni sono false..., in quanto, in primis, successivamente alla notifica dell'avviso conclusioni delle indagini preliminari, sono stati compiuti ulteriori atti di indagine, quali, tra l'altro, la visione della memoria difensiva depositata dagli indagati e gli interrogatori dei Signori (...) e (...), effettuati su richiesta degli stessi"; -anche le dichiarazioni degli interessati sono state sì riportate negli articoli contestati, ma soltanto in modo parziale e, comunque, omettendo o non ponendo in debito risalto quanto riferito in ordine al fatto che l'indagine attiene ad un periodo di imposta in cui la gestione della Cooperativa era in mano ad altri amministratori; -"la circostanza, reiterata in maniera seriale, del fatto che la Sig.ra (...) è assessore al bilancio e tributi nel Comune di Albisola Superiore, oltre che del tutto irrilevante ed inconferente..., rivela il carattere assolutamente capzioso e diffamatorio degli articoli"; -"le notizie sono date, peraltro ripetutamente, con toni del tutto iperbolici ed ingiustificatamente catastrofici"; -"il segreto istruttorio è stato violato in quanto l'avviso di conclusione delle indagini preliminari è stato notificato agli odierni attori in data 29 gennaio 2020, cioè successivamente alla pubblicazione degli articoli per cui è causa"; -"i giornalisti Dott. (...) e Dott. (...) non hanno mai menzionato il provvedimento emesso dall'Autorità Giudiziaria pochi giorni dopo" il sequestro e, comunque, hanno rappresentato che "il sequestro sarebbe stato eseguito non su conti personali, ma su conti a disposizione come dirigenti coop, con ciò ingenerando nel lettore - stante anche il contesto in cui la circostanza viene inserita artatamente - il falso convincimento che il Sig. (...) e la Sig.ra (...) siano intestatari di conti correnti, diversi da quelli personali, in quanto sarebbero - non meglio definiti - dirigenti coop"; -"in tutti i predetti articoli si afferma, senza che venga fornito alcun dettaglio, che "a dare il via al lavoro della Guardia di Finanza sarebbe stata una segnalazione non dell'Ufficio delle Entrate, ma da parte di qualcuno che conosceva bene le vicende del (...)", ingenerando nel lettore un ingiustificato "alone di mistero", ulteriormente ingigantito da richiami a non meglio precisati orientamenti giurisprudenziali"; -dagli articoli "emerge l'intento evidente di creare nel lettore la convinzione di una generalizzata e comune propensione al reato de "(...)", del Sig. (...) e della Sig.ra (...), facendo leva anche sulla naturale inclinazione verso una visione negativa dell'operato degli amministratori e del mondo delle cooperative". Anche i convenuti, dal canto loro, hanno insistito nelle proprie eccezioni e prospettazioni difensive, rappresentando, fra l'altro: -con riguardo al dedotto difetto di legittimazione passiva dei convenuti (...) e (...) che "del tutto impropria appare la citazione avversaria della norma di cui all'art. 2049 c.c., posto che tale norma - riferita alla responsabilità dei datori di lavoro o dei committenti - potrebbe al più essere invocata per configurare una responsabilità della società editrice per il fatto illecito dei dipendenti, ma certamente non per ritenere passivamente legittimati soggetti che non rivestono la qualità di datori o committenti e che risultano del tutto estranei al presunto illecito"; -che l'articolo del 19.1.2020 ha ad oggetto l'esecuzione di un sequestro a carico della Cooperativa, con una ricostruzione dei fatti sui quali la misura si era fondata, mentre gli articoli del 25.1.2020, peraltro pubblicati su differenti testate, hanno ad oggetto un'intervista rilasciata dal legale dei Sig.ri (...) e (...), l'Avv. (...); -che "i giornalisti non hanno affatto sostenuto che i Sig.ri (...) e (...) sarebbero già stati rinviati a giudizio, avendo semplicemente indicato che le indagini preliminari si erano concluse e che il Pubblico Ministero sarebbe stato intenzionato a chiedere il rinvio a giudizio ("E la Procura sembra intenzionata ad andare a processo", come poi in effetti è avvenuto)"; -che i giornalisti hanno correttamente indicato a carico di quali soggetti è stato disposto il sequestro richiesto dalla Procura e quali beni il sequestro ha colpito; -che "gli articoli hanno poi correttamente dato atto del fatto che la Cooperativa "(...)" aveva attivato un piano di rientro rateale con l'Agenzia delle Entrate, evidenziando anche come il completamento di tale piano di rientro avrebbe potuto determinare l'archiviazione dei reati penali"; -che "le pubblicazioni hanno ancora riferito...che le violazioni contestate attengono a periodi di imposta in cui la Cooperativa "(...)" era gestita da altri amministratori"; -che "le pubblicazioni...sono senza dubbio improntate alla più onesta e lineare continenza, senza uso di espressioni suggestive o giudizi non obiettivi", "anche i titoli ed i sottotitoli sintetizzano - secondo il normale e legittimo linguaggio giornalistico - i contenuti dell'articolo, senza alcuna enfasi od iperbole"; -che "al momento della pubblicazione degli articoli, era già stato comunicato al difensore degli indagati l'avviso di conclusione delle indagini preliminari, di tal ché le notizie oggetto degli articoli risultavano liberamente pubblicabili: si noti che una copia dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari è stata consegnata ai giornalisti proprio dall'Avv. (...)". La causa - rigettata la richiesta di prova orale, per le motivazioni già indicate nell'ordinanza del 9.6.2021, in questa sede senz'altro ribadite - è stata istruita documentalmente, anche mediante acquisizione degli atti del procedimento penale RGPM 2674/19/21 presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Savona. Infine, all'udienza del 22.10.2021 la causa è stata rimessa in decisione, con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. Così sintetizzati i fatti di causa e lo svolgimento del processo, le domande attoree appaiono infondate per le motivazioni più liquide di seguito brevemente esposte. Occorre, innanzitutto, precisare che il sindacato giudiziale in ordine alla lesività degli articoli contestati implica valutazioni estremamente puntuali e rigorose, attesi gli interessi - tutti di rango costituzionale - coinvolti: da un lato, infatti, viene in rilievo la libertà di stampa che altro non è che una delle innumerevoli manifestazioni della libertà di pensiero e di espressione, dall'altro lato vengono in rilievo l'onore, la reputazione e l'immagine di persone ed enti. Ancora di recente, la giurisprudenza non ha mancato di ribadire che "il diritto di cronaca, inteso come diritto di narrare al pubblico, per mezzo della stampa, i fatti che avvengono, così come l'attività saggistica o documentaristica, sono considerati manifestazione essenziale del diritto di libertà di stampa e del più ampio diritto soggettivo di libera manifestazione del pensiero, garantiti dall'art. 21 della Costituzione. Sia in dottrina che in giurisprudenza si è costantemente affermata, poi, la funzione sociale dei diritti pubblici soggettivi inerenti la libertà di stampa, ravvisandola nel potere-dovere dell'autore di portare a conoscenza dell'opinione pubblica fatti, notizie e vicende interessanti la vita associata, in modo che il pubblico, esattamente informato, abbia la possibilità di orientarsi e di formarsi una propria opinione sugli avvenimenti e sulle persone. E' innegabile che l'attività informativa svolta dagli organi di stampa così come l'attività saggistica o documentaristica, per sua natura, a volte, possa comportare l'esposizione di fatti lesivi dell'onore o della reputazione altrui. Deve segnalarsi quanto osservato dalla giurisprudenza di legittimità, per la quale: "in tema di esercizio dell'attività giornalistica, il carattere diffamatorio di uno scritto non può essere escluso sulla base di una lettura atomistica delle singole espressioni in esso contenute, dovendosi, invece, giudicare la portata complessiva del medesimo con riferimento ad alcuni elementi, quali: l'accostamento e l'accorpamento di notizie, l'uso di determinate espressioni nella consapevolezza che il pubblico le intenderà in maniera diversa o contraria al loro significato letterale, il tono complessivo e la titolazione dell'articolo, proprio il titolo essendo specificamente idoneo, in ragione della sua icastica