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  • TRIBUNALE DI SIRACUSA Seconda sezione civile IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Siracusa, nella persona del Giudice dott. Domenico Stilo, ha emesso la seguente SENTENZA Nel procedimento civile iscritto al n. R.G. 5159/2018 promossa da (...), nata a (...) il (...), elettivamente domiciliata in (...) presso (...) e nello studio dell'Avv. (...); opponente contro (...), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. (...) ed elettivamente domiciliato in Siracusa, via (...), presso lo studio dell'Avv. (...); opposta avente ad oggetto: Opposizione a decreto ingiuntivo in materia bancaria. CONCLUSIONI Le parti hanno precisato le conclusioni come da verbale dell'udienza del 14 settembre 2022, che qui si intende trascritto. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO In applicazione degli artt. 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., come novellati dall'art. 58, comma II, della legge 18.6.2009 n. 69, si omette lo svolgimento delle fasi processuali della controversia in oggetto, dandosi solo conto delle posizioni assunte dalle parti in giudizio. Con atto di citazione ritualmente notificato (...) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1229/2018 del 23.05.2018 emesso dal Tribunale di Siracusa e iscritto al n. 1918/2018 del molo generale, con il quale le veniva ingiunto il pagamento, in favore della s.p.a. (...), della somma complessiva di euro 5.688,51, oltre interessi, spese e compensi, dovuta in virtù dei due contratti di finanziamento nn. (...), stipulati con (...) ceduti poi a (...) che a sua volta li cedeva, con atto del 27.06.2014 all'odierna convenuta opposta. (...) ha eccepito il pagamento degli importi dovuti in forza della linea di credito aperta con contratto di finanziamento n. (...), la mancata sottoscrizione del contratto n. (...) e contestuale violazione ex art. 117 TUB, la carenza dei presupposti di legge del decreto ingiuntivo opposto nonché l'incertezza del credito vantato e l'omessa notifica dell'avvenuta cessione; l'opponente ha contestato, inoltre, la vessatorietà delle clausole contrattuali e l'usurarietà dei tassi d'interesse applicati di cui ha dedotto l'intervenuta prescrizione, chiedendo l'espletamento di una CTU volta all'accertamento dell'esatta esposizione debitoria. Si costituiva in giudizio (...) s.p.a. che instando per il rigetto delle avverse eccezioni e conseguentemente per la conferma del decreto ingiuntivo opposto ne chiedeva la provvisoria esecutività, precisando che il contratto di finanziamento di cui al n. (...) è relativo all'apertura di una linea di credito revolving di cui la parte primariamente contesta l'assenza dei requisiti ex art. 117 TUB per poi dichiarare di non aver mai sottoscritto tale ultimo negozio. Con l'ordinanza del 04.01.2021 veniva accolta la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo n. 1229/2018 emesso dal Tribunale di Siracusa e concessi, altresì, i termini per esperire il tentativo di mediazione obbligatoria. A seguito dell'esito negativo del tentativo di mediazione delegata, il giudizio proseguiva con il deposito delle memorie ex art. 183, comma VI c.p.c., infine, ritenuta la causa matura per la decisione, la stessa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni a mezzo di note scritte all'udienza del 14.09.2022, a seguito della quale, la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 del codice di rito civile. L'opposizione è infondata e non può essere accolta per i motivi di seguito indicati. La controversia trae origine da un credito di euro 5.688,51 vantato da (...) S.p.a. a fronte di due contratti di finanziamento, l'opponente con le prime doglianze ha eccepito la nullità delle cessioni oggetto del presente giudizio stante l'omessa notifica nei suoi confronti; ha sollevato l'eccezione di pagamento delle poste dovute a seguito dell'apertura della linea di credito n. (...) contestando la carenza di prova dei crediti azionati. A riguardo è bene precisare che con la proposizione dell'opposizione al decreto ingiuntivo le parti si pongono nella posizione che avrebbero ricoperto ove il giudizio fosse stato intentato nelle forme ordinarie. Ne consegue che devono trovare applicazione i principi generali in tema di onere della prova secondo i quali il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo, modificativo o impeditivo dell'altrui pretesa (cfr. Cass. Sez. Un. n. 13533/2001; Cass. n. 826/2015). Ciò premesso, la s.p.a. (...) ha provato sia la propria titolarità attiva nel rapporto di credito dedotto in giudizio allegando l'atto di cessione, sia il proprio credito, attraverso la produzione degli estratti conto certificati e i relativi contratti di finanziamento n. (...), nonché le comunicazioni, regolarmente notificate all'odierna opponente, della cessione pro-soluto di detti crediti. Di contro, (...) nulla ha provato circa l'adempimento del credito scaturito dal contratto di finanziamento n. (...), formulando censure astratte e non corredate da pertinenti allegazioni documentali, di modo che, la documentazione versata in atti è da ritenersi sufficiente a dimostrare l'esistenza del credito vantato da parte opposta, a nulla rilevando la doglianza relativa all'omessa indicazione del nominativo del soggetto che ha certificato l'estratto conto, poiché ai sensi dell'art. 50 TUB, la (...) e le banche possono chiedere il decreto d'ingiunzione previsto dall'art. 633 del codice di procedura civile anche in base all'estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti della banca interessata, il quale deve altresì dichiarare che il credito è vero e liquido, la norma, infatti, non prevede che il dirigente certificatore debba essere indicato nominativamente a pena di nullità o inefficacia, limitandosi a stabilire che l'estratto conto prodotto debba essere conferme alle risultanze dell'Istituto e che debba essere sottoscritto da un dirigente del medesimo istituto di credito. Prive di pregio appaiono le eccezioni ulteriormente formulate dall'opponente che dapprima eccepisce la mancata stipula del contratto di carta revolving n. (...) per poi rilevarne la carenza dei requisiti di forma prescritti ex art. 117 TUB. Ad ogni buon conto l'opponente (...) sottoscrivendo, come documentato in atti, il contratto di finanziamento n. (...) sul cui frontespizio è presente la clausola relativa alla concessione in suo favore di una linea di credito utilizzabile anche mediante l'emissione di una carta di credito revolving, ha approvato tali condizioni ai sensi dell'art. 1341 e 1342 c.c., risulta pertanto soddisfatta la forma scritta richiesta ex art. 117 TUB, per di più, stante la contestualità dei due rapporti negoziali, non può dubitarsi del fatto che l'opponente abbia consapevolmente espresso il proprio consenso all'apertura di tale linea di credito tramite carta revolving n. (...), posto che della stessa ha fatto un regolare utilizzo, come si evince dalla documentazione allegata in sede monitoria. Del pari infondata si palesa l'eccezione relativa all'intervenuto termine di prescrizione, infatti la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948, comma IV c.c. opera con riguardo ai debiti che devono essere soddisfatti periodicamente ad anno, o in termini brevi, mentre è esclusa, come nel caso di specie, nell'ipotesi di debito unico rateizzato in più versamenti periodici per i quali il termine di prescrizione, anche per gli interessi, è quello ordinario decennale. Oltremodo generiche appaiono le doglianze relative all'usurarietà dei tassi d'interesse contrattuali applicati, come statuito, infatti, dalla Suprema Corte di Cassazione in tema di contratti bancari ed interessi usurari, il cliente che eccepisca il superamento dei tassi soglia non può limitarsi ad una generica contestazione circa lo sconfinamento dal richiamato parametro, dovendo invece indicare, in modo specifico, in che termini sarebbe avvenuto tale superamento, deducendo in particolare i trimestri di riferimento, la percentuale di sconfinamento rispetto al tasso soglia e le singole poste ritenute indebite, oltre che documentare tali fatti tramite la produzione dei Decreti Ministeriali recanti il tasso soglia previsto negli specifici periodi contestati (Cass. Sez. Un. n. 9941/2009; Cass. n. 7374/2016). Per ciò che concerne, infine, la nullità/inefficacia delle clausole asseritamente vessatorie, giova precisare che le clausole sono state debitamente richiamate e sottoscritte dall'odierna opponente separatamente dalle altre condizioni contrattuali, ritenendosi pertanto soddisfatti i requisiti di cui all'art. 1341, comma 2 c.c. Ritenuto quanto sopra, deve rigettarsi la presente opposizione e, per l'effetto, confermarsi il decreto ingiuntivo n. 1229/2018 del 23.05.2018 emesso dal Tribunale di Siracusa e iscritto al n. 1918/2018 del ruolo generale. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in base alle tariffe di cui al D.M. 55/2014, come aggiornate dal D.M. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, tenuto conto del valore della causa ed applicati i valori medi previsti per le fasi di studio, introduttiva e decisionale. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, nella persona del dott. Domenico Stilo, definitivamente pronunciando, rigettata ed assorbita ogni ulteriore domanda, istanza ed eccezione, così provvede: - Rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 1229/2018 del 23.05.2018 emesso dal Tribunale di Siracusa e iscritto al n. 1918/2018 del ruolo generale; - Condanna parte opponente alla refusione delle spese processuali in favore della (...) s.p.a. che liquida in euro 3.397,00 per compensi, oltre spese generali al 15 per cento, ed oltre IVA e CPA come per legge. Così deciso in Siracusa il 16 marzo 2023. Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Gabriele Patti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. (...)promossa da: (...) (C.F.: (...)), residente in (...), via (...), elettivamente domiciliato in (...), via (...), presso lo studio dell'avv. (...), che lo rappresenta e difende, giusta procura in atti; Opponente contro (...), P. IVA (...), in persona del legale rappresentante pro tempore,, quale incorporante di difesa dall'avv. (...) (pec: (...)), giusta procura in atti; Opposta MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con citazione in opposizione notificata il (...), ha chiesto revocarsi il decreto ingiuntivo n. (...), con il quale il Tribunale di Siracusa gli aveva ingiunto il pagamento di Euro (...), oltre accessori e spese del procedimento monitorio, quale morosità correlata al finanziamento concesso da (...). A sostegno della propria prospettazione, l'opponente ha anzitutto eccepito che la creditrice ingiungente non avrebbe fornito prova di essere titolare del credito sotteso alla domanda d'ingiunzione. (...) ha in secondo luogo lamentato la nullità per vessatorietà delle clausole del testo negoziale posto alla base del ricorso monitorio relative alla estinzione anticipata del vincolo contrattuale e alla applicazione di interessi moratori. L'opponente ha infine prospettato la sussistenza di collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento sopra menzionato ed il contratto di compravendita concluso con la società (...), aggiungendo che la risoluzione di quest'ultimo legittimerebbe la creditrice ingiungente a richiedere la restituzione di quanto erogato esclusivamente alla citata società venditrice. Con comparsa di costituzione e risposta dell'(...) si è costituita in giudizio (...), la quale, premesso di aver incorporato mediante fusione la (...), ha chiesto il rigetto della opposizione avversaria. In dettaglio, la società opposta ha sostenuto di aver adeguatamente provato di essere titolare del credito azionato in via monitoria ed ha contestato le censure di vessatorietà articolate da (...). (...) ha infine evidenziato la irrilevanza del collegamento negoziale invocato da controparte e la conseguente legittimità della domanda di pagamento rivolta all'opponente. Concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ed essendo ante causarti stata esperita con esito negativo la mediazione, la causa è stata rinviata all'odierna udienza per la decisione ai sensi dell'art. 281 - sexies c.p.c. 2. L'opposizione è infondata e va pertanto rigettata. Nel merito, occorre ricordare che, in conformità al costante indirizzo del Supremo Collegio, essendo stata proposta azione fondata sulla mancata o inesatta esecuzione della prestazione, grava sull'odierna parte opposta - attrice in senso sostanziale - l'onere di provare il titolo fatto valere e di allegare l'inadempimento di controparte, mentre spetta invece a quest'ultima la prova dell'esatto adempimento o di altre circostanze in grado di paralizzare la domanda contrapposta (v., ex multis, Cass. Sez. Un. Civ. 30.10.2001, n. 13533). 2.1.1. Tanto premesso, in merito al titolo, si osserva che con il ricorso monitorio la creditrice ingiungente ha prodotto il contratto di finanziamento per Euro (...) stipulato da (...), quale ente finanziatore, e (...) quale debitore, in cui è stato previsto il rimborso in quarantotto rate di Euro (...) ciascuna, con indicazione del TAN pari al (...) e del TAEG pari al (...) (v. all. 4 del ricorso monitorio; v. anche ali. 3 della citazione di parte opponente). Ebbene, al fine di assicurare chiarezza nella esposizione, occorre evidenziare che il (...) - dunque anteriormente alla stipula del negozio sotteso alla domanda di ingiunzione - l'unica società all'epoca denominata (...) ha destinato, mediante atto di scissione iscritto presso il Registro delle Imprese in pari data (v. ali. 3 del ricorso monitorio), il proprio ramo aziendale relativo al credito al consumo a società di nuova costituzione. Successivamente, la società scissa ha mutato la propria denominazione in (...), mentre la società beneficiaria della attribuzione patrimoniale di quest'ultima ha assunto essa stessa la denominazione di (...), conseguendo l'autorizzazione alla concessione di finanziamenti. Ciò precisato, secondo quanto affermato dallo stesso opponente, il perfezionamento del contratto oggetto di causa risale al (...) (v. pag. 1 della citazione in opposizione, in cui si legge che "con comunicazione del (...) la società (...) informava l'odierno opponente che la richiesta di finanziamento del (...) da quest'ultimo avanzata per l'acquisto della sopradescritta autovettura era stata accettata"). Conseguentemente, deve ritenersi che il vincolo negoziale sia stato assunto da (...) con la società beneficiaria della scissione iscritta il (...), dal momento che, alla predetta data del (...), essa costituiva l'unico ente denominato (...). Quest'ultima è infine stata incorporata - mediante fusione del (...) (v. all. 2 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta) - da (...). Deve pertanto ritenersi che parte opposta abbia congruamente dimostrato la titolarità del credito azionato. 2.1.2. Quanto all'inadempimento, (...) ha allegato il mancato pagamento di Euro (...) (v. pag. 2 della comparsa di costituzione e risposta, nonché l'ali. 5 del ricorso monitorio). 2.2.1. A fronte di ciò, (...) ha inteso contrastare la domanda avversaria eccependo anzitutto la vessatorietà delle clausole del testo contrattuale relative alla estinzione anticipata del finanziamento ed alla applicazione degli interessi moratori. Il superiore assunto deve ritenersi infondato. Quanto alla prima clausola menzionata, si osserva che, secondo quanto di recente chiarito dal Supremo Collegio, "la commissione di estinzione anticipata (...) costituisce (...) una clausola penale di recesso, che viene richiesta dal creditore (mutuante) e pattuita in contratto per consentire al mutuatario di sciogliersi anticipatamente dagli impegni di durata, per i liberi motivi di ritenuta convenienza più diversi, e per compensare, viceversa, il venir meno dei vantaggi finanziari che il mutuante aveva previsto, accordando il prestito, di avere dal negozio (...). Non si è di fronte, cioè, a "una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente "(arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2 bis, come conv. dalla L 28 gennaio 2009, n. 2), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella" (così, testualmente, Cass. Civ. Sez. III 14.3.2022, n. 8109). Tenuto conto di ciò, la clausola contemplante oneri per l'anticipata estinzione del finanziamento non determina alcun significativo squilibrio idoneo a radicare l'applicazione delle disposizioni di cui agli art. 33 e ss. del decr. lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo; v. per analoghe conclusioni App. Roma Sez. II 4.8.2022, n. 5289, per cui la penale per estinzione anticipata del mutuo non determina alcun significativo squilibrio normativo di cui all'art. 33 del codice del consumo, poiché la scelta di estinguere anticipatamente il contratto è comunque rimessa alla decisione della parte mutuataria, che ha la possibilità di liberarsi dal vincolo a propria discrezione, sicché la prestazione a carico della parte mutuataria in caso di estinzione anticipata rappresenta il corrispettivo per la facoltà di recesso accordata dal mutuante configurando dunque una sinallagmaticità che esclude il presupposto stesso dell'applicazione dell'art. 33 del codice del consumo). Del pari non vessatoria deve considerarsi la pattuizione concernente l'applicazione degli interessi moratori. Ed infatti, sul punto, l'art. 33, comma 2, lett. f), del decr. lgs. n. 206/2005 (c.d. codice del consumo), dispone che si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto o per effetto di imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d'importo manifestamente eccessivo. Nel caso di specie, nessuna manifesta eccessività degli interessi moratori pattuiti risulta anche solo allegata da parte dell'opponente, limitatosi sul punto ad affermare che "le sopracitate norme delle condizioni generali di contratto che si invocano, a modesto avviso del sottoscritto difensore, sembrerebbero violare gli arti. 1469-bis e ss. e la disciplina relativa alle clausole vessatorie in quanto tendenti a configurare la sussistenza di uno squilibrio fra le parti nel rapporto contrattuale" (v. pag. 4 della citazione). 2.2.2. Non può infine attribuirsi rilievo, nel presente giudizio, all'eventuale collegamento negoziale tra l'operazione di acquisto del veicolo conclusa con (...) e il contratto di finanziamento del (...) oggetto di causa. In proposito, (...) ha più in particolare sostenuto che da siffatto legame "deriva che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene - che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo - legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata, non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. 19.5.2003 n. 7773; Cass. 23.4.2001 n. 5966; Cass. 21.7.1998 n. 7116; Cass. 20.1.1994 n. 474)" (v. pag. 6 della citazione). Pur nondimeno, nel caso di specie, anche ove si dovesse reputare esistente il dedotto collegamento negoziale, nessuna prova sussiste dell'avvenuta risoluzione della menzionata compravendita di autovettura, con il che non risulta prefigurarsi la possibilità per il mutuante di esigere il pagamento dal venditore. 3. Per tutte le ragioni sopra illustrate, in conclusione, va rigettata l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo in oggetto, le cui statuizioni, anche in punto di spese, s'intendono confermate. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate, come da dispositivo, secondo i parametri del D.M. 147/2022, nella misura dei medi per le fasi di studio ed introduttiva e nella misura dei minimi per la fase decisionale, senza il riconoscimento della fase istruttoria in quanto non espletata, tenuto conto dell'attività difensiva concretamente svolta e del ridotto livello di complessità delle questioni giuridiche trattate, avuto riguardo all'importo riconosciuto a parte opposta (scaglione di riferimento: Euro 5.201-26.000). P.Q.M. Il Giudice, dott. Gabriele Patti, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. R.G. (...): - rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...), emesso dal Tribunale di Siracusa e notificato in data (...), per le ragioni di cui in motivazione; - condanna (...) a pagare in favore di (...) le spese di lite, che liquida in Euro (...) complessivi per compensi, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA come per legge. Sentenza resa ai sensi dell'art. 281 - sexies c.p.c. Così deciso in Siracusa il 15 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 15 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SIRACUSA PRIMA SEZIONE CIVILE SETTORE LAVORO E PREVIDENZA in persona della dott.ssa Viviana Urso, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato all'udienza di discussione del 4.10.2022 ex art. 429 c.p.c., dandone integrale lettura, la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 1137 del ruolo generale affari contenziosi dell'anno 2021, proposta da: (...), cod. fisc. (...), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Sa.Fe. in Augusta Viale (...) che lo rappresenta e difende giusto mandato in atti; RICORRENTE contro: I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, C.F. (...) - P. IVA (...), in persona del suo rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dai funzionari amministrativi dipendenti dott. (...), dott.ssa (...) e dott.ssa (...) RESISTENTE OGGETTO: accertamento negativo di indebito assistenziale MOTIVI IN FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 8 giugno 2021 il ricorrente esponeva che in data 15.07.2020 riceveva a mezzo raccomandata una comunicazione dall'INPS di Siracusa, avente ad oggetto: "Accertamento somme indebitamente percepite su pensione del sig. (...) cat. (...) n. (...)"; - che, specificatamente, l'Ente informava il sig. (...) che a seguito di verifiche era emerso che lo stesso aveva percepito, dal 01.10.2016 al 30.06.2020, un pagamento non dovuto sulla pensione cat. (...) n. (...) per l'importo complessivo di Euro 23.254,20, in quanto corrisposta una pensione di invalidità civile non spettante"; - che la somma richiesta era così specificata : - 1) Euro 1.537,02 relativi all'anno 2016 - 2) Euro 6.185,16 relativi all'anno 2017 pari ad Euro 515,43 mensili, - 3) Euro 6.196,20 relativi all'anno 2018 pari ad Euro 516,35 mensili, - 4) Euro 6.214,08 relativi all'anno 2019 pari ad e 517,84 mensili, - 59 Euro 3.121,74 relativo ai mesi gennaio/giugno 2020 pari ad e 520,74 mensili; - che avverso tale comunicazione si proponeva in data 15.09.2020, ricorso amministrativo al Comitato Provinciale; - che il Comitato Provinciale non riscontrava il proposto ricorso; - che in data 08 gennaio 2016 la Commissione Medica per l'Accertamento dell'Handicap (A.A.), lo sottoponeva a visita medica collegiale riscontrandolo affetto da : " ictus cerebrale con reliquati funzionali emiparetici a sn e disatria; ipertensione e diabete mellito niddm, prostatectomia con turbe della continenza con alterazioni dell'Alvo in esiti ileo paralitico" e lo giudicava "portatore di handicap in situazione di gravità" disponendo la revisione entro lo stesso anno mese 10; - che in data 11 febbraio 2016, a seguito di visita medico collegiale per l'Accertamento dell'Invalidità Civile, la Commissione medica collegiale, riscontrando il ricorrente affetto delle patologie summenzionate, giudicava lo stesso "invalido con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e con impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore ( L. n. 18 del 1980) "disponendone revisione a 7 mesi; - che in data 28 aprile 2016 Il Ministro Della Difesa - Dipartimento Militare Medicina Legale Messina - Commissione Medica Ospedaliera Distaccata di Augusta, dopo aver sottoposto a visita medica Collegiale il sig. (...), lo dichiarava: "Permanentemente ed assolutamente non idoneo a svolgere qualsiasi attività lavorativa" e con segnalazione della perdita dei requisiti fisici e psichici per il mantenimento della patente di Guida; - che l'8 settembre 2016, sottoposto a visita per l'accertamento dell'invalidità civile, veniva conferma le diagnosi e dichiarato non più rivedibile; - che il 03 luglio 2017, sottoposto a visita per benefici L. n. 104 del 1990, veniva riscontrata una emiparesi ed il ricorrente era dichiarato invalido con capacità di deambulare notevolmente ridotta e giudicato portatore di handicap in situazione di gravità ai sensi dell'art. 3 c.3 L. n. 104 del 1992; - che in data 07 ottobre 2019 veniva sottoposto a controllo per il permanere dei benefici L. n. 104 del 1992 e la Commissione Medica riteneva il ricorrente non più rivedibile e portatore di handicap ex art. 3 c. 1 L. n. 104 del 1992; - che l'indomani, in data 08 ottobre 2019, veniva ricoverato con urgenza per l'insorgenza di nuovi episodi di epilessia e diagnosticato " sospetto ictus" e veniva dimesso in data 24 ottobre 2019; - che a seguito di episodi epilettici ed apnee notturne il ricorrente deve fare uso di apparecchio che eroga aria mantenendo aperte le vie aeree ed evitando che le strutture anatomiche responsabili delle apnee abbiano lo stato di rilassamento che induce al disturbo; - che tale indicazione era stata prescritta dal Dott. (...) dell'(...) in data 05 dicembre 2019; - che a seguito di tali eventi e della conseguente protesi ventilatoria con modalità CPAP, avrebbe dovuto essere riconosciuto l'aggravamento delle condizioni del ricorrente; - che in data 15 luglio 2020, l'Inps richiedeva indietro il pagamento dei ratei di pensione erogati dal 01 ottobre 2016 al 30 giugno 2020. Tanto premesso, il ricorrente chiede in via principale la revoca della richiesta avanzata dall'INPS di restituzione della somma di Euro 23.254,20 erogata a titolo di pensione n. (...) cat. (...) per il riconoscimento ed accertato handicap ex art. 3 c. 3 L. n. 104 del 1990 nei confronti del ricorrente (...) dall' 1 ottobre 2016 al 30 giugno 2020. In via subordinata che sia disposta la restituzione delle somme dal mese di novembre 2019, successivo alla visita della Commissione medica collegiale tenutasi in data 07 ottobre 2019 che ha giudicato il ricorrente non più portatore di handicap grave, sino al giugno 2020, con vittoria di spese e compensi del giudizio. L' INPS si è costituito con memoria depositata in data 3 settembre 2021 deducendo che l'Istituto può procedere in qualunque momento alla verifica della permanenza delle condizioni invalidanti (art.25 comma 6 bis L. n. 114 del 2014; art.20, comma 2 L. n. 102 del 2009) nel caso concreto disposta a seguito della revisione del 08.09.2016. A seguito di tale visita di revisione, era stata accertata la mancata permanenza delle condizioni invalidanti che diedero luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento; tale verbale era stato correttamente notificato e ricevuto in data 22.09.2016 e, in assenza di impugnazione, era divenuto definitivo comportando la revoca della prestazione dal mese successivo alla data della visita, come per legge, cioè dall' 1.10.2016. Il provvedimento di riliquidazione della pensione era stato poi correttamente comunicato e l'indebito notificato come pacificamente ammesso nel mese di luglio del 2020, per cui secondo l'Istituto nessun affidamento incolpevole può essere invocato; l' indebito contestato non ancora recuperato (ex art.69 L. n. 153 del 1969 ed ex artt.li 4 e 5 del regolamento approvato con Determina presidenziale n.123 del 26.7.2017), ammonta, allo stato, ad Euro 23.254,20. L'INPS ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio. Preliminarmente va rilevato che l'art. 52 comma 2 L. n. 88 del 1986 e l'art. 13 L. n. 412 del 1991 invocati in ricorso non trovano applicazione nel caso di specie, trattandosi di norme che disciplinano la diversa ipotesi dell'indebito previdenziale. Con riguardo alle prestazioni economiche corrisposte agli invalidi civili, la disciplina