Sentenze recenti Tribunale Sondrio

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Daniela Bosio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 1655/2019 promossa da: (...) S.R.L. (c.f. (...)), con gli avvocati (...) ed (...) ATTRICE OPPONENTE contro (...) S.R.L. (c.f. (...)), con gli avvocati (...) CONVENUTA OPPOSTA Oggetto: contratti bancari. CONCLUSIONI All'udienza del 01/02/2023 le parti hanno rassegnato le seguenti conclusioni: Per parte attrice: "Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis rejectis, IN VIA PRELIMINARE E/O PREGIUDIZIALE - accertare e dichiarare l'invalidità della procura ad litem in quanto rilasciata da soggetto non procuratore della società convenuta opposta e conseguentemente il difetto dello ius postulandi per tutte le considerazioni esposte in narrativa, con ogni conseguenza di legge anche in ordine all'invalidità e/o nullità e/o inesistenza del provvedimento monitorio emesso; - accertare e dichiarare l'incompetenza territoriale del Tribunale di Sondrio ai sensi e per gli effetti dell'art. 38 c.p.c. in favore del Tribunale di Bergamo, per tutte le motivazioni di cui al presente atto, e per l'effetto revocare e/o dichiarare nullo, annullabile, inefficace e/o illegittimo ed in ogni caso privare di ogni giuridico effetto il decreto ingiuntivo n. 602/2019 D.I., n. 1175/2019 R.G. e n. 848/2019 Rep., emesso dal Tribunale di Sondrio, Signor Giudice dottoressa Antonella Amatulli in data 26 settembre 2019, conseguentemente provvedendo sulle spese di lite. IN VIA PRINCIPALE E NEL MERITO - accertare e dichiarare l'inesistenza dei requisiti ex artt. 633 e ss. c.p.c. per tutti i motivi dedotti in narrativa, e per l'effetto revocare e/o dichiarare nullo, annullabile e/o illegittimo ed in ogni caso privare di ogni giuridico effetto il decreto ingiuntivo n. 602/2019 D.I., n. 1175/2019 R.G. e n. 848/2019 Rep.; - rigettare integralmente tutte le domande svolte da controparte in via monitoria e nel presente giudizio in quanto infondate in fatto ed in diritto per tutte le considerazioni esposte in narrativa e conseguentemente revocare e/o dichiarare nullo, annullabile e/o illegittimo ed in ogni caso privare di ogni giuridico effetto il decreto ingiuntivo n. 602/2019 D.I., n. 1175/2019 R.G. e n. 848/2019 Rep.; - accertare e dichiarare che alcuna somma a nessun titolo è dovuta dall'attrice opponente in favore della convenuta opposta; - emettere ogni altra statuizione e/o declaratoria del caso. IN VIA SUBORDINATA E NEL MERITO - in denegato caso di mancato accoglimento delle domande svolte in via preliminare/pregiudiziale e principale, condannare l'attrice opponente al pagamento della minor somma portata dal rapporto di conto corrente n. 444 e dal rapporto di apertura di credito ipotecaria, come verrà accertata in corso di causa anche all'esito della fase istruttoria, deducendo dunque le somme che verranno accertate come non dovute dall'attrice opponente alla convenuta opposta relativamente al rapporto di conto corrente n. 444 ed al rapporto di apertura di credito ipotecaria per tutte le eccezioni e contestazioni svolte in narrativa, in ogni caso revocando e/o dichiarando nullo, annullabile e/o illegittimo, anche parzialmente, il decreto ingiuntivo n. 602/2019 D.I., n. 1175/2019 R.G. e n. 848/2019 Rep., emesso dal Tribunale di Sondrio, Signor Giudice dottoressa Antonella Amatulli in data 26 settembre 2019. IN OGNI CASO: con vittoria di spese e competenze legali del presente giudizio, oltre accessori come per legge, da distrarsi in favore dei sottoscritti procuratori antistatari. IN VIA SUBORDINATA - Si chiede che l'Ill.mo Giudicante ordini ai sensi dell'art. 210 c.p.c. alla controparte l'esibizione in giudizio degli estratti conto a saldo zero, allo stato attuale mai prodotti, relativi all'intero rapporto contrattuale concernente il conto corrente n. 444. - Preso atto del contenuto della perizia depositata dal CTU, si richiama integralmente il contenuto delle osservazioni depositate in data 15 febbraio 2022 anche con particolare riferimento alle deduzioni ivi svolte in relazione alla lacunosità della documentazione agli atti. Si reiterano integralmente le considerazioni giuridiche dedotte nelle note di trattazione scritta depositate per l'udienza cartolare del 23 marzo 2022, confidando nell'accoglimento della seguente integrazione istruttoria: A) disporre l'integrazione della Consulenza Tecnica d'Ufficio già depositata, invitando il nominato Consulente Tecnico ad acquisire la documentazione che il medesimo ha accertato essere mancante, acquisendo la medesima "su consenso delle parti" giusto provvedimento del 22.6.2021 (in proposito è di tutta evidenza che se l'Istituto di Credito non dovesse prestare il consenso a fornire la documentazione bancaria mancante, come già esposto, l'asserito diritto di credito non potrà che ritenersi sfornito di riscontro probatorio)". Per parte convenuta: "Ill.ma S.V. adita, Voglia, disattesa e reietta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione: In via principale e nel merito: rigettare le richieste formulate da parte opponente in quanto infondate in fatto e diritto, e per l'effetto, confermare il decreto ingiuntivo opposto In via subordinata: condannare la società (...) S.R.L. CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare alla (...) S.r.l. l'importo di Euro 508.145,26 oltre interessi contrattuali e di mora convenzionalmente previsti dal 19.10.2017 sino all'effettivo soddisfo, come da decreto ingiuntivo debitamente notificato, ovvero l'eventuale diverso importo che risulterà dalla causa, oltre interessi contrattuali e di mora da calcolarsi come statuito nel contratto a far tempo dalla risoluzione e fino al saldo effettivo; Ad ogni modo: con vittoria di spese e competenze professionali di giudizio, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e C.P.A. come per legge." Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato il 23/11/2019, (...) S.R.L. (di seguito "(...)") proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 602/2019 D.I., n. 1175/2019 R.G. e n. 848/2019 Rep. emesso dal Tribunale di Sondrio nella persona del Giudice dottoressa Antonella Amatulli in favore di (...) S.r.l. (di seguito "(...)") con il quale veniva ingiunto alla medesima di pagare immediatamente la complessiva somma di Euro 508.145,23 oltre interessi, spese ed accessori di legge, a titolo di saldo debitore residuo dei rapporti intrattenuti con detta azienda di credito - segnatamente: conto corrente di corrispondenza nr. 444 e dal conto corrente con garanzia ipotecaria nr. 80444 entrambi accesi rispettivamente in data 18/06/2010 e 07/07/2010 presso la dipendenza di Clusone del (...) S.p.A.; rapporti tutti estinti per recesso dell'istituto di credito comunicato il 31/08/2017 a fronte del mancato pagamento dei ratei di rimborso del credito. Nello specifico parte attrice contestava la presenza di contratti validi sottoscritti dalla società correntista e la mancata e specifica approvazione delle clausole vessatorie; la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi quanto meno successivi all'1.1.2014 per violazione dell'art. 120 TUB come modificato dalla Legge 147/2013 nonché la variazione inpejus delle condizioni del contratto. Ritualmente costituitasi, la (...) 2018 s.r.l. replicava alle avverse doglianze formulando le conclusioni in epigrafe. Concessa la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo opposto, concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. ed espletata c.t.u. contabile a ricostruzione dei rapporti dare-avere, la causa era trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.. In rito, va preliminarmente rigettata l'eccezione sulla invalidità della procura alle liti conferita al difensore di fiducia della convenuta opposta ed allegata al ricorso monitorio. Invero, risulta per tabulas che (...) S.r.l. rilasciava procura a (...) S.p.A. la quale a sua volta rilasciava procura a (...) S.r.l., il cui direttore generale, (...), come da poteri a lui conferiti con il verbale del consiglio di amministrazione della (...) S.r.l. del 11/05/2017, conferiva procura alle liti per il procedimento monitorio e per l'odierno giudizio di opposizione (cfr. doc. 1 e 1.2 fascicolo monitorio e doc. 1, 2, 3 e 4 convenuta) Da qui il potere di (...), quale il direttore generale di (...) S.r.l. avente altresì la rappresentanza processuale nei giudizi delle stesse, a conferire la procura alle liti onde agire in giudizio a difesa degli interessi della società mandante (...) S.r.l. Occorre poi esaminare l'eccezione di incompetenza per territorio sollevata dall'opponente, che deve essere respinta in quanto infondata. L'attrice opponente nei propri scritti difensivi ha eccepito in via preliminare e pregiudiziale l'incompetenza territoriale dell'intestato Tribunale in favore del Tribunale di Bergamo quale foro del debitore, in ragione del principio giurisprudenziale statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 17989/2016 secondo cui solo i contenziosi aventi ad oggetto obbligazioni pecuniarie effettivamente liquide possano essere radicate innanzi al Giudice individuato ai sensi dell'art. 1182, terzo comma c.c. e dunque, innanzi al Giudice del luogo ove il creditore ha il domicilio al tempo della scadenza dell'obbligazione. La tesi attorea si fonda, dunque, sull'asserita indeterminatezza e illiquidità dell'obbligazione stante la nullità del contratto di apertura di credito ipotecario in conto corrente atto Notaio Dottor (...) Rep. m. 38.819 e Racc. n. 12.670 non collegato al conto corrente con garanzia ipotecaria n. 8044 e l'inefficacia delle clausole vessatorie contenute nei contratti bancari oggetto di causa. Ciò posto si osserva che (...) S.r.l. ha promosso il decreto ingiuntivo opposto in virtù del contratto di apertura di credito ipotecario in conto corrente atto Notaio Dottor (...) Rep. m. 38.819 e Racc. n. 12.670 e del contratto di conto corrente n. 444 (cfr. doc nn. 2 e 3 fascicolo monitorio). Ebbene, il collegamento del predetto contratto di apertura di credito ipotecario in conto corrente con il conto corrente con garanzia ipotecaria n. 8044, come già analiticamente evidenziato dal Giudice nell'ordinanza del 04/11/2020, risulta dagli estratti conto analitici del conto corrente n. 80444, integralmente prodotti (cfr. doc. 7 e 8 convenuta) agli atti nei quali si rinvengono concordanti riferimenti ad entrambi i contratti monitoriamente azionati. Ancora, la verifica operata dal consulente tecnico d'ufficio in corso di causa ha poi ulteriormente avvalorato la correlazione tra il contratto di garanzia ipotecaria e il conto corrente nr. 80444 evincibile, come opportunamente spiegato dal tecnico, dalle informazioni contenute nel primo estratto conto del c/c nr. 80444 in quanto: "a) in data 30-09-2010 è stata calcolata e annotata la commissione sul fido accordato di Euro 400.000,00; b) il tasso a debito, riportato nel primo riassunto scalare per il periodo 07-09-2010 al 30-09-2010, è stato pari al 3,347%; Tali condizioni rispecchiano alla lettera le condizioni economiche fissate in data 05 - 08 - 2010 dinanzi al Notaio (...) in Bergamo in sede di stipula del contratto di apertura di credito ipotecaria in c/c." (cfr. pag. 6 elaborato peritale). Ritenuta, pertanto, la validità ed efficacia del contratto di apertura in conto corrente con garanzia ipotecaria occorre altresì dare atto che in tale contratto è previsto un foro esclusivo. Invero, all'art. 11 del contratto de quo è espressamente previsto che: "le parti ai sensi dell'art. 28 del cod. proc. civ convengono che per le controversie giudiziarie occasionate dalla presente operazione di finanziamento sarà competente esclusivamente il Foro di Sondrio" clausola che nel caso di specie appare conforme all'art. 29 c.p.c. considerato che la designazione del foro di Sondrio come competente in via esclusiva risulta da un espressa e chiara manifestazione di volontà delle parti e non è tratta, in via interpretativa, da argomentazioni logiche o da elementi presuntivi come evincibile dall'uso dell'avverbio "esclusivamente" ed essendo detta clausola inserita in un atto pubblico notarile (cfr. Cass. SS.UU. 193/1992; da ultima, Cass. Civ. n. 15237/2016). La circostanza che la clausola derogatoria della competenza territoriale ex art. 28 e 29 c.p.c. sia stata convenuta nell'interesse di una delle parti non fa peraltro venire meno il carattere della esclusività della relativa pattuizione che, una volta legittimamente posta in essere, deve produrre i suoi effetti (cfr. Cass. Civ. 4017/1983) e, in tal caso, la previsione della competenza al giudice indicato nella pattuizione, vincola la parte non favorita (cfr. Cass. Civ. 9314/2008; Cass. Civ. 15103/2016; Cass. Civ. n. 22313/2021). Quanto poi alla dedotta inefficacia delle clausole vessatorie dei contratti bancari n. 444 e n. 80444 cumulate con quelle non vessatorie si richiama l'orientamento di legittimità che fa salve quelle clausole che contengano un richiamo, benché sommario, al relativo contenuto (da ultima, Cass. Civ. n. 17939/2018), come nel caso di specie (pag. 14 doc. 3 fascicolo monitorio e pag. 4 doc. 1 comparsa convenuta) nonché il consolidato orientamento che considera come non predisposte le clausole inserite in un atto pubblico notarile (cfr. Cass. Civ. 9314/2088; Cass. Civ. 15103/2016). A ciò si aggiunge che le predette contestazioni sono infondate nel merito oltre che irrilevanti in quanto sussiste la competenza territoriale del Tribunale di Sondrio anche a sensi degli artt. 20 c.p.c. e 1182 terzo comma c.c. In conclusione, il Tribunale di Sondrio è competente per territorio. Parimenti infondata è l'eccezione di improcedibilità delle domande spiegate non avendo la convenuta opposta instaurato il procedimento di mediazione avanti ad un Organismo competente ai sensi dell'art. 4 del D.Lgs. 28/2010. Sul punto occorre dare atto che nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5 comma 1 bis del D.Lgs. 28 del 2010, i cui giudizi vengono introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta istaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1 bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo" (da ultimo Cass. SS.UU. 19596/2020). Ebbene, nonostante nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta, l'odierna attrice opponente, contestualmente alla notifica dell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo, artatamente, depositava domanda di mediazione avanti l'Organismo di Mediazione presso l'Ordine degli Avvocati di Bergamo (doc. n. 1 attrice). Se poi è pur vero che la convenuta opposta non ha prodotto il verbale di primo incontro del procedimento di mediazione svoltosi dinanzi all'Organismo di Mediazione del circondario del Tribunale di Bergamo, occorre, tuttavia, dare atto che come ammesso dalla stessa parte attrice il procedimento di mediazione, rubricato al n. 682/2019, si svolgeva nell'unico incontro del 10/01/2020 dando esito negativo stante la mancata partecipazione dell'odierna convenuta opposta. Ebbene, in virtù dei principi della derogabilità della competenza dell'organismo di mediazione (comma 1 dell'art. 4 del D.Lgs n.28/2010) e della validità dell'atto che abbia raggiunto il suo scopo ritiene il Tribunale che nel caso di specie dalla mancata contestazione circa la competenza territoriale della parte invitata (ovvero l'odierna convenuta opposta) deriva l'implicito accordo di deroga sicché, nel caso di specie, il procedimento di mediazione obbligatoria deve ritenersi correttamente espletato. Occorre infine esaminare l'eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità per asserita mutatio libelli della domanda di condanna ex adverso formulata da parte convenuta nella prima memoria istruttoria, che deve essere respinta in quanto infondata. Ebbene, la domanda originaria avanzata nella compara di costituzione e risposta dalla (...) S.r.l. ("(...) In via subordinata condannare il sig. (...) a pagare a (...) srl l'importo di euro di Euro 57.223,47 di cui Euro 22.385,83 per il conto corrente n. 91.06140, Euro 21.716,09 per il conto corrente n. 9106279, ed Euro 13.121,55 per il contratto di finanziamento oltre interessi contrattuali e di mora dal 21/07/2017, per i contratti di conto corrente, ed dal 02/10/2017per il contratto di finanziamento sino all'effettivo soddisfo, come da decreto ingiuntivo debitamente notificato, ovvero l'eventuale diverso importo che risulterà dalla causa, oltre interessi convenzionali da calcolarsi come statuito nel contratto a far tempo dalla risoluzione e fino al saldo effettivo. ") è all'evidenza frutto di un mero refuso, dal momento che tutte le difese contenute nell'atto introduttivo della convenuta opposta si riferiscono alla società odierna attrice, nonché ai rapporti contrattuali e all'entità del credito oggetto di causa, così come precisati nella domanda proposta dalla convenuta nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c. ("(...)In via subordinata: condannare la società (...) S.R.L. CON SOCIO UNICO, in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare alla (...) S.r.l. l'importo di Euro 508.145,26 oltre interessi contrattuali e di mora convenzionalmente previsti dal 19.10.2017 sino all'effettivo soddisfo, come da decreto ingiuntivo debitamente notificato, ovvero l'eventuale diverso importo che risulterà dalla causa, oltre interessi contrattuali e di mora da calcolarsi come statuito nel contratto a far tempo dalla risoluzione e fino al saldo effettivo.) Essendo, pertanto, evidente e incontestabile il fatto che, nel caso di specie, la domanda avanzata dall'esponente nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 1 c.p.c., sia connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non abbia determinato un allungamento dei tempi processuali né pregiudicato il diritto di difesa di controparte, la modifica deve ritenersi avvenuta sempre in riferimento e in connessione alla medesima vicenda sostanziale sicché la medesima risulta essere del tutto ammissibile, (cfr. Cass. SS.UU. n. 12310/2015). Nel merito, vanno preliminarmente respinte le reiterate istanze di remissione in istruttoria, per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti, dei documenti versati e dell'istruttoria esperita. Ciò posto, si osserva che (...) S.r.l. ha promosso il decreto ingiuntivo opposto in virtù del contratto di apertura di credito ipotecario in conto corrente atto Notaio Dottor (...) Rep. m. 38.819 e Racc. n. 12.670 e del contratto di conto corrente n. 444 (cfr. doc nn. 2 e 3 fascicolo monitorio). Contrariamente a quanto asserito da parte attrice, il collegamento del predetto contratto di apertura di credito ipotecario in conto corrente con il conto corrente con garanzia ipotecaria n. 8044, come già analiticamente evidenziato dal Giudice nell'ordinanza del 04/11/2020, risulta dagli estratti conto analitici del conto corrente n. 80444, integralmente prodotti (cfr. doc. 7 e 8 convenuta) agli atti nei quali si rinvengono concordanti riferimenti ad entrambi i contratti monitoriamente azionati. Ancora, la verifica operata dal consulente tecnico d'ufficio in corso di causa ha poi ulteriormente avvalorato la correlazione tra il contratto di garanzia ipotecaria e il conto corrente nr. 80444 evincibile, come opportunamente spiegato dal tecnico, dalle informazioni contenute nel primo estratto conto del c/c nr. 80444 in quanto: "a) in data 30-09-2010 è stata calcolata e annotata la commissione sul fido accordato di Euro 400.000,00; b) il tasso a debito, riportato nel primo riassunto scalare per il periodo 07-09-2010 al 30-09-2010, è stato pari al 3,347%; Tali condizioni rispecchiano alla lettera le condizioni economiche fissate in data 05 - 08 - 2010 dinanzi al Notaio (...) in Bergamo in sede di stipula del contratto di apertura di credito ipotecaria in c/c." (cfr. pag. 6 elaborato peritale). Il c.t.u. nominato nel proprio elaborato ha, dunque, analizzato i rapporti in essere tra le parti accertando come i contratti oggetto di causa danno atto della specifica pattuizione degli interessi debitori nella misura ultralegale, i giorni di valuta, le spese connesse all'apertura del conto e degli affidamenti e gli altri oneri per il correntista, quali imposte, tasse e accessori di legge. Il c.t.u. ha altresì verificato confermando l'integrale rispetto da parte dell'istituto di credito nell'applicazione in concreto delle condizioni pattuite. Quanto poi alla dedotta inefficacia delle clausole vessatorie dei contratti bancari n. 444 e n. 80444 cumulate con quelle non vessatorie si ribadisce l'orientamento di legittimità già richiamato che fa salve quelle clausole che contengano un richiamo, benché sommario, al relativo contenuto (da ultima, Cass. Civ. n. 17939/2018), come nel caso di specie nonché il consolidato orientamento che considera come non predisposte le clausole inserite in un atto pubblico notarile (cfr. Cass. Civ. 9314/2088; Cass. Civ. 15103/2016). Con riferimento al tema dell'indebito anatocismo, è noto che per i rapporti sorti successivamente all'anno 2000, l'art. 25 comma 2 D.Lgs. 342/1999 (non censurato dalla pronuncia di incostituzionalità che ha riguardato il comma successivo) ha consentito al CICR di stabilire autonomamente, in deroga al divieto ex art. 1283 c.c., "modalità di prodizione degli interessi degli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria". La successiva delibera CICR del 09/02/2000 ha perciò consentito agli istituti di credito di applicare la capitalizzazione con frequenza inferiore ai sei mesi, purché con pari periodicità tra gli interessi debitori e creditori e previa debita comunicazione alla clientela per i rapporti già in corso. Il caso di specie attiene al rapporto nr. 444 e nr. 80444 entrambi accesi rispettivamente in data 18/06/2010 e 07/07/2010, per i quali dunque è consentita la capitalizzazione degli interessi trimestrale e reciproca. Esula, per contro, dall'oggetto del contendere l'indagine sulla corretta comunicazione della delibera CICR del 09/02/2000, trattandosi di rapporti sorti successivamente all'entrata in vigore di quest'ultima. Relativamente all'indebito anatocismo successivo al 01/01/2014 occorre dare atto che l'art. 120 comma 2 t.u.b., che demandava al CICR la regolamentazione della capitalizzazione degli interessi, nel rispetto della pari periodicità tra quelli debitori e creditori, è stato modificato dalla L. 147/2013 come segue "Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni di conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale". Il disposto di tale norma assicura pertanto l'eliminazione dell'anatocismo degli interessi "capitalizzati", o a dir meglio, contabilizzati. Peraltro, posto che la delibera CICR è intervenuta solo in data 03/08/2016, con efficacia dal 01/10/2016, si è discusso se fino a tal ultima data l'anatocismo debba ritenersi ancora consentito nel rispetto della delibera CICR del 09/02/2000, oppure sia venuto meno. Al riguardo, conformemente all'orientamento costante espresso dalla Corte di Appello di Milano, l'art. 120 t.u.b. rappresenta una norma di legge primaria, senz'altro sovraordinata alla delibera CICR del 09/02/2000, prevalendo pertanto sul precedente assetto normativo e precludendo al CICR la possibilità, prima prevista dal vecchio art. 120, di regolamentare la capitalizzazione periodica in contrasto con l'art. 1283 c.c. Tanto premesso, a decorrere dal 01/01/2014 non si reputano applicabili ulteriori interessi sugli interessi nei trimestri successivi alla loro maturazione. Ebbene, con riferimento al conto corrente ipotecario nr. 80444, il c.t.u., in conformità al quesito posto, ha correttamente disapplicato l'anatocismo a decorrere dal 01/01/2014 sino alla cessazione del rapporto, con espunzione della somma complessiva di Euro 15.718,09 e conseguente ricalcolo del saldo a debito all'epoca della chiusura del conto pari a Euro 496.083,66 (cfr. pag. 9 elaborato peritale). Per quanto riguarda poi ricalcolo del rapporto nr. 80444 utilizzando il fido pro tempore il giudicante condivide e fa proprie le argomentazioni formulate del tecnico in risposta alle osservazioni dal c.t.p. di parte convenuta rilevando come in merito al fido accordato l'unica pattuizione scritta e regolarmente disciplinata è quella stabilita innanzi al Notaio (...) in Bergamo sicché nessun'altra pattuizione è stata presentata in atti né l'istituto di credito poteva, senza alcuna comunicazione ufficiale, variare l'importo dell'affidamento regolarmente sottoscritto. Con riferimento, invece, al conto corrente nr. 444 occorre dare atto che la produzione in giudizio degli estratti conto solo in misura parziale, avendo la convenuta opposta allegato ai propri atti solo gli estratti a partire dal 30/08/2015 (cfr. doc. 3.1 fascicolo monitorio), a fronte di un conto acceso in data 18/06/2010 e, comunque, la contestazione del saldo ad opera degli opponenti, ha comportato una carenza probatoria in capo alla banca, la quale non ha fornito prova di come si sarebbe formato il primo saldo debitorio documentato. Parte opposta, infatti, quale attrice sostanziale, risulta gravata dall'onere probatorio riferito al diritto di credito azionato; a fronte, pertanto, della contestazione sollevata dagli opponenti in ordine al saldo finale, ne discende che la banca avrebbe dovuto produrre tutta la sequenza degli estratti conto, consentendo in tal modo di ricostruire attraverso le operazioni poste in essere nell'arco di tempo di operatività del conto corrente la correttezza del saldo finale, espressione del diritto di credito azionato in giudizio. In difetto di parte degli estratti conto e, in particolare, di quelli riguardanti la fase iniziale del rapporto, viene meno la possibilità di ricostruire attraverso quali addebiti si sia formato il saldo passivo annotato quale posta iniziale dell'estratto conto più risalente prodotto in giudizio. Non disponendo della prova di tale annotazione, ne consegue che, in forza dei principi generali in materia di riparto dell'onere probatorio, il credito della banca debba essere rideterminato nei limiti in cui risulti documentato e, quindi, si debba procedere ad azzerare il saldo passivo esposto quale annotazione iniziale dell'estratto conto più risalente in atti, proprio perché di tale importo a debito non risulta prova della sua formazione. Effettuata, pertanto, tale operazione contabile (cd. "saldo zero"), dal saldo a debito della correntista così come rilevato dall'istituto di credito pari a Euro 2.719,23 si deve procedere all'espunzione della somma di Euro 924,16 (cfr. doc. 3.1 fascicolo monitorio) e all'espunzione delle competenze nulle per anatocismo a decorrere dal 01/01/2014 sino alla cessazione del rapporto, quantificate in Euro 69,90 (cfr. pag. 10 elaborato peritale) con conseguente ricalcolo del saldo a debito all'epoca della chiusura del conto pari a Euro 1.725,17. Tanto premesso, nel caso di specie le poste non dovute in seguito al ricalcolo come sopra meglio dettagliato ammontano a complessivi Euro 16.712,15. Pertanto, il saldo debitore residuo a carico dell'opponente in favore dell'opposta ammonta alla minor somma di Euro 497.808,83 (= Euro 514.520,98 - Euro 16.712,15), con riferimento alla data della proposizione della domanda. Ne deriva, in accoglimento della domanda subordinata dell'opposta, la condanna dell'opponente al pagamento in favore dell'opposta della minor somma di Euro 497.808,83, interessi come per legge, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e vanno quindi poste integralmente a carico della parte opponente, che si liquidano in euro 22.457,00 per compensi professionali ex DM 55/2014 (secondo i valori medi per fascia di valore da euro 260.001,00 ad euro 520.000,00), oltre il 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre I.V.A. e C.P.A. Sono infine da porsi definitivamente a carico di parte opponente le spese di c.t.u., già liquidate con separato decreto del 19/04/2022. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, - accoglie in parte l'opposizione proposta da (...) S.r.l. nei confronti di (...) S.r.l. e per l'effetto revoca il decreto ingiuntivo n. 602/2019 emesso dal Tribunale di Sondrio; - accerta che il saldo finale dei rapporti bancari, specificati in motivazione, reca un importo a debito di (...) S.r.l. pari alla somma di Euro 497.808,83 e, per l'effetto, condanna (...) S.r.l. al pagamento in favore di (...) S.r.l. della somma di Euro 497.808,83, oltre a interessi come per legge; - condanna (...) S.r.l. a rifondere l'opposto delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 22.457,00 per compensi professionali ex DM 55/2014 oltre il 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre I.V.A. e C.P.A. - pone in via definitiva a carico di (...) S.r.l. il pagamento delle spese di c.t.u. liquidate con separato decreto del 19/04/2022. Sondrio, 1 giugno 2023. Depositata in Cancelleria il 1 giugno 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Daniela Bosio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 299/2019 promossa da: (...) (c.f. (...)) e (...) (C.F. (...)), con l'avv. MU.LU. ATTORI contro (...) (c.f. (...)) e (...) (c.f (...)) con l'avv. PE.AM. CONVENUTI e contro (...) (c.f. (...)), con l'avv. PA.TA.. CONVENUTA Oggetto: Servitù Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione datato 19/02/2019, regolarmente notificato, i signori (...) e (...), hanno evocato in giudizio i signori (...), (...) E (...) esponendo quanto segue: - (...) è proprietario dei terreni siti in M. in V. (S.) ed identificati al catasto sub Fgl. (...) Mapp. (...), (...), (...), (...), oltre al fabbricato identificato sub Fgl. (...) Mapp. (...) Sub. (...) (docc. 1, 2 e 4 attore); - (...) è proprietario del terreno sito in M. in V. (S.) ed identificato al catasto sub Fgl. (...) Mapp. (...), oltre al fabbricato identificato sub Fgl. (...) Mapp. (...) Sub. (...) (docc. 1, 3 e 4 attore); - detti fondi, destinati alla coltivazione della vite ed alla semina, oltre che alla produzione di frutti e destinati, nel periodo estivo, all'accoglienza di uno spazio di aggregazione per i più piccoli nell'ambito di un'iniziativa culturale e ludica di impatto sovracomunale denominata "Il Cantiere Artistico di G.", (docc. 16, 17 e 18 attore), non hanno alcun accesso alla via pubblica, essendo interclusi sui quattro lati; - la via più agevole e diretta per giungere ai fondi è quella che passa per il fondo censito al Fgl. (...) Mapp. (...), di proprietà di (...), al Fgl. (...) Mapp. (...), di proprietà di (...) e al Fgl. (...) Mapp. (...), di proprietà comune di (...) (per 1/3) e (...) (per 2/3); Tanto esposto, gli attori hanno chiesto al Tribunale di costituire una servitù di passaggio di passaggio carraio di larghezza non inferiore a tre metri a carico dei fondi di proprietà dei convenuti meglio specificati in premessa e distinti al catasto al fg. (...) mapp. (...), nonché al fg. (...) mapp. (...) e (...), a favore dei loro fondi meglio specificati in premessa e distinti al catasto al fg. (...) mapp. (...), (...), (...), (...), (...) e (...), ovvero di stabilire le modalità e il percorso e l'ammontare dell'indennità ex art. 1053 c.c.. Si sono costituiti in giudizio (...) E (...) i quale hanno eccepito quanto segue: - i fondi degli attori sono raggiungibili anche da ovest, transitando su strada comunale e su terreni di proprietà di terzi; - l'iniziativa culturale e ludica di impatto sovracomunale denominata "Il Cantiere Artistico di (...)" risulta essersi interrotta da tempo; - i terreni degli attori sono incolti da molti anni e versano in stato di abbandono. Pertanto, i convenuti (...) E (...) hanno chiesto il rigetto della domanda attorea, e, in subordine, che la servitù sia costituita secondo il tracciato meno pregiudizievole per i fondi serventi. Si è altresì costituita in giudizio (...) la quale ha eccepito quanto segue: - l'esistenza di un passaggio che permette di collegare i terreni degli attori con la via pubblica posta a nord, da sempre utilizzato in passato; - i terreni degli attori sono incolto da molti anni, mente parte dei terreni su cui gli attori pretendo di costituire la servitù (Foglio (...) mappale (...)) sono in parte adibita a vigna e in parti coltivati. Pertanto, la convenuta (...) ha chiesto il rigetto della domanda attorea, e, in subordine, che la servitù sia costituita secondo il tracciato meno pregiudizievole per i fondi serventi e limitato a finalità esclusivamente agricole. È stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio mentre non sono state ammesse le istanze attoree di prova orale e l'istanza ex art. 258 c.p.c. superata dal compendio documentale e dell'espletata c.t.u. (cfr. ordinanza 13/06/2022). Con Provv. del 13 giugno 2022 il Giudice, fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 05/10/2022, a trattazione scritta, poi differita al 14/12/2022. A seguito di riassegnazione del fascicolo, con decreto del 07/12/2022 l'udienza di precisazione delle conclusioni veniva differiva d'ufficio all'udienza del 18/01/2023 nel corso della quale le parti hanno precisato per iscritto le conclusioni riportandosi ai rispettivi atti introduttivi e la causa è stata trattenuta in decisione previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Vanno preliminarmente respinte le reiterate istanze istruttorie, per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti, dei documenti versati e dell'istruttoria già esperita mediante c.t.u. Nel merito della controversia va premesso che in giurisprudenza si distingue tra passaggio coatto, cioè passaggio che può essere concesso officio iudicis a norma dell'art. 1052 c.c., e passaggio necessario di cui all'art. 1051 c.c. Quest'ultima ipotesi ricorre quando il fondo sia circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio, mentre il passaggio coatto può disporsi quando il fondo abbia un accesso alla via pubblica e sia, quindi, non intercluso, ma l'accesso sia inadatto o insufficiente ai bisogni del fondo medesimo e non possa essere ampliato (Cass. n. 6184/1994; Cass. n. 2270/1968). In particolare, la possibilità di costituire un passaggio coattivo in favore di un fondo che, benché circondato da altri, fruisca di accesso alla via pubblica, al fine di consentirne un altro sbocco sulla via pubblica, esula dalla previsione dell'art. 1051 c.c., restando regolata dal successivo art. 1052 c.c. In questo caso, il diritto alla costituzione della servitù è condizionato all'esistenza dei seguenti presupposti: che il preesistente accesso sia inidoneo od insufficiente, che il suo ampliamento sia materialmente irrealizzabile od eccessivamente oneroso e che il nuovo passaggio risponda in concreto alle esigenze di sfruttamento agricolo od industriale del fondo dominante, senza impedire o compromettere analoghe utilizzazioni del fondo servente (Cass. n. 3125/2012; Cass. n. 3451/1984). La sussistenza di quest'ultimo requisito, in particolare, deve poi essere valutata non già in base a criteri astratti, ma con riguardo allo stato attuale dei fondi e alle concrete possibilità di un più ampio loro sfruttamento o di una loro migliore utilizzazione (Cass. n. 5489/2006; Cass. n. 14788/2017) Cass. n. 40824/2021). In buona sostanza, le esigenze generali dell'agricoltura non possono che essere rappresentate da un più ampio sfruttamento, o da una migliore utilizzazione, del fondo. Compete poi al giudice di merito verificare l'esistenza dell'interclusione e accertare il luogo di esercizio di una servitù di passaggio coattivo, e nel caso in cui la domanda abbia ad oggetto un fondo non intercluso e l'attore lamenti l'insufficienza del passaggio rispetto ai bisogni del fondo, lo stesso giudice di merito dovrà accertare se ricorrono le condizioni, sopra richiamate, atte a giustificare la costituzione della servitù a norma dell'art. 1052 c.c. Orbene, nel caso di specie quanto al requisito dell'interclusione essa è stata riscontrata dal c.t.u. per ciò che attiene la sola esistenza di accessi carrai. Invero, i fondi di proprietà degli attori, così come la quasi totalità dei fondi agricoli dell'intera zona oggetto di causa, sono liberamente accessibili dal sentiero che si diparte dalla Via (...) e giunge fino ai fondi de quibus così come evincibile dalla consultazione dell'allegata documentazione fotografica all'elaborato peritale agli atti (c.f.r. allegati n. 5 e n. 2 alla c.t.u. - foto dalla n. 19 alla n. 30). Tale sentiero pedonale, peraltro, come precisato dal tecnico in esito alle osservazioni del consulente di parte convenuta, risulta essere abbastanza comodo e agevole da percorrere potendo altresì essere facilmente utilizzato e percorso con mezzi meccanici quali una motocarriola cingolata, ovvero un mezzo meccanico di dimensioni contenute che può agevolmente percorrere detto sentiero trasportando pesi fino a 500 kg. di carico utile superando senza difficoltà le pendenze esistenti. Con riferimento poi alla necessità del passaggio per la coltivazione del fondo, il tecnico - documentando anche con fotografie (c.f.r. allegati n. 5 e n. 2 alla c.t.u. - foto dalla n. 19 alla n. 30) - ha appurato che all'atto del sopralluogo i terreni di parte attrice si presentavano pressoché incolti, in stato di semi abbandono ovvero senza traccia di apparenti attività agricole eccezion fatta per una piccola porzione del mappale (...) coltivata a vigneto. All'interno della proprietà degli attori il tecnico, ancorché a seguito delle verifiche effettuate presso gli uffici comunali, risulti che tutti i terreni oggetto di lite si trovano in "zona T6 - aree di interesse paesistico" ovvero in una zona nella quale di fatto non è possibile edificare nessun nuovo fabbricato ma solamente effettuare interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento conservativo o ristrutturazione degli edifici esistenti, ha poi evidenziato l'esistenza di due piccoli fabbricati uno dei quali (quello a sinistra della foto) non risulta accatastato e nemmeno inserito in mappa (c.f.r. allegato n. 2 - foto n. 9). Il tecnico ha, dunque, accertato, con particolare riferimento ai fondi di parte attrice, che, eccezion fatta per una piccola porzione di vigna (mappale (...) ovvero il terreno più distante dal sentiero che si diparte dalla Via (...) cfr. doc. 1 parte attrice), i terreni, di natura non edificabile, non sono coltivati e appaiono in stato di abbandono. Ciò posto osserva il giudicante che l'assunto attoreo per cui secondo cui tutti i terreni, in passato, sarebbero stati coltivati mentre ad oggi sarebbero in stato di semi abbandono a causa dell'impossibilità di accedervi con trattori e mezzi meccanici viene, invero, smentito dalla documentazione prodotta agli atti dalla stessa parte attrice (cfr. doc. 10-11-12-13-14-15 parte attrice). Invero, da suddetta documentazione emerge che già passato solamente una piccola porzione del fondo era coltivata a vigneto mentre la restante parte risultava essere un terreno gerbido: oltre che dalla documentazione fotografica (cfr. doc. 12 parte attrice) tale circostanza emerge dalle ulteriori produzioni documentali di parte attrice da cui si evince che una davvero esigua porzione di terreno è destinata alla coltivazione di vitigno nebbiolo (cfr. doc. 10-11-13-14 e 15 parte attrice). Chiamati poi a dimostrare che il passaggio pedonale esistente sia divenuto insufficiente ai bisogni dei propri fondi, gli attori in merito nulla hanno dimostrato e/o allegato limitandosi ad addurre come la coltivazione dei terreni con mezzi manuali (quali carriola, falce, aratro a mano, pompa irroratrice a mano ...), pure trasportabili nei fondi dominanti mediante il sentiero esistente e pure grazie ad eventuali motocarriole, non possa più ritenersi concepibile al giorno d'oggi. Sul punto occorre dare atto che nel proprio elaborato il tecnico, dopo aver costatato che terreni di parte attrice "non hanno alcun accesso carraio da alcuna delle vie pubbliche situate in vicinanza degli stessi", ha poi aggiunto "così come nessun accesso carraio ha quasi la totalità dei fondi agricoli dell'intera zona e dell'intero territorio valtellinese n.d.r., fondi a cui da tempo immemore si accede da piccoli viottoli e sentieri pedonali" per poi concludere che "i fondi di proprietà degli attori sono liberamente accessibili dal sentiero che si diparte dalla Via (...) e giunge fino ai fondi oggetto di causa" precisando che "Tale accessibilità è infatti garantita dall'esistenza del suddetto sentiero che è abbastanza comodo e agevole" oltre che "comodamente utilizzato e percorso anche con mezzi meccanici quali una motocarriola cingolata" (cfr. pag. 12-13 elaborato peritale e allegato n. 2 - foto dalla n.19 alla n. 30). Ebbene, che tale accesso pedonale "comodo e agevole" oltre che "comodamente utilizzato e percorso anche con mezzi meccanici quali una motocarriola cingolata" sia sufficiente a garantire il soddisfacimento delle necessità dei fondi trova conferma nel fatto che i fondi limitrofi a quelli oggetto di causa oltre che alla piccola porzione del mappale (...) di proprietà attorea - peraltro il più distante dal sentiero che si diparte dalla Via (...) - ancorché privi di accesso carraio da alcuna delle vie pubbliche risultano essere efficacemente coltivati (c.f.r. allegati n. 5 e n. 2 alla c.t.u.; doc. 12 parte attrice). Conseguentemente non v'è chi non veda come per il soddisfacimento dei bisogni dei fondi della zona il sentiero che si diparte dalla Via (...) e giunge fino ai fondi di proprietà degli attori possa ritenersi adatto e più che sufficiente per la coltivazione dei terreni oggetto di causa con mezzi manuali, comodamente trasportabili, così come precisato dal tecnico, nei fondi dominanti mediante il sentiero esistente e pure grazie ad eventuali motocarriole. E ciò anche tenuto conto della conformazione stessa dall'intera zona montana della Valtellina ove costituisce fatto notorio che l'attività della vendemmia venga ancora oggi svolta pressoché ovunque senza trattori o mezzi meccanici, imponendo ai braccianti di trasportare pesi enormi sulle spalle ed effettuare centinaia di trasporti verso la strada pubblica. Osservato, infine, che ai sensi dell'art. 1052 c.c. "il passaggio può essere concesso dall'autorità giudiziaria solo quando questa riconosce che la domanda risponde alle esigenze dell'agricoltura o dell'industria" irrilevante ai fini del decidere risulta l'accertamento in merito alla possibilità di adibire il fondo attoreo ad area dedicata all'attività ludico ricreativa dei bambini. Alla luce di quanto sopra esposto, deve, quindi, concludersi per l'assenza delle condizioni di legge per la costituzione di un passaggio coatto cui consegue il rigetto della domanda attorea. La soccombenza regola le spese di lite, che si liquidano come in dispositivo, con riferimento ai parametri medi di cui al D.M. n. 55 del 2014, considerando la causa di valore indeterminabile e di bassa complessità. Le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto, sono poste definitivamente a carico degli attori soccombenti. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, - rigetta la domanda di parte attrice; - condanna i sig.ri (...) e (...) al pagamento in via solidale delle spese del giudizio in favore di (...), liquidate in complessivi Euro 2.552,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, e in favore di (...) e (...) liquidate in complessivi Euro 3.317,60 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; - pone in via definitiva a carico di (...) e (...) le spese di c.t.u., liquidate con separato decreto del 08/02/2022 Così deciso in Sondrio il 5 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 5 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale nella persona del giudice dott. Sara Cargasacchi ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 1542 /2018 del ruolo generale promossa da (...) S.r.l. (P.I. (...)) in persona del legale rappresentante Ar. (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) (...) (C.F. (...)) rappresentati e difesi dall'avv. CI.AN. e l'avv. CA.MA. presso il cui studio in Roma, Via (...), n. 39 sono elettivamente domiciliati, giusta procura telematicamente allegata all'atto di citazione parte attrice contro (...) S.p.A. (...) in persona dei suoi procuratori Signori Lu.Ne. e Gi.Pi., rappresentata e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli avv.ti Fr.Ma. e Cl.Ca., ed elettivamente domiciliata in Sondrio, Via (...), presso lo studio dell'avv. Ca., per delega posta su foglio separato ex art. 83, comma 3, c.p.c. allegato alla comparsa parte convenuta (...) SPV S.r.l. (C.F. (...)) in persona del legale rappresentante p.t., e per essa, quale mandataria e procuratrice speciale, (...) SPA, (...) in persona del procuratore speciale Dott. Ma.Ca., rappresentata e difesa dagli avv.ti SI.VE. e prof. FA.BA. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. EN.MA. in Morbegno (Sondrio), via (...), giusta procura rilasciata su foglio separato dal quale è stata estratta copia informatica per immagine inserita nella busta telematica contenente l'atto di costituzione intervenuto in punto: Bancari RAGIONI DELLA DECISIONE Il presente giudizio è stato introdotto dalla (...) S.r.l. già titolare di rapporti bancari presso la Filiale di Frascati della Banca, e dai Signori (...) nell'affermata qualità di fideiussori della società attrice, nei confronti della (...) per ottenere, previo accertamento dell'illegittimità e/o nullità dei tassi di interesse, delle commissioni e delle clausole applicate dalla Banca ai rapporti intrattenuti con l'attrice, la rideterminazione dei rapporti di "dare ed avere" e la conseguente condanna della Banca alla restituzione delle somme illegittimamente addebitate e/o riscosse, oltre interessi e rivalutazione, previa eventuale compensazione con quanto ad essa dovuto, e al risarcimento del danno. Parte attrice in particolare con riferimento ai rapporti azionati in giudizio eccepiva: a) la violazione degli obblighi di forma contrattuale disciplinati dall'art. 117 TUB, con conseguente nullità dei contratti per la mancanza della sottoscrizione della Banca, per l'assenza di una specifica convenzione su tutte le condizioni economiche applicate ai rapporti e per la mancanza della sottoscrizione delle pattuizioni peggiorative del tasso di interesse; b) l'applicazione di interessi usurari; c) l'applicazione di interessi anatocistici successivamente al 1° gennaio 2014; d) l'illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto e della commissione sull'accordato e della commissione sulla disponibilità fondi (eccezione svolta relativamente al solo conto corrente n. (...) e) la mancanza di una pattuizione sulla decorrenza della valuta; f) l'illiceità del recesso dai rapporti bancari esercitato dalla Banca con la comunicazione del 30 maggio 2018. La (...) si costituiva in giudizio contestando tutte le eccezioni avversarie, perché prive di fondamento e fornendo una ricostruzione dei rapporti bancari intrattenuti con la debitrice principale. La Banca, inoltre, svolgeva una domanda riconvenzionale tesa ad ottenere la condanna della società attrice, in solido con i garanti (...) e (...) (essendo gli altri attori privi di legittimazione attiva e passiva rispetto ai rapporti in contestazione) al pagamento in proprio favore dell'importo complessivo di Euro 330.293,09, o di quello maggiore o minore risultante in esito al giudizio, a titolo di saldo delle posizioni a sofferenza relative al conto corrente n. (...) (Euro 57.713,08) ed al conto corrente ipotecario n. 60056/82 (Euro 272.580,01). Successivamente al deposito delle memorie previste dall'art. 183, comma sesto, c.p.c. e della CTU contabile, nella causa interveniva (...) SPV srl, cessionaria del credito vantato dalla Banca nei confronti della società attrice, che faceva proprie le difese svolte dalla cedente. All'udienza del 1 dicembre 2021 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con l'assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.. La domanda attorea è solo in parte fondata, nei limiti di seguito esposti. 1. Quanto all'oggetto del presente giudizio in cui parte attrice ha esperito domanda di ripetizione dell'indebito e parte convenuta ha domandato in via riconvenzionale l'adempimento dell'obbligazione incombente sugli attori, giova preliminarmente ricostruire i rapporti intercorrenti tra le parti oggetto del presente giudizio. Dagli atti di causa emerge che (...) e la (...) S.r.l. il 3 dicembre 2011 stipulavano l'apertura da parte della società attrice del contratto di conto corrente di corrispondenza n. 2485/32 presso la Filiale di Frascati della Banca; il 5 dicembre 2011 le parti stipulavano un contratto di apertura di credito per Euro 50.000,00 utilizzabile per elasticità di cassa sul conto corrente 2485/32; l'apertura di credito veniva parzialmente garantita per Euro 30.000,00 dal pegno su titoli delle Signore (...) e (...) il 23 aprile 2013 la (...) concedeva alla società attrice un finanziamento ex artt. 38 e ss. D.lgs. 385/93 assistito da garanzia ipotecaria fino alla concorrenza di Euro 400.000,00 da utilizzare mediante apertura di credito sul conto corrente n. (...) acceso il medesimo giorno presso la Filiale di Frascati della Banca; tutte le obbligazioni assunte dalla (...) S.r.l. nei confronti della Banca venivano garantite dalle fideiussioni - sino alla concorrenza di Euro 75.000,00 rilasciate il 6 dicembre 2011 dalle Signore (...) e (...) e - sino alla concorrenza di Euro 600.000,00 rilasciate il 16 aprile 2013 ed il 17 aprile 2013 sempre dalle Signore (...) e (...) Emerge inoltre che la banca ha esercitato il recesso dai rapporti di conto corrente e la revoca delle linee di affidamento il 30 maggio 2018. 2. Ciò premesso, quanto alla posizione di (...) Signori e (...) i quali hanno agito in giudizio nella loro qualità di garanti, parte convenuta ne ha eccepito la carenza di legittimazione ad agire in giudizio, considerato che non hanno rilasciato alcuna garanzia in favore della banca convenuta. Questa circostanza è stata poi confermata dagli stessi attori nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. in cui ne è stata chiesta l'estromissione. Quanto all'eccepita carenza di legittimazione va in primo luogo rammentato che la giurisprudenza ormai maggioritaria tende a risolvere la legittimazione attiva e passiva "nella titolarità del potere o del dovere (rispettivamente per la legittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente dalla questione dell'effettiva titolarità dal lato attivo o passivo del rapporto controverso, questione che, invece, attiene al merito" (così Cass. 2 febbraio 1995, n. 1188; ma sul tema anche Cass. 26 novembre 1998, n. 11981; Cass. 4 febbraio 1993, n. 1375; Cass. 27 novembre 1986 n. 6998). Infatti "la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione diretta all'ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza" (Cass. civ., Sez. II, 27/06/2011, n. 14177; Cass. civ., Sez. II, 10/05/2010, n. 11284; Cass. civ., Sez. III, 26/09/2006, n. 20819). In altri termini, perché sussista la legittimazione attiva o passiva è necessario e sufficiente che un soggetto affermi la propria titolarità del lato attivo di un diritto (legittimazione attiva) e che ad un soggetto sia attribuita titolarità del lato passivo di un diritto (legittimazione passiva), senza che sull'esistenza di tali condizioni dell'azione venga ad influire la concreta titolarità attiva o passiva del rapporto dedotto in giudizio, la quale viene a tradursi in una mera questione di merito che conduce conseguentemente non ad una pronuncia in rito sulla legittimazione, ma ad una pronuncia in merito sulla possibilità di accogliere la domanda. Ne deriva che, allorquando venga eccepita l'estraneità al rapporto giuridico dedotto in giudizio di una delle parti, la contestazione non attiene ad un difetto di legittimazione ad agire e contraddire - per la cui sussistenza è necessario e sufficiente che la titolarità del rapporto venga semplicemente prospettata mediante deduzione di fatti idonei in astratto a fondare il diritto azionato - bensì alla titolarità in concreto del rapporto (cfr. Cass. 3 luglio 1999, n. 6894). Nella specie, non si tratta di una questione di legittimazione laddove gli attori (...) Signori e (...) hanno agito in giudizio allegando la loro qualità di fideiussori, di talché la questione attiene al merito. Inoltre non potrebbe neppure essere dichiarata la loro estromissione del giudizio, in assenza dei presupposti di legge. Tutto ciò premesso, si osserva che nel merito la loro domanda deve essere rigettata risultando pacifica l'assenza di alcun titolo per agire nel presente giudizio, circostanza confermata dagli stessi attori, di talché non avendo assolto l'onere probatorio loro incombente le relative domande devono essere respinte. 3. Nel merito, tra le altre parti di causa, giova preliminarmente osservare che parte attrice ha agito in giudizio ex art. 2033 c.c. per la ripetizione di somme che asserisce essere state indebitamente versate alla banca. Ebbene, ai sensi dell'art. 2697 c.c. è onere della parte che intende far valere un diritto in giudizio, anche in termini di mero accertamento dello stesso, fornire la prova degli elementi posti a suo sostegno, di talché è onere del correntista che agisce in giudizio dimostrare l'esistenza di specifiche poste passive del conto corrente oggetto di causa, rispetto alle quali l'applicazione di interessi di cui si lamenta l'illegittima applicazione avrebbe determinato esborsi maggiori rispetto a quelli dovuti. Nel caso di specie, quanto alla documentazione contrattuale e contabile riferita ai rapporti per cui è causa, la difesa attorea ha prodotto documentazione parziale e ha allegato di aver fatto istanza ex art. 119 TUB senza esito. La banca, con la costituzione in giudizio ha prodotto la seguente documentazione: doc. 2 contratto conto corrente n. (...) doc. 2bis estratti integrali c/c 2485/32; doc. 3 apertura di credito 5.12.2011; doc. 4, contratto finanziamento; doc. 5, contratto di conto corrente n. (...) 5bis, estratti integrali c/c 60056/82; docc. 6 e 7, fideiussioni (...) e (...) 6.12.2011; doc. 8 fideiussione (...) 16.4.2013; doc. 9, fideiussione (...) 17.4.2013 doc. 10, comunicazioni recesso 30.5.2018. La banca ha dunque assolto l'onere probatorio su di sé incombente, mentre sono restate prive di fondamento, tranne alcune eccezioni, le contestazioni mosse dagli attori. 3.1. In primo luogo deve essere rigettata l'eccepita nullità dei contratti per cui è causa in assenza della forma scritta prevista ex lege, laddove parte convenuta ha prodotto i contratti riportanti chiaramente le sottoscrizioni delle parti e l'indicazione delle condizioni economiche applicabili. Si osserva che successivamente a tale produzione documentale parte attrice non ha eccepito alcunché. Inoltre, pur riportando la relativa eccezione in sede di precisazione delle conclusioni, questa non è più stata coltivata negli atti successivi alla citazione e alla produzione documentale della banca. Per queste ragioni tale eccezione deve essere respinta. Quanto alle ulteriori contestazioni giova preliminarmente osservare che il Tribunale ha disposto Ctu contabile al fine di accertare la fondatezza delle eccezioni svolte da parte attrice in ordine alla legittimità delle appostazioni contabili. Alle risultanze peritali ed alle osservazioni alle critiche dei CTP, il Tribunale, quindi integralmente si richiama in conformità al noto orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non e' quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le argomentazioni accolte; le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360, n. 5, c.p.c." (cfr. in tal senso Cass. civile, sez. III 19 giugno 2015 n. 12703; Cass. civile, sez. II, 10 aprile 2015 n. 7266; Cass. civile, sez. VI, 02 febbraio 2015 n. 1815; Cass. civile, sez. I, 09 gennaio 2009, n. 282; Cass. civile, sez. II, 13 settembre 2000, n. 12080; Cass. civile, sez. lav., 14 maggio 2003, n. 7485). Infatti, "la consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, poiché ha la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, per cui non è qualificabile come una prova vera e propria e, come tale, è sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice del merito. Qualora sia stata disposta e ne condivida i risultati, il giudice non è tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, atteso che la decisione di aderire alle risultanze della consulenza implica valutazione ed esame delle contrarie deduzioni delle parti, mentre l'accettazione del parere del consulente, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce motivazione adeguata, non suscettibile di censure in sede di legittimità" (Cass. civile, sez. lav., 22 febbraio 2006, n. 3881). Ciò posto, stante l'esaustività e completezza della Ctu, il giudicante interamente si richiama all'elaborato peritale. 3.2. In particolare, si osserva che, quanto alle variazione delle condizioni economiche, emerge dagli atti e come confermato dalla CTU: che l'art. 16 dei contratti di conto corrente e di apertura di credito, che prevedeva il potere della banca di modificare unilateralmente le condizioni dei contratti, venne specificamente sottoscritto dalla società attrice (cfr. docc. 2, 3 e 5), analogamente all'art. 4 del contratto di finanziamento mediante apertura di credito in conto corrente con garanzia ipotecaria (cfr. doc. 4); il predetto art. 16 è stato modificato nel corso dei rapporti in conformità alle prescrizioni dell'art. 118 T.U.B. (cfr. comunicazioni BPS/(...) 12.3.2018, allegate agli estratti conto periodici docc. 2bis e 5bis). Emerge inoltre che agli atti non è allegata alcuna contestazione da parte della società correntista rispetto alle comunicazioni periodiche di variazione del tasso. Infine il rispetto da parte della Banca delle prescrizioni dettate dall'art. 118 T.U.B. si ricava anche dai documenti la cui ricezione non è stata contestata dagli attori, ossia dagli estratti conto integrali già in atti (cfr. docc. 2bis, 5bis), dove si trovano le comunicazioni di variazione contrattuale inviate dalla Banca alla (...) S.r.l. nel corso del rapporto bancario. Per queste ragioni ritiene il Tribunale che le modifiche contrattuali intervenute nel corso dei rapporti bancari in commento sono valide ed efficaci, in quanto comunicate alla (...) s.r.l. secondo le prescrizioni dell'art. 118 T.U.B. nel testo vigente al momento della loro introduzione. La stessa CTU ha accertato che tutte le variazioni delle condizioni economiche applicate ai rapporti bancari sono state correttamente comunicate fatta eccezione - relativamente al solo contratto n. 2485 - per il tasso entro il fido applicato nelle liquidazioni dal 31.3.2017 al 1.7.2018 pari al 9,3750% (in relazione a tali trimestri il Consulente ha riconteggiato gli interessi applicando il tasso pattuito pari al 9,0000%, così determinando in Euro 227 i maggiori interessi applicati dalla Banca). Il CTU ha inoltre accertato che tutte le remunerazioni addebitate dalla banca sono state correttamente pattuite ed applicate e che, inoltre, dalla lettura dei contratti allegati agli atti di causa emerge la pattuizione per iscritto della valuta per versamenti e prelievi che è stato accertato essere stata correttamente applicata. 3.3. Infondata è rimasta altresì la contestazione in ordine all'applicazione di interessi usurari. È sufficiente riscontrare come il rilievo risulti essere stato articolato in forza di una consulenza di parte che prende in considerazione solo una documentazione parziale e che dichiaratamente pretende di determinare il Tasso Effettivo Globale sulla base di formule differenti da quelle adottate dalla Banca d'Italia e in riferimento alle quali risulta rilevato il Tasso Effettivo Globale Medio e, di riflesso, il Tasso Soglia; tale rilievo evidenzia l'inattendibilità dei conteggi prospettati dalla difesa attorea, considerata l'incongruenza dei dati così presi in considerazione. Senza, infatti, voler attribuire alcuna valenza normativa alle Circolari della Banca d'Italia, rimane comunque il fatto che il raffronto tra il TEG e il Tasso Soglia in tanto ha una sua logica e può considerarsi espressione di un procedimento corretto, in quanto il primo venga determinato in forza delle stesse formule matematiche utilizzate per determinare il TEGM e, conseguentemente, il Tasso Soglia, pena, diversamente ragionando, procedere a una comparazioni di valori tra di loro disomogenei, con conseguente risultato palesemente inattendibile e fine a se stesso (Cass. 12965/2016). In particolare parte attrice ha formulato tale eccezione in modo del tutto generico e senza riferimento al caso di specie, tramite meri richiami normativi e giurisprudenziali in cui peraltro la contestazione è stata innanzitutto formulata pretendendo di sommare al tasso convenzionale pattuito per gli interessi corrispettivi il tasso concordato per gli interessi moratori e in tal modo, facendo richiamo ad alcuni precedenti giurisprudenziali, evidenziando come la sommatoria dei due tassi di interesse risultasse superiore al tasso soglia in materia di usura. Sennonchè deve rilevarsi come anche sotto tale profilo la difesa attorea cada in un equivoco interpretativo, dal momento che i precedenti giurisprudenziali invocati non sostengano in alcun modo la pretesa a sommare i due tassi di interesse, al fine di verificarne la legittimità o meno sul piano dell'usura, ma si limitano a evidenziare come il controllo dell'usurarietà degli interessi debba operare non solo con riferimento agli interessi corrispettivi, ma anche per gli interessi moratori. In sostanza, quindi, entrambe le tipologie di interessi potenzialmente potrebbero risultare usurarie, ma ciò dovrà essere valutato singolarmente per ciascuna categoria di interessi, dal momento che, nel caso di inadempimento del debitore e conseguente decorrenza degli interessi moratori, questi si sostituiscono e non si aggiungono agli interessi corrispettivi. Quanto alle eccepite e vaghe contestazioni in ogni caso la CTU ha espressamente evidenziato che "Ritengo che il CTP abbia fatto un errore di conteggio infatti la banca indica la percentuale annua ma la stessa è rapportata ai giorni relativi al conteggio delle competenze... Come dimostrato la commissione è stata applicata correttamente ... evidenzio che nei miei conteggi non ho rilevato alcun trimestre con tassi superiori a quelli usurari". Per queste ragioni la contestazione così formulata deve essere rigettata. 3.4. Gli attori hanno poi eccepito l'illegittimità del comportamento della (...), che dopo il 1 gennaio 2014 avrebbe applicato ai rapporti di conto corrente il meccanismo della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori. Secondo la difesa della banca invece vi è stata una legittima capitalizzazione degli interessi, attesa la comunicazione del 30 settembre 2016. Sul punto giova osservare che, come è noto, in materia di anatocismo è successivamente intervenuto l'art. 1, comma 629, della legge n. 147/2013, che ha modificato il secondo comma dell'art. 120 TUB, rendendo illegittima, a decorrere dal 1.01.2014, qualsiasi prassi anatocistica nei rapporti bancari e, per quanto qui di interesse, vietando l'addebito di interessi anatocistici passivi. La novella, infatti, testualmente disponeva: "All'articolo 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori; b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale"". La norma, pertanto, non può che essere intesa come rivolta a vietare l'anatocismo nei rapporti bancari, di fatto introducendo in tale ambito una disciplina speciale più rigorosa della normativa ordinaria dettata dall'art. 1283 c.c. (con l'effetto che, se dal 2000 al 2013 la normativa speciale era rivolta ad ammettere nei rapporti bancari l'anatocismo in misura più ampia rispetto alla regola generale, successivamente l'art. 1283 c.c. è derogato per i rapporti bancari in termini di maggior rigore, capovolgendo la disciplina previgente). Si tratta, tuttavia, di verificare se tale innovazione legislativa fosse effettivamente decorrente dall'1.1.2014 o, viceversa, necessitasse per la sua operatività del successivo intervento di normazione tecnica secondaria ad opera del C.I.C.R. Secondo un orientamento interpretativo, infatti, il nuovo secondo comma dell'art. 120 TUB sarebbe rimasto sospensivamente condizionato all'intervento del C.I.C.R., in conformità al rimando effettuato nella parte introduttiva della norma. La tesi non può essere condivisa, se solo si consideri che, una volta riconosciuto come l'articolo in esame vietava in toto l'anatocismo bancario, nessuna specificazione tecnica di carattere secondario avrebbe potuto limitare la portata o disciplinare diversamente la decorrenza del divieto, pena diversamente opinando ammettere che una norma primaria possa in tutto o in parte o anche solo temporaneamente essere derogata da una disposizione secondaria ad essa sottoordinata. Per ragioni sostanzialmente equivalenti non potrebbe neppure essere condivisa la tesi che avrebbe voluto rimetter al successivo intervento del C.I.C.R. la stessa interpretazione del nuovo secondo comma dell'art. 120 TUB, in quanto così facendo si sarebbe attribuito a un organo del potere esecutivo il compito di attribuire significato a un atto legislativo, in palese violazione dei più elementari principi in materia di separazione dei poteri dello Stato. Peraltro, il fatto che il legislatore del 2013 abbia rimesso al C.I.C.R. di stabilire "modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria" e non più "modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi", come era previsto nel previgente secondo comma dell'art. 120 TUB, comunque avrebbe consentito uno spazio di manovra di una disciplina tecnica secondaria da parte del Comitato interministeriale, chiamato a specificare la disciplina sulla materia Sulla scorta di tale disposizione legislativa, il CTU ha provveduto a rideterminare il saldo del conto corrente per cui è causa, scomputando gli interessi passivi anatocistici addebitati con capitalizzazione trimestrale dal 1.01.2014 sino alla data di chiusura del rapporto per passaggio a sofferenza, agli atti di causa non è allegata alcun documento che dimostri l'adeguamento della banca alla delibera cicr n. 343 del 3.8.2016 rideterminando gli stessi secondo il tasso convenzionale, senza applicazione di alcuna capitalizzazione (secondo quanto affermato da Cass. SS.UU. 2.12.2010 n. 24418). In applicazione di tali criteri, il CTU è giunto a determinare il saldo del conto n. 2485 nella misura di Euro 53.863,08, con una differenza a favore del Correntista per illegittime somme addebitate a titolo di anatocismo degli interessi debitori pari ad Euro 3.850,00 e a determinare il saldo del conto n. 60056 nella misura di Euro 423.301,03, con una differenza di Euro 9.098,00 a favore del Correntista per illegittime somme addebitate a titolo di anatocismo degli interessi debitori. Sul punto si osserva che lo stesso ricalcolo era stato già effettuato dalla convenuta e depositato unitamente alla memoria istruttoria n. 1, di talché laddove parte attrice avesse aderito a tale riconteggio si sarebbero potute evitare le operazioni peritali, con conseguente condanna degli attori al pagamento delle spese di CTU. 4. Risulta pertanto accertata l'illegittima applicazione della somma complessiva di Euro 4.077,00 sul conto n. 2485 (comprensiva di interessi anatocistici illegittimi per Euro 3.850,00 ed Euro 227 per i maggiori interessi applicati dalla Banca) ed Euro 9.098,00 con riferimento al conto n. 60056. A tanto consegue il rigetto della domanda di ripetizione dell'indebito formulata da parte attrice, non risultando effettuato alcun indebito pagamento, nonché il rigetto della domanda di risarcimento danno, peraltro neppure allegato, per l'asserito illegittimo recesso della banca. Deve invece essere accolta la domanda riconvenzionale formulata dalla creditrice di condanna al pagamento del dovuto e segnatamente dell'importo complessivo di Euro 476.937,11 oltre interessi legali dalla domanda (22/2/2019) al saldo e segnatamente quanto al conto n. (...) Euro 53.636,08 (saldo della banca a cui deve essere detratto l'importo per interessi anatocistici illegittimi per Euro 3.850,00 ed Euro 227 i maggiori interessi applicati dalla Banca), quanto al conto n. (...) nella misura di Euro 423.301,03 (saldo della banca a cui deve essere sottratto l'importo per interessi anatocistici pari ad Euro 9.098,00). Spese di lite Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e vanno quindi poste integralmente a carico degli attori, che si liquidano in Euro 21.387,00 per compensi professionali ex DM 55/2014 (secondo i valori medi per fascia di valore da Euro 260.000,00 ad Euro 520.000,00), in favore dell'intervenuta cessionaria del credito, oltre il 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre IVA. e C.P.A.. Pone le spese di c.t.u. come liquidate in corso di causa con separato decreto, definitivamente a carico di parte attrice. Non si ritengono sussistenti i presupposti per la condanna ex art. 96 comma 3 c.p.c.. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza disattesa: - Accerta l'illegittima applicazione della banca della somma complessiva di Euro 4.077,00 sul conto n. 2485 ed Euro 9.098,00 con riferimento al conto n. (...); - Condanna (...) SRL, in persona del legale rappresentante quale debitrice principale e (...) e (...) nella loro qualità di fideiussori a pagare la complessiva somma di Euro 476.937,11 oltre interessi legali dalla domanda (22/2/2019) al saldo in favore di parte intervenuta, nella sua qualità di cessionaria del credito, (...) SPV S.r.l. e per essa, quale mandataria e procuratrice speciale, (...) SPA. - Pone a carico degli attori, in solido tra loro, la rifusione delle spese del giudizio in favore dell'intervenuta liquidate in Euro 21.387,00 per compensi professionali ex DM 55/2014, oltre 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre I.v.a. e Cassa Avvocati come per legge; - Pone le spese di c.t.u. come liquidate in corso di causa con separato decreto, definitivamente a carico degli attori in solido tra loro. Così deciso in Sondrio il 22 marzo 2022. Depositata in cancelleria il 22 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dr.ssa Barbara Licitra ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1651/2019 promossa da (...), (...), (...), (...), (...), (...), con il patrocinio dell'avv. LI.WI. contro CONDOMINIO (...), con il patrocinio dell'avv. MU.EN. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione 26.10.19 gli attori evocavano in giudizio il condominio convenuto, esponendo: Gli attori sono proprietari a vario titolo di alcune unità immobiliari site nel Condominio (...) sito in Sondrio alla Via (...). Il giorno 20 giugno 2019 si è tenuta l'assemblea ordinaria del Condominio (...) con gli argomenti posti all'ordine del giorno di cui si produce avviso di convocazione (doc. 1). Il verbale dell'assemblea non è stato redatto contestualmente all'assemblea stessa. Con Raccomanda a.r. 10.07.2019 (doc.2) il signor (...) - onde poter espletare appieno i propri diritti di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea condominiale richiedeva di ricevere copia del verbale dell'assemblea condominiale predetta. La raccomandata veniva ricevuta dall'amministratore Geom. (...) in data 12.07.2019. Il Verbale dell'assemblea veniva inviato dall'amministratore a mezzo raccomandata a.r. al signor (...) in data 30.07.2019. (doc.3) Il signor (...) e gli altri odierni attori hanno promosso nel termine di 30 giorni dalla ricezione del verbale dell'assemblea Condominiale richiesta di convocazione del rituale tentativo di mediazione necessario e propedeutico al presente giudizio (doc. 4). Come risulta dal doc 5 che si produce l'Organismo di mediazione il giorno 14 ha proceduto con la definizione del verbale per mancata adesione della parte intimata CONDOMINIO (...). (doc. 5) Gli odierni attori intendono impugnare come in effetti impugnano la deliberazione dell'assemblea del CONDOMINIO (...) emesse in sede di assembleare CONDOMINIALE del 20 giugno 2019 ma di cui gli stessi hanno potuto avere copia del verbale ed espletare appieno il loro diritto di impugnazione solo il 30.07.2019 quando l'amministratore del Condominio a seguito della richiesta formale inoltrata dal signor (...) che ha richiesto di avere copia del verbale dell'assemblea Condominiale non redatto contestualmente all'assemblea ha provveduto ad inviarne copia al predetto a mezzo raccomanda a.r. data 30.07.2019. Gli attori pertanto ad ogni effetto impugnano la precitata deliberazione dell'assemblea del Condominio (...) per seguenti motivi: I MOTIVO In PUNTO deliberazione posta 1° punto dell'ordine del giorno "approvazione consuntivo esercizio 2018/2019 e relativo riparto delle spese". Nel bilancio consuntivo è stata inserita una o più fatture non di pertinenza condominiale ma di competenza di un singolo condomino. La fattura n. 79/01 del 25/02/2019 della ditta (...) S.r.l. per un importo di Euro 539,01 (doc.6), riguarda la sostituzione cassetta WC e tubo cassetta unità Piccagnoni-Briotti. La predetta fattura di spesa è stata inserita nella voce "SPESE STRAORDINARIE E TASSE COMUNALI - MANUTENZIONI STRAORDINARIE CONTO PROPRIETA" ed è stata ripartita in base ai millesimi di proprietà a tutti i condomini. L'amministratore di Condominio ha riconosciuto che si trattava di una spesa personale è ha dichiarato, in assemblea, che avrebbe corretto i bilanci e rifatto i riparti, viceversa nel verbale c'è scritto che tale spesa la imputerà alla condomina nel consuntivo del prossimo esercizio. Tale modus operandi non è corretto in quanto l'amministratore avrebbe dovuto eliminare la fattura dal bilancio e rifare i conteggi giusti. I bilanci devono contemplare tutte le spese dell'anno 2018-2019 e non contenere rimandi al consuntivo dell'anno successivo. - 2 MOTIVO - Così parimenti nel bilancio consuntivo è stato inserito un buono di consegna emesso dalla ditta (...) per un importo di Euro 26,00 doc. 7 allegato. Tale società ha fornito 13 targhette adesive che sono state poste sulla pulsantiera del citofono a copertura di quelle posticce presenti che risultavano antiestetiche, questa spesa è stata inserita nella voce "SPESE GENERALI ORDINARIE - MANUTENZIONI ORDINARIE DEL FABBRICATO" e ripartita a tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Anche in questo caso vi è un errore nel Consuntivo in quanto la spesa doveva essere imputata ai soli 13 condomini titolari della propria targhetta e non a tutti i condomini. Questa spesa è stata suddivisa su tutti i proprietari in proporzione ai millesimi di proprietà in contrasto con il disposto dell'art. 1123 comma terzo c.c.. - 3 MOTIVO - Così parimenti nel bilancio consuntivo è stata inserita una fattura della ditta (...) S.r.l. la numero 384 del 10-08-2019 (doc.8) riguardante i lavori di pulizia colonna scala B per perdita rigurgito acqua in appartamento Di Michele per un importo di Euro 140,25. La spesa è stata inserita nelle "SPESE GENERALI ORDINARIE - MANUTENZIONE IMPIANTO ACQUEDOTTO, SPURGHI COLONNE E COLLETTORI FOGNATURE" e ripartita a tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, viceversa essa doveva essere ripartita soltanto alla scala B che utilizza in esclusiva quel tratto di colonna di scarico. Questa spesa è stata suddivisa su tutti i proprietari in proporzione ai millesimi di proprietà in contrasto con il disposto dell'art. 1123 comma terzo c.c.. - 4 MOTIVO - Nel Bilancio consuntivo sono inserite queste fatture la n. 28 del 31-12-2018 emessa dalla ditta (...) di Euro 132,00, la numero 80/01 del 25-02-2019 emessa dalla ditta (...) DRL di Euro 110,00, la fattura n. 7 del 1-03-2019 emessa dalla ditta Bondio Stefano di Euro 450,00 e la fattura n. 13 del 05-03-2019 emessa dalla ditta (...) di Euro 165,00, (doc.9) tutte riconducibili a lavori eseguiti all'interno del bagno del condomino Forni Paolo proprietà situata nella scala C del condominio, ove si è avuta una rottura con spargimento d'acqua. Per questa rottura l'assicurazione ha liquidato la cifra di Euro 619,35(doc.10). Tutte queste spese/rimborsi sono stati inseriti nella voce "SPESE STRAORDINARIE E TASSE COMUNALI - MANUTENZIONI STRAORDINARIE CONTO PROPRIETA'" e ripartite tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà, mentre viceversa le stesse avrebbero dovuto essere ripartite solo ai condomini con unità immobiliari ubicate nella scala C. Questa spesa è stata suddivisa su tutti i proprietari in proporzione ai millesimi di proprietà in contrasto con il disposto dell'art. 1123 comma terzo c.c.. - 5 MOTIVO - Nel bilancio consuntivo è stata inserita una fattura della ditta (...) S.r.l. la numero 24 del 13-03-2019 (doc. 10) riguardante la progettazione esecutiva impianto idranti UNI 45 e Splinker per un importo di Euro 3.050,00 e pagata in data 12-03-2019 ed inserita nella voce "MANUTENZIONE STRAORDINARIA (deliberato in assemblea) - PROGETTAZIONE ESECUTIVA IMPIANTO IDRANTI UNI 45 E SPLINKER" e ripartita a tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Questa spesa non è stata deliberata dall'assemblea anzi nell'assemblea del 2210-2018 (DOC.11) è stato deliberato come dal punto 4 dell'ordine del giorno "ANTINCENDIO AUTORIMESSA: VALUTAZIONE PREVENTIVO ING. (...) PER AGGIORNAMENTO PRATICA DI DEROGA ANTINCENDIO A SEGUITO DI MODIFICA LAYOUT AUTORIMESSA (AGGIUNTA n. 4 BOX UNITA' EX-POLI), di richiedere altri due preventivi oltre a quello presentato dalla ditta (...) S.r.l. e di valutarli alla prossima assemblea. Per questo motivo la somma di Euro 3.050,00 non doveva e non poteva essere pagata da parte dell'amministratore in quanto non deliberata dall'assemblea. - 6 MOTIVO - Nel bilancio consuntivo sono state inserite le fatture la n. 21 del 15-02-2019 emessa dalla ditta (...) S.r.l. di Euro 1.320,00, la n. 34 del 27-02-2019 emessa dalla ditta (...) S.r.l. di Euro 6.380,00, la n. 44 del 15-03-2019 di Euro 6.380,00 e la n. 45 del 18-03-2019 emessa dalla ditta (...) S.r.l. di Euro 1.320,00 (doc.12), tutte queste fatture sono state inserite nella voce "MANUTENZIONE STRAORDINARIA (deliberato in assemblea) - MESSA IN SICUREZZA FACCIATE E BALCONI (via (...) e via (...)) per un totale di Euro 15.400,00. La predetta spesa è stata ripartita su tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà. Viceversa questa spesa non è stata deliberata dall'assemblea anzi nell'assemblea del 22-10-2018 si era deliberato, al punto 5 dell'ordine del giorno "MESSA IN SICUREZZA FACCIATE/BALCONI SU VIA (...): VALUTAZIONE PREVENTIVO DITTA EDILIZIA ACROBATICA", di eseguire la messa in sicurezza delle facciate su via (...). Successivamente, se l'importo complessivo di spesa tra la messa in sicurezza della facciata su via (...) e il ripristino delle facciate su via (...) e su via Pio Raina non supererà gli Euro 13.000+IVA l'amministratore sarà autorizzato all'esecuzione di entrambe gli interventi. Se l'importo preventivato per entrambe gli interventi dovesse superare gli 13.000,00 l'amministratore farà eseguire solo il primo intervento di messa in sicurezza delle facciate su via (...). Come si può notare l'importo dell'intervento è stato di Euro 14.000+IVA quindi superiore ai Euro 13.000+IVA deliberati dall'assemblea e nell'ordine del giorno non era inserito il ripristino ne di via (...) ne quello di via (...), per questo motivo la spesa è priva di delibera. Viene quindi con il presente atto impugnata la deliberazione dell'assemblea CONDOMINIALE ed il relativo verbale dell'assemblea del 20.06.2019 ricevuto dagli esponenti in data 30.07.2019 dall'amministratore del Condominio (...) nella parte in cui ha disposto l'approvazione del bilancio consuntivo in violazione di legge, del regolamento condominiale e dei criteri di ripartizione previsti dal Codice Civile dell'art. 1123 comma terzo c.c.. attribuendo tale spesa anche a carico di tutti i condomini anche cioè su quelli non interessati dai lavori. - 7 MOTIVO - Con il presente motivo si impugna la deliberazione presa in ordine al punto 7 dell'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria tenutasi il 20-06-2019 che prevedeva: "ANTINCENDIO AUTORIMESSA:VALUTAZIONE PREVENTIVI PER AGGIORNAMENTO PRATICA DI DEROGA ANTINCENDIO A SEGUITO DI MODIFICA LAYOUT AUTORIMESSA (AGGIUNTA n. 4 BOX UNITA' EXPOLI) E RELATIVE DELIBERE IN MERITO" Dopo aver preso in esame i tre preventivi, si perveniva alla votazione. L'esito della votazione è stato di dare incarico alla ditta (...) S.r.l. per la redazione del nuovo progetto con la maggioranza di 24 favorevoli su 33 intervenuti e di 496,27 millesimi. Questa delibera non è valida in quanto la discussione riguardava una manutenzione straordinaria per questo motivo era approvata solo con il voto del 50%+1 degli intervenuti ed un valore di 500 millesimi, visto che non si sono raggiunti i 500 millesimi la stessa delibera non doveva essere approvata. La delibera per tale motivo deve essere dichiarata nulla in quanto in violazione di quanto previsto dalla legge dal regolamento in ordine alle maggioranze previste per la votazione di tali spese. DELIBARZIONE SU ARGOMENTI NON INSERITI ALL'ORDINE DEL GIORNO Nel verbale di deliberazione qui impugnato è stato inserita la votazione anche relativamente a lavori non menzionati all'ordine del giorno, e/o mai autorizzati dall'assemblea condominiale con delibere precedenti quindi su di essi non si poteva procedere alla deliberazione in ordine alla spesa. La predetta deliberazione è in violazione di legge e del regolamento non potendosi porre in deliberazione argomenti non previsti all'ordine del giorno e/o mai approvati dalle precedenti assemblee condominiali.. Sono stati di fatto modificati i criteri di ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie con conseguente nullità e/o annullabilità della relativa delibera. In tema di nullità e/o annullabilità di analoghe delibere, la Suprema Corte ha stabilito che la deliberazione assembleare adottata a maggioranza, che approvi la ripartizione delle spese, e' inefficace nei confronti del condomino assente o dissenziente per nullità radicale deducibile senza limitazione di tempo ..." (Cass. n. 7359/1996) In conclusione, gli attori ut supra impugnano e contestano per nullità la delibere assunte all'assemblea condominiale del 20.06.2019 ed il contenuto del verbale stesso non redatto contestualmente all'assemblea ma inviato solo a seguito di specifica richiesta fatta dai condomini odierni impugnati per mezzo di raccomandata a.r. inviata dal signor (...) e riscontrata dall'amministratore in data 30.07.2019. Gli attori chiedevano: Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, in accoglimento delle domande formulate e disattesa ogni diversa e contraria istanza, pretesa ed eccezione: In via preliminare e nel merito: I) preliminarmente, per i motivi esposti in narrativa, sospendere l'efficacia della delibera assembleare condominiale del Condominio (...) di Sondrio del 20.06.2019 relativamente ai punti 1 e 7 all'ordine del giorno ed oggetto della presente impugnazione; II) nel merito, accertare e dichiarare nulla e/o annullabile e/o inefficace e di nessun effetto il verbale e la delibera dell'assemblea del 20.06.2019 del Condominio (...) di Sondrio comunicata a mezzo raccomanda a.r. agli attori in data 30.07.2019 per tutti i motivi di impugnazione dedotti nel presente atto e per tutti quelli ulteriori che dovessero emerge nel presente giudizio relativamente ai punti all'ordine del giorno punti 1 e 7 oggetto del presente gravame nonché nulla per i motivi tutti ulteriormente esposti nella narrativa del presente atto e/o per tutti quelli ulteriori che dovessero emergere ad istruttoria del presente giudizio condannando il convenuto Condominio (...) di Sondrio in persona del suo legale rappresentante pro-tempore al pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente giudizio, oltre IVA e CAP come per legge. Si costituiva il condominio (...), esponendo: Gli attori, condomini del fabbricato denominato "(...)" di Sondrio, lamentano illegittimità asseritamente gravanti il verbale dell'assemblea condominiale del 20/06/2019, a loro dire comportanti nullità delle decisioni assunte dalla maggioranza. Danno atto ed è quindi pacifico che il verbale sia stato comunicato il 30/07/2019. In data 02/09/2019l'amministratore condominiale riceveva comunicazione di attivazione del procedimento di mediazione presso Letizia Concilia (doc. n. 2), con fissazione dell'incontro per il 09/09/2019. All'assemblea straordinariadel26/09/20i9, non si raggiungeva la maggioranza necessaria per l'adesione alla procedura di mediazione (doc. n. 3). La procedura di mediazione si chiudeva dunque in occasione di un non meglio precisato giorno 14 (vedi pag. 2, quart'ultima riga atto di citazione). In data 12/11/2019 veniva notificato l'atto di citazione, inammissibile per parte degli attori, per tutti comunque inammissibile giusta tardività e comunque infondato, in punto merito della controversia, per le seguenti ragioni in DIRITTO 1. Inammissibilità relativamente a (...), (...), (...) e (...). Trattandosi di materia soggetta a mediazione "obbligatoria", il diritto di ciascun condomino ad impugnare è condizionato al previo esperimento del tentativo. Risulta dalla comunicazione inviata dall'Organo di conciliazione che l'iniziativa è stata propost a da (...), (...) + 4. L'istanza riporta le sole firme di (...) e (...), oltre ad una sigla illeggibile. Della signora (...) nemmeno vengono riportate le generalità. Del tutto sconosciuti risultano i nominativi e generalità degli - asseriti mediante l'apposizione di quel "+4" - altri istanti. Ne consegue che la procedura è stata promossa dal solo (...), a tutto concedere unitamente a (...). L'azione giudiziale è dunque inammissibile relativamente a (...), (...), (...) e (...). 