perentorietà, ad impressionare e fuorviare il lettore, ingenerando giudizi lesivi dell'altrui reputazione" (cfr. Cass. Sez. III, 7 agosto 2013, n. 18769, Rv. 627845). Per giurisprudenza ormai consolidata (vedi, per tutte, Cass. 5259/84, ormai nota come il "decalogo del giornalista"), l'esercizio del diritto di cronaca è legittimo, ancorché lesivo dell'onore altrui, quando sussista: 1. un interesse pubblico e generale alla notizia; 2. la verità oggettiva - o putativa, purché sia stato adempiuto diligentemente l'obbligo di controllo - della notizia; 3. una forma continente - cioè serena ed obiettiva, non lesiva del nucleo di dignità che va riconosciuta a qualsiasi uomo, priva di espedienti insinuanti e suggestivi. Come ha pure ribadito la Suprema Corte, con riferimento al diritto di cronaca, "la verità oggettiva (o anche solo putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) ... non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano dolosamente o colposamente taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà" (Cass. 14822/2012). La stessa giurisprudenza della Corte EDU ha, in molte decisioni, sviluppato il principio inerente la "verità del fatto narrato" per ritenere "giustificabile" la divulgazione lesiva dell'onore e della reputazione, declinando l'argomento in una duplice prospettiva, distinguendo tra dichiarazioni relative a fatti e dichiarazioni che contengano un giudizio di valore, sottolineando come anche in quest'ultimo sia comunque sempre contenuto un nucleo fattuale che deve essere sia veritiero che oggettivamente sufficiente per permettere di trarvi il giudizio, versandosi, altrimenti, in affermazione offensiva "eccessiva", non scriminabile perché assolutamente priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali. Difatti, con la sentenza CEDU Mengi vs. Turkey, del 27.2.2013 viene rilevato che il potenziale offensivo dell'articolo o dello scritto possa essere neutralizzato dal fatto che lo scritto si basi su un nucleo fattuale (veritiero e rigorosamente controllabile) sufficiente per poter trarre il giudizio di valore negativo; se il nucleo fattuale è insufficiente, il giudizio è "gratuito" e pertanto ingiustificato e diffamatorio. I limiti dell'esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza di espressione (cfr. Cass. 02/07/2004 n. 2247, Cass. 10/06/2005 n. 23805)" (Trib. Palermo, Sez. I, 29/01/2020, n. 453). La questione della responsabilità da diffamazione a mezzo stampa costituisce oggetto di approfondimenti giurisprudenziali copiosi di cui, anche nel presente giudizio, entrambe le parti hanno fatto ampio richiamo a sostegno delle rispettive posizioni. I principi di diritto affermati dalla giurisprudenza sono sostanzialmente univoci fin a decorrere dalla c.d. "sentenza del decalogo" della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Civ., Sez. I, 18.10.1984, n. 5259), ma gli esiti dei singoli giudizi risultano, più che in qualsiasi altra ipotesi, condizionati dalle specificità del caso concreto esaminato. Con particolare riguardo alla cronaca giudiziaria, i più recenti arresti giurisprudenziali hanno chiarito che "si tratta del diritto di raccontare accadimenti reali, aventi ad oggetto fatti giuridicamente rilevanti, per mezzo della stampa, in considerazione del loro interesse per la generalità dei consociati. Nell'ambito di tale modalità espressiva vengono in rilievo i canoni della pertinenza (rilevanza sociale dell'argomento o del fatto oggetto di cronaca), della continenza (correttezza espositiva) e della verità dei fatti. Il requisito della pertinenza si considera integrato nel momento in cui il destinatario del fatto di cronaca narrato abbia rilievo pubblico...La continenza viene intesa dalla giurisprudenza quale "forma civile di esposizione dei fatti e della loro valutazione" (Cass. Civ., Sez. I, sent, n. 8959/84), la quale non può essere esclusa in ragione del solo utilizzo, da parte del cronista, di espressioni che abbiano contenuto lesivo dell'altrui reputazione (ex multis: Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 41414/16; Cass. Pen., Sez. V., sent. n. 4853/16): invero, il criterio in esame può dirsi sussistente anche ove il critico ricorra a "parole sferzanti, nella misura in cui siano correlate al livello della polemica, ai fatti narrati e rievocati" (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 4853/10), purché non trasmodino in attacchi gratuiti alla persona e in arbitrarie aggressioni al patrimonio morale del destinatario (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 1481/91; Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 22869/03). Ultimo criterio da prendere in considerazione è quello della verità dei fatti, intesa dalla giurisprudenza come "sostanziale corrispondenza (adaeguatio) tra i fatti come sono accaduti (res gestae) e i fatti come sono narrati (historia rerum gestarum)" (Cass. Pen., Sez. V, sent. n. 25636/16). Con riguardo al requisito della verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) della notizia, la giurisprudenza ha affermato che la condotta del giornalista è lecita quando si limiti a "diffondere la notizia di un provvedimento giudiziario in sé ovvero a riferire o commentare l'attività investigativa o giurisdizionale" (ex multis: Cass., sent. n. 7333/08). Ove invece i limiti dell'esercizio del diritto di cronaca giudiziaria siano superati, ed in particolar modo quando "le informazioni desumibili da un provvedimento giudiziario vengano utilizzate per ricostruzioni o ipotesi giornalistiche tendenti ad affiancare o a sostituire gli organi investigativi nella ricostruzione di vicende penalmente rilevanti ed autonomamente offensive", la giurisprudenza maggioritaria ritiene che gravi sul giornalista l'onere di verificare le notizie e di dimostrarne la pubblica rilevanza (Cass., sent. n. 7333/08)" (Trib. Perugia, Sez. II, 30/11/2020, n. 1317). Sul punto è stato anche affermato che "la verità della notizia mutuata da un provvedimento giudiziario sussiste ogni qualvolta essa sia fedele al contenuto del provvedimento stesso, senza alterazioni o travisamenti. Ai fini dell'esimente di cui all'art. 51 c.p., è sufficiente quindi che l'articolo pubblicato corrisponda al contenuto di atti e dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria, senza che sia richiesto al giornalista di dimostrare la verità obiettiva o la fondatezza delle decisioni e dei provvedimenti adottati in sede giudiziaria. In altre parole, allorquando il contenuto della notizia sia confermato da atti di un procedimento giudiziario, la condotta risulta pacificamente scriminata dal diritto di cronaca" (App. Milano, sez. II, 31/05/2021, n. 1705, ma nello stesso senso, sempre fra le pronunce più recenti, anche Cass. Pen., Sez. V, 29/01/2020, n. 13782 nonché Trib. Cosenza, sez. II, 24/10/2019, n. 2105 e Trib. Roma, Sez. I, 22/02/2018, n. 3941). La Suprema Corte di Cassazione, peraltro, ha precisato che deve ritenersi integrata "l'esimente dell'esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storicamente vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze che riguardino semplici modalità del fatto, senza modificarne la struttura essenziale (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 41099 del 20/07/2016 Rv. 268149 - 01 Sez. 5, n. 7024 del 24/11/2009 (dep. 22/02/2010) Rv. 246145 - 01) oppure inesattezze in altri casi definite secondarie in quanto non idonee ad intaccare il nucleo, vero, essenziale della notizia principale. La ratio comune di tale orientamento è quella di configurare una soglia di tolleranza, capace di sottrarre all'area della rilevanza penale quelle discrasie tra la realtà oggettiva e i fatti così come filtrati ed esposti nell'articolo, che anche alla luce del contesto in cui si inseriscono, sono definibili come "marginali" o secondarie, individuando di volta in volta il discrimine nella effettiva capacità offensiva del bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice. Di là degli approdi cui è giunta questa Corte rispetto ai singoli procedimenti - il cui oggetto consistente nel reato di diffamazione implica valutazioni sotto certi aspetti "in fatto" e strettamente legate a quello specifico "fatto" in scrutinio - sembra dunque potersi tracciare un filo comune che tende a considerare quali parametri fondamentali, da un lato, la gravità del