Sentenze recenti Tribunale Sulmona

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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA In composizione monocratica, nella persona dott.ssa Francesca Pinacchio, nella causa civile iscritta al n. 38-20 R.G., avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo e vertente tra (...) residente in Monterosi (VT) alla Via (...), elettivamente domiciliato in Napoli al Corso (...) presso lo studio dell'avv. (...) che lo rappresenta e difende in virtù di procura allegata all'atto di citazione; - ATTORE - E (...) in persona dell'amm. P.t. Arch. (...) rappresentato e difeso, giusta procura alle liti separata rilasciata ai sensi dell'art. 83 III co. c.p.c. e art. 10 D.P.R. 123/2001 conferita con deliberazione condominiale del 05/07/2020, dall'avv. (...) presso il quale elett.te domicilia in San Giuseppe Vesuviano (NA) alla via (...); - CONVENUTO- Ha emesso la seguente SENTENZA Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha convenuto in giudizio il (...) chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni: "accertare e dichiarare che l'immobile sito in Ateleta (AQ) alla Via Pontoni s.n.c., individuato al C.E.U. Comune di Ateleta (AQ) al foglio (...), particella (...), sub 20, Via (...) s.n.c., piano S1, categoria A/2, classe 2, consistenza vani 4,5, rendita catastale Euro.371,85, oltre corte esclusiva antistante il fabbricato di mq. 80 e locale cantinola posta al piano seminterrato della consistenza di mq.7, di esclusiva proprietà dell'istante, è affetto da infiltrazioni provenienti da una falda acquifera posta nel sottosuolo, che danneggiava tutte le murature del cespite fino ad un'altezza da terra di circa m.1-1,5, nonché tutto il mobilio ivi esistente e che rendeva inagibile il cespite a far data dal febbraio 2017; - Conseguentemente ordinare al convenuto CP_1 di effettuare tutti i lavori che si rendono necessari all'eliminazione di tali infiltrazioni, lavori da determinarsi anche a mezzo C.T.U. che sin d'ora in via istruttoria si chiede espletarsi; - Condannare il convenuto (...) al risarcimento dei danni subiti dall'immobile di proprietà dell'istante a seguito delle suddette infiltrazioni, che si quantificano in Euro.6.700,00 oltre iva, oltre i danni subiti al mobilio ancor oggi ivi esistente, ed oltre il risarcimento per il mancato utilizzo e godimento del cespite dal febbraio 2017 sino al compimento dei lavori necessari all'eliminazione delle cause, da determinarsi in Euro.5.000,00 per ogni annualità ovvero da liquidarsi secondo i prezzi di mercato della zona determinati con apposita perizia, ovvero nella somma maggiore o minore che il Tribunale adito riterrà di liquidare. Condannare il convenuto (...) a tutte le spese relative al presente procedimento in virtù del principio della soccombenza. - In via istruttoria, sin d'ora si chiede di espletare una C.T.U. al fine di accertare la provenienza delle infiltrazioni in essere nell'immobile dell'istante, determinare i lavori che dovranno essere eseguiti dal (...) per l'eliminazione di tali infiltrazioni, accertare e determinare i danni subiti dal cespite dell'istante, dal mobilio ivi esistente, nonché accertare il danno dovuto al mancato godimento per tutto il periodo in cui il cespite è stata inagibile". A sostegno delle proprie pretese ha dedotto di essere esclusivo proprietario dell'immobile sito in Ateleta (AQ) alla Via (...) s.n.c., individuato al C.E.U. Comune di Ateleta (AQ) al foglio (...), particella (...), sub 20, Via (...) s.n.c., piano S1, sito nel fabbricato "B" all'interno del condominio (...), situato in un costone di terreno e composto da diverse palazzine. In tale immobile si verificavano dal 2017 delle infiltrazioni provenienti da una falda acquifera posta nel sottosuolo, che danneggiavano tutte le murature del cespite fino ad un'altezza da terra di circa m.1-1,5 per effetto di risalita dell'acqua che viene assorbita nell'appartamento dell'istante posto al piano terra, danneggiando muri, mobilio, creando forte umidità e di fatto rendendolo inabitabile. Nel febbraio 2017 l'appartamento del (...) si allagava nonostante l'installazione di alcune pompe per il sollevamento dell'acqua, comportando l'inabitabilità dell'immobile. Invero, a seguito di una successiva ispezione, veniva accertato il mancato corretto funzionamento delle pompe di sollevamento acqua. A seguito delle richieste rivolte al (...), venivano effettuate tre ispezioni. Nell'assemblea condominiale del 3 marzo 2019, veniva illustrata ai condomini la relazione tecnica dell'Ing. (...) sulla