2. Mancato esperimento della procedura di mediazione, genericità ed indeterminatezza. Come risulta dalla allegata documentazione, (...) ha così esposto la contestazione: "Viene impugnata la delibera del Condominio (...) trasmessa a mezzo racc. a.r. in data30/07/2019 del 20/06/2019 in quanto la stessa in più punti contiene criteri di ripartizione spese contrarie alla legge e al regolamento condominiale e a precedenti delibere". Sol che si confronti questa laconica esposizione con i motivi di doglianza contenuti nell'atto di citazione, si trae conclusione della genericità ed indeterminatezza dell'istanza di mediazione. L'azione giudiziale è dunque inammissibile ed improcedibile, non essendo stata preceduta, in forme adeguate, dalla mediazione obbligatoria. 3. Vizi denunciati: annullabilità (non nullità). La Suprema Corte ha chiarito - definitivamente - con la sentenza a Sezioni Unite del 07/03/2005 n. 4806, quali siano le delibere da ritenersi nulle rispetto a quelle annullabili. La Corte ricorda come il codice civile prevede espressamente solo il vizio della annullabilità mentre la nullità è una creazione della dottrina e della giurisprudenza. Le Sezioni Unite espressamente dichiarano, al punto 12) della pronuncia: "In assenza di specifica previsione normativa, sembra logico doversi ammettere la nullità soltanto nei casi più gravi". Il vizio di annullabilità va fatto valere nel termine di decadenza di 30 giorni previsto dall'art. 1137 comma ultimo c.c. (si veda punto 19 della pronuncia). Perché, dunque, gli attori pretendono di qualificare quale vizio di nullità la predetta censura? E' presto spiegato. Essi confondono la fattispecie in cui i criteri legali di ripartizione delle spese siano a maggioranza stabiliti o modificati rispetto al diverso caso - che qui ci interessa - in cui l'assemblea abbia semplicemente determinato in concreto la ripartizione delle spese in difformità ai criteri. Oltre che dalla massima (ci riferiamo a Cass. Civ., Sez. II, 19/03/2010 n. 6714 - che proprio controparte cita!) bene lo comprendiamo dalla motivazione della testè ricordata sentenza. La Corte, nella pronuncia 6714/2010 testualmente scrive: "Si configura, invece, l'annullabilità della delibera quando l'assemblea, senza adottare alcuna decisione in merito ai criteri da seguire, si sia limitata a ripartire le spese in violazione delle disposizioni di cui all'art. 1123 c.c.". Orbene, sia chiaro. La scrivente difesa non ritiene affatto che si sia violato l'art. 1123 c.c.. Si sta semplicemente esaminando la censura sotto il profilo di come i ricorrenti l'hanno presentata e qualificata. E' pacifico, sol che si legga la delibera prodotta che l'assemblea non ha preso alcuna decisione in merito ai criteri da seguire. Essendo il vizio censurato relativo quindi alla mera ripartizione delle spese, in asserita violazione dell'art. 1123, come ci insegna la Suprema Corte, le Sezioni Unite 07/03/2005 n. 4806 e Sez. II, 19/03/2010 n. 6714, il vizio denunciato è, in ipotesi, di annullabilità. 4. Conseguenze della qualificazione dei vizi: decadenza dalla possibilità di chiedere l'annullamento, per violazione del termine di cui all'art. 1137 c.c.. L'art. 1137 c.c. prevede il termine perentorio di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria chiedendo l'annullamento che decorre: 1) dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti; 2) dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. I ricorrenti erano tutti presenti all'assemblea, personalmente o per delega, hanno formulato voto contrario (sul punto 7) o astensione (sul punto 1). II termine per l'impugnazione scadeva dunque il giorno 20/07/2019. E' irrilevante - contrariamente a quanto pretende controparte - il momento di percezione del verbale, poiché è l'art. 1137 c.c. a stabilire che per i presenti, dissenzienti o astenuti, la data decorra dalla deliberazione. Mentre il termine di giorni 30 per l'impugnazione della delibera decorre dalla data della sua comunicazione solo per gli assenti. Lo prevede, ripetesi, espressamente l'art. 1137 c.c.. La disciplina codicistica va integrata, a seguito dell'istituzione dell'onere di mediazione obbligatoria. Pertanto, il termine, pena di decadenza, di giorni 30 si riferisce ora non più alla notifica dell'atto di citazione bensì alla domanda di mediazione, che lo interrompe. Ma vediamo meglio nel dettaglio. L'art. 5, comma 6 del D.Lgs. 28/2010 stabilisce che "Dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta ...". Come abbiamo visto, la ricezione del verbale è irrilevante, nel caso di specie, posto che gli attori erano tutti presenti, personalmente o per delega, all'assemblea. Ma per completezza di trattazione, evidenziamo che l'azione sarebbe tardiva per decadenza, anche qualora fissassimo il termine a quo dei 30 giorni dalla ricezione del verbale. Gli attori dichiarano (pag. 2 dell'atto di citazione e esposizione della contestazione nell'istanza di mediazione, in questo secondo passaggio il solo (...)) di avere ricevuto il verbale il 30/07/2019. Il (...) e, forse, la Cova, hanno presentato istanza di mediazione il 28/08/2019 e l'Organo ha predisposto la comunicazione per il condominio il 02/09/2019 (doc. n. 2). Supponiamo pure che nella medesima data l'Organo di mediazione l'abbia inviata all'amministratore. Ebbene, vi sarebbe comunque decadenza. Poiché, come abbiamo letto nel sopra riportato art. 5 comma 6 del D.Lgs. 28/2010, l'interruzione della prescrizione e della decadenza si verificano non già con la presentazione dell'istanza ma con la comunicazione al Condominio. In conclusione. Pacifico che gli unici vizi censurati esaminabili, sia soggettivamente che oggettivamente, comportino - nella denegata ipotesi di loro fondatezza - possibilità di annullamento della delibera e non già di nullità. Se il dies a quo per il termine da rispettarsi a pena di decadenza, ex art. 1137 comma 2 c.c., è il 20/06/2019, giorno della deliberazione, l'istanza di mediazione doveva essere comunicata al Condominio entro e non oltre il 20/07/019. Se anche si prestasse attenzione alla - infondata tesi - che il dies a quo sarebbe quello della ricezione del verbale, il 30/07/2019, l'istanza di mediazione doveva essere non già semplicemente inviata, bensì comunicata al Condominio entro e non oltre il 29/08/2019. Aggiungiamo l'ulteriore dubbio di tempestività in ordine all'azione giudiziale. Se la mediazione si è conclusa il 14 settembre, la citazione doveva essere notificata entro il 14 ottobre. 5. Nel merito. Per dovere difensivo, si formulerà qualche cenno di riscontro in punto infondatezza delle azioni avversarie. - Primo motivo Lamentano gli attori che la spesa di un singolo condomino sarebbe stata imputata al Condominio. La circostanza non è veritiera. La pretesa avversaria era in realtà quella di rifare per l'intero il bilancio. La problematica lamentata non esiste e v'è totale carenza di interesse ad agire. - Secondo motivo. Il costo del rifacimento parziale della pulsantiera del citofono, per la spesa complessiva di Euro 26,00 (ventisei!), è stato ripartito per millesimi generali essendo di interesse comune. Non v'era ragione di utilizzare altro criterio di divisione, essendo la pulsantiera utilizzata da tutti non certo suscettibile, come pretendono gli attori, di un uso separato tale da rendere applicabile l'art. 1123 comma 3 c.c.. - Terzo motivo. Di nuovo si lamenta la suddivisione per millesimi generali e non ai soli condomini della scala B di una spesa di Euro 140,25. Gli attori, anche in questa ipotesi, pretendono l'applicazione dell'art. 1123, comma 3 c.c., ma non allegano né tantomeno dimostrano che esista un impianto realmente suscettibile di un uso autonomo e separato, in particolare per i condomini della scala B. Il richiamo alla norma è, in concreto, infondato. Sol che si legga il regolamento di condominio, art. 1 lett. g) (doc. n. 5), la rete della fognatura, degli scarichi pluviali, dei bagni e lavabi cucina fino al punto di diramazione alle singole unità immobiliari o locali di proprietà particolare, sono oggetto di proprietà comune ed indivisibile di tutti i condomini. In concreto e per completezza di trattazione, l'impianto non è suddiviso ed autonomo per singole scale, come affermano gli attori. Non è dunque applicabile l'art. 1123, comma 3, c.c.. - Quarto motivo. Il motivo, che riguarda altre fatture di modesto importo, è identico a quello che precede, ma con riferimento alla pretesa di attribuire gli oneri ai soli condomini della scala C. E' infondato per le medesime ragioni sopra dimostrate. - Quinto motivo. Lamentano gli attori che una spesa di progettazione esecutiva, inserita a bilancio, non sarebbe stata previamente deliberata. Innanzitutto, non è vero, essendo stato conferito l'incarico in questione con l'assemblea del 30/06/2014. In secondo luogo, con l'approvazione del bilancio la maggioranza, nelle forme e con il quorum di legge, l'ha comunque approvata, rendendo del tutto irrilevante e priva di interesse, ancor prima che infondata, la doglianza di controparte. - Sesto motivo. Gli attori lamentano nuovamente che sono state inserite nel bilancio consuntivo alcune spese di messa in sicurezza delle facciate asseritamente non deliberate e, nel merito, suddivise tra i condomini per millesimi generali e non, come preteso, secondo il solito art. 1123 comma 3 c.c.. La doglianza è infondata per numerose, alternative ragioni. Innanzitutto è pacifico, secondo il Codice Civile ed il conforme regolamento di condominio, che le facciate sono parti comuni e quindi la deliberazione è corretta. Più specificamente, non esiste alcuna possibilità di applicare la norma ripetutamente invocata da controparte, posto che le facciate sono all'evidenza parte strutturale dell'edificio insuscettibili di uso separato. Da ultimo, l'approvazione, come si è detto al punto precedente, è avvenuta con regolare maggioranza ed il motivo è, ulteriormente, irrilevante e privo di interesse. - Settimo motivo. Lamentano gli attori che l'incarico per aggiornamento della pratica di deroga antiincendio di cui al punto 7 dell'ordine del giorno sarebbe stato conferito con maggiorazione insufficiente ed illegale, trattandosi di manutenzione straordinaria. In realtà, gli attori confondo la progettazione con le opere. Trattandosi di un incarico professionale e non di lavori, la maggioranza favorevole che si è espressa è ampiamente satisfattiva del minimo legale. Per completezza, il motivo è comunque inammissibile non essendo stato esposto, neppure del tutto genericamente, nell'istanza di mediazione. Il Convenuto chiedeva: CONCLUSIONI Voglia il Tribunale Ecc.mo, contrariis rejectis, nel merito, previ gli accertamenti e le declaratorie del caso, dichiarare inammissibili, inaccoglibili e comunque respingere le domande proposte dagli attori per le ragioni esposte nella presente comparsa. Con vittoria delle spese di lite. Così incardinatosi il contraddittorio, la causa veniva istruita con acquisizione documentale e all'udienza 27.10.2021 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti, come sopra riportate. RAGIONI DELLA DECISIONE La domanda non merita accoglimento. Concorda il giudicante con la deduzione di parte convenuta, a mente della quale, in mancanza di espressa previsione normativa, la delibera si deve ritenere, ove viziata, annullabile e non radicalmente nulla. Il vizio di annullabilità va fatto valere nel termine di decadenza di 30 giorni previsto dall'art. 1137 comma ultimo c.c.. Non va confuso il caso in cui i criteri legali di ripartizione delle spese siano a maggioranza stabiliti o modificati rispetto al diverso caso - quello di specie qui in esame - in cui l'assemblea abbia semplicemente determinato in concreto la ripartizione delle spese in difformità ai criteri. Ebbene, con la delibera qui impugnata l'assemblea non ha preso alcuna decisione in merito ai criteri da seguire e dunque si sarebbe trattato, semmai, di semplice annullabilità. Orbene, l'art. 1137 c.c. prevede che il termine perentorio di 30 giorni per adire l'autorità giudiziaria con la richiesta di annullamento decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti; dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti. 1 ricorrenti erano tutti presenti all'assemblea, personalmente o per delega e dunque il termine per l'impugnazione scadeva il giorno 20/07/ 2019. Il termine di giorni 30 per l'impugnazione della delibera decorre dalla data della sua comunicazione solo per gli assenti. In conclusione, per poter interrompere il termine previsto dall'art. 1137 c.c. l'istanza di mediazione avrebbe dovuto essere comunicata al Condominio entro e non oltre il 20/07/ 2019. In realtà, (...), (...), (...) e (...) neppure hanno provveduto ad attivare la necessaria procedura di mediazione. (...) e (...), hanno presentato istanza di mediazione il 28/08/2019 e l'Organo ha predisposto la comunicazione per il condominio il 02/09/2019. Le domande attoree vengono pertanto rigettate con conseguente statuizione in ordine alle spese. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: rigetta la domanda attorea; pone a carico di parte attrice il pagamento delle spese di lite di parte convenuta, liquidate in Euro 5.560,25, oltre accesso di legge e successive. Così deciso in Sondrio il 10 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Michele Posio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n.r.g. 938/2019 promossa da: (...) SRL IN LIQUIDAZIONE (c.f. (...)), con l'avv. LO.DO. ATTRICE OPPONENTE contro (...) S.P.A. (c.f. (...)), con l'avv. CI.LU. e l'avv. FE.AN. CONVENUTA OPPOSTA e nei confronti di (...) s.r.l. (c.f. (...)) e per essa (...) s.r.l. (c.f. (...)) e per essa (...) s.p.a. (c.f. (...)), con l'avv. FA.AN. TERZA INTERVENUTA Oggetto: contratti bancari. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione notificato il 10.6.2019, (...) SRL IN LIQUIDAZIONE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 186/2019 del 14.3.2019 a mezzo del quale Tribunale di Sondrio la condannava al pagamento in favore di (...) SPA della somma di Euro 100.000,00, oltre interessi, spese ed accessori di legge, a titolo di saldo debitore residuo dei rapporti intrattenuti con detta azienda di credito - conto corrente di corrispondenza n. (...) del 14.1.2001 e finanziamento chirografario del 2.7.2008, estinti per recesso dell'istituto di credito comunicato il 9.11.2017 a fronte del mancato pagamento dei ratei di rimborso del credito. In particolare, l'opponente lamentava l'abusiva parcellizzazione del credito, l'applicazione di condizioni, spese e tassi non pattuiti, l'illegittima variazione delle condizioni contrattuali, l'indeterminatezza e/o la nullità della commissione di massimo scoperto, tassi di interesse superiori alla soglia di usura, indebito anatocismo, piano di ammortamento comportante anatocismo. Domandava pertanto domandava la condanna di controparte alla ripetizione delle somme a tali titoli illegittimamente introitate ed al risarcimento del danno. L'istituto di credito, ritualmente costituitosi, si opponeva alle avverse doglianze formulando le conclusioni in epigrafe. Concessa la provvisoria esecutività al decreto ingiuntivo e vanamente espletato il procedimento di mediazione obbligatoria, interveniva in giudizio la cessionaria del credito (...) S.R.L., per essa (...) S.R.L. e per (...) S.P.A., che aderiva alle difese dell'opposta. Assegnati i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., senza espletamento di istruttoria la causa era trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.. Nel merito, preliminarmente respinte le reiterate istanze di remissione in istruttoria per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti e dei documenti versati, occorre distinguere ciascun profilo di illegittimità lamentato dall'opponente. In relazione a entrambi i rapporti. 1. Abusivo frazionamento del credito: l'opponente lamenta che, a fronte di un credito complessivo di Euro 338.61,61, l'opposta abbia agito monitoriamente per la minor somma di Euro 100.000,00, ingiustificatamente esponendo il debitore a plurime reazioni processuali nonostante l'unicità della pretesa e a dover sostenere una moltiplicazione dei costi del giudizio, esercitando pertanto abusivamente la propria pretesa creditoria. Premesso che nel caso di specie non è data desumere la pendenza nei confronti dell'opponente di ulteriori giudizi per il residuo credito relativo ai medesimi titoli azionati, sul tema occorre richiamare costante orientamento di legittimità per cui "le domande concernenti diversi e distinti diritti di credito relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti che siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, possono essere proposte in separati processi solo ove l'attore risulti assistito da un oggettivo interesse alla tutela processuale frazionata" (da ultima, Cass. 13.1.2020, n. 337; Cass. SS.UU. 16.2.2017 n. 4090). Nel caso di specie sussiste un interesse oggettivo dell'opposta ad agire per un credito inferiore, posto che il credito complessivo sorge da due diversi rapporti di diversa natura (conto corrente del 2001 e finanziamento del 2008), sorti in tempi diversi e ciascuno munito di specifiche condizioni, considerata altresì la diversità e la distinta qualifica dei singoli soggetti debitori indicati nel decreto ingiuntivo opposto (debitore principale-società; fideiussori-persone fisiche). Contratto di conto corrente n. (...) del 14.1.2001. 1. Mancata sottoscrizione da parte dell'istituto di credito: al riguardo, è sufficiente richiamare l'orientamento di legittimità a Sezioni Unite (Cass. SS.UU. 16.1.2018 n. 898), pacificamente applicabile anche in tema di contratti bancari (ex multis, Cass. 4.6.2018 n. 14243 e succ. conformi), secondo cui "il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche quella dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti", tenuto altresì conto che l'opponente non ha contestato l'avvenuta consegna della copia del contratto. 2. Mancata sottoscrizione da parte del correntista: la doglianza è manifestamente infondata, a fronte della produzione in giudizio della lettera di apertura del conto corrente sottoscritta dall'opponente, anche ai sensi dell'art. 1341 c.c. (doc. 6 opposta). 3. Indeterminatezza del tasso di interesse per mancata pattuizione del TAEG: la doglianza non si reputa pertinente rispetto alla determinazione del tasso di interesse, posto che il TAEG (Tasso annuo effettivo globale) non determina il tasso di interesse corrispettivo o moratorio, ex artt. 1282 ovvero 1224 c.c., bensì rappresenta un indicatore sintetico di costo che comprende tutti gli oneri connessi all'erogazione del credito, ivi compresi le spese e gli accessori del conto, da rendere noto ai consumatori ai sensi della Del.CICR 4 marzo 2003 e successive Istruzioni della B.I. del 25.7.2003. Pertanto, il TAEG ha esclusivamente una funzione di pubblicità ai consumatori ai sensi dell'art. 116 bis co. 1 t.u.b. e non concorre affatto a determinare il tasso di interesse ai sensi dell'art. 117 comma 4 t.u.b.: pertanto, l'eventuale mancata indicazione del TAEG, anche laddove provata, non spiegherebbe conseguenza alcuna in punto di determinatezza della clausola concernente il tasso di interesse, che nel caso di specie specificamente pattuita (cfr. p. 1 doc. 6 opposta). 4. Indebito anatocismo: la doglianza va respinta per evidente genericità di allegazioni, totalmente prive del necessario specifico riferimento ai rapporti impugnati; 5. Nullità della commissione di massimo scoperto: quanto alla dedotta nullità per mancanza di causa, va richiamato consolidato orientamento di legittimità di avviso contrario che ha attribuito alla commissione di massimo scoperto due cause autonome da quella degli interessi passivi, altrettanto valide: secondo una tesi la cms costituisce una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore indipendentemente dal loro effettivo utilizzo, con la conseguente indisponibilità da parte dell'istituto di credito della somma affidata e la necessità, dunque, di un corrispettivo (c.d. commissione mancato utilizzo); per altra tesi, la cms è la remunerazione del rischio cui la banca è sottoposta, a fronte degli sconfinamenti, delle esposizioni extra fido da parte del cliente, o nei casi di fidi di fatto, per un determinato periodo di tempo. Con l'intervento del legislatore del 2009, seguìto dall'introduzione dell'art. 117 bis TUB (D.L. n. 201 del 2011, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214), si è poi stabilita la legittimità della commissione di massimo scoperto, sub specie sia di commissione di massimo scoperto, sia di commissione di messa a disposizione dei fondi. Dunque, "può pertanto dirsi che la nuova norma, pure omettendo ogni definizione più puntuale della CMS, abbia effettuato una ricognizione dell'esistente con l'effetto sostanziale di sancire definitivamente la legittimità di siffatto onere e, per tale via, di sottrarla alle censure di legittimità sotto il profilo della mancanza di causa". (Cass. 22.6.2016 n. 12965, in motivazione). Quanto alla nullità per indeterminatezza, nel caso di specie tale onere è stato dettagliatamente pattuito nella misura (non superiore allo 1,000%), nella periodicità (trimestrale) e nella modalità del criterio di calcolo (importo massimo del saldo a debito del conto corrente nel corso del trimestre). 6. Illegittima variazione in pejus delle condizioni contrattuali: la doglianza va respinta per evidente genericità di allegazioni, totalmente prive del necessario specifico riferimento ai rapporti impugnati; 7. Illegittima applicazione delle valute: la doglianza va respinta per evidente genericità di allegazioni, totalmente prive del necessario specifico riferimento ai rapporti impugnati. Finanziamento chirografario del 2.7.2008. 1. Nullità derivata dalla nullità del correlato contratto di conto corrente: la doglianza va respinta, non ravvisandosi ipotesi di nullità del correlato rapporto di conto corrente, ut supra esposto. 8. Nullità della clausola floor: l'opponente reputa nulla la clausola per cui "il tasso di interesse non potrà essere comunque inferiore al 3,250% annuo", in quanto snaturerebbe la causa del mutuo da finanziamento a quella di investimento, con conseguente applicazione delle norme in tema di trasparenza degli strumenti finanziari (in particolare l'art. 21 t.u.f.), non applicate nel caso di specie. La doglianza va respinta, non ritenendosi applicabile al caso in esame la predetta normativa. Con la "clausola floor", le parti hanno pattuito un determinato tasso di interesse debitore minimo (3,5 %), al di sotto del quale non influiscono le eventuali fluttuazioni negative del tasso di interesse variabile: pertanto tale clausola non snatura affatto la causa di finanziamento del contratto di mutuo, avendo unicamente la funzione di tutelare l'istituto mutuante da fluttuazioni del mercato finanziario nel medio-lungo periodo, senza alcuna funzione di investimento, né aleatoria, estranee alla causa di mutuo. Al riguardo, si condivide l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito per cui nel contratto di mutuo in cui la banca abbia consegnato al cliente una somma di denaro e quest'ultimo si sia obbligato a restituirla in epoca successiva con l'aggiunta della previsione di una remunerazione (per appunto il tasso) stabilita in contratto, anche ove sia presente una clausola "floor", non è possibile ritenere che in capo al cliente mutuatario vi sia lo scopo di realizzare, con l'operazione bancaria, anche un investimento finanziario; in altri termini, il trasferimento di un rischio, che è tratto caratteristico del contratto derivato, non è in alcun modo ravvisabile nello schema del contratto di mutuo con clausola "floor" (ex multis, Trib. Pordenone 24.4.2020, n. 222, Trib. Bologna. Sez. III, sent. n. 20087 del 31/01/2018, Trib. di Lanciano, sent. n. 142 del 4/04/2018, Trib. di Trento, sent. del 6/07/2017, Trib. di Monza, sent. n. 196 del 8/02/2017). La predetta clausola non va confusa con la c.d. "opzione floor", strumento finanziario derivato, di natura aleatoria e regolato dalle nome sugli intermediari finanziari, che consente a chi lo acquista, a fronte di un premio, di porre un limite alla variabilità in discesa di un determinato indice o di un prezzo, ricevendo la differenza che alla scadenza/alle scadenze contrattuali si manifesta tra l'indice/prezzo di riferimento ed il limite fissato: tale diversa clausola è del tutto assente nel caso di specie. 2. Indeterminatezza del piano di ammortamento: la doglianza si reputa manifestamente infondata, essendo tale piano espressamente pattuito e sottoscritto dall'opponente, oltre che esplicitato in dettaglio su foglio a parte appositamente sottoscritto (p. 5 doc. 8 opposta) 3. Piano di ammortamento comportante indebito anatocismo: secondo l'opponente, il piano di ammortamento "alla francese", consistente nel rimborso del finanziamento mediante il pagamento di una rata costante con scadenze temporali predefinite, per lo più mensili, comporterebbe la produzione occulta di interessi su interessi, cagionando pertanto indebito anatocismo in violazione dell'art. 1283 c.c.. La doglianza va respinta: nell'ammortamento alla francese la rata fissa viene calcolata sul capitale residuo ed è composta da una quota capitale ridotta e via via crescente, nonché da una quota interessi alta e via via decrescente; pertanto, il correntista (inizialmente e sino circa alla metà del periodo di finanziamento) corrisponde una quota maggiore di interessi non per asseriti effetti anatocistici, bensì per il semplice fatto che viene computata nella rata una quota maggiore di interessi, contro una quota minore di capitale. L'applicazione dell'ammortamento c.d. alla francese risponde, dunque, ad una mera ragione contabile, riconducibile al principio dell'art. 1194 c.c., per cui le parti possono concordare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi, nelle misure stabilite, nonché di eventuale convenienza per il correntista, il quale ha l'opportunità di pagare una rata sempre costante e, per il primo periodo ed a parità di finanziamento, inferiore rispetto al piano di ammortamento a rata variabile (c.d. all'italiana). Pertanto, il piano di ammortamento c.d. alla francese non comporta in alcun modo la produzione di interessi anatocistici, giacché ciascuna rata implica esclusivamente il pagamento degli interessi dovuti per il periodo cui la stessa si riferisce, rapportandosi ad un tasso di interesse semplice e non composto (cfr. da ultima Trib. Roma 8.2.2021 n. 2188). Ancora in relazione a entrambi i rapporti. 1. Superamento del tasso soglia usurario: la doglianza va respinta per evidente genericità di allegazioni, totalmente prive del necessario specifico riferimento ai rapporti impugnati. 2. Comportamento contrario a buona fede dell'istituto di credito: la domanda risarcitoria ex art. 1375 c.c. risulta priva di giustificazione, a fronte dell'agire conforme a buona fede dell'istituto di credito che, a fronte di un debito della correntista - in questa sede pienamente confermato - di oltre Euro 300.000,00, ha receduto dai rapporti creditizi. Quanto al credito ingiunto avente ad oggetto il pagamento del saldo finale a debito dell'opponente, l'importo preteso si reputa liquido sulla base della produzione in giudizio dei contratti di conto corrente e di finanziamento (docc. 6,8 opposta), degli estratti conto analitici prodotti dall'inizio dei rapporti sino alla cessazione (gruppo docc. 15 convenuta), nonché esigibile in forza del recesso dell'istituto di credito dai rapporti, comunicato alla debitrice tramite raccomandata A/R il 9.11.2017 (doc. 10 opposta). Alla luce di quanto premesso, consegue il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, con declaratoria di definitiva esecutività ai sensi dell'art. 653 c.p.c.. Le spese di lite seguono la soccombenza dell'opponente nei confronti dell'opposta e della terza intervenuta, da liquidarsi in unica soluzione a fronte della totale identità delle difese spiegate dai rispettivi difensori, e si quantificano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 secondo i parametri di causa di valore di Euro 100.000,00 di bassa complessità, in complessivi Euro 9.500,00 per compenso professionale (Euro 1.500,00 per fase di studio, Euro 1.200,00 per fase introduttiva, Euro 3.800,00 per fase istruttoria, Euro 3.000,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, 1. rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo del Tribunale di Sondrio n. 186/2019 del 14.3.2019, dichiarandolo definitivamente esecutivo; 2. condanna l'opponente al pagamento in favore dell'opposta e della terza intervenuta delle spese di lite, liquidate per entrambe in motivazione in complessivi Euro 9.500,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Sondrio il 9 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Tribunale di Sondrio SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dr.ssa Barbara Licitra ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1520/2017 promossa da (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. SF.AL. contro (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. MA.EL. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex art. 447 BIS c.p.c. (...), conveniva in giudizio (...), esponendo: 1) il ricorrente è proprietario, in Comune di Bianzone (SO), dell'unità immobiliare sita in via M. n. 16 attualmente distinta al Catasto Fabbricati del locale Comune al foglio (...) mappale (...) sub. (...) Via G. M. n. 16 P. T Cat. (...) Cl. (...) Cons. mq 140 S.C. 161 mq R.C. Euro 289,22 per averla acquistata dai propri genitori (signori (...), nato a T. (S.) il (...) e (...) nata a N. (F.) l'(...)) in forza di atto di donazione a rogito del notaio (...) di T. in data (...) repertorio (...) raccolta (...), registrato a Sondrio il 4 novembre 2013 al num. 4464 serie 1T (doc. 1); 2) l'unità immobiliare indicata risulta dal frazionamento dell'originaria e più ampia porzione immobiliare che era distinta al Catasto Fabbricati del Comune di B. (S.) al foglio (...) mappale (...) sub. (...) Via G. M. n. 16 P. S/1- T Cat. (...) Cl. (...) Cons. mq 383 R.C. Euro 336,27, come risulta da Visura Catastale Storica (doc. 2); 3) in data 26 agosto 2006 il signor (...) ha contratto matrimonio concordatario con la resistente signora (...) in Comune di Bianzone (SO), trascritto dall'Ufficiale dello Stato Civile nel Registro degli Atti di Matrimonio del Comune di Bianzone, atto n. (...), p. II, s. A, anno 2006 e successivamente, in data 5 luglio 2016, i coniugi sono addivenuti a separazione consensuale avanti il Tribunale di Sondrio, come da provvedimento di omologa (doc. 3); 4) in data 1 dicembre 2008 i signori (...) e (...) - a quel tempo proprietari dell'immobile di cui al presente giudizio - al fine di agevolare l'avvio dell'attività lavorativa della nuora (...) Le hanno concesso in comodato d'uso gratuito a tempo indeterminato il predetto immobile per lo svolgimento dell'attività di servizi degli istituti di bellezza, giusta contratto di comodato d'uso gratuito registrato all'Agenzia delle Entrate di Tirano in data 17 dicembre 2008 al numero 2653 serie 3 (doc. 4); 5) nel contratto veniva pattuito, tra l'altro, che: - "le parti possono recedere dal presente contratto mediante disdetta da inviare a mezzo lettera raccomandata A/R alla controparte con preavviso di almeno 3 mesi" (art. 3); - "la parte comodataria si obbliga a (...) a restituirlo al termine del contratto nello stesso stato attuale, salvo il normale deterioramento d'uso" (art. 4); - "la parte comodante autorizza sin d'ora la parte comodataria ad eseguire tutti i lavori di ristrutturazione che si renderanno necessari al fine di adibire i locali allo svolgimento dell'attività di servizi degli istituti di bellezza" (art. 5); - "le spese di ordinaria amministrazione, cosi come le spese di ristrutturazione di cui al punto precedente, sono a carico della parte comodataria" (art. 6); 6) la signora (...) effettuava a sua cura e spese alcuni lavori di ristrutturazione, modificando i luoghi rispetto allo stato originario (ved. fotografie stato dei luoghi pre-ristrutturazione di cui al doc. 5) e adeguando la porzione immobiliare concessaLe in comodato in centro estetico; 7) con raccomandata A/R in data 19 settembre 2016, ricevuta dal destinatario in data 21 settembre 2016 (doc. 6), il signor (...), nel rispetto di quanto convenuto contrattualmente (art. 3 contratto di comodato), comunicava alla signora (...) la disdetta dal contratto di comodato in essere mediante missiva del seguente tenore "Cara F., in relazione al contratto di comodato del centro benessere in B. (S.), via M. n. 16 - distinto al Catasto Fabbricati al Foglio (...) mappale (...) sub. (...) - attualmente utilizzato per la Tua attività, in qualità di proprietario dell'immobile sono a comunicarti il recesso dal contratto. Vorrai gentilmente liberare l'immobile una volta decorsi 3 mesi dal ricevimento della presente. Ti comunico, inoltre, la piena disponibilità a concludere un contratto di locazione relativamente allo stesso alle condizioni che discuteremo insieme"; 8) nonostante la comunicazione citata e numerosi successivi solleciti verbali contenenti l'invito al rilascio dell'immobile la signora (...), a tutt'oggi, continua ad occupare l'immobile senza averne più alcun titolo; 9) con il presente ricorso il signor (...) intende chiedere che il Tribunale di Sondrio, considerata l'intervenuta risoluzione del rapporto di comodato gratuito a seguito della regolare comunicazione di disdetta (doc. 6), ordini alla signora (...) il rilascio dell'immobile occupato sine titulo - previo ripristino dei luoghi nello stato di fatto in cui si trovavano al momento della sottoscrizione del contratto nel rispetto di quanto previsto all'art. 4 dello stesso - nonché il pagamento di una indennità di occupazione dell'unità immobiliare decorrente dalla data di avvenuta risoluzione del contratto di comodato sino all'effettivo rilascio di quest'ultima. Il ricorrente chiedeva: Nel merito: - accertare che, in forza della comunicazione di recesso dal contratto inviata dal comodante signor (...) alla comodataria signora (...) in data 19 settembre 2016 e da quest'ultima ricevuta in giorno 21 settembre 2016, il contratto di comodato gratuito stipulato in data 1 dicembre 2008 (dai precedenti proprietari dell'unita immobiliare, signori (...) e (...)) con la signora (...) si è definitivamente risolto a far data dal 21 dicembre 2016 e, di conseguenza, dichiarare che quest'ultima occupa da tale data senza alcun titolo l'unità immobiliare di proprietà del signor (...), sita in B. (S.), via M. n. 16, attualmente distinta al Catasto Fabbricati del locale comune al foglio (...) mappale (...) sub. (...) (già sub. (...)) Via G. M. n. 16 P. T Cat. (...) Cl. (...) Cons. mq 140 S.C. 161 mq R.C. Euro 289,22, e per l'effetto: - condannare la signora (...) a rilasciare libero e sgombero da sé, persone e cose, l'immobile sito in B. (S.), via M. n. 16 distinto al Catasto Fabbricati del locale comune al foglio (...) mappale (...) sub. (...) (già sub. (...)) Via G. M. n. 16 P. T Cat. (...) Cl. (...) Cons. mq 140 S.C. 161 mq R.C. Euro 289,22 rimettendolo nel pieno e legittimo possesso del signor (...), previo ripristino a sue cure e spese dei luoghi nello stato di fatto in cui si trovavano al momento della sottoscrizione del contratto di comodato come risultanti dalla documentazione fotografica agli atti, fissando contestualmente la data di esecuzione per il rilascio; - condannare la signora (...) al pagamento di una indennità di occupazione per ogni mese di occupazione abusiva, con decorrenza dal 1 gennaio 2017 sino al momento dell'effettiva liberazione, nella misura richiesta dal ricorrente o nella diversa misura ritenuta equa dall'Ill.mo Giudicante. Con sentenza esecutiva ex lege. Con vittoria di spese diritti ed onorari tutti di causa, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge. Si costituiva la resistente, esponendo: Celebrato il matrimonio tra la resistente ed il signor (...) nell'agosto del 2006, i coniugi, di comune di accordo, decisero che al fine di consentire alla signora (...) di esercitare la propria attività di estetista, la stessa avrebbe potuto usufruire della porzione di immobile che, ai tempi, era di proprietà dei signori (...) e della signora (...), genitori del ricorrente. Tale soluzione avrebbe consentito alla signora (...) di svolgere il proprio lavoro e così contribuire economicamente alle spese della famiglia ed, al contempo, le avrebbe permesso di essere presente nella cura e nella crescita dei due figli nel frattempo nati, non fosse che l'immobile da destinare a centro estetico era posto nello stesso edificio in cui i coniugi avevano fissato la loro dimora. Le parti, dunque, procedevano alla stipulazione di un contratto di comodato ad hoc e sempre di comune accordo, la signora (...) dava inizio alla pratica edilizia volta ad una profonda ristrutturazione dell'immobile. Nell'anno 2016, a causa dell'incrinarsi dei rapporti coniugali, tra i signori (...) e la signora (...) interveniva la separazione. Di seguito, la situazione ha registrato un progressivo peggioramento, non solo tra gli stessi coniugi ma anche tra la signora (...) ed il signor (...), padre del ricorrente, tanto da costringere la resistente a rivolgersi, a tutela della propria incolumità e di quella dei figli, all'Autorità Giudiziaria e a sporgere querela nei confronti di entrambi (doc. 1). In questo contesto, in estemporanea, il signor (...) non ha mancato di comunicare la propria intenzione di recedere dal contratto di comodato, ponendo la signora (...), che già sostiene un canone di locazione per l'immobile presso il quale vive con i figli e che dal centro estetico trae le proprie risorse economiche, in una situazione di grave difficoltà economica. La resistente prende atto della volontà espressa dal signor (...) di porre fine al contratto di comodato sottoscritto in data 1 dicembre 2008 e di ottenere la libera disponibilità del proprio immobile. Tant'è che la stessa si sta adoperando nella ricerca di una nuova sistemazione, con tutte le difficoltà che all'evidenza si pongono, non solo nel trovare una soluzione adeguata ma anche nell'organizzare il trasferimento di un centro estetico e di tutte le attrezzature che ve ne fanno parte. Come meglio di seguito si chiarirà, però, la signora (...), considerato le difficili condizioni economiche in cui versa, non intende rinunciare al riconoscimento di un rimborso per le spese importanti che ha eseguito, con il consenso della parte comodante, nell'immobile de quo. E' ben vero che con il contratto di comodato intercorso, le parti avevano espressamente convenuto che i lavori di ristrutturazione che si renderanno necessari al fine di adibire i locali allo svolgimento dell'attività di servizi degli istituti di bellezza sarebbero stati posti a carico della signora (...), ma detta previsione non può certo interpretarsi quale assunzione in capo alla comodataria dell'onere di procedere alla trasformazione dell'immobile e di sostenere spese per conformare l'immobile allo scopo di acquisirne contrattualmente il gratuito godimento. La resistente chiedeva: - ai sensi dell'art. 418 c.p.c. modificare il decreto di fissazione dell'udienza in data 23 novembre 2017 e pronunciare nuovo decreto di fissazione di altra udienza per la discussione della causa; nel merito: - rigettare le domande proposte dal signor (...) perchè infondate in fatto e diritto; in via riconvenzionale - accertato e dichiarato che la signora (...) ha eseguito sull'immobile concesso in comodato tutte le opere dettagliatamente descritte nel computo metrico prodotto, - accertato e dichiarato che dette opere costituiscono miglioramenti ed addizioni, non separabili senza arrecare noncumento all'immobile e che di esso ne hanno determinato un incremento di valore, - condannare il signor (...) a versare la dovuta indennità, da calcolarsi secondo quanto prescritto dagli artt. 1592 e 1593 c.c. e pari ad Euro 99.085,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria od alla maggiore e/o minore somma risultante all'esito dell'istruttoria, da compensarsi con quanto eventualmente dovuto dalla signora (...) a titolo di indennità di occupazione. Con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e competenze di causa. In via istruttoria, la resistente chiede che il Giudice Ill.mo voglia disporre consulenza tecnica d'ufficio al fine di accertare lo stato attuale dell'immobile concesso in comodato dal signor (...) alla signora (...), descrivere le opere dalla stessa fatte eseguire, individuare quelle non separabili, quantificare l'incremento di valore che esse hanno apportato all'immobile de quo e per l'effetto determinare l'indennità di cui agli articoli 1592 e 1593 c.c.. Chiede altresì che il Giudice Ill.mo voglia ammettere interrogatorio formale del signor (...) e prova per testi sui seguenti capitoli: 1) vero che la signora (...) informava il signor (...) di tutte le opere che sarebbero state eseguite nell'immobile concesso in comodato così come dettagliatamente indicate nella relazione a firma geometra (...); 2) vero che rispetto alle predette opere il signor (...) esprimeva il proprio consenso alla loro esecuzione; 3) vero che il signor (...) sottoscriveva denuncia di inizio attività in data 3 novembre 2007; 4) vero che la signora (...) provvedeva al pagamento di tutte le opere eseguite sull'immobile concesso in comodato, come da fatture che Le si mostrano (doc. 4). Indica come teste su tutti i capitoli il geometra (...) con studio in T. (S.). Così incardinatosi il contraddittorio, la causa veniva istruita con acquisizione documentale e c.t.u. volta ad accertare in buona sostanza l'entità ed il valore delle opere di ristrutturazione svolte dalla resistente e all'udienza 7.7.2021 la causa veniva discussa e decisa come da dispositivo. RAGIONI DELLA DECISIONE Quanto al rilascio del bene immobile oggetto di lite, lo stesso è stato sgomberato, onde è al proposito cessata la materia del contendere. Non ritiene il giudicante, alla luce della chiara lettera del contratto di comodato concluso dalla resistente con i genitori del ricorrente, che possa predicarsi la trasformazione della natura negoziale in rapporto locatizio sol perché la resistente vi ha investito grosse cifre nella ristrutturazione, posto che tali esborsi non vanno visti quali corrispettivo del godimento, ma quale mezzo attraverso il quale poter adibire i locali al lavoro di estetista che la stessa resistente intendeva svolgervi. La ponderosa ristrutturazione, pur posta in essere dalla stessa resistente a suo vantaggio -onde poter lavorare nei locali in esame, ristrutturazione peraltro operata con il denaro prestato a titolo gratuito dal suocero, allora proprietario- era stata assentita da parte dell'odierno ricorrente, il quale aveva partecipato alla relativa pratica amministrativo urbanistica, onde lo stesso non può ora pretenderne la riduzione in pristino, posto che le migliorie facevano parte integrante del patto iniziale ed il ricorrente non solo ne aveva contezza, ma vi ha preso parte attiva; non si tratta di modifiche poste in essere dalla comodataria di propria sola iniziativa. Neppure la resistente può pretenderne il rimborso, posto che per previsione contrattuale (oltre che in base alla logica considerazione che la ristrutturazione serviva per il lavoro della stessa) i lavori sarebbero stati a carico della (...) e, ritiene il giudicante, pacta sunt servanda. In ordine alla domanda relativa alla condanna alla indennità di occupazione sine titulo, osserva il giudicante che appare equo ritenere che la resistente non doveva restituire il bene immediatamente, posto che nello scopo del comodato, nella destinazione d'uso del bene, conosciuta e voluta da entrambe le parti, era insita la necessità, in caso di richiesta di restituzione, di un termine di grazia onde poter apprestare il trasferimento del negozio e dell'esercizio svolto, con spostamento di tutte le attrezzature e necessità di rinvenire acconcia nuova sede ("Nel comodato c.d. precario in mancanza di determinazione della sua durata, ove non risulti un termine in relazione all'uso del bene, ancorché il comodatario sia tenuto a restituire la cosa "non appena il comodante la richieda", ai sensi dell'art. 1810 c.c., tale disciplina, configurando un'ipotesi specifica della regola generale prevista nella prima parte dell'art. 1183 c.c., non esclude l'applicazione della disposizione di cui alla seconda parte del citato primo comma dell'art. 1183, con la conseguenza che il giudice, in mancanza di accordo delle parti, possa stabilire il termine per la restituzione della cosa oggetto di comodato, quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione e, in particolare, quando, trattandosi di comodato di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di congrua dilazione per rilasciare vuoto l'immobile e per trovare altra sistemazione abitativa" (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12655 del 17 ottobre 2001). Nel caso concreto, il tempo intercorso tra la disdetta e l'effettivo rilascio appare al giudicante congruo e ragionevole. La parziale soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese di lite e le spese di c.t.u. verranno sopportate da entrambe le parti in ragione della metà ciascuna. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: dichiara cessata la materia del contendere quanto alla richiesta di restituzione del bene immobile; rigetta tutte le rimanenti domande; compensa le spese. Così deciso in Sondrio il 7 luglio 2021. Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dr.ssa Barbara Licitra ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1442/2019 promossa da (...) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE ((...)), con il patrocinio dell'avv. TR.GI. contro (...) - SOCIETA' COOPERATIVA PER AZIONI ((...)), con il patrocinio dell'avv. SC.RO. AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE ((...)), con il patrocinio degli avv.ti TA.MA. e MI.FR. P.G. ((...)), con il patrocinio dell'avv. BO.TI. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione 15.10.2019 (...) S.r.l. in liquidazione, (C.F.: (...)), esponeva: In data 30 giugno 2017, ad istanza della (...) Soc. Coop. per Azioni (di seguito "(...)"), veniva notificato alla società (...) S.r.l. (di seguito "(...)") l'atto di pignoramento immobiliare avente oggetto un fabbricato sito a (...) (S.) (doc. 1). In tale atto di pignoramento immobiliare, veniva indicato che (...) avesse notificato in data 5 maggio 2017 "atti di precetto" a (...), nonostante non risultasse essere mai stata eseguita da (...) tale notifica prodromica all'esecuzione presso la sede legale, all'epoca sita in (...), via P. n. 15, ovvero presso lo studio dell'amministratore giudiziario pro tempore dott. (...). Alla luce di tale circostanza che rendeva addirittura inesistente la notificazione del precetto (oltre alle ulteriori difese nel merito, su cui infra), (...) si vedeva costretta a introdurre un procedimento di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 co. 2 c.p.c. tramite ricorso depositato in data 20 luglio 2017 (doc. 2). Il procedimento di esecuzione e il sub-procedimento di opposizione agli atti esecutivi veniva rubricato al R.G. 90/2017 e assegnato al Giudice Dott. F.. Con provvedimento del 1 agosto 2017 il G.E., valutata la fondatezza della doglianza di nullità dell'atto di precetto formulata da (...) e la sua insanabilità, sospendeva inaudita altera parte la procedura esecutiva, fissando l'udienza di comparizione delle parti al 5 settembre 2017 (doc. 3). (...) provvedeva a notificare il proprio ricorso ed il relativo provvedimento del G.E. a (...) la quale si costituiva nel sub-procedimento depositando la propria comparsa di risposta (doc. 4), sostenendo l'insussistenza della nullità della notifica dell'atto di precetto e, in ogni caso, il raggiungimento dello scopo, nonché ribadendo nel merito la congruità dell'importo precettato e già contestato da (...). Alla medesima udienza, eseguite le formalità preliminari, alla luce del tentativo di trattativa bonaria intercorrente tra le parti finalizzata alla possibile vendita, in tutto o in parte, dell'immobile oggetto della procedura esecutiva immobiliare, il G.E. rinviava la causa al 7 novembre 2017. Successivamente, sempre per i medesimi incombenti, la causa veniva rinviata alle date del 21 febbraio 2018 e del 15 maggio 2018 (doc. 5). Nel frattempo, in data 2 ottobre 2017, il G.E., esaminata la documentazione ipocatastale prodotta da (...), dichiarava il non luogo a provvedere sull'istanza di vendita precedentemente (ma illegittimamente) depositata dallo stesso creditore procedente (doc. 6). In data 27 marzo 2018, considerata la pendenza della procedura, l'Agenzia Delle Entrate-Riscossione interveniva nel giudizio di esecuzione per partecipare alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita degli immobili sino a concorrenza del proprio credito (doc. 7). In data 15 maggio 2018, (...) depositava atto di rinuncia parziale limitatamente ad alcune unità immobiliari oggetto del pignoramento (doc. 8), analogamente, l'Agenzia Delle Entrate-Riscossione depositava atto di rinuncia parziale per le medesime unità immobiliari (doc. 9) e, in data 23 maggio 2018, il G.E. provvedeva a dichiarare l'estinzione della procedura esecutiva immobiliare limitatamente alle unità immobiliari per cui (...) aveva rinunciato (doc. 10). Successivamente, la causa veniva ulteriormente rinviata al 20 settembre 2018, poi al 24 gennaio 2019, poi al 11 luglio 2019 e infine al 11 settembre 2019 (cfr. doc. 5) sempre in pendenza di trattative tra le parti finalizzate a procedere alla vendita delle unità immobiliari con maggiore beneficio per le stesse rispetto a una procedura esecutiva. Nelle more, in data 14 febbraio 2019 interveniva nella procedura esecutiva anche il Notaio P.G. sempre per partecipare alla distribuzione della somma ricavata sino a saldo del proprio credito (doc. 11). Inoltre, (...) e Agenzia delle Entrate - Riscossione provvedevano a depositare ulteriori atti di rinuncia parziale per alcune altre unità immobiliari oggetto del pignoramento (doc. 12) limitatamente alle quali il G.E. provvedeva a dichiarare l'estinzione della procedura esecutiva immobiliare (doc. 13). Si precisa che, nonostante la palese illegittimità della procedura esecutiva per l'insanabile difetto di notifica dell'atto prodromico rilevato anche dal G.E., tutti i plurimi rinvii dettati dal fatto che, da un lato, (...) non accettava di dover ammettere l'illegittimità della procedura esecutiva intrapresa e dall'altro (...) auspicava in una bonaria definizione complessiva della vicenda, tenuto conto delle contestazioni mosse sui conteggi formulati dall'istituto di credito e del deteriorato valore economico dei beni oggetto d'ipoteca. Da ultimo, in esito all'udienza del 11 settembre 2019, con provvedimento comunicato alle parti il 16 settembre 2019, il G.E. dott. F.G. (che aveva sostituito il G.E. Dott.ssa (...), a sua volta subentrata all'originario G.E. F.F., cfr. doc.5), dopo due anni dal provvedimento del dott. F., valutate le deduzioni di (...) (cfr. doc. 4) confermava la sospensione della procedura esecutiva, e fissava il termine perentorio di 30 giorni dalla comunicazione per l'introduzione del giudizio di merito (doc. 14). (...) è pertanto a sua volta costretta all'introduzione del giudizio di merito perché, stante la mancata rinuncia di (...) alla procedura esecutiva nel suo complesso, ha un rilevante interesse ad ottenere una sentenza dichiarativa che neghi definitivamente l'esistenza dei presupposti o comunque l'efficacia attuale dell'azione esecutiva nel suo concreto esercizio, con la conseguente invalidazione degli atti compiuti e la negazione radicale del potere di proseguire il processo esecutivo. L'opponente conveniva in giudizio la (...) Soc. Coop. per Azioni, l'Agenzia delle entrate - Riscossione e lo Studio Notarile Dott. G.P. chiedendo: - in via principale: accertata l'inesistenza e/o la nullità e/o l'assenza della previa regolare notifica dell'atto di precetto e del titolo esecutivo, DICHIARARE la nullità di tutti gli atti alla stessa strettamente collegati, tra i quali l'atto di pignoramento immobiliare notificato alla ricorrente in data 30 giugno 2017, con consequenziale adozione di tutti i provvedimenti di legge, compresa l'estinzione della procedura esecutiva (...)I. n. 90/2017, ordinando a (...) Soc. Coop. per Azioni l'integrale cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare effettuata; - in via subordinata: accertata la fondatezza degli ulteriori motivi di opposizione alla procedura esecutiva, DICHIARARE la nullità totale di tutti gli atti esecutivi effettuati, tra i quali l'atto di pignoramento immobiliare notificato alla ricorrente in data 30 giugno 2017, ovvero la nullità e inefficacia parziale della procedura esecutiva e del pignoramento per le somme eccedenti a quanto effettivamente dovuto, con consequenziale adozione di tutti i provvedimenti di legge, compresa l'estinzione totale o parziale della procedura esecutiva (...)I. n. 90/2017, ordinando a (...) Soc. Coop. per Azioni la integrale o parziale cancellazione della trascrizione del pignoramento immobiliare effettuata; -in ogni caso: ad integrazione e modifica dell'ordinanza comunicata in data 16 settembre 2019 e resa nella procedura esecutiva (...)I. n. 90/17 nella parte in cui non liquida le spese di lite per la fase sommaria dell'opposizione agli atti esecutivi, condannare (...) Soc. Coop. per Azioni, Agenzia delle entrate - Riscossione e Studio Notarile Dott. G.P., in via solidale tra loro, alla rifusione delle spese di lite per tale fase da quantificarsi secondo i parametri medi tabellari (ovvero nella diversa somma ritenuta di giustizia), oltre alle spese generali ai sensi dell'art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, ed oltre agli accessori fiscali e previdenziali come per legge e ferma la distrazione ex art. 93 c.p.c. in favore del sottoscritto procuratore antistatario. Vinte le spese di lite anche del presente procedimento, da liquidarsi ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, oltre alle spese generali ai sensi dell'art. 2 del D.M. n. 55 del 2014, ed oltre agli accessori fiscali e previdenziali come per legge, delle quali l'Avv. Gi.Tr. in qualità di procuratore antistatario, richiede la distrazione in proprio favore. Si costituiva la (...), esponendo: L'atto di precetto notificato in data 5 maggio 2017 all'indirizzo di via (...) 33/A è stato regolarmente ritirato da una persona qualificatosi come al servizio del destinatario addetto alla ricezione delle notificazioni (doc. n. 1). È di tutta evidenza che anche se formalmente la sede legale era stata trasferita per qualche mese altrove, la sede operativa della società ed i recapiti non erano variati poiché in via (...), dove poi è stata nuovamente ritrasferita, c'era ancora una struttura organizzata alla ricezione degli atti della società. L'ipotesi dell'inesistenza giuridica della notificazione ricorre unicamente quando essa sia stata effettuata in modo assolutamente inidoneo a realizzare in alcun modo lo schema tipico dell'istituto, mentre si ha la mera nullità allorché la notificazione sia stata eseguita nei confronti del destinatario mediante consegna in un luogo diverso da quello stabilito dalla legge. Sul punto si sono espresse chiaramente le SS.UU. della Corte du Cassazione con la sentenza n. 14916/2016 che hanno delimitato chiaramente i confini tra inesistenza e nullità della notifica precisando che il luogo della notificazione non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell'atto, con la conseguenza che i vizi relativi all'individuazione di detto luogo, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento con il destinatario, ricadono sempre nell'ambito della nullità dell'atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo a seguito della costituzione della parte intimata, o in conseguenza della rinnovazione nella notificazione (cfr Cass. N. 13562/2017). Nel caso in esame, essendo l'atto stato ritirato da un soggetto che si è qualificato come addetto al ritiro delle notifiche, esisteva più che un riferimento con il destinatario dell'atto che certamente è venuto a conoscenza della notifica. Il principio sancito nell'art. 156 c.p.c. stabilisce che non può essere mai pronunciata la nullità dell'atto quando il medesimo ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. La giurisprudenza sul punto è copiosa ed univoca. Sul punto sgombra ogni dubbio una recente sentenza delle SS.UU. della Cassazione, la n. 7665/2016 in cui viene stabilito che "Il principio sancito in via generale dall'art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, in relazione alle quali la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario. Infatti, la denuncia di vizi formali sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione". L'atto è giunto nella sfera giuridica del destinatario e, comunque, in un luogo non privo di collegamento con la società, con conseguente sanatoria dell'eventuale irregolarità in ragione del raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c. (ex multis Cass. N. 12084/1992,6706/2001, n. 5896/2016, n. 14916/16, n. 4529/2019). In effetti la notifica non risulta neanche irregolare in quanto l'indirizzo di via (...) 33/A risulta espressamente essere il domicilio eletto per l'esecuzione del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 4 del contratto modificativo del mutuo stipulato in data 17.06.2016 dal notaio (...) di S.. Nel predetto atto la società, con sede in via (...) n. 33/A, aveva eletto domicilio presso la sede indicata in atto e, ovviamente, la modifica dell'elezione di domicilio per essere valida nei confronti della (...), avrebbe quantomeno dovuto esserle notificata non essendo sufficiente la mera iscrizione presso la camera di Commercio (doc. n. 2). L'opponente, pertanto, non può lamentare di non avere avuto conoscenza dell'atto in quanto non soltanto il medesimo è stato ritirato da un soggetto appositamente incaricato al ritiro, ma lo stesso è stato notificato al domicilio eletto dalla società relativamente all'esecuzione del contratto di mutuo, per cui si ritiene che la notifica si a regolare e, in ipotesi, sia stato raggiunto lo scopo di portare a conoscenza l'atto al destinatario del medesimo. Del resto la banca, avendo notificato al domicilio eletto appositamente nell'atto di mutuo, aveva adempiuto al contratto in essere fra le parti e essendo ritornato l'atto come regolarmente ritirato da un addetto al ritiro da parte della società, non aveva motivo di ritenere che la notifica non fosse andata a buon fine. 2. IN MERITO ALLA MANCATA NOTIFICA DEL TITOLO ESECUTIVO La doglianza è priva di pregio e va rigettata. Nel caso di specie il titolo esecutivo non è costituito, come erroneamente sostenuto dalla controparte, da un contratto di conto corrente con garanzia ipotecaria, bensì da un contratto di mutuo fondiario, precisamente il contratto a rogito notaio V. di (...) stipulato in data (...) n. rep. (...), n. racc. (...), tra la (...) e la società (...) s.a.s. per Euro 2.000.000,00 (doc. n. 3). Successivamente, con atto del notaio (...) di Desio in data 22.01.2014 la società (...) s.r.l. si accollava il residuo debito del mutuo sopraindicato (doc. n. 5). Con ulteriore atto (...) a rogito notaio T. di S. rep. N. (...), racc. n. (...), la Banca e l'odierna opponente concordavano una modifica dell'originario contratto di mutuo consistente nella proroga della scadenza del mutuo dall'originario 31.07.2025 al 30.04.2029, lasciando invariate tutte le altre condizioni (doc. n. 2). L'art. 41 T.U.B. dispone che nell'esecuzione riguardante i crediti fondiari è escluso l'obbligo della notificazione del titolo contrattuale esecutivo .Nel processo esecutivo per la soddisfazione di un credito fondiario, ex art. 41 T.U.B., la banca non ha quindi obbligo di notificare il titolo e tanto nell'atto di precetto che in quello di pignoramento venivano chiaramente indicati gli estremi del titolo esecutivo e dell'atto parzialmente modificativo, per cui la doglianza è destituita di ogni fondamento. 3 .IN MERITO ALLA ASSERITA INCONGRUITA' DELL'IMPORTO PRECETTATO Anche questa censura è priva di fondamento: intanto parte opponente confonde il credito derivante dal contratto di mutuo per il quale si procede, con il credito derivante da diverso e non azionato finanziamento con garanzia ipotecaria. È evidente che l'importo richiesto con la lettera dell'ottobre 2016 sia diverso da quello precettato per effetto della scadenza di nuove rate e maturazione di interessi moratori. La contestazione, inoltre, è oltremodo generica e non riporta quali e quanti siano gli importi asseritamente pagati e non calcolati, né individua specificatamente i supposti errori nel calcolo del dovuto, tanto da non poter neanche replicare sul punto. Risulta di tutta evidenza che l'importo richiesto con la lettera dell'ottobre 2016 era diverso da quello precettato, per effetto della scadenza di nuove rate e maturazione di interessi moratori. La contestazione, inoltre, è oltremodo generica e non riporta quali e quanti siano gli importi asseritamente pagati e non calcolati, né individua specificatamente i supposti errori nel calcolo del dovuto, tanto da non poter neanche replicare sul punto. 4.IN MERITO ALLA RIUNIONE DEI DUE PROCEDIMENTI Come sopra esposto gli atti di citazione promossi da (...) e (...), si sono incrociati per cui è necessario disporre la riunione dei due giudizi. Si chiede, pertanto sin d'ora, la riunione del giudizio iscritto successivamente (RG n. 1494/19 con udienza al 29.01.2020) con il presente. La convenuta chiedeva: disporre la riunione del presente giudizio con quello incardinato da (...) RG n. 1494/19 - dott.ssa (...) udienza del 29.01.2020; revocare la sospensione dell'esecuzione; nel merito: rigettare l'opposizione perché infondata in fatto ed in diritto. Con ogni più ampia riserva di produrre, dedurre e formulare mezzi di prova entro i termini che verranno all'uopo concessi in corso di giudizio. Con vittoria di spese e di onorari di giudizio. Si costituiva AGENZIA DELLE ENTRATE - RISCOSSIONE esponendo: I) innanzitutto, occorre rilevare come l'Esponente sia completamente privo di qualsivoglia legittimazione passiva, dal momento che, nella fattispecie che ci occupa, risultano formulate eccezioni opponibili solamente nei confronti del (...). Il precetto risulta essere stato notificato il 5/05/17, all'indirizzo di via (...) 33/A, con conseguente ritiro da parte di una persona al servizio della destinataria (doc. 1, fascicolo (...)). Inoltre, sebbene, formalmente, la sede legale fosse stata trasferita per un certo periodo in un luogo diverso, la sede operativa di controparte è sempre rimasta all'indirizzo di cui sopra, permanendovi ancora una struttura organizzata alla ricezione degli atti della società. Pertanto, occorre ribadire come l'unico caso di inesistenza giuridica della notificazione ricorra quando quest'ultima sia stata effettuata in modo assolutamente inidoneo ad adempiere al suo scopo; al contrario, si tratterà di mera invalidità sanabile, quando la notificazione sia stata eseguita nei confronti del destinatario mediante consegna in un luogo diverso da quello stabilito dalla legge. Come se tutto quanto sopra non fosse sufficiente, si consideri il consolidato orientamento della Giurisprudenza, tra cui, ad esempio, si può citare la pronuncia della Suprema Corte, a Sezioni Unite, num. 14916/2016, con cui si è chiaramente delineato il confine tra inesistenza e nullità della notifica, stabilendo che il luogo della notificazione non rientra negli elementi costitutivi essenziali dell'atto. Dunque, i vizi relativi all'individuazione di predetto luogo ricadono costantemente nell'ambito della nullità dell'atto e, come tali, risultano sanabili, con efficacia ex tunc, con il raggiungimento dello scopo a seguito della costituzione della parte intimata, ovvero con rinnovazione nella notificazione, come per altro ha stabilito anche la Cassazione stessa, con la sentenza num. 13562/2017. Nella fattispecie che ci occupa, essendo l'atto stato ritirato da un soggetto idoneo, si può agevolmente dedurre che il reale destinatario dell'atto è venuto, senza dubbio alcuno, a conoscenza della notifica. A conferma di quanto sopra riportato, basta considerare l'assunto dell'Art. 156 c.p.c., stabilente che non può essere mai pronunciata la nullità dell'atto quando il medesimo ha raggiunto lo scopo a cui è destinato. L'atto è giunto nella sfera giuridica del destinatario e, comunque, in un luogo non privo di collegamento con la società, con conseguente sanatoria dell'eventuale irregolarità in ragione del raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c. (ex plurimis Cass. num. 12084/1992, num. 6706/2001). In effetti, nella fattispecie che ci occupa, la notifica non risulta neppure irregolare dal momento che l'indirizzo di via (...) 33/A risulta essere il domicilio eletto per l'esecuzione del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 4 del contratto modificativo del mutuo stipulato in data 17.06.2016. Nel predetto atto controparte, avendo eletto domicilio presso la sede di cui sopra, avrebbe dovuto dare notizia di ciò a MPS, affinché detta modifica potesse realmente essere valida, non essendo sufficiente la mera iscrizione presso la camera di Commercio (doc. 2 fascicolo (...)). E dunque, a nulla rileva l'eccezione avversaria in merito alla mancata conoscenza dell'atto in questione, dal momento che lo stesso è stato ritirato da un soggetto, legittimato in tal senso, al domicilio eletto dalla società per l'esecuzione del contratto di mutuo; per quanto riguarda tutte le restanti eccezioni formulate dall'opponente sul merito e sulla legittimità della pretesa azionata dalla creditrice procedente, l'Esponente non può che ribadire il suo palese difetto di legittimazione passiva. La convenuta chiedeva: REVOCARE la sospensione dell'esecuzione e RESPINGERE ogni e/o qualsiasi domanda proposta dalla Società ricorrente nei confronti dell'Esponente, inammissibile, improcedibile, illegittima, infondata e non provata. VINTE le spese di lite, ivi comprese le competenze professionali di avvocato". Si costituiva il Notaio P.G., esponendo: 1. In data 14 febbraio 2019 il creditore esponente interveniva -munito di titolo esecutivo- nella procedura espropriativa rubricata al n. 90/2017 RGI, all'epoca sospesa con Provv. del 01 agosto 2017 a seguito di opposizione ex art. 617 c.p.c. del 31/07/2017; 2. Con il medesimo provvedimento il GE fissava udienza -quanto al giudizio di opposizione- per il successivo 05/09/2017, cui seguivano rinvii in pendenza di trattative tra il debitore e la creditrice procedente sino al deposito di rinuncia limitatamente a taluni beni oggetto di pignoramento in data 19/04/2019 e del creditore intervenuto Agenzia delle entrate - Riscossione; 3. All'udienza del 11 luglio 2019 il creditore intervenuto, preso atto del deposito delle suddette rinunce parziali, non si opponeva alla cancellazione del pignoramento relativamente agli immobili indicati, al fine di poter addivenire alla vendita dei medesimi mediante trattativa privata (verbale del 11/07/2019); 4. Con provvedimento in data 12 settembre, il Giudice dell'esecuzione fissava termine di giorni 30 per l'introduzione del giudizio di merito, che veniva introdotto mediante notifica a mezzo PEC dell'atto di citazione in data 16 ottobre 2019 con il quale l'esponente veniva convenuto nel presente giudizio dalla società (...) s.r.l. la quale chiedeva l'accertamento in via principale della inesistenza/nullità/assenza della regolare notifica dell'atto di precetto prodromico all'inizio dell'esecuzione forzata e conseguente nullità degli ulteriori atti a questo collegati -tra cui l'atto di pignoramento notificato il 30/06/2017-; DIFETTO DI LEGITTIMAZIONE PASSIVA E' di tutta evidenza come vi sia difetto di legittimazione passiva in capo all'odierno convenuto. A prescindere dalla eccezioni di merito che devono intendersi formulate nei confronti della sola procedente -ad opera della quale è stata eseguita la notificazione dell'atto di precetto oggetto di successiva opposizione-, vale la pena evidenziare come non sussista legittimazione passiva in capo al professionista convenuto. A tal proposito, la stessa Cassazione ha evidenziato come nelle opposizioni agli atti esecutivi, la necessità di integrare il contraddittorio con tutti i soggetti controinteressati rispetto all'azione spiegata dall'opponente deve essere verificata con riferimento al momento della proposizione della domanda (Cassazione civile, sez. III 28 giugno 2019) e cioè nel momento in cui la singola opposizione è instaurata, non rilevando a tal fine gli interventi successivamente dispiegati. Orbene, se consideriamo la natura bifasica dei giudizi oppositivi come la giurisprudenza di legittimità ci insegna, e se si consideri che la prima deve considerarsi a carattere necessario, ne viene che la lite deve considerarsi pendente con deposito del ricorso introduttivo della fase sommaria e non con l'introduzione del giudizio di merito, solo eventuale. Nel caso che ci occupa l'opposizione ex art. 617 c.p.c. è stata introdotta mediante deposito di ricorso in data 31/07/2017, e dunque precedentemente al deposito del ricorso per intervento da parte del notaio P. (14/02/2018). Il difetto di legittimazione passiva rileva persino sotto altro profilo, non avendo la debitrice sollevato eccezioni o contestazioni di sorta al momento del deposito dell'atto di intervento. II TARDIVITA' DELL'OPPOSIZIONE Non può certamente sfuggire come il termine decadenziale di 20 giorni previsto dall'art. 617 II comma c.p.c. per il deposito dell'opposizione non sia stato rispettato dall'opponente. A fronte della notifica dell'atto di pignoramento immobiliare su istanza della procedente in data 30 giugno 2017 -circostanza pacifica-, l'opponente depositava ricorso ai sensi dell'art. 617 II comma c.p.c. solo in data 31 luglio 2017, e dunque ben oltre il termine perentorio previsto dalla predetta norma - cui peraltro espressamente la stessa opponente fa riferimento-. Ne viene pertanto la inammissibilità dell'opposizione e la conseguente dichiarazione di illegittimità del giudizio di merito, con vittoria delle spese. NEL MERITO Quanto al difetto di notifica dell'atto di precetto, senza tuttavia accettarne il contraddittorio se non in subordine alle eccezioni preliminari poc'anzi formulate, vale la pena evidenziare -in aderenza alle difese delle altre parti convenute nel presente giudizio- la infondatezza delle censure mosse dall'opponente. Tale doglianza infatti -per come formulata- deve considerarsi del tutto infondata e persino temeraria per le ragioni che più avanti si andranno ad esporre, oltre che in palese contrasto con le risultanze fattuali. Merita a tal proposito di essere portato all'attenzione del Giudice come (...) assume di non essere venuta a conoscenza della notifica dell'atto di precetto notificato in data 5 maggio 2017 poiché la sede della società era all'epoca trasferita in Via P. n. 15, presso lo studio dell'amministratore Giudiziario. Eppure l'atto di precetto venne ritirato da persona che si qualificò come "addetto alla ricezione delle notificazioni", come si evince dall'avviso di ricevimento che tornò alla Banca mittente (cfr. doc. 1 (...)). Per tale ragione la procedente non tentò notifiche ulteriori, né potè ingenerarsi in capo a questa il dubbio che la sede fosse altrove. Era onere della debitrice semmai rifiutare atti indirizzati presso la vecchia sede legale nel periodo compreso tra 8 febbraio e il 12 luglio 2017 ed approntare tutte le cautele necessarie per permettere di essere reperibile al nuovo indirizzo, soprattutto laddove si consideri che in via (...) 33/A era rimasto ubicato lo studio del dottor P.S., commercialista della società esecutata (come tale risulta dal doc. 15 prodotto dalla nostra controparte in sede di citazione). In data 12/07/2017 la sede legale di (...) venne ritrasferita in Via (...) n. 33/A, presso lo studio del dott. S.. Eppure precedentemente a quella data -30 giugno 2017- sempre in (...), Via (...) 33/A veniva notificato l'atto di pignoramento immobiliare che venne invece consegnato al destinatario -nonostante la sede fosse formalmente trasferita in Via P.- (doc. pignoramento), tanto che poi seguì l'opposizione ex art. 617 c.p.c.. Parrebbe dunque che il luogo ove siano state eseguite le notificazioni (Via (...) 33/A) abbiano sempre e comunque mantenuto un rapporto di continuità con la società esecutata, nonostante il formale trasferimento della sede. Ad ogni modo, sarà onere della opponente provare che la persona che si qualificò come addetta al ritiro, non era addetta a tale incombente per non averne ricevuto incarico. Del resto, è la stessa Cassazione che prevede che il contenuto della dichiarazione di chi si sia qualificato "addetto" alla ricezione è assistito da presunzione "iuris tantum", che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell'attività di notificazione (Cass. 7306/2016). A ciò si aggiunga la ulteriore circostanza che l'indirizzo di via (...) 33/A risulta essere il domicilio eletto per l'esecuzione del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 4 del contratto modificativo del mutuo stipulato in data 17 giugno 2016. SULLA CONDANNA ALLE SPESE Non si ravvisa davvero ragione alcuna che giustifichi la richiesta di una condanna alle spese di lite in solito con la procedente, laddove l'atteggiamento processuale della parte intervenuta si è sempre conformato alla correttezza, nel rispetto -e questo parrebbe davvero superfluo doverlo ribadire- delle rispettive ragioni/posizioni processuali (doc. 3). Il convenuto chiedeva: previa revoca della sospensione del processo esecutivo n. 90/2017 RGE: - pregiudizialmente: dichiarare il difetto di legittimazione passiva in capo all'odierno convenuto; - preliminarmente: dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione per l'effetto l'illegittimità del presente giudizio, vinte le spese di lite; - nel merito: respingere le domande poiché infondate, col favore delle spese. Anticipazioni, spese, competenze ed onorari di causa rifusi, oltre il contributo ex art. 11 L. n. 576 del 1980 ed oltre I.V.A. come per legge. Così incardinatosi il contraddittorio, la causa veniva istruita con acquisizione documentale e all'udienza 3.3.2021 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti come sopra riportate. RAGIONI DELLA DECISIONE L'opposizione non appare meritevole di accoglimento, per le seguenti ragioni. In particolare, non coglie nel segno l'argomentazione a mente della quale la notifica dell'atto di precetto sarebbe nulla/inesistente. L'atto di precetto notificato in data 5 maggio 2017 all'indirizzo di via (...) 33/A, invero, è stato regolarmente ritirato da una persona qualificatosi come al servizio del destinatario addetto alla ricezione delle notificazioni e pertanto, anche se formalmente la sede legale era stata trasferita solo temporaneamente altrove, la sede operativa della società ed i recapiti non erano variati poiché in via (...), dove poi è stata nuovamente ritrasferita, c'era ancora una struttura organizzata alla ricezione degli atti della società. Non può nel caso di specie sostenersi l'inesistenza della notifica, posto che l'atto è stato ritirato da un soggetto che si è qualificato come addetto al ritiro delle notifiche e secondo la comune esperienza ha poi comunicato la circostanza al destinatario. Spettava al destinatario, odierno opponente, dimostrare che quell'indirizzo non era più idoneo recapito ufficiale per le notificazioni. In base al disposto di cui all'art. 156 c.p.c., poi, non può essere mai pronunciata la nullità dell'atto quando il medesimo ha raggiunto lo scopo a cui è destinato: "Il principio sancito in via generale dall'art. 156 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l'atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, in relazione alle quali la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l'atto, malgrado l'irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario. Infatti, la denuncia di vizi formali sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l'interesse all'astratta regolarità del processo, ma garantisce solo l'eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione" (Cass. sez u., 18.4.2016, n. 7665). L'atto è giunto nella sfera giuridica del destinatario e, comunque, in un luogo non privo di collegamento con la società, con conseguente sanatoria dell'eventuale irregolarità in ragione del raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c. Il contraddittorio si è invero ritualmente e correttamente incardinato. L'indirizzo di via (...) 33/A, ancora, era il domicilio eletto per l'esecuzione del contratto di mutuo ai sensi dell'art. 4 del contratto modificativo del mutuo stipulato in data 17.06.2016 dal notaio (...) di S.. Nel predetto atto la società, con sede in via (...) n. 33/A, aveva eletto domicilio presso la sede indicata in atto e la modifica dell'elezione di domicilio, per essere valida nei confronti della (...), avrebbe dovuto essere notificata non essendo sufficiente la mera iscrizione presso la camera di Commercio. La notifica si ritiene pertanto regolare e comunque la Banca, secondo la diligenza del buon padre di famiglia, era correttamente convinta in buona fede della perfetta avvenuta ricezione. Nel processo esecutivo per la soddisfazione di un credito fondiario, ex art. 41 T.U.B., la banca non ha poi obbligo di notificare il titolo e tanto nell'atto di precetto quanto in quello di pignoramento venivano chiaramente indicati gli estremi del titolo esecutivo e dell'atto parzialmente modificativo. Alla luce di tali assorbenti considerazioni, l'opposizione si appalesa inammissibile e come tale viene rigettata con conseguente statuizione in ordine alle spese. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: rigetta l'opposizione; condanna parte opponente alla rifusione delle spese di lite di parte convenuta, liquidate in Euro 41.566,75 ciascuna, oltre Euro 3.764,00 per la fase introduttiva nel procedimento riunito n. 1494/2019, in favore di (...), oltre accessori di legge e successive. Così deciso in Sondrio il 19 giugno 2021. Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice dr.ssa Barbara Licitra ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1357/2018 promossa da (...) ((...)), con il patrocinio degli avv.ti CE.TE. e RI.DA. contro (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. CO.GI. e (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. DI.ST. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione 10.9.2018 (...) conveniva in giudizio (...) e (...), chiedendone la condanna, ai sensi dell'art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni patiti nel sinistro occorso in data 1.12.2016, per un valore di Euro 326,448,10, oltre interessi e rivalutazione e ristoro spese di lite. Esponeva l'attore: in data 1.12.2016 stipulava con i convenuti contratto di locazione di un immobile in L.; la sera del detto giorno, verso le 23, al rientro a casa, nel percorrere il tratto di strada adiacente la rampa di accesso al garage interrato camminando parallelamente al muretto che delimita la rampa, in assenza totale di illuminazione, inciampava urtando il piede sinistro contro il detto muretto, sporgente da terra 15/18 cm, nel punto in cui il muretto deviava per convergere verso l'interno della attigua strada, con un angolo acuto di 30 gradi; l'attore precipitava all'interno della rampa, non essendo presenti delimitazioni, da un'altezza di 1,75 metri, riportando gravissime lesioni; nei giorni seguenti la rampa veniva delimitata da un parapetto in legno. Con comparsa di risposta 14.1.2019 si costituiva (...), esponendo: La dinamica della caduta riferita dall'attore appare già prima facie poco verosimile, avendo a mente i luoghi ove il fatto sarebbe avvenuto. Non vi era, infatti, alcun motivo che potesse condurre il signor (...) a transitare a ridosso della rampa di accesso ai garage di proprietà del signor (...), posto che l'attore non aveva in locazione alcuna autorimessa e la porta di accesso all'appartamento condotto in locazione dal signor (...) si trova, infatti, sull'altro lato dell'edificio. Dunque, quand'anche fosse vero che gli accompagnatori dell'attore abbiano posteggiato la vettura nella strada posta sul retro della rampa di acceso ai garage (quella che si vede nel doc. 1 prodotto dall'attore), come si afferma in citazione, è di tutta evidenza che lo stesso non avrebbe avuto alcuna necessità di attraversare la strada per costeggiare prima il muro dell'adiacente abitazione e quindi il muretto che delimita la rampa di accesso per raggiungere l'ingresso della propria abitazione, che si trova ben oltre detta rampa e che è raggiungibile semplicemente percorrendo il centro della strada. A ciò si aggiunga che né il signor (...) né i suoi familiari (moglie e figli), che occupano l'appartamento posto al primo primo dell'edifico e che dà sulla rampa, hanno udito alcun rumore, lamento od altro, il che appare davvero singolare in considerazione della gravità delle lesioni riportate dall'attore e del conseguente intervento del 118. Alle riferite incongruenze oggettive attinenti al fatto in sé, se ne aggiungono almeno altre due che riguardano la condotta successiva al fatto dell'attore. In primo luogo, il signor (...) ha riferito ai sanitari che l'ebbero in cura versioni contraddittorie del fatto, in un primo tempo dichiarando di essere caduto da una altezza di tre metri (cfr. Relazione di Soccorso del 118: doc. 7 attore, foglio (...)) e, successivamente, di essere semplicemente "scivolato" (cfr. doc. 7, foglio (...): "il paziente è scivolato su una rampa ed ha battuto l'addome"). Certamente questa seconda dinamica di infortunio, che guarda caso non coinvolge la responsabilità di terzi, è perfettamente coerente con la tipologia di lesioni riportate dall'attore (lesione alla milza, in assenza di fratture). Lo stesso non si può invece dire della diversa dinamica riferita (caduta dall'alto): se davvero l'attore fosse caduto da un'altezza di ca. due metri, come egli afferma in citazione, battendo su una rampa di cemento, lo stesso avrebbe verosimilmente riportato le gravi fatture che un simile impatto, secondo l'id quoad plreumque accidit, provoca (di norma cadute di tal genere provocano plurime fratture ossee, spesso gravissime, mentre nel nostro caso l'attore ha riportato dei semplici traumi che non hanno richiesto alcun particolare trattamento). Non sarà, infine, irrilevante osservare come il signor (...), che dopo l'infortunio ha continuato a vivere nell'appartamento di proprietà del convenuto, non abbia mai fatto alcuna menzione del presunto infortunio al signor (...). Tale comportamento, altrimenti inspiegabile, si giustifica invece con la consapevolezza in capo all'attore di avere riportato un infortunio (per essere scivolato od in altro modo) che non coinvolgeva in alcun modo la responsabilità del (...). E' dunque lecito supporre che l'attore, con il passare delle settimane, possa avere "meditato" sulla possibilità di ottenere un risarcimento: il signor (...), infatti, ha avuto notizia dell'infortunio solo nel marzo 2017, oltre tre mesi dopo il fatto, e solo attraverso la formale comunicazione inviata dal legale del signor (...) (cfr. doc. 5 attore). Ciò detto, non può che in questa sede ribadirsi la ferma contestazione del fatto così come riportato dall'attore. La responsabilità. In diritto, si rileva come la domanda risarcitoria proposta sarebbe comunque infondata quand'anche fosse provata la dinamica di infortunio riferita dall'attore. Come noto, la responsabilità del custode/proprietario ex art. 2051 c.c. è esclusa dal caso fortuito, che ricomprende anche il fatto dello stesso danneggiato. Nel caso di specie, l'infortunio sarebbe comunque ascrivibile alla colpa del danneggiato, il quale ha autonomamente generato una situazione di pericolo (transitando verso la rampa di accesso al garage) che avrebbe potuto, e dovuto, evitare semplicemente adottando una condotta ordinariamente diligente che, per quanto si è già sopra detto, lo avrebbe portato a transitare ben distante dalla rampa stessa, per raggiungere la propria abitazione. In sintesi: l'attore, probabilmente poco lucido per gli effetti della serata passata con gli amici, ha posto in essere un comportamento gravemente negligente, seguendo un percorso del tutto illogico e affatto necessario per raggiungere la propria abitazione, così determinando l'infortunio rispetto al quale il muretto rappresenta mera occasione oggettiva e non causa. La domanda risarcitoria avanzata dall'attore non potrà pertanto che essere rigettata. L'enorme richiesta risarcitoria formulata dall'attore -attraverso l'esposizione di voci di danno inesistenti (il danno morale, come noto, non può essere liquidato autonomamente ed in aggiunta al danno non patrimoniale, che già lo comprende...) e la loro duplicazione- è coerente con la natura speculatoria dell'azione promossa. In particolare, si contesta in toto il contenuto della relazione medico-legale di parte depositata dall'attore che, a tacere del resto, fa riferimento a lesioni (contusione cervicale, contusione lombare, trauma cranico) e patologie (disturbo d'ansia) che non hanno alcun collegamento eziologico con il sinistro de quo. Si contesta, dunque, l'entità dei danni fisici risarcibili, sia sotto il profilo del danno biologico temporaneo che dell'invalidità permanente. Il convenuto chiedeva: NEL MERITO: In via principale: accertare e dichiarare che il convenuto non è responsabile, né ex art. 2051 c.c. né ad alcun altro titolo (2043 c.c. od altro) dell'infortunio asseritamente occorso all'attore in data 01/12/2016 e, per la conseguenza, respingere ogni e qualsiasi domanda da costui proposta. In via subordinata: liquidare all'attore i danni che saranno provati ad istruttoria esperita, anche in ragione di un suo eventuale concorso di colpa nella causazione dell'evento lesivo. Spese e compensi di causa (oltre accessori e successive) rifusi. Con comparsa di risposta 20.12.2018 si costituiva (...), esponendo: In primo luogo, si eccepisce il difetto di legittimazione passiva della sig.ra (...) rispetto alle domande contenute nell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio. La stessa, infatti, non risulta proprietaria né dell'area in cui il sig. (...) avrebbe parcheggiato l'autovettura, né dell'autorimessa cui conduce la rampa ove sarebbe rovinosamente caduto il sig. (...), inciampando nel muretto che delimita la stessa rispetto alla contigua strada, né tantomeno dell'immobile adiacente, sito in L. via D. 33, ove il sig. (...) aveva preso in locazione un alloggio. Ciò si evince chiaramente dalla visura catastale relativa al sig. (...), allegata sub. doc. 1, pagina 8-9: l'immobile (suddiviso in più appartamenti, di cui uno abitato dai coniugi (...)