nucleo essenziale vero della notizia, e, dall'altro, appunto, la consistenza ed il rilievo della inesattezza anche rispetto ad esso per carpirne in toto la capacità inficiante. In buona sostanza è stata riconosciuta l'esimente del diritto di cronaca quando l'inesattezza ha riguardato dati comunque ritenibili come secondari, che, nel contesto dell'informazione, erano inidonei a ledere ulteriormente la reputazione del soggetto, reputazione già compromessa dalla verità della notizia principale" (Cass. Pen., Sez. V, 27/01/2020, n. 15093). Muovendo da tali premesse argomentative, occorre ora procedere ad un'analisi puntuale degli articoli contestati, analisi finalizzata ad accertare se detti articoli abbiano in qualche modo violato i canoni del diritto di cronaca giudiziaria, così come enucleati dalla giurisprudenza sopra succintamente richiamata. Il primo articolo pubblicato risale al 19.1.2020 ed è comparso sul quotidiano "(...)", edizione ponente ligure, a firma del convenuto (...). Il titolo dell'articolo in questione è: "(...), sequestro da 2 milioni per mancato pagamento di tasse". Esso, dunque, si riferisce al provvedimento di sequestro allora recentemente eseguito in conseguenza degli omessi versamenti Irpef relativi all'anno 2015. Il titolo dell'articolo fa, quindi, riferimento a due fatti, entrambi veri: il "mancato pagamento di tasse", pacificamente ammesso dagli stessi attori, ed il "sequestro da 2 milioni", effettivamente intervenuto per ordine dell'Autorità Giudiziaria. L'occhiello recita: "contestato il mancato versamento dell'Irpef, tra il 2015 e il 2016. All'Erario il piano di rateizzazione". Anche l'occhiello ha ad oggetto "il mancato versamento dell'Irpef" da parte della Cooperativa, fatto pacificamente vero, ma contiene in più l'importante precisazione che lo stesso attiene ad un periodo pregresso e cioè al periodo "tra il 2015 e il 2016". L'occhiello informa, infine, i lettori dell'esistenza tra la Cooperativa e l'Erario di un piano di rateizzazione del debito maturato. Il sottotitolo, a sua volta, recita: "conti correnti e immobili della Coop sociale nel mirino della Guardia di Finanza. I manager rassicurano i soci: "nessun allarmismo, nessun problema di liquidità"". Richiama, quindi, il sequestro operato, ma nel contempo reca un cenno alle dichiarazioni dei vertici della Cooperativa in ordine all'assenza di problemi di liquidità. Dunque, già con la lettura del titolo, dell'occhiello e del sottotitolo i lettori venivano informati non solo del fatto che la Cooperativa "(...)" aveva subito un sequestro di rilevante importo in conseguenza del mancato versamento dell'Irpef 2015, ma anche dell'esistenza rispetto al debito maturato nei confronti dell'Erario di un piano di rateazione con l'Agenzia delle Entrate e dell'insussistenza, secondo le dichiarazioni rese dai vertici della Cooperativa, di alcun problema di liquidità. Contenuti poi ripresi ed approfonditi nel corpo dell'articolo ove il giornalista firmatario ha offerto ai lettori le seguenti informazioni: 1. l'esistenza a carico della Cooperativa "(...)" di "un'indagine su tasse non pagate" seguita dal PM Dott. (...) e dal GIP Dot. Francesco Meloni e diretta a "valutare gli aspetti penali legati agli eventuali reati finanziari legati alle violazioni del D.Lgs. n. 74 del 2000". La circostanza è incontestabilmente vera; 2. la riferibilità degli omessi versamenti "al periodo 2015/2016"; 3. le dichiarazioni della Sig.ra (...), Vice Presidente della Cooperativa e assessore al bilancio e tributi del Comune di Albisola Superiore: "quando siamo subentrati al momento di risanare i conti - spiega - ci siamo autodenunciati in merito al mancato pagamento dell'Irpef. E' un contenzioso che nasce tra il 2015 e il 2016 per circa due milioni e 400 mila Euro. Una cifra per cui è in corso un piano di rientro con scadenza 2014 (rectius, 2024 n.d.r.) che stiamo onorando. Riteniamo che tutto possa venire chiarito in breve tempo...Quando siamo subentrati per gestire la crisi eravamo consapevoli delle questioni penali aperte a cui andavamo incontro, ma ci abbiamo messo la faccia per portare a termine il piano di risanamento". L'espressa collocazione temporale del "mancato versamento dell'Irpef" tra il 2015 e il 2016, unitamente alle dichiarazioni rese dalla (...), rendono evidente come oggetto delle indagini penali fossero fatti riferibili ad una precedente gestione della Cooperativa e non agli attuali amministratori; 4. l'esecuzione di un provvedimento di sequestro "prima di Natale" 2019, quando "il nucleo di polizia economico-finanziaria di Savona, diretto dal Comandante (...), si è presentato ...negli uffici della Cooperativa sociale". Anche tale circostanza è incontestabilmente vera; 5. i destinatari del provvedimento di sequestro, il suo oggetto e le sue conseguenze con particolare riferimento all'immobilizzazione di "conti correnti per circa mezzo milione di Euro e immobili vari per garantire il debito con l'Erario". Sotto questo profilo, l'articolo contiene un'inesattezza laddove precisa che "i conti sequestrati non sono quelli personali, ma quelli a disposizione come dirigenti coop", inesattezza successivamente emendata con il successivo articolo del 25.1.2020, comparso su "(...)", edizione Savona, a firma dei giornalisti (...) ed (...). Trattasi, peraltro, di inesattezza marginale rispetto al fatto - assolutamente vero - del sequestro operato nei confronti della Cooperativa e dei suoi amministratori (...) e (...); 6. le dichiarazioni di (...), "che si occupa della comunicazione del (...)": "la Cooperativa non ha nessun problema particolare di natura patrimoniale o di liquidità"; 7. il punto di vista della Cooperativa. Nell'articolo, infatti, si dà atto che "il sequestro preventivo in casa (...) viene ritenuto una conseguenza della crisi del 2015 e dei ritardi legati alle pratiche con le Entrate e che verranno risolti". Si riportano, inoltre, le dichiarazioni dei "vertici della coop sociale": "nessun allarmismo, c'è un piano di rateizzazione in corso. Non ci sono ripercussioni sul nostro bilancio o conseguenze su stipendi e pagamenti". E' necessario rilevare che gran parte dell'articolo in questione è proprio dedicata alle dichiarazioni della (...) e del G.. Un ulteriore articolo risulta pubblicato in data 25.1.2020 su "(...)", edizione Savona, a firma dei giornalisti (...) ed (...). Il titolo dell'articolo in questione è: "Omesso versamento Irpef inchiesta chiusa sul (...)". Esso fa, dunque, riferimento ad un fatto nuovo rispetto al sequestro preventivo e cioè l'intervenuta comunicazione di conclusione delle indagini, fatto vero considerata la notifica del relativo avviso, emesso il 23.12.2019 e depositato il 24.12.2019, all'Avv. (...) fin dal 27.12.2019. L'occhiello richiama i fatti pregressi e recita: "nelle scorse settimane la Procura ha disposto sequestri preventivi per 370 mila Euro sui conti personali". Il sottotitolo informa: "P. e (...), presidente e vice presidente coop, chiederanno l'interrogatorio. L'Avvocato (...): "Ci difenderemo, ma una cosa è certa: i conti sono a posto"". Anche il sottotitolo conferma che l'Avv. (...) aveva già ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini, tanto che già esprimeva l'intenzione di chiedere, per i propri assistiti (...) e (...), ex art. 415bis c.p.c. l'interrogatorio. L'articolo, per contestualizzare gli sviluppi della vicenda, muove dal fatto che "Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa sociale "(...)" di S. sono indagati per omesso versamento di ritenute d'acconto". Fornisce, dunque, l'informazione corretta che i Sig.ri (...) e (...) sono indagati e non imputati. Tratteggia sommariamente "il castello accusatorio". Richiama la circostanza che "(...) e (...) nelle scorse settimane avevano subito il sequestro di beni e denaro per un totale di quasi 370mila Euro disposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica (...)". Aggiunge - quale elemento di novità rispetto al precedente articolo del 19.1.2020 - che il predetto PM "nei giorni scorsi ha inviato anche l'avviso di conclusione delle indagini preliminari", fatto - lo si ribadisce - incontestabilmente vero. Non può sottacersi che l'articolo contiene anche un giudizio dei giornalisti e cioè il probabile rinvio a giudizio degli amministratori (...) e (...): "la Procura sembra intenzionata