necessità e sulla fattibilità dei lavori da eseguirsi per l'eliminazione delle cause di infiltrazione provenienti dalla falda acquifera. Tuttavia, il (...) non deliberava l'esecuzione dei lavori. Si costituiva in giudizio il (...) eccependo l'improcedibilità per mancata negoziazione assistita, il proprio difetto di legittimazione passiva, e chiedendo il rigetto della pretesa attorea. Su istanza del (...), veniva poi espletato Accertamento Tecnico Preventivo in corso di causa. La causa principale veniva istruita a mezzo prova testimoniale e deposito di documentazione. All'udienza fissata per la precisazione delle conclusioni, il giudice riservava la decisione con concessione alle parti dei termini di cui all'art.190 c.p.c.. In primo luogo occorre sottolineare che la domanda principale è relativa ad un obbligo di fare, e precisamente è una domanda volta ad ordinare al convenuto (...) di eliminare le cause delle infiltrazioni subite dalla proprietà dell'attore, non rientrando quindi tra le materie tassativamente determinate dalla legge ai sensi della L. n.162/2014. In altri termini, la domanda non ha contenuto meramente risarcitorio, ma ha per oggetto anche l'accertamento della responsabilità e la condanna ad un facere, ovvero all'esecuzione di tutti gli interventi necessari a rimuovere la causa dell'evento dannoso lamentato, con la conseguenza che la procedura di negoziazione assistita non è obbligatoria (cfr. Trib. di Roma 23886/2019; Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza n. 1369/2024). Quanto alla carenza di legittimazione passiva eccepita dal convenuto, il periodo d'inizio delle infiltrazioni viene indicato nel febbraio 2017, in occasione del primo allagamento a danno della proprietà con la conseguenza che prima di quella data la falda acquifera di cui ha dato atto anche il consulente incaricato non era visibile e comunque non aveva causato danni. Non sussistono quindi i presupposti di un'azione ex art.1669 c.c. contro il costruttore, vertendosi invece in materia di danni ai beni comuni dell'edificio (oltre che di quelli richiesti dall'attore e relativi alla sua proprietà). Dalla lettura dell'elaborato peritale in atti, acquisito all'esito di accertamento tecnico preventivo in corso di causa, risulta che l'appartamento del signor (...) è contraddistinto dall'interno n.4 del fabbricato B ed è posto al piano seminterrato dello stesso; ad esso si accede per mezzo di una corte scoperta di proprietà esclusiva. All'atto del sopralluogo, il consulente ha dato atto dell'assenza di segni di degrado delle finiture e dei rivestimenti esterni ed interni dell'appartamento in quanto, come riferito dallo stesso ricorrente, erano state condotte recenti opere di risanamento a seguito dell'ultima infiltrazione di acque dal sottosuolo. Per individuare le cause delle infiltrazioni, il consulente incaricato ha fatto riferimento alla documentazione in atti di causa, alla documentazione progettuale relativa all'edificazione del complesso immobiliare (...) rinvenuta agli atti del Comune di Ateleta (Permesso di Costruire n. 17/ 05 del 13.10.2005 e Denuncia Inizio Attività Edilizia n.1844 del 30.05.2006), nonché dell'Ufficio del Genio Civile regionale competente per territorio (Deposito n.17/06 del 13.02.2006 - Fabbricato B) ed alle indagini sulla falda esperite dalla Dott.ssa (...), ausiliario Geologo autorizzato dal Giudice istruttore. Come si evince dai suddetti estratti, le problematiche connesse alla particolare conformazione degli edifici sono state prese in considerazione già nella fase di studio dell'intervento edilizio, come si evince dall'analisi degli elaborati di progetto in atti del Comune di Ateleta e del Genio Civile. Anche alle date dei sopralluoghi esperiti, in periodi interessati da modeste precipitazioni atmosferiche, il consulente ha potuto constatare la presenza continua di acqua nei manufatti di regimentazione realizzati dalla ditta costruttrice e la ciclica e ripetuta entrata in funzione delle pompe di sollevamento installate per il controllo dei livelli di falda (sia su via (...) che nei cunicoli d'ispezione posti in opera sui versanti di monte dei fabbricati). Dall'esame della documentazione in atti si evince che la presenza della falda superficiale e la sua interazione con le unità abitative di piano seminterrato erano state portate all'attenzione del (...) resistente tant'è che, nel corso dell'assemblea del 27.09.2015, si esaminava anche la problematica delle infiltrazioni d'acqua nell'unità immobiliare del sig. (...). In quella sede fu richiesto al Prof. Ing. (...) (anch'egli