-(...)) sito in L., via D. e l'adiacente autorimessa, risultano tutti di proprietà esclusiva del sig. (...), coniuge della sig.ra (...). Inoltre, il contratto di locazione dell'alloggio (doc.2) in cui abitava il sig. (...), meglio identificato al Fg. (...) part. (...) sub. (...) (si veda pagina 10 della visura catastale sub. doc. 1), sito in L. via D. 33, è stato stipulato esclusivamente con il sig. (...), in quanto appunto esclusivo proprietario. Non si comprende, dunque, come la sig.ra (...) possa essere ritenuta responsabile dell'infortunio occorso al sig. (...) "quale proprietario e custode ex art. 2051 c.c." (si veda pag. 4 atto di citazione). Nessun titolo di responsabilità può, dunque, essere ravvisato in capo alla sig.ra (...), che è del tutto estranea alla vicenda per cui è causa. Fermo restando il valore assorbente della precedente eccezione, per mero tuziorismo difensivo si contesta nel merito la ricostruzione della dinamica del sinistro operata da controparte, che si presta invero a numerosi rilievi critici. La convenuta chiedeva: in via preliminare: accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva della sig.ra (...) in riferimento alle domande azionate dall'attore nel presente giudizio, con ogni conseguenza di legge; - nel merito: respingere le domande attoree in quanto infondate in fatto e in diritto. - in ogni caso: con vittoria di spese e compensi professionali, oltre CPA come per legge. Così incardinatosi il contraddittorio, con ordinanza 4.5.2019 veniva così statuito: rilevato che i beni oggetto di causa appartengono in via esclusiva a (...), dispone l'estromissione di (...), riservando al termine la decisione sulle spese di lite.... La causa veniva istruita con assunzione di prove orali e c.t.u. medica e all'udienza 18.12.2020 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti, come sopra riportate. Ragioni della decisione Le domande attoree non meritano accoglimento. La responsabilità ex art. 2051 c.c., derivante dalla custodia di una cosa, dalla quale origina l'evento dannoso, presuppone, per costante giurisprudenza e, ancor prima, per via logica, un comportamento responsabile e consapevole del danneggiato. Diversamente ragionando, la responsabilità in esame costituirebbe una sorta di ingiustificata e generalizzata dispensa da un contegno ispirato a buon senso, buona fede e conoscenza dei pericoli, quale è lecito attendersi dall'uomo di media diligenza. Tenendo quale guida tale condivisibile principio, nel caso di specie si osserva che l'attore non aveva in locazione alcun garage nell'immobile, non aveva dunque necessità di avviarsi verso la rampa che conduceva alle autorimesse, soprattutto in presenza di una comoda e sicura alternativa. La via che conduceva ai garage era priva di idonea illuminazione, tanto viene sostenuto dall'attore e dai testimoni dallo stesso introdotti. Una buona ragione per non avventurarvisi. Tanto più che l'attore non conosceva i luoghi, essendo appena arrivato. Per raggiungere la propria unità abitativa, l'attore aveva a disposizione un percorso diretto, largo, sicuro, illuminato. Prescindendo, pertanto, dalla reale dinamica dei fatti ((non chiarissima date le incongruenze nel racconto e le contraddittorie versioni fornite dallo stesso attore ai sanitari ai quali si è rivolto, come evidenziato dal convenuto (...); data la circostanza per cui, inspiegabilmente, a fronte di un incidente così grave, nessuno nelle immediate vicinanze risulta che sentì rumore, né grida; dato il fatto, piuttosto strano in base all'id quoad plerumque accidit, che l'attore, poi, nonostante l'accaduto, sia rimasto a soggiornare nell'appartamento avuto in locazione per un po' di tempo, come dallo stesso affermato, senza dire nulla al locatore, inviandogli una lettera da parte del proprio legale una volta saputo che era assicurato; mentre il locatore seppe del sinistro solo in seguito, tramite la lettera indirizzatagli dal legale dell'attore)), resta la assorbente osservazione per cui il contegno, imprudente, dell'attore ha integrato quel caso fortuito che, ai sensi dell'art. 2051c.c., è idoneo a spezzare il nesso di causalità tra cosa ed evento e a far degradare la cosa, dalla quale è originato l'evento stesso, da causa a mera occasione (Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Ordinanza 1 febbraio 2018, n. 2481). Neppure l'attore può invocare la responsabilità del convenuto si sensi dell'art. 2043 c.c., che richiede rigorosa prova della colpa, oltre che del nesso di causalità tra la condotta colposa e l'evento. In particolare, non si ravvisa profilo colposo nella gestione della rampa in oggetto, posto che, come noto, la colpa va ravvisata nella misura in cui una condotta (negligente, imprudente, imperita o posta in violazione di norme prudenziali) cagiona proprio uno di quegli eventi che il precetto era destinato a scongiurare. Nel caso di specie, il convenuto non era tenuto a porre in essere protezioni specifiche contro il rischio (che l'attore si è assunto volontariamente e inutilmente) che un estraneo si determinasse a percorrere al buio un transito sconosciuto e non pertinente alle facoltà concesse con il contratto di locazione. Le domande attoree vengono per tali motivi rigettate mentre le spese seguono il principio della soccombenza; anche in relazione al rapporto processuale con (...), la quale, con l'utilizzo della normale diligenza, non avrebbe dovuto essere citata in giudizio, posto che né era proprietaria del bene immobile in questione, né era parte del contratto di locazione concluso dall'attore e tali circostanze di fatto erano agevolmente estrapolabili da parte dell'attore. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: rigetta la domanda attorea; condanna l'attore alla rifusione delle spese di lite a carico delle parti convenute, liquidate in euro 5.227,00 quanto a (...) (Euro 3.000,00 per la fase di studio, Euro 2.227,00 per la fase introduttiva, nulla per le fasi successive, essendo stata disposta l'estromissione della convenuta prima dell'inizio della fase istruttoria), oltre ristoro forfettario spese e accessori di legge; euro 17.500,00 quanto a (...) (Euro 3.000,00 per la fase di studio, Euro 2.500,00 per la fase introduttiva, Euro 7.000,00 per la fase di trattazione/istruttoria, Euro 5.000,00 per la fase decisionale), oltre ristoro forfettario spese, accessori di legge e successive occorrende; pone definitivamente a carico dell'attore le spese di CTU. Così deciso in Sondrio il 7 aprile 2021. Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2021.

  • TRIBUNALE DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione collegiale, nelle persone dei Magistrati: Barbara Licitra - Presidente Sara Cargasacchi - Giudice Michele Posio - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. R.G. 332/2017 promossa da (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. MA.PA. contro (...) ((...)), con il patrocinio dell'avv. MA.MA. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE Con ricorso 10.3.2017 (...) conveniva in giudizio (...) chiedendo di poter riconoscere la figlia minore (...), nata a (...) l'(...), che la figlia assumesse il cognome (...) o che in subordine che il cognome (...) venisse anteposto a quello della madre (...), o in estremo subordine che il cognome (...) venisse aggiunto a quello della madre (...); chiedeva che fosse disposto l'affidamento condiviso della minore ad entrambi i genitori, laddove ritenuto opportuno, con collocamento provvisorio presso la madre, prevedendo adeguato diritto di visita al padre. Esponeva il ricorrente: il sig. (...) ha avuto una relazione con la sig.ra (...), dalla quale è nato il (...) (...),a (...) il (...); i due hanno interrotto la relazione affettiva nel mese di ottobre 2016, quando tuttavia la sig.ra (...) era nuovamente incinta di circa sei mesi; è attualmente in corso un giudizio tra il sig. (...) e la sig.ra (...), molto complesso, avanti al Tribunale di Sondrio (n. 821/2016 V.G.) relativo all'affidamento ed alle modalità di gestione del minore (...); attualmente (...) è affidato all'Ente (Comune di Albosaggia, e dunque Ufficio di Piano di Sondrio), con collocazione presso il padre nell'abitazione della famiglia in (...); in quel giudizio la sig.ra (...) ha esordito dichiarando di essere incinta di una bambina, la cui paternità è da ascrivere al compagno sig. R., e che la gravidanza è stata voluta da entrambi; la bambina nasceva l'11 gennaio 2017, prima della data prevista per il parto (che scopriamo essere stata il 21 gennaio, poiché la madre, ripetutamente interrogata sul punto, non ha fornito che risposte evasive), e veniva chiamata (...); il sig. (...) è stato avvisato dell'evento dall'assistente sociale; la sig.ra (...) ha subito riconosciuto la bambina, dandole il proprio cognome, spiegando ai medici che invece il (...) non la voleva riconoscere; il padre era invece intenzionato a riconoscere la piccola, non vi sono stati problemi alle frequentazioni con (...), sin tanto che è rimasta ricoverata in Ospedale; da quel momento in avanti il sig. (...) ha chiesto reiteratamente alla (...) di poter riconoscere la bambina, ma la (...) ha rifiutato di prestare il proprio consenso, sostenendo che prima dovevano ricominciare a parlare; pertanto, nonostante le reiterate richieste da parte del (...), la (...) non gli ha mai consentito di riconoscere la figlia, men che meno di vederla. Si costituiva (...), contestando quanto asserito dal ricorrente, specificando di aver avuto una relazione sentimentale con il sig. (...) per circa 10 anni; da tale rapporto nasceva (...) (17.07.2011) voluto da entrambi i genitori, così come la piccola (...) nata l'(...); la storia d'amore terminava a causa della relazione extra"coniugale" del (...) con la sig.ra (...) che ha avuto inizio ben prima che la resistente rimanesse incinta della seconda figlia; la madre (...) mai aveva vietato al (...) di riconoscere la figlia (...), nata a (...) in data (...); il problema iniziale è stato solamente uno ed unicamente uno: alla nascita della bambina, la madre aveva il terrore che il padre potesse comportarsi con (...) come aveva fatto con il piccolo (...),sottraendole la bambina senza motivazione alcuna; (...) mai si era interessato alla figlia G.. Così incardinatosi il contraddittorio, con sentenza non definitiva 11.10.2017 veniva così statuito: 1. accertate la volontà espressa da (...) di riconoscere la figlia (...) e la mancata opposizione di (...) al predetto riconoscimento, dichiara il riconoscimento da parte di (...) della figlia (...), disponendo che l'Ufficiale di Stato Civile competente proceda alla relativa annotazione sull'atto di nascita della minore ed alle ulteriori incombenze di legge; 2. dispone con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio per l'adozione dei provvedimenti in relazione all'affidamento, al mantenimento ed al cognome della minore; 3. riserva la decisione sulle spese di lite alla pronuncia della sentenza definitiva. Con ordinanza 1.10.2018 veniva così statuito: ritenuta la necessità di conferire incarico ai Servizi Sociali onde valutare i rapporti familiari dei soggetti interessati, in particolare le capacità genitoriali di entrambi i genitori al precipuo fine di appurare le migliori modalità di gestione della prole, in punto affidamento e collocazione, manda ai Servizi Sociali di Sondrio di svolgere indagini in merito... Con relazione 18.1.2019 i Servizi Sociali di Sondrio, sottoposto a dettagliata analisi il nucleo in esame, dato atto della pesante situazione di conflittualità tra i genitori, proponevano un percorso per il padre idoneo da un lato ad avvicinarsi con gradualità ed in modalità inizialmente protette alla figlia (...), e, dall'altro, ad incrementarne le funzioni genitoriali. Con relazione 22.1.2019 i Servizi evidenziavano un sostanziale disinteresse del padre anche nei confronti del piccolo (...). La causa era già a decisione, quando veniva rimessa in istruttoria con l'ordinanza 27.1.2020, del seguente tenore: rilevato che nel presente procedimento si discute tra l'altro di decadenza dalla potestà genitoriale del padre, osservato che in tema di rappresentanza legale del minore nel giudizio che abbia ad oggetto la decadenza della responsabilità genitoriale si è di recente pronunciata la Corte Suprema (cfr. ordinanza 12 novembre 2018 n. 29001), reputato che in virtù di tale insegnamento, nel presente procedimento si è verificato un errore processuale consistente nella mancata nomina di un curatore al minore, che comporta necessariamente la rimessione della causa in istruttoria, considerato che invero nel procedimento ex art. 336 cod. civ., sebbene non prettamente contenzioso, il figlio minore, come pure i genitori, è parte necessaria del giudizio e pertanto la mancata integrazione del contraddittorio nei suoi confronti comporta la nullità del procedimento stesso, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 354, comma 1, cod. proc. civ. (cfr. Cass. Civ. n. 5256/2018 e Cass. Civ. n. 6644 del 2018), atteso che infatti secondo le recenti pronunce sul tema, nei cd. giudizi de potestate la posizione del figlio è sempre contrapposta a quella di entrambi i genitori, anche quando il provvedimento sia richiesto nei confronti di uno solo di essi, perché non si può capire ex ante se c'è concomitanza di interesse del minore con quello dell'altro genitore, ritenuto che debba essere applicato dunque il principio secondo cui è ravvisabile conflitto di interessi tra chi è incapace di stare in giudizio personalmente e il suo rappresentante legale ogni volta che l'incompatibilità delle loro rispettive posizioni è anche solo potenziale, e di conseguenza è necessaria la nomina d'ufficio di un curatore speciale che rappresenti e assista l'incapace (art. 78, comma 2, cod. proc. civ.). P.Q.M. dispone la rimessione della causa in istruttoria, invitando le parti a prendere posizione sul tema. Con ordinanza 2.7.2020 veniva poi così statuito: considerato che attualmente la figlia (...) si trova collocata presso la madre e che, salve le ulteriori determinazioni in punto affidamento, collocazione, diritti di visita e mantenimento della minore, allo stato appare equo statuire un assegno da versare a titolo di contributo al mantenimento della stessa in capo al padre, valutate le circostanze del caso concreto e in particolare l'età della bimba, nata nel gennaio 2017, le capacità reddituali delle parti come ora emergenti dagli atti, DISPONE che il padre versi a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore (...) l'assegno di Euro 150,00 mensili, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al 50% delle spese straordinarie, a partire dal mese di novembre 2017. Con ordinanza 21.10.2020 veniva così statuito: atteso che le parti hanno dichiarato di aver trovato accordo su tutti i punti della controversia, compresa la decadenza dalla potestà genitoriale in capo al padre e l'assegnazione alla figlia del solo cognome della madre, fatta eccezione per il mantenimento della minore; che l'avv. (...) ha chiesto che venga sin da ora pronunciato l'affidamento esclusivo della figlia minore alla madre, per esigenze di salute, scolastiche e simili, relative alla bambina; nonché termine per l'individuazione del curatore per la minore; tenuto conto dell'atteggiamento di totale disinteresse dimostrato dal padre nei confronti della figlia minore, della cui paternità aveva purtuttavia chiesto il riconoscimento; rilevato che tale atteggiamento appare gravemente ostativo in relazioni alle necessità di provvedere alla gestione della bimba sotto il profilo delle sue necessità scolastiche, di salute e simili, comportando una situazione di stallo ove sia necessario il consenso di entrambi i genitori; considerato che pertanto allo stato appare necessario disporre l'affido esclusivo della minore alla madre, al quale il padre non si è opposto; osservato che va concesso il termine chiesto da parte convenuta onde poter individuare la persona del curatore che rappresenti gli interessi della minore in relazione alla richiesta di revoca della potestà genitoriale in capo al padre, che pure ha aderito a tale richiesta; DISPONE l'affidamento esclusivo della figlia minore alla madre; CONCEDE termine per l'individuazione del curatore della minore sino al 15.11.2020; RISERVA all'esito la nomina del curatore e la fissazione della udienza per il conferimento dell'incarico e per la acquisizione delle determinazioni del curatore. Con memoria 29.10.2020 la convenuta dichiarava di voler allo stato soprassedere alla domanda di decadenza della responsabilità genitoriale del marito. All'udienza 9.12.2020 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti come sopra riportate. RAGIONI DELLA DECISIONE Il presente procedimento nasce con un'azione per il riconoscimento della paternità in capo all'attore, tema sul quale è già stata pronunciata sentenza. Nella estrema conflittualità che affligge il rapporto genitoriale, testimoniata dalla condotta processuale delle parti nel presente procedimento e dalla pendenza di altri giudizi, anche penali, cagionati dalle tormentatissime relazioni in essere tra i genitori e le rispettive famiglie, emerge comunque la volontà paterna, ferma al di là delle motivazioni che la sorreggono, di lasciare gestire completamente la figlia (...) alla madre. Le parti sostanzialmente concordano sull'affidamento esclusivo della minore alla madre, sul suo collocamento presso la stessa ed il collegio ritiene di accogliere tali richieste, posto che appare conforme all'interesse della minore una gestione della sua odierna esistenza al di fuori della pesante litigiosità che connota il rapporto genitoriale e tenuto conto del completo disinteresse paterno. Concordi sono attualmente i genitori sul mantenimento del cognome materno in capo alla piccola (...). Quanto al contributo al mantenimento della stessa, l'affidamento esclusivo ad uno dei genitori è noto che non costituisce motivo per esentare il genitore non affidatario dall'obbligo di partecipare al doveroso compito di fornire ai figli il sostentamento ed il supporto anche economico necessario, in proporzione alle proprie capacità. Orbene, tenuto conto delle condizioni economiche del (...), che ha dimostrato di versare in condizioni disagiate per le vicende non floride della propria ditta individuale, tenuto conto del suo nuovo nucleo familiare e della nascita in tale ambito di un nuovo figlio, posto che anche per il mantenimento dell'altro figlio avuto con la convenuta, (...),collocato presso la madre, l'attore è stato gravato dell'obbligo di un contributo al mantenimento parti ad Euro 150,00, il collegio reputa equo e conforme statuire la medesima somma anche per la piccola (...), come già stabilito con ordinanza. La decorrenza coinciderà con la data della domanda, posto che in precedenza nulla era stato chiesto ed anzi la madre, per asserite ma non dimostrate ragioni di tutela della figlia, aveva escluso ogni tipo di partecipazione paterna. Le spese straordinarie dovranno essere possibilmente previamente concordate, compatibilmente con l'urgenza delle singole decisioni. Le spese di lite vengono compensate, stante la parziale soccombenza reciproca sulle diverse questioni trattate anche con la precedente sentenza. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa, così provvede: AFFIDA (...) in modo esclusivo alla madre, che potrà adottare tutte le decisioni di maggiore importanza inerenti la figlia minore; DISPONE il collocamento della figlia (...) presso la madre; PONE a carico del padre l'obbligo di versare, a titolo di contributo al mantenimento della figlia minore, l'assegno mensile di Euro 150,00, rivalutabile annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre il 50% delle spese straordinarie, con decorrenza dalla data della domanda; compensa le spese di lite. Così deciso in Sondrio il 26 marzo 2021. Depositata in Cancelleria il 26 marzo 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Federica Minervini ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r. g. 711/2018 promossa da: (...), rappresentato e difeso dai avv.ti (...) in virtù di procura posta a corredo dell'atto introduttivo ATTORE contro (...), rappresentato e difeso dagli avv.ti (...) in virtù di procura posta a corredo della comparsa di costituzione e risposta (...) entrambi rappresentati e difesi dall'avv. (...) in virtù di procura posta a corredo della comparsa di costituzione e risposta CONVENUTI Oggetto: Responsabilità dei genitori, dei tutori e dei maestri (art. 2048 c.c.) CONCLUSIONI Precisate all'udienza del 11.11.2020 omissis Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. Luca conveniva in giudizio il sig. (...) nonché i di lui genitori sigg.ri (...) per ottenerne la condanna, in solido tra loro, al risarcimento dei danni, di natura non patrimoniale, patiti in conseguenza delle condotte illecite poste in essere dal primo in quattro distinti episodi specificamente narrati. Si costituivano i convenuti contestando la pretesa attorea sotto il profilo del quantum risarcitorio dedotto ad oggetto di domanda e dichiarandosi disponibili a offrire banco iudicis la somma di Euro 10.000,00, da intendersi ad integrale tacitazione della richiesta risarcitoria del sig. (...). Alla prima udienza di comparizione i convenuti effettuavano la preannunciata offerta banco iudicis che veniva, tuttavia, rifiutata dal difensore della parte attrice, con restituzione dell'assegno non trattenuto in acconto dall'attore. Depositate le memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c., il giudice, su richiesta della parte attrice, formulava proposta conciliativa ex art. 185-bis c.p.c. del seguente tenore: "Definizione della vertenza mediante pagamento, ad opera della parte convenuta ed in favore della parte attrice, della somma di Euro 14.500,00. Spese legali integralmente compensate". Detta proposta veniva accettata dall'attore e rifiutata dai convenuti. Disattese quindi le istanze istruttorie avanzate dalla parte convenuta con motivata ordinanza in data 20.2.2020, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 11.11.2020 ed ivi trattenuta in decisione previa assegnazione alle parti dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali. La domanda attorea risulta fondata e meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito esposte. Si osserva in primo luogo come le condotte illecite ascritte al Stefano non siano state contestate dalla parte convenuta, risultando pertanto pacifiche in causa ed in ogni caso adeguatamente documentate dalle risultanze in atti. Tali condotte hanno avuto luogo nel corso di quattro distinti episodi, assumendo peraltro specifico rilievo penale con particolare riferimento ai fatti accaduti in data 2.10.2015 e 16.2.2016. In tali episodi infatti risultano integrati, rispettivamente, gli estremi del reato di violenza privata (art. 610 c.p.) e di minaccia (art. 612 c.p.). Quanto ulteriori alle condotte ingiuriose, tenute dal convenuto nelle precitate occasioni ed anche nell'episodio avvenuto in data 6.5.2016, la circostanza che le stesse non risultino più punibili secondo la legge penale non esclude in ogni caso la possibilità di una loro autonoma valutazione in sede civile ai sensi dell'art. 2043 c.c. (V. Cass. 11. 9424/2016). E' noto infatti che ai fini del risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 185 c.p. è necessario soltanto che il fatto possa astrattamente configurarsi come illecito penale, non essendo invece necessario che il reato sia accertato in senso tecnico (Cass. sez.un. 6651/1982). A fronte di un simile quadro fattuale ed in ogni caso alla luce della specifica causa petendi attorea si appalesano pertanto inconferenti le argomentazioni difensive dei convenuti volte, per un verso, a cercare una sostanziale giustificazione delle condotte illecite poste in essere dal Stefano e, per altro verso, ad adombrare una non meglio chiarita inadeguatezza del docente correlata ad una ritenuta incapacità dello stesso di andare incontro agli speciali bisogni educativi del convenuto. Si osserva inoltre come, accanto alla responsabilità del (...), quale autore materiale delle condotte lesive, sia ravvisabile anche una responsabilità degli adulti che, in veste genitoriale, si ponevano rispetto al minore in funzione educativa ed in posizione di garanzia, ai sensi dell'art. 2048 c.c. Pare opportuno ed anche sufficiente in proposito un richiamo all'orientamento espresso e ribadito ancora in epoca recente dalla Corte di Cassazione intervenuta in argomento. Osservano i Giudici di legittimità che "i criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti illeciti compiuti dai figli minori consistono, dunque, sia nel potere -dovere di esercitare la vigilanza sul comportamento dei figli stessi, in relazione al quale potere-dovere assume rilievo determinante il perdurare della coabitazione; e sia anche e soprattutto nell'obbligo di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari. In quest'ultimo ambito rientrano i danni provocati dalle manifestazioni di indisciplina, negligenza o irresponsabilità" (così Cassazione civile sez. III, 19/02/2014, n.3964). Con la pronuncia in esame la Suprema Corte non sottovaluta, ed anzi si dichiara ben consapevole del notevole rigore dell'approccio con cui in tal modo "si viene a valutare la responsabilità dei genitori in relazione al fatto illecito del figlio, soprattutto se prossimo alla maggiore età"; e tuttavia, con richiamo anche a propri precedenti (ad esempio Cass. 20 marzo 2012, n. 4395) evidenzia come questo rigore "sia giustificato, in considerazione del fatto che essa, per un verso, ingenera il possibile interesse anche economico dei genitori ad impartire ai figli un'educazione che li induca a percepire il disvalore sociale dei comportamenti pericolosi per gli altri, mentre, per altro verso, è in sé idoneo a sollecitare la precauzione dei minori allo stessa fine, anche per il timore della possibile reazione dei genitori che fossero chiamati a rispondere delle conseguenze dei loro atti illeciti in danno dei terzi". Conclude la Suprema Corte questo approfondito iter argomentativo nella pronuncia in esame sottolineando che l'art. 2048 c.c. si riferisce al figlio comunque minorenne, postulando la necessità di una costante opera educativa onde realizzare "una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria e altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito". E che se l'illecito comportamento del figlio è riconducibile non già all'omissione della contingente e quotidiana sorveglianza sul comportamento di lui (non esigibile, in genere, nei confronti di persone ormai prossime alla maggiore età) bensì a verosimili pregresse carenze educative "ha poco senso discettare sull'età del minore, per desumerne tout court che tali carenze devono presumersi inesistenti". La ricostruzione nei termini sopra richiamati delle ragioni che supportano il permanere in capo ai genitori di una responsabilità per gli illeciti commessi dai figli minori - seppur in età tardo adolescenziale ed in fase della vita nella quale sarebbe in effetti lecito e ragionevole aspettarsi un atteggiamento ormai ispirato a principi di autoresponsabilità - trova fondamento anche sistematico nell'esigenza, propria della materia della responsabilità extracontrattuale, di una chiara ed effettiva previa allocazione dei rischi promananti da condotte illecite che potrebbero, diversamente, porsi del tutto al di fuori del regime della responsabilità, privando tout court la parte danneggiata di ogni tutela anche ex post. A ciò deve aggiungersi l'operatività del particolare regime probatorio fissato dall'ultimo comma dell'art. 2048 c.c., che anche nella presente ipotesi di responsabilità per fatto altrui consente al soggetto gravato di posizione di garanzia di liberarsi delle conseguenze risarcitorie a suo carico unicamente a fronte dell'assolvimento di specifici oneri probatori, indicati nell'aver "integralmente adempiuto al dovere di educare la prole attraverso lo sviluppo nella stessa di una adeguata capacità critica e di discernimento". Considerando altresì che l'inadeguatezza dell'educazione impartita ad un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito commessa dal suddetto, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore (V. Cassazione civile sez. III, 06/12/2011, n. 26200). Ciò posto, con specifico riferimento alla difesa dei convenuti " Andrea e Roberta si osserva ulteriormente come gli stessi non abbiano offerto la minima allegazione al fine di fornire la prova liberatoria richiesta dalla norma stessa nel senso chiarito dagli insegnamenti di legittimità sopra richiamati. Alla luce di quanto osservato risulta che tenuti al risarcimento del danno all'attore sono direttamente (...), ora maggiorenne, in solido con i suoi genitori ed odierni convenuti (...) e (...). Quanto alla liquidazione dei danni patiti dall'attore in conseguenza delle condotte illecite de quibus deve premettersi come per la quantificazione del danno morale soggettivo derivante da reato deve tenersi conto di tutte le circostanze del caso concreto ed in particolare della gravità del reato, dell'entità delle sofferenze patite dalla vittima, dell'età, del sesso e del grado di sensibilità del danneggiato, del dolo oppure del grado di colpa dell'autore dell'illecito, della realtà socio-economica in cui vive il danneggiato (cfr., tra le molte, Cass. n. 14752/2000). Deve sul punto innanzi tutto rammentarsi che, come precisato dalle ormai celebri Sezioni Unite del 2008, il danno morale va inteso quale paterna d'animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, di natura meramente emotiva e interiore (danno morale soggettivo). L'espressione "danno morale" è impiegata per indicare uno dei molteplici, possibili pregiudizi di tipo non patrimoniale, vale a dire la sofferenza soggettiva ed interiore cagionata dal reato, in sé considerata - la cui intensità e durata nel tempo rilevano non già ai fini della esistenza del danno, bensì della mera quantificazione del relativo ristoro - ma anche il pregiudizio derivante dalla lesione della dignità ed integrità morale della persona, quale massima espressione della dignità umana, desumibile dall'art. 2 Cost. in relazione all'art. 1 della Carta di Nizza contenuta nel trattato di Lisbona (cfr. Cass. 1361/2014), dovendosi valutare, ai fini risarcitori, sia l'aspetto interiore del danno sofferto - le conseguenze patite dal soggetto nella sua sfera morale, nella dimensione della relazione con se stessa - sia le conseguenze incidenti sul profilo dinamico-relazionale della persona (cfr. anche recentemente Cass. ord. 5820/19; sent. 20795/ 18). Precisato che, ove il fatto generatore sia rappresentato, come nella specie, da una condotta penalmente rilevante, l'onere probatorio gravante sul danneggiato è agevolato dalla possibilità di fare ricorso ad elementi presuntivi, sembra a chi giudica che alcun dubbio può porsi in ordine alla configurabilità, nella specie, di un danno morale siccome patito dal Luca conseguenza dei fatti di reato per cui è causa. Siffatto danno risulta configurabile in capo all'odierno attore quale immediato destinatario dell'altrui condotta delittuosa, atteso che peraltro le aggressioni fisiche e morali, già secondo l'id quod plerumque accidit, determinano, nella generalità dei casi, un turbamento dell'animo più o meno intenso. Per la liquidazione dell'indicato pregiudizio, di natura non patrimoniale (derivante dalla lesione di diritti della persona diversi dalla salute), soccorrono criteri equitativi, dovendosi a tal fine valutare l'effettiva entità ed intensità della violazione della libertà morale e fisica e della dignità della persona offesa, del turbamento psichico cagionato (desunto sia dalle stesse modalità dell'aggressione e dalle reazioni della vittima), delle conseguenze sul piano psicologico, della proiezione di detti effetti nel tempo e dell'incidenza del fatto dannoso sulla personalità della vittima. Nella quantificazione del danno bisogna anche tener conto della particolare intensità del dolo. Tale valutazione non fa assumere al risarcimento del danno non patrimoniale valenza sanzionatoria (tutt'ora negata dalla Suprema Corte - cfr Cass. SU n. 16601/17 secondo cui il connotato sanzionatorio non è ammissibile al di fuori dei casi nel quali una qualche norma lo preveda), ma non si può trascurare che il dolore del danneggiato è senz'altro maggiore nell'ipotesi in cui la condotta del danneggiante sia specificatamente sostenuta da una precisa volontà di far del male ed offendere. Nel caso in esame vengono quindi in considerazione le concrete modalità delle condotte poste in essere dal convenuto (da cui ben si evince l'intensità del dolo da cui le stesse risultano connotate), la reiterazione delle stesse, la reazione avuta dalla vittima (che ha denunciato il fatto agli inquirenti), la idoneità delle condotte ad accrescere la sofferenza della vittima in quanto poste in essere di fronte alla platea degli studenti del docente nonché, inevitabilmente, a riverberare nell'ambito lavorativo dello stesso. Appare pertanto equo riconoscere all'attore la complessiva somma di Euro 14.500,00 già attualizzata e comprensiva di interessi e rivalutazione monetaria, al cui pagamento vanno condannati, in solido tra loro, gli odierni convenuti. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico di parte convenuta nella misura liquidata in dispositivo, tenuto conto dei parametri medi contenuti nel DM n. 55/14 in considerazione del fatto che non è stata svolta attività istruttoria al di fuori del deposito delle memorie istruttorie. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: CONDANNA i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'attore dell'importo di Euro 14.500,00, comprensivo di rivalutazione monetaria e interessi di legge; CONDANNA altresì i convenuti, in solido tra loro, a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, che si liquidano in Euro 237,00 per spese, Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali come per legge. Sondrio, 3 marzo 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Michele Posio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nelle cause civili di primo grado riunite iscritte al n.r.g. 1292/2017 e al n.r.g. 216/2018 promosse da: CONDOMINIO RESIDENZA (...) (c.f. (...)) ed altri - usufruttuari - e (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)) - nudi proprietari -, (...) (C.F. (...)) ed altri, con l'avv. FO.LU. ATTORI nella causa riunente n.r.g. 1292/2017 e (...) (c.f. (...)), con l'avv. FO.LU. ATTRICE nella causa riunita n.r.g. 216/2018 contro (...) S.P.A. (c.f. (...)), con l'avv. LO.AN. e l'avv. GI.CH. CONVENUTA in entrambe le cause riunite e nei confronti di (...) S.R.L. (c.f. (...)) e (...) S.R.L. (c.f. (...)), con l'avv. DE.DA. PROVINCIA DI SONDRIO (c.f. (...)), con l'avv. PI.GI. (...) S.P.A. (c.f. (...)), con l'avv. RO.MI. e l'avv. DI.MI. TERZI CHIAMATI dalla convenuta in entrambe le cause riunite Oggetto: responsabilità extracontrattuale. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso ex art. 696 bis c.p.c. depositato il 4.5.2015, l'amministratore del condominio "Residenza (...)", sito in V., frazione S. L., fg. (...) mapp. (...), ed i proprietari dei singoli appartamenti, utilizzati come seconde case per le ferie estive o invernali, domandavano procedersi ad accertamento preventivo per la sussistenza e la quantificazione dei danni conseguiti a gravi fessurazioni riscontrate a decorrere dall'estate 2014 nelle parti comuni dell'edificio e negli appartamenti, a causa di un movimento franoso del versante montuoso avvenuto in occasione dell'escavazione di una galleria della S.S. 38 dello Stelvio-Variante di S. Lucia, nonché in occasione della costruzione di un immobile nelle vicinanze del condominio. L'ulteriore aggravamento delle lesioni, riscontrato nel corso del 2014-2015, portava alla declaratoria di totale inagibilità dell'immobile condominiale e degli appartamenti, pronunciata dal Comune di V. con ordinanza del 18.2.2016, attualmente in vigore. Il procedimento per a.t.p. coinvolgeva, per quanto qui di interesse: 1. in relazione all'escavazione della galleria, l'appaltatrice (...) s.p.a. (d'ora in avanti I.) e la committente Provincia di Sondrio; 2. in relazione all'edificando immobile limitrofo, le costruttrici (...) s.r.l. e (...) s.r.l.. Iscritto il procedimento al n.r.g. 686/2015 ed incaricati il 6.8.2015 dal Tribunale di Sondrio i periti ing. (...) e geol. (...), il 10.5.2017 era depositata la relazione definitiva, avente ad oggetto il nesso causale tra gli eventi dedotti e le lesioni riscontrate, la sussistenza e la quantificazione dei danni all'immobile condominiale e ai singoli appartamenti. Con atto di citazione ritualmente notificato, gli allora ricorrenti, esclusa la condomina (...), che instaurava separato giudizio n.r.g. 216/2018 con analoghi petitum e causa petendi,.citavano nel giudizio n.r.g. 1292/2017 I., per sentirla condannare al risarcimento dei danni patiti come in epigrafe. In entrambi i giudizi I., ritualmente costituitasi e preliminarmente chiesta autorizzazione alla chiamata di Provincia di Sondrio, (...) s.r.l., (...) s.r.l. e della propria assicurazione (...) s.p.a., replicava alle domande attoree formulando le trascritte conclusioni. Autorizzata in entrambi i giudizi la chiamata dei soggetti indicati, ciascuno di essi si costituiva formulando le trascritte conclusioni. Mutato il Giudice nel sottoscritto estensore, riunito al presente il procedimento n.r.g. 216/2018, concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. e disposta l'acquisizione del fascicolo del procedimento per a.t.p., le cause riunite erano trattenute in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini per gli scritti conclusivi. In via preliminare di rito, nella causa riunita n.r.g. 216/2018 si reputano ammissibili le domande risarcitorie proposte da (...), quale proprietaria di un singolo appartamento del condomino attoreo, in quanto non rappresentano una duplicazione delle richieste risarcitorie del condominio, ma si aggiungono a quelle presentate nel giudizio riunente da tutti altri proprietari dei singoli appartamenti; per contro, sono inammissibili le domande dalla stessa proposte nell'interesse del condominio, in quanto priva di legittimazione attiva, esclusivamente riservata all'amministratore (ex multis, Cass. 23.5.2012 n. 8173). Nel merito, vanno preliminarmente respinte le reiterate istanze istruttorie, per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti, dei documenti versati e dell'istruttoria esperita in sede di procedimento per a.t.p. n. 686/2015, acquisito agli atti. La domanda attorea è parzialmente fondata e va accolta nei limiti e per i motivi che seguono. Premesso che, per consolidato orientamento di legittimità, le attività edilizie di trasformazione, rivolgimento, sbancamento, spostamento di grandi masse terrose, escavazione in profondità e perforazione di versanti montuosi rientrano nel novero delle attività pericolose, in quanto intrinsecamente caratterizzate da una rilevante possibilità del verificarsi di un danno a terzi, il caso di specie appartiene senz'altro all'ambito di applicazione dell'art. 2050 c.c. (ex multis, Cass. 9.4.2009 n. 8688). A mente della norma richiamata, "chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno". Ne consegue che il danneggiato è tenuto a provare il nesso causale tra l'attività pericolosa ed i danni subiti, nonché la loro entità, mentre l'esercente l'attività pericolosa ha l'onere di provare di avere adottato ogni cautela idonea ad evitare il danno. Ciò premesso, occorre distinguere le posizioni di ciascun soggetto evocato nel presente giudizio. A) Sulla responsabilità di I.. I., mandataria di ATI e sottoscrittrice di contratto di appalto pubblico del 22.11.2011 con la committente Provincia di Sondrio per la costruzione dell'opera stradale "S.S. 38 Variante di Bormio per S. Caterina Valfurva e Livigno - Lotto VI - Variante di S. Lucia" (doc. 11 attori), era incaricata della costruzione di una galleria curvilinea destrorsa in direzione sud-nord a collegamento tra le frazioni di Santa Lucia (Valdisotto) e di Oga (Bormio), perforando il versante montuoso a ovest del quale si trova il condominio attoreo. Iniziati nella primavera-estate 2013 i lavori di escavazione mediante utilizzo di fresa meccanica, dalla fine dell'anno e fino all'agosto 2014 l'appaltatrice era autorizzata dalla Stazione Appaltante all'utilizzo di esplosivo (docc. 15 e 16 attori), al fine di evitare un rallentamento dei lavori (p. 68 relazione c.t.u.). Verso la fine del 2014 si verificavano all'interno della galleria un'anomala convergenza del cavo e abbondanti venute d'acqua che costringevano l'appaltatrice a sospendere i lavori e ad attuare complesse opere di consolidamento, autorizzate tramite variante e terminate a gennaio 2016. Ripresi i lavori, l'opera era ultimata a maggio 2016 (pp. 65-68 relazione c.t.u.). Contemporaneamente, dall'estate 2014 nelle parti comuni e nei singoli appartamenti del condominio attoreo erano riscontrate numerose crepe e fessurazioni, che pericolosamente si aggravavano nel corso del 2014-2015 (pp. 47 e ss. relazione c.t.u.), tanto che con ordinanza del 18.2.2016 il Comune di Valdisotto dichiarava l'intero immobile totalmente inagibile (doc. 9 attori), tale permanendo sino ad oggi. Tanto premesso, gli attori ritengono I. responsabile delle lesioni all'immobile, sulla scorta di una correlazione tra le opere di escavazione dell'appaltatrice e la riattivazione di una frana quiescente del versante montuoso, all'origine delle fessurazioni riscontrate. Pertanto, oggetto di prova è un doppio nesso causale, il primo tra il movimento franoso ed i danni all'immobile attoreo; il secondo tra le opere della convenuta e la riattivazione del versante franoso. Alla luce dell'espletata c.t.u. e della documentazione in atti, si reputa raggiunta la prova per entrambi i nessi. 