ad andare a processo" e poi ancora "nonostante il pagamento del debito la Procura sembra intenzionata a procedere con la citazione diretta a processo dei due amministratori che hanno subito, come detto, anche il sequestro personale dei beni. Un atto dovuto. In tutti i sensi. Sia per l'inchiesta penale sia per il sequestro dei beni". Detto giudizio, però, non è meramente arbitrario, immotivato, finalizzato esclusivamente a gettare discredito sugli interessati né risulta in alcun modo anticipatorio di colpevolezza, ma al contrario risulta formulato in conseguenza dei fatti realmente accaduti e riportati: il sequestro e l'avviso di conclusione delle indagini la cui notifica, secondo lo stesso art. 415bis c.p.p., interviene quando il PM non deve formulare richiesta di archiviazione. L'articolo riporta, altresì, le dichiarazioni dell'Avv. (...) il quale esprime la volontà degli indagati di sottoporsi ad interrogatorio in modo da esporre la propria teoria difensiva e dà atto che i conti della Cooperativa "attualmente sono buoni" e "soprattutto è stato attivato un piano di rientro del debito con l'ufficio delle Entrate che la società onora puntualmente e scadrà nel 2024". L'articolo reca anche le dichiarazioni della Vice Presidente (...) tese a chiarire "che non ci sono problemi per la Cooperativa". A questo punto, l'articolo dà atto che: "nonostante l'inchiesta, con rinvii a giudizio, e i sequestri però l'attività della Cooperativa sembra procedere senza particolari problemi", tanto che "i 500 addetti della Cooperativa sociale in servizio tra Savona e Imperia starebbero vivendo con un bilancio finalmente a posto e un futuro meno turbolento". Non vi è chi non veda come i giornalisti abbiano parlato di "rinvii a giudizio", quando nessun rinvio a giudizio all'epoca era, invece, intervenuto. Tuttavia, va senz'altro rilevato che i "rinvii a giudizio" sono stati genericamente menzionati, senza alcuna indicazione in ordine ai pretesi imputati; in particolare, l'articolo non attribuisce affatto agli amministratori (...) e (...) la qualifica di imputati, ma al contrario si apre proprio dando espressamente atto: "Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa sociale (...) di S. sono indagati per omesso versamento di ritenute d'acconto". Anche nel prosieguo si insite sul fatto che i due amministratori sono soltanto indagati e non imputati, laddove si rappresenta che la Procura sembra intenzionata ad andare a processo (e, quindi, non ha ancora proceduto, n.d.r.)" e "la Procura sembra intenzionata a procedere (e, quindi, non ha ancora proceduto, n.d.r.) con citazione diretta a processo". Dalla lettura complessiva dell'articolo non vi è, dunque, spazio ad equivoci. L'articolo, infatti, non ingenera alcun dubbio sulla qualità di indagati e non di imputati del Presidente (...) e del Vice Presidente (...) e non manca neppure di rilevare come "a dire il vero, la giurisprudenza (già applicata in passato con altri amministratori della Cooperativa) prevede anche l'archiviazione dei reati penali in caso di completato pagamento del piano di rientro". Né la menzione di "rinvii a giudizio" in realtà non avvenuti può ritenersi pregiudizievole per l'immagine della Società, in quanto inserita in un contesto in cui al contrario si dà atto che "l'attività della Cooperativa sembra procedere senza particolari problemi", tanto che "i 500 addetti della Cooperativa sociale in servizio tra Savona e Imperia starebbero vivendo con un bilancio finalmente a posto e un futuro meno turbolento". L'articolo fa poi riferimento alla circostanza che "a dare il via al lavoro della Guardia di Finanza sarebbe stata una segnalazione non dell'ufficio delle Entrate, ma da parte di qualcuno che conosceva bene le vicende del (...)". L'affermazione, peraltro, compatibile con le dichiarazioni precedentemente rese dalla (...) ("quando siamo subentrati al momento di risanare i conti - spiega - ci siamo autodenunciati in merito al mancato pagamento dell'Irpef", così nell'articolo del 19.1.12020), in realtà non incide sulla portata dell'articolo. Essa costituisce sì un'inesattezza, perché agli atti del procedimento penale vi è proprio la notizia di reato comunicata dall'Agenzia delle Entrate, ma comunque un'inesattezza secondaria ed inidonea ad incidere sulla lesività delle pubblicazioni. C'è poi l'ulteriore articolo pubblicato in data 25.1.2020 su "(...)", edizione Imperia, a firma dei giornalisti (...) ed (...). Il titolo dell'articolo in questione è: "Mancato versamento Irpef inchiesta chiusa sul (...)". L'occhiello recita: "La Procura di Savona ha già disposto sequestri preventivi per 370 mila Euro sui conti personali". Il sottotitolo informa: "Presidente e Vice Presidente del CdA della Cooperativa chiederanno di essere interrogati. Il legale (...): "Ci difenderemo, ma una cosa è certa: i conti sono a posto"". Il corpo dell'articolo è sostanzialmente coincidente con quello già menzionato a firma dei medesimi giornalisti, pubblicato il 25.1.2020 su "(...)", edizione Savona. L'ambito territoriale di diffusione del quotidiano è, però, diverso. C'è, infine, un ultimo articolo del 25.1.2020 comparso su "(...)", edizione Savona, sempre a firma dei giornalisti (...) ed (...). Esso è intitolato: "Ritenute d'acconto non versate vertici del (...) sotto inchiesta". Nell'occhiello si legge: "L'Avvocato (...): ci difenderemo, ma è certo che i conti sono a posto", nel sottotitolo: "gli amministratori (...) e (...) hanno ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini dalla Procura che intende andare a processo". Anche il corpo di tale articolo è sostanzialmente coincidente con quello già menzionato a firma dei medesimi giornalisti, pubblicato il 25.1.2020 su "(...)", edizione Savona. Questa schematica disamina dei contenuti degli articoli contestati consente di procedere con maggiore chiarezza ed esaustività all'esposizione delle motivazioni per cui le domande attoree non possono trovare accoglimento. In primo luogo, appare innegabile la sussistenza di un rilevante interesse pubblico alla conoscenza delle notizie diffuse, in quanto riguardanti una Società Cooperativa nota nel ponente ligure ove le pubblicazioni contestate hanno trovato diffusione (Savona ed Imperia). Parte attrice stessa, nei propri scritti difensivi, ha rappresentato come "(...) rappresenti uno dei principali attori del Terzo Settore del Ponente Ligure, visto il numero di soci lavoratori (al mese di dicembre 2019, pari a n. 350 unità circa) e di lavoratori (al mese di dicembre 2019, pari a n. 150 unità circa), per un totale di oltre n. 500 unità (sempre a dicembre 2019), e la vasta gamma di servizi garantiti". La diffusione delle notizie de quibus appare allora funzionale non solo ad informare i lettori dei fatti di cronaca giudiziaria che interessano una Società che coinvolge tanti lavoratori e tante famiglie di utenti, ma anche a delineare e fornire all'opinione pubblica gli strumenti per una più compiuta valutazione del tessuto socio-economico di riferimento. Per le stesse motivazioni, appare innegabile anche la sussistenza di un rilevante interesse pubblico alla conoscenza delle notizie diffuse rispetto al Presidente ed al Vice Presidente della Cooperativa. Quest'ultimo ricopre anche l'incarico di assessore comunale nel Comune di Albisola Superiore e più precisamente di assessore al bilancio ed ai tributi, talché l'interesse alla propalazione delle notizie per cui è causa - vertenti sulla possibile configurazione di reati in ambito fiscale - si giustifica anche per la loro attitudine a contribuire alla formazione della pubblica opinione di guisa che ognuno possa liberamente orientarsi anche sotto il profilo delle scelte politiche. Né può ritenersi che, nel caso di specie, l'interesse pubblico originariamente esistente sia venuto meno per la reiterazione in un arco temporale strettissimo delle medesime notizie, così come argomentato da parte attrice. Ed invero l'articolo del 19.1.2020 verte sul sequestro preventivo eseguito dalla Guardia di Finanza per ordine dell'Autorità Giudiziaria, mentre gli articoli del 25.1.2020 hanno ad oggetto un fatto ulteriore e cioè l'intervenuta notifica dell'avviso di conclusione delle indagini e le conseguenti reazioni degli interessati, come riportate dall'Avv. (...). A ciò si aggiunga che dei tre articoli del 25.1.2020, uno