proprietario di un'unità immobiliare nel(...) un Parere tecnico per individuare eventuali soluzioni atte ad evitare gli effetti dell'oscillazione della falda acquifera. Data quindi per acclarata la presenza della falda acquifera anche a livello superficiale ed al fine di avere elementi certi sulla sua oscillazione nel tempo, con l'ausilio del Geologo, Dott.ssa (...) , l'ing. (...) ha proceduto a specifiche indagini che hanno confermato l'interferenza tra il bacino di accumulo della falda ed il complesso edilizio indagato, tant'è che le misure di monitoraggio mensile condotte, seppur per il periodo limitato tra maggio e settembre 2022, hanno palesato la presenza costante di acqua. Tale circostanza testimonia e conferma che l'area su cui insiste il Complesso ((...) si inserisce in una zona in cui la presenza costante della falda acquifera viene sensibilmente influenzata dalla convergenza dei deflussi idrici indotti dalle precipitazioni atmosferiche. Afferma il CTU nella relazione in atti che "Tutto quanto sopra consente di affermare che le infiltrazioni lamentate da parte ricorrente sono imputabili alla presenza della falda superficiale ed all'inadeguatezza della soluzione adottata per regimentarla. Si ritiene infatti che il sistema di drenaggio delle acque sotterranee non risulta sufficientemente dimensionato per la captazione dei flussi idrici (trincea di monte poco profonda) e che la collocazione di apparecchi di sollevamento puntuali (pompe), causa la bassa trasmissività dei terreni, assicura solo l'emungimento localizzato delle acque nell'intorno della pompa, risultando insufficiente oltre che soggetto a deterioramento ed usura ed a potenziale arresto per mancanza di alimentazione elettrica. É, infatti, di tutta evidenza che l'arresto accidentale del sistema di pompaggio può consentire alla falda di raggiungere livelli tali da interessare le unità abitative ubicate al piano seminterrato". Dopo aver premesso la difficoltà di prevedere un intervento risolutivo e la sua valutazione economica, il consulente ha quindi proposto una soluzione di livello preliminare rispetto ad una successiva necessaria progettazione esecutiva: 1) realizzazione di una trincea drenante a monte del fabbricato B parallelamente ad esso, di larghezza pari a 80 centimetri ed avente una profondità di metri 4,00; 2) inserimento nella trincea di cui al punto precedente di n.2 tubi microforati sovrapposti (uno alla quota di -2,00 metri e l'altro a quota -3,50 metri) rivestiti con tessuto non tessuto, con pendenza verso la viabilità posta perpendicolarmente alla via (...); 3) realizzazione di un pozzetto per la raccolta delle acque intercettate con le tubazioni microforate di cui al punto precedente, avente dimensione di metri 1,20x1,20 e profondità di metri 4,50; 4) posa in opera di una condotta in PP (diametro 300 mm) al di sotto della strada che da via (...) scende verso il fabbricato D, atta a collegare la base del pozzetto di cui al punto precedente con l'esistente sistema di smaltimento delle acque reflue. trincea drenante e tubi microforati. Il costo presunto di tale intervento ammonterebbe secondo il consulente ad Euro 49.700,00 oltre IVA, determinato in applicazione del Prezzario Informativo delle Opere Edili della Regione Abruzzo edizione 2022. Tale spesa, essendo una valutazione di massima, inerisce esclusivamente i lavori e non comprende le spese tecniche (progettazione, direzione lavori e coordinamento sicurezza) e gli oneri da versare agli Enti. Infine, non avendo riscontrato superfici ed elementi danneggiati, non ha indicato opere di ripristino da eseguire all'interno della proprietà (...), né quantificato i danni sofferti e di cui l'attore ha chiesto il risarcimento. Ciò posto, ritiene la scrivente che quanto all'accertamento dei lavori da eseguire, il CTU del procedimento di accertamento tecnico preventivo abbia concluso con motivazione immune da vizi di natura logica e formatasi nel contraddittorio tecnico con i consulenti tecnici di parte. Di tali lavori andrà onerato il (...) resistente, essendo per legge tenuto, ex artt. 1130 co. 1 n. 4 e 1135 co. 1 n. 4 c.c., a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria inerenti alle parti comuni dell'edificio (...). Quanto ai danni subiti dal cespite della parte attrice, il consulente non ha ritenuto di quantificarli pur avendo accertato il buono stato dovuto ai lavori appena effettuati. Ritiene il Tribunale che dalla documentazione in atti (fattura lavori per Euro.7.150,00, n.19 fotografie del cespite danneggiato, preventivi lavori) e