1. Quanto al nesso tra il movimento franoso ed i danni all'edificio, risulta appurato che il condominio attoreo è stato costruito su un versante "oggetto di numerosi studi di carattere geomorfologico e geologico strutturale tali studi, ed in particolare il F. 24 (Bormio) della Carta Geologica d'Italia (progetto CARG - scala 1:50'000), che hanno riconosciuto le evidenze di una Deformazione Gravitativa Profonda di Versante (DGPV) a sud della Valle Cadolena. In prossimità del fabbricato è stata rilevata (in corrispondenza del predetto affioramento roccioso) una faglia subverticale immergente a ESE, mentre la scistosità immerge verso NO a basso angolo. Una faglia con andamento grossomodo N-S è rappresentata anche sul F. 8 della Carta Geologica in scala 1:100'000" (p. 56 relazione c.t.u.). Ciò premesso, i periti hanno rilevato "la presenza di un movimento di versante che coinvolge gli strati di copertura su cui insistono i sovraccarichi indotti dall'edificio, parzialmente trasferiti in profondità da un sistema di micropali solidali alle strutture fondazionali" ...; "la causa principale che può avere causato la formazione delle sopradescritte fessurazioni va principalmente ricercata in movimenti differenziali plano-altimetrici delle fondazioni. Il movimento di versante evidenziato dalle letture all'inclinometro S3 ha interagito con i micropali di fondazione, determinando localmente il cedimento del piano di appoggio delle fondazioni, in altre parti il rigonfiamento del terreno, con disfacimento della pavimentazione nei tratti corrispondenti; in alcuni casi, corridoi di accesso agli appartamenti ed alle cantine al piano seminterrato, si è verificata una rotazione nel piano verticale delle murature/tavolati. Questo movimento ha inoltre provocato il cedimento delle fondazioni ed uno spostamento in direzione Nord/Est, assimilabile ad una rotazione in senso orario, del sistema delle pareti esterne ed interne del vano scale rispetto al resto del fabbricato, con la comparsa di importanti lesioni a taglio di dimensione anche centimetrica nelle pareti e di distacco delle stesse dalla struttura portante in cemento armato ordinario del fabbricato" (p. 84 ibidem). A conferma, "il fenomeno del dissesto in atto sul fabbricato ha avuto una significativa evoluzione peggiorativa significativa evoluzione peggiorativa nel corso degli ultimi 2 anni (2015/2016); le immagini seguenti scattate in tempi successivi (06 agosto 2015 e 20 dicembre 2016), di alcune delle lesioni presenti nel vano scale e nell'appartamento sub. (...) e (...) al piano seminterrato, documentano per l'appunto la crescente evoluzione del dissesto (pp. 47 e documentazione fotografica a corredo), tanto che il 18.2.2016 il Comune di Valdisotto dichiarava l'edificio totalmente inagibile (doc. 9 attori). Pertanto, i periti hanno pacificamente ricondotto le gravi fessurazioni dell'immobile alla riattivazione del versante franoso, escludendo che i pur rilevati difetti di fondazione (di cui infra al par. A.2) abbiano rappresentato la causa esclusiva delle lesioni: invero, "i danni subiti - ed in fase di evoluzione - dal fabbricato in oggetto, non sono esclusivamente associabili a fenomeni di cedimento dei terreni di fondazione" (p. 84 ibidem). 2. Quanto al nesso tra l'escavazione della galleria e la riattivazione del versante franoso, i periti hanno concluso che "le analisi sviluppate nella presente relazione non hanno rilevato sufficienti evidenze per riconoscere un nesso causale diretto fra i lavori recentemente eseguiti in prossimità del fabbricato in oggetto ... e l'evoluzione del quadro fessurativo descritta" (p. 92 relazione c.t.u.). Peraltro, la trascritta conclusione non riflette totalmente quanto dai medesimi periti rilevato nei precedenti passaggi della relazione. Invero, a p. 87 esponevano che, "stante la complessità geologica del versante e la sua intrinseca fragilità, non si possa escludere un'influenza dei disturbi arrecati (i sia pur limitati effetti di rilascio tensionale e perturbazione dell'assetto idrogeologico) dei lavori di escavazione della galleria sui fenomeni di dissesto di versante in atto nell'area in oggetto"; ed ancora, in uno degli ultimi incontri con i c.t.p., appuravano "che le evidenze acquisite conducano ad individuare solo un possibile effetto indiretto di tali nuove opere sulla stabilità del Condominio (...)" (p. 32 ibidem). Premesso che per "non escludere un'influenza" e per "un possibile effetto indiretto" si intende comunque affermare una possibile correlazione tra i lavori della galleria e la riattivazione della frana, ciò nonostante nelle conclusioni i periti hanno dato rilievo al solo nesso causale "diretto" tra le opere di escavazione e i danni all'immobile attoreo, senza nulla concludere sul nesso causale "indiretto" tra le opere della convenuta e la riattivazione del versante, nonostante quanto precedentemente affermato a pp. 87 e 32, ut supra esposto. Peraltro, l'operata distinzione tra un nesso causale diretto ed indiretto non ha alcuna ragion d'essere nel caso di specie: invero, l'oggetto dell'indagine peritale consiste in un'unica fattispecie complessa, che si è sviluppata mediante una concatenazione causale nel seguente ordine logico: i lavori in galleria all'origine della riattivazione frana (primo nesso causale), a sua volta all'origine delle fessurazioni lamentate (secondo nesso causale). Pertanto, il nesso causale si compone di due nessi causali (diretti) concatenati, entrambi necessariamente oggetto di indagine ed aventi il medesimo peso ai fini dell'accertamento della riconducibilità dell'evento dannoso. Ciò chiarito, mentre i periti hanno pacificamente riconosciuto il nesso causale tra la frana e le fessurazioni (cfr. punto 1), sul nesso tra le opere di I. e la frana affermano, nel corpo della relazione, una possibile correlazione, senza tuttavia fare alcun cenno nelle conclusioni, che si reputano pertanto incomplete sotto tale profilo. Si rende dunque necessario, in questa sede, analizzare approfonditamente i fatti di causa, gli elementi esposti in perizia e l'ampio compendio documentale in atti per indagare sulla sussistenza del menzionato secondo nesso causale. Alla luce di tale analisi, è possibile evince, con sufficiente grado di ragionevolezza secondo il consolidato principio della preponderanza dell'evidenza (c.d. "più probabile che non"), con esclusione dei decorsi causali alternativi (tra le tante, Cass. 3.1.2017 n. 47) e senza necessità di ulteriore istruttoria, la sussistenza di un nesso causale tra le opere della convenuta e la riattivazione della frana in questione. Valga quanto segue. Nel caso di specie, all'origine del movimento della frana quiescente i periti hanno individuato due concause: la complessità geologica del versante (1) e le opere di escavazione della galleria della convenuta (2). Hanno per contro escluso i pur rilevati difetti di costruzione dell'immobile, che hanno unicamente inciso sulla gravità delle fessurazioni provocate dalla frana, rilevando pertanto sotto il diverso profilo del concorso di colpa del danneggiato (cfr. supra punto 1). Ciò posto, in tema di concorso causale tra fattori naturali ed umani, occorre richiamare il costante orientamento di legittimità secondo cui "in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., qualora le condizioni ambientali od i fattori naturali che caratterizzano la realtà fisica su cui incide il comportamento imputabile dell'uomo siano sufficienti a determinare l'evento di danno indipendentemente dal comportamento medesimo, l'autore dell'azione o della omissione resta sollevato, per intero, da ogni responsabilità dell'evento, non avendo posto in essere alcun antecedente dotato in concreto di efficienza causale; qualora, invece, quelle condizioni non possano dar luogo, senza l'apporto umano, all'evento di danno, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile" (da ultima Cass. 22.11.2019 n. 30521; Cass. 21.7.2011 n. 15991). Nel caso di specie, il fattore naturale della complessità geologica del versante, preesistente alle opere della convenuta, non si reputa da solo sufficiente ad escludere il nesso causale tra queste ultime e il movimento franoso, alla luce delle seguenti concordanze, considerate nell'insieme: - il versante interessato dal passaggio della galleria, su cui sorge il condominio attoreo, è costantemente soggetto a pericolo di frana, in quanto caratterizzato da una "Deformazione Gravitativa Profonda di Versante" (DGPV), fenomeno naturale riconosciuto da numerosi studi geologico-strutturali: in particolare, "in prossimità del fabbricato è stata rilevata (in corrispondenza del predetto affioramento roccioso) una faglia subverticale immergente a ESE, mentre la scistosità immerge verso NO a basso angolo" (p. 56 relazione c.t.u.); - prima dell'inizio dei lavori (aprile 2013), all'appaltatrice era nota la presenza di tale fenomeno, come risulta dalla relazione del 21.11.2007 sulla compatibilità ambientale del 21.11.2007 allegata delibera della Regione Lombardia del 27.12.2007 di approvazione del Progetto Definitivo (in particolare, pp. 11 e ss. all. 6 doc. 13 attori), nonché dalla relazione geologica allegata al progetto esecutivo della stessa I. del novembre 2012 (doc. 48 attori), che evidenziavano il rischio di movimento del versante correlato alla "DGPV", evento senz'altro non imprevedibile; - la medesima appaltatrice non riscontrava "evidenze che possano correlarsi a fenomeni in atto, sono piuttosto da correlare a dissesti pregressi in tempi geologici o quaternari" ... ed ancora, "nel rilievo di dettaglio non si sono riscontrati movimenti franosi nell'area di interesse. Anche i sondaggi effettuati nelle zone definite come limite delle DGPV non individuano zone di movimento o di deformazione in atto che comunque possono interessare eventualmente solo le coltri superficiali" (p. 12 doc. 48 attori); pertanto l'appaltatrice stessa appurava la quiescenza della frana sino all'inizio dei lavori di escavazione; - i periti hanno confermato la quiescenza della frana e la sua riattivazione a partire dal 2013-2014 (pp. 56 e ss. relazione c.t.u.); - dalla fine del 2013 sino all'agosto 2014, la convenuta proseguiva l'escavazione della galleria mediante impiego di materiale esplosivo (docc. 15 e 16 attori), provocando vibrazioni del suolo seppur entro i limiti dei valori soglia (pp. 68 e ss. relazione c.t.u. e all. C/01.2/01.3/01.4): in tema di vibrazioni, il progetto definitivo della Regione Lombardia del 10.11.2009 rilevava quali "elementi sensibili" la presenza di civili abitazioni corrispondenti al tratto della galleria a metri 1.075 e 1.160 (p. 7 doc. 19 attori), corrispondente all'area in cui sorge il condominio attoreo sito a 111-12 metri dal cavo (p. 65 e tavola p. 68 relazione c.t.u.); - a fine 2014, in concomitanza con l'escavazione del tratto di galleria più prossimo allo stabile attoreo (v. punto precedente), si verificavano una convergenza anomala del cavo e venute d'acqua a causa della "elevata complessità geomorfologica" del tratto interessato, formato da rocce "generalmente scadenti" e da "significative sacche d'acqua" (p. 65 relazione c.t.u.); pertanto, lo scavo era interrotto per circa un anno, durante il quale l'appaltatrice procedeva ad importanti opere di consolidamento e stabilizzazione (pp. 66-67 relazione c.t.u.); tale circostanza rappresenta il più importante elemento di prova della correlazione spazio-temporale tra l'escavazione della galleria e la riattivazione della frana, in relazione alla posizione del condominio attoreo; - le prime fessurazioni risalivano ad agosto 2014 (doc. 3 attrice, richiamato a pp. 47 e 50 relazione c.t.u.), in concomitanza con le ultime esplosioni, con una significativa evoluzione negli anni 2015-2016 (p. 47 relazione c.t.u.); si sottolinea la concomitanza temporale con le esplosioni e con i fenomeni di convergenza del cavo della galleria e delle venute d'acqua; - secondo le relazioni maggio-dicembre 2016 e gennaio 2017 dei tecnici di (...) s.r.l., incaricata dal Comune di Valdisotto di monitorare periodicamente versante franoso, fatte proprie dai c.t.u. (pp. 56, 80-81 e 88 relazione c.t.u. e all. E/01, E/02, E/03 relazione c.t.u.), preso atto della riattivazione del versante franoso a decorrere tra il 2013 e il 2014, "lo scavo e i consolidamenti di variante della galleria della S.S. 38 possono aver influenzato la circolazione idrica e sotterranea preesistente portando variazioni alla conducibilità idraulica dell'ammasso roccioso interessato dall'opera" (p. 74 relazione maggio 2016); - le successive relazioni periodiche (...), aggiornate a settembre 2020, rilevavano che la convergenza del cavo a fine 2014 aveva comportato movimenti franosi in corrispondenza dell'area ove sorge il condominio attoreo; successivamente al completamento delle opere della convenuta (aprile 2016) e sino a tutto il 2019, si registrava un rallentamento dei movimenti franosi, tuttavia non del tutto sopiti; infine, l'incidenza dei fenomeni metereologici sulla frana è rilevata solo a partire dall'estate 2017, ben oltre la fine delle opere di escavazione (docc. 20, 25, 6 e 7 allegati istanza 11.11.2019, 75 e 76 attori); - nel corso dei lavori di escavazione, numerosi altri edifici posti sul medesimo versante manifestavano analoghe problematiche, più o meno gravi: leggermente lesionati risultavano il condominio "Residenza Z. 1", il condominio "(...)" (p. 85 relazione c.t.u.) e la proprietà (...)-M. (doc. 24 attori); pesantemente lesionati erano la baita "Rose-Dei Cas" (perizia del 30.10.2014, doc. 26 attori) ed il cimitero della frazione di S. Lucia del Comune di Valdisotto. In relazione a quest'ultimo, si evidenzia che I., tramite la propria compagnia assicurativa, accordava il risarcimento del danno in favore del Comune (docc. 22 e 23 attori); - oltre alla frana quiescente, peraltro nota alla convenuta nonché preesistente alle opere (agli effetti dell'irrilevanza della preesistenza sul nesso di causa, cfr. art. 41 comma 1 c.p.), i periti non hanno rilevato ulteriori concause naturali concomitanti o sopravvenute alla costruzione della galleria, aventi carattere eccezionale: le menzionate precipitazioni atmosferiche, peraltro risalenti a giugno 2016, oltre due anni dopo la riattivazione del versante franoso, non sono descritte come eccezionali (p. 88 relazione c.t.u.), rientrando pertanto nell'id quod plerumque accidit; - neppure i periti hanno riferito di ulteriori concause umane concomitanti o sopravvenute alle opere della convenuta, eccetto i difetti di costruzione dello stabile attoreo, irrilevanti rispetto alla riattivazione della frana, ut supra (cfr. punto 1) e infra esposto (cfr. par. A.2), e la presenza del cantiere di (...) s.r.l. e (...) s.r.l., anch'essa, come si vedrà, irrilevante (cfr. infra par. B); - infine, va radicalmente respinta la tesi della convenuta per cui le opere della convenuta non influirebbero sul nesso causale con la riattivazione del movimento franoso, in quanto avrebbero meramente anticipato un evento che sarebbe in ogni caso accaduto in futuro: al riguardo, giova richiamare unanime giurisprudenza di legittimità per cui anche l'anticipazione di un evento, che si sarebbe comunque verificato, costituisce pur sempre un illecito, integrando gli estremi del pregiudizio risarcibile anche la privazione del fattore tempo (Cass. 7.2.2017, n. 3136; Cass. 10.5.2000, n. 5962). A fronte di tutto quanto premesso, ricorrono i presupposti per affermare, con sufficiente grado di probabilità logica ed esclusi tutti i possibili decorsi alternativi, anche il secondo nesso causale tra le opere escavazione di I. e la riattivazione del versante franoso. Pertanto, alla luce dei punti 1 e 2, le lesioni all'immobile attoreo sono riconducibili alla riattivazione del versante franoso, a sua volta cagionata dall'attività pericolosa di escavazione della galleria da parte della convenuta, in capo alla quale va dunque riconosciuta la responsabilità ex art. 2050 c.c. per l'evento dannoso occorso al condominio ed ai singoli appartamenti attorei. A.1) Sull'esimente ex art. 2050 ultima parte c.c. Nel caso di specie non sussiste la prova che l'appaltatrice abbia adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, alla luce di quanto segue: - in primo luogo, come visto, fin dal 2007 (all.6 doc. 13 attori) o comunque, senz'altro, da novembre 2012 (doc. 48 attori), ben prima dell'inizio dei lavori, all'appaltatrice erano note la frana quiescente sul versante in questione, la presenza di roccia di scarsa qualità ed una complessa situazione idrogeologica: pertanto, a fronte di un'attività già di per sé pericolosa (escavazione di una galleria curvilinea in versante montuoso, anche mediante esplosivo) e resa ancor più problematica dalla presenza di una frana quiescente e di un rischio idrogeologico, l'appaltatrice avrebbe dovuto prestare la massima cura nelle indagini geomorfologiche e, soprattutto, nell'esecuzione dei lavori di scavo; - ciò nonostante, l'appaltatrice ricorreva all'utilizzo di esplosivo, pur entro i limiti delle vibrazioni consentite, non a fronte dell'impossibilità di procedere a mezzo di fresa meccanica, bensì ed unicamente per "mantenere una accettabile velocità di avanzamento a fronte della riscontrata presenza di abbondanti percentuali di quarzo nell'ammasso roccioso da attraversare in prossimità dell'imbocco Sud" (p. 68 relazione c.t.u.); - alla fine del 2014, pochi mesi dopo l'utilizzo dell'esplosivo, si verificavano gravi fenomeni di convergenza del cavo e di venute d'acqua, costringendo l'impresa ad importanti interventi di stabilizzazione e consolidamento durati oltre un anno (pp. 66 e ss. relazione c.t.u.); - in tale frangente, la Stazione Appaltante dava atto che l'appaltatrice aveva fornito "documentazione di progetto incompleta, non adeguatamente dettagliata e, in parte, visti i risultati delle indagini condotte, non tecnicamente condivisibile" (cfr. all. C/01.4 relazione c.t.u.). - la committente rilevava altresì che "la tratta di galleria non stabilizzata non corrispondeva a quella ipotizzata in progetto definitivo come interessata da due fasce cataclastiche e classificata nella Sezione V, previsione non confermata dal progetto esecutivo dell'Impresa" (all. C/01.4 relazione c.t.u.). A conferma, i periti hanno rilevato che, mentre il progetto definitivo della Provincia di Sondrio annoverava la roccia del tratto interessato in classe di qualità peggiore (qualità V-very poor rock), il progetto esecutivo dell'appaltatrice la riclassificava in qualità migliore (qualità IV-poor rock) (p. 66 relazione c.t.u.); - ai chiarimenti dell'Impresa sull'imprevedibilità delle problematiche sorte, la Stazione Appaltante replicava che "le motivazioni dell'appaltatore risultano poco coerenti con la documentazione agli atti e con la proposta di variante: la campagna di indagine ha interessato l'area di versante, il prerivestimento in classe IV è collassato, i valori delle deformazioni rilevate sono oltre i valori soglia assunti nei documenti tecnici di contratto quali linee guide per la realizzazione dell'opera e, senza dubbio, evidenziano la non adeguatezza delle opere realizzate" (all. C/01.4 relazione c.t.u.). Né i medesimi periti hanno dato riscontro alcuno sull'esecuzione a regola d'arte dell'escavazione della galleria; - non da ultimo, a fronte dei descritti gravi elementi di prova di una condotta imperita dell'appaltatrice, quest'ultima non ha fornito in giudizio alcun concreto elemento di prova contraria di avere adottato (non una/alcune ma) tutte le misure idonee ad evitare l'evento dannoso, delle quali è specificamente onerata. A.2) Sul concorso di colpa degli attori. Come anticipato, sussistono i presupposti per affermare un concorso colposo degli attori nella causazione del danno lamentato, alla luce delle risultanze dalla relazione peritale: 1. in primo luogo, il condominio attoreo fu costruito nel 1974 su un terreno notoriamente soggetto a rischio di frana di una Deformazione Gravitativa Profonda di Versante (p. 7 relazione c.t.u.); 2. ulteriormente, l'immobile risulta affetto sin dall'origine da plurimi errori di progettazione e di esecuzione delle fondazioni e di altre parti dell'edificio che, unitamente all'infelice condizione del suolo, concorrevano a cagionare un grave pericolo di instabilità strutturale. In particolare, "il fabbricato così come è stato realizzato si discosta dagli elaborati progettuali depositati (vedi punto 5.3.2) sia con riguardo al progetto architettonico (All. C/02.07-08) che a quello delle strutture (All. C/02.09-10-11). Rispetto al progetto architettonico le differenze più sostanziali sono: - la non realizzazione dell'ascensore; - la realizzazione al piano seminterrato sul lato Ovest delle cantine con relativi corridoi di accesso e la centrale termica sul lato Nord (foto n. 1, 2, 3 e 4); - una diversa conformazione degli spazi interni - appartamenti e parti comuni - al piano 4 (vedesi All. D/02.24); - una diversa realizzazione del corpo vano scale/ascensore per quanto riguarda la bussola di ingresso al piano parcheggio e la parte sommitale (foto n. 5 e 6); - una diversa realizzazione della copertura che anziché ad unica falda inclinata verso Est è a padiglioni (vedesi All. D/02.27-28-29-30); - la realizzazione del parcheggio sul lato Ovest del fabbricato (foto n. 7 e 8). Rispetto al progetto delle strutture le differenze più sostanziali sono: - la non realizzazione del giunto strutturale (foto n. 9); - la realizzazione del vano scale ascensore in muratura portante anziché in cemento armato ordinario (foto n. 10 e 11), il che ha comportato la realizzazione di un pilastro P.0 (foto n. 12); - la realizzazione della copertura con la falda Ovest estesa fino alla copertura anche del vano scale/ascensore nella parte corrispondente (foto n. 5 e 6); - la realizzazione dei pilastri con dimensioni inferiori a quanto previsto: da misure a campione (foto n. 13 e 14) la sezione è in alcuni casi inferiore ai previsti cm 30x30; - la realizzazione dell'armatura dei pilastri - n. e diametro ferri verticali e passo staffe - in modo difforme da quanto previsto (rif. Allegato D/06); - l'impiego di conglomerato cementizio con resistenza caratteristica a rottura Rck inferiore a quanto previsto (rif. Allegati C/02.13 e D/04) e l'esecuzione dei getti non a perfetta regola d'arte: superficie non perfettamente omogenea per la presenza di vespai, porosità ed irregolarità superficiali (foto n. 15, 16, 17, 18, 19 e 20)" (pp. 60 e ss. relazione c.t.u.). Le riscontrate evidenze facevano sì che già da fine anni '70 l'immobile era affetto da un diffuso panorama di lesioni e crepe, nonché da un malfunzionamento del sistema fognario, fino ad essere dichiarato inagibile nel 1983. Pur tuttavia, dal 1985 l'abitabilità era completamente ripristinata mediante rinforzo delle fondazioni con micropali trivellati nel substrato roccioso e innestati nelle fondazioni, sigillatura delle crepe, rifacimento delle tubazioni e ripristino degli interni. Da tale anno non si verificava più alcun evento lesivo, salvo la comparsa nel 2001 di piccole cavillature dovute ad un lieve cedimento del plinto di un pilastro in uno degli appartamenti al piano terra, tempestivamente riparato e monitorato (pp. 7,8, relazione c.t.u. e perizie richiamate docc. 2,3,4 attori). Nell'agosto 2014, in tutte le parti comuni e in numerosi appartamenti insorgevano numerose fessure, anche di grosse dimensioni, alcune di nuova formazione e la maggior parte nella stessa sede di quelle precedenti, con un notevole peggioramento nel corso del 2015 e del 2016 (pp. 47 e ss. relazione c.t.u. e fotografie di confronto; p. 91 c.t.u.), con declaratoria di inagibilità totale sino ad oggi (doc. 9 attori). Per contro, i limitrofi condomìni "Residenza Z. 1" e "(...)", pure interessati dal movimento franoso del versante, presentano un quadro fessurativo notevolmente più ridotto rispetto al condominio attoreo (p. 85 relazione c.t.u.), né sono stati dichiarati inagibili. Alla luce di quanto premesso, va riconosciuto un concorso colposo attoreo, in quanto le lesioni del 2014, legate al movimento franoso innescato dalle opere di I., vanno inscritte nel quadro di un preesistente rischio di stabilità dell'edificio, cagionato da originari errori di progettazione (scelta di costruire su un terreno con frana quiescente, v. supra punto 1) e di costruzione (v. supra punto 2), ascrivibili al condominio attoreo. Tuttavia, occorre evidenziare che fin dal 1985 il condominio poneva efficace rimedio alle descritte problematiche, tanto che per i successivi trent'anni non si verificavano problematiche analoghe, salvo quella insorta nel 2001, di modesta entità e tempestivamente rimediata e monitorata (cfr. in dettaglio perizia 18.4.2003 doc. 4 attori, richiamata a p. 8 relazione c.t.u.). Perciò, le fessurazioni insorte nel 2014, pur acuite dai difetti originari dell'edificio, in mancanza dell'operato della convenuta non si sarebbero verificate, ovvero avrebbero potuto manifestarsi con modalità assai meno lesive ed in tempi molto più lunghi, considerata l'originaria quiescenza del versante franoso. Ne consegue che il concorso di colpa attoreo deve riconoscersi nella misura equa del 20%: pertanto, la responsabilità della convenuta dovrà essere limitata alla misura del 80% del danno infra liquidato. Come già esposto, l'apporto colposo attoreo non si reputa tale da recidere il nesso causale tra le opere della convenuta e il movimento franoso oggetto di causa, né tra quest'ultimo e i danni all'immobile, richiamando integralmente quanto esposto al par. A. B) Sulla responsabilità di (...) s.r.l. e (...) s.r.l. Nell'aprile 2013 le costruttrici (...) s.r.l. e (...) s.r.l. avviavano la costruzione dell'immobile denominato "Residence (...)", sito a 30 circa metri a nord-est a valle del condominio attoreo; i lavori, consistiti nello sbancamento del versante a mezzo escavatore, con apposizione di una paratia a protezione del versante sbancato, iniziavano nell'estate 2013 ed erano sospesi tra il 6.11.2013 e il 11.3.2015; non è data desumere l'epoca di fine lavori (pp. 70 e ss. relazione c.t.u.). Occorre anche qui richiamare i medesimi principi in tema di nesso causale descritti al par. A: si tratta pertanto di verificare se i lavori di sbancamento siano stati all'origine della riattivazione della frana (primo nesso causale) che ha a sua volta cagionato le fessurazioni all'immobile attoreo (secondo nesso causale). Il secondo nesso è stato pacificamente riconosciuto dai periti, richiamando pertanto integralmente quanto già espresso al punto 1, par. A. Quanto al nesso tra lo sbancamento e la riattivazioni della frana, anche in tal caso i periti hanno concluso che "non hanno rilevato sufficienti evidenze per riconoscere un nesso causale diretto tra i lavori recentemente eseguiti in prossimità del fabbricato in oggetto ... e l'evoluzione del quadro fessurativo descritta" (p.to 12 p. 91 relazione c.t.u.), tuttavia affermando, in motivazione, che "stante la complessità geologica del versante e la sua intrinseca fragilità, non si possa escludere un'influenza dei disturbi arrecati (sia pur limitati effetti di rilascio tensionale e perturbazione dell'assetto idrogeologico) dei lavori di escavazione della galleria sui fenomeni di dissesto di versante in atto nell'area in oggetto" (p. 88 relazione c.t.u.); ed ancora, nell'ultimo incontro con i c.t.p., hanno appurato "che le evidenze acquisite conducano ad individuare solo un possibile effetto indiretto di tali nuove opere sulla stabilità del Condominio (...)" (p. 32 relazione c.t.u.). Richiamato quanto espresso sulla non completezza delle conclusioni peritali rispetto al corpo della relazione (punto 2 par. A), si rende anche qui necessario procedere ad un approfondito esame del compendio probatorio raccolto, alla luce del principio del più probabile che non, al cui esito non ricorrono ragionevoli motivi per riconoscere il nesso causale. Ed invero: - in primo luogo, si evidenzia che, all'insorgenza delle fessurazioni (agosto 2014, p. 8 relazione c.t.u.), il cantiere de quo era chiuso sin dal 6.11.2013 e tale rimaneva sino al 11.3.2015 (p. 75 relazione c.t.u.); all'epoca, "lo scavo della paratia era solo parziale lo scavo davanti alla paratia era solo parziale e peraltro più profondo sul settore Nord - ancora più lontano rispetto al Condominio (...) e soprattutto al suo settore più danneggiato (corpo scale); la ripresa dei lavori ed il completamento dello scavo, a cui corrisponde il regime di massima sollecitazione della paratia e quindi le massime deformazioni attese, è avvenuta nel mese di marzo del 2015. Nel mese di aprile del 2015 stato completato il muro perimetrale lato Ovest, riempiendo l'intercapedine con la paratia con ghiaia cementata; si può quindi assumere che da tale data ogni eventuale deformazione associata all'apertura dello scavo si sia interrotta" (p. 88 relazione c.t.u.); - la paratia, posta a protezione della roccia sbancata, è stata ritenuta dai c.t.u. adeguata ad assicurare le protezioni necessarie, senza interferire con la falda del terreno: "lo sbalzo della paratia (altezza da fondo scavo) è stata ridotta da 14,5 m a 7,8 m; le teste dei pali sono state rese collaboranti creando una trave in C.A. (H = 135 cm, B = 50 cm); la paratia è stata configurata planimetricamente (con i due lati Nord e Sud a creare dei "muri d'ala") in modo tale da incrementarne la rigidezza; sono stati realizzati dei contrasti angolari (saette) in profilato metallico, vincolate a 3 metri da ogni spigolo, ad ulteriore irrigidimento della paratia; secondo la ricostruzione del costruttore lo scavo è stato eseguito a settori, non aprendo simultaneamente l'intera luce dello scavo ed eseguendo tempestivamente le murature perimetrali definitive; durante le operazioni di scavo non è stata intersecata nessuna falda" (pp. 76, 77 relazione c.t.u.); - il cuneo di spinta attiva della paratia non interagisce con i fabbricati soprastanti, anche nelle condizioni più prossime come nel caso del Condominio Z. 1, come risulta chiaramente dalle tavole rappresentate (pp. 77,78 relazione c.t.u.); - i condomìni "Residenza Z. 1" e "(...)", nettamente più vicini allo sbancamento, rispettivamente a metri 5 e 5,50 (cfr. tavola p. 71 relazione c.t.u.), presentano un quadro fessurativo notevolmente inferiore a quello del condominio attoreo (p. 85 relazione c.t.u.); - da ultimo, va considerata la notoria minore incidenza sulle vibrazioni del suolo cagionate da un'escavazione all'aperto mediante escavatore su un'area limitata e cinta da paratia, rispetto ad una perforazione all'interno di un versante montuoso per circa 1.500,00 metri, mediante fresa meccanica ed esplosivo. Alla luce di quanto premesso, non sussistono i presupposti del nesso causale tra le opere delle società e la riattivazione della frana quiescente, sicché alcuna responsabilità può ascriversi a (...) s.r.l. e a (...) s.r.l., col conseguente rigetto delle domande in responsabilità o in manleva formulate dalla chiamante I.. C) Sulla responsabilità della Provincia di Sondrio. Nessuna responsabilità può essere ascritta alla committente Provincia di Sondrio per i danni subiti dagli attori, sussistendo la esclusiva responsabilità dell'appaltatrice I., tenuto conto che: - in primo luogo ed in via assorbente, l'art. 29 n. 44) del capitolato speciale di appalto dispone che "risponderà, inoltre, del pregiudizio subito dai fabbricati e dalle proprietà di terzi siti nelle adiacenza delle opere da realizzare, in ogni caso in cui il pregiudizio debba essere indennizzato o risarcito, sollevando esplicitamente la Stazione Appaltante ed i suoi funzionari da ogni pretesa che al riguardo venisse rivolta contro di essi" (doc. 5 Provincia); - ulteriormente, l'art. 165 comma 3 D.L. 5 ottobre 2010, n. 207, ratione temporis applicabile al caso di specie, in caso di sinistri alle persone e di danni nel corso dell'esecuzione dei lavori dispone che "l'onere per il ripristino delle opere o il risarcimento dei danni a luoghi, a cose o a terzi determinati da mancata, tardiva o inadeguata assunzione dei necessari provvedimenti è a totale carico dell'esecutore, indipendentemente dall'esistenza di adeguata copertura assicurativa"; - in ogni caso, la mera decisione di edificare una galleria in una zona caratterizzata da frana quiescente e l'autorizzazione all'appaltatrice all'utilizzo di esplosivo non si reputano di per sé sufficienti ad integrare una correlazione col movimento del versante, venendo piuttosto in rilievo, nel caso di specie, evidenti difformità esecutive ed inadeguate scelte operative, tutte ascrivibili all'appaltatrice I., come in dettaglio esposto al punto A.2. Tanto premesso, vanno rigettate le relative domande in responsabilità o in manleva formulate dalla chiamante I.. D) Voci di danno. Gli attori hanno svolto articolate richieste risarcitorie, anche in via alternativa, lamentando molteplici voci di danno di seguito esaminate: a) danno patrimoniale da lesioni all'edificio condominiale: gli attori domandano di essere risarciti dell'equivalente alla perdita totale dell'edificio o, in alternativa, alle opere di consolidamento necessarie al recupero dello stesso. Al riguardo, i periti hanno condivisibilmente ritenuto non praticabile la seconda ipotesi: invero, "premesso che finché il movimento di versante è in atto, e non vengono compiutamente individuate e risolte le cause che lo determinano, i CTU ritengono che non si possa effettuare alcun intervento di consolidamento del fabbricato, non essendovi nessuna garanzia che anche con la realizzazione di una profonda paratia di micropali a valle (Est) e la realizzazione di un robusto muro di controripa tirantato a sostegno del terreno a monte (Ovest), si possa contenere il movimento di versante e, di conseguenza, attuare gli interventi di consolidamento del fabbricato. ... A parere dei CTU gli interventi di adeguamento strutturale del fabbricato - miglioramento o adeguamento - appaiono molto complicati ed onerosi, dovendo tenere conto dei seguenti aspetti già ampiamente segnalati ed illustrati nei paragrafi precedenti. Innanzitutto Il vano scale e ascensore, previsto nei progetti architettonico e delle strutture ma non realizzato, così come si presenta a tutt'oggi non può essere recuperato, per cui andrebbe completamente demolito e ricostruito in conglomerato cementizio armato, come d'altronde previsto nel progetto delle strutture, e non in apparente muratura portante, al fine di conferire una maggiore rigidità al fabbricato e la possibilità di assorbire sforzi con componenti non solo statici verticali. L'intervento sul vano scale/ascensore comporterebbe anche la problematica di dover tenere conto che l'attuale copertura è solidalmente collegata a quella del fabbricato - falda Ovest - della quale ne è una estensione. Considerate le diffuse lesioni e deformazioni presenti, che ne sottolineano l'evidente inadeguatezza strutturale, il muro a monte del parcheggio dovrebbe essere demolito e ricostruito in conglomerato cementizio armato, probabilmente anche tirantato. La realizzazione degli interventi sul vano scale/ascensore ed il muro comporterebbero la movimentazione di notevoli volumi di scavo ed il rifacimento dell'intera pavimentazione - strato di fondazione e manto in conglomerato bituminoso (asfalto) - del parcheggio; lavorazioni queste pesantemente invasive nel contesto dato. Da ultimi, ma dal punto di vista strutturale sicuramente più importanti e condizionanti, sono gli aspetti legati, per quanto si è potuto verificare, all'armatura dei pilastri non corrispondente a quanto previsto nel progetto delle strutture (vedi par. 5.4.6) e l'impiego di un conglomerato cementizio armato con una resistenza caratteristica Rck inferiore a quella prevista nel medesimo progetto (vedi par. 5.4.4). Con riferimento al progetto delle strutture depositato per quanto riguarda dimensione e armatura degli elementi strutturali - travi e platee di fondazione, pilastri, travi e solai in elevazione e materiali impiegati - è stata effettuata una modellazione strutturale del fabbricato il più possibile aderente alla situazione attuale. Per tenere in conto dell'intervento di consolidamento delle fondazioni tramite micropali dell'anno 1985 (vedi par. 5.4.5), dando per acquisito che l'intervento abbia ottenuto i risultati attesi, sono stati bloccati gli spostamenti verticali in fondazione (asse z), nei punti dove sono stati realizzati. I risultati del calcolo effettuato secondo la normativa vigente - D.M. 14 gennaio 2008 - sono condensati nelle figure dell'Allegato F/01 - Calcolo struttura fabbricato "Residenza (...)" secondo normativa vigente: D.M. 14 gennaio 2008, dove in giallo vengono evidenziate le strutture non resistenti che dovranno essere oggetto di interventi di adeguamento/miglioramento ai sensi della sopraccitata normativa. ... Pertanto i sottoscritti CTU ritengono che un intervento di consolidamento del fabbricato per renderlo rispondente alla normativa vigente sia difficilmente attuabile, in quanto molto complicato ed oneroso in relazione al valore attuale del fabbricato" (pp. 92,93 relazione c.t.u.). A conferma, le ultime relazioni (...) sul monitoraggio del versante, aggiornate a settembre 2020, confermano la permanenza del movimento franoso del versante, pur rallentato rispetto al 2015-2016, che "comporta ancora possibilità di danno alle costruzioni" (doc. 75 attori), col rischio che "alcune strutture permanenti possono essere danneggiate dal movimento, ... tenendo presente che esiste l'eventualità di una accelerazione dei movimenti in occasione di forti piogge", con particolare riferimento all'area ove sorge il condominio attoreo (doc. 76 attori). L'impraticabilità del recupero è ulteriormente suffragata dalla gravità delle lesioni riscontrate, in parte correlate a problemi originari di instabilità mai stati completamente risolti (v. supra punto A.2). Tanto premesso, va risarcito il danno da perdita totale dell'edificio, mediante il rimborso di una somma di denaro equivalente al valore commerciale dell'immobile antecedente all'evento dannoso oggetto di causa; va esclusa l'alternativa proposta del rimborso a ciascun condomino delle future spese per l'acquisto di analoga proprietà, soluzione che comporterebbe evidenti difficoltà di concreta attuazione. Al riguardo, i periti hanno adeguatamente stimato il valore commerciale dell'immobile anteriormente all'evento dannoso in complessivi Euro 2.117.865,00, considerando il costo di costruzione di unità immobiliari simili nella zona per collocazione e metratura, le tecniche costruttive, ed al netto delle diminuzioni di valore dovute alla scarsa qualità costruttiva dell'immobile ed al suo invecchiamento (pp. 95,96 relazione c.t.u.). Va disatteso il diverso valore proposto dagli attori in Euro 3.700.000,00, per avere i c.t.u. stimato il solo fabbricato "e non gli accessori, terreno compreso" (p. 38 comparsa conclusionale): in primo luogo, i periti hanno effettivamente incluso nella sitma il valore degli accessori, ovvero il parcheggio delle autovetture ed il muro di controripa siti a monte del condominio (p. 96 relazione c.t.u.); quanto al terreno a valle, l'omessa considerazione da parte dei periti si reputa congrua, a fronte la scarsa incidenza dello stesso sul valore complessivo dell'immobile, trattandosi di una limitata striscia di terreno scosceso, priva di struttura alcuna e meramente servente alla strada che conduce ai parcheggi (cfr. mappa catastale mapp. (...), all. C/02.07 e fotografie all. D/02.32 e D/07.01 relazione c.t.u.). Dall'impossibilità totale di recupero dell'edificio deriva altresì la risarcibilità dei costi di demolizione, consolidamento e messa in sicurezza dell'area e suo monitoraggio futuro, degli altri oneri dovuti al Comune o altri Enti, delle spese di conferimento in discarica delle macerie. Tali costi non sono stati stimati dai c.t.u.: posto che un'eventuale integrazione dell'istruttoria limitatamente a tale aspetto si reputa contraria al principio di economia processuale, tenuto altresì conto che riguarderebbe esclusivamente costi futuri, si reputa in questa sede sufficiente la pronuncia di condanna generica, come in dispositivo. b) danno patrimoniale ai singoli condòmini per spese sostenute in relazione all'evento dannoso: risulta documentalmente provato che, a causa dell'evento dannoso: 1. tutti i condomini hanno sostenuto spese straordinarie per conferimento di incarichi a tecnici e professionisti, acquisto e posa di strumenti di monitoraggio, progettazione per la ricostruzione, acconti ai c.t.u., spese condominiali ordinarie e straordinarie (cfr. verbali di assemblea docc. 34, 35 attori); 2. inoltre, stante la pericolosità dell'immobile attoreo (poi confermata dal provvedimento di inagibilità), tra il 2015 e il 2017 i condomini (...)