si riferisce al quotidiano "(...)", edizione Savona, mentre gli altri due al quotidiano "(...)", ma rispettivamente edizione Savona ed edizione Imperia. In secondo luogo, si è già anticipato come i fatti riferiti - esecuzione del sequestro e notifica dell'avviso di conclusione delle indagini - corrispondano al vero e come corrisponda anche al vero l'ipotesi accusatoria a carico degli amministratori (...) e (...). A tale proposito è bene rammentare che l'avviso di conclusione delle indagini preliminari riguarda sia il (...) che la (...), "indagati per il reato p. e p. dagli artt. 110 c.p., 10bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 perché, (...) in qualità di Presidente del CdA della Cooperativa sociale onlus "(...)", (...) in qualità di Vice Presidente del predetto organo, non versavano, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione di sostituto d'imposta per l'anno di imposta 2015, ritenute erariali dovute sulla base di tale dichiarazione, per un importo pari ad Euro 2.145.748,84. In Savona, il 15.9.2016". Il che offre lo spunto per sgombrare il campo da un equivoco di fondo. Il (...) e la (...) sono stati nominati Presidente e Vice Presidente della Cooperativa in occasione dell'assemblea del 29.7.2016. Il termine ultimo per il versamento delle ritenute erariali relative all'anno d'imposta 2015 era il 15.9.2016. Lungi dall'esprimere giudizi riservati al Giudice penale, non può non rilevarsi che il mancato versamento di dette ritenute è, dunque, omissione imputabile al (...) ed alla (...), sia pure - come sostenuto da parte attrice - conseguente alle scelte imprenditoriali compiute dalla precedente gestione della Cooperativa. Si tratta di considerazioni assolutamente elementari e pacifiche, ma che si ritiene opportuno esplicitare a fronte delle difese attoree che sembrano lamentare che negli articoli in contestazione non si dia sufficiente evidenza alla circostanza che il (...) e la (...) siano stati chiamati a rispondere per fatti riferibili ad altri. Gli articoli per cui è causa danno senz'altro atto che il procedimento penale, "in casa (...)", "viene ritenuto una conseguenza della crisi del 2015". Nell'articolo del 19.1.2020 vengono riportate le chiarissime dichiarazioni rese sul punto dalla (...): "quando siamo subentrati al momento di risanare i conti - spiega - ci siamo autodenunciati in merito al mancato pagamento dell'Irpef. E' un contenzioso che nasce tra il 2015 e il 2016 per circa due milioni e 400 mila Euro. Una cifra per cui è in corso un piano di rientro con scadenza 2014 (rectius, 2024 n.d.r.) che stiamo onorando. Riteniamo che tutto possa venire chiarito in breve tempo...Quando siamo subentrati per gestire la crisi eravamo consapevoli delle questioni penali aperte a cui andavamo incontro, ma ci abbiamo messo la faccia per portare a termine il piano di risanamento". Negli articoli del 25.1.2020, si ripete: "i vertici del (...) continuano a sostenere che le loro vicissitudini sono retaggio del passato che ha visto i conti della Coop in un profondo rosso da sfiorare la bancarotta". Le considerazioni che precedono consentono di ribadire la verità delle notizie offerte. Consentono, altresì, di accertare la verità anche dell'unico giudizio espresso dai giornalisti nelle pubblicazioni oggetto del presente giudizio in ordine alla probabile intenzione della Procura di andare a processo. Infatti, a fondamento di detto giudizio vi è un nucleo fattuale veritiero ed oggettivamente sufficiente a permettere di trarvi il giudizio medesimo. In altri termini, tale giudizio si legittima in ragione della valutazione dei seguenti fatti, tutti realmente occorsi: "Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa sociale "(...)" di S. sono indagati per omesso versamento di ritenute d'acconto"; "(...) e (...) nelle scorse settimane avevano subito il sequestro di beni e denaro per un totale di quasi 370mila Euro disposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica (...)"; il predetto PM "nei giorni scorsi ha inviato anche l'avviso di conclusione delle indagini preliminari"; l'avviso di conclusione delle indagini, secondo lo stesso art. 415bis c.p.p., interviene quando il PM non deve formulare richiesta di archiviazione. D'altra parte, la giurisprudenza si è addirittura espressa nel senso che "la divergenza registrata tra la notizia propalata con il comunicato oggetto di contestazione (formulazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero) e lo stato del procedimento (emissione dell'avviso di conclusione delle indagini da parte del pubblico ministero) costituisce una "circostanza inesatta", ovverosia una difformità secondaria, trascurabile, rispetto alla notizia principale che rimane integra nella sua verità storica risultando, in ogni caso, le due presunte persone offese indagate per quei gravi delitti riportati nell'articolo, che consente/pertanto, di ritenere scriminato il reato di diffamazione, non assumendo, di contro, la diversa natura dell'atto erroneamente indicato un ruolo idoneo a stravolgere la notizia, nella sua interezza, pubblicata. Queste osservazioni riposano sul fatto che, sebbene l'avviso di conclusione delle indagini preliminari e la richiesta di rinvio a giudizio costituiscono sicuramente atti processuali con funzioni autonome e conseguenze distinte, essi sono, al contempo, atti definibili processualmente "attigui", costituendo il primo presupposto della seconda e facendo ad esso tendenzialmente seguito la richiesta di rinvio a giudizio (tranne nel caso in cui sopravvengano elementi che impediscano l'esercizio dell'azione penale); in ogni caso, con l'avviso di conclusione delle indagini si è in certo qual modo cristallizzata la vicenda emersa nelle indagini, che approda, tramite l'avviso di conclusione delle indagini ad un primo punto fermo sia pure sempre nella prospettazione accusatoria ovvero del Pubblico Ministero che conduce le indagini; ma a ben vedere la prospettiva non muta, nella sostanza, allorquando è esercitata l'azione penale, dal momento che tale esercizio costituisce pur sempre prerogativa dell'organo dell'accusa, sia pure, in termini processuali, esso si risolva comunque in una progressione del procedimento" (Cass. Pen., Sez. V, 27/01/2020, n. 15093). Pertanto, a maggior ragione nel caso di specie, non può risultare diffamatoria l'espressione di un giudizio in ordine al probabile rinvio a giudizio degli indagati, fondato com'è sui rilievi fattuali sopra enunciati, tutti assolutamente veri. Né la veridicità delle notizie diffuse può escludersi per la presenza negli articoli di alcune imprecisioni marginali e secondarie. Si è già data evidenza all'inesattezza contenuta nell'articolo del 19.1.2020 con riferimento ai conti oggetto di sequestro, peraltro emendata nel successivo articolo del 25.1.2020. Si è già menzionata anche l'inesattezza contenuta negli articoli del 25.1.2020 in ordine agli atti da cui ha preso avvio il procedimento penale. In nessuno dei casi esposti può dirsi fuorviato il lettore, non essendosi intaccata la verità della notizia principale né la sostanza di ciò che era accaduto nel corso del procedimento penale. Alla medesima conclusione si perviene anche in relazione all'erroneo richiamo ad inesistenti non meglio precisati "rinvii a giudizi" laddove negli articoli del 25.1.2020 i giornalisti hanno spiegato: "nonostante l'inchiesta, con rinvii a giudizio, e i sequestri però l'attività della Cooperativa sembra procedere senza particolari problemi". Ed invero va senz'altro rilevato che i "rinvii a giudizio" sono stati genericamente menzionati, senza alcuna indicazione in ordine ai pretesi imputati; in particolare, gli articoli non attribuiscono affatto agli amministratori (...) e (...) la qualifica di imputati, ma al contrario nel loro incipit danno espressamente atto che "Presidente e Vice Presidente del Consiglio di Amministrazione della Cooperativa sociale (...) di (...) sono indagati per omesso versamento di ritenute d'acconto". Ancor prima nel titolo l'articolo comparso su "(...)" recita: "Ritenute d'acconto non versate vertici del (...) sotto inchiesta" ed il sottotitolo: "Gli amministratori (...) e (...) hanno ricevuto l'avviso di conclusione indagini dalla Procura che intende andare a processo". Anche i titoli degli articoli comparsi su "(...)", edizione Savona ed edizione