dalla prova testimoniale esperita ed avente ad oggetto l'escussione dell'amministratore della società (...) che ha eseguito i lavori, Sig. (...) sia emersa la prova della quantificazione dei danni e della spesa sostenuta dall'attore, che andranno posti a carico del convenuto per i motivi esposti nelle considerazioni che precedono. Diversamente è a dirsi per il lamentato mancato utilizzo e godimento del cespite dal febbraio 2017 sino al compimento dei lavori necessari all'eliminazione delle cause, non essendo emersa la prova dell'effettivo mancato godimento del bene da parte dell'attore. Le spese di lite e di ctu seguono la soccombenza e andranno liquidate come in dispositivo. P.Q.M. definitivamente pronunciando sulla causa di cui in epigrafe, ogni contraria domanda, eccezione e deduzione respinta, così provvede: a) condanna il (...) all'esecuzione dei lavori necessari alla regimentazione delle acque di falda: 1) realizzazione di una trincea drenante a monte del fabbricato B parallelamente ad esso, di larghezza pari a 80 centimetri ed avente una profondità di metri 4,00;) 2) inserimento nella trincea di cui al punto precedente di n.2 tubi microforati sovrapposti (uno alla quota di -2,00 metri e l'altro a quota -3,50 metri) rivestiti con tessuto non tessuto, con pendenza verso la viabilità posta perpendicolarmente alla via (...); 3) realizzazione di un pozzetto per la raccolta delle acque intercettate con le tubazioni microforate di cui al punto precedente, avente dimensione di metri 1,20x1,20 e profondità di metri 4,50; 4) posa in opera di una condotta in PP (diametro 300 mm) al di sotto della strada che da via (...) scende verso il fabbricato D, atta a collegare la base del pozzetto di cui al punto precedente con l'esistente sistema di smaltimento delle acque reflue; b) condanna il (...) al pagamento in favore di (...) dell'importo di euro 7.150,00, oltre interessi dalla pronuncia al soddisfo a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa delle infiltrazioni; c) condanna il (...) al pagamento delle spese di lite sostenute dall'attore che liquida in euro 7.616,00 per competenze professionali nel procedimento principale, oltre spese forfettarie, i.v.a. e c.p.a. (procedimento di valore indeterminabile di bassa complessità) ed 3.056,00 per il procedimento di accertamento tecnico preventivo in corso di causa, oltre spese forfettarie, IVA e C.p.a.; d) pone le spese di CTU, liquidate con separato decreto, definitivamente a carico del convenuto. Così deciso in Sulmona, in data 29 agosto 2024.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 863 dell'anno 2020 vertente TRA (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), tutti elettivamente domiciliati in Sulmona (AQ) alla via (...), presso lo studio dell'avv. Lu.Di. che li rappresenta e difende in giudizio in virtù di procura in atti - attori - CONTRO CONDOMINIO L., sito in S. alla Via A. D. N. n. 21 (C.F. (...)), in persona dell'amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato presso il in Sulmona (AQ) alla via (...), presso lo studio dell'Avv. Ma.Za. che lo rappresenta e difende in virtù di procura in atti - convenuto - CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione ritualmente notificato, con il quale i condomini (...), (...) e (...) hanno impugnato dinanzi questo Tribunale la deliberazione assunta in data 01.10.2020 dall'assemblea del Condominio (...) con la quale, in riferimento al punto n. 3 dell'o.d.g., era stato nominato quale Amministratore del Condominio per l'esercizio 2020, il sig. (...), convenendo in giudizio il predetto condominio al fine di sentir accertare e dichiarare nulla e/o annullabile la richiamata delibera con vittoria delle spese di causa da distrarsi in favore del suo procuratore/difensore antistatario. 2. A sostegno della spiegata impugnazione i predetti attori, premesso di essere proprietari di unità immobiliari facenti parte del condominio convenuto, esponevano in sintesi: a.) che l'assemblea del condominio tenutasi in data 01.10.2020, deliberava a maggioranza e con la partecipazione del sig. (...), delegato dalla (...) s.a.s., la nomina dello stesso (...) quale Amministratore del Condominio per l'esercizio 2020; b.) che la predetta nomina era irregolare e illegittima atteso che il P., benché fosse portatore di una quota di millesimi pari a nr. 205,100/1000, all'atto della votazione, non si era astenuto dall'esprimere il proprio voto, contribuendo così a determinare la formazione della maggioranza di legge necessaria per la sua nomina che, senza il suo voto, non si sarebbe