/(...), (...)/(...), (...), (...)/(...),(...) e (...) hanno sostenuto spese di locazione in altri appartamenti per trascorrere le vacanze (gruppi docc. da 38 a 43 attori). Ne consegue la risarcibilità delle voci di danno esposte al punto c), prima parte, delle conclusioni attoree, riportato in dispositivo, oltre alle spese condominiali ordinarie e straordinarie, per imposte e tasse, per canoni locativi di alloggi alternativi, sostenute o da sostenere sino all'avvenuta demolizione o recupero del fabbricato, nonché delle spese di trasloco degli arredi dagli appartamenti dei singoli condòmini. c) danno patrimoniale ai singoli condomini da perdita di valore degli appartamenti: risulta pacifico che sino all'ordinanza di inagibilità del 18.2.2016 i condomini fruivano regolarmente degli appartamenti per trascorrervi le ferie estive o invernali e che, in seguito al provvedimento, tutti gli appartamenti non sono più stati utilizzati sino ad oggi. Pertanto, ciascun condomino ha subito il danno patrimoniale da perdita totale del diritto di proprietà di ogni appartamento, il cui valore locativo annuo è stato adeguatamente quantificato dai periti in proporzione alla metratura di ciascun appartamento, secondo i valori medi di locazione di appartamenti analoghi (seconde case) nella medesima zona (p. 94 relazione c.t.u. e all. F/02). Ne consegue la risarcibilità delle voci di danno esposte al punto c), seconda parte, delle conclusioni attoree, moltiplicate per ogni anno di inagibilità, sino all'avvenuta demolizione o recupero del fabbricato. Onde evitare ingiuste duplicazioni del danno, da tali somme vanno dedotte le spese sostenute dai condomini (...)/(...), (...)/S., V., F./O., F. e P. di cui al punto precedente, e tutte quelle che saranno sostenute da ogni altro condomino per il godimento di altri appartamenti in sostituzione di quelli danneggiati, già risarcibili secondo la lettera precedente. d) danno non patrimoniale ai singoli condomini da perdita del diritto di proprietà: tale voce di danno si reputa non risarcibile in quanto, sebbene il Giudice possa quantificare il danno facendo ricorso ai parametri del c.d. danno figurativo, ricorrendo anche a presunzioni semplici, resta in ogni caso in capo al danneggiato l'onere di fornire determinate allegazioni ed elementi di prova a fondamento del danno non patrimoniale lamentato (ex multis, Cass. 17.12.2019 n. 33439): nel caso di specie la relativa prova difetta di qualsivoglia allegazione, essendosi gli attori limitati a richiamare orientamenti giurisprudenziali. e) danno non patrimoniale ai singoli condomini da reato ex art. 449 c.p.: la voce di danno non si reputa risarcibile, posto che nel caso di specie non si delineano i presupposti del disastro colposo, che presuppone la messa in pericolo dell'incolumità personale: nel caso in esame, si sono verificate situazioni di pericolo e danno unicamente alle cose, mentre non si riscontra un pericolo concreto all'incolumità personale dei condomini, essendo l'edificio stato dichiarato inagibile sin dal 18.2.2016, immediatamente sgomberato e non più utilizzato sino ad oggi. Trattandosi di obbligazioni di valuta, tutte le somme corrispondenti alle voci di danno riconosciute vanno devalutate al 18.2.2016 (data della totale inagibilità dell'immobile) e via via rivalutate sino alla pronuncia della sentenza; sulla somme via via rivalutate sono dovuti gli interessi legali dal 18.2.2016 sino al saldo effettivo. E) Sulla posizione di (...) s.p.a. Premessa la pacifica vigenza di due coperture assicurative in favore dell'assicurata I., vanno respinte le eccezioni di inoperatività delle polizze, concernenti l'oggetto del contratto (mancata copertura dei danni da utilizzo di esplosivi e da vibrazioni) e l'assenza di colpa in capo all'assicurata, considerato che: - la polizza CAR n. 338750797, specificamente riferita al cantiere oggetto di causa, reca la dichiarazione integrativa n. 2/2013 ad espressa copertura dei danni derivanti dall'impiego di esplosivo (p. 11 doc. 5a G.), parimenti coperti dall'art. 28 della polizza generale n. (...) (doc. 5 G.); - la polizza CAR copre i danni derivanti da franamento o cedimento del terreno (art. XV) e da vibrazioni (art. XVI), nel caso di specie senz'altro riconducibili alla "normale conseguenza del lavoro in corso di esecuzione" (p. 5 doc. 5a G.), trattandosi di escavazione di galleria stradale anche a mezzo di esplosivi; i medesimi danni sono parimenti coperti dalla polizza generale all'art. 7; - le assicurazioni in esame coprono i danni "involontariamente cagionati ai terzi in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l'assicurazione" (docc. 5 e 5a G.): nel caso di specie, nessun dubbio sussiste sulla natura non dolosa della condotta dell'assicurata nella causazione degli eventi dannosi oggetto di causa. Tanto premesso, l'assicurazione è tenuta a manlevare l'assicurata di quanto quest'ultima è tenuta a rifondere agli attori a titolo di risarcimento del danno e di spese di lite (previste dall'art. 40.4 della polizza n. (...)), nei limiti dei massimali pattuiti in ciascuna polizza. F) Spese di lite. Preliminarmente, si reputa opportuno procedere ad un'unica liquidazione delle spese di lite per entrambe le cause riunite, a fronte dell'identità del petitum e della causa petendi tra le domande degli attori nel giudizio riunente e dell'attrice (...) nel giudizio riunito, dell'identità delle allegazioni ed eccezioni delle altre parti, del minimo peso delle domande attoree del giudizio riunito (domanda risarcitoria di un singolo condomino) rispetto a quelle attoree formulate nel giudizio riunente (domande risarcitorie del condominio e di altri trentadue condòmini), tenuto altresì conto che il procedimento n.r.g. 216/2018 risulta riunito sin dalla fase introduttiva. Ulteriormente in via preliminare, si osserva che la rilevata inammissibilità della domanda risarcitoria di natura condominiale svolta da (...) nel giudizio riunito n.r.g. 216/2018 non comporta alcuna ripercussione in punto di spese di lite nel procedimento riunente, posto che in quest'ultimo giudizio la medesima domanda è stata correttamente proposta dal Condominio "Residenza (...)" ed è stata parzialmente accolta. Fatte queste doverose premesse, occorre distinguere i singoli rapporti processuali tra le parti: 1. Rapporti tra gli attori e la convenuta I.: tenuto conto del concorso colposo degli attori nella causazione del danno e del parziale accoglimento delle voci di danno, ricorrono i presupposti per la compensazione parziale delle spese del presente giudizio e del procedimento per a.t.p., da ritenersi congrua nella misura di un terzo. Le restanti spese del presente giudizio seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore tra Euro 2.000.001,00 e Euro 4.000.000,00 di complessità medio/alta, in Euro 1.124,00 per spese ed in complessivi Euro 35.333,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 10.000,00 per fase di studio, Euro 7.700,00 per fase introduttiva, Euro 15.300,00 per fase istruttoria minima, Euro 20.000,00 per fase decisionale, dedotto il 1/3 per la compensazione parziale), oltre accessori di legge. Le restanti spese del procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015 seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore indeterminabile di particolare importanza di complessità medio/alta, in Euro 172,60 per spese ed in complessivi Euro 5.333,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 2.500,00 per fase di studio, Euro 2.000,00 per fase introduttiva, Euro 3.500,00 per fase istruttoria, dedotto 1/3 per la compensazione parziale), oltre accessori di legge. 2. Rapporti tra la chiamante I. e le terze chiamate (...) S.r.l. e (...) s.r.l.: le spese di lite seguono la soccombenza della chiamante I. e si liquidano, per ognuna delle società chiamate, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore tra Euro 2.000.001,00 e Euro 4.000.000,00 di complessità medio/minima, in complessivi Euro 20.300,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 4.000,00 per fase di studio, Euro 2.700,00 per fase introduttiva, Euro 15.300,00 per fase istruttoria minima, Euro 7.000,00 per fase decisionale, con riduzione del 30% ex art. 4 comma 4 d.m. cit. in assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto per ciascuna parte assistita dal medesimo difensore), oltre accessori di legge. Le spese del procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015 seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano, per ognuna delle società chiamate, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore indeterminabile di particolare importanza di complessità medio/alta, in complessivi Euro 5.600,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 2.500,00 per fase di studio, Euro 2.000,00 per fase introduttiva, Euro 3.500,00 per fase istruttoria, con riduzione del 30% ex art. 4 comma 4 d.m. cit. in assenza di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto per ciascuna parte assistita dal medesimo difensore), oltre accessori di legge. 3. Rapporti tra la chiamante I. e la terza chiamata e Provincia di Sondrio: le spese di lite seguono la soccombenza della chiamante e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore tra Euro 2.000.001,00 e Euro 4.000.000,00 di complessità medio/minima, in complessivi Euro 29.000,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 4.000,00 per fase di studio, Euro 2.700,00 per fase introduttiva, Euro 15.300,00 per fase istruttoria minima, Euro 7.000,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. Le spese del procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015 seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore indeterminabile di particolare importanza di complessità medio/alta, in complessivi Euro 8.000,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 2.500,00 per fase di studio, Euro 2.000,00 per fase introduttiva, Euro 3.500,00 per fase istruttoria), oltre accessori di legge 4. Rapporti tra chiamante I. e la terza chiamata (...) S.p.a.: le spese di lite seguono la soccombenza della terza chiamata e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore tra Euro 2.000.001,00 e Euro 4.000.000,00 di complessità minima, in Euro 1.686,00 per spese ed in complessivi Euro 29.000,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 4.000,00 per fase di studio, Euro 2.700,00 per fase introduttiva, Euro 15.300,00 per fase istruttoria minima, Euro 7.000,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. 5. Spese dei c.t.u. nel procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015: le relative spese, liquidate con separato decreto del Presidente del Tribunale del 16.11.2017, sono poste definitivamente: i. in via solidale verso i c.t.u. a carico degli attori, I., (...) s.r.l., (...) s.r.l. e Provincia di Sondrio; ii. nei rapporti interni, a carico degli attori nella misura del 20%, di I. nella misura del 50%, di (...) s.r.l. nella misura del 10%, di (...) s.r.l. nella misura del 10%, di Provincia di Sondrio nella misura del 10%. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, in parziale accoglimento delle domande attoree, 1. in relazione alle opere di escavazione della galleria stradale nell'ambito dell'appalto pubblico "S.S. 38 Variante di Bormio per S. Caterina Valfurva e Livigno - Lotto VI - Variante di S. Lucia", accerta la responsabilità ex art. 2050 c.c. di (...) s.p.a. per i danni provocati al condominio "Residenza (...)" ed ai relativi appartamenti, unitamente al concorso di colpa degli attori nella misura del 20%, e, per l'effetto, condanna (...) s.p.a. alla rifusione, nella misura del 80%: a. in favore del condominio attoreo, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da perdita totale dell'immobile condominiale, della somma di Euro 2.117.865,00, nonché di tutti costi che saranno sostenuti dal condominio per la demolizione dell'immobile, consolidamento e messa in sicurezza dell'area e suo monitoraggio futuro, degli altri oneri dovuti al Comune o altri Enti, delle spese di conferimento in discarica delle macerie; b. in favore dei seguenti condòmini, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale per le spese da ciascuno sostenute in relazione all'evento dannoso oggetto di causa, delle seguenti somme: (...) - Euro 4.662,74 (...) (...) Euro 4.488,75 (...) - Euro 4.411,97 (...) (...) Euro 5.841,44 (...) Euro 7.483,40 (...) - Euro 5.337,91 (...) (usufruttuari) - (...) e (...) (nudi proprietari) (...) Euro 6.849,10 (...) Euro 14.656,92 (...), Euro 6.243,89 (...), (...) (...), P. (...), (...) e (...) (...) Euro 9.002,96 (...) - (...) (...) (...) e Euro 5.230,65 (...) (...) Euro 7.715,44 (...) - Euro 9.759,89 (...) (...) - Euro 16.648,62 (...) (...), Euro 4.305,66 S. e F. (...) e Euro 4.790,21 (...) (...) Euro 7.206,48 (...) e Euro 10.253,86 (...) (...) e Euro 7.399,47 (...) (...) Euro 263,38 (...) Euro 7.472,33 (...) Euro 24.158,60 oltre alle spese condominiali ordinarie e straordinarie, per imposte e tasse, per canoni locativi di alloggi alternativi, sostenute o da sostenere sino all'avvenuta demolizione o recupero del fabbricato, nonché delle spese di trasloco degli arredi dagli appartamenti dei singoli condòmini; c. in favore dei seguenti condòmini, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale da perdita di valore dei singoli appartamenti, delle seguenti somme moltiplicate per ogni anno di inagibilità a decorrere dal 18.2.2016 sino all'avvenuta demolizione o recupero del fabbricato: (...) - Euro 6.500,00 (...) (...) - Euro 4.000,00 (...) (...) Euro 4.500,00 (...) Euro 4.000,00 (...) - Euro 4.500,00 (...) (usufruttuari) - (...) e (...) (nudi proprietari) (...) Euro5.500,00 (...) Euro5.500,00 (...), Euro 4.500,00 (...), (...) (...),(...) (...), (...) e (...) (...) Euro 4.000,00 (...), (...) (...) (...) e Euro 4.500,00 (...) (...) Euro 5.500,00 (...) - Euro 5.500.00 (...) (...), Euro 4.500,00 (...) (...), Euro 4.000,00 (...) e (...) (...) - Euro 4.500,00 (...) (...) Euro 5.500.00 (...) e Euro 5.500,00 (...) (...) - Euro 7.000,00 (...) (...) Euro 3.000,00 (contatto locazione) (...) Euro 7.000,00 (...) Euro 7.000,00 dedotte le spese sostenute dai condòmini (...)/(...), (...)/(...), (...), (...)/(...), (...) e (...) per la locazione di altri appartamenti e quelle sostenute o da sostenere per il medesimo titolo da parte di ogni altro condòmino; d. in favore di tutti gli attori, degli interessi legali sulle somme liquidate, devalutate al 18.2.2016 e via via rivalutate sino alla pronuncia della presente sentenza; 2. rigetta le domande di (...) s.p.a. nei confronti delle terze chiamate (...) s.r.l., (...) s.r.l. e Provincia di Sondrio; 3. compensa parzialmente tra gli attori e (...) s.p.a. le spese di lite relative ad entrambi i procedimenti riuniti ed all'acquisito procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015, nella misura di un terzo; condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore degli attori delle restanti spese di lite per entrambi i giudizi riuniti, liquidate in motivazione in Euro 1.124,00 per spese ed in complessivi Euro 35.333,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore degli attori delle restanti spese di lite per il procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015, liquidate in motivazione in Euro 172,60 per spese ed in complessivi Euro 5.333,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 4. condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) s.r.l. delle spese di lite per entrambi i giudizi riuniti, liquidate in motivazione in complessivi Euro 20.300,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) s.r.l. delle spese di lite per il procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015, liquidate in motivazione in complessivi Euro 5.600,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 5. condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) s.r.l. delle spese di lite per entrambi i giudizi riuniti, liquidate in motivazione in complessivi Euro 20.300,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) s.r.l. delle spese di lite per il procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015, liquidate in motivazione in complessivi Euro 5.600,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 6. condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di Provincia di Sondrio delle spese di lite per entrambi i giudizi riuniti, liquidate in motivazione in complessivi Euro 29.000,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di Provincia di Sondrio delle spese di lite per il procedimento per a.t.p. n.r.g. 686/2015, liquidate in motivazione in complessivi Euro 8.000,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 7. pone in via definitiva le spese di c.t.u. del procedimento per a.t.p. n. 686/2015, liquidate con separato decreto del Presidente del Tribunale del 16.11.2017, a. verso i c.t.u., in via solidale a carico degli attori, (...) s.p.a., (...) s.r.l., (...) s.r.l. e Provincia di Sondrio; b. nei rapporti interni, a carico degli attori nella misura del 20%, di (...) s.p.a. nella misura del 50%, di (...) s.r.l. nella misura del 10%, di (...) s.r.l. nella misura del 10%, di Provincia di Sondrio nella misura del 10%; 8. in accoglimento della domanda di manleva di (...) s.p.a. nei confronti di (...) s.p.a., condanna quest'ultima alla rifusione di quanto l'assicurata è tenuta a pagare in forza dei punti precedenti, nei limiti dei massimali pattuiti per ciascuna polizza; 9. condanna (...) s.p.a. al pagamento in favore di (...) s.p.a. delle spese di lite per entrambi i procedimenti riuniti, liquidate in motivazione in Euro 1.686,00 per spese ed in complessivi Euro 29.000,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Sondrio il 13 gennaio 2021. Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Michele Posio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 1261/2015 promossa da: FALLIMENTO SI. S.r.l. (c.f. (...)), l'avv. DE.FR. ATTRICE contro BI. S.r.l. (c.f. (...)), con l'avv. MA.MI. CONVENUTA Oggetto: appalto. CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE In forza del contratto di appalto stipulato il 7.11.2012 con la committente Bi. s.r.l. (all'epoca So. s.r.l.), SI. s.r.l. (d'ora in avanti Sial) era incaricata di realizzare ed installare un impianto fotovoltaico in un'ex cava di argilla di proprietà della committente, sita nel Comune di Verretto (PV), per l'importo complessivo di Euro 3.500.000,00. Verificatisi nei primi mesi del 2013 smottamenti ed allagamenti nel cantiere, con scritture integrative del 8.3.2013 e del 11.7.2013 le parti si accordavano per la diminuzione dell'importo complessivo in Euro 3.120.000,00 e per il differimento del termine finale dei lavori al 31.10.2013, poi oralmente prorogato al 30.6.2014. A fine maggio 2014 Sial domandava un'ulteriore proroga, a causa delle difficoltà riscontrate nella rimozione dell'acqua e dei detriti all'interno del cantiere. La committente non accettava la richiesta, rifiutava il pagamento del saldo finale e, negato a Sial l'accesso al cantiere, dal 30.6.2014 dava incarico a imprese terze di completare i lavori, che erano ultimati a ottobre 2014. Ritenuto l'inadempimento della committente, con atto di citazione notificato il 3.9.2015 Sial domandava ex art. 1453 c.c., in via principale, l'adempimento al contratto di appalto, con condanna della committente al pagamento del saldo finale ed al rimborso delle spese sostenute per far fronte agli allagamenti; in via subordinata chiedeva la risoluzione del contratto; in ogni caso domandava la condanna di controparte al risarcimento del danno. Bi. s.r.l. (d'ora in avanti Bi.), ritualmente costituitasi, replicava punto per punto alle domande attoree, formulando le trascritte conclusioni. Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., assunte le prove orali ammesse, a seguito del mutamento del Giudice era dichiarata l'interruzione del giudizio per l'intervenuto fallimento dell'attrice, dichiarato in data 4.4.2018; riassunto il giudizio dalla curatela, la causa era trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini per gli scritti conclusionali. Vanno preliminarmente respinte le reiterate istanze istruttorie, per essere la causa idoneamente decidibile sulla base degli atti, dei documenti versati e dell'istruttoria compiuta. Occorre anzitutto premettere che i primi tre capoversi dell'esposizione in fatto riguardano circostanze documentali (docc. 1 a 33 attrice; da 1 a 6 e da 30 a 33 convenuta) e non specificamente contestate. Altresì, va sin d'ora evidenziata la mancanza del presupposto processuale della possibilità giuridica di accogliere la domanda attorea di esatto adempimento e le correlate pretese risarcitorie (p.ti 1 e 2 conclusioni): nel caso di specie, l'impianto risulta essere stato ultimato da terze imprese nell'ottobre 2014 (docc. da 34 a 43 convenuta), prima della proposizione del presente giudizio, sicché, all'epoca della notificazione della domanda attorea di adempimento, non esisteva più la prestazione del contratto di appalto di cui l'attrice pretende il compenso. Pertanto, va esclusivamente esaminata la domanda di risoluzione per inadempimento e le correlate pretese, di cui ai punti nn. 3 e 4 delle conclusioni attoree. Fatte queste doverose premesse, le parti contestano inadempimenti reciproci. In primo luogo, Sial reputa Bi. inadempiente per non avere saldato finale - al netto delle compensazioni accordate nella seconda scrittura integrativa del 11.7.2013 - pari a residui Euro 673.666,25; per non averle rimborsato i costi sostenuti per far fronte agli allagamenti, pari a Euro 290.617,78; per non averle consentito di ultimare dei lavori, negandole l'accesso al cantiere dal 30.6.2014. A sua volta, Bi. giustifica la propria condotta a fronte dell'inadempimento di Sial, che non avrebbe rispettato le modalità e i termini contrattuali, cui erano subordinate le sue pretese. Posta, pertanto, l'applicazione al caso di specie dell'art. 1460 c.c., a mente del quale "nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria", secondo costante giurisprudenza, premesso che il creditore deve provare soltanto la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore ha l'onere della prova dell'esatto adempimento ovvero della causa a lui non imputabile (per tutte, Cass. SS. UU. 30.10.2001 n. 13533), "eguale criterio di riparto dell'onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l'adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell'eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 cod. civ. (risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione)" (Cass. 15.7.2011 n. 15659 e succ. conformi). Nel caso in esame, la convenuta ha provato la fonte negoziale del proprio diritto ed i relativi termini di scadenza (cfr. docc. 2, 8, 13 e 18 convenuta), nonché ha puntualmente allegato l'inadempimento dell'attrice, consistito nel non avere terminato i lavori nelle modalità e nei termini pattuiti. In particolare, le parti avevano concordemente subordinato il pagamento del saldo residuo al termine finale dei lavori, prorogato nella seconda scrittura integrativa al 31.10.2013 e, nuovamente, prorogato su accordo orale al 30.6.2014, e che "in caso di interruzione dei lavori da parte dell'Appaltatrice per cause a lei direttamente imputabili (...), la committente sarà libera di completare direttamente il lavori ancora mancanti (p.to n. 7 doc. 13 convenuta, confermato nella bozza del contratto del 27.3.2014, approvata oralmente e non contestata). Termine finale che, pacificamente, la convenuta non rispettava, essendo i lavori non ancora ultimati alla data del 30.6.2014. Pertanto, la convenuta, ritenuta l'imputabilità del mancato rispetto del termine all'attrice, ai sensi della richiamata clausola interrompeva i rapporti con Sial e dava incarico a terzi di completare i lavori. Ciò posto, Sial riconduce la mancata ultimazione dei lavori a cause a sé non imputabili, lamentando carenze dei progetti delle opere di drenaggio attribuibili alla committente; difficoltà nel ripristino del cantiere in seguito agli allagamenti dei primi mesi del 2013; mancata collaborazione della committente nella definizione delle varianti. Le doglianze vanno tutte respinte per infondatezza: 1. le asserite carenze progettuali non si reputano attribuibili alla committente. Anzitutto nel contratto di appalto Sial dichiarava di "aver preso piena conoscenza del progetto complessivo delle opere, delle descrizioni tecniche e logistiche con cui dovranno essere eseguiti i lavori e (...) di come dovranno essere eseguite le opere fino a completa ultimazione'" (p. 5 doc. 2 convenuta). In sede prove orali il teste ing. Salvetti Stefano, direttore dei lavori, ha dichiarato che il progettista, ing. Papiri Sergio, gli aveva riferito che il progetto dell'impianto e delle opere di drenaggio gli era stato commissionato da Sial, che provvedeva relativo saldo (cfr. verbale udienza 23.2.2017); la circostanza si reputa sufficientemente attendibile, in quanto confermata dalla produzione delle relative fatture di pagamento, tutte intestate a Sial (docc. da 120 a 122 convenuta). Infine va evidenziato che, all'epoca della stipula dell'originario appalto (7.11.2012), la ex committente So. s.r.l. era posseduta al 100% da Sial, tanto che il contratto risulta sottoscritto dall'amministratore unico di entrambe le società Salvetti Damiano (doc. 2 convenuta): pertanto Sial non poteva non essere a conoscenza di un progetto che, sostanzialmente, essa stessa aveva pianificato, posto che So. era la società veicolo mediante la quale successivamente Sial, con la cessione del 100% del suo capitale sociale, trasferiva a Bi. la titolarità dell'impianto (cfr. docc. 7 e 9 convenuta). 2. Quanto alle difficoltà di completamento delle opere per i lamentati allagamenti, l'art. 1664 comma 2 c.c., invocato dall'attrice, richiede che le cause idrogeologiche non siano state previste dalle parti. La norma, di natura derogabile, non è applicabile nel caso in cui le predette cause siano previste o, comunque, prevedibili: invero, secondo l'orientamento legittimità più recente, per cause non previste si intende "non solo la mancata previsione nel contratto d'appalto delle difficoltà di esecuzione dell'opera derivanti da cause geologiche, idriche e simili, bensì anche la loro imprevedibilità al momento della sua stipulazione, sulla base della diligenza media richiesta dall'attività esercitata, in quanto la suddetta norma costituisce - non diversamente da quella del primo comma dello stesso art. 1664 - una specificazione del principio generale di cui all'art. 1467 secondo comma c.c." (Cass. 23.11.1999 n. 12989). Nel caso di specie, l'appaltatore non poteva non prevedere il rischio di problemi idrogeologici, posto che i lavori appaltati consistevano nella costruzione dell'impianto in un'ex cava di argilla, materiale notoriamente poco drenante, nei pressi di un corso d'acqua (torrente Coppa), e prevedevano, tra l'altro, la realizzazione di fossi di drenaggio, fossi di guardia, trincee ribassate, tubazioni drenanti, materiale ghiaioso drenante, e di "tutte le opere necessarie alla protezione dell'alveo, così da evitare eventuali attività erosive connesse allo sbocco della condotta da premente" (cfr. pp. 1-2 doc. 2 attrice). Inoltre, quand'anche i lamentati eventi si ritenessero imprevedibili ovvero imprevisti, non potrebbero in ogni caso comportare la risoluzione del contratto, non costituendo essi cause di impossibilità sopravvenuta ex art. 1258 c.c. né eccessiva onerosità ex art. 1467 c.c.. Invero, l'art. 1664 comma 2 c.c., sulla scorta della peculiare circostanza che nell'appalto l'appaltatore gestisce i lavori a proprio rischio (art. 1655 c.c.), deroga espressamente alle norme generali, riconoscendo all'appaltatore, in caso di difficoltà legate a cause idrogeologiche imprevedibili, esclusivamente il diritto ad un equo compenso, non alla risoluzione contrattuale. 3. L'attrice afferma di non avere potuto continuare i lavori nei primi mesi del 2014, in quanto controparte non avrebbe approvato le proposte varianti, in spregio all'art. 10 del contratto. Peraltro, il richiamato articolo non impone affatto alla committente di valutare le varianti proposte dall'appaltatrice, bensì, al contrario, prevede l'obbligo dell'appaltatrice, in caso di richiesta di varianti da parte della committente, di consegnarle un preventivo scritto e di eseguire i lavori solo dopo l'accettazione della committente (cfr. doc. 2 convenuta). Premesso, dunque, il mancato raggiungimento da parte dell'attrice della prova contraria all'inadempimento ascrittole ex art. 1460 c.c., Sial risulta inadempiente per non avere concluso le opere nel termine finale da ultimo previsto il 30.6.2014: sicché va accolta l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. svolta da Bi. che, pertanto, non può ritenersi a sua volta inadempiente in relazione alle pretese attoree. Pertanto, in mancanza del presupposto dell'inadempimento a carico della convenuta, va respinta la domanda attorea di risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c., così come le correlate domande risarcitorie. Da ultimo, a prescindere da quanto esposto in premessa e qualora si volesse dare valore autonomo al punto n. 2 delle conclusioni attoree in cui, pur genericamente, è domandata "in ogni caso" la condanna della convenuta al risarcimento del danno, qualificandolo ai sensi dell'art. 1664 comma 2 c.c., l'istanza andrebbe comunque respinta per un duplice autonomo ordine di ragioni: - anzitutto per quanto già esposto in tema di prevedibilità degli allagamenti occorsi, di cui al precedente punto n. 2, primo capoverso; - in secondo luogo ed a prescindere, il credito attoreo di Euro 290.617,78 (docc. da 10 a 29 attrice), anche laddove ritenuto inerente alle spese legate alle problematiche idrogeologiche, sarebbe comunque inferiore rispetto alle spese sostenute dall'attrice per l'ultimazione dell'impianto, lasciato colpevolmente incompiuto dall'attrice, esborsi documentalmente provati in complessivi Euro 871.696.29 (docc. 48 a 116 convenuta), dei quali la convenuta ha chiesto la compensazione in via di eccezione subordinata. Al rigetto delle domande attoree, consegue la soccombenza ex art. 91 c.p.c. in punto di spese di lite che si liquidano, ai sensi del d.m. 55/2014 per causa di valore di Euro 964.284,03 di medio-bassa complessità, in Euro 1.686,00 per spese ed in complessivi Euro 25.000,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 3.000,00 per fase di studio, Euro 2.500,00 per fase introduttiva, Euro 10.500,00 per fase istruttoria, Euro 9.000,00 per doppia fase decisionale), oltre accessori di legge. Non sussistono fondati motivi per accogliere la domanda ex art. 89 c.p.c., avendo la convenuta esercitato il proprio diritto di difesa con sufficiente continenza, né l'istanza ex art. 96 comma 3 c.p.c., non apparendo le difese attoree manifestamente infondate. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, 1. rigetta le domande attoree; 2. condanna parte attrice al pagamento delle spese del giudizio in favore di parte convenuta, liquidate in motivazione in Euro 1.686,00 per spese ed in complessivi Euro 25.000,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Così deciso in Sondrio il 16 marzo 2020. Depositata in Cancelleria il 16 marzo 2020.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale nella persona del giudice dott.ssa Sara Cargasacchi ha pronunciato la seguente SENTENZA Nella causa civile iscritta al n. 1617 /2018 del ruolo generale promossa da (...) (...), rappresentati e difesi dell'avv. (...) e dall'avv. (...), ed elettivamente domiciliati lo studio dell'avv. (...) in (...) n. (...) giusta procura in calce all'atto di citazione, parte attrice opponente contro (...) in persona del Presidente del Consiglio d'Amministrazione, e per essa quale procuratrice, la (...) rappresentata e difesa in forza di procura alle liti allegata ai sensi del D.P.R. 123/01 art. 10 dagli Avv.ti (...), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo in (...) parte convenuta opposta RAGIONI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) e (...) convenivano in giudizio (...), e per essa quale procuratrice, la (...), proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 428/2018, con cui il Tribunale di Sondrio ingiungeva all'attrice di pagare la somma di Euro 137,534,99 oltre interessi e spese del procedimento in forza delle fideiussioni rilasciate a garanzia delle obbligazioni contratte della società (...). La parte attrice opponente eccepiva: che le fideiussioni rilasciate erano affette da nullità radicale e/o parziale, limitatamente alle clausole n. 2, 6 e 8 in quanto in contrasto con l'art. 2, comma 2 della Legge n. 287/1990 (legge antitrust), che dispone la nullità ad ogni effetto delle intese fra imprese che abbiano ad oggetto di impedire e/o restringere la concorrenza all'interno del mercato nazionale. Per questa ragione domandava la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Si costituiva la parte opposta (...) e per essa quale procuratrice, la (...) contestando tutto quanto dedotto nell'atto di citazione e sostenendo in particolare: in via pregiudiziale, l'incompetenza del Tribunale di Sondrio in favore del Tribunale di Milano Sezione Impresa in ragione del disposto di cui all'art. 33 l. 287/90, come modificato dal D.lgs. n. 104/2010; nel merito il mancato assolvimento dell'onere della prova incombente su parte opponente ex art. 2697 c.c. in punto di pretesa violazione della normativa antitrust e di nullità della fideiussione. Per queste ragioni domandava dichiararsi l'incompetenza del tribunale adito e nel merito il rigetto dell'opposizione avversa e la conferma del decreto ingiuntivo opposto. Senza che fosse dato corso ad attività istruttoria alcuna, ritenuta la causa matura per la decisione, veniva fissata udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 16/10/2019 i difensori precisavano le conclusioni e il Giudice assegnava i termini di cui all'art. 190 c.p.c. e tratteneva la causa in decisione. L'opposizione è infondata e, pertanto, non può trovare accoglimento, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo. 1. In punto di competenza In primo luogo deve essere rigettata l'eccezione di incompetenza del Tribunale adito, sollevata dalla stessa parte che ha promosso il giudizio monitorio, in favore del Tribunale di Milano Sezione Impresa, in ragione del disposto di cui all'art. 33 l. 287/90, come modificato dal D.lgs. n. 104/2010. Giova preliminarmente osservare che in ragione del disposto di cui all'art. 33 l. 287/90, e dell'art. 3 D.lgs 168/2003 come modificato con legge n. 27/2012, appartengono alla competenza della Sezione Specializzata in materia d'Impresa le controversie in materia di violazione della normativa Antitrust, ossia le azioni di nullità' e di risarcimento del danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione delle disposizioni di cui ai titoli dal I al IV della l. 287/90 riferiti alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese che non ricadono nell'ambito di applicazione degli articoli 65 e/o 66 del Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, degli articoli 85 e/o 86 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE), dei regolamenti della CEE o di atti comunitari con efficacia normativa equiparata. Si osserva, inoltre, che la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire come "la legge antitrust non è la legge degli imprenditori soltanto, ma è la legge dei soggetti del mercato, ovvero di chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere" (Cass. S.U. n. 2207/2005). Di talché, si ritiene che l'ordinamento riconosca la legittimazione anche al consumatore, terzo estraneo all'intesa, ad agire ai sensi dell'art. 33 n. 2 L 287/1990, sicché sarà legittimato ad agire innanzi alla sezione specializzata al fine di ottenere la nullità di una intesa, nonché ad ottenere il risarcimento del suo effetto pregiudizievole. Tutto ciò premesso e chiarito, emerge che, sia che ad agire in giudizio siano gli imprenditori o i terzi soggetti del mercato portatori di uno specifico interesse, oggetto di tutela previsto dalla L 287/1990 risultano essere le intese anticoncorrenziali tra imprenditori restrittive della libertà di concorrenza. La normativa in esame, invece, nulla statuisce in relazione ai contratti che sulla base di dette intese le imprese che ne sono parti abbiano concluso con i terzi, per i quali dovrà ritenersi applicabile la disciplina di cui ai contratti tra privati con competenza del Tribunale ordinario. Orbene, nel caso di specie, l'opponente ha dedotto la nullità della sola fideiussione e non anche dell'eventuale intesa a monte, né risulta aver agito in giudizio al fine di ottenere il conseguente risarcimento, uniche ipotesi riconducibili alla disciplina di cui all'art. 33 I. 287/90 e appartenenti alla competenza della Sezione Specializzata Impresa. Per queste ragioni, l'accertamento della nullità di un contratto tra privati appartiene, in applicazione degli ordinari criteri di riparto della competenza, al Tribunale adito, sicché l'eccezione così formulata dovrà essere rigettata. 