Imperia, parlano di "inchiesta" e non di rinvio a giudizio. Nel corpo gli articoli insistono sul fatto che i due amministratori sono soltanto indagati e non imputati, laddove rappresentano che la Procura sembra intenzionata ad andare a processo (e, quindi, non ha ancora agito in tal senso, n.d.r.)" e "la Procura sembra intenzionata a procedere (e, quindi, non ha ancora proceduto, n.d.r.) con citazione diretta a processo". Dalla lettura complessiva dell'articolo non vi è, dunque, spazio ad equivoci. L'articolo, infatti, non ingenera alcun dubbio sulla qualità di indagati e non di imputati del Presidente (...) e del Vice Presidente (...) e non manca neppure di rilevare come "a dire il vero, la giurisprudenza (già applicata in passato con altri amministratori della Cooperativa) prevede anche l'archiviazione dei reati penali in caso di completato pagamento del piano di rientro". Né la menzione di "rinvii a giudizio" in realtà non avvenuti può ritenersi pregiudizievole per l'immagine della Società, in quanto inserita in un contesto in cui al contrario si dà atto che "l'attività della Cooperativa sembra procedere senza particolari problemi", tanto che "i 500 addetti della Cooperativa sociale in servizio tra Savona e Imperia starebbero vivendo con un bilancio finalmente a posto e un futuro meno turbolento". In altri termini, con gli articoli del 25.1.2020 non si è affatto diffusa la notizia del rinvio a giudizio di (...) e (...), ma pur sempre, e solo, della emissione di atti rientranti nella sfera dell'accusa (sequestro e avviso di conclusione delle indagini, quest'ultimo peraltro, per sua stessa natura, prodromico della richiesta di rinvio a giudizio). Perciò, la generica menzione di "rinvii a giudizio" rappresenta una difformità fra quanto riportato negli articoli e il fatto storico occorso che si sostanzia in una mera inesattezza, inidonea a superare la verità del fatto, insuscettibile di modificare la struttura essenziale del narrato e che, soprattutto, si rivela in concreto inoffensiva (e ciò di là del fatto che il rinvio a giudizio sia poi effettivamente intervenuto). Parte attrice ha richiamato precedenti di legittimità secondo cui "integra il reato di diffamazione a mezzo stampa, per l'esimente del diritto di cronaca giudiziaria, l'attribuzione ad un soggetto nell'ambito di un articolo giornalistico della falsa denominazione di imputato, anziché di indagato, in quanto il giornalista riferisca di un'avvenuta richiesta di rinvio a giudizio, in luogo della reale circostanza della notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari di cui all'art. 451bis c.p.c., non potendo tali atti reputarsi equivalenti, dal momento che quest'ultimo, a differenza del primo, non comporta esercizio dell'azione penale ed ha lo scopo di consentire all'indagato l'esercizio del diritto di difesa con la possibilità di un approfondimento delle stesse indagini" (Cass. n. 12370 del 2018). I precedenti richiamati non paiono, tuttavia, conferenti nel caso in esame visto che gli articoli contestati non hanno attribuito agli amministratori (...) e (...) la qualifica di imputati né hanno mai riferito di un loro rinvio a giudizio, né nei titoli né nel testo. Anzi, hanno più volte ribadito la loro qualifica di indagati, riferendo in merito all'oggetto dell'indagine, al sequestro eseguito ed all'intervenuta notifica dell'avviso di cui all'art. 415bis c.p.p. In terzo ed ultimo luogo, la mera lettura degli articoli contestati dimostra la forma civile di esposizione dei fatti e della loro valutazione, l'assenza di parole "forti" o, comunque, sferzanti, la totale mancanza di toni allusivi e/o insinuanti e/o inutilmente umilianti e/o tali da trasmodare in un'aggressione gratuita. Le domande attoree vanno, pertanto, rigettate ed alla stregua delle statuizioni che precedono, le spese di lite - liquidate come in dispositivo, in considerazione dello scaglione di riferimento e dei parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 - devono seguire la soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis così provvede: - rigetta le domande attoree; - condanna gli attori, in solido fra loro, al pagamento in favore dei convenuti delle spese di lite che liquida in complessivi 7.254,00 Euro, oltre spese generali forfettizzate ed accessori di legge, se dovuti. Così deciso in Savona l'11 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SAVONA SEZIONE UNICA CIVILE riunito in camera di consiglio e composto dai sigg.ri Magistrati: Dott. Alberto Princiotta - Presidente Dott. Stefano Poggio - Giudice Dott.ssa Erica Passalalpi - Giudice Est. ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa di primo grado iscritta al n. 1135 del Registro Generale Affari Contenziosi Civili dell'anno 2020 rimessa in decisione all'udienza del 15.10.2021 vertente tra (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), tutti rappresentati e difesi dall'Avv. Ro.Ro. ed elettivamente domiciliati presso il di lui studio in Savona, Via (...) giusto mandato in atti, attori contro (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), entrambi rappresentati e difesi dall'Avv. Ma.De. ed elettivamente domiciliati presso il di lei studio in Varazze, Via (...) giusto mandato in atti, convenuti Oggetto: nullità del testamento. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO Gli attori hanno agito in giudizio avverso i Sig.ri (...) e (...), assumendo: che in data 12.1.2018 è deceduta, vedova e senza figli, la Sig.ra (...); che i parenti più prossimi della de cuius sono i discendenti dei di lei fratelli e sorelle e segnatamente "gli attori (...) ed (...) per rappresentazione della di loro nonna (...) (deceduta nell'anno 2018), sorella della de cuius; le attrici signore (...), Laura e (...) per rappresentazione del di loro padre (...) (deceduto nell'anno 2013), fratello della de cuius; il convenuto (...) per rappresentazione della di lui madre (...) (deceduta nell'anno 2012), sorella della de cuius"; che in data 30.1.2018 è, però, stato pubblicato con rogito Notaio (...) il testamento olografo della defunta (...), datato 12.10.2010; che tale testamento istituisce eredi gli odierni convenuti, ma - sottoposto a perizia calligrafica di parte - è da ritenersi apocrifo, poiché "la sottoscrizione e la data apposte in calce al testamento ..., asseritamente attribuite alla Sig.ra (...), non sono ascrivibili e riconducibili alla sua mano"; che, pertanto, la scheda testamentaria "sia affetta da radicale nullità". Tanto premesso, gli attori hanno chiesto: "1) accertare e dichiarare, previa declaratoria della non autenticità della sottoscrizione e della data, la nullità del testamento olografo datato 12.10.2010 asseritamente redatto dalla Sig.ra (...) per difetto dei requisiti prescritti dall'art. 602 c.p.c.; 2) e per l'effetto, previo accertamento del patrimonio ereditario della de cuius al momento dell'apertura della successione, accertare e dichiarare i signori (...), (...), (...), (...) e (...) quale eredi legittimi secondo le norme della successione legittima ex artt. 565 c.c. e segg.; 3) procedere allo scioglimento della comunione ereditaria costituitasi in seguito all'accoglimento della domande di cui al punto 1 e 2 e, salvo diverso accordo tra le parti, previa nomina di un consulente tecnico per la valutazione della massa attiva da dividersi al momento dell'apertura della successione, all'accertamento della divisibilità dei beni e alla formazione delle singole quote spettanti agli eredi, predisporre un progetto di divisione ereditaria a norma dell'art. 789 c.p.c. con formazione di un lotto costituente un terzo del patrimonio, n. 2 lotti costituenti ciascuno un sesto del patrimonio e n. 3 lotti costituenti ciascuno un nono del patrimonio; 4) per il caso di accertata indivisibilità di tutti o di alcuni dei beni, ordinare la vendita all'incanto a mezzo di professionista delegato degli immobili non divisibili con conseguente ripartizione del ricavato ed assegnazione a ciascun comproprietario della quota di propria spettanza ovvero operando i necessari conguagli; 5) con ogni ulteriore pronuncia necessaria o utile compreso l'ordine al competente Conservatore dei Registri Immobiliari di annotare l'emandanda sentenza nonché all'Agenzia del Territorio per le relative volture catastali; 6) Vinte, in ogni caso, spese processuali e compensi