raggiunta; c.) che il sig. (...), essendo soggetto estraneo al condominio, non aveva dato contezza del possesso dei requisiti di cui all'art. 71-bis disp. att. c.c., né aveva provveduto all'atto della nomina, alle comunicazioni di cui all'art. 1129 c.c.; d.) che all'incontro dinanzi al mediatore fissato per il 26/11/2020, in presenza degli attori, il sig. (...), comparso personalmente, in assenza del condominio, in persona dell'amministratore (...) e degli altri convocati, dichiarava di aderire alla richiesta di invalidità della deliberazione impugnata e comunicava di aver rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili da amministratore a far data dalla prossima assemblea che era già stata convocata per il 16 e 17 dicembre 2020, dichiarandosi disposto a rimborsare alle controparti le spese di mediazione già sostenute essendo, a suo dire, cessata la materia del contendere; e.) che le predette preannunciate dimissioni, la cui efficacia sarebbe decorsa dalla successiva assemblea del 16/17 dicembre 2020 già fissata, non incidevano sulla validità ed efficacia della deliberazione assunta in data 01.10.2020, sicché perdurando l'efficacia delle predetta delibera, essi istanti si erano determinati ad agire nei confronti del condominio (...) per l'annullamento della predetta delibera. 3. Vista la comparsa di costituzione con la quale il Condominio (...) resisteva alla domanda azionata dinanzi al Tribunale di Sulmona, contestava nel merito tutto quanto dedotto dalla parte avversa siccome infondato in fatto e in diritto, eccependo in via sintetica: a.) che il sig. (...), ricevuta la convocazione a mediazione per l'annullamento della delibera in oggetto, ed al fine di evitare contrasti e soprattutto strumentalizzazioni, comunicava immediatamente a tutti i condomini le sue dimissioni irrevocabili, provvedendo a convocare contestualmente l'assemblea condominiale per il 16 e 17 dicembre 2020 per consentire la sua sostituzione con altro amministratore designato; b.) che oltre a comunicare le sue dimissioni irrevocabili, il P. presentava anche adesione alla procedura di mediazione, ribadendo per iscritto le proprie dimissioni irrevocabili e dichiarandosi altresì disposto a rimborsare integralmente ai condomini istanti le spese di mediazione, allegando copia della convocazione per l'assemblea condominiale e chiedendo di considerare così cessata la materia del contendere; c.) che incuranti delle già formalizzate dimissioni irrevocabili e della fissata assemblea condominiale per il successivo 17 dicembre 2020, al primo incontro di mediazione tenutosi il 26 novembre 2020, le controparti non ritenevano composta la vertenza con conseguente dichiarazione di chiusura della procedura con esito negativo; d.) che gli attori, presentandosi all'assemblea del 17 dicembre 2020, anziché procedere alla immediata sostituzione dell'amministratore, con condotta chiaramente ostruzionistica, boicottavano l'assemblea in questione, accampando il pretesto che era stata fissata presso lo studio della (...) Srl (condomina che aveva votato l'amministratore dimissionario) e che quindi non era un luogo estraneo alla controversia; e.) che gli attori senza neppure aspettare l'assemblea già fissata, si erano affrettati a inoltrare l'atto di citazione in data 2 dicembre 2020 (notifica presa il 7 dicembre 2020) pur potendo attendere fino alla scadenza del giorno 26 del mese per formalizzare l'impugnazione della delibera in questione; f.) che la nuova assemblea tenutasi l'11 febbraio 2021 presso altro luogo, preso atto delle dimissioni irrevocabili del sig. (...), con una uguale maggioranza di 576,43/1000 deliberava la nomina del nuovo amministratore del Condominio nella persona del Dott. (...), avendo questi presentato la proposta di gran lunga più economica, equivalente a Euro 250,00 omnicomprensiva per l'anno in corso 2021, e di pari importo per effettuare l'analisi dei controlli e la chiusura della contabilità dell'anno precedente (2020); g.) che la sostituzione della delibera impugnata con quella dell'11 febbraio 2021 adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la situazione di contrasto fra le parti, determinava la cessazione della materia del contendere. 4. Ha pertanto chiesto: a.) rigettare integralmente le richieste delle controparti in quanto infondate sia in fatto che in diritto e comunque dichiarare in via preliminare la cessata materia del contendere; b.) compensare le spese del presente giudizio non essendoci margini per l'applicazione della condanna per soccombenza virtuale stante la condotta tenuta dalle parti nella fase pre-processuale ed eventualmente nella successiva fase processuale. 5. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto di cui al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 L. 18 giugno 2009, n. 69. 6. La causa, istruita soltanto con le produzioni documentali, sulle conclusioni precisate dalle parti, è stata assegnata a decisione. 7. Ritiene il Tribunale che, in applicazione del principio della ragione più liquida, vada esaminata prioritariamente la domanda di cessazione della materia del contendere, idonea a definire il giudizio. 8. Osservato che, la cessazione della materia del contendere, secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, si verifica per effetto della sopravenuta carenza di interesse della parte alla definizione del giudizio e, quindi a una pronuncia sul merito del giudice precedentemente richiesta. Essa postula, cioè, che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti, quindi la composizione bonaria della lite, ovvero il venir meno dell'interesse delle parti alla prosecuzione del giudizio (Cfr.: Cass. Civ. sez. I, 23/04/2015, n. 8309; Cass. Civ. sez. II, 28/05/2013, n. 13217; Cass. Civ. sez. Lav., 27/01/1998, n, 801). 9. Ebbene è certo che la Delib. del 1 ottobre 2020 in esame, impugnata dagli attori relativamente alla sola nomina del (...), quale amministratore del condominio, risulta effettivamente sostituita con altra deliberazione - divenuta peraltro definitiva per mancanza di impugnazione della stessa - adottata dal Condominio convenuto in data 11 febbraio 2021, in conformità della legge, con la quale, preso atto delle dimissioni irrevocabili in precedenza rassegnate dal (...), è stato nominato quale amministratore in sostituzione di quest'ultimo, il dott. (...), facendo quindi venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determinando così la cessazione della materia del contendere. 10. Difatti costituisce principio consolidato, cui deve darsi seguito in questa sede, quello per cui "In tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'articolo 2377, comma 8, del codice civile dettato in tema di società di capitali, rimanendo affidata soltanto la pronuncia finale sulle spese ad una valutazione di soccombenza virtuale. La cessazione della materia contendere conseguente alla revoca assembleare della delibera impugnata si verifica anche quando la stessa sia stata sostituita con altra dopo la proposizione dell'impugnazione ex articolo 1137 del codice civile, in quanto la sussistenza dell'interesse ad agire deve valutarsi non solo nel momento in cui è proposta l'azione, ma anche al momento della decisione" (cfr. Cass. civ. sez. VI, 21/06/2022, n. 20005; nel medesimo senso si veda Cass. civ. sez. VI, 08/06/2020, n. 10847; Cass. civ. sez. VI, 11/08/2017, n. 20071; Cass. civ. sez. II, 28/06/2004, n. 11961; Corte appello Milano sez. III, 05/05/2022, n. 1503; Tribunale Napoli sez. IV, 08/09/2022, n. 7921; Tribunale Torino sez. VIII, 14/04/2023, n. 1617; Tribunale Roma sez. V, 08/01/2020). 11. Dunque nelle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di delibere assembleare, come nel caso in esame, si verifica la cessazione della materia del contendere ogni qual volta l'assemblea di condominio, regolarmente convocata, abbia provveduto ad emettere una nuova delibera sui medesimi argomenti oggetto di impugnazione producendo sostanzialmente un atto sostitutivo di quello impugnato in quanto invalido. Pertanto, in tema di delibera assembleare avente ad oggetto la nomina dell'amministratore di condominio, che tuttavia sia stata sostituita con altra delibera successiva, non potrebbe assumere alcuna rilevanze l'eventuale annullamento della prima, facendo venire meno l'interesse ad un esame nel merito (cfr. Tribunale Napoli sez. VI, 07/02/2022, n. 1316). 12. Peraltro la cessazione della materia del contendere si ha per effetto della sopravvenuta carenza d'interesse della parte alla definizione del giudizio, postulando che siano accaduti nel corso del giudizio fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l'effettivo venir meno dell'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito, senza che debba sussistere un espresso accordo delle parti anche sulla fondatezza (o infondatezza) delle rispettive posizioni originarie nel giudizio, perché altrimenti non vi sarebbero neppure i presupposti per procedere all'accertamento della soccombenza virtuale ai fini della regolamentazione delle spese, che invece costituisce il naturale corollario di un tal genere di pronuncia, quando non siano le stesse parti a chiedere congiuntamente la compensazione delle spese (cfr. Tribunale Napoli, 12/09/2022, n. 7964). 