particolare della ripetibilità delle prestazioni indebitamente erogate va ricercata nella normativa appositamente dettata in materia, non potendo trovare applicazione in via analogica - ma neppure estensiva stante il carattere derogatorio dell'art. 2033 c.c. - le regole dettate con riferimento alle pensioni o altri trattamenti previdenziali. Anche la Corte costituzionale (Corte Cost. sent. n. 448/2000 e n. 264/04) ha riconosciuto che, nonostante che con le modifiche del quadro normativo introdotte dal D.L. n. 323 del 1996, art. 4 e dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 37, comma 8, si sia avuto un "avvicinamento" nelle discipline dell'indebito previdenziale e dell'indebito assistenziale, tuttavia si giustificano le peculiarità delle rispettive discipline (giudicando pertanto manifestamente infondate le questioni di legittimità, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., comma 1, dell'art. 1, commi 260 - L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 265, e della L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 52, comma 2, nelle parti in cui, pongono limiti alla ripetibilità dell'indebito previdenziale ma non anche di quello assistenziale). Pertanto la disciplina dell'indebito va ricercata nel sistema normativo differenziato che il legislatore riserva alla materia delle provvidenze previste a favore degli invalidi civili. E dall'esame della specifica normativa di settore (, art. 11, comma 4, poi abrogata dall'art. 4, comma 3 - nonies introdotto dalla L. n. 425 del 1996 di conversione del D.L. n. 323 del 1996; D.P.R. n. 698 del 1994, art. 5, comma 5) può evincersi il principio secondo il quale l'indebito in materia di prestazioni di invalidità civile può essere recuperato solo ed esclusivamente con riferimento ai ratei indebitamente erogati a partire dalla data del provvedimento che accerta che la prestazione assistenziale non era dovuta. La Corte di Cassazione ha affermato che la ripetizione delle prestazioni previdenziali indebitamente erogate opera dalla data di accertamento amministrativo dell'inesistenza dei requisiti sanitari, senza che possa rilevare - in mancanza di una norma che disponga in tal senso - il mancato rispetto, da parte dell'amministrazione, dell'obbligo di sospendere i pagamenti e di emanare il formale provvedimento di revoca entro termini prefissati; ne' il sistema normativo così interpretato può essere ritenuto non rispettoso dell'art. 38 Cost., essendo ragionevole che la data dell'accertamento amministrativo, ancorché precedente il formale atto di revoca, determini la fine dell'affidamento dell'assistito nella definitività dell'attribuzione patrimoniale ricevuta, (Cass. n. 16260/2003; 26162/2016; 34013/2019). In altri termini, per effetto dell'accertamento sanitario si determina il venir meno di uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione (il requisito sanitario), e dunque la decorrenza dell'indebito coincide con l'accertamento sanitario e non con quello della sua successiva comunicazione. Le somme nel caso in esame sono ripetibili a far data dalla visita di revisione del 8 settembre 2016, il cui esito è stato comunicato tempestivamente il 22 settembre 2016 e non è stato impugnato. Appare legittima quindi la riliquidazione e la ripetibilità per le somme corrisposte a titolo di invalidità civile, essendo venuti meno i requisiti sanitari giustificativi della provvidenza. Con la comunicazione del verbale infatti la Commissione Medica dà atto dell'accertato venir meno del requisito sanitario per l'invalidità civile e nessun affidamento incolpevole può invocare il ricorrente per la percezione dei ratei successivi. La complessità delle questioni giustifica la compensazione delle spese processuali. P.Q.M. Il Giudice Unico, definitivamente pronunciando, ogni contraria deduzione disattesa, in rigetto del ricorso, dichiara che l'INPS può procedere al recupero degli indebiti pensionistici erogati successivamente alla visita di revisione dell'8 settembre 2016. Compensa le spese processuali. Così deciso in Siracusa il 4 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Gabriele Patti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. (...) r.g. promossa da: (...), elettivamente domiciliato in (...), via (...), presso lo studio dell'avv. (...) difende, giusta procura in atti; contro (...) (P.IVA (...)), quale società incorporante (...) (C.F. - P.IVA: (...)), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. (...), giusta procura in atti (pec: (...)); Opposta All'udienza del 10.3.2022 la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni come in atti precisate. MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con citazione del giugno 2020 (...) ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) notificato il (...), con il quale il Tribunale di Siracusa ha ingiunto allo stesso di pagare la somma di Euro (...), oltre accessori e spese del procedimento monitorio, in favore di (...), cessionaria di credito dipendente da contratto di finanziamento stipulato dall'ingiunto con (...) già trasferito ad (...), a sua volta cedente della creditrice ingiungente. A sostegno della propria prospettazione, l'opponente ha eccepito il difetto di prova della titolarità del credito in capo alla società opposla, non avendo questa provalo che le operazioni di cessione in blocco intervenute includessero anche la pretesa vantata da (...) nei confronti dell'esponente. Per altro verso, (...) ha lamentato l'inefficacia del contratta di cessione stipulato tra (...) e (...), evidenziando che quest'ultima non avrebbe provveduto alla notifica di cui all'art. 1264 c.c. e non avrebbe fornito notizia dell'avvenuto trasferimento mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ex art. 58 T.U.B.. Con comparsa di costituzione e risposta dell'ottobre 2020 si è costituita in giudizio l'opposta, la quale ha chiesto il rigetto dell'opposizione avversaria. Quanto al primo profilo, (...) ha esposto di aver documentalmente provato la titolarità del credito azionato; quanto al secondo profilo, per un verso, ha sostenuto la irrilevanza della notifica della cessione al debitore ceduto ai fini della efficacia traslativa del contratto e della individuazione del soggetto legittimalo a pretendere la prestazione e, per altro verso, ha rappresentato di aver provveduto a tale adempimento mediante la notifica del decreto ingiuntivo. A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 5.11.2020 il precedente giudice istruttore ha concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ex art. 648 c.p.c. nonché i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c.. Con atto di intervento del 3.12.2021 si è costituita in giudizio, (...) quale società incorporante la (...) giusta atto di fusione per incorporazione del (...), insistendo nelle conclusioni già rassegnate dalla società opposta. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., la causa è stata rinviata per precisazione delle conclusioni e all'udienza del 10.3.2022 è stata trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 2. L'opposizione è infondata e, pertanto, va rigettata. In proposito, occorre anzitutto ricordare che, in conformità al costante indirizzo del Supremo Collegio, essendo stata proposta azione fondata sulla mancata o inesatta esecuzione della prestazione, grava sull'odierna parte opposta - attrice in senso sostanziale - l'onere di provare il titolo fatto valere e di allegare l'inadempimento di controparte, mentre spetta invece a quest'ultima la prova dell'esalto adempimento o di altre circostanze in grado di paralizzare la domanda contrapposta (v., ex multis, Cass. Sez. Un. Civ. 30.10.2001, n. 13533). 2.1. Tanto premesso, deve ritenersi che la (...) abbia adeguatamente assolto gli oneri dei quali essa è gravata. Fin dal ricorsa monitorio, infatti, la stessa ha prodotto il contratto di finanziamento n. (...) per Euro (...) stipulato da (...) con (...) in data (...), nel quale è previsto il rimborso in ottantaquattro rate di Euro ciascuna, con indicazione del TAN del (...), del TAEG del (...) e del tasso di interessi muratori pari all'(...) (v. all. 3 del ricorso monitorio). Quanto all'inadempimento, parte opposta ha allegato il mancato pagamento di Euro (...), precisando che esso deve reputarsi comprensivo del capitale e degli interessi già scaduti alla data della comunicazione di decadenza dal beneficio del termine, del capitale residuo alla data della predetta comunicazione di decadenza dal beneficio del termine (v. pag. 9 dell'all. 10 e pag. 3 dell'all. 11 del ricorso monitorio) e degli interessi moratori (v. pag. 2 del ricorso monitorio). A fronte di ciò, parte opponente non ha in alcun modo contestato né il perfezionamento del contratto sopra menzionato, né l'effettiva erogazione della somma finanziata, né la successiva interruzione dei pagamenti ratealmente concordati. 2.2. Diversamente, (...) ha inteso contrastare la pretesa avversaria sostenendo con il primo motivo di opposizione che la odierna opposta non avrebbe dimostrato in giudizio di essere divenuta titolare del credito azionalo in via monitoria. In dettaglio, parte opponente ha lamentato la mancanza agli atti della prova documentale che la passività oggetto di causa fosse inclusa nelle cessioni intercorse, nell'ordine, tra (...) e (...) e tra quest'ultima società e (...), atteso che, da un lato, della prima operazione non sarebbe stato prodotto il contratto di cessione ma solo l'avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, di per se inidoneo a dare contezza del contenuto del contratto, e, da un altro lato, della seconda operazione sarebbe stato prodotto il contratto di cessione sprovvisto di riferimento alla posizione debitoria sottoposta all'odierno vaglio. Ebbene, come correttamente osservato da (...), è orientamento consolidato che "la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un'operazione di cessione in blocco, ha anche l'onere di dimostrare l'inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che la controparte non l'abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta" (Cass. Civ. n. 5857/2022; v. anche Cass. Civ. n. 5617/2020, secondo la quale "colui, che si afferma successore, a titolo universale o particolare, della parte originaria ai sensi dell'art. 58 TUB, ha l'onere puntuale di fornire la prova documentale della propria legittimazione, con documenti idonei a dimostrare l'incorporazione e l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco"). Contrariamente a quanto asserito dall'opponente, peraltro, deve ritenersi che la società opposta abbia assolto il suddetto onere. 2.2.1. Che il credito per cui è causa sia stato trasferito nell'ambito dell'operazione di cessione crediti in blocco posta in essere da (...) in favore di (...) è documentato, anzitutto, dalla proposta di "Contratto per la cessione crediti pro-soluto di n. (...) posizioni creditorie" formulata dalla cedente il (...) e sottoscritta per accettazione dalla cessionaria in pari data (v. pagg. 1-3 dell'all. 9 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta), nonché dal documento denominato "Allegato 82 al Contratto di Compravendita di crediti stipulato in data (...)" (v. pag. 4 dell'all. 9), altrettanto sottoscritto. Nella proposta contrattuale, infatti, si fa menzione (tra l'altro) del trasferimento di "n. 881 posizioni creditorie (di seguito i "Crediti Quarzo"), elencate nel tabulato All. sub B2)" e nel suddetto "Allegato B2 al Contratto" viene specificatamente riportata la posizione debitoria di (...): "CART. SI, COD.CLI (...), PRATICA (...); SALDO TOTALE (...); CAPITALE (...), INTER. DI MORA (...), COGNOME (...) NOME (...), ove il numero pratica (...) coincide con quello del contratto di finanziamento del (...) (v. all. 3 del ricorso monitorio), il codice cliente (...) con quello indicato nella lettera di accettazione della richiesta di finanziamento (v. all. 5 della comparsa di costituzione e risposta) e nella lista movimenti al 12.12.2018 (v. all. 10 del ricorso monitorio), mentre il saldo totale (Euro (...)) corrisponde all'ammontare del credilo di cui al decreto ingiuntivo opposto. 2.2.2. Passando, invece, all'operazione di cessione credili in blocco intercorsa tra (...) e (...), parte opposta produce "Contratto di cessione pro-soluto di crediti in sofferenza" (v. all. 8 del ricorso monitorio, prodotto anche quale all. 10 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta) e relative missive di proposta e accettazione (v. pagg. 1 e ss. e pagg. 45 e ss. dell'all. 10 della comparsa di costituzione e risposta), datate (...) e sottoscritte dai rispettivi legali rappresentanti, nonché "Elenco dei crediti ceduti da (...) a (...)" (v. all. 11 della comparsa di costituzione c risposta di patte opposta) e "Annex omissato" (v. all. 12 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta). Ebbene, che con la suddetta cessione in blocco sia stato trasferito anche il credito per cui è causa si evince dall'esame congiunto del contratto e degli elenchi prodotti: - all'art. 2 del Contratto, par. 2.1 (v. pag. 7 dell'all. 10 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta), si legge che "La Cedente cede alla Cessionaria, a titolo oneroso, pro soluto, ai sensi delle previsioni di cui agli Artt. 1260 e ss. del Codice Civile, e la Cessionaria acquista dalla Cedente, a titolo oneroso, pro soluto, il Portafoglio Crediti..."; - all'art. 1, par. 1.2 (v. pag. 6 dell'ali. 10 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta), viene precisato che per "Portafoglio Crediti" si intende "il portafoglio di Crediti oggetto di Cessione, come specificatamente individuati nell'Allegato 1 (Elenco dei Crediti)"; - nella sezione denominata Allegato 1, rubricato "Elenco Crediti" (v. pag. 21 dell'all. 10 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta), si legge che lo stesso sarà "Oggetto di scambio dalle Parti via P.E.C., in data (...) ... avente come oggetto "Project (...)" - Allegato 1: Elenco dei Crediti", in archivio .zip protetto da password..."; - il documento denominato "Elenco dei crediti ceduti" (v. all. 11 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta - "allegato_1_elenco_dei_crediti_ 24 12 2019.pdf"), menziona, tra le altre, la posizione debitoria di, il cui "client Referertce Number" (...) ed il cui "Saldo Residuo (...)" (Euro (...)) corrispondono al numero del contratto di finanziamento stipulato da (...) con (...) e all'ammontare del credito azionalo in via monitoria (v. anche l'all. 12 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta, contenente il menzionato "Annex omissato"). Va, peraltro, rilevato che parte opponente non ha adeguatamente contestato il contenuto di tali elenchi - prodotti già con la comparsa di costituzione e risposta di parte opposta - e la loro riferibilità alle cessioni oggetto di causa, essendosi essa limitata, tanto in sede di memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. quanto in sede di comparsa conclusionale, a dedurre esclusivamente l'insufficienza del contratto di cessione ai fini della prova del trasferimento (v. pag. 3 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. di parte opponente, in cui si legge che "è di tutta evidenza che tale prova non è stata fornita, inoltre., il contratto di cessione stipulato tra l'odierna opposta e la società (...), precedente cessionario del credito vantato nei confronti dell'istante, non riporta alcun riferimento al contratto di finanziamento stipulato tra la (...) ed il (...), né, tantomeno, l'importo del debito residuo"; v. pag. 3 della comparsa conclusionale, in cui palle opponente ribadisce: "è di tutta evidenza che tale prova non è stata fornita, inoltre, il presunto contratto di cessione stipulato tra l'odierna opposta e la società, precedente cessionario del credito vantato nei confronti dell'istante, non riporta alcun riferimento al nominativo del sig. (...) quale debitore né, al contratto di finanziamento stipulato tra la (...) ed il (...) né, tantomeno, l'importo del debito residuo"; v. poi l'inciso di cui a pag. 3 della menzionata comparsa conclusionale, ove si fa menzione di quanto "si evince a pag. 43 degli allegati n. 9 e n. 10", senza che ciò possa assumere rilievo decisivo, posto che il documento n. 9 della comparsa di costituzione e risposta non reca una pag. 43 - componendosi di sole 4 pagine - mentre il documento n. 10 a pag. 43 contiene l'allegato n. 5 al contratto di cessione, relativo ai piani di rientro e non ai crediti oggetto dell'operazione). Per le ragioni sopra esposte deve, dunque, ritenersi adeguatamente dimostrato che il credito di Euro (...), originariamente maturato da (...) nei confronti di (...), sia stato trasferito, in conseguenza di due successive operazioni di cessione di crediti in blocco, a (...) (società da ultimo incorporata da (...), giusta atto di fusione per incorporazione de (...) - v. all. 2 della comparsa di intervento del 3.12.2021). 2.3. Con la spiegata opposizione (...) ha infine eccepito l'inefficacia, nei propri confronti, del contratto di cessione di credili stipulato tra (...) e (...), avendo quest'ultima omesso di procedere alla relativa notifica di cui all'art. 1264 c.c., nonché di dare notizia della stessa mediante pubblicazione di avviso in Gazzetta Ufficiale ex art. 58 T.U.B. L'eccezione va disattesa. In primo luogo, come correttamente osservato dalla società opposta (v. pagg. 5-6 della comparsa di costituzione e risposta di parte opposta), la mancata notifica della cessione di credito al debitore ceduto non incide sul perfezionamento e sull'efficacia traslativa del contratto, né sulla legittimazione del cessionario a pretendere il pagamento, rilevando tale atto soltanto al fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento effettuato dal debitore ceduto al creditore cedente c di regolare il conflitto tra cessionari. Sul punto è consolidato l'indirizzo della Suprema Corte: "Il contratto di cessione di credito ha natura consensuale e, perciò, il suo perfezionamento consegue al solo scambio del consenso tra cedente e cessionario, il quale attribuisce a quest'ultimo la veste di creditore esclusivo, unico legittimato a pretendere la prestazione (anche in via esecutiva), pur se sia mancata la notificazione prevista dall'art. 1264 c.c.; questa, a sua volta, è necessaria al solo fine di escludere l'efficacia liberatoria del pagamento eventualmente effettuato in buona fede dal debitore ceduto al cedente anziché al cessionario, nonché, in caso di cessioni diacroniche del medesimo credito, per risolvere il conflitto tra più cessionari, trovando applicazione in tal caso il principio della priorità temporale riconosciuta al primo notificante" (v. tra le altre, Cass. Civ. n. 4713/2019; Cass. Civ. n. 15364/2011). Ne consegue che, anche nel caso di mancata notifica a (...) dell'avvenuta cessione, (...) sarebbe stata comunque legittimata a richiedere allo stesso il pagamento del credito per cui è causa. Deve infine osservarsi che l'adempimento di cui all'art. 1264 c.c. può reputarsi integrato anche dalla notificazione del provvedimento monitorio. Ed invero, è giurisprudenza costante che "la notificazione al debitore, ceduto, prevista dall'art. 1264 cod. civ. non si identifica con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, ma costituisce un allo a forma libera che, come tale, può concretarsi in qualsivoglia alto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio" (v. Cass. Civ. n. 12734/2021); in particolare "non è prescritto, ai fini della efficacia della cessione, che questa sia notificata al debitore prima che quest'ultimo sia citato in giudizio: la notificazione della cessione può essere effettuata mediante comunicazione scritta - eventualmente mediante citazione in giudizio - con la quale, il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto o anche successivamente, nel corso del giudizio" (v. Cass. Civ. n. 1770/2014; Cass. Civ. n. 20143/2005), sicché la stessa "può essere effettuata sia mediante ricorso per decreto ingiuntivo, sia mediante comunicazione operata nel corso del successivo giudizio di opposizione ex art. 645 cod. proc. civ." (v., tra le tante, Cass. Civ. n. 1770/2014). I principi sopra esposti devono, poi, ritenersi estesi anche alle operazioni di cessione di crediti in blocco c all'avviso di cui all'art. 58 T.U.B.: "La pubblicazione dell'avviso di cessione dei credili nella Gazzetta Ufficiale costituisce presupposto di efficacia della cessione "in blocco" dei rapporti giuridici nei confronti dei debitori ceduti che dispensa la banca dall'onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti, ma tale adempimento è estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa e non incide sulla circolazione del credito, il quale, fin dal momento in cui la cessione si è perfezionata, è nella titolarità del cessionario che è, quindi, legittimato a ricevere la prestazione dovuta anche se gli adempimenti richiesti non sono stati ancora eseguiti. Ed infatti la suddetta pubblicazione può essere validamente surrogata dagli adempimenti prescritti in via generale dall'art. 1264 c.c. e segnatamente dalla notificazione della cessione che non è subordinata a particolari requisiti di forma e può quindi aver luogo anche mediante l'atto di citazione con cui il cessionario intima il pagamento al debitore ceduto, ovvero nel corso del giudizio" (v., ex multis, Cass. Civ. n. 20495/2020; Cass. Civ. n. 5997/2016). Alla luce di quanto sopra deve, dunque, concludersi per la piena legittimazione di (...) a pretendere da (...) il pagamento del credito trasferitole da (...) con il contratto di cessione di crediti del (...). 3. Per tutte le ragioni testé illustrate, in conclusione, va rigettata integralmente l'opposizione al decreto ingiuntivo n. (...) notificato il (...), le cui statuizioni, anche in punto di spese, s'intendono confermate. Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e vengono liquidate, come da dispositivo, secondo i parametri minimi del D.M. 55/2014, tenuto conto dell'attività difensiva concretamente svolta e del ridotto livello di complessità delle questioni giuridiche trattate, avuto riguardo all'importo riconosciuto a (...) (scaglione di riferimento: Euro (...)). P.Q.M. Il Giudice, dott. Gabriele Patti, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. R.G. (...), ogni altra azione ed istanza disattese: - rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo n. (...), emesso dal Tribunale di Siracusa e notificato il (...), per le ragioni di cui in motivazione; - condanna (...) a pagare in favore di (...), quale società incorporante (...), le spese di lite, che liquida in Euro per compensi, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA come per legge. Così deciso in Siracusa il 23 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 27 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giacomo Rota, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado promossa DA (...) (C.F. (...) ), con il patrocinio degli avv. Ra.Pa. e Racioppo Vincenzo, elettivamente domiciliato in Piazza (...) in Avola ATTORE CONTRO (...) (C.F. (...) ) CONVENUTO Oggetto: opposizione di terzo ordinaria RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione di opposizione ex art. 404 c.p.c. (...) ha convenuto in giudizio (...) esponendo che in data 17.06.2019 gli era stata notificata la sentenza n. 918/2019 del Tribunale di Siracusa con relativo atto di precetto per il pagamento della somma di Euro 3.627,08; che detta sentenza era stata emessa sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Avola in data 18.04.2012 tra (...) e il (...) di (...); che tale sentenza di appello conteneva una indicazione errata del soggetto appellato in quanto l'appello era diretto nei confronti del (...) in persona del legale rappresentante pro tempre e non della impresa (...) mai esistita, essendo invece esistita un'impresa individuale di (...) cessata in data 24/11/2017; che in data 11.04.2017 (...) gli aveva concesso in affitto la propria azienda che egli aveva condotto come impresa individuale denominata (...) di (...); che l'affitto dell'azienda non aveva dato luogo ad alcuna successione nei rapporti giuridici tra la parte concedente impresa individuale di (...) e la parte affittuaria impresa individuale denominata (...) di (...); che l'atto di precetto notificato a soggetto inesistente, qual è il (...), gli poteva arrecare pregiudizio sì da rendersi necessario il presente giudizio di opposizione di terzo ordinaria avverso la sentenza n. 918/2019 del Tribunale di Siracusa. A tal fine (...) ha chiesto preliminarmente la sospensione degli effetti della sentenza n. 918/2019 del Tribunale di Siracusa e nel merito la dichiarazione che la stessa non potesse spiegare effetti nei propri confronti, con condanna di (...) al pagamento delle spese di lite. (...), sebbene regolarmente citato, non si è costituito nel presente giudizio ed è rimasto contumace. Con ordinanza del 12.05.2020 il Tribunale ha sospeso l'esecutorietà della sentenza n. 918/2019 del Tribunale di Siracusa; indi la causa è giunta al naturale epilogo a seguito dell udienza di precisazione delle conclusioni del 12.04.2022 e del successivo deposito delle memorie di cui all'art. 190 del codice di rito civile. Esaminati i fatti di causa il Tribunale ritiene inammissibile l'opposizione ex art. 404 c.p.c. proposta da (...) per i motivi di seguito indicati. Secondo la Suprema Corte di Cassazione il rimedio dell'opposizione ordinaria di terzo, che l'art. 404 primo comma cod. proc. civ. accorda contro la sentenza resa fra altri soggetti, è attribuito a chi, estraneo al giudizio concluso in via definitiva dalla sentenza opposta, dall'accertamento in essa contenuto o dall'esecuzione della stessa risente o può risentire pregiudizio ad un suo autonomo diritto o ad una sua autonoma posizione giuridica o di mero fatto (Cass. n. 2722 del 08/03/1995): il caso di scuola, affrontato in giurisprudenza, in cui utilizzare il rimedio di cui all'art. 404 c.p.c., è quello del confinante coltivatore diretto che impugna la sentenza che accoglie la domanda di riscatto dei terreni per prelazione agraria ottenuta da soggetti confinanti diversi, sussistendo in detto caso il pregiudizio al diritto a vedersi tutelata la prelazione ex lege in presenza di una sentenza che, in quanto resa inter alios, non gli è opponibile giusta il disposto degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. in tema di cosa giudicata sostanziale e formale ma che in concreto conculca le ragioni sostanziali volte all'ottenimento del riscatto. Nel caso di specie nessun pregiudizio può derivare a (...) dalla sentenza n. 918/2019 del Tribunale di Siracusa in quanto la condanna di somme in essa contenuta riguarda un soggetto diverso dall'odierno attore (...) il quale, tra l'altro, ha qualificato il potenziale pregiudizio in termini latamente ipotetici usando più volte in citazione il condizionale "potrebbe"; si consideri poi che, come dichiarato dallo stesso (...), con la stipulazione del contratto di affitto di azienda non è intervenuta alcuna successione dal lato passivo nei rapporti giuridici tra le parti contraenti e che, pertanto, dei debiti sorti prima della data di stipula del contratto avvenuta in data 11.04.2017 risponde unicamente il concedente (...) - originario debitore - e non l'affittuario (...) odierno attore. Parte attrice (...) infine non ha prodotto in giudizio l'atto di precetto notificatogli in esecuzione della sentenza avverso la quale ha incoato il presente procedimento, impedendo al Giudicante qualsiasi verifica in punto sussistenza del pregiudizio asseritamente lamentato. In definitiva deve dichiararsi l'inammissibilità dell'opposizione ex art. 404 c.p.c. spiegata da (...) nei confronti di (...) stante la mancanza di alcun pregiudizio attuale o potenziale: le spese del presente giudizio sostenute dall'attore vanno dichiarate irripetibili. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Seconda Sezione Civile, ogni altra domanda ed eccezione assorbita, così provvede: 1. Dichiara inammissibile l'opposizione ex art. 404 c.p.c. spiegata da (...) avverso (...); 2. Dichiara irripetibili le spese del presente giudizio. Così deciso in Siracusa l'1 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giacomo Rota, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado promossa DA Comune Di Melilli (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. (...), elettivamente domiciliato in ATTORE OPPONENTE CONTRO (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Ca.Gi., elettivamente domiciliato in Viale (...) in Siracusa CONVENUTO OPPOSTO Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE L'arch. (...), unitamente all'arch. (...) ed all'ing. (...), ha svolto in favore del Comune di Melilli prestazioni professionali di progettazione preliminare e definitiva delle opere di urbanizzazione primarie in area P.I.P. in Contrada Pietre Nere, nel territorio del Comune di Melilli, giusta incarico affidato con determina sindacale n. 109/Bis del 14.10.2003 dal Comune di Melilli e relativo disciplinare di incarico (si vedano i doc. n. 1 e 2 del fascicolo del convenuto opposto V.): per tali attività il (...) ha emesso la fattura n. (...) del 16/01/2012 per la somma di Euro 69.139,01 (si veda il doc. n. 3 fascicolo parte convenuta V.) che, benché riconosciuta dal suddetto Comune con nota Prot. n. (...) del 03/06/2013 redatta dal direttore dell'Ufficio Tecnico del Comune, V Settore, arch. (...), (si veda il doc. n. 13 fascicolo parte convenuta V.), non è stata successivamente saldata dall'Ente committente. In particolare è accaduto che: 1) Con determina sindacale n. 109/Bis del 14.10.2003 l'arch. V.S., unitamente all'arch. (...) ed all'ing. (...), è stato incaricato dal Comune di Melilli di eseguire la progettazione preliminare e definitiva delle opere di urbanizzazione primarie in area P.I.P. in Contrada Pietre Nere in Melilli: tale incarico veniva comunicato al (...) con nota Prot. (...) del 06.02.2004 dall'ing. F.N., Direttore del V Settore del Comune di Melilli; (si veda il doc. n. 4 fascicolo parte convenuta V.); 2) Seguiva tra le parti di causa la sottoscrizione dello "Schema di disciplinare tipo per il conferimento di incarichi ad architetti per la progettazione e direzione di opere pubbliche": il documento, di complessive 17 pagine, reca alla prima pagina, in alto a destra, soltanto due sigle una delle quali chiaramente attribuibile all'arch. (...) (si veda il doc. n. 4 fascicolo parte attrice Comune di Melilli); 3) Con Deliberazione della Giunta Municipale n. 227 del 22/04/2005 è stato approvato dal Comune di Melilli il progetto definitivo relativo alla realizzazione delle Opere di Urbanizzazione primaria dell'area P.I.P. in Contrada Pietre Nere redatto dai professionisti incaricati (si veda il doc. n. 5 fascicolo parte convenuta V.): 4) Con successiva deliberazione della Giunta Municipale n. 527 del 10/10/2008 è stato approvato dal Comune di Melilli lo stralcio al progetto definitivo denominato "1° stralcio funzionale" sempre sulla base dei progetti realizzati dai professionisti incaricati si veda il doc. n. 6 fascicolo parte convenuta V.): a tale stralcio è stato attribuito parere tecnico favorevole con atto datato 09/10/2008 a firma del dirigente responsabile del procedimento R.U.P. del Comune di Melilli arch. (...) (si veda il doc. n. 7 fascicolo parte convenuta V.); 5) Avvalendosi della progettazione dei professionisti incaricati, il Comune di Melilli ha chiesto ed ottenuto dalla Regione Siciliana - Assessorato delle Attività Produttive - un finanziamento pari ad Euro 3.388.568,58, comprensivo anche del rimborso delle spese per competenze tecniche relative ai compensi dei progettisti pari ad Euro 390.968,80, nell'ambito del P.O. FESR 2007/2013: il finanziamento è stato concesso con decreto datato 19 aprile 2011 (si veda il doc. n. 8 fascicolo parte convenuta V.); 6) L'arch. (...) ha richiesto il pagamento del compenso relativo alle prestazioni professionali maturate per la redazione della progettazione definitiva delle opere di urbanizzazione primaria dell'area P.I.P. in Contrada Pietre Nere in Melilli ed ha trasmesso all'Ente committente la fattura n. (...) del 16.01.2012 di Euro 69.139,01: con nota Prot. n. (...) del 03/06/2013 il Comune di Melilli ha, per il tramite del direttore dell'Ufficio Tecnico del Comune, V Settore, arch. (...), attestato e riconosciuto che il credito vantato dall'arch. (...) fosse da qualificare "certo in quanto le prestazioni professionali erano state eseguire ed approvate" ma che, "per problemi legati al bilancio comunale e al patto di stabilità" al momento non poteva essere liquidato (si veda il doc. n. 13 fascicolo parte convenuta V.); 7) Stante il mancato pagamento, ad opera del Comune di Melilli, delle spettanze professionali maturate in favore dell arch. (...), quest ultimo ha richiesto ed ottenuto dal Tribunale di Siracusa, in data 01.07.2019, il D.I. n. 1162 del 2019 che costituisce l'oggetto della presente opposizione; 8) Il Comune di Melilli ha fatto valere i seguenti motivi di opposizione: a) nullità della determina sindacale n. 109/bis del 14.10.2003 con cui è stato conferito al (...) l'incarico di progettazione e del successivo disciplinare per mancanza dell'originario impegno di spesa; b) nullità del contratto d'opera professionale intercorso tra le parti di causa per omessa redazione di esso in forma scritta richiesta ad substantiam actus e per mancata sottoscrizione di esso; c) indebita triplicazione dei compensi richiesti dai professionisti incaricati ad onta dell'esistenza di un incarico conferito in via unitaria e congiunta ai tre professionisti; d) Errata indicazione della decorrenza degli interessi moratori richiesti nel ricorso monitorio ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002; 9) Si è costituito in giudizio l'arch. (...) contestando in fatto e diritto il merito delle avverse pretese ed instando per il rigetto dell'opposizione spiegata dal Comune di Melilli e per la conferma del decreto opposto: il professionista ha rilevato come fosse intercorso con il Comune di Melilli un incarico professionale ritualmente redatto per iscritto più volte fatto proprio dall'Ente committente, incarico svolto con diligenza e tempestività - le cui risultanze giammai erano state contestate - grazie al quale il Comune aveva ottenuto dalla Regione Siciliana il cospicuo finanziamento di Euro 3.388.568,58, comprendente anche le spese tecniche per i professionisti incaricati, sopra menzionato; 10) Radicatosi il contraddittorio, senza alcuna istruttoria orale la causa è giunta al naturale epilogo a seguito dell'udienza di precisazione delle conclusioni avvenuta il 5 maggio 2022: vi è da rilevare come l'analogo contenzioso intercorso tra il Comune di Melilli ed uno degli altri due professionisti incaricati, nella persona dell'ing. (...), si è concluso con esito al momento favorevole per il Comune committente a seguito dell'adozione della sentenza n. 2298 del 2021 emessa dalla Corte d'Appello di Catania che, in accoglimento del gravame dell'Ente, ha rilevato sia la nullità della determina sindacale dal Comune di Melilli n. 109/Bis del 14.10.2003 per la mancanza dell'impegno di spesa sia la nullità del relativo disciplinare di incarico per mancanza di forma scritta. Questi i fatti di causa, il Tribunale non può che accogliere l'opposizione a decreto ingiuntivo spiegata dal Comune di Melilli per le ragioni di seguito indicate. Occorre da subito rilevare che la determina sindacale n. 109/bis del 14.10.2003, fonte dell'incarico di progettazione all'arch. (...) odierno opposto, risulti corredato unicamente dei pareri di regolarità tecnica e di legittimità datati 14.10.2003 ma non del parere di regolarità contabile che risulta non essere stato in esso menzionato; analoga situazione si ravvisa con riguardo allo schema di disciplinare di incarico intercorso tra le parti di causa che risulta del pari sprovvisto del visto di regolarità contabile. L' art. 191, comma primo, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che: "Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'art. 153, comma 5. Nel caso di spese riguardanti trasferimenti e contributi ad altre amministrazioni pubbliche, somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, il responsabile del procedimento di spesa comunica al destinatario le informazioni relative all'impegno. La comunicazione dell'avvenuto impegno e della relativa copertura finanziaria, riguardanti le somministrazioni, le forniture e le prestazioni professionali, è effettuata contestualmente all'ordinazione della prestazione con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati", mentre il successivo comma quarto stabilisce che "Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre,ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'art. 194, comma 1, lettera e ), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni". Sulla base di tali norme la Corte di Cassazione ha affermato che gli atti degli enti locali concernenti un obbligo contrattuale in capo ai medesimi sono da ritenere validi e vincolanti nei loro confronti a condizione che essi siano accompagnati dal relativo impegno di spesa, diversamente discendendone la nullità tanto del provvedimento amministrativo che ne autorizza il compimento quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa (si veda la sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 10.06.2005, n. 12195): il divieto per i Comuni di effettuare spese in assenza di impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio di previsione si applica anche se la spesa sia interamente finanziata da altro ente pubblico ed anche in presenza di una clausola di copertura finanziaria in base alla quale il professionista subordina il pagamento del compenso alla concessione di un finanziamento pubblico; l'inosservanza di tale precetto comporta la nullità del contratto di prestazione d'opera professionale eventualmente stipulato con il professionista, poiché tale regola, di rilevante interesse pubblico ed avente carattere di norma imperativa, risponde al principio di assicurare l'equilibrio economico e finanziario degli enti locali in attuazione dell'art. 81 della Costituzione. Il tratto saliente della suddetta disciplina normativa va individuato nello iato introdotto nel rapporto organico tra i funzionari o l'amministratore che abbiano consentito la spesa e l'Amministrazione committente sì da escludere la riferibilità a quest'ultima di iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto dalla legge, in attuazione dei principi di legalità, correttezza e trasparenza dell'azione amministrativa. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione hanno ribadito poi che l'art. 23 del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma primo, L. 24 aprile 1989, n. 144 (oggi sostituito dall'art. 191 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), secondo il quale l'ente pubblico non risponde dell'attività posta in essere dal proprio funzionario senza l'osservanza delle regole procedimentali ivi previste, si applica anche ai Comuni della Regione Sicilia, a prescindere dal suo formale recepimento nella legislazione regionale, in quanto norma destinata ad incidere sull'efficacia del contratto e, quindi, relativa all'area dell'ordinamento civile riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. l), della Costituzione. Stante la mancanza del necessario impegno di spesa a corredo sia del provvedimento amministrativo di conferimento incarico professionale che del successivo contratto a valle - sempre che lo "Schema di disciplinare tipo per il conferimento di incarichi ad architetti per la progettazione e direzione di opere pubbliche" intercorso tra le parti di causa, di complessive 17 pagine, recante unicamente alla prima pagina, in alto a destra, due sigle una delle quali chiaramente attribuibile all'arch. (...) e l'altra illeggibile e contenente svariate parti lasciate in bianco, possa essere ritenuto tale - devesi affermare la nullità del vincolo negoziale con conseguente non riferibilità all'Ente odierno attore degli effetti del contratto di prestazione d'opera professionale con riguardo all'obbligo di controprestazione e revoca del decreto opposto. Ad analogo risultato si giunge anche a non ritenere sussistente la nullità del contratto intercorso tra le parti di causa, non corredato da coevo impegno di spesa, che non soltanto risulta essere stato compiutamente adempiuto dai professionisti incaricati ma che ha consentito all'Ente pubblico di ottenere un cospicuo finanziamento dalla Regione Siciliana comprensivo di spese per professionisti tecnici che l'Ente potrà non corrispondere: nella misura in cui la legge prevede lo iato introdotto nel rapporto organico tra i funzionari o l'amministratore che abbiano consentito la spesa e l'Amministrazione committente sembra più corretto parlare di novazione soggettiva dal lato passivo ex lege che non connota il rapporto in termini di nullità ma di non riferibilità all'Ente committente dell'obbligo di controprestazione. L'accoglimento del primo motivo di opposizione esime il decidente dal vagliare i rimanenti tre profili di doglianza prospettati dal Comune di Melilli odierno attore: segue la revoca del decreto opposto. Quanto al regime delle spese di lite, il Tribunale stima equo disporne la compensazione tra le parti atteso che l'Ente attore si è cospicuamente avvalso delle prestazioni professionali del (...),avendo ottenuto grazie alle sue competenze un finanziamento dalla Regione Siciliana di oltre 3 milioni di Euro, addirittura avendo emesso un atto con cui si è attestato che il credito vantato dall'arch. (...) fosse da qualificare "certo in quanto le prestazioni professionali erano state eseguire ed approvate": tale dichiarazione, se non può certo sanare una nullità e scavalcare il testo di legge, attesta inequivocabilmente l'utilità delle prestazioni rese dal (...) il quale non è equo sia onerato dei costi della lite. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa od assorbita, così dispone: 1) Accoglie l'opposizione spiegata dal Comune di Melilli e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo opposto; 2) Compensa le spese di lite tra le parti. Così deciso in Siracusa l'1 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 2 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SIRACUSA SEZIONE SECONDA CIVILE Nella persona del Giudice dott. Alfredo Spitaleri, in funzione di Giudice Unico, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 4048/2017 PROMOSSA DA (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'Avv. Si.Ma., presso il cui studio è elettivamente domiciliato, giusta procura in atti; Appellante CONTRO (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa ex se ai sensi dell'art. 86 c.p.c. ed elettivamente domiciliata presso il proprio studio professionale; Appellata CONCLUSIONI Precisate le conclusioni come da verbale in atti, la causa è stata posta in decisione all'udienza del 12.03.2022, previa assegnazione del termine di giorni venti per il deposito di comparse conclusionali e di quello di giorni venti per memorie di replica. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Oggetto di lite è l'appello proposto da (...) avverso la sentenza n. 555/2017 emessa dal Giudice di Pace di Siracusa nel procedimento di cui al n. 620/2017 r.g., in virtù della quale l'appellante è stato condannato al pagamento, in favore dell'Avv. (...), della somma di Euro 2.000,00, a titolo di compensi per l'attività professionale da quest'ultima espletata in favore dell'appellante nel corso di due distinti giudizi, oltre spese e compensi del giudizio di primo grado. 1.1. - A sostegno del gravame, ha eccepito la nullità dell'impugnata sentenza stante la nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado. 2. - Radicatosi il contraddittorio, si è costituita nel presente giudizio l'appellata, chiedendo il rigetto dell'appello poiché infondato in fatto e in diritto. 3. - Espletata positivamente la mediazione c.d. "delegata" disposta dal Tribunale ex art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28/2010, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza del 12.03.2022 sulle conclusioni precisate a verbale dai procuratori presenti delle parti costituite, previa assegnazione dei termini di giorni venti per il deposito di comparse conclusionali e di giorni venti per il deposito delle repliche, ai sensi dell'art. 190 c.p.c.. 4. - È in atti l'accordo con il quale le parti, nella seduta di mediazione del 21.05.2018, hanno trovato l'accordo conciliativo, prevedendo il "pagamento, in favore dell'appellato avv. (...), della somma di Euro 1.200,00 oltre accessori di legge a titolo di compenso professionale, con compensazione integrale delle spese del giudizio di appello". 4.1. - Attesa la pacifica natura di negozio transattivo sostanziale dell'accordo raggiunto in sede di mediazione dalle parti assistite dai rispettivi difensori, e tenuto conto degli effetti di tale accordo (al riguardo, si veda l'art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 28/2010, secondo cui: "Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale"), deve ritenersi che l'intervenuta conciliazione della controversia determini la cessazione della materia del contendere, anche laddove, come nel caso in esame, le parti non concordino su tale declaratoria, atteso che la cessazione della materia del contendere può essere dichiarata dal giudice in ogni caso in cui il completo componimento della lite risulti in fatto non controverso (cfr. Cass. n. 22650/2008). Ciò che, in specie, può dirsi avvenuto, avendo le parti concordato sul pagamento, da parte dell'appellante ed in favore dell'appellata, della somma di Euro 1.200,00 a titolo di compenso professionale in luogo di quella di Euro 2.000,00 riconosciuta con la sentenza impugnata, con la previsione della compensazione delle spese del giudizio di appello. Sicché, sulla scorta di tale accordo, risulta dovuta dall'appellante in favore dell'appellata la somma di Euro 1.200,00, a titolo di compensi maturati per l'attività professionale prestata dall'Avv. (...) in favore del Nicosia nel corso di due distinti giudizi, oltre le spese e i compensi del giudizio di primo grado (i quali non hanno formato oggetto di alcuna specifica considerazione delle parti), e le spese e i compensi per il giudizio di opposizione esecutiva promossa dall'appellante (rimasti esclusi dall'accordo conciliativo, secondo quanto inequivocabilmente desumibile dallo stesso verbale di mediazione del 21.05.2018). 4.2. - Per altro verso, va ricordato che l'esatto adempimento dell'accordo conciliativo non opera sul processo - il cui ordinario esito non interessa più alle parti -, ma sul distinto piano dell'esecuzione delle obbligazioni assunte e dei rimedi apprestati dall'ordinamento a tutela dell'interesse del creditore all'adempimento (Cass. n. 25683/2013), sicché appare in specie irrilevante ogni questione circa un eventuale mancato rispetto dei termini dell'accordo raggiunto dalle parti, nei termini dedotti dall'appellante. 4.3. - Quanto agli effetti della presente pronuncia, va opportunamente ricordato che, secondo la S.C., "stante l'effetto devolutivo dell'appello e la perdurante caratteristica di esso di dover far luogo, sebbene sulla base del devolutum, ad una nuova decisione sulla lite, la pronuncia del giudice d'appello avrà necessariamente l'effetto di dichiarare che la controversia è definita dall'accordo transattivo e nel contempo assumerà il valore di dichiarare che è venuta meno ogni efficacia della sentenza di primo grado, quale che essa fosse per il suo contenuto" (cfr. Sez. U., n. 8980/2018). 4.4. - Conformemente all'accordo raggiunto dalle parti in sede di mediazione, va, dunque, dichiarata cessata la materia del contendere per intervenuto accordo negoziale determinativo del venir meno dell'efficacia della sentenza impugnata, a spese interamente compensate tra le parti. P. Q. M. Il Tribunale di Siracusa, Sezione Seconda Civile, in persona del Giudice Unico, dott. Alfredo Spitaleri, in funzione di Giudice di Appello, disattesa od assorbita ogni diversa domanda ed eccezione, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n. 4048/2017 r.g.a.c., così dispone: 1) Dichiara la cessazione della materia del contendere sull'appello proposto da (...) avverso la sentenza n. 555/2017 emessa dal Giudice di Pace di Siracusa nel procedimento di cui al n. 620/2017 r.g., per intervenuto accordo negoziale fra le parti determinativo del venir meno dell'efficacia della sentenza impugnata. 2) Compensa per intero le spese del giudizio di appello. Così deciso in Siracusa il 16 luglio 2022. Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SIRACUSA SENTENZA Il Tribunale di Siracusa, in persona del Giudice Unico, Dr.ssa Maria Concetta Consoli, ha emesso la seguente sentenza nel giudizio n. 90100644/2010: TRA (...) nato a C. il (...) e (...) nata a C. il (...) entrambi ivi residenti nella via (...) n 117 elettivamente domiciliati nella via (...) presso lo studio dell'avvocato Salvatore Seminato che lo rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente agli avv.ti An. e Fi.Tr. giusta procura in calce in atti; attori CONTRO (...) nato a M. A. il 19. E R.A. nata a C. il (...) entrambi residenti in C. nella via (...) n 1, ed ivi elettivamente domiciliati nella via (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Vi. che li rappresenta e difende giusta procura in atti. convenuti All'udienza del 05.11.2020 la causa è stata posta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato i coniugi (...) e (...), convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Siracusa sezione distaccata di Lentini, (...) e (...), al fine di accertare o dichiarare la loro responsabilità per i danni subiti nell' appartamento di proprietà degli attori posto in C., al 4 piano di Via (...) n.117 e conseguentemente ottenere la loro condanna al risarcimento del danni subiti dagli attori in Euro 6.095,00 o nella cifre che sarà riconosciuta dal Giudice. A supporto della loro domanda deducevano, di essere comproprietari di un appartamento sito a C. nella via S. (...) n 117, quarto piano e che nel mese di dicembre 2008, a seguito delle copiose piogge cadute su Carlentini, si erano registrate infiltrazioni di acqua, che avevano interessato i locali di proprietà degli attori, la cui origine era nel terrazzo di proprietà esclusiva di (...) e (...) sovrastante il citato immobile. Era infatti accaduto, che una parte del lastrico solare era stato smantellato dai convenuti per adeguare le pendenze ad un fabbricato abusivo (sottoposto successivamente a sequestro penale dagli stessi ), costruito dai predetti convenuti, quale ampliamento del già esistente appartamento, ed era stata danneggiata anche la guaina protettiva a presidio del solaio degli appartamenti sottostanti, sicché l'abbondante acqua piovana, accumulatosi sulla predetta terrazza a seguito delle copiose piogge, non potendo defluire dagli scoli predisposti allo scopo a causa della inopinata modifica dei luoghi e stravolgimento delle pendenze da parte dei convenuti, si era infiltrata nel solaio e penetrata all'interno dell'appartamento degli attori che pertanto subivano danni subiti alle pareti e all'impianto elettrico per complessive Euro 6.095,00. Si costituivano in giudizio i coniugi (...) e (...) contestando quanto ex adverso dedotto, eccependo che invero i danni lamentati dagli attori erano stati causati, non già dai lavori eseguiti dai convenuti, ma dalla mancata manutenzione da parte del condominio del canale di scolo a servizio dell'intero stabile posto sul lastrico solare, la cui ostruzione aveva impedito il regolare deflusso dell'acqua piovana. Chiedevano, pertanto, ascriversi al condominio la responsabilità dei danni lamentati e il conseguente rigetto della domanda attorea. Veniva disposta CTU. dalla quale emergeva che le lamentate infiltrazioni di acqua nell'appartamento degli attori, seppur provenienti dal lastrico solare posto a copertura dell'appartamento degli stessi e di proprietà esclusiva dei convenuti, non erano da attribuirsi all'intervento di riparazione effettuato a seguito della rimozione dei quattro pilastri in acciaio della veranda costruita dai convenuti e sottoposta a sequestro "ma ad una soluzione di continuità della guaina impermeabilizzante in corrispondenza del risvolto sottostante gli zoccoletti esterni nel muro di prospetto della mansarda di proprietà (...) - (...) nel lastrico solare". Peraltro, in sede di chiarimenti, il CTU riteneva che le fissurazioni presenti nella guaina in prossimità dello zoccoletto da cui derivano le infiltrazioni "erano da ricondursi alla vetustà della guaina di protezione del lastrico solare". Il giudice istruttore pertanto, aderendo, ad un orientamento della Corte di Cassazione ( Cass. Sez III 25 agosto 2014 n. 18164) ormai superato dalla Cassazione, secondo cui tutti i condomini, sono tenuti a sostenere le spese per la riparazione del lastrico solare che, a causa della cattiva manutenzione, ha provocato infiltrazione negli appartamenti ai piani inferiori, ordinava l'integrazione del contradditorio nei confronti degli altri condomini dello stabile a cura di parte attrice, ravvisando un' ipotesi di litisconsorzio necessario. Le parti attrici, però, non ottemperavano all'ordine del Giudice e, pertanto, la causa veniva rinviata all'udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 05.11.2020 si costituivano i nuovi procuratori delle parti attrici i quali rilevavano che nelle more del giudizio si era verificato un aggravamento del danno e chiedevano richiamarsi il CTU ing. (...) al fine di accertare e quantificare i danni subiti dall'appartamento degli attori alla data del mese di ottobre 2020 e di quantificare l'importo dei lavori occorrenti per ripararli. La causa veniva posta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente deve rilevarsi come la richiesta di integrazione della CTU al fine di accertare e quantificare gli ulteriori danni subiti dall'appartamento degli attori formulata solo all'udienza di precisazione delle conclusioni è inammissibile, posto che parte attrice non ha richiesto di essere rimessa in termini, per formulare la relativa domanda. A riguardo, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez VI ordinanza 15/10/2018 n. 25631 condivisa dal decidente, la richiesta di risarcimento dei danni sopravvenuti al maturare delle preclusioni istruttorie, anche se di qualità e quantità differenti da quelli richiesti con la domanda originaria, costituisce invece una domanda nuova , ma anche ammissibile se ricorrono i presupposti della rimessioni in termini ex art. 153 c.p.c.. La domanda nel merito è fondata e pertanto merita di essere accolta. Deve rilevarsi che le SS.UU. della Corte di Cassazione con la pronuncia del 10 maggio 2016 numero 9449, risolvendo il contrasto giurisprudenziale sorto alla luce di numerose decisioni successive al precedente delle stesse Sezioni Unite n. 3672/1997, ha da ultimo chiarito, che la responsabilità per danni da infiltrazioni prodotti dal lastrico solare o dal terrazzo di proprietà o di uso esclusivo va attratta all'ambito di operatività dell'articolo 2051 c.c. avuto riguardo alla posizione del soggetto che del lastrico o della terrazza abbia l'uso esclusivo. Sussiste quindi una responsabilità solidale concorrente tra proprietario esclusivo e il condominio, rispettivamente in base all'articolo 2043 c.c. e all'articolo 2051 c.c.. Il titolare esclusivo del lastrico solare è tenuto agli obblighi di custodia ex articolo 2051, in quanto ha un rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso, mentre il condominio è tenuto a compiere gli atti di manutenzione straordinaria, oltre a quelli conservativi. È ammessa un'eccezione all'ipotesi del concorso, solo quando risulti provato che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico, o della terrazza a livello, sia responsabile del danno causato da una sua condotta che abbia provocato le infiltrazioni. In tale caso, ovviamente, tenuto al risarcimento sarà soltanto il proprietario esclusivo (cfr. Cass. n. 6088/2020; Cass. n. 3239/2017). Orbene, nel caso di specie, il CTU Ing. (...) ha accertato che le infiltrazioni all'interno dell'appartamento degli attori si sono verificate per la mancanza della guaina di impermeabilizzazione nel risvolto della stessa nella parete ricostruita nell'appartamento dei signori (...) - (...) e che le fissurazioni presenti nella guaina in prossimità dello zoccoletto( da cui derivano le infiltrazioni) sono da ricondursi alla vetustà della guaina di protezione del lastrico solare a copertura dell'intero edificio. Ne segue pertanto che in ossequio al superiore orientamento giurisprudenziale, sussiste pertanto una responsabilità concorrente e solidale del condominio e del proprietario del lastrico solare nei confronti del danneggiato. Ne discende che, ai sensi dell'articolo 2055 c.c., il danneggiato ha diritto di agire anche nei confronti di uno solo dei responsabili solidali, anche singolarmente e per l'intero, e non ha l'obbligo di chiamare in causa l'altro corresponsabile, non sussistendo un' ipotesi di litisconsorzio necessario, mentre ogni obbligato può agire in regresso contro i coobbligati ( sul punto anche Cass. Civ., Sez. 6-2, Ordinanza 11.01.2022)., proprio come nella fattispecie in esame. Il Ctu le cui conclusioni sono pianamente condivise dal decidente siccome esenti da vizio di ordine logico-giuridico, ha quantificato il danno subito dall'appartamento di proprietà degli attori del tutto corrispondente all'importo dei lavori da eseguirsi per il completo rispristino degli ammaloramenti in complessive Euro 1.315,05 oltre iva. La relativa domanda di parte attrice risulta quindi, fondata per la somma di Euro 1.315,05 oltre iva. Alla luce di quanto esposto parte convenuta è condannata a risarcire i danni prodotti all'interno dell'appartamento di proprietà degli attori e quantificati in Euro 1.315,05. In tema di spese di lite, stante che la questione giuridica trattata è stata oggetto di diversi e contrastanti orientamenti giurisprudenziali, ritiene il decidente che ricorrono giustificati motivi ex art. 92 c.p.c. per disporre la integrale compensazione tra le parti. Le spese di CTU vengono poste a carico di entrambe le parti nella misura del 50%. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza,eccezione o difesa 1) Accoglie la domanda degli attori e per l'effetto condanna i convenuti in solido, al pagamento in favore delle attrici della somma di Euro 1.455,05 oltre IVA così come accertata dal CTU ing. Al.Za. a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti dai ricorrenti nell'immobile di loro proprietà; 2) Compensa tra le parti le spese di lite come in parte motiva; 3) Pone a carico di entrambe le parti nella misura del 50% ciascuno le spese di CTU siccome liquidate Così deciso in Siracusa il 28 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 29 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale Ordinario di Siracusa Sezione Civile 2 CIVILE Il Giudice, dott. Domenico Stilo, ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 4108/2017 R.Gen.Aff.Cont. assegnata in decisione all'udienza del 28/10/2021 con la fissazione dei termini previsti dagli artt. 190 e 281quinquies, co. I, c.p.c. TRA (...) nato ad A. il (...) (C.F.(...) rappresentato e difeso dall'AVV.(...) (C.F.(...) presso il cui studio, in Siracusa, via(...) è elettivamente domiciliato. attore E (...) nato a S. il (...) (C.F.(...) rappresentato e difeso dall'AVV.(...) (C.F.(...) e dall'AVV.(...) (C.F.(...) presso lo studio degli stessi, in Siracusa, via (...) è elettivamente domiciliato. convenuto E (...) nato a C. il (...) (C.F.(...) rappresentato e difeso dall'AVV.(...) e (C.F.(...) e dall'AVV.(...) (C.F.(...) presso lo studio dei quali, in Siracusa,(...) è elettivamente domiciliato. convenuto Oggetto: Indebito soggettivo - Indebito oggettivo. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato il sig.(...) citava in giudizio sigg.(...) e (...) al fine di ottenere la condanna di questi ultimi, in via solidale, alla restituzione dell'importo di Euro 5.000,00 indebitamente percepito, oltre agli interessi legali maturati dal 19 novembre 2016, nonché la condanna degli stessi al risarcimento di tutti i danni patiti dall'attore a causa del comportamento illegittimo e antigiuridico posto in essere dai convenuti, quantificati in Euro. 5.000,00 ovvero di quella somma maggiore o minore da quantificarsi in corso di causa, anche in via equitativa. Con comparsa di costituzione e risposta contenente domanda riconvenzionale, si costituiva in giudizio il sig. (...) chiedendo al Giudice, in via preliminare, di dichiarare l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento obbligatorio del procedimento di negoziazione assistita; nel merito, il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto e diritto e, in via riconvenzionale, che fosse dichiarato maturato il diritto alla provvigione dell'agente immobiliare, da liquidarsi nella misura del 3% del prezzo di acquisto (ammontante ad Euro 215.000,00) oltre accessori, così come previsto nella proposta di acquisto per cui è causa e per l'effetto condannare l'ing.(...) al pagamento in favore del geom.(...) della somma di Euro 6.450,00 oltre accessori, alla somma di Euro 5000,00 o a quella maggiore o minore reputata equa e giusta, per il risarcimento dei danni da responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.. In subordine, chiedeva di contenere l'importo risarcitorio da liquidarsi nella misura di giustizia ed equità. Si costituiva in giudizio anche il sig.(...) anch'egli eccependo, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di negoziazione assistita di cui all'art. 3 della L. n. 162 del 2014, nonché l'improponibilità della stessa per la sussistenza di una clausola compromissoria, inserita e specificamente approvata dalle parti, nella proposta d'acquisto; nel merito, chiedeva, in via riconvenzionale, di accertare l'inadempimento dell'attore e di condannare quest'ultimo al risarcimento del danno quantificato nella somma di Euro 15.000,00 o in quell'altra maggiore o minore accertata in corso di causa. Assegnato dal Giudice un termine di 15 giorni per provvedere all'invito per la stipula di una convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati, la causa veniva rinviata per la verifica dell'esito della negoziazione. All'udienza del 12 dicembre 2018 i procuratori dei convenuti eccepivano che la negoziazione assistita non era stata correttamente definita per mancato impulso da parte dell'attore; quindi, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni. MOTIVI DELLA DECISIONE Va dichiarata l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento obbligatorio di negoziazione assistita. Appare opportuno, per una migliore comprensione della vicenda, porre in rilievo le seguenti circostanze di fatto, provate in quanto rilevabili dalla documentazione in atti e/o non contestate: - in data 19 novembre 2016 il sig.(...) tramite l'intermediazione dell'agenzia immobiliare "(...) di cui il titolare è il sig.(...) ha sottoscritto una proposta d'acquisto dell'immobile sito in S., via (...) piano terzo, di proprietà del sig.(...) al prezzo di Euro. 215.000,00; - al momento della sottoscrizione il sig. (...) ha consegnato al sig. un assegno di Euro. 5.000,00 a titolo di deposito fiduciario, con l'incarico assunto dall'agente immobiliare di versarlo al promittente venditore sig. (...) nel momento in cui il proponente sig. (...) avrebbe ricevuto la comunicazione dell'accettazione della proposta da parte dello stesso promittente venditore, ovvero di fame immediata restituzione al promissario acquirente in caso di mancata tempestiva accettazione della proposta; - nell'atto era stabilito che la proposta di acquisto era da considerarsi irrevocabile sino alla data del 29 novembre 2016 e che, invece, era da considerarsi priva di ogni effetto in caso di mancata tempestiva accettazione. Parte attrice lamenta che tale termine sia decorso inutilmente in quanto alcuna comunicazione di accettazione gli era stata recapitata da parte dell'agente immobiliare entro la data stabilita; che, pertanto, illegittimamente l'assegno di Euro. 5.000,00 era stato consegnato da parte del sig.(...) al sig.(...) e da questi posto all'incasso. Viceversa, il sig.(...) ed il sig. (...) hanno dedotto che in realtà la comunicazione dell'accettazione della proposta d'acquisto era stata tempestivamente recapitata al sig.(...) per cui, legittimamente l'assegno era stato consegnato al promittente venditore e da questi incassato a titolo di acconto prezzo, come stabilito dall'atto di proposta d'acquisto. Evidenziati per sommi capi i motivi del contendere, va rammentato che L'art. 3 del D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, prevede che "... Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita. Allo stesso modo deve procedere, fuori dei casi previsti dal periodo precedente e dall'articolo 5, comma 1-bis, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila Euro. L 'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale". L'improcedibilità deve essere eccepita "... dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice quando rileva che la negoziazione assistita è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 2, comma 3. Allo stesso modo provvede quando la negoziazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell'invito ...". Nel caso di specie, la domanda è stata proposta in data successiva all'entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legge citato: la domanda di parte attrice, avente ad oggetto il pagamento della somma (originaria) di Euro 5.000,00, rientra nell'ambito applicativo della L. n. 132 del 2014 che impone l'espletamento della negoziazione assistita nei giudizi in cui è proposta una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti Euro 50.000,00. Risulta dagli atti che alla prima udienza di prima comparizione delle parti del 17 gennaio 2018, entrambi i convenuti hanno insistito nell'eccezione di improcedibilità della domanda, trattandosi di materia rientrante tra quelle per cui la legge prevede l' esperimento obbligatorio del procedimento di negoziazione assistita. Il Giudice assegnava, quindi, un termine di 15 giorni per provvedere all'invito per la stipula di una convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati, rinviando il giudizio alla successiva udienza del 16 maggio 2018. Con raccomandata del 29 gennaio 2018, notificata il successivo 21 febbraio 2018, l'attore trasmetteva l'invito alla negoziazione assistita ad entrambi i convenuti. Seguiva l'immediata adesione da parte di questi ultimi, formalizzata con comunicazione di riscontro del 26 febbraio 2018 trasmessa, a mezzo pec, in data 28 febbraio 2018. Tuttavia, risulta che parte attrice dopo la citata trasmissione dell'invito alla stipula di una convenzione di negoziazione assistita e la conseguente, immediata adesione, non ha fatto più seguire alcuna comunicazione in merito. Nonostante il rinvio ottenuto all'udienza del 16 maggio 2018 per proseguire la negoziazione già iniziata, anche alla successiva udienza del 12 dicembre 2018, parte attrice ha chiesto al Giudice disporsi un nuovo rinvio per la medesima motivazione. In questo caso, i procuratori delle parti convenute si sono opposte rilevando la mancanza di atti d'impulso al procedimento di negoziazione assistita. Invero, va evidenziato che il procuratore di parte attrice non ha addotto validi motivi che avrebbero impedito allo stesso di dare impulso alla procedura; per cui, non vi era ragione alcune di concedere l'ulteriore rinvio. Orbene, come già più volte evidenziato, l'art. 3 cit. prevede che "L'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale". Il comma 2 dell'art. 3 cit. dispone che la condizione di procedibilità si considera avverata se l'invito non è seguito da adesione, o è seguito da rifiuto ovvero quando è decorso il periodo di tempo di cui all'art. 2 comma 2 lett. a), e cioè il termine di durata per l'espletamento della procedura previsto nella convenzione. L'iter procedimentale si compone di varie fasi: i (i) l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita; ii (ii) la risposta (positiva o negativa) all'invito; iii (iii) la redazione e sottoscrizione della convenzione di negoziazione le fasi dello scambio di invito e replica non sono necessarie qualora le parti addivengano all'immediato perfezionamento della convenzione di negoziazione), la quale deve precisare, oltre all'oggetto della controversia, il termine concordato dalle parti per l'"espletamento" della procedura; iv (iv) lo svolgimento della negoziazione assistita, che può concludersi (non prima di un mese e non oltre tre mesi, salvo proroga concordata dalle parti di ulteriori trenta giorni) negativamente oppure positivamente con la sottoscrizione di un accordo che compone la controversia. Il legislatore, operando, dal punto di vista semantico, una distinzione tra l'"esperimento" del procedimento di negoziazione assistita, cui è subordinata la procedibilità della domanda, e l'"espletamento" della procedura medesima, ha mostrato di ritenere necessario ma sufficiente che le parti sperimentino la possibilità di addivenire ad un accordo. Dunque, in sintesi: (a) se parte attrice non comunica tempestivamente alla controparte l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, la domanda è improcedibile; (b) se parte attrice comunica tempestivamente l'invito alla controparte la quale non aderisce o rifiuta, la condizione di procedibilità si considera avverata e la domanda diventa procedibile; (c) se parte attrice comunica tempestivamente alla controparte l'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita e questa aderisce, parte attrice, interessata a coltivare il giudizio e quindi all'avveramento della condizione di procedibilità, è tenuta ad attivarsi per promuovere la conclusione della convenzione, sicché, (c1) qualora non si attivi, la domanda è improcedibile, mentre (c2) qualora si attivi e venga sottoscritta la convenzione, la negoziazione assistita può avere luogo, concludendosi con l'accordo delle parti, che vanifica l'instaurazione o la prosecuzione dell'azione giudiziaria, oppure con lo spirare del termine concordato, che determina in ogni caso l'avveramento della condizione di procedibilità della domanda. Pertanto, ad essere sanzionata con l'improcedibilità della domanda non è soltanto la mancata tempestiva comunicazione dell'invito a stipulare una convenzione di negoziazione assistita - la quale impedisce ab origine qualsiasi fruttuoso corso della procedura - ma, a fronte dell'adesione delle controparti, anche l'omessa conclusione della convenzione di negoziazione e dunque il mancato compimento della fase successiva a quelle dell'invito e delle relative risposte: infatti, nel caso in cui sia conclusa la convenzione e stabilito un termine per l'espletamento della procedura con conseguente transito all'ultima delle suddette fasi, è allo stesso decorso del termine concordato che la legge ricollega l'avveramento della condizione di procedibilità. Pertanto, l'inerzia della parte attrice che, ricevuta la disponibilità della controparte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita, non si attivi per addivenire a tale stipula, arrestando senza ragione la procedura ad una fase precedente quella dello svolgimento della negoziazione, la quale costituisce lo sfogo naturale ed obbligato della convenzione, impedisce l'esperimento della procedura medesima e frustra inevitabilmente la finalità dello strumento deflattivo in esame. Nella specie, la condizione di procedibilità non può considerarsi avverata e dev'essere dichiarata l'improcedibilità della domanda attorea poiché l'invito a stipulare la convenzione è stato seguito da adesione della controparte ma parte attrice non si è attivata in alcun modo per giungere alla conclusione della convenzione di negoziazione. In ordine alle spese processuali, occorre evidenziarsi che dall'esame della documentazione versata in atti non risulta sufficientemente provato né quanto addotto dalla parte attrice in ordine all'omessa tempestiva comunicazione dell'accettazione della proposta del promittente venditore, né viceversa quanto addotto dalla parte convenuta in ordine alla tempestiva comunicazione di detta accettazione. Di conseguenza, applicando il principio dell'onere della prova, non risulta elementi idonei a dimostrare la fondatezza della domanda di parte attrice, né la fondatezza della domanda riconvenzionale delle parti convenute. Sussistono, pertanto, giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese processuali. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Sezione Civile 2 civile, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinta o assorbita ogni ulteriore domanda ed eccezione, così provvede: 1) dichiara l'improcedibilità delle domande formulate dalla parte attrice; 2) compensa interamente le spese di lite. Così deciso in Siracusa il 9 giugno 2022. Depositata in Cancelleria il 16 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giacomo Rota, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado promossa DA (...), con il patrocinio degli avv. (...) elettivamente domiciliati in Via (...) CONTRO ATTORI OPPONENTI (...) con il patrocinio dell'avv. (...) elettivamente domiciliata in Via (...) CONVENUTA OPPOSTA Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo Conclusioni: come da atti di causa RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Oggetto di causa sono le sorti del contratto di prestito personale n. (...), della durata di sette anni, con cui (...) hanno ottenuto il finanziamento dell'importo di Euro 12.697,65 di cui Euro 517,65 a titolo di copertura assicurativa che ?stata qualificata nel testo del contratto come assicurazione facoltativa ed Euro 180,00 a titolo di commissione finanziaria: il finanziamento prevedeva il rimborso rateale di Euro 198,00 al mese, per 84 rate, con un T.A.E.G. pari al 8,80% ed un T.A.N. pari al 7,95%. Stante il mancato pagamento di parte delle rate, la cessionaria del credito (...) ha richiesto ed ottenuto decreto di ingiunzione per la somma di Euro 10.065,92 che gli odierni attori (...) hanno impugnato sul presupposto che sia il costo dell'assicurazione che gli oneri a titolo di commissione finanziaria andassero computati nel calcolo del tasso di mora si da far lievitare quest'ultimo in una percentuale maggiore dell'allora tasso soglia: gli attori (...) hanno pertanto dedotto la gratuità del finanziamento giusta applicazione dell'art. 1815, secondo comma, c.c. ed hanno chiesto la revoca del decreto opposto e la rimodulazione del finanziamento comprendente la sola sorte capitale oggetto di finanziamento con espunzione di qualsivoglia interesse. Si è costituita in giudizio la (...) contestando il merito delle avverse pretese ed instando per il rigetto dell'opposizione di parte attrice: la convenuta ha rilevato che il costo della copertura assicurativa, stante la natura facoltativa dell'assicurazione la cui attivazione era stata liberamente scelta dal contraente, non poteva essere inglobato nel calcolo del T.A.E.G. giusta applicazione dell'art. 121 T.U.B., e che, ad ogni buon conto, anche a volere inglobare tale costo nel T.A.E.G. la sua percentuale era comunque inferiore al tasso soglia pari al 17,91%. Radicatosi il contraddittorio tra le parti, la causa è giunta al naturale epilogo a seguito della discussione orale odierna. Ciò premesso, il Tribunale ritiene che l opposizione a decreto ingiuntivo azionata da (...) sia da disattendere per i motivi di seguito indicati. Innanzitutto dal testo del contratto è emerso che la copertura assicurativa era facoltativa e non obbligatoria per la parte finanziata, di talché il relativo costo non va computato ai fini del T.A.E.G. giusta applicazione dell'art. 121 T.U.B.: parte attrice non ha dimostrato la obbligatorietà di tale onere ai fini dell'ottenimento del finanziamento per cui è lite, non avendo dedotto alcuna prova a tale riguardo. Devesi poi rilevare che è altamente plausibile - e comunque non è stato contestato da parte attrice - che, anche a volere inglobare il costo della copertura assicurativa nel T.A.E.G., la percentuale di quest'ultimo risulta inferiore al tasso soglia, e ciò considerato che il maggiore costo di Euro 517,65 va ripartito nelle 84 rate di cui si compone il pagamento dilazionato nel tempo del finanziamento per cui è lite. In definitiva, in assenza di alcun elemento di segno contrario, nulla osta alla conferma del decreto opposto stante la prova della sussistenza del credito azionato in via monitoria dalla banca convenuta, prova data dalla produzione del contratto debitamente sottoscritto dagli attori e dalla distinta di versamento della somma finanziata. Nessuna delle ulteriori doglianze prospettate dagli attori (...) con la prima memoria istruttoria ex art. 183, sesto comma, c.p.c., è tale da incrinare la pretesa monitoria posto che: 1) l'asserita irrilevanza del certificato ex art. 50 T.U.B. palesata da parte attrice è inconferente ai fini del decidere posto che, come detto in precedenza, il credito è stato provato con la produzione del contratto e della distinta di versamento della somma finanziata: parte attrice comunque non ha contestato di avere ricevuto la somma finanziata né ha contestato l'esistenza del rapporto negoziale al quale è succeduta la parte odierna convenuta; 2) del tutto generica si palesa la doglianza concernente l'asserita indeterminatezza e/o indeterminabilità dell'oggetto del contratto, avuto riguardo alle previsioni negoziali in esso contenute che sono state minuziosamente richiamate dalla stessa difesa di parte attrice nell'atto introduttivo del giudizio; 3) quanto all'asserita difformità tra il tasso di interesse nominale annuo contrattuale ed il tasso in concreto applicato tale da avere fatto lievitare la rata mensile da corrispondere da Euro 197,59 ad Euro 198,00, il Tribunale rileva come tale discrasia, per la verità soltanto affermata avuto riguardo ai dati della perizia di parte ma non suffragata da concreti elementi di calcolo, non è tale da comportare la nullità del finanziamento o la rimodulazione del piano di ammortamento ai sensi dell'art. 117 T.U.B.; 4) quanto all'asserita difformità tra l'I.S.C. previsto in contratto con quello effettivamente applicato, il Tribunale rileva come tale difformità non determina la nullità del finanziamento o la rimodulazione del piano di ammortamento ai sensi dell'art. 117 T.U.B. ma, se del caso, un eventuale illecito negoziale con conseguente azione risarcitoria al ricorrere dei presupposti di legge; 5) non è stata fornita prova del superamento del T.S.U. ad opera del tasso di mora applicato, atteso che per la tipologia di finanziamento per cui è lite il tasso soglia usura era pari al 17,91%; 6) non rileva infine, ai fini dell'eventuale accertamento del superamento del tasso soglia, la penale per estinzione anticipata del rapporto atteso che non può farsi dipendere la concretizzazione del tasso in concreto applicato da un comportamento riconducibile alla mera discrezionalità della parte finanziata che decida di estinguere in via anticipata il rapporto di finanziamento. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno addossate agli attori opponenti (...), nella misura di cui al dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1. Rigetta l'opposizione spiegata da (...) e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto; 2. Condanna (...) al pagamento, a favore della (...) delle spese di lite liquidate in Euro 2.000,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfettario spese generali 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Sentenza resa ex articolo 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale. Cos deciso in Siracusa il 28 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SEZIONE SECONDA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Giacomo Rota, ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile di primo grado promossa DA (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Lo.Da., elettivamente domiciliata in Via (...) in Canicattini Bagni ATTORE CONTRO (...) (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. Sa.Cl., elettivamente domiciliata in Via (...) in Siracusa CONVENUTO E CON LA CHIAMATA DI (...) LTD (P.I. (...)), con il patrocinio degli avv. Sc.Pa., D'E.Ni. e Me.St., elettivamente domiciliata in Via Tevere n. 3 in Siracusa TERZO CHIAMATO Oggetto: responsabilità in materia sanitaria RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE (...) ha convenuto in giudizio l'(...) per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni non patrimoniali e patrimoniali subiti in conseguenza della gravidanza del 12.08.2010 asserendo che, in data 20.01.2009, era stata sottoposta presso la divisione di Ginecologia ed Ostetricia del P.O. di Siracusa, dopo una sesta gravidanza, a un intervento di taglio cesareo in paziente precesarizzata e contestualmente a un intervento di sterilizzazione mediante salpingectomia bilaterale; nel febbraio 2010 dopo avere appreso di essere nuovamente incinta ha deciso di proseguire la gravidanza e, in data 12.08.2010, ha dato alla luce la piccola (...) a seguito di nuovo taglio cesareo; ha dedotto quindi che: l'intervento di sterilizzazione del gennaio 2009 non fosse stato eseguito in maniera adeguata rilevando che dalla documentazione medica dell'intervento del 2009 non si evinceva la descrizione dell'operazione; dalla cartella clinica del 16.08.2010 non si evinceva alcun segno di pregressa salpingectomia; l'evento procreativo a distanza di circa un anno era prova della non corretta esecuzione dell'intervento. L'attrice ha evidenziato, altresì, come il consenso informato dell'intervento di sterilizzazione fosse stato incompleto e inadeguato in quanto mancavano le generalità della paziente e l'indicazione del medico che avrebbe dovuto somministrare il consenso denunciando inoltre una carente informazione sui vari metodi di sterilizzazione con rischi, benefici e raccomandazioni post-intervento. La (...) ha rappresentato che la nascita indesiderata della figlia (...) aveva comportato e comporta serie problematiche economiche poiché durante la gravidanza e per i primi anni di vita della piccola non aveva potuto lavorare in considerazione del suo impiego come operaia agricola e ha lamentato la lesione del diritto alla procreazione cosciente e responsabile assumendo quindi che la nascita indesiderata le aveva cagionato un danno patrimoniale e non patrimoniale nonché un danno biologico quantificati complessivamente nella somma di Euro 457.128,50 di cui Euro 300.000,00 quale danno patrimoniale consistente nei maggiori oneri per il mantenimento del nuovo figlio; Euro 150.000,00 quale danno non patrimoniale conseguente alla lesione del diritto di determinazione ed Euro 7.128,50 quale danno biologico permanente nella misura del 5% con ITA di 7 giorni e ITP di 60 giorni al 50%. Si è costituita in giudizio l'(...) la quale ha chiesto il rigetto della domanda attorea ritenendola del tutto infondata in fatto e in diritto e ha eccepito che l'intervento di sterilizzazione, effettuato del Dott. T., fu correttamente eseguito con diligenza e perizia secondo i corretti canoni della scienza medica precisando che un intervento di sterilizzazione seppur effettuato correttamente non esclude che la paziente rimanga nuovamente incinta, con la percentuale di successo che si riduce in presenza di aderenze con i tessuti ematosi come avvenuto nel caso di specie. L'(...) ha rappresentato, altresì, che la paziente era stata chiaramente informata e resa edotta dal medico sugli eventuali rischi e sul fatto che la sterilità non poteva essere garantita e ha eccepito che la (...) in occasione del parto cesareo del 12.08.2010 non avesse chiesto ai sanitari ulteriore sterilizzazione evidenziando, infine, che non vi fosse l'obbligo in capo al medico di riferire del precedente intervento di sterilizzazione nella cartella clinica peraltro in assenza di richiesta della paziente. L'(...) ha quindi contestato le avverse richieste di risarcimento sia del danno patrimoniale, consistente nel mantenimento della bambina per il periodo necessario a ultimare gli studi e a conseguire l'indipendenza economica, escludendo che una nascita possa essere equiparata alla stregua di una perdita subita dal creditore ex art. 1223 c.c. sia del danno patrimoniale da lucro cessante asserendo che la (...) avrebbe potuto avvalersi delle tutele previste dalla legge e dal contratto collettivo in favore della lavoratrice madre nel settore agricolo; ha negato la sussistenza del danno biologico poiché la gravidanza e la nascita di un figlio sono eventi fisiologici e non una patologia e del danno da lesione di diritti costituzionali poiché la (...) ebbe un adeguato e completo consenso informato anche in ordine alla fallibilità dell'intervento di sterilizzazione. L'(...) ha ritenuto arbitraria e eccessiva la quantificazione dei presunti danni subiti dalla G., ravvisando un concorso di colpa della stessa che avrebbe potuto effettuare qualche controllo clinico successivo all'intervento di sterilizzazione e adottare misure precauzionali per evitare il rischio di una gravidanza non desiderata nonché ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza per mitigare i danni; ha rilevato, ancora, che la nascita di una figlia comporta per la madre dei vantaggi e dei benefici sia dal punto di vista morale che patrimoniale eccependo a tal fine l'applicazione della compensatio lucri cum damno. L'(...) ha chiesto, infine, l'autorizzazione alla chiamata in giudizio della compagnia assicurativa (...) Limited con la quale aveva contratto polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile verso terzi. Si è costituita in giudizio la compagnia assicurativa che in via principale ha eccepito la inoperatività della polizza RCT-RCO asserendo che la stessa coprisse "il pregiudizio, di natura patrimoniale e non patrimoniale, sofferto dal terzo (art. 5.2) a seguito di morte o lesioni alla persona, o di distruzione, danneggiamento o perdita di cose" e che la presunta lesione del diritto alla procreazione cosciente e responsabile non ricadesse nella definizione di danno non configurandosi dunque come lesione alla persona ma come lesione di un diritto e ha insistito, pertanto, per il rigetto della domanda di manleva; ha rilevato che una volta esclusa l'operatività della polizza gravi sull'azienda ospedaliera l'onore probatorio sulla operatività della stessa e che comunque essendo prevista una franchigia aggregata annua di Euro 1.700.000 spetti in ogni caso all'azienda ospedaliera provare l'erosione della stessa prima di rendere operativa la garanzia; nel merito ha eccepito l'assoluta correttezza dell'operato del medico e della sussistenza e validità del consenso informato firmato dall'attrice, riportandosi alle difese formulate dall'(...). Il giudizio è proseguito con l'espletamento di una c.t.u. volta a descrivere la natura dell'intervento di salpingectomia bilaterale, verificarne la correttezza e l'eventuale negligenza, imprudenza e imperizia nell'esecuzione determinando la durata della inabilità temporanea sia assoluta che relativa con ulteriore integrazione volta ad accertare se la presenza di aderenze con i tessuti ematosi abbia inciso negativamente sul successo finale dell'intervento di sterilizzazione; successivamente in osservanza dell'ordine di esibizione dei dati relativi alla franchigia aggregata erosa, la AmTrust provvedeva all'udienza del 26.11.2019 al deposito della relativa documentazione dalla quale si evinceva che la franchigia residuale per il periodo di riferimento era di Euro 418.818,61; la causa è quindi giunta al naturale epilogo a seguito dell'udienza di precisazione delle conclusioni del 09.11.2021 e del successivo scambio degli scritti difensivi di cui all'art. 190 c.p.c.. Ciò premesso, il Tribunale rileva che la domanda di parte attrice volta all'ottenimento del risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale nonché del danno biologico è da accogliere nei limiti e per i motivi di seguito indicati. Occorre ricordare, come ribadito più volte dalla Suprema Corte, che il rapporto che si istaura tra paziente e la casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un tipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione del pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall'assicuratore, dal Servizio Sanitario Nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell'ente), accanto a quelli di tipo latu sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell'apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni o emergenze. Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell'ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell'art. 1218 c.c., all'inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, nonché, in virtù dell'art. 1228 c.c., all'inadempimento della prestazione medico professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario a riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche di fiducia dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto. (Cass. 23198/2015, Cass. 13952/2007). Alla luce di tale insegnamento la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti del paziente va inquadrata nello schema delineato dall'art. 1218 c.c. e per tanto riguardo al riparto dell'onere della prova trova applicazione il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di responsabilità civile nell'attività medico chirurgica, ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto (o contatto) e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Cass. SS.UU. n. 577 del 2008, Cass. n. 5128 del 2020, Cass. n. 18392 del 2017, Cass. n. 975 del 2009). Il paziente che agisce in giudizio contestando l'esatto adempimento dell'obbligazione sanitaria deve soltanto provare il contratto e allegare l'inadempimento della struttura sanitaria, la stessa a sua volta potrà superare la presunzione di colpa della quale è gravata ai sensi dell'art. 1218 c.c. dimostrando che l'insuccesso dell'intervento sia dipeso da un evento imprevedibile e non prevenibile con l'uso dell'ordinaria diligenza. Nel caso di specie la (...) ha contestato in capo alla (...) convenuta una condotta negligente del medico nell'esecuzione dell'intervento di sterilizzazione e una condotta omissiva consistita in una incompleta e inadeguata informazione circa i rischi connessi all'intervento di sterilizzazione e alle possibilità di conseguire il risultato sperato; l'(...) non è riuscita a dimostrare che la gravidanza successiva all'intervento di sterilizzazione sia derivata da un evento imprevisto e imprevedibile non imputabile, dunque, a una inesatta prestazione professionale. Nella relazione di c.t.u. espletata in corso di causa e nella successiva integrazione, dopo essere stato descritto l'intervento chirurgico della salpingectomia bilaterale volto all'annullamento in maniera irreversibile della possibilità di procreare naturalmente e consistente nella asportazione parziale delle tube con chiusura, con fili riassorbibili, dei monconi tubarici per evitare la ricanalizzazione spontanea delle terminazioni tubariche, è evidenziato che una donna di età compresa tra i 28 e i 33 anni, secondo lo studio americano CREST, manifesta percentuali di fallimento nella salpingectomia parziale postpartum vicini allo 0,0 nel primo anno, situazione simile all'oggetto della controversia sia come età che come intervallo tra sterilizzazione e successiva gravidanza; è lamentato inoltre il fatto che è stato impossibile valutare la tecnica usata dal chirurgo nell'esecuzione dell'intervento di sterilizzazione in quanto nella cartella clinica non vi è la descrizione del tipo di intervento chirurgico. I c.t.u. rilevano, altresì, che il minimo lasso di tempo tra l'esecuzione dell'intervento chirurgico di sterilizzazione tubarica e l'insorgenza di una nuova gravidanza "suscita non pochi dubbi sulla correttezza dell'esecuzione della stessa" che, a parere del giudicante, rappresenta la conferma dell'inadeguata esecuzione dell'intervento di sterilizzazione, avallato anche dal fatto che gli ausiliari riconoscono, in conclusione, la presenza, nel caso di specie, di tutti gli elementi che costituiscono la colpa medica ossia negligenza, imprudenza e imperizia nonché il nesso di causalità tra il non corretto intervento chirurgico e la successiva gravidanza. Da quanto emerso in corso di causa e a fronte delle risultanze della relazione di c.t.u., si può affermare che la nascita indesiderata è conseguenza della inesatta esecuzione dell'intervento di salpingectomia bilaterale e l'(...) non ha dato prova del fatto impeditivo ovvero il verificarsi di un evento imprevedibile e non superabile con l'adeguata diligenza che ha impedito di ottenere il risultato normalmente ottenibile in relazione alle circostanze concrete del caso (Cass. 8826/2007): infatti anche la lamentata presenza di aderenze con i tessuti ematosi, come affermato dai c.t.u. nella relazione integrativa, non ha avuto alcun ruolo nell'aumentare le probabilità di insuccesso delle tecniche di sterilizzazione tubarica dovute invece all'esecuzione non corretta delle stesse. Quanto alla contestazione relativa all'assenza di un adeguato e valido consenso informato, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell'intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all'uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell'informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Cass. n. 23328 del 2019, Cass. n. 2177 del 2016) Ciò imponeva, nel caso in esame, che l'obbligo di informazione non si esaurisse nel fornire alla paziente generiche informazioni sull'intervento e sul carattere irreversibile della sterilizzazione ma investisse altresì e soprattutto, in ragione dell'obiettivo specificatamente perseguito dalla paziente, i profili di incertezza che invece gravano sulla definitività della sterilizzazione; la G., alla sesta gravidanza e al terzo taglio cesareo, non fu adeguatamente informata, così come riportato dai c.t.u., i quali hanno rilevato la lacunosità, l'incompletezza e la non esaustività del consenso informato, su tutti gli aspetti delle conseguenze cui la paziente poteva andare incontro e sulle tecniche di sterilizzazione e/o contraccezione alternative, sia di natura ormonale che meccanica o naturale con i rispettivi benefici e rischi. L'inadeguatezza dell'informazione si evince chiaramente dalla superficialità con cui è stato "compilato" il modulo di consenso informato per l'intervento di sterilizzazione che è del tutto privo della indicazione dei dati della paziente da sottoporre a trattamento e che riporta unicamente le sottoscrizioni della odierna attrice e del di lei marito. Per quanto finora detto, deve ritenersi dimostrata la sussistenza della responsabilità del personale medico della (...) convenuta in ordine all'evento lesivo che ci occupa, essendo rimasto accertato che la gravidanza in parola ebbe a verificarsi a seguito di un intervento di sterilizzazione tubarica per il quale non fu raccolto idoneo consenso informato che ha privato la (...) della libera scelta del trattamento cui si è sottoposta. Ciò ha causato un danno per la lesione della libertà di autodeterminazione ad una procreazione cosciente e responsabile (art. 1 L. n. 194 del 1978) che, se frustrato costituisce un danno ingiusto meritevole di risarcimento, trattandosi di un diritto di libertà che trova tutela nella Costituzione (artt. 2-13) generando così delle negative ricadute esistenziali nella vita dei genitori in conseguenza della violazione del diritto a non dar seguito a gestazioni indesiderate. Non merita, altresì, accoglimento l'eccezione formulata dall'(...) di concorso di colpa della (...) nel danno, ex art. 1227 c.c., poiché come accertato dai c.t.u. la stessa non ebbe una informazione esaustiva e completa circa i rischi e le conseguenze dell'intervento di sterilizzazione e inoltre non può certo richiedersi alla danneggiata di sottoporsi a intervento di interruzione volontaria della gravidanza al fine di evitare i danni conseguenti alla non corretta esecuzione della sterilizzazione, comportando l'intervento abortivo un evidente e rilevante sacrificio alla salute e alla libertà di autodeterminazione della madre (Trib. Reggio Emilia del 7 ottobre 2015). Quanto al danno biologico si ritiene non sussistente un danno permanente a carico della attrice; va quindi rigettata la relativa richiesta di liquidazione in considerazione del fatto che la nascita di un figlio non determina di per sé una diminuzione all'integrità psicofisica e la (...) non ha dato prova di ulteriori danni subiti, nondimeno va riconosciuta la risarcibilità del danno biologico temporaneo così come quantificato dai c.t.u. per la gravidanza occorsa dopo essersi sottoposta a intervento di sterilizzazione poi rivelatosi inefficace. In riferimento alla formulata richiesta di risarcimento del danno patrimoniale consistente nei maggiori oneri che hanno gravato e che graveranno sulla (...) per il mantenimento del nuovo figlio, consolidata giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato la risarcibilità anche del danno patrimoniale che sia conseguenza immediata e diretta dell inadempimento del sanitario, in termini di causalità adeguata (Cass. n. 12 del 1998; Cass. n. 14488 del 2004; Cass. n. 13 del 2010; cfr. Cass. n. 2070 del 2018). La nascita di un figlio comporta senza dubbio delle spese, necessarie per il suo mantenimento e la sua educazione fino a raggiungimento della sua indipendenza economica, le quali costituiscono conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento medico e soddisfano l'ulteriore requisito della prevedibilità del danno ai sensi dell'art. 1225 c.c. (Trib. Reggio Emilia 7 ottobre 2015). Deve pertanto ritenersi che il danno economico risarcibile sia costituito dalle spese che si dovranno sostenere per il mantenimento del figlio fino alla sua indipendenza economica, che può presuntivamente farsi coincidere con il compimento del venticinquesimo anno di età e non con il trentacinquesimo anno come richiesto dall'odierna attrice (Trib. Venezia 10 settembre 2002; Trib. Tolmezzo 7 giugno 2011, Trib. Reggio Emilia 7 ottobre 2015). Esaurita in tal modo la disamina relativa all'an debeatur deve osservarsi quanto segue in punto di quantum: sulla richiesta di danno non patrimoniale, conseguente alla lesione del diritto autodeterminazione si ritiene di dover procedere a una quantificazione in via equitativa del danno con riferimento al caso concreto liquidabile in Euro 20.000,00; sulla richiesta di danno biologico temporaneo i c.t.u. hanno riconosciuto un periodo di ITA di 6 giorni corrispondenti al periodo di ricovero della paziente dall'11.08.2010 al 16.08.2010 e un periodo di ITP al 50% di 30 giorni, sulla scorta di dette determinazioni, si ottengono i seguenti importi, applicando le tabelle del Tribunale di Milano: risarcimento per 6 giorni di invalidità assoluta Euro 594,00, risarcimento per 30 giorni di invalidità parziale al 50% Euro 1.485,00, risarcimento totale per invalidità temporanea Euro 2.079,00; relativamente alla quantificazione del risarcimento del danno patrimoniale lo scrivente ritiene equo valutare il costo mensile per la crescita e il mantenimento di un figlio in Euro 350,00 che fino al raggiungimento dell'indipendenza economica all'età di 25 anni è pari a Euro 105.000,00 (350 x 12 mesi= 4.200 anno x 25= 105.000). In definitiva l (...) convenuta deve essere condannata al pagamento della complessiva somma di Euro 127.079,00 liquidati in moneta attuale. Quanto ai rapporti interni tra l'azienda ospedaliera e la compagnia assicurativa va disattesa l'eccezione di inoperatività della polizza assicurativa, sollevata dalla AmTrust, per l'estraneità dell'odierna vertenza al di fuori dell'oggetto di copertura della polizza: infatti come rilevato dalla Suprema Corte di Cassazione il danno subito dal genitore, derivante dalla nascita indesiderata, rientra nel concetto di lesione personale, perché tale è la gravidanza indesiderata rispetto al diritto sul proprio corpo. Una volta riconosciuto agli attori il danno da nascita indesiderata, la gravidanza contro la volontà della donna e la nascita sono lesioni personali subite da quest'ultima, per il cui risarcimento l'assicurazione è tenuta alla manleva (Cass. n. 4738 del 2019). Purtuttavia, come rilevato dalla compagnia assicurativa, la polizza prevedeva una franchigia aggregata annua di Euro 1.700.000,00 concordata tra le parti e l'(...) non ha dato prova dell'esaurimento del fondo franchigia e a nulla rileva in tal senso l'eccezione dell'Azienda essendo ormai pacifico in giurisprudenza che ove le conclusioni della compagnia chiamata in causa indichino, come nel caso di specie (sia pur in via subordinata), che la eventuale condanna tenga conto dei limiti della franchigia, la corretta dialettica processuale impone che venga data prova di tale elemento costitutivo dalla parte onerata assicurato, al più tardi, entro il secondo termine di cui all'art. 183 c.p.c., comma 6, con facoltà della controparte assicuratore di offrire prova contraria con la memoria di cui al terzo termine di cui all'art. 183 c.p.c., comma 6. (Cass. n. 30524 del 2019) Addirittura la (...) Limited, in esecuzione dell'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. ha depositato all'udienza del 26.11.2019 documentazione dalla quale si evinceva che la franchigia residuale era di Euro 418.818,61; alla luce di ciò va rigettata la domanda di manleva formulata dall'(...) nei confronti della (...) Limited. In conclusione l'Azienda (...) va condannata al risarcimento dei danni, così come quantificati, nei confronti di (...), oltre al pagamento delle spese di lite nei confronti della stessa da versarsi all'Erario per effetto dell'ammissione della stessa al patrocinio a spese dello Stato; la condanna al pagamento delle spese di lite deve estendersi alla compagnia assicurava (...) Limited a seguito della sua chiamata in giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa fra le parti di cui in epigrafe, ogni altra istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: 1) Condanna l'(...) al pagamento, in favore di (...), della somma di Euro 127.079,00 liquidata in moneta attuale, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo; 2) Rigetta la domanda di manleva spiegata dall'(...) nei confronti della (...) Limited; 3) Condanna l'(...) al pagamento delle spese di lite nei confronti dell'Erario liquidate in Euro 11.000,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfettario spese generali 15%, IVA e CPA come per legge; 4) Condanna l'(...) al pagamento delle spese di lite nei confronti della (...) Limited liquidate in Euro 11.000,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfettario spese generali 15%, IVA e CPA come per legge; 5) Pone le spese di c.t.u. interamente a carico dell'(...). Così deciso in Siracusa il 22 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei magistrati: dott. ANTONIO ALI' - Presidente relatore dott. NICOLETTA RUSCONI - Giudice dott. MADDALENA VETTA - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g.2693/2018 promossa da: FALLIMENTO (...) S.R.L. in liquidazione, in persona del curatore avv. (...), ammesso al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento del G.D. del 18.6.2017, elettivamente domiciliato in Siracusa, via (...), presso lo studio dell'avv. Ma.Si. che lo rappresenta e difende per procura a margine della citazione ATTORE contro (...), nato a S. il (...), C.F. (...), elettivamente domiciliato in Siracusa, viale (...), presso lo studio dell'avv. Sa.De., dal quale è rappresentato e difeso per procura a margine della comparsa di risposta CONVENUTO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (sentenza redatta in maniera sintetica ai sensi dell'art.16 bis, comma 9 octies, D.L. n. 179 del 2012 convertito nella L. n. 221 del 2012, aggiunto dall'art. 19, comma 1, lettera a), n.2 ter, D.L. n. 83 del 2015, convertito nella legge n. 13272015) Con atto di citazione ritualmente notificato la curatela del Fallimento (...) s.r.l. in liquidazione, dichiarato con sentenza del Tribunale di Siracusa in data 11.2.2014 - premesso che la società, costituita l'1.2.2001 e avente ad oggetto "commercio all'ingrosso e al minuto, commercio elettronico e vendite telematiche di prodotti alimentari, accessori di abbigliamento, oggetti preziosi, mobili ecc.", in data 28.10.2009, dopo l'alternanza negli anni di diversi amministratori, era stata posta in liquidazione e nominato liquidatore il dott. (...) - esponeva che costui, nell'anzidetta qualità, aveva arrecato danno alla società e ai suoi creditori in conseguenza della complessiva mala gestio aggravando, sin dal momento della nomina, il dissesto in atto. In particolare: 1) Il liquidatore aveva effettuato fino al 2010 ingenti pagamenti in contanti, anche in violazione delle norme antiriciclaggio attesane l'entità, ai fornitori (creditori chirografari) a discapito del pagamento di debiti di rango superiore (INPS, IVA, ritenute IRPEF dipendenti e autonomi, INAIL) sicché questi ultimi debiti, che alla data della nomina come liquidatore ammontavano a Euro 47.495,60, alla fine del 2010 erano saliti a Euro 117.489,51, con un incremento di Euro 69.993,91 addebitabile alla sua mala gestio. Poiché peraltro in corso di causa è emerso che la nomina del (...) era avvenuta il 30.4.2010 e non il 28.10.2009, con la memoria ex art.183, sesto comma, n.1 c.p.c. il Fallimento, all'esito della rielaborazione dei dati, rettificava il dato iniziale dei crediti privilegiati esistenti alla data del 30.4.2010 in Euro 63.362,99 e quello finale in Euro 114.326,05, con un minor incremento addebitale al liquidatore di Euro 50.963,06. 2) Dalla documentazione consegnata al curatore risultava che il costo della merce venduta nel 2010 era pari a Euro 560.000,00, a fronte di un ricavo di complessivi Euro 605.000,00, con un ricarico esiguo del 7,5%, non in linea con quello medio di settore, che in base allo studio di settore di riferimento (commercio al dettaglio di alimentari da parte di un supermercato), va da un minimo del 16% a un massimo del 45% in relazione alla tipologia di bene venduto. Non potendosi calcolare la media aritmetica ponderata in mancanza dei dati riferiti alla ripartizione dei ricavi conseguiti per categoria merceologica di beni venduti e ricorrendo alla media aritmetica semplice, pari al 30,50%, risultavano ricavi per Euro 730.800,00: la differenza di Euro 125.800,00, sia che la si attribuisse a una sottrazione delle corrispondenti risorse finanziarie, sia che la si attribuisse, ritenendo corretti i ricavi, a un ammanco di rimanenze di magazzino di Euro 96.398,00, costituiva un decremento di attivo imputabile alla mala gestio del liquidatore. 3) Dalla contabilità del 2011 risultavano attrezzature per Euro 918,83. Tuttavia a fine anno erano state eliminate utilizzando la voce sopravvenienze passive. In mancanza di elementi che suffragasse la tesi, sostenuta dal liquidatore, di un errore di calcolo effettuato in sede di cessione dell'attività, tal importo era un ulteriore ammanco di cui doveva rispondere il liquidatore. 4) Considerata la pregressa situazione d'insolvenza e di insufficienza patrimoniale, la continuazione dell'attività durante la liquidazione aveva aggravato lo stato di dissesto con un notevole incremento dei debiti complessivi, riducendo il patrimonio netto di ulteriori Euro 20.254,00 alla data del 31.12.2011. Anche di tal voce di danno doveva ritenersi responsabile il liquidatore. Ne chiedeva pertanto la condanna al risarcimento dei danni derivati alla società e alla massa dei creditori nella misura di Euro 197.935,89 ovvero in quella maggiore o minore accertanda in corso di causa, oltre rivalutazione e interessi, con il favore delle spese. Il convenuto si costituiva e contestava la domanda deducendo: a) l'erroneo riferimento alla data di nomina come liquidatore (riconosciuto ed emendato dall'attore) con conseguente errore di calcolo di cui alla contestazione sub (...); b) la veridicità del ricarico del 7,5% sulla merce venduta, essendosi trattato di vendita di beni di prima necessità attuata durante la fase della liquidazione nell'intento di monetizzare il più possibile per far fronte ai notevoli e pressanti impegni economici; c) l'addebitabilità della trascrizione nella contabilità 2011 dell'importo di Euro 918,83 a un mero errore di calcolo effettuato in occasione della cessione dell'azienda, costituita da attrezzature e merce, alla (...) per Euro 249.999,60, giusta fattura (...) del 21.5.2010; d) la minima riduzione del patrimonio netto al 31.12.2011 di ulteriori Euro 20.254,00 di fronte alla ben più rilevante riduzione registrata al 31.12.2009 di Euro 233.195,00, donde la sua diligenza e accuratezza. All'udienza del 23.11.2021 la causa, istruita mediante produzione documentale, prova orale e CTU (con successiva integrazione), era posta in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, scaduti il 14.2.2022. Occorre in esordio rammentare che, nel caso di fallimento della società, la legittimazione a esperire le azioni di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci spetta al curatore, ex artt. 146 legge fall. e 2394 bis c.c. ed è assoggettata alla competenza per materia del Tribunale delle Imprese, ex art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 168 del 2003, come sostituito dall'art.2, comma 1, lett. d) del D.L. n. 1 del 2012, propria di tutte le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, da chiunque promosse (cfr., ex multis, Cass.29.9.2016 n.19340). L'azione avrebbe dovuto pertanto essere proposta dinanzi al Tribunale distrettuale di Catania - Sezione Specializzata in materia di Imprese. Nondimeno l'incompetenza per materia non è stata eccepita nella comparsa di risposta dal convenuto, né è stata rilevata d'ufficio non oltre l'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. dal giudice istruttore, sicché la competenza del Tribunale adito rimane ormai incontestabile e deve pertanto dichiararsi competente e pronunciare nel merito. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, l'azione esercitata dal curatore cumula le due azioni di responsabilità, quella della società e quella dei creditori, costituendo un'azione unitaria e inscindibile - pur mantenendo le due azioni titoli e natura distinti - avente la finalità di reintegrare il patrimonio del fallito nell'interesse tanto dei soci, quanto dei creditori sociali e soggiacente alla complessa disciplina ricavabile dagli artt. 2392, 2393 e 2394 c.c. Infatti, sebbene sia indubbio che l'azione del curatore sia un'azione derivata, che non nasce dal fallimento, ma preesiste in capo ad altri soggetti (soci e creditori), tuttavia la trasformazione che subisce l'azione dei creditori dall'ordinaria applicazione per la disciplina del fallimento e le regole del concorso (reintegrazione del patrimonio della società e solo in via mediata dei singoli creditori, partecipazione dei creditori commisurata al credito nei confronti della società fallita e al credito verso l'amministratore e conseguente partecipazione all'azione di tutti i creditori) è tale da determinare un'area di perfetta coincidenza tra le due azioni. L'azione va esercitata nel termine quinquennale previsto dall'art. 2949, secondo comma, c.c., che, quanto all'azione ex art.2394 c.c., decorre non già dalla commissione dei fatti produttivi della responsabilità, ma dal successivo momento in cui quei fatti producano l'evento dannoso dell'insufficienza del patrimonio sociale per il soddisfacimento dei crediti (art. 2394, secondo comma, c.c.), o meglio dal momento in cui l'insufficienza patrimoniale "risulti" ovvero divenga oggettivamente conoscibile dai creditori. In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione iuris tantum di coincidenza tra il dies a quo di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, spettando pertanto all'amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale (Cass.12.6.2014 n.13378, Cass.18.1.2005 n.941). Quanto all'azione ex art.2393 c.c., può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica (art.2393, quarto comma, c.c.). Nel caso di specie l'azione risulta essere stata proposta tempestivamente, la dichiarazione di fallimento risalendo all'11.2.2014 e la notificazione della citazione al 6.6.2018. Nel merito, la curatela addebita al liquidatore convenuto quattro distinte condotte al contempo violative dei doveri imposti dalla legge e dallo statuto e degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale ovvero, stante la messa in liquidazione, di non aggravare il dissesto già in atto. Il CTU, all'esito di una relazione adeguatamente motivata, aderente alle risultanze obiettive e priva di vizi logici e metodologici, le cui conclusioni - per le testè dette ragioni - il Collegio condivide per intero, ha: 1) Verificato (sulla base della documentazione contabile disponibile e, in particolare, dei fascicoli "Cassa", "Fornitori 2010" e "Altri Mastrini 2009/2010"), quanto al danno provocato dalla violazione del principio della par condicio creditorum di cui all'art.2741 c.c., che il (...), oltre ad aver effettuato tre pagamenti in contanti in violazione della normativa antiriciclaggio e del limite all'uso del contante di Euro 5.000,00 in vigore dal 31.5.2010, ha causato - nel periodo compreso tra il 30.4.2010 e il 31.12.2010 - un incremento dei debiti per imposte, ritenute IRPEF e contributi per l'importo complessivo di Euro 50.963,06, di cui IVA Euro 45.570,68, ritenute IRPEF dipendenti Euro 1.682,27, ritenute IRPEF autonomi Euro 280,11 e INPS Euro 3.430,00. Avendo il liquidatore, nel suindicato periodo, provveduto al pagamento di debiti di natura commerciale omettendo il pagamento di debiti privilegiati per imposte, ritenute e contributi previdenziali, il maggior onere per la società, concretizzatosi in un corrispondente aumento di tale esposizione debitoria, costituisce un danno cagionato dall'operato contra legem del liquidatore, di cui deve rispondere nei confronti della curatela nell'anzidetta misura di Euro 50.963,06. 2) Verificato, quanto alla vendita di merci con ricarico insufficiente, che un ricarico del 7,5% nella cessione del magazzino merci della (...) s.r.l. (la chiusura dei conti patrimoniali alla data del 31.12.2010 non riporta alcuna voce a titolo di rimanenze di magazzino) non può essere considerato particolarmente anomalo e significativamente antieconomico, stante la particolare condizione di liquidazione in cui si trovava la società, considerato altresì che il magazzino di un'attività simile (l'attività di "commercio al dettaglio di alimentari" di cui allo studio di settore VM01U richiamato dall'attore) è costituito di solito da merce e prodotti alimentari in gran parte deperibili e con una limitata vita "utile". Contesta il Fallimento siffatte conclusioni perché non in linea con il ricarico medio di settore evincibile, appunto, dallo studio di settore, assunto in questo caso a mero parametro di riferimento sulla base della media aritmetica semplice tra il minimo del 16% e il massimo del 45% in relazione alla tipologia di bene venduto, non potendosi nella fattispecie far ricorso alla media aritmetica ponderata in mancanza di dati riferibili alla ripartizione dei ricavi conseguiti per categoria merceologica di beni venduti. Trattasi tuttavia di deduzione difensiva non condivisibile perché tali percentuali riflettono una stima di ricavi attribuibile a soggetto imprenditoriale che non si trovi in stato di liquidazione ordinaria e, a forziori, fallimentare, com'era invece la (...) s.r.l. nel corso del 2010 (la giurisprudenza di merito è ferma nel ritenere che lo stato di liquidazione della società esclude di per sé l'applicabilità degli studi di settore, che presuppongono una situazione di normale svolgimento dell'attività imprenditoriale), sicché non possono valere neppure come parametro di riferimento, difettando l'analogia del caso. In mancanza di ulteriori elementi di prova, neppure presuntivi (non essendo sufficiente all'uopo asserire genericamente che l'impresa avrebbe comunque continuato ad operare per tutto il 2010) che possano supportare la tesi alternativa dell'occultamento di una parte dei ricavi ovvero dell'ammanco di una parte delle rimanenze di magazzino, alcun danno, per questa via, può essere attribuito alla responsabilità del liquidatore, il quale ha assunto il relativo incarico solo a far tempo dal 30.4.2010 (sicché a lui non può essere comunque addebitata l'esiguità dei ricavi realizzati nei primo quattro mesi dell'anno) ed ha incontestatamente ceduto l'azienda, costituita da attrezzature e merce, per Euro 249.999,60 alla (...) appena venti giorni dopo, giusta fattura n.(...) del 21.5.2010, pagata in più tranche (v. mastrini di sottoconto cassa prodotti dalla curatela come doc. 5). 3) Verificato, quanto all'insussistenza di attrezzature varie risultanti dalla contabilità dell'anno 2011 per complessivi Euro 918,83, che la relativa immobilizzazione materiale esistente al 31.12.2010 era stata contabilmente eliminata alla data del 31.12.2011 con un prezzo di vendita "figurativo" pari a zero senza che dalla documentazione acquisita fosse possibile risalire alla tipologia e alla natura specifica dell'attrezzatura onde ipotizzarne una dismissione a costo zero in quanto destinata alla rottamazione per obsolescenza ovvero per danneggiamento a causa di eventi eccezionali estranei alla gestione (come incendi, terremoti, alluvioni ecc.); né consta l'errore di calcolo che, secondo il (...), sarebbe stato compiuto in sede di cessione dell'attività "alla (...) per euro 249.999,60 giusta fattura n. (...) del 21.5.2010 versata in atti della contabilità consegnata dal predetto professionista al curatore fallimentare". L'ingiustificata mancanza delle cennate attrezzature per Euro 918,83 va dunque imputata, come ulteriore voce di danno, al liquidatore. 4) Verificato, quanto all'aggravamento dello stato di dissesto per effetto della continuazione dell'attività durante la liquidazione con un incremento dei debiti complessivi al 31.12.2011 di Euro 20.254,00 e dunque con una corrispondente riduzione del patrimonio netto emergente dal bilancio consegnato dal liquidatore al curatore, che nel periodo compreso tra il 31.12.2009 e il 31.12.2011 si era in realtà verificato un miglioramento della situazione patrimoniale della società - fondamentalmente motivato dal risultato economico positivo al 31.12.2011 - in quanto il deficit patrimoniale aveva subito un decremento di Euro 39.801,44 derivato dal raffronto tra il predetto risultato positivo pari a Euro 60.055,49 con il cennato decremento patrimoniale di Euro 20.254,00; sicché nessun reale decremento del patrimonio netto con aggravio del dissesto patrimoniale dell'(...) s.r.l. è stato dal CTU riscontrato. In conclusione, il convenuto, per il danno patrimoniale cagionato durante la sua gestione e testè individuato e quantificato, dev'essere condannato a pagare al Fallimento della (...) s.r.l. in liquidazione complessivi Euro 54.683,51 (così rivalutato l'originario importo di Euro 51.881,89 a far tempo dalla data della domanda - 6.6.2018 - e non dalla data della dichiarazione di fallimento, così come espressamente richiesto dall'attore: coefficiente di riv. 1,054), oltre interessi legali sull'anzidetta originaria somma, rivalutata anno per anno, fino al soddisfo. Considerato che la domanda nei confronti del convenuto viene accolta per una porzione della somma domandata (Euro 54.683,51 in luogo di Euro 197.935,89), le spese del giudizio (da liquidarsi in favore dell'Erario essendo l'attore ammesso al patrocinio a spese dello Stato e tenuto conto, nella determinazione del valore della controversia, della somma attribuita piuttosto che a quella domandata) vanno poste a carico del (...) nella congrua misura di Euro 6.715,00, oltre accessori ( valore da Euro 52.000,01 a Euro 260.000,00, complessità media, per tutte le fasi, con dimidiazione ex art.130 D.P.R. n. 115 del 2002). Le spese di CTU, nella misura già liquidata, vanno poste definitivamente a carico dell'Erario. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al n.2693/2018 R.G., così statuisce: 1) Condanna (...) a pagare al FALLIMENTO (...) S.R.L. in liquidazione, in persona del curatore avv. (...), Euro 54.683,51, oltre interessi legali sull'originaria somma di Euro 51.881,89, rivalutata anno per anno, dalla data della domanda fino al soddisfo. 2) Condanna (...) a pagare le spese di lite in favore dell'Erario, che liquida in Euro 6.715,00 oltre IVA, CPA e spese forfettarie nella misura del 15%. 3) Pone le spese di CTU, nella misura già liquidata, definitivamente a carico dell'Erario. Così deciso in Siracusa il 2 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SIRACUSA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Siracusa, nella persona del Giudice Dott. Giacomo Rota, ha emesso la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 5471/2019 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2019 TRA (...) nato a C. (C.) il (...) (C.F. (...)) rappresentato e difeso dall'Avv. Co.Ce. del foro di Siracusa; - appellante - CONTRO (...) nata a M. in V. di C. (C.) il (...) (C.F. (...)) residente in S., Via (...), rappresentata e difesa dall'Avv. Gi.Vo. del foro di Siracusa; - appellata- RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato il 30.10.2019 (...) proponeva appello avverso la sentenza n. 99/2019 resa dal Giudice di Pace di Noto il 24.07.2019 a conclusione del giudizio n. 374/2017 R.G. promosso da quest'ultimo nei confronti della sorella germana (...). Tale sentenza aveva accolto la domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali avanzata dall'odierno appellante in ragione delle affermazioni ingiuriose proferitegli dalla sorella (...) a mezzo della missiva del 07.09.2016, con conseguente condanna di quest'ultima al pagamento della somma di euro 500,00 oltre interessi legali dalla data del fatto fino al soddisfo, nonché euro 750,00 per spese processuali, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge. L'odierno appellante impugnava la citata sentenza per i seguenti motivi a) inconfigurabilità della provocazione nella fattispecie concreta; b) inadeguatezza del quantum disposto dal Giudice di prime cure a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale; c) mancata condanna alla sanzione pecuniaria prevista dalla legge. Si costituiva in giudizio (...) la quale, nel chiedere la conferma della sentenza appellata, eccepiva preliminarmente l'inammissibilità dell'appello proposto per violazione dell'art. 342 del codice di rito civile: rispetto al primo motivo di appello, l'odierna appellata ribadiva la corretta applicazione dell'esimente della provocazione allegando all'uopo una copiosa documentazione comprovante le i rapporti tesi intercorsi tra le odierne parti e scaturiti, a suo dire, dalle missive e dai plurimi giudizi promossi dal (...). Proseguendo, in merito al secondo motivo di appello, parte appellata sottolineava l'assenza di elementi idonei a provare l'alterazione dell'assetto morale della persona lesa, necessari ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale richiesto da parte appellante. Infine, quanto al terzo motivo di appello, l'appellata contestava l'applicazione della condanna alla sanzione pecuniaria in favore dello Stato in virtù dell'esimente di cui al comma 2 dell'art. 4 D.Lgs. n. 7 del 2016. Radicatosi il contraddittorio, la causa è giunta al naturale epilogo a seguito della precisazione delle conclusioni avvenuta il 5 ottobre 2021. Ciò premesso, il Tribunale reputa che l'appello proposto da (...) vada accolto per i motivi di seguito indicati. Preliminarmente risulta infondata l'eccezione sollevata da parte appellata di inammissibilità dell'atto di appello posto che quest'ultimo indica in maniera precisa e specifica i punti e i capi della sentenza di cui si chiede la riforma. Passando al merito della causa, devesi sin da subito rilevare come la parte appellata non abbia proposto appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, il che implica che sulla riferibilità della lettera, dal contenuto ingiurioso, in capo a (...), sulla lesività del suo tenore e sul turbamento d'animo cagionato all'appellante è oramai sceso il giudicato. Con la sentenza appellata il giudice di prime cure, pur riconoscendo il contenuto ingiurioso della missiva del 7.09.2016, ha inteso ridurre sensibilmente il danno risarcibile in favore dell'appellante (...) in considerazione dei comportamenti provocatori posti in essere da quest'ultimo nei confronti della sorella precedentemente alla ricezione della missiva citata. Rispetto all'esimente della provazione occorre precisare che in questa sede l'indagine sull'effettiva esistenza di tale elemento non ha alcun rilievo. La causa di non punibilità opera solamente sul piano penalistico, per attribuire rilevanza alle motivazioni della condotta nell'ambito di una valutazione complessiva del disvalore del fatto. Nella diversa prospettiva del giudizio civile, volto alla allocazione delle conseguenze dell'illecito, lo stesso fatto rileva nella sua oggettività di illecito civile che ha prodotto un pregiudizio risarcibile ai sensi degli artt. 2043 e 2059 c.c. in conseguenza di una condotta imputabile al suo autore, a nulla rilevando le motivazioni soggettive che hanno determinato quest'ultimo ad agire. In questo senso è attestata la giurisprudenza secondo cui "la provocazione di cui all'art. 599 comma 2 c.p., escludendo la punibilità del reato di diffamazione ma non anche la natura di illecito civile del fatto, né la conseguente obbligazione risarcitoria del danno subito dal soggetto leso, si configura non tanto come esimente ma quale scusante, idonea a eliminare solo la rimproverabilità della condotta dell'autore del fatto in ragione delle motivazioni del suo agire, pur restando il fatto imputabile a tiolo di dolo, e dunque, di illecito" (si veda la sentenza della Suprema corte di Cassazione n. 2197/2016). Ciò posto, ad ogni modo, anche a voler compiere uno sforzo interpretativo teso all'applicazione dell'esimente della provazione, nel caso di specie tale esimente non appare neanche astrattamente configurabile. Le condotte "non impregnate di amore" tenute dal (...) nei confronti della sorella anteriormente alla missiva non sono di per sè riconducibili, sic et simpliciter, nell'alveo della provocazione. Come è noto, affinché possa trovare applicazione l'esimente della provazione è richiesta l'immediatezza della reazione, vale a dire l'interdipendenza tra reazione irata e fatto ingiusto subito, con la conseguenza che il trascorre di un considerevole lasso di tempo assume di certo rilevanza ai fini dell'esclusione del rapporto causale. È necessario, infatti, che lo stato di ira sia diretta ed immediata conseguenza del fatto ingiusto altrui, laddove la norma specifica che la condotta conseguente debba avvenire "subito dopo di esso" (Cassazione penale, sentenza n. 17958/2020). Il comportamento provocatorio deve essere poi contrario alle norme giuridiche o all'insieme delle regole sociali vigenti secondo una valutazione oggettiva e non in ragione della percezione negativa che del medesimo abbia avuto l'agente (Cass. pen., V, 18-3-2014, n. 25421). Nel caso di specie, a prescindere dalle supposte tensioni tra le odierne parti rispetto alla gestione del fondo agricolo sito in Contrada T. dell'A. in N., è da escludere che la reazione della parte appellata (...), concretizzatasi nell'invio della missiva citata, sia dotata del carattere di immediatezza nei termini sopra enunciati: come si evince proprio dalla documentazione allegata da parte appellata alla comparsa di costituzione, i comportamenti tenuti dal (...) e i giudizi promossi nei confronti della sorella si collocano in un periodo temporale abbondantemente precedente alla missiva del 7.09.2016, escludendo tale circostanza in modo troncante il requisito dell'immediatezza richiesto ai fini della configurazione dell'esimente della provocazione. Anche il secondo motivo di impugnazione merita accoglimento. Nel caso di specie è stata raggiunta la prova del danno subito: se è vero che, in base agli ordinari principi della responsabilità civile, il danno non può mai considerarsi in re ipsa (Cass. 2474/2014), è altrettanto vero che, tuttavia, il danno da reato, seppure ormai abrogato, può accertarsi in sede civile secondo i modelli propri di tale giudizio e dunque anche mediante il ricorso a presunzioni (si veda fra le tante Cass. N. 17490/2012): si consideri che, sullo specifico punto, parte appellata non ha impugnato in via incidentale il deciso in prime cure, di talché il danno cagionato al (...) a seguito della missiva inoltratagli per il tramite della locale Stazione dei Carabinieri non può più essere messo in discussione. Nel caso di specie è ragionevole presumere che il tenore delle affermazioni ingiuriose contenute nella missiva del 7.09.2016 sia pienamente idoneo ad integrare nel (...), in quanto persona di media sensibilità, quella sofferenza contingente e quel turbamento dell'animo transeunte che concretizzano il danno morale soggettivo risarcibile ex artt. 2059 c.c. e 185 c.p., e ciò tenuto conto anche del contenuto fortemente ingiurioso delle espressioni utilizzate dalla (...) nella missiva del 7.09.2016. Termini come "guardone" "maniaco" "vile" "fallito" hanno una portata tale la ledere in modo significativo e non lieve l'onore e la reputazione del (...), tanto più se contenute e propalate in missive recapitate a seguito di consegna alle locali forze dell'ordine. Nello specifico l'onore attiene alla sfera psichica del soggetto e consiste nel sentimento che egli ha del proprio valore e che viene leso da quegli addebiti o quelle offese che alterano in senso peggiorativo l'auto-percezione: la dimensione civilistica dell'onore è quindi differente da quella dominante nel campo penale, non fosse altro perché la tipicità della disposizione penali fissa in misura più rigida la consistenza del bene tutelato; La concezione civilistica invece è svincolata da parametri "medi" di onorabilità e rispettabilità e si caratterizza per una maggiore ampiezza poiché ricomprende molteplici aspetti della personalità. Tali aspetti sono riassunti nella centralità della persona umana nel nostro sistema costituzionale e sovra-nazionale: la genesi ed il contenuto dell'art. 2 della Costituzione sono inequivoci sul punto, assurgendo l'onore e la reputazione a diritti inviolabili dell'uomo: in tal senso militano poi i numerosi atti e le convenzioni internazionali ratificati dall'Italia che prevedono espressamente il diritto all'onore ed alla reputazione quali aspetti fondamentali della persona umana (Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo, Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, e da ultimo l'art. 1 della Carta Fondamentale dei Diritti dell'Unione Europea). Per ciò che riguarda il quantum del risarcimento del danno non patrimoniale, la sentenza impugnata va certamente riformata posto che non trova applicazione nel caso di specie l'esimente della provocazione in virtù della quale il giudice di prime cure aveva ridotto sensibilmente il danno risarcibile in favore del (...). Per ciò che concerne il quantum del risarcimento si osserva quanto segue. Il punto della quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale è certamente rimesso alla valutazione del giudice e sfugge necessariamente ad una precisa valutazione analitica, restando essa affidata al criterio equitativo. Tuttavia, la quantificazione operata dal giudice di prime cure non appare adeguata ai parametri comunemente utilizzati che sono quelli della gravità dell'addebito, della sua evidenza, della qualità del soggetto offensore e di quello leso, nonché dell'incidenza sulla vita di relazione: anche il rapporto di consanguineità che lega l'autrice delle espressioni ingiuriose al (...) va certamente valutato - in termini negativi - nella determinazione del quantum. Ai fini della determinazione equitativa del danno risarcibile possono assumersi come riferimento i parametri elaborati nel 2016 dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, il quale ha indicato tra euro 20.000 ed euro 25.000,00 il valore medio del danno derivante da diffamazioni di media gravità. Tale valore va sensibilmente ridotto trattandosi di ingiuria e non di diffamazione: per tali motivi va riconosciuto in via equitativa, in favore di (...), la somma di Euro 2.250,00. La sentenza impugnata va riformata anche nella parte in cui il giudice di primo grado non ha disposto il pagamento della sanzione pecuniaria in favore dello Stato prevista ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. n. 7 del 2016. Giova precisare che fino a qualche anno fa l'ingiuria era un reato previsto dall'art. 594 del Codice Penale, così definito: "Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusioni ...": con il D.Lgs. n. 7 del 2016 tale articolo è stato abrogato e il reato di ingiuria è stato depenalizzato ad illecito civile; la fattispecie è rimasta la medesima, con la differenza che ad essa non è più ricollegata la pena della reclusione, bensì le conseguenze tipiche della responsabilità civile, a cui aggiungersi, per l'appunto, una sanzione pecuniaria in favore dello Stato. Nel caso di specie, posto che è configurabile una evidente lesione dell'onore e del decoro del (...) a causa della missiva dal contenuto ingiurioso recapitata dalla sorella, non può trovare applicazione l'esimente invocata da parte appellata di cui al comma 2 dell'art. 4 del D.Lgs. n. 7 del 2016 non essendo stata fornita la prova di una reciprocità delle offese tra le odierne parti. In merito alle spese del presente giudizio l'accoglimento dell'appello comporta la condanna dell'appellato alla refusione delle spese processuali che vengono determinate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa, Seconda sezione Civile, definitivamente pronunziando sull'appello proposto nell'ambito del giudizio R.G. n. 5471/2019, ogni contraria e diversa domanda od eccezione rigettata e disattesa, così provvede: In accoglimento dell'appello azionato da (...), condanna (...) al pagamento, in favore di (...), della somma di Euro 2.250,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale; Condanna (...) al pagamento, in favore della (...), della somma di Euro 200,00 a titolo di sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. n. 7 del 2016; Condanna (...) al pagamento delle spese processuali in favore di (...), spese liquidate nella misura di Euro 175,00 per spese ed Euro 1.250,00 per compenso di avvocato, oltre rimborso forfettario spese generali 15 %, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Siracusa il 3 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 4 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SIRACUSA La dott.ssa Cristina Maria Caruso, Giudice della Prima sezione Civile del Tribunale di Siracusa, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al N.R.G. 1045/2018 promossa da (...) (C.F. (...)), nata a M. il (...), residente in S., via (...), elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avvocato Gi.Ga., che la rappresenta e difende giusta procura in atti APPELLANTE contro COMUNE DI SIRACUSA, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso lo studio degli avvocati Lu.Br. e Da.Fa., che lo rappresentano e difendono giusta procura in atti APPELLATO CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione in appello ritualmente notificato (...) impugnava la sentenza di primo grado n. 1076/2017, con la quale il Giudice di Pace di Siracusa aveva rigettato l'istanza risarcitoria avanzata dall'appellante e conseguente ad un presunto incidente stradale avvenuto alle ore 3.00 del giorno 1.8.2011 allorquando il sig. (...) - alla guida dell'autovettura Peugeot 206 tg (...) di proprietà della (...) - nel transitare lungo la rotatoria posta all'incrocio tra viale (...) e Viale T., perdeva improvvisamente il controllo del mezzo a causa della presenza sul manto stradale di una "sostanza liquida, trasparente ed oleosa mista ad acqua" proveniente dagli impianti di irrigazione delle aiuole poste sulla rotatoria ed andava a finire la sua corsa impattando contro il muro perimetrale di una proprietà privata posto al civico n. 2 del viale (...). Lamentava l'appellante l'erronea interpretazione delle risultanze processuali da parte del Giudice di prime cure, sostenendo che - anche alla luce degli esiti del materiale probatorio in atti - non poteva non concludersi con l'affermazione della responsabilità esclusiva del sinistro in capo al Comune di Siracusa, che non aveva correttamente vigilato sulla strada urbana, sottoposta alla sua custodia così provocando n danno, risarcibile in base al disposto dell'art. 2051 c.c.. In definitiva chiedeva l'appellante, in riforma della sentenza gravata, l'accertamento della responsabilità esclusiva dell'ente convenuto nella causazione del sinistro e la sua condanna al risarcimento dei danni complessivamente patiti e quantificati in euro 4.220,00, di cui Euro 3.100 pari al valore ante-sinistro del veicolo incidentato, Euro 450,00 a titolo di (...), Euro 400,00 per spese di re-immatricolazione, Euro 120,00 per spese di soccorso stradale ed, infine, Euro 150,00 per il mancato godimento del premio assicurativo e della tassa di proprietà. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il Comune di Siracusa, il quale eccepiva l'infondatezza del motivo di impugnazione e chiedeva l'integrale rigetto dell'appello, con vittoria di spese e compensi del doppio grado di giudizio. Acquisito il fascicolo d'ufficio del giudizio di primo grado, su richiesta delle parti il giudice istruttore rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni e, all'udienza del 9.11.2021 - tenutasi con modalità cartolare nelle forme di cui all'art. 83 comma 7, lett. h) del D.L. 18 marzo 2020 - la poneva in decisione sulle conclusioni come in atti precisate, con concessione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. Passando all'esame di merito della controversia, in via preliminare, la fattispecie dedotta in lite va ricondotta nell'ambito di operatività dell'art. 2051 c.c., che disciplina la responsabilità del custode per i danni derivanti dalla cosa custodita. Come è noto, la responsabilità per cose in custodia è un'ipotesi di responsabilità che trova il suo fondamento nella mera relazione (c.d. custodia) intercorrente tra la cosa e colui che esercita l'effettivo potere su di essa, sul quale grava il rischio dei danni prodotti dalla cosa stessa che non dipendano da caso fortuito (cfr Cass. civ. n. 15383/2006; Cass. civ. n. 2563/2007; Cass. civ. n. 25243/2006), secondo esigenze di giustizia distributiva che mirano a far ricadere su quest'ultimo, piuttosto che sul terzo incolpevole, le conseguenze dannose prodotte da una cosa inanimata. Si tratta, in particolare, di una responsabilità oggettiva (e non soggettiva aggravata o per colpa presunta), ancorata esclusivamente: I) alla sussistenza di una effettiva relazione di custodia tra la res ed il soggetto presunto responsabile, presente ove quest'ultimo abbia e sia in grado di esplicare riguardo alla cosa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e quello di escludere che altri vi apportino modifiche, e che può essere esclusa ove, in relazione alle circostanze concrete, si accerti che non era possibile esercitare il potere di fatto sulla cosa, a nulla rilevando, invece, la diligente osservanza da parte del custode degli obblighi di vigilanza e di manutenzione su di lui gravanti; II) al nesso di causalità tra cosa ed evento dannoso, che può esser escluso dal c.d. caso fortuito inteso come fattore esterno, eccezionale ed imprevedibile, rinvenibile anche nel comportamento colposo dello stesso danneggiato. Ne consegue che grava su chi agisce invocando tale forma di responsabilità la prova del rapporto di custodia, dell'esistenza del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, mentre spetta al convenuto fornire la prova liberatoria avente ad oggetto il caso fortuito, interruttivo del nesso di causalità tra cosa e danno, nei termini indicati (Cass. civ. n. 22684/2013; Cass. civ. n. 378/2013; Cass. civ. n. 15720/2011; Cass. civ. n. 21328/2010; Cass. civ. n. 28811/2008). Peraltro, quando la causa di esclusione della responsabilità del custode sia indicata nella condotta del danneggiato può prescindersi dalla necessità, ai fini dell'esonero, di un'imprevedibilità ed inevitabilità intese nel senso di estraneità alla regolarità o adeguatezza causale, come, invece, è necessario quando si invoca un caso fortuito o un'elisione del nesso causale per altra ragione (cfr, ex multis, Cass. civ. sec. III n. 6034/2018). Più in dettaglio, si è osservato che la responsabilità del custode è esclusa allorché la cosa svolge solo il ruolo di occasione dell'evento ed è svilita a mero tramite o "teatro" del danno in verità provocato esclusivamente da una causa ad essa estranea. Tale causa esterna, lo si ribadisce, ben può essere integrata dallo stesso comportamento del danneggiato, idoneo ad interrompere il collegamento causale tra la cosa ed il danno, purché il fatto di costui si ponga, ai sensi dell'art. 41 comma 2 c.p., come unica ed esclusiva causa dell'evento di danno, sì da privare dell'efficienza causale e rendere giuridicamente irrilevante la relazione tra cosa in custodia danno. Al riguardo, il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore esterno, estraneo alla cosa, va ovviamente adeguato alla natura della cosa ed alla sua pericolosità, nel senso che tanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo (costituente fattore esterno) nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere dunque la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c. (cfr., in tal senso, Cass. civ. sez III, n. 11946/2013; Cass. civ. sez. III n. 23919/2019 e Cass civ. sez. III n. 287/2015). Svolte tali premesse in punto di diritto, nel caso di specie ritiene il decidente che l'evento lesivo sia da imputare non al pericolo scaturente dalla "cosa" sottoposta alla custodia della Pubblica amministrazione convenuta, ma esclusivamente alla condotta negligente e poca avveduta del danneggiato, che può qualificarsi proprio come quel fattore esterno (caso fortuito) che ha interrotto il nesso di causalità tra res e danno. Invero, in primo luogo in alcun modo è stato dimostrato- né i testi hanno riferito nulla al riguardo - che la sostanza liquida fuoriuscita dall'impianto di irrigazione dell'aiuola posta nella rotatoria fosse composta, oltre che da acqua, da sostanze oleose in grado di aumentare la scivolosità del manto stradale. In secondo luogo, dal rapporto di incidente stradale redatto dalla Polizia Municipale di Siracusa, intervenuta sui luoghi subito dopo la verificazione del sinistro, emerge che le strade erano illuminate da luce artificiale, il manto stradale si trovava in buono stato di manutenzione e le condizioni metereologiche erano favorevoli ("cielo sereno" è la casella sbarrata all'interno del verbale). Ancora, i pubblici ufficiali intervenuti nella relazione di accertamento danno atto della dinamica del sinistro in base alle sole dichiarazioni del danneggiato - non essendo presenti suoi luoghi testimoni oculari - e rilevano che il conducente della Peugeot perdeva il controllo del mezzo andando ad impattare "dopo circa 20 metri di frenata" più o meno all'altezza del civico n. 2 di viale (...). Ebbene, correttamente il Giudice di prime cure ha evidenziato che, se il danneggiato ha lasciato sul manto stradale i segni di una frenata per circa 20 metri, allora non v'è dubbio che andasse ad una velocità eccessiva, non congrua allo stato dei luoghi e non conforme alle regole del codice stradale, che impongono al conducente di un'autovettura di rallentare al massimo il proprio mezzo in prossimità di una rotatoria; e ciò a maggior ragione se si considera che, nel caso che ci occupa, il sig. (...), dopo aver percorso una parte della rotatoria, avrebbe dovuto curvare a sinistra per imboccare il viale (...). Peraltro, non si spiega come il conducente non abbia avuto modo di notare l'acqua che scorreva sul manto stradale visto che le condizioni metereologiche erano buone e i luoghi erano illuminati da luci artificiali, se non deducendo che lo stesso andasse ad una velocità superiore a quella imposta dal codice della strada e dalle normali regole di prudenza e, dunque, non avesse avuto il tempo materiale di notare in che condizioni si trovava l'asfalto. Proprio per tale ragione, correttamente il giudice di primo grado ha osservato che le dichiarazioni testimoniali risultano dotate di scarsa credibilità quando fanno menzione di un rallentamento del danneggiato in prossimità della rotonda, perché, se così fosse stato, il sig. S. avrebbe certamente constatato la presenza di acqua sull'asfalto per la fuoriuscita dall'impianto di irrigazione e sarebbe riuscito agevolmente a svoltare sul viale (...) mantenendo una velocità adeguata alla manovra da compiere e allo stato della strada. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, non può dirsi provato il nesso di causalità tra l'"insidia" stradale ed il danno subito dall'appellante. Al contrario, dalla valutazione complessiva degli elementi istruttori acquisiti nel giudizio primo grado, discende che il sinistro per cui è causa si è verificato esclusivamente per la condotta imprudente del conducente dell'autovettura Peugeot che, se avesse adottato normali cautele, avrebbe certamente evitato il danno. Donde, il rigetto dell'impugnazione. Nessuna pronuncia può essere adottata in questa sede in punto di spese di lite per il giudizio di primo grado, in quanto - pur mancando la relativa statuizione nella sentenza del Giudice di Pace - il capo delle spese non ha costituito oggetto di specifico motivo di impugnazione. Invero, come unanimemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il potere del giudice d'appello di procedere d'ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, posto che gli oneri della lite devono essere ripartiti in ragione del suo esito complessivo, mentre in caso di conferma della sentenza impugnata la decisione sulle spese può essere modificata dal giudice del gravame soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo di impugnazione (cfr ex multis, Cass. civ. sez. VI, 24.11.2021 n. 36395). Quanto al giudizio di secondo grado, in applicazione del principio della soccombenza, le spese vanno poste interamente a carico dell'appellante, nella misura indicata in dispositivo, in applicazione del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore della causa (scaglione da Euro 1.101 ad Euro 5.200,00), dell'assenza di attività istruttoria e della non eccessiva difficoltà delle questioni trattate. P.Q.M. Il Tribunale di Siracusa - Prima Sezione civile - in composizione monocratica, definitivamente pronunciando in sede di impugnazione nella causa civile iscritta al n.1045/2018 RG, così statuisce: rigetta l'appello proposto da (...) avverso la sentenza n. 1076/2017 R.G., depositata il 18.9.2017 dal Giudice di Pace di Siracusa, che conferma integralmente; condanna l'appellante al pagamento, in favore del Comune di Siracusa, in persona del sindaco pro tempore, delle spese del giudizio di secondo grado, che liquida in complessivi Euro 1000,00 per compensi, oltre al rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge. Così deciso in Siracusa il 28 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SIRACUSA SECONDA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Gabriele Patti ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1241/2015 promossa da: (...) (C.F.: (...)), residente in A. (S.), via P. n. 26, (...) (C.F.: (...)), residente in B.-A. (S.), via N. n. 52, (...) (C.F.: (...)), residente in B.-A. (S.), via N. n. 52, elettivamente domiciliati in Priolo Gargallo (SR), via Taro n. 8, presso lo studio dell'avv. FA.FE., che, unitamente all'avv. LO.AN., li rappresenta e difende, giusta procura in atti; ATTORI contro (...) DI (...) (C.F. E P.IVA: (...)), con sede in S., Corso G. n. 17, elettivamente domiciliata in Lentini (SR), via (...), presso lo studio dell'avv. IL.PE., rappresentata e difesa dall'avv. AL.VI., giusta procura in atti; CONVENUTA (...) (C.F.: (...)), residente in A. (S.), via G. L. n. 56, elettivamente domiciliata in Caltagirone (CT), viale (...), presso lo studio dell'avv. AN.GU., che la rappresenta e difende, giusta procura in atti; CONVENUTA (...) S.P.A. (P.IVA: (...)), con sede in M. V. (T.), via M. n. 14, elettivamente domiciliata in Siracusa, Corso (...), presso lo studio dell'avv. GI.TR., che la rappresenta e difende, giusta procura in atti; TERZA CHIAMATA MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO 1. Con citazione del marzo 2015 (...), (...) e (...) hanno convenuto in giudizio l'(...) di (...) (d'ora in avanti (...)) e (...), chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti al decesso di (...), rispettivamente coniuge del primo e madre dei secondi. In proposito, gli attori hanno sostenuto che la predetta congiunta, già affetta da ipertensione e depressione, avrebbe lamentato a partire dal dicembre 2011 sintomi quali astenia, alterazioni algiche della diuresi e dolori addominali. Secondo la ricostruzione attorea, nonostante di tali circostanze (...) avesse messo al corrente il proprio medico curante (...), quest'ultima avrebbe inizialmente prescritto alla paziente esclusivamente farmaci antibiotici in assenza di qualsivoglia esame obiettivo, omettendo la prescrizione di esami ematologici e strumentali fino al marzo 2013. I signori (...) hanno poi rappresentato che, disposta solo in data 18.3.2013 l'esecuzione di esami ematochimici ed acquisite le risultanze dell'esame ecografico del 22.3.2013, la citata congiunta si era sottoposta ad ulteriori visite di controllo presso l'(...) e presso la struttura del (...), ricevendo la diagnosi di neoformazione adenocarcinomatosa epatica bilobare non aggredibile chirurgicamente. Tanto premesso, gli attori in epigrafe hanno sostenuto che il decesso di (...), intervenuto in data 15.6.2013, sarebbe addebitabile alla condotta negligente ed imperita del medico curante, la quale avrebbe colpevolmente omesso di effettuare ogni esame obiettivo sulla paziente, sottostimando la sintomatologia descritta da quest'ultima e limitandosi a prescrivere terapia inidonea alla risoluzione dei disturbi lamentati, e si sarebbe astenuta dalla prescrizione dei doverosi esami di laboratorio e strumentali, ritardando in via consequenziale la corretta diagnosi neoplastica e pregiudicando la speranza di vita della paziente stessa. Per tali ragioni, i signori (...), (...) e (...) hanno chiesto condannarsi (...) e l'(...) in solido, rispettivamente, al risarcimento di Euro 110.837,94 a titolo di danno patrimoniale da perdita della indennità pensionistica già spettante a (...) e di Euro 326.150,00 a titolo di danno non patrimoniale da perdita di congiunto, quanto al primo, ed al risarcimento di Euro 326.150,00 ciascuno a titolo di danno non patrimoniale da perdita di congiunto, quanto ai secondi. In via meramente subordinata, gli attori hanno chiesto condannarsi i predetti convenuti al risarcimento del pregiudizio correlato alla perdita, da parte della paziente, delle chance di sopravvivenza o di migliore qualità della vita residua. Con comparsa di costituzione e risposta del giugno 2015 si è costituita in giudizio l'(...) di (...), eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, tenuto conto della ascrivibilità della condotta censurata da parte attrice alla sola (...), medico curante di (...) ed operante in regime di convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale, sprovvisto sul punto di qualsivoglia potere di controllo, vigilanza e direzione. Nel merito, la struttura sanitaria ha chiesto il rigetto della domanda attorea, rilevando l'insussistenza dei presupposti della fattispecie risarcitoria dedotta. Con comparsa di costituzione e risposta del giugno 2015 si è altresì costituita (...), la quale ha chiesto, in via principale, dichiararsi l'infondatezza di ogni pretesa avversaria, in ragione della assenza di profili di negligenza e imprudenza nel proprio operato ed in ragione del difetto del nesso eziologico tra la condotta tenuta e l'evento dannoso lamentato, e, per il caso di accoglimento della domanda attorea, autorizzarsi la chiamata in giudizio di (...) s.p.a. (già I.A. s.p.a.) al fine di essere manlevata da quest'ultima da ogni eventuale condanna al pagamento in favore di controparte. In seguito al differimento della prima udienza di trattazione, si è costituita in giudizio anche la citata compagnia assicurativa, associandosi alle difese dei convenuti ed opponendosi alle istanze di parte attrice. All'esito del deposito delle memorie istruttorie, la causa è stata istruita mediante prova testimoniale e consulenza tecnica d'ufficio e, all'udienza del 12.7.2021 - la prima ed unica tenutasi davanti a questo giudice -, il procedimento è stato trattenuto in decisione con l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 2. Nel merito, si osserva che gli odierni attori hanno richiesto il risarcimento sia iure hereditatis per i danni ritenuti già subiti dalla de cuius (...) sia iure proprio per i pregiudizi di carattere patrimoniale e non patrimoniale ritenuti patiti in conseguenza del decesso della loro stretta congiunta. Sotto il primo profilo, venendo in questione la medesima pretesa risarcitoria facente capo alla paziente, l'accertamento della sua fondatezza deve condursi secondo il regime giuridico proprio della responsabilità contrattuale, in ordine agli aspetti della ripartizione dell'onere della prova, del grado di colpa e della prescrizione, tipici delle obbligazioni da contratto d'opera professionale. Ed infatti, rispetto alla struttura sanitaria, la fonte di responsabilità contrattuale deve individuarsi nel contratto atipico di "spedalità", che viene ad esistenza al momento dell'accettazione del paziente nella struttura, con il contestuale sorgere sia delle prestazioni principali di carattere sanitario sia di quelle secondarie accessorie, assistenziali e lato sensu alberghiere. Siffatto regime contrattuale si applica sia per i fatti di inadempimento propri della struttura, da ricondursi all'art. 1218 c.c., sia per le condotte dei medici dei quali la stessa si avvale, in applicazione dell'art. 1228 c.c., in tema di responsabilità del debitore per fatti dolosi o colposi degli ausiliari. A tal proposito, si rileva che, conformemente alla più condivisibile giurisprudenza di legittimità - richiamata anche da parte attrice -, l'azienda sanitaria facente capo al Servizio Sanitario Nazionale risponde ex art. 1228 c.c. del fatto compiuto dal medico generico, con essa convenzionato, nell'esecuzione di prestazioni curative che siano comprese tra quelle assicurate dal medesimo Servizio Sanitario Nazionale in base ai livelli stabiliti per legge (così Cass. Civ. Sez. III 27.3.2015, n. 6243). Ciò precisato, la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria è ormai pacifica, a prescindere dalla natura privata o pubblica dell'ente presso il quale la prestazione è eseguita (v., ex multis, Cass. Sez. Un. Civ. n. 577/2008; Cass. 3.2.2012, n. 1620), ed ha trovato anche conferma normativa, per quanto attiene alla struttura sanitaria, con l'entrata in vigore della L. n. 24 del 2017 (v. art. 7, secondo cui la struttura sanitaria risponde ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c.). Nel caso che occupa, l'(...) risponde secondo i criteri propri della responsabilità contrattuale, con applicazione del relativo regime probatorio sopra ricordato, per cui i danneggiati - nella specie, gli stretti congiunti della paziente - devono limitarsi a provare l'esistenza del contratto e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante (Cass. Sez. Un. Civ. n. 577/2008; più di recente, Cass. Civ. 12.12.2013, n. 27855; Cass. Civ. 30.09.2014, n. 20547 e Cass. Civ. 20.10.2015, n. 21177). Ancora, in coerente applicazione degli artt. 1218 e 2697 c.c., il Supremo Collegio ha ulteriormente precisato che, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe su chi agisce per il risarcimento del danno l'onere di provare il nesso di causalità tra l'aggravamento della patologia o l'insorgenza di una nuova malattia e l'azione o l'omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto il proprio onere probatorio, spetta al danneggiante dimostrare l'impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, mediante la prova che l'inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza (v., in questo senso, Cass. Civ. Sez. III 26.7.2017, n. 18392; di recente, Cass. Civ. Sez. III 11.11.2019, n. 28991). Con riguardo alla posizione del sanitario intervenuto, si rileva invece che sin dal 1999 la Corte di Cassazione, con sent. n. 589/1999, ha ritenuto che "l'obbligazione del medico dipendente dal servizio sanitario per responsabilità professionale nei confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale" ha natura contrattuale". Orbene, ferma la non invocabilità della disciplina di cui alla L. n. 24 del 2017, l'applicazione del regime della responsabilità da inadempimento di obbligazione - con riguardo al medico - non è preclusa dall'entrata in vigore delle disposizioni del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, convertito con modificazioni nella L. 8 novembre 2012, n. 189 (c.d. legge Balduzzi), dal momento che, secondo l'interpretazione maggioritaria del suddetto testo legislativo, "deve escludersi che" con l'art. 3, comma 1, dello stesso "il legislatore abbia inteso esprimere un'opzione a favore di una qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità extracontrattuale" (così Cass. Civ. 17.4.2014, n. 8940; cfr. Cass. Civ. 19.2.2013, n. 4030; nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Arezzo 14.2.2013; Trib. Cremona 19.9.2013; Trib. Rovereto 29.12.2013; Trib. Brindisi 18.7.2014; Trib. Milano 18.11.2014; Trib. Milano 20.2.2015). Sotto il secondo profilo poc'anzi menzionato - del danno lamentato iure proprio dagli attori -, deve invece precisarsi che la pretesa in discorso risulta azionata da soggetti non legati alla struttura sanitaria ed al medico da alcun rapporto obbligatorio, con il che, da tale angolo visuale, l'accertamento della fondatezza della domanda segue il regime proprio della responsabilità extracontrattuale. 3. Sempre in via preliminare, occorre rilevare che non può trovare accoglimento l'eccezione di prescrizione sollevata da (...). Ed invero, la predetta eccezione risulta formulata tardivamente solo nella memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. (v. pag. 2 della memoria ex art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c. di (...)) e, dunque, oltre le preclusioni segnate in proposito dall'art. 167, comma 2, c.p.c., a tenore del quale il convenuto è tenuto, a pena di decadenza, a proporre con la tempestiva comparsa di costituzione e risposta tutte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, tra le quali - com'è noto - rientra l'eccezione di prescrizione, giusta art. 2938 c.c. Tenuto conto peraltro dell'epoca alla quale risalgono i fatti di causa - collocati dagli attori, al più, nel 2011 -, non può considerarsi decorso il termine prescrizionale, sia esso decennale sia esso quinquennale, alla data della instaurazione del presente giudizio, incoato con citazione notificata il 19.3.2015. 4. Effettuate le superiori premesse, la domanda risarcitoria formulata da (...), (...) e (...) è infondata e va pertanto rigettata per le ragioni di cui in appresso. Occorre anzitutto evidenziare che, secondo la prospettazione degli attori, l'operato del sanitario intervenuto - del quale sarebbe chiamata a rispondere anche la struttura sanitaria (...) - dovrebbe reputarsi censurabile, atteso che (...), pur a fronte della sintomatologia descritta da (...) almeno a partire dal dicembre 2011, avrebbe in assenza di adeguate visite somministrato alla stessa farmaci antibiotici non idonei alla risoluzione dei disturbi lamentati, avrebbe sottostimato, in particolare, la gravità della astenia riportata dalla paziente ed avrebbe omesso di sottoporre quest'ultima a doverosi esami ematochimici e strumentali che, ove effettuati tempestivamente, avrebbero consentito di diagnosticare in tempo la riscontrata neoformazione adenocarcinomatosa epatica bilobare e di trattare in modo adeguato la suddetta patologia, rivelatasi, invece, non rimovibile in via chirurgica al momento della tardiva diagnosi. 4.1. In conseguenza di ciò, i signori (...) hanno in primo luogo addebitato ai convenuti il decesso della loro stretta congiunta. 4.1.1. Orbene, secondo quanto emerge dall'esame degli atti di causa e dalle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, (...) è deceduta il 15.6.2013 a causa di complicanze della neoplasia che l'ha afflitta, segnatamente consistente in neoformazione adenocarcinomatosa plurifocale epatica, rivelatasi non "aggredibile chirurgicamente" (v. pag. 15 della consulenza tecnica d'ufficio, nonché la comunicazione del 20.4.2013 a firma del Prof. (...), allegata alla memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. di parte attrice). L'iter che ha condotto alla specifica diagnosi della patologia in discorso risulta avviato allorché, in data 18.3.2013, la dott.ssa (...) prescrisse - in ragione della lamentata "astenia fisica" - l'esecuzione di esami ematochimici dai quali è emersa, in particolare, l'alterazione di indici della funzionalità epatica, quali Transaminasi AST, pari a 65, e il valore dell'urobilinogeno pari a 500 (v. all. 13-14 della citazione, nonché pag. 17 della consulenza tecnica d'ufficio). Alla luce dei dati riportati da tali indagini, (...) si è sottoposta a visita ecografica in data 22.3.2013, che ha evidenziato "numerose, focali alterazioni ecostrutturali a carico del fegato" ed ha suggerito ulteriore approfondimento mediante esame TC, poi eseguito nel Pronto Soccorso dell'(...) di Catania il 23.3.2013 ed attestante l'esistenza in sede epatica di "voluminosa formazione espansiva a struttura di tipo complesso a componente necrotico prevalente", con "elevato enhancement arterioso", "estensione assiale di circa mm 180" e "notevoli effetti compressivi a livello della confluenza portale e biliare della lesione" (v. pagg. 17-18 della consulenza tecnica d'ufficio, nonché referti dell'esame ecografico e dell'esame TC allegati alla citazione introduttiva). Infine, la paziente ha ripetuto presso l'O.V.E. in data 30.3.2013 esame TC, che ha confermato "fegato ... notevolmente aumentato di volume per la presenza nel suo contesto di una voluminosa formazione espansiva cistica (diametri assiali 18x13 cm, diametro longitudinale 22,5 cm) che occupa pressoché interamente i segmenti epatici 4, 5 e 8. La lesione è costituita da una porzione craniale cistica semplice uniloculata a pareti regolari che occupa i segmenti 4 e 8 e da una porzione caudale cistica complessa irregolarmente pluriloculata che occupa interamente i segmenti 4B e 5, a sviluppo in gran parte esofitico caudale ed anteriore e a contorni irregolarmente bozzuti che impronta e disloca la parete addominale anteriore e caratterizzata da una spessa componente tissutale solida ipervascolare che ispessisce diffusamente ed irregolarmente le pareti delle loculazioni cistiche. Il contenuto delle cisti ha valori densitometrici di tipo liquido intorno a 10-15 UH con alcune porzioni che raggiungono i 20 UH; una delle loculazioni caudali mostra una componente gassosa con livello idro-aereo. Si contano inoltre ai segmenti 3, 4 e 8 nove noduli metastatici, per lo più satelliti alla lesione principale (diametri assiali dei noduli compresi tra 5 e 20 mm). La colecisti è inglobata nella porzione caudale della lesione e mostra nel lume una vegetazione neoplastica e due calcoli di 20 e 25 mm di diametro ?. Compressi edislocati dalla lesione il bulbo e la seconda porzione del duodeno nonché la testa del pancreas ?, P. linfonodi in sede celiaca e lungo i legamenti gastro-epatico ed epatoduodenale ?. Si avanza solo quale ipotesi che possa trattarsi di una neoplasia epatica primitiva maligna di origine biliare insorta su una preesistente lesione benigna (cistoadenoma biliare virato in cistoadenocarcinoma)" (v. all. 15 della citazione, nonché pagg. 18-19 della consulenza tecnica d'ufficio). La diagnosi formulata all'esito della predetta indagine è stata infine confermata, in seguito alla visita chirurgica eseguita dal Prof. G. (v. all. 16 della citazione), dalla biopsia del 5.4.2013 (v. all. 17 della citazione) e dall'esame radiologico del 6.4.2013 (v. all. 18 della citazione), in cui si fa menzione ancora di "fegato notevolmente aumentato di volume nel cui contesto si conferma la presenza di una voluminosa formazione espansiva a struttura mista, di morfologia irregolarmente polilobata e dimensioni di circa 20 x 18 x 12 cm, che occupa gran parte del lobo destro. In particolare la componente craniale è francamente cistica mentre quella caudale ha una struttura mista, in parte solida ed in parte cistica, ed uno sviluppo esofitico. La colecisti risulta inglobata in quest'ultima e mostra nel suo lume una vegetazione neoplastica e due calcoli. Sono presenti inoltre plurimi noduli satelliti al lobo destro, con dimensioni fino a circa 16 mm. Altri due noduli satelliti, del diametro di 12 e 10 mm, si apprezzano al lobo sinistro". 