professionali". I convenuti, costituitisi in giudizio, hanno contestato le avverse prospettazioni e domande, precisando che "la Sig.ra (...) aveva disposto delle sue ultime volontà a mezzo di testamento olografo, che era stato dalla stessa consegnato, alla sua commercialista Dott.ssa O.F."; che "la Dott.ssa O.F. aveva, successivamente, consegnato il predetto testamento, ricevuto dalla Sig.ra (...), al Notaio (...)" che ne ha poi curato la pubblicazione; che i Sig.ri (...) e (...) non hanno mai avuto la disponibilità della scheda testamentaria in questione; che "con la scheda testamentaria, la Sig.ra (...) nominava suoi eredi il proprio nipote Sig. (...) nato a (...) il (...) (figlio della sorella della de cuius (...) - premorta) e la di lui moglie Sig.ra (...) nata a (...) il (...)"; che "con il testamento la Sig.ra (...) ha inteso beneficiare il nipote L. e la di lui moglie (...), che sono sempre stati una presenza costante nella sua vita, escludendo dall'asse ereditario parenti che, invece, si sono sempre disinteressati di lei e delle sue esigenze"; che "in data 12.1.2019, gli eredi testamentari Sig.ri (...) e (...) presentavano dichiarazione di successione"; che "dopo l'apertura della successione, i Sig.ri (...) e (...) hanno sopportato sino ad oggi, i seguenti oneri relativi alla conservazione del compendio ereditario pari ad Euro 18.468,47"; di aver acquisito anch'essi apposita perizia calligrafica la quale ha accertato l'autenticità della scheda testamentaria. I convenuti hanno, quindi, chiesto: "piaccia al Tribunale Ill.mo, rejectis contrariis, IN VIA PRINCIPALE: Respingere le domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto; IN SUBORDINE nella denegata e non creduta ipotesi di declarata nullità del testamento olografo datato 12/10/2010, pubblicato con Rogito Notaio (...) di (...) in data (...) (Atto nr. 147.479- N- 19.999 di Repertorio, procedere a successione legittima Conseguentemente: -esaminati i documenti e previa istruttoria del caso DISPORRE la divisione dei beni immobili e del 50% dei beni mobili atteso l'omesso esperimento - a cura di parte attrice - di azione di rivendicazione delle somme/titoli/depositi caduti in comunione ereditaria, beni immobili e mobili come meglio indicati nel prosieguo: - In Comune di (...), immobile censito al NCU al Foglio (...); numero (...); subalterno (...); ubicazione Via G. D. n. 1 piano 4 interno 7; zona censuaria 1;Categoria (...); classe (...); vani 4;Rendita Euro 423,49; quota 1/1; valore catastale Euro 53.360,00; piena proprietà. - In Comune di (...), immobile censito al NCU al Foglio (...); numero (...); subalterno (...); ubicazione Via X. (...) n. 31 piano 1 interno 4; zona censuaria 1; Categoria (...); classe (...); vani 6; Rendita Euro 511,29; quota 1/1; Valore catastale Euro 64.423,00; piena proprietà. - In Comune di (...) (S.), immobile censito al NCU al Foglio (...); numero (...); subalterno (...); ubicazione Via O. M. n. 8 piano 1; zona censuaria 1; Categoria A/5; classe 4; vani 6,5; Rendita Euro 322,27; quota 2500/10000; Valore catastale Euro 10.152,00; piena proprietà. - In Comune di (...) (S.), terreno censito al NCT al Foglio (...); numero (...); classe (...); superficie ettari 000.05.20; rendita Euro 1,88; quota possesso 2500/10000; prato; piena proprietà; valore Euro 100,00. - In Comune di (...) (S.), terreno censito al NCT al Foglio (...); numero (...); classe (...); superficie ettari 000.00.39; rendita Euro 0,05; quota possesso 2500/10000; prato arborato; piena proprietà; valore Euro 15,00. I seguenti beni mobili al 50%: - 1/2 deposito titoli n. (...) presso (...) intestati (...) e (...) cinten: (...) AMUNDIF II - GLB. SUBOR N. QUORE 1.891,882 DIV. EUR PREZZO 5,53600 CTV EUR 10.473, 46, controvalore Euro 5.236,73. - 1/2 DEP.TITOLI N.(...) PRESSO (...) INT. (...) E (...): (...) AMUNDIF II - EM .MKTS.B. N.QUOTE 1.863,694 DIV.EUR PREZZO 5,40600 CTV EUR 10.075,13 . QUOTA ESENTE 0,820% PARI AD Euro 82,62, controvalore Euro 4.996,26. - 1/2 DEP. TIT. N. (...) PRESSO (...) INTESTATO a (...) e (...): LU 1387834564 FF-EURO SHORT TERM B N. QUOTE 2.951,860 DIV. Euro PREZZO 10,04140 controvalore Euro 14.820,40. - 1/2 conto corrente n. (...) presso (...) INTESTATO A (...) e (...) con saldo attivo alla data del decesso di Euro 3.100,15. ASSEGNARE a favore del coerede (...) la proprietà esclusiva dell'immobile sito in Comune di (...), immobile censito al NCU al Foglio (...); numero (...); subalterno (...); ubicazione Via X. (...) n. 31 piano 1 interno 4; zona censuaria 1; Categoria (...); classe (...); vani 6; Rendita Euro 511,29; quota 1/1; Valore catastale Euro 64.423,00; conseguentemente DETERMINARE il valore complessivo e le rispettive quote in capo a ciascun coerede, tenuto conto, del conguaglio e dei rimborsi tra di loro, ATTESA LA RICHIESTA DI ASSEGNAZIONE ESCLUSIVA A FAVORE DI (...) dell'immobile ut supra identificato, il quale dovrà corrispondere i dovuti conguagli agli altri coeredi;esclusi i frutti maturati dalla data dell'apertura della successione ad oggi, per i beni immobili residui dell'asse ereditario, attesa la mancata domanda attorea; conseguentemente, ORDINARE la vendita all'incanto degli immobili residui oggetto di comunione ereditaria, previo licenziamento di CTU valutativa, con formazione successiva di separate masse liquide da ripartire tra i coeredi, in ragione delle rispettive quote ereditarie di spettanza, previa determinazione dei conguagli e rimborsi ex art. 723 c.c. che si devono tra loro condividenti, attese le somme anticipate e sostenute dal coerede (...), per il mantenimento della massa ereditaria pari ad Euro 9.234,47 pari al 50% del totale pari ad Euro 18.468,47; oltre le spese ed oneri successivi maturandi in corso di causa; in ogni caso, ordinandone la trascrizione nei competenti Registri Immobiliari manlevando il Conservatore dei RRII territorialmente competente da ogni responsabilità in merito. IN VIA RICONVENZIONALE CONDANNARE i coeredi al pagamento a favore della Signora (...) delle somme sopportate per il mantenimento e gestione della massa ereditaria pari ad Euro 9.234,47 pari al 50% del totale pari ad Euro 18.468,47; oltre le spese ed oneri successivi maturandi in corso di causa. Con vittoria di spese, diritti ed oneri di legge, del presente giudizio". Nel corso della causa, gli attori hanno contestato le prospettazioni in fatto ed in diritto dei convenuti con particolare riguardo ai rapporti familiari intrattenuti con la defunta e, integrato le proprie conclusioni alla stregua di quelle ex adverso rassegnate, chiedendo eventualmente "limitare la domanda riconvenzionale formulata dalla Sig.ra (...) nei confronti di tutti i coeredi e della massa ereditaria nei limiti dello stretto allegato e provato" (prima memoria ex art. 183 c.p.c.). I convenuti, invece, dal canto loro, hanno insistito nelle proprie conclusioni e contestato ogni avversa deduzione. La causa è stata istruita documentalmente e mediante CTU grafologica e, fallito ogni sforzo conciliativo, è infine stata rimessa al Collegio per la decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. Le domande attoree sono infondate per le assorbenti ragioni di seguito succintamente esposte. La CTU grafologica resa dalla Dott.ssa Margherita Cristofori sulla scheda testamentaria ha evidenziato che: - "l'originale del testamento recante la data 12-10-2010 e riportante la firma (...) in verifica è stato esaminato, unitamente ai CC.TT.PP., con l'ausilio di microscopio digitale nel visibile ed illuminandolo con luce IR ed UV. Risulta che il supporto cartaceo è integro, ossia senza alterazioni e abrasioni ed il tracciato verosimilmente vergato con penna biro caricata ad inchiostro di colore nero in assorbimento IR. Le risultanze indicano che la scrittura è stata posta a penna direttamente, senza passaggi intermedi artificiosi"; - "l'indagine delle caratteristiche di ordine generale e di dettaglio della scrittura di cui consiste il testamento in verifica ...non ha rilevato contrassegni caratteristici di mano guidata o aiutata, ma solo movimenti naturali e personali, redatti da un'unica mano di scritto che ha rappresentato le proprie naturali capacità grafiche"; - "l'ispezione generale del testamento apparentemente vergato da (...) in verifica ha ...consentito di rilevare e documentare uno stile espressivo che si manifesta