13. Ciò posto, nel caso in esame, l'avvenuta sostituzione della delibera impugnata con la nuova deliberazione dell'11 febbraio 2021 che ha provveduto sui medesimi argomenti della delibera impugnata (ovvero sulla nomina dell'amministratore del condominio convenuto), avendo rimosso l'iniziale causa di invalidità (revoca del P. quale amministratore del condominio e sua sostituzione con altro amministratore), alla luce del richiamato principio, determina la cessazione della materia del contendere del presente procedimento, restando quindi il solo dovere del giudice, in mancanza di un diverso accordo tra le parti in causa (che in questo caso manca), di valutare la soccombenza virtuale e di statuire in conseguenza sulle spese di lite. 14. È pacifico dunque che, in ogni caso, la pronuncia di cessazione della materia del contendere non implica affatto e necessariamente una statuizione di compensazione delle spese, restando infatti il dovere del giudice, in mancanza di diverso accordo tra le parti di valutare la soccombenza virtuale e di statuire in conseguenza sulle spese di lite, sicché il giudice adìto - dichiarata la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno l'interesse delle parti alla definizione del giudizio - liquiderà le spese del giudizio applicando il principio della soccombenza virtuale (cfr. Cass. civ. sez. II, 23/09/2022, n. 27979; Cass. civ. Sez. VI, 31.07.2018, n. 2018 Tribunale Aosta sez. I, 30/03/2022, n. 109; Tribunale Napoli, 12/09/2022, n. 7964). 15. Dunque, in tale ipotesi, la pronuncia finale sulle spese di lite viene regolata sulla base di una valutazione di soccombenza virtuale, sicché il giudice deve espressamente procedere ad un complessivo ed unitario giudizio circa l'originaria fondatezza delle contrapposte domande ed eccezioni proposte dalle parti, al fine di decidere circa l'incidenza della potenziale soccombenza sull'onere delle spese medesime (cfr. altresì Corte appello Milano sez. III, 05/05/2022, n. 1503): 16. Ebbene si rileva a tal fine come il (...), nominato amministratore con la deliberazione impugnata, ancor prima che venisse notificato al Condominio convenuto l'atto introduttivo del presente giudizio (notifica richiesta il 04.12.2020 e consegnata al Condominio convenuto in data 07.12.2020), con raccomandata del 24.11.2020 (cfr. 3 fasc. cond.) ebbe a comunicare ai singoli condomini (compresi gli odierni attori) le proprie dimissioni irrevocabili da amministratore rassegnate per i motivi ivi esposti, da ratificate nella successiva assemblea condominiale dallo stesso convocata, in prima convocazione, per il 16.12, ed in seconda convocazione per il 17.12.2020. Dimissioni, peraltro ribadite e confermate dal P. con la dichiarazione di adesione alla procedura di mediazione proposta dagli attori e con la successiva dichiarazione resa nell'incontro di mediazione tenutosi il 26 novembre 2020 (cfr. verbale allegato atto di citazione). In tale assemblea, peraltro, non si procedette alla sostituzione dell'amministratore perché, a dire degli attori, la sede scelta per l'adunanza (studio della (...) Srl - condomina che aveva votato l'amministratore dimissionario), non era luogo neutro ed estraneo alla contesa in atto. Come già precedentemente evidenziata, la delibera impugnata fu comunque effettivamente sostituita da quella adottata in data 11.02.2021 avente identico contenuto, risultante non impugnata (circostanza non specificamente contestata dagli attori). 17. Ne consegue che al momento dell'impugnazione della delibera condominiale in esame, stante le precedenti dimissioni irrevocabili rassegnate e comunicate a tutti i condomini dal (...), gli attori non risultavano esse portatori di un interesse concreto e rilevante al suo annullamento, connesso ad una eventuale posizione di vantaggio che ad essi poteva derivare da una pronuncia di annullamento della delibera impugnata (vantaggio non risultante provato dagli attori). 18. Costituisce difatti principio consolidato, cui deve darsi seguito in questa sede, quello per cui Il condomino che fa valere un vizio di annullabilità di una delibera non può limitarsi ad addurre un mero interesse alla rimozione dell'atto, ma deve dimostrare di essere portatore di un interesse concreto e rilevante al suo annullamento, correlato alla posizione di vantaggio effettivo che può derivare dalla pronunzia di annullamento e dall'eliminazione di incertezza che quella delibera genera quanto all'esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti (cfr. Cass. civ. sez. II, 01/12/2000, n. 15377; cfr. nel medesimo senso Tribunale Monza sez. II, 07/03/2023, n. 527: Tribunale Bergamo sez. IV, 21/02/2023, n. 364M Tribunale Palermo sez. II, 24/01/2023, n. 322; Tribunale Catania sez. III, 01/06/2022, n. 2517; Tribunale Novara, 25/01/2022, n. 34; Tribunale Roma sez. V, 03/05/2021, n. 7587; Tribunale Cosenza sez. I, 02/07/2020, n. 1157). 