4.1.2. Ciò chiarito, non può ritenersi che, per tutto il corso del 2011 e del 2012, fosse possibile per la convenuta (...) ravvisare in (...) segni tali da porre il sospetto diagnostico di carcinoma epatico. Ed infatti, per il suddetto arco temporale, non risulta - già dalla stessa ricostruzione attorea - che la paziente abbia riferito al proprio medico sintomi specificamente correlabili alla patologia da ultimo richiamata, quali nausea, vomito ed ittero. Secondo quanto emerge dagli atti difensivi di parte attrice, (...) avrebbe esposto, sin dal dicembre 2011, alla dott.ssa L. di accusare episodi di alterazione algica della diuresi e dolori addominali, nonché astenia ingravescente (v. già pag. 1 della citazione). A tal proposito, deve tuttavia rilevarsi che la prova orale assunta nel corso del giudizio non ha fornito elementi decisivi ai fini dell'addebito di responsabilità formulato nei confronti di parte convenuta. All'udienza del 21.12.2017, infatti, il teste di parte attrice D.M.F. si è limitato a riferire di aver accompagnato dal medico L. la signora D., "dalla fine del 2011 fino all'inizio del 2013 per circa sei volte", aggiungendo esclusivamente che "la sig.ra D. prospettava al dottore di sentirsi male e debole" e di "sentirsi stanca". Da un lato, dunque, nessuna menzione si rinviene di persistenti disturbi alle vie urinarie o di algie addominali. Da un altro lato, deve poi osservarsi che il richiamo alla stanchezza fisica - oltre a denotare un sintomo non inequivocabilmente riconducibile alla gravissima patologia epatica poi riscontrata - non appare delineato in termini sufficientemente definiti rispetto all'intervallo di tempo sul quale ha riferito il testimone e compreso tra la fine del 2011 e l'inizio del 2013, non traducendosi pertanto in un segno che avrebbe potuto orientare il sanitario, con elevata ragionevolezza, verso la diagnosi corretta. Né tantomeno, a questi ultimi fini, possono trarsi elementi dirimenti dalle prescrizioni terapeutiche prodotte da parte attrice, atteso che, come accertato dai consulenti tecnici d'ufficio, nel periodo intercorso tra marzo 2012 e la fine del 2012 non risulta documentato alcun contatto tra la paziente D. e la dott.ssa L. (v. pagg. 16 e 21 della consulenza tecnica d'ufficio). A tal riguardo, non può del resto assumere alcun rilievo la mancata produzione, da parte della predetta convenuta, della scheda individuale attestante gli accessi e contatti tra medico di base e paziente (sulla quale v. pag. 7 della comparsa conclusionale di parte attrice), in quanto grava su quest'ultimo - o su chi intende far valere le ragioni di quest'ultimo - l'onere di provare la condotta assunta dal sanitario e, dunque, per quanto interessa in questa sede, gli ulteriori episodi nei quali si sarebbe dispiegato il suo intervento, in ipotesi contrario agli standard professionali esigibili nel settore e foriero di danni risarcibili. Fermo quanto sopra esposto, tenendo conto della documentazione acquisita agli atti, deve ritenersi che solo a partire dagli inizi del 2013 le condizioni di (...) si siano mostrate oggettivamente tali da suggerire l'effettuazione dell'iter diagnostico poi seguito per giungere al riscontro della patologia epatica che ha condotto la paziente al decesso. In proposito, si rileva anzitutto che nel verbale di Pronto Soccorso datato 23.3.2013 (allegato alla memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. di parte attrice) si legge: "da circa 1 mese riferisce astenia in paz. ipertesa in atto non in trattamento farmacologico ?. Addome trattabile superficialmente, alla profonda si apprezza fegato debordato dall'arcata costale di circa 10 cm; torace: MV ridotto alle basi". Ebbene, com'è noto, secondo il più condivisibile indirizzo del Supremo Collegio, "la natura di certificazione amministrativa delle attestazioni contenute nella cartella clinica redatta da un'azienda ospedaliera pubblica, o da un ente convenzionato con il servizio sanitario pubblico - al pari di quelle dei certificati dei medici convenzionati - è affermazione giurisprudenziale praticamente costante, essendosi piuttosto l'attenzione degli interpreti incentrata sulla esatta delimitazione delle annotazioni coperte da fede privilegiata. E invero l'applicazione dello speciale regime di cui agli artt. 2699 e segg. cod. civ. è circoscritta alle sole trascrizioni concernenti le attività espletate nel corso di una terapia o di un intervento, mentre ne sono escluse le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essa contenute (confr. Cass. Civ. 12 maggio 2003, n. 7201; Cass. Civ. 27 settembre 1999, n. 10695)" (così, testualmente, Cass. Civ. Sez. III 30.11.2011, n. 25568; v. anche Cass. Pen. Sez. V 19.1.2011, n. 7443 e Cass. Pen. Sez. V 17.2.2010, n. 19557). Con riguardo al caso di specie, l'efficacia propria della certificazione amministrativa deve senz'altro essere ritenersi estesa al fatto - non alla intrinseca veridicità della affermazione -che la paziente abbia dichiarato al personale sanitario in data 23.3.2013 di soffrire di astenia da circa un mese. Per altro verso, la suddetta ricostruzione è compatibile con quanto riportato nel certificato INPS relativo a (...) datato 10.4.2013, nel quale si legge che "da circa tre mesi il soggetto lamenta astenia marcata e tosse inizialmente da sospetta s. influenzale e broncopatia" (v. certificato n. (...), allegato alla memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c. di parte attrice). Ancora, l'insorgenza solo nel corso del 2013 di sintomatologia univocamente riferibile alla più grave patologia che ha determinato il decesso può reputarsi confermata dalla comunicazione dell'8.4.2013 a firma del dott. (...), nella quale si legge che "la paziente riferisce sporadici eventi di nausea e vomito". Per le ragioni testé illustrate, per tutto il corso del 2011 e del 2012 non può ritenersi provato che (...) abbia posto la dott.ssa (...) nelle condizioni di poter ipotizzare la diagnosi di adenocarcinoma epatico o di avviare un iter diagnostico in tal senso, con il che deve senz'altro escludersi, per siffatto arco temporale, qualsiasi violazione delle prescrizioni tecniche proprie della scienza medica. In questi termini si sono condivisibilmente espressi i consulenti tecnici d'ufficio, i quali hanno esposto che "nessuna diagnosi precoce o tempestiva avrebbe potuto aver luogo, in assenza, per oltre otto mesi (nel periodo corrente tra la fine di marzo e l'inizio di dicembre 2012, nel corso dei quali la neoplasia può essersi tumultuosamente sviluppata ed espansa), di qualsivoglia contatto documentalmente comprovato tra la paziente e la professionista. Non si riscontra alcun profilo di responsabilità del medico di famiglia Dott.ssa (...), correlabile a negligenza, imperizia, o imprudenza nello svolgimento dell'attività professionale, che abbia determinato il decesso della paziente" (v. pagg. 21 e 24 della consulenza tecnica d'ufficio). 4.1.3. Per ciò che concerne il periodo successivo - a partire dagli inizi del 2013 -, devono del pari reputarsi insussistenti i requisiti propri della fattispecie risarcitoria dedotta da parte attrice. Solo incidentalmente si osserva sul punto che la configurabilità di profili di negligenza, nell'operato di (...), non ha trovato adeguata conferma nel materiale documentale agli atti e nell'istruttoria svolta. Ed invero, chiarito - come si è visto al punto che precede - che solo nel corso del 2013 la paziente riferì sintomatologia ricollegabile alla grave patologia epatica neoplastica, gli stessi consulenti tecnici d'ufficio, lungi dal prospettare una evidente negligenza professionale, si sono espressi in termini meramente dubitativi in ordine alla correttezza tecnica della condotta assunta dal sanitario nel periodo in questione. Più in dettaglio, gli stessi hanno affermato che "non risulta, tuttavia, comprensibile, né troppo razionale, in assenza della effettuazione di esami ematochimici, e verosimilmente anche di un esame obiettivo, la prescrizione per un mese e mezzo consecutivo, di almeno 5-6 specialitàantibiotiche diverse" (v. pag. 19 della consulenza tecnica d'ufficio) e che "si conferma, pertanto, di poter riscontrare, nell'atteggiamento professionale tenuto dalla Dott.ssa (...), qualche evitabile"leggerezza", e comportamento non pedissequamente conforme alla buona pratica clinica" (v. pag. 16 delle risposte dei consulenti tecnici d'ufficio alle osservazioni delle parti). Anche a prescindere da ciò, peraltro, la responsabilità del decesso di (...) non può essere addebitata alla predetta (...), dovendosi ritenere che ogni eventuale negligenza da quest'ultima commessa sia stata eziologicamente irrilevante rispetto all'evento infausto verificatosi. In via preliminare, si osserva che, secondo i principi fissati dalla Suprema Corte, la causalità civile ordinaria si attesta sul versante della probabilità relativa (o variabile), caratterizzata da una soglia meno elevata di probabilità rispetto a quella penale, secondo modalità semantiche che, specie in sede di consulenza medico-legale, possono assumere molteplici forme espressive ("serie ed apprezzabili possibilità", "ragionevole probabilità", etc.), senza che questo debba, peraltro, vincolare il giudice ad una formula specifica. La causalità civile obbedisce, secondo lo standard probatorio convenzionalmente adottato, alla logica del "più probabile che no", rappresentando essa la misura della relazione probabilistica concreta, svincolata da ogni riferimento soggettivo, tra comportamento e danno (così, ex multis, Cass. Sez. Un. Civ. 11.1.2008, n. 577). Come ulteriormente precisato dal Supremo Collegio, occorre tenere presente che l'accertamento richiesto in questa sede non deve condursi con esclusivo riferimento alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare o essere inconferente. Al contrario, l'indagine deve essere svolta alla luce del grado di fondatezza misurato attraverso gli elementi di conferma (e, nel contempo, l'esclusione di altri possibili fattori alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana: così, ancora, Cass. Sez. Un. Civ. 11.1.2008, n. 577 cit.; v., più di recente, Cass. Sez. Civ. III 8.1.2020, n. 122, per cui il principio di prevalenza probabilistica deve essere applicato con apprezzamento non isolato, ma complessivo ed organico di tutti i singoli elementi indiziari o presuntivi a disposizione, atteso che il criterio della preponderanza probabilistica implica la esclusione di circostanze alternative incompatibili - o quantomeno tali da inficiare in misura rilevante la probabilità logica della relazione causa-effetto - con quella che si intende riconoscere come fattore causale esclusivo dell'evento dannoso). Orbene, ritornando al caso di specie, come si è precisato al punto 4.1.1, il decesso di (...) è stato determinato da complicanze correlate alla riscontrata neoformazione adenocarcinomatosa epatica (v. ancora pag. 15 della consulenza tecnica d'ufficio). È dunque indubitabile che l'esito infausto sia stato provocato da causa naturale, da ricondurre alla predetta patologia. Deve peraltro verificarsi se in tale processo si sia inserita anche una causa riferibile all'operato della dott.ssa (...). Vertendosi in materia di causalità omissiva, occorre chiedersi se una diversa condotta in ipotesi assunta da quest'ultima sarebbe stata idonea o meno ad impedire la verificazione dell'evento morte. Ciò premesso, i consulenti tecnici d'ufficio hanno chiarito che la patologia che ha colpito la paziente - tenuto conto del tipo istologico ricorrente ed "altamente aggressivo" (v. pag. 21 della consulenza tecnica d'ufficio), inquadrabile quale adenocarcinoma epatico -, si connota per un elevato tasso di mortalità, in ragione del quale anche "l'intervento chirurgico radicale non migliora la sopravvivenza e anche la radioterapia e la chemioterapia si sono dimostrate scarsamente efficaci (Database ITACAN: Tumori in Italia, a cura di AIRTUM - (...))" (v. pag. 16 della consulenza tecnica d'ufficio). Con specifico riguardo alla vicenda sottoposta all'odierno vaglio, poi, come si è precisato al punto 4.1.1, la neoplasia che ha afflitto (...) si presentava già in data 23.3.2013 di oltre 180 mm, con "struttura di tipo complesso a componente necrotico prevalente", "elevato enhancement arterioso" e "notevoli effetti compressivi a livello della confluenza portale e biliare della lesione" (v. pagg. 17-18 della consulenza tecnica d'ufficio, nonché referti dell'esame ecografico e dell'esame TC allegati alla citazione introduttiva); in data 30.3.2013 si apprezzava nel fegato, notevolmente aumentato di volume, la presenza di "voluminosa formazione espansiva cistica (diametri assiali 18x13 cm, diametro longitudinale 22,5 cm)" e, soprattutto, "nove noduli metastatici", "una vegetazione neoplastica" presso la colecisti e "plurimi linfonodi in sede celiaca e lungo i legamenti gastro-epatico ed epatoduodenale" (v. all. 15 della citazione, nonché pagg. 18-19 della consulenza tecnica d'ufficio). Oltre alla intrinseca gravità della patologia ricorrente nella specie, dunque, le condizioni in cui (...) versava nel 2013 si rivelavano estremamente precarie, per via delle notevoli dimensioni della neoformazione e per via della presenza di numerosi secondarismi e del coinvolgimento dei linfonodi. Per tali ragioni, dunque, tenuto conto del fatto che - come si è visto - solo agli inizi del 2013 la sintomatologia espressa dalla paziente si mostrò tale da indurre al sospetto della diagnosi neoplastica, pienamente condivisibili appaiono le conclusioni dei consulenti tecnici d'ufficio, nella misura in cui questi hanno affermato che, "per quanto emergente dagli atti, dunque, anche in considerazione della tipologia di tumore altamente aggressivo, questo si è verosimilmente sviluppato a livello del fegato ?, senza dare segni, se non sfumati e non specifici, della propria presenza. Solo a seguito della effettuazione di indagini ematochimiche e strumentali, la cui necessità è stata dettata dalla persistente marcata astenia, si è pervenuti ad una diagnosi, in uno stadio avanzato della neoplasia, che non ha consentito di intraprendere strategie di terapia efficaci, ed ha condotto rapidamente a grave scadimento delle condizioni generali ed all'exitus la paziente. Non si ritiene di potere addebitare il decesso ad un comportamento professionalmente negligente della Dott.ssa (...), tenuto conto della aggressività della patologia ed ai dati riportati in letteratura, sulla sopravvivenza media dei pazienti ai quali la diagnosi è stata posta in uno stadio avanzato della stessa" (v. pag. 21 della consulenza tecnica d'ufficio). Come ancora si legge nella consulenza tecnica d'ufficio, "in altri termini, è assai più probabile del suo contrario che la neoplasia, anche se diagnosticata a gennaio, invece che a fine marzo, avrebbe condotto ugualmente ad exitus la paziente ... Non risulta potersi ravvisare, pertanto, alcun rapporto di causalità o causazione, né concausale, tra l'intervento professionale della Dott.ssa (...) ed il decesso della paziente" (v. pag. 21 della consulenza tecnica d'ufficio). Le conclusioni raggiunte, adeguatamente fondate sui dati della letteratura scientifica esaminata e caratterizzate da congruità e logicità, sono, oltretutto, coerenti con la stessa ricostruzione dedotta da parte attrice. L'irrilevanza eziologica dell'intervallo di tempo di due mesi - intercorso tra gli inizi del 2013 e il momento di effettiva diagnosi - risulta infatti confermata dalla circostanza, riferita dagli attori nella memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c., per cui sia il dott. (...) sia il Prof. G. avrebbero reputato possibile ed utile il trattamento chirurgico solo ove la paziente si fosse presentata a visita "almeno sei/otto mesi prima" (v. pagg. 6-9 della memoria di cui all'art. 183, comma 6, n. 2 c.p.c.) e, dunque, in un momento in cui nessun addebito di negligenza avrebbe potuto muoversi alla dott.ssa (...). In definitiva, la domanda risarcitoria esaminata in questa sede non può trovare accoglimento, non essendo stata raggiunta adeguata prova del nesso di causalità tra la condotta del sanitario e l'evento morte lamentato (cfr., ancora, Cass. Civ. Sez. III 26.7.2017, n. 18392 cit., e Cass. Civ. Sez. III 11.11.2019, n. 28991 cit., per le quali grava sul danneggiato il rischio della mancata prova del nesso eziologico). 4.2. In merito all'ulteriore pretesa azionata dagli attori in dipendenza della perdita di chance da parte della loro stretta congiunta, si osserva che anche l'accoglimento di essa postula il previo accertamento della condotta illecita del danneggiante e del legame eziologico tra questa e l'evento dannoso. In tal senso si è espresso, di recente, il Supremo Collegio, per il quale, nell'ambito del danno da perdita di chance, "l'attività del giudice dovrà ... muovere dalla prevista disamina della condotta (e della sua colpevolezza) e dall'accertamento della relazione causale tra tale condotta e l'evento di danno (la possibilità perduta, ovverossia il sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore), senza che i concetti di probabilità causale e di possibilità (e cioè di incertezza) del risultato realizzabile possano legittimamente sovrapporsi, elidersi o fondersi insieme: la dimostrazione di una apprezzabile possibilità di giungere al risultato migliore sul piano dell'evento di danno non equivale, in altri termini, alla prova della probabilità che la condotta dell'agente abbia cagionato il danno da perdita di chance sul piano causale" (v. Cass. Civ. Sez. III 11.11.2019, n. 28993, ove si legge anche che "entrambe le forme di chance" - patrimoniale e non patrimoniale - "presuppongono: una condotta colpevole dell'agente"). Ancora, "per integrare gli estremi del danno risarcibile, la perdita di chance (giusta l'insegnamento delle sezioni unite di questa corte in tema di danno non patrimoniale: Sez. U. n. 26792 del 11/11/2008) dovrà peraltro attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà, consistenza, rispetto ai quali il valore statistico/percentuale - se in concreto accertabile - potrà costituire al più criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto, onde distinguere la concreta possibilità dalla mera speranza" (v. Cass. Civ. Sez. III 11.11.2019, n. 28993 cit.). Come ulteriormente precisato poi dalla giurisprudenza di merito, "il danno risarcibile deve essere individuato dalla perdita della possibilità di eseguire controlli costanti e frequenti, o di sottoporsi ad esami clinici e di laboratorio più approfonditi, equivalendo così alla perdita della possibilità di accedere ad un risultato favorevole incerto, considerato tale in virtù della possibilità in ordine allo sviluppo della malattia, nel caso di cure tempestive, idonee e diligenti: insomma si tratta di risarcire una concreta perdita di chance di sopravvivenza, o, quanto meno di condurre anni di vita ulteriori con una qualità apprezzabile" (così Trib. Aosta Sez. I 20.4.2021, n. 115; v. anche Trib. Lecce Sez. II Civ. 1899/2020; cfr. anche Trib. Siracusa Sez. II ord. 14.9.2021). Ebbene, nel caso di specie, deve senz'altro escludersi che la condotta tenuta dal sanitario abbia compromesso in modo significativo le chance di sopravvivenza a lungo termine o di migliore qualità della vita della paziente. A tal proposito, basti evidenziare che i consulenti tecnici d'ufficio, ipotizzando una condotta di carattere meno "attendistico", hanno affermato che "un ritardo diagnostico, comunque verificatosi nella fase ormai avanzata della patologia, ed assai probabilmente del tutto ininfluente sulla prognosi quoad vitam, ... può avere inciso in termini di una virtuale, generica e possibile riduzione di chances di ulteriore imprecisabile periodo di sopravvivenza" (v. pag. 22 della consulenza tecnica d'ufficio). La impossibilità di attribuire contorni definiti alla chance perduta - descritta, come si è visto, in termini di possibilità virtuale, generica ed imprecisabile - appare vieppiù confermata dalle risposte fornite alle osservazioni delle parti, in cui si specifica che "la perdita di chances di sopravvivenza ulteriore si configura quale evento indeterminato ed indeterminabile, da ascriversi, come già precisato, all'ambito ipotetico e non fornibile di prova concreta" (v. pag. 15 delle risposte dei consulenti tecnici d'ufficio alle osservazioni delle parti). Quanto sopra esposto denota, all'evidenza, la insussistenza dei presupposti - richiamati dalla citata giurisprudenza - della apprezzabilità, serietà, consistenza e concretezza, indispensabili per l'accoglimento della domanda risarcitoria formulata dagli attori. Né del resto questi ultimi hanno mosso alcuna censura nei confronti delle conclusioni raggiunte sul punto dai consulenti tecnici d'ufficio, non essendo oltretutto stata neppure prefigurata dagli stessi alcuna attività in concreto idonea ad assicurare un prolungamento delle aspettative di vita della paziente o un miglioramento della qualità della vita residua (v., in particolare, da ultimo, pag. 4 della memoria di replica di parte attrice, dove espressamente si riporta il passo per il quale la perdita di chance deve intendersi "evento indeterminato ed indeterminabile, da ascriversi, come già precisato, all'ambito ipotetico e non fornibile di prova concreta"). Infine, non appare pertinente il richiamo compiuto alla giurisprudenza del Supremo Collegio e, segnatamente, alla ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, del 23.3.2018, n. 7260 (v. pag. 11 della comparsa conclusionale e pagg. 7-8 della memoria di replica degli attori). Ed infatti, nella suddetta pronuncia si legge testualmente che "il danno nella specie denunciato dalle attrici non può in nessun modo farsi consistere nella perdita di specifiche possibilità esistenziali alternative, necessariamente legate alle particolari scelte di vita non potute compiere dal paziente (un discorso solo impropriamente, e in larga misura erroneamente, tradotto con l'equivoco richiamo al tema della perdita di chances), bensì con la perdita diretta di un bene reale, certo (sul piano sostanziale) ed effettivo, non configurabile alla stregua del quantum (eventualmente traducibile in termini percentuali) di possibilità di un risultato o di un evento favorevole (secondo la definizione elementare della chance comunemente diffusa nei discorsi sulla responsabilità civile), ma apprezzabile con immediatezza quale correlato del diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali in una condizione di vita affetta da patologia ad esito certamente infausto; e dunque quale situazione soggettiva suscettibile di darsi ben prima (al di qua) di qualunque (arbitraria) scelta personale che si voglia già compiuta, o di là da compiere; e ancora, al di là di qualunque considerazione soggettiva sul valore, la rilevanza o la dignità, degli eventuali possibili contenuti di tale scelta" (Cass. Civ. Sez. III ord. 23.3.2018, n. 7260) Come risulta dall'ordinanza testé richiamata, dunque, il precedente deve intendersi riferito a fattispecie in cui, diversamente dal caso di specie, si verteva in materia di danno da lesione della libertà di autodeterminazione (v., ancora, Cass. Civ. Sez. III ord. 23.3.2018, n. 7260 cit., in cui si legge espressamente che "la tutela" risarcitoria "della situazione soggettiva in esame si risolve, pertanto, nell'immediata protezione giuridica di una specifica forma dell'autodeterminazione individuale", "quella che si esplica nella particolare condizione della vita affetta da patologie ad esito certamente infausto"; v. ancora pag. 11 della comparsa conclusionale degli attori, ove il provvedimento della Corte regolatrice è, esplicitamente, correlato alla ipotesi di danno alla "libertà di autodeterminazione"). Siffatto bene giuridico, secondo la più condivisibile posizione assunta in materia dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi indubbiamente distinto dal diritto alla salute e, correlativamente, dal diritto a godere di apprezzabili chance di sopravvivenza o di migliore qualità di vita (v., in proposito, per tutte, Cass. Civ. Sez. III 11.11.2019, n. 28985, per cui "deve ritenersi, infatti, ormai definitivamente acquisito nella giurisprudenza di legittimità ... che la manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria, costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all'autodeterminazione proprio della persona fisica ... che - se pure connesso - deve essere tuttavia tenuto nettamente distinto - sul piano del contenuto sostanziale - dal diritto alla salute, ossia dal diritto del soggetto alla propria integrità psico-fisica"). Ne discende l'impossibilità di attribuire - in questo giudizio - rilievo ad ogni considerazione relativa alla lesione della libertà di autodeterminazione, atteso che nessuna censura in tal senso risulta essere stata formulata né nella citazione introduttiva né entro le successive preclusioni istruttorie. 5. Per tutte le ragioni illustrate nei punti che precedono, non ricorrono i presupposti della fattispecie risarcitoria invocata da (...), (...) e (...), con il che devono essere rigettate le domande formulate da questi ultimi nei confronti di (...) e dell'(...) di S., le quali hanno pertanto diritto al pagamento delle spese processuali da parte degli attori, con le precisazioni di cui si dirà. In via consequenziale, nessun obbligo di manleva grava, per i fatti di causa, su (...) s.p.a.. Anche nei confronti di quest'ultima (...), (...) e (...) vanno condannati al pagamento delle spese di lite. Ed infatti, secondo l'orientamento ribadito più volte dal Supremo Collegio, "considerata la lata accezione con cui il termine soccombenza è assunto nell'art. 91 c.p.c., il rimborso delle spese processuali sostenute dal terzo chiamato in garanzia dal convenuto deve essere posto a carico dell'attore ove la chiamata si sia resa necessaria in relazione alla pretesa dell'attore stesso e questa sia risultata infondata, a nulla rilevando che l'attore non abbia proposto nei confronti del terzo alcuna domanda, mentre il rimborso rimane a carico della parte che abbia chiamato o abbia fatto chiamare in causa il terzo qualora l'iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria" (v., ex multis, Cass. Sez. VI Civ. ord. 4.3.2019, n. 6292; Cass. n. 7341/2012). Nel caso di specie, la (...) s.p.a. non ha in alcun modo contestato l'operatività della polizza assicurativa stipulata da (...), essendosi invece associata a quest'ultima nella contestazione di ogni domanda attorea. Alla luce di ciò, pertanto, la domanda di garanzia - formulata per la sola ipotesi di fondatezza della pretesa risarcitoria degli attori - non può reputarsi palesemente arbitraria, sicché, in conformità all'indirizzo giurisprudenziale richiamato, non ricorrono ragioni per porre a carico del chiamante le spese relative alla chiamata in causa della propria compagnia assicurativa, da ritenersi invece gravanti su parte attrice (v., ancora, Cass. Civ. Sez. VI ord. 4.3.2019, n. 6292 cit.; Cass. Civ. n. 7341/2012 cit.). La liquidazione delle spese di lite viene effettuata secondo i parametri del D.M. n. 55 del 2014 nella misura di Euro 26.451,00 rispetto a ciascuna delle parti vittoriose, tenuto conto dell'attività difensiva concretamente svolta e del livello di complessità delle questioni giuridiche trattate, avuto riguardo al valore della domanda formulata, pari ad Euro 1.089.287,94 (v. pagg. 10-12 della citazione; scaglione di riferimento ex art. 6 del D.M. n. 55 del 2014: Euro 1.000.001-2.000.000). In considerazione peraltro della elevata difficoltà delle questioni tecniche affrontate e del fatto che la infondatezza delle domande attoree è emersa solo all'esito di un indispensabile vaglio giurisdizionale della vicenda processuale - dispiegatosi anche nella complessa consulenza tecnica ampiamente esaminata -, ricorrono le condizioni per compensare nella misura di 3/5 le spese di lite, secondo il disposto dell'art. 92 c.p.c. per come interpretato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 77/2018, dovendosi porre a carico dei signori (...), (...) e (...) esclusivamente la residua quota di 2/5. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio vanno poste in via definitiva a carico degli attori, in quanto soccombenti. P.Q.M. Il Giudice, dott. Gabriele Patti, definitivamente pronunciando nella causa civile iscritta al n. R.G. 1241/2015, ogni altra istanza o azione disattese: - rigetta ogni domanda proposta da (...), (...) e (...) nei confronti di (...) e di (...) di S., per le ragioni di cui in motivazione; - compensa per 3/5 le spese di lite, pari a complessivi Euro 26.451,00 per ciascuna delle parti vittoriose, e condanna in solido (...), (...) e (...) a pagare a (...), (...) di (...) e (...) s.p.a. la residua quota di 2/5, che liquida per ciascuna parte vittoriosa in Euro 10.580,40 per compensi, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA come per legge; - pone definitivamente a carico di (...), (...) e (...) in solido le spese della consulenza tecnica d'ufficio. Così deciso in Siracusa il 28 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2022.

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