con costante concretezza esecutiva in tutta la manoscrittura del testamento in esame e consente quindi di definire il testamento in verifica riconducibile ad un'unica mano vergante. Si precisa altresì che la manoscrittura (...) alla prima riga e la firma a nome (...) alla penultima riga del testamento sono stese in spontaneità e secondo espressione grafica non meccanica o fissa ma in modo vitale e secondo genuino sviluppo del tracciato grafico di cui consistono"; - impiegando quali scritture di comparazione solo quelle di sicura provenienza dalla mano di (...) e risalenti ad un arco temporale che va dal 1966 al 2005, si perviene alla conclusione che "la scheda testamentaria in verifica è riconducibile alla stessa mano vergante le firme di sicura provenienza dalla mano di (...) ed è quindi da considerare riconducibile alla mano di (...) e quindi autografa secondo il grado di giudizio di elevata probabilità". L'esito dell'accertamento non cambia se si considerano le ulteriori scritture ammesse in comparazione e reputate autografe di (...). In conclusione, - secondo quanto rappresentato dalla CTU con argomentazioni senz'altro esaustive e coerenti - il testamento olografo apparentemente manoscritto da (...), nella sua interezza e cioè nel testo, nella data e nella firma in calce è riconducibile alla mano vergante di (...). Né valgono in senso contrario le osservazioni della CTP di parte attrice a cui la Dott.ssa Cristofori ha replicato con un ulteriore rigoroso approfondimento della disamina del testo manoscritto e dei caratteri che in esso compaiono, cogliendo il limite delle contestazioni sollevate dalla consulente di parte in un utilizzo improprio di termini e concetti tecnici, in un'analisi soltanto parziale e asistematica dei caratteri della manoscrittura e delle relative scritture di comparazione nonché in rilievi iconografici parziali e che si concentrano solo su gestualità decontestualizzate dal resto dell'espressione grafomotoria di cui consiste il testamento in verifica, "ricordando che comunque l'espressione grafomotoria di cui consiste il testamento in verifica riporta, analizzando il testamento internamente, analogie nella dinamica esecutiva e nella costruzione delle strutture letterali e numeriche omologhe, pur nella variabilità naturale di una scrittura che comunque è da considerarsi spontanea e il cui tratteggio risulta vitale sia in tutto il testamento in verifica, sia nella firma alla penultima riga ... Tutte le parti di cui consiste il testamento concordano per qualità e combinazione dei fattori gestuali, nonché per la proposta di dettagli espressivi e formali". Più precisamente, la CTU ha spiegato come "le conclusioni proposte dal CTP Silvia Grassi, così come tutte le dimostrazioni iconografiche proposte, e quindi l'apocrifia della firma (...) alla penultima riga testamento e sostanzialmente la non riconducibilità della firma in calce al testamento alla mano di (...) non sono condivisibili perché l'approccio tecnico della CTP Silvia Grassi propone dimostrazioni parziali e che hanno preso in considerazione solo alcuni aspetti grafici e in modo unilaterale, favorevoli alla tesi sostenuta e pertanto fuorvianti, aspetti che comunque sono stati tutti smentiti con rilievi iconografici che sono stati improntati all'analisi della grafia in verifica, considerata nella sua interezza, e all'esame delle firme comparative nel loro complesso e non solo a qualcuna di esse". La CTU ha inoltre rilevato "come, quelle che la CTP Silvia Grassi ha segnalato quali peculiarità presenti nel testamento in verifica eccetto che nella firma apposta in calce allo stesso, sono invece caratteristiche presenti nel testamento nella sua interezza (firma in calce allo stesso compresa) e anche nelle firme autografe e di sicura provenienza dalla mano di (...)". Gli approfondimenti compiuti per replicare alle osservazioni della CTP di parte attrice hanno condotto la consulente d'ufficio a conclusioni che trovano il proprio granitico fondamento in dati oggettivi e, come tali, incontrovertibili ed in particolare nelle "similarità decisive sotto il profilo della qualità, della quantità, della combinazione e della singolarità connotativa, portando ad un giudizio di identità di mano e, quindi, di attribuzione alla mano della de cuius di tutto il testamento oggetto di accertamento". Sotto questo profilo, la CTU ha osservato che "sia in verifica (firma in calce al testamento compresa) sia in comparazione, cioè nelle firme autografe di (...), si rileva la presenza di stacchi e giustapposizioni che comunque si esprimono non in modo improvviso e secondo modalità che non esulano da quelle spontanee di (...). Anche l'analisi di questo parametro conferma la presenza di analogia nelle abitudini di rappresentazione neuto-grafo-motoria caratterizzanti un'unica dinamica ritmo-costruttiva che si manifesta con corrispondenti modalità in verifica e in comparazione". Ancora la CTU ha osservato che "gli stacchi interletterali e intergrammici e le gestualità costruttive omologhe risultano provenienti dalla stessa capacità neuro-grafomotoria e nello specifico dalla Sig.ra (...) con espressione sia in verifica, sia in comparazione di una coincidente variabilità". Le osservazioni della CTP di parte attrice hanno, dunque, consentito alla CTU non solo di ritenere infondate le contestazioni mosse, ma addirittura di ritenere ulteriormente corroborate le conclusioni raggiunte e "ribadire e ulteriormente sancire che sia a livello dinamico, sia a livello di morfologico il testamento consiste di un percorso grafico realizzato con assetto analogo, non fisso e non ripetitivo (questo anche per quanto concerne anche la firma in calce al testamento in verifica circa le movenze (smussature/punti di attacco e incrocio dei profili, analogie che consentono di affermare che tutto il testamento in verifica è riconducibile ad un'unica mano vergante)". Le conclusioni della CTU appaiono logiche e congruamente motivate. La CTU, inoltre, - come emerge con chiarezza dalle considerazioni che precedono - ha dedicato ampio spazio all'esame delle osservazioni critiche della CTP di parte attrice, talché non appare condivisibile il rilievo che si legge nella comparsa conclusionale attorea per cui "pur nel rispetto delle regole del contraddittorio nell'ambito delle operazioni peritali, la consulente d'ufficio non ha dato alcun peso alle considerazioni svolte dalla CT di parte attrice, Dott.ssa Silvia Grassi". In realtà, non appare corretto argomentare che la CTU non avrebbe dato alcun peso alle considerazioni svolte dalla CT di parte attrice dalla semplice circostanza che non ha ritenuto di condividerne i contenuti. Ciò che conta è che la CTU ha esaminato con estrema attenzione le osservazioni critiche della consulente di parte attrice, ma ha ritenuto di disattenderle all'esito di approfondimenti e rilievi fondati su dati oggettivi, ampiamente illustrati e motivati nel suo elaborato (e sopra richiamati). Agli esiti della CTU va pertanto prestata piena adesione, con conseguente integrale rigetto delle prospettazioni e domande attoree in quanto centrate sul presupposto della nullità della scheda testamentaria per l'asserita non autenticità della data e della sottoscrizione. Alla stregua delle statuizioni che precedono, le spese di lite - liquidate come in dispositivo, tenuto conto dello scaglione di riferimento e dei parametri minimi del (...) n. 55 del 2014, stante la modesta complessità della causa - seguono la soccombenza. Le spese di CTU vanno poste definitivamente a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Savona, definitivamente pronunciando, contrariis reiectis così provvede: - rigetta la domanda proposta in via principale da parte attrice, con assorbimento, per l'effetto, di ogni ulteriore domanda ed eccezione, anche proposta in via subordinata riconvenzionale da parte convenuta; - condanna gli attori, in solido fra loro, al pagamento in favore dei convenuti delle spese di lite che liquida in 237,00 Euro per esborsi ed in 3.972,00 Euro per compensi, oltre spese generali forfettizzate ed accessori di legge, se dovuti; - pone le spese di CTU definitivamente a carico di parte attrice. Così deciso in Savona il 10 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 gennaio 2022.

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