2. Nel merito - in punto di nullità del contratto di fideiussione in quanto "contratto a valle" di un'intesa vietata ex art. 2, comma 2, della legge 10/10/1990 n. 287 Deve essere rigettata l'eccezione riconvenzionale di nullità del contratto di fideiussione in quanto "contratto a valle" di un'intesa vietata ex art. 2, comma 2, della legge 10/10/1990 n. 287 formulata dall'opponente. Invero, quanto alle sorti di un contratto "a valle" dell'intesa anticoncorrenziale non si sottace indirizzo giurisprudenziale che individua quale rimedio la nullità "derivata". Questo giudice condivide, invece, il distinto indirizzo giurisprudenziale secondo il quale non è configurabile una nullità "derivata", fattispecie non prevista dall'ordinamento, di talché l'unica tutela concessa al soggetto rimasto estraneo alla intesa anti-concorrenziale che abbia allegato e dimostrato un pregiudizio ad essa conseguente è quella risarcitoria (Cass. S.U. n. 2207/2005). È stato chiarito dalla giurisprudenza di merito come: "Non può configurarsi nullità delle fideiussioni stipulate in conformità allo schema di contratto predisposto dall'ABI nel 2003, sul presupposto che le stesse contengano clausole dichiarate contrastanti con il divieto di intese anticoncorrenziali di cui all'art. 2, comma 2, lett. a della L. 287/1990. Il divieto rinvenentesi dalla normativa antitrust non incide in maniera diretta sul contenuto degli atti negoziali, ma su un comportamento che si pone a monte di questi e non si rinviene alcun vincolo di dipendenza funzionale o, quantomeno, un collegamento negoziale oggettivamente apprezzabile tra l'intesa anticoncorrenziale ed il singolo negozio. Peraltro nei contratti di fideiussione non vi è alcun oggettivo richiamo alla deliberazione dell'associazione di imprese bancarie di approvazione del modello standardizzato di fideiussione omnibus, né, men che meno, risulta che tale deliberazione abbia vincolato l'istituto di credito stipulante al rispetto dello schema ABI nella contrattazione con terzi. Si tratta invero, non di un vero e proprio accordo giuridicamente vincolante, bensì di una prassi il cui recepimento in uno schema contrattuale rientra nell'ambito della libertà negoziale delle parti. I contratti fra la singola impresa ed il cliente derivano dall'autonomia privata dei contraenti, ovvero da una autonoma manifestazione di consenso da cui può discendere indubbiamente anche l'eventuale recepimento all'interno del regolamento contrattuale delle singole clausole riproduttive dell'illecita determinazione, ma la circostanza che l'impresa collusa uniformi al programma anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata, non appare sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione pratica ... ". (Tribunale di Treviso, 26.7.2018, n. 1623). Tale soluzione risulta vieppiù corroborata dalla recente sentenza Cass. n. 13846/2019 laddove, pur pronunciandosi esclusivamente in punto di onere della prova, presuppone quale unica forma di tutela derivante dell'illecito anticoncorrenziale quella risarcitoria. Invero, considerato che la proibizione dettata dalla legge antitrust non condanna in maniera diretta il contenuto degli atti negoziali, ma un comportamento che si pone a monte di questi, di talché, in applicazione del principio di non interferenza tra regole di comportamento e regole di validità degli atti, alla stregua della quale la violazione di regole comportamentali o di correttezza giustifica soltanto l'adozione di rimedi risarcitori (cfr. Cass. Civ. SS.UU. 19.9.2007, n. 26724), l'unica forma di tutela esperibile a fronte di intese anticoncorrenziali o di altre violazioni rilevanti ex art. 2 L. 287/1990 è quella risarcitoria. Tale orientamento risulta altresì confortato dal d. lgs. 3/2017 che, secondo quanto precisa il suo art. 1, comma 1: "disciplina le azioni collettive di cui all'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il diritto al risarcimento in favore di chiunque ha subito un danno a causa di una violazione del diritto della concorrenza da parte di un'impresa o di un'associazione di imprese". Di talché, si ritiene non esserci alcuna possibilità per i singoli utenti di avvalersi di un collegamento tra le asserite intese anticoncorrenziali tra gli imprenditori bancari e, dall'altro lato, l'invalidità dei contratti che a quelle intese facciano riferimento. La sanzione della nullità prevista dall'art. 33 I. 287/1990, riguarda infatti esclusivamente le intese tra le imprese restrittive della libertà di concorrenza, così come individuate dall'art. 2 della L. 287/1990 e non si applica invece ai contratti che sulla base di dette intese le imprese che ne sono parti abbiano concluso con terzi; infatti poiché il diritto comunitario e quello nazionale nulla dispongono in ordine agli effetti dell'illecito anticoncorrenziale sui contratti conclusi dalle imprese con i clienti, il giudice può applicare ad essi solo le sanzioni eventualmente previste dal diritto interno. Per queste ragioni l'opposizione deve essere respinta e il decreto ingiuntivo emesso confermato e per l'effetto dichiarato definitivamente esecutivo. Spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza e, considerato il rigetto dell'eccezione di incompetenza formulata dall'opposta e il rigetto nel merito dell'opposizione, compensa per un 1/3 le spese di lite ponendo la restante parte a carico dell'opponente in favore dell'opposta che si liquida in complessivi Euro 8.750,00 per compensi professionali ex DM 55/2014 (secondo i valori medi per fascia di valore da Euro 52.001,00 ad Euro 260.000,00) oltre il 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre I.V.A. e C.P.A.. P.Q.M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa istanza disattesa: rigetta l'opposizione proposta da (...) e (...) nei confronti di (...) e per essa quale procuratrice, la (...) e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 428/2018 emesso dal Tribunale di Sondrio dichiarandolo definitivamente esecutivo; condanna l'opponente a rifondere l'opposto delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 8.750,00 per compensi professionali ex DM 55/2014 oltre il 15% su detti compensi a titolo di spese generali ex art. 2 DM citato, oltre I.V.A. e C.P.A. Così deciso in Sondrio il 10 dicembre 2019. Depositata in Cancelleria il 10 dicembre 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SONDRIO SEZIONE CIVILE Composto dal Magistrato: Dott.ssa PAOLA MAZZA G.I. in funzione giudice Unico monocratico ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al N. 1764/2015 R.G. assegnata a sentenza all'udienza di precisazione delle conclusioni in data 03 ottobre 2018, promossa da: - (...), nato a T. (B.) il (...), residente a M., via (...), codice fiscale: (...), - (...), nato a G. (V.) il (...) ed ivi residente in via (...), codice fiscale: (...), entrambi elettivamente domiciliati in Sondrio, via (...), nello studio dell'avv. Fe.Vi., che li difende e rappresenta, per mandati a margine dell'atto di citazione; attori CONTRO - CONDOMINIO (...), codice fiscale (...), in persona del suo amministratore, (...) snc di cui il signor (...) (codice fiscale: (...)) è legale rappresentante, rappresentato ed assistito, per procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall'avv. At.De. presso il cui studio in Chiavenna (SO), via (...), è stato eletto domicilio; convenuto AVENTE AD OGGETTO: Altri istituti e leggi speciali. MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto del 29 novembre 2015 i condomini (...) e (...) convenivano in giudizio il Condominio (...), in persona dell'amministratore pro tempore, al fine di accertare e dichiarare la nullità e/o annullabilità della delibera del 25 luglio 2015 di approvazione del consuntivo del Condominio (...) esercizi 2012 - 2015, con riferimento all'approvazione delle spese di riscaldamento ed acqua calda e la conseguente suddivisione delle stesse tra i diversi condomini, nonchè di quella successiva del 17 ottobre 2015 di conferma dell'approvazione. Gli attori asserivano: - di essere proprietari di due distinte unità immobiliari situate a (...), via L. n. 40, facenti parte dell'edificio condominiale denominato Condominio (...); - di aver partecipato all'assemblea condominiale tenutasi in data 25 luglio 2015 nel corso della quale veniva approvato, con il loro voto sfavorevole, il conto consuntivo relativo al trimestre 2012/2015; - che il predetto conto consuntivo prevedeva l'importo di Euro 30.670,38 per costi di riscaldamento ed acqua calda, meglio ripartiti in Euro 1.094,50 di acqua calda ed Euro 29.575,87 di riscaldamento (di cui Euro 9.201,11 imputabili alla quota fissa del 30% ed Euro 20.374,76 relativi al consumo effettuato); - che la ripartizione dei costi a "consumo" conteneva la contabilizzazione di n. 436 ore di riscaldamento in tre anni, pari ad Euro 6.930,65, attribuite a (...) e la contabilizzazione di n. 455 ore di riscaldamento in tre anni, per Euro 7.232,67 attribuite a (...). Gli attori asseriscono che le somme richieste in pagamento in punto alla quota "a consumo" appaiono ictu oculi abnormi rispetto a qualunque canone anche con riferimento al periodo pregresso. Secondo gli attori le quote "a consumo" inerenti le ore di riscaldamento e l'utilizzo dell'acqua calda non sarebbero state determinate in maniera corretta e con criterio di proporzionalità, inoltre la causa di tale abnormità dovrebbe ricondursi alla circostanza che molti condomini, mantenendo il collegamento con l'impianto centralizzato, hanno adottato soluzioni alternative per scaldare le proprie unità abitative (stufe a pellet), limitando l'uso dell'impianto centralizzato alla sola fase "antigelo" ed al consumo dell'acqua calda, facendo così lievitare il costo relativo alla "quota a consumo". Per gli attori inoltre la ripartizione delle spese così predisposta ed approvata dal Condominio non tiene conto della dispersione termica dell'edificio e della vetustità dell'impianto di riscaldamento. Gli attori asseriscono dunque che la deliberazione assunta nel corso dell'assemblea condominiale del 25 luglio 2015 sia da considerarsi illegittima con riferimento alle spese di riscaldamento e produzione di acqua calda in quanto nulla e/o annullabile per violazione dei principi basilari del diritto e norme di legge. Il Condominio (...) si costituiva in giudizio, preliminarmente, eccependo la decadenza degli attori dalla possibilità di impugnazione della deliberazione dell'assemblea del 25 luglio 2015, in quanto l'avvio del procedimento giudiziario sarebbe avvenuto ben oltre il termine di trenta giorni previsto per legge. Il Condominio convenuto nel merito asseriva la piena legittimità della delibera impugnata. L'eccezione di decadenza sollevata dal Condominio convenuto è infondata. Il termine decadenziale di trenta giorni previsto dalla legge ai fini della tempestività dell'azione ex art. 1137 cod. civ. relativa all'impugnazione della delibera dell'assemblea condominiale, subisce un'interruzione a seguito della proposizione dell'istanza di mediazione e riprende nuovamente a decorrere, ai sensi dell'art. 5, comma 6, D.Lgs. n. 28 del 2010, a far data dal deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo di mediazione. Ne consegue che l'atto di citazione avendo ad oggetto l'impugnativa deve essere portato a notifica entro il termine di trenta giorni che deve ricorrere nuovamente per una sola volta dal deposito del verbale conclusivo del procedimento di mediazione. La proposizione della domanda di mediazione ha un effetto interruttivo e non sospensivo. Considerato il dettato normativo delineato dall'art. 1137 cod. civ., dall'art. 71 quater disp. att . cod. civ. e dall'art. 5 del del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 cod. civ., non è condivisibile l'indirizzo giurisprudenziale che ritiene che, in caso di fallimento della conciliazione, dal deposito del verbale negativo non decorra nuovamente per intero il termine di trenta giorni. Nella fattispecie in esame l'atto di citazione è stato portato in notifica il 3 dicembre 2015, nel termine di trenta giorni dopo il deposito del verbale negativo di mediazione avvenuto il 3 novembre 2015 (doc. 2 del fasc. di parte attrice). Il perfezionamento della notifica per il mittente, e quindi il momento rilevante per valutare il rispetto termini, è infatti quello in cui l'atto viene consegnato all'Ufficiale Giudiziario e non quello della consegna del destinatario. L'eccezione di decadenza sollevata dal Condominio convenuto deve dunque essere respinta. La domanda attorea è però infondata, pertanto, deve essere rigettata. Premesso che la deliberazione dell'assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell'amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall'art. 1137 cod. civ. , comma 2, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, restando esclusa una diversa forma di invalidazione ex art. 1418 cod. civ., non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell'impugnazione della delibera, da considerarsi, perciò annullabile (Cass. Civ. 5254/2011). Il controllo che può esercitare l'autorità giudiziaria è dunque un controllo sulla legalità della deliberazione di approvazione del consuntivo e non sul merito di essa. La deliberazione assunta nel corso della riunione condominiale del 25 luglio 2015 è legittima non contenendo alcun vizio che ne determini la nullità e/o annullabilità. La stessa è stata adottata in applicazione dei criteri di ripartizione dei costi di riscaldamento ed acqua calda stabiliti ed assunti sin dall'anno 2008 dai condomini e dagli stessi (compresi (...) e (...)) mai contestati (docc. da 2 a 12 del fasc. di parte convenuta). Tali criteri prevedono, per l'utilizzo di acqua calda una spesa di Euro 10 a metro cubo e, quali costi di riscaldamento, una quota fissa del 30%, determinata sulla base dei millesimi di proprietà, oltre ad una parte variabile del 70% calcolata sulla base del consumo effettuato. Solamente nel corso dell'assemblea condominiale di approvazione del consuntivo del 25 luglio 2015 gli attori hanno deciso di mettere in discussione il criterio di ripartizione delle spese adottato dal Condominio. Il criterio adottato dal Condominio convenuto è perfettamente legittimo in quanto, in virtù della presenza di singoli contatori di rilevazione del consumo, rispetta il principio sancito dall'art. 1123, secondo comma, cod. civ. In tema di suddivisione delle spese di riscaldamento trova applicazione il principio "dell'uso diverso" di cui al secondo comma dell'art. 1123 cod. civ. Parte attrice sostiene che alcuni condomini avrebbero deciso di contenere i costi di riscaldamento delle loro unità abitative attraverso l'installazione a stufe a pellet, limitando l'uso dell'impianto centralizzato alla sola fase "antigelo" ed al consumo dell'acqua calda, ed invoca l'applicazione per analogia della fattispecie prevista dal IV comma dell'art. 1118 cod. civ. In corso di causa parte attrice non ha neppure dimostrato la circostanza che alcuni condomini avrebbero adottato soluzioni alternative di riscaldamento (stufe a pellet). Al caso in esame è comunque inapplicabile l'invocata fattispecie di cui all'art. 1118, comma IV, cod. civ. L'ipotesi disciplinata dall'articolo 1118, IV comma, del cod. civ. riguarda, infatti, la separazione fisica tra impianto centralizzato e le tubazioni che collegano ogni singola unità immobiliare, nella specie in esame, invece, come affermato dagli stessi attori, si sarebbe verificato solamente un ridotto utilizzo dell'impianto di riscaldamento centralizzato da parte di alcuni condomini. Per tutte le ragioni sopra esposte le domande di parte attrice non possono trovare accoglimento. Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e devono pertanto essere poste a carico di parte attrice. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, respinta ogni altra domanda ed eccezione, così provvede: 1) Respinge l'eccezione di decadenza sollevata dal Condominio convenuto. 2) Respinge la domanda degli attori. 3) Condanna (...) e (...) a rifondere al Condominio (...) le spese di causa che si liquidano in complessivi Euro 5.560,25, di cui Euro 4.835,00 per compensi (Euro 875,00 per fase di studio, Euro 740,00 per fase introduttiva, Euro 1.600,00 per fase istruttoria ed Euro 1.620,00 per fase decisionale) ed Euro 725,25 per spese generali oltre I.V.A. e C.P.A.. Così deciso in Sondrio il 24 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 25 gennaio 2019.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SONDRIO SEZIONE UNICA CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice Michele Posio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al n. r.g. 1927/2014 promossa da: (...) (c.f. (...)), con l'avv. MA.EN. ATTORE contro (...) S.R.L. (c.f. (...)), con l'avv. DELL'OCA CESARE CONVENUTA e FALLIMENTO (...) S.R.L. (c.f. (...)), con l'avv. GA.AN. e l'avv. SA.DA. TERZO CHIAMATO e FALLIMENTO (...) S.R.L. (c.f. (...)) TERZO CHIAMATO CONTUMACE CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE (...), premesso di avere incaricato (...) s.r.l. della fornitura e posa di un innovativo impianto fotovoltaico da 102.600 W su una tettoia della propria azienda agricola, completato nel luglio 2012, riferiva che, per cause imputabili a (...), gli erano stati negati dall'ente (...) (...) gli incentivi per il primo semestre del 2012 e che aveva ottenuto, per il periodo successivo, incentivi minori di quelli contrattualmente previsti; lamentava altresì la sussistenza di gravi vizi al funzionamento dell'impianto, ascrivibili alla costruttrice. Pertanto, con ricorso depositato il 14.3.2014, il (...) instaurava avanti al Tribunale di Sondrio nei confronti di (...) procedimento per accertamento tecnico preventivo, al cui esito, nella relazione del 26.9.2014, il nominato c.t.u. ing. Pe.Pi., valutati le cause, la sussistenza, i rimedi e la quantificazione dei danni cagionati dai lamentati difetti, concludeva per lo smantellamento di tutti i pannelli fotovoltaici installati da (...) e la loro sostituzione. Pertanto, alla fine del 2014 il (...) procedeva allo smontaggio delle celle, per sostituirle con altre di tipologia più tradizionale. Ciò premesso, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 19.11.2014 il (...) domandava la risoluzione del contratto di fornitura/appalto stipulato con (...) e la condanna di quest'ultima al pagamento di complessivi Euro 697.904,88 oltre interessi, importo comprensivo della restituzione del prezzo versato e del risarcimento del danno derivato dai costi per la rimozione dei pannelli e la loro sostituzione, dal minor rendimento energetico dell'impianto difettoso e dagli incentivi negati e concessi in misura minore dal (...), oltre al rimborso delle spese legali e tecniche del previo procedimento per ATP. Si costituiva ritualmente (...) s.r.l. che, contestate le avverse doglianze, rassegnava le trascritte conclusioni, previa autorizzazione alla chiamata in causa di (...) s.r.l., la costruttrice dei pannelli, e di Fallimento (...) s.r.l., la progettista dell'impianto, contro le quali spiegava subordinate domande di manleva. Si costituiva la sola terza chiamata (...), che formulava le conclusioni in epigrafe. Convertito il giudizio nelle forme ordinarie, concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., assunte le prove testimoniali ammesse e riassunto il giudizio successivamente alla declaratoria di interruzione per l'intervenuto fallimento di (...) s.r.l., la causa era trattenuta in decisione con assegnazione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c.. Preliminarmente, sono infondate le eccezioni della convenuta e della terza chiamata di decadenza o di prescrizione dell'azione attorea di garanzia per i vizi della cosa venduta e/o appaltata. Quanto alla decadenza, è sufficiente richiamare l'analogo disposto degli articoli 1495 comma 2 e 1667 comma 2 ultima parte c.c., per cui non è necessaria una tempestiva denuncia dei vizi qualora il venditore o l'appaltatore ne abbiano riconosciuto l'esistenza. Nel caso di specie, è documentalmente provato che (...), legale rappresentante di (...) s.r.l. all'epoca dei fatti, il 17.6.2013 ha riconosciuto nel dettaglio i lamentati difetti dei pannelli (doc. 10 convenuta). Quanto alla prescrizione, va richiamato l'orientamento di legittimità che, nel caso in cui il venditore o l'appaltatore, oltre a riconoscere i vizi, si impegni ad eliminarli, consente alla controparte "di non soggiacere ai termini di decadenza ed alle condizioni di cui all'art. 1495 cod. civ., ai fini dell'esercizio delle azioni (risoluzione del contratto o riduzione del prezzo) previste in suo favore, sostanziandosi tale impegno in un riconoscimento del debito, interruttivo della prescrizione" (per tutte, cfr. SS.UU. 21.6.2005 n. 13294). Nel caso in esame, risulta per tabulas che, in più occasioni, il legale rappresentante della convenuta si era dichiarato disponibile a rimuovere i difetti lamentati, onde trovare una soluzione bonaria alla controversia (cfr. missive del 30.8.2013 e 7.10.2013 doc. 15 e 18 convenuta). Occorre sul punto precisare che, sebbene il predetto impegno si collochi oltre il termine di prescrizione ex art. 1495 comma 3 c.c., in quanto espresso per iscritto la prima volta il 30.8.2013, oltre a un anno dalla consegna dell'impianto (avvenuta nel luglio 2012), le intercorse trattative hanno esclusivamente riguardato la quantificazione del danno patito dall'attore (cfr. docc. 15 e 18 convenuta). Tale comportamento si reputa incompatibile con la volontà di avvalersi della prescrizione maturata, da ritenersi implicitamente rinunciata ai sensi art. 2937 comma 3 c.c., come confermato dal condiviso orientamento di legittimità, per cui "la rinuncia alla prescrizione per effetto di atto incompatibile con la volontà di avvalersi di essa, a norma dell'art. 2937 cod. civ., ovvero l'interruzione della prescrizione medesima per effetto di riconoscimento, a norma dell'art. 2944 cod. civ., possono conseguire anche da una proposta transattiva, qualora questa, anziché presupporre la contestazione del diritto della controparte, venga formulata in circostanze e con modalità tali da implicare ammissione del diritto stesso, e sia rivolta solo ad ottenere un componimento sulla liquidazione del "quantum"" (tra le tante, Cass. 14.7.2009 n. 16379). Infine, anche a prescindere da quanto premesso, ricorrono comunque i presupposti per l'esercizio dell'azione generale di risoluzione del contratto ex artt. 1453 e ss. c.c., sussistendo un inadempimento grave ed imputabile alla convenuta (...), per le ragioni infra esposte. Azione non soggetta a termini di decadenza e che si prescrive nel termine ordinario decennale. Superate le preliminari eccezioni, nel merito la causa si reputa idoneamente decidibile, senza necessità di ulteriore istruttoria orale o di supplemento alle operazioni peritali, come già espresso dal precedente giudicante nell'ordinanza del 5.4.2017, qui richiamata, essendo sufficienti a tal fine le prove documentali in atti, le testimonianze assunte e la prodotta relazione di ATP del c.t.u. ing. Pellegrini, i cui risultati si condividono integralmente. Ciò posto, occorre distinguere le posizioni delle singole parti. Sulla posizione di (...) s.r.l.. In punto di fatto, risulta provata la stipula tra (...) e (...) s.r.l. di un contratto di vendita/appalto per la fornitura e posa di un impianto fotovoltaico da 102.600 W, prodotto dalla società (...) s.p.a., modello "RTL-BA2I-180W". Ciò nonostante, (...) installava un impianto di marca e modello differenti da quello ordinato, in quanto facente capo ad altra società, la (...) s.r.l., e diversamente denominato "RTL-BA-M6-I3" (cfr. docc. 23 e 30 convenuta e doc. 9 prima memoria 183 attore). Vanno respinte le eccezioni della convenuta circa l'insussistenza dell'ordinativo del (...) a (...) s.p.a. e circa una sopravvenuta accettazione da parte del (...) del diverso impianto. Quanto al primo rilievo, va anzitutto osservato che il contratto di appalto privato non richiede particolari oneri formali, potendo quindi la relativa prova essere fornita con ogni mezzo, anche per presunzioni. Ciò posto, nel caso di specie sussistono elementi di prova gravi, precisi e concordanti, di seguito descritti, per presumere il contratto di vendita/appalto è consistito nell'ordine a (...) di fornire e posare un impianto fotovoltaico della società (...), denominato "RTL-BA2I-180W". Risulta da entrambe le parti prodotta in atti un'offerta commerciale del 30.4.2012 (doc. 1 attore e convenuta), in cui l'appaltatrice (...) illustrava al committente (...) le condizioni per la fornitura e posa dell'impianto di (...) s.p.a., modello "RTL-BA2I 180W"; alla stessa era allegato un "business plan" recante i dettagli dell'operazione (doc. 2 convenuta). L'offerta e il piano menzionati risultano essere gli ultimi di una serie di proposte, intercorse fin dal secondo semestre 2011, nelle quali le parti avevano valutato le possibili soluzioni, senza peraltro mai contemplare nelle varie proposte la società (...) s.r.l., né il nominativo dell'impianto poi effettivamente installato (cfr. gruppo docc. 4 e 5 convenuta). Inoltre, in data 27.4.2012 (...), tramite la legale rappresentante Silvana Porta, ha richiesto proprio l'impianto "RTL-BA2I 180W" contemplato nell'offerta del 30.4.2012 a tale (...), "sales manager" - peraltro - di (...) (docc. 6 convenuta); quest'ultimo, in pari data, rispondeva a (...) con l'offerta di un impianto non meglio denominato, risultando annerito il nome del prodotto (cfr. doc. 7 convenuta), e solo in seguito indicato nell'impianto "(...) RTL-BA-M6-I3"(cfr. doc. 30 convenuta), cioè quello effettivamente installato. Il tutto all'insaputa dell'attore, dato che (...) ha autonomamente contattato (...) s.r.l. e che quest'ultima ha avuto rapporti esclusivamente con (...) e con la costruttrice dei pannelli (...) s.r.l., mai con il committente (...). Pertanto (...) s.r.l. è società diversa da quella richiesta dall'attore e, contrariamente a quanto dedotto dalla convenuta, non fa parte dello stesso gruppo societario di (...) s.p.a., essendo il suo unico socio tale (...) s.r.l. (cfr. visure allegate alla relazione del c.t.u.). Quanto al rilievo per cui (...) avrebbe in corso d'opera accettato il diverso impianto di (...), la relativa prova non si reputa raggiunta dalla convenuta. La circostanza è stata - esclusivamente - riferita dal teste (...), la cui deposizione si reputa peraltro integralmente inattendibile, avendo rivestito all'epoca dei fatti la qualità socio e legale rappresentante della convenuta (cfr. verbale testimonianza 5.7.2016). Resta, poi, privo di rilevanza il fatto, riferito da altri testi, che (...) si recasse in loco quasi tutti i giorni dei lavori di costruzione, se si considera che egli è il titolare dell'azienda agricola in cui lavora e che la marca e il modello dei pannelli non erano facilmente visibili, in quanto posti sul retro di dispositivi da posare in cima ad una tettoia. L'assenza di specifici controlli da parte dell'attore appare altresì giustificata dal rapporto di natura "confidenziale" tra l'attore e la società convenuta, come riferito da quest'ultima nelle proprie difese. La convenuta svolge ulteriori e subordinate difese. Sostiene che, quand'anche fosse dimostrata la fornitura al committente di un impianto diverso da quello ordinato, la circostanza sarebbe comunque ininfluente ai fini dell'inadempimento, considerata l'esiguità dei vizi lamentati; deduce altresì un concorso di colpa del committente il quale, nonostante la presenza di vizi non gravi, avrebbe inopinatamente smantellato l'impianto dopo solo due anni di utilizzo. Anche gli esposti rilievi risultano integralmente infondati, all'esito delle operazioni peritali del procedimento di ATP, la cui bozza e la relazione finale del 26.9.2014 hanno consentito di accertare: a) le cause dei vizi, b) la loro tipologia e la non lieve entità, c) i rimedi, d) la quantificazione del danno. a) Nel caso di specie può ritenersi irrilevante l'accertamento delle cause dei vizi lamentati, in ragione della natura oggettiva della responsabilità ex artt. 1490 e 1667 c.c., che sorge in capo alla venditrice/appaltatrice in forza dell'esistenza stessa del vizio. Qualora, invece, si ritenessero applicabili le norme generali sulla responsabilità per inadempimento, occorre valutare l'ascrivibilità dei vizi lamentati alla convenuta (...). All'esito del procedimento di ATP il c.t.u. ha ricondotto i vizi (di cui infra al punto b)) ad un errato montaggio dell'impianto e dei pannelli, nonché a difetti di fabbricazione dei diodi. Tipologie di vizi tutte ascrivibili all'operato della convenuta (...). Anzitutto l'errato montaggio è direttamente riferibile alla convenuta, in quanto di posatrice dei pannelli. Quanto ai diodi difettosi, sussiste la responsabilità ex art. 1228 c.c. di (...) per il sol fatto di essersi contrattualmente avvalsa di una terza società, rivelatasi inadempiente nella realizzazione di diodi a regola d'arte. Inadempimento di (...) reso ancor più grave dal fatto che essa si è consapevolmente avvalsa di una società differente da quella richiesta dal committente, senza alcun consenso di quest'ultimo. Vieppiù, se si considera che (...) S.r.l. presentava caratteristiche di affidabilità nettamene inferiori a quelli di (...) S.p.A.: diversamente da quest'ultima, la prima era stata costituita in concomitanza all'ordinativo del (...), otteneva le certificazioni amministrative di qualità solo tre mesi dopo l'ordine, presentava un capitale sociale di molto inferiore e, non da ultimo, veniva dichiarata fallita insieme al socio unico (...) s.r.l. appena un anno dopo la sua costituzione (cfr. visure delle due società allegate alla c.t.u., doc. 26 convenuta e pp. 19 e ss. relazione finale c.t.u.); b) La perizia depositata ha riscontrato plurime tipologie di vizi. In particolare: - su n. 570 pannelli installati n. 180 presentavano ceramiche fessurate, diodi bruciati o scoppiati, liquido interno al diodo bruciato, accenni di bruciatura (cfr. verbale allegato al punto a) bozza relazione c.t.u. e relative fotografie). All'esito di prove tecniche effettuate su un campione di cinque pannelli - di cui uno integro e gli altri quattro difettosi -, il c.t.u. ha condivisibilmente recepito le conclusioni del proprio ausiliario (...) s.p.a., secondo cui tutti i diodi, anche quelli non ancora colpiti dai difetti, erano instabili e malfunzionanti per congeniti difetti di fabbricazione (cfr. conclusioni al rapporto di prova rev. 1 del 10.6.2014, allegato al punto b) bozza relazione c.t.u.); - i collegamenti stringhe-inverter presentavano una circolazione di correnti inverse in misura superiore al carico sopportabile di 12 A, in quanto la loro connessione non era conforme alle indicazioni del manuale di installazione fornito da (...) (cfr. p. 1 punto c) bozza relazione e pp. 9 e ss. relazione definitiva); - a causa un cedimento dell'isolamento dei cavi di stringa, l'impianto era caratterizzato una bassa resistenza all'isolamento in situazioni di umidità, da cui derivava di frequente un blocco automatico dell'inverter; col passare del tempo il difetto comportava la necessità di intervento manuale per sbloccare gli inverter, costringendo il titolare dell'impianto ad un continuo monitoraggio dello stato di funzionamento degli inverter (cfr. p. 1 punto c) bozza relazione e p. 13 relazione definitiva); - lo spazio tra le celle del pannello inferiore e il bordo di quello superiore - dovuto ad un errato montaggio - era troppo limitato e comportava l'ombreggiamento della metà della prima serie di celle e, pertanto, un minore rendimento energetico (cfr. p. 2 punto c) bozza relazione e pp. 14 e ss. relazione definitiva); - la scarsa qualità delle saldature dei conduttori, con evidenti bruciature (p. 22 relazione definitiva); - rispetto ai pannelli ordinati, quelli forniti presentavano i diodi laminati direttamente all'interno dei pannelli fotovoltaici e non in una scatola di giunzione IP 65: ciò comportava un funzionamento dei diodi con temperature più elevate ed un minore smaltimento del calore, con più alti rischi di surriscaldamento, bruciature e scoppi. Ne derivava un calo di resa del modulo pari al 21,1%, come indicato nelle prove effettuate da (...) s.p.a. (cfr. p. 1 punto d) bozza relazione c.t.u.); - rispetto ai pannelli ordinati, quelli forniti presentavano caratteristiche inferiori di calpestabilità (cfr. p. 1 punto d) bozza relazione c.t.u.); - rispetto ai pannelli ordinati, quelli forniti presentavano un rendimento energetico inferiore del 13,878% annuo (cfr. p. 3 punto e) bozza relazione e pp.30 e 31 relazione definitiva c.t.u.). I descritti difetti, considerati nel loro insieme e tenuto conto che sono stati riscontrati dopo appena due anni dall'installazione dell'impianto (a fronte di incentivi energetici stimati per la durata di almeno venti anni), si ritengono chiaramente connotati da una gravità tale da rendere il dispositivo installato da (...) inidoneo all'uso a cui è destinato e/o da diminuirne apprezzabilmente il valore (art. 1490 c.c.). c) Quanto ai rimedi, il nominato c.t.u., preso atto della natura congenita dei vizi dei diodi e tenuto conto dell'alta probabilità di una mortalità progressiva anche dei pannelli allora integri, ha condivisibilmente concluso per la sostituzione di tutta la partita delle celle fotovoltaiche, mantenendo a valle l'apparecchiatura elettrica (quadri elettrici ed inverter). La committente, sulla scorta di quanto concluso dal perito e riscontrato già dal luglio 2014 un collasso generale dei pannelli, ha aderito alla soluzione del c.t.u., comunicando il 10.10.2014 alla convenuta (doc. 1 prima memoria 183 attore) lo smantellamento di tutti i pannelli, provvedendo a conservarli sino all'esito del presente giudizio e sostituendoli con altri di tipologia tradizionale. Ciò consente di escludere in radice un comportamento contrario a buona fede della committente e, quindi, il dedotto concorso colposo. d) Relativamente alla quantificazione del danno, il perito, pur recepite nella relazione definitiva le osservazioni del consulente di parte attrice - alle quali il tecnico di controparte non ha peraltro ritenuto di replicare -, non prendeva posizione, ritenendo il costo, derivante dallo smantellamento e sostituzione dai pannelli e di adattamento dell'impianto, quantificabile solo al momento della scelta da parte dell'attore dei nuovi moduli fotovoltaici (cfr. pp. 25 e ss. relazione definitiva). Considerato nondimeno che l'attore, una volta concluse le operazioni peritali, ha smantellato l'impianto sostituendolo con uno nuovo e di tipologia tradizionale, è ora possibile quantificare il danno patito dall'attore in complessivi Euro 212.861,66, oltre a interessi compensativi dal 31 luglio 2012, data presunta di completamento dell'impianto difettoso e quindi dell'evento dannoso, alla pubblicazione della presente sentenza ed agli interessi legali dalla pubblicazione al saldo effettivo. Il predetto importo è pari alla somma delle seguenti voci, condivisibilmente recepite dal c.t.u. nella relazione finale: 1. Euro 10.800,00 per smontaggio e stoccaggio delle tegole fotovoltaiche; 2. Euro 20.600,00 per realizzazione di una sottostruttura in lamiera coibentata contro i danni da surriscaldamento; 3. Euro 20.000,00 per l'adeguamento dell'apparecchiatura elettrica a valle non smantellata; 4. Euro 140.000,00 per la fornitura e posa dei nuovi pannelli tradizionali, somma peraltro ritenuta congrua dallo stesso legale rappresentante della convenuta nel corso delle trattative ante causam (cfr. doc. 18 convenuta); 5. Euro 11.400,00 per l'aggiornamento del titolo edilizio (variante paesaggistica) e della pratica presso il G. in forza del montaggio di un nuovo impianto fotovoltaico di diversa tipologia; 6. Euro 10.061,86 a titolo di minor rendimento energetico rispetto a quanto promesso, per il periodo dal luglio 2012 al luglio 2014, con riferimento all'incentivo reale riconosciuto dal G. di 0,214 Euro/kWh (di cui infra); Diversamente, non è meritevole di accoglimento la domanda attorea di risarcimento del danno circa il mancato riconoscimento degli incentivi. Sul punto, non si ravvisa il nesso causale tra la condotta della convenuta ed il mancato ottenimento/diminuzione degli incentivi da parte del (...): - relativamente agli incentivi negati per il primo semestre 2012, sussiste una condotta colposa da ritardo esclusivamente ascrivibile alla committente. In particolare, l'autorizzazione paesistica per la costruzione della tettoia fotovoltaica era richiesta dall'attore solamente nel febbraio 2012 e rilasciata solamente in data 6.6.2012 (doc. 14 memoria 183 n. 1 attore); ciò nonostante, pur non ancora autorizzato, l'attore stesso riferiva di avere comunque intrapreso la costruzione con DIA del 2.5.2012, sicché veniva costretto dall'amministrazione a chiedere un permesso di costruire in sanatoria, ottenuto in data 18.6.2012 (doc. 15 prima memoria 183 attore). Risulta dunque evidente che i lavori per la costruzione dell'impianto fotovoltaico non potevano essere legittimamente cominciati, se non successivamente al 18.6.2012; ed infatti la convenuta ha iniziato i lavori dopo tale data, nel mese di luglio. Giova altresì evidenziare che, quand'anche la convenuta avesse iniziato le opere il 19.6.2012, le stesse sarebbero comunque terminate oltre il 30.6.2012, considerato che "i lavori sono durati una quindicina di giorni" (cfr. deposizione del 17.5.2016 dell'ingegnere di (...), sulla cui attendibilità - relativamente a tale circostanza - non vi è motivo di dubitare). Ciò consente di escludere il nesso causale tra il mancato ottenimento degli incentivi del primo semestre 2012 ed il comportamento della convenuta, che ha correttamente atteso che controparte ottenesse tutti i permessi autorizzativi necessari per la costruzione dell'impianto; - relativamente agli incentivi inferiori, questi sono stati concessi poiché il (...) aveva accertato che l'impianto era stato installato su una tettoia a struttura aperta, fabbricato con un fabbisogno energetico inferiore a quello di un edificio a volume chiuso, esclusivamente per il quale poteva essere concesso il richiesto incentivo nella misura maggiore di 0,373 Euro/kwh (cfr. docc. 3 e 4 ricorso 702 bis c.p.c.). Ciò posto, dalle testimonianze acquisite è emersa l'evidente consapevolezza della committenza circa l'invio al (...) di una richiesta di incentivo non rispondente allo stato dei luoghi. Il geom. (...), progettista incaricato dall'attore per la costruzione della tettoia, una volta appresa l'intenzione del legale rappresentante della convenuta di non far risultare al (...) la realizzazione di una tettoia aperta per ottenere maggiori incentivi, redasse il progetto utilizzando l'espressione di "ampliamento del complesso agricolo esistente", anziché quella di "tettoia aperta", (cfr. testimonianza 17.5.2016). Se si considera, poi, che la richiesta di incentivi doveva necessariamente provenire dal titolare dell'impianto fotovoltaico (parte attrice) e non dal costruttore, la consapevole condotta della committenza recide il nesso causale tra quella - seppure concorrente - della convenuta ed il mancato ottenimento dei maggiori incentivi richiesti. In ordine alle restituzioni, sussistono i presupposti per accordare in favore dell'attore il rimborso della somma di Euro 252.067,20 versata a (...) in esecuzione del contratto di vendita/appalto, importo non dovuto in forza della retroattività della pronuncia risoluzione giudiziale (art. 1458 c.c.), oltre agli interessi legali dalla data della domanda (19.11.2014) - trattasi di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. - al saldo effettivo. Il versamento da parte dell'attore alla convenuta della predetta somma risulta dalle fatture di (...) del 15.5.2012 e del 27.7.2012, aventi ad oggetto due acconti del 50% e 38% sul prezzo complessivo dell'impianto fotovoltaico (allegate al doc. 1 attore) ed è confermato da quanto affermato dalla stessa convenuta a p. 23 della comparsa conclusionale, ove fa riferimento al mastrino contabile da essa prodotto al doc. 9, che dà atto di due versamenti a mezzo bonifico da parte di (...) in favore di (...) dell'importo complessivo pari a quello portato dalle due fatture menzionate. Infine, la convenuta è tenuta a rimborsare all'attore la somma di Euro 20.562,47, a titolo spese legali e tecniche (c.t.u. ed ausiliario) sostenute dall'attore - ricorrente nel procedimento per ATP, oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo. Alla luce di tutto quanto premesso, va pronunciata la risoluzione giudiziale del contratto di fornitura/appalto dell'impianto fotovoltaico da 102.600 W, stipulato tra (...) e (...) s.r.l., per vizi della cosa venduta ovvero, in ogni caso, per inadempimento imputabile a (...) s.r.l.. Ne consegue la condanna di quest'ultima al pagamento in favore dell'attore di: I. Euro 212.861,66, a titolo di al risarcimento del danno, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali calcolati sulla somma via via rivalutata, con decorrenza dal 31.7.2012 alla pubblicazione della presente sentenza; sulla somma ricalcolata spettano inoltre all'attore gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al dì del saldo effettivo; II. Euro 252.067,20, a titolo di restituzione del corrispettivo del contratto risolto, oltre agli interessi legali dal 19.11.2014 al saldo effettivo; III. Euro 20.562,47, a titolo di rimborso delle spese legali e tecniche del procedimento per ATP avanti al Tribunale di Sondrio, iscritto al n.r.g. 442/2014, oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo. Le spese di lite seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore da Euro 260.001,00 a Euro 520.000,00 di complessità alta, in Euro 843,00 per spese ed in complessivi Euro 30.000,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 5.000,00 per fase di studio, Euro 3.000,00 per fase introduttiva, Euro 13.000,00 per fase istruttoria, Euro 9.000,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. Accertata, sulla scorta di quanto precede, la responsabilità della convenuta (...) e respinte le eccezioni preliminari, di merito e subordinate da essa svolte, vanno ora esaminate le subordinate domande di (...) spiegate, in caso di accoglimento della domanda attorea, nei confronti di Fallimento (...) s.r.l. e del Fallimento (...) s.r.l, di cui ai punti nn. 2 e 5 delle conclusioni (quelle ai restanti punti restano assorbite, alla luce di tutto quanto già esposto). Sulla posizione di Fallimento (...) s.r.l. La convenuta domanda l'accertamento della responsabilità di Fallimento (...) s.r.l., costruttrice dei pannelli, in relazione ai vizi in essi accertati nel procedimento per ATP e, pertanto, la condanna della stessa a rispondere in sua vece o, comunque, a manlevarla. Fallimento (...) eccepisce in via principale l'inammissibilità e/o il rigetto dell'avversa domanda. L'eccezione di inammissibilità della terza chiamata merita accoglimento, in forza del principio per cui l'accertamento tecnico preventivo, "ove adottato prima della chiamata di un terzo in causa, non è a quest'ultimo opponibile" se chiamato solo nel successivo giudizio di merito (ex multis, Cass. 31.5.2005 n. 11598). Nel caso di specie, il procedimento per ATP n.r.g. 442/2014, prodotto nel presente giudizio, si è svolto esclusivamente tra (...) e (...) s.r.l., poiché la chiamata di (...) s.r.l. (allora in bonis) e di Fallimento (...) s.r.l., pur già spiegata in quella sede da (...), era stata respinta dal Presidente con ordinanza a verbale di udienza del 2.4.2014. Pertanto entrambi i terzi chiamati risultano estranei al predetto procedimento. Ne consegue, in forza del richiamato principio giurisprudenziale, l'inopponibilità al Fallimento (...) s.r.l. della consulenza esperita nell'ambito del procedimento per ATP e, pertanto, l'inammissibilità della domanda di manleva svolta da (...). Le spese di lite seguono la soccombenza di (...) e si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 per causa di valore indeterminabile di complessità bassa, in complessivi Euro 3.972,00 per compenso professionale (segnatamente, Euro 810,00 per fase di studio, Euro 574,00 per fase introduttiva, Euro 1.204,00 per fase istruttoria, Euro 1.384,00 per fase decisionale), oltre accessori di legge. Sulla posizione di Fallimento (...) s.r.l. La convenuta chiede l'accertamento della responsabilità di Fallimento (...) s.r.l., progettista dei pannelli, in relazione ai vizi in essi accertati nel procedimento per ATP e, pertanto, la condanna della stessa a rispondere in sua vece o, comunque, a manlevarla. Le medesime considerazioni circa la posizione del Fallimento (...) valgono per il Fallimento (...), anch'esso estraneo al procedimento per ATP. Sul punto, nonostante la contumacia del Fallimento (...), l'inopponibilità a quest'ultimo del procedimento per ATP è rilevabile d'ufficio, riguardando la questione il presupposto processuale dei soggetti del processo. Ne consegue, pertanto, declaratoria di inammissibilità della domanda di manleva svolta da (...) anche nei confronti del Fallimento (...) s.r.l.. Nulla sulle spese di lite, considerata la contumacia del Fallimento (...) s.r.l. P.Q.M. Il Tribunale di Sondrio in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, 1. dichiara la risoluzione giudiziale del contratto di vendita - appalto stipulato tra (...) e (...) S.r.l. avente ad oggetto la fornitura - posa di impianto fotovoltaico da 102.600 W ordinato da (...) in data 30.4.2012, per l'effetto, condanna (...) s.r.l. al pagamento in favore di (...) di: - Euro 212.861,66, a titolo di al risarcimento del danno, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali calcolati sulla somma via via rivalutata, con decorrenza dal 31.7.2012 alla pubblicazione della presente sentenza; sulla somma ricalcolata spettano inoltre all'attore gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo effettivo; - Euro 252.067,20, a titolo di restituzione del corrispettivo del contratto risolto, oltre agli interessi legali dal 19.11.2014 al saldo effettivo; - Euro 20.562,47, a titolo di rimborso delle spese legali e tecniche del procedimento per ATP avanti al Tribunale di Sondrio, n.r.g. 442/2014, oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo; 2. condanna (...) s.r.l. alla rifusione in favore di (...) delle spese di lite, liquidate in motivazione in Euro 843,00 per spese ed in complessivi Euro 30.000,00 per compenso professionale oltre accessori di legge, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 3. dichiara inammissibili le domande in manleva svolte da (...) nei confronti di Fallimento (...) s.r.l. e di Fallimento (...) s.r.l.; 4. condanna (...) s.r.l. alla rifusione in favore di Fallimento (...) s.r.l. delle spese di lite, liquidate in motivazione in Euro 3.972,00, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge; 5. nulla sulle spese quanto a Fallimento (...) s.r.l. Così deciso in Sondrio il 24 gennaio 2019. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2019.

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