19. Ebbene, atteso che gli attori al momento della notificazione dell'atto introduttivo, non avevano, per i motivi sopra esposti, un interesse concreto e rilevante all'annullamento della delibera impugnata, riguardante la posizione di vantaggio effettivo che dalla pronunzia di merito potesse loro derivare (interesse non provato dagli attor), sicché ritiene il Tribunale che l'asserita nullità del predetto atto posto a fondamento della domanda non andava effettivamente rilevata e dichiarata. 20. In definitiva, va dunque respinta la domanda di condanna del Condominio convenuto al pagamento delle spese processuali avanzata dagli attori (...), (...) e (...), in quanto, al momento della introduzione del giudizio, il (...) aveva già rinunciato all'incarico di amministratore del condominio conferitogli con la delibera impugnata, sicché al momento della notifica della citazione si era già verificata la cessazione della materia del contendere del giudizio e non avendo i medesimi attori provato di aver un interesse concreto e rilevante all'annullamento della delibera sottostante la domanda, esistente in epoca precedente alla notificazione dell'atto di citazione, il Tribunale non deve neanche rilevare e dichiarare la nullità della predetta delibera. 21. In conclusione, va dichiarata la cessazione della materia del contendere del presente giudizio, con la compensazione delle spese di lite tra gli attori (...), (...) e (...) e il Condominio L., stante anche l'espressa richiesta di compensazione delle spese da parte del Condominio. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, definitivamente pronunciando nella causa n. 863/2020 R.G., ogni contraria domanda, difesa ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1. dichiara per i motivi esposti la cessazione della materia del contendere; 2. compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Sulmona il 14 agosto 2023. Depositata in Cancelleria il 16 agosto 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA In composizione monocratica, nella persona dott.ssa Marta Sarnelli, nella causa civile iscritta al n. 540/2021 R.G. a cui è riunita la n. 550/2021 R.G., avente ad oggetto accertamento risarcimento danni ex artt. 2054-2059 c.c. e vertente tra Sc.Fr. (C.F. (...)), in proprio e nella qualità di procuratore speciale della sig.ra Fr.Sc. (C.F. (...)) e del Sig. Cl.Sc. (C.F. (...)); S.G. (C.F. (...)) in proprio e nella qualità di procuratore speciale della sig.ra Fr.Sc. (C.F. (...)) e del Sig. Cl.Sc. (C.F. (...)); Di.Pa. (C.F. (...)), tutti elettivamente domiciliati in Formia (LT) Via (...) presso lo studio dell'avv. El.Br. che li rappresenta e difende come da mandato in calce all'atto di citazione; - ATTORI - E As. S.P.A. (C.F. (...)- P.I. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata a L'Aquila, in Via (...), presso lo studio degli Avv.ti Ro.Ch. ed Em.Ma. che la rappresentano e difendono come da procura in calce alla comparsa di costituzione; -CONVENUTA- Cl.Sc., (C.F. (...)), residente in P. Sc. Gi. Via V.M.R. n. 3; - CONVENUTA CONTUMACE- Ha emesso la seguente SENTENZA In fatto Con atto di citazione ritualmente notificato Fr.Sc., Gi.Sc. e Pa.Di. hanno convenuto in giudizio Cl.Sc. e la As. spa al fine di accertare la responsabilità degli stessi per i danni subiti, in conseguenza del sinistro verificatosi in data 7.12.2019 alle ore 20.20 circa sulla SS 17 nel territorio del Comune di Pettorano Sul Gizio, in cui ha perso la vita il loro prossimo congiunto An.Sc.. A sostegno della citata azione gli attori hanno dedotto che: - In data 7.12.2019, alle ore 20.20 circa, il sig. An.Sc. percorreva, alla guida della propria autovettura Fiat Punto tg. (...) la S.S. 17 nel territorio del Comune di Pettorano sul Gizio con direzione di marcia da Castel di Sangro a Sulmona; - All'altezza della chilometrica 107+100, in un tratto ove la strada si presenta leggermente curvilinea a sinistra, la vettura condotta dal sig. Sc. veniva violentemente urtata, frontalmente, nella propria corsia di marcia e pertinenza, dalla vettura JEEP targata (...) di proprietà e condotta dal sig. Cl.Sc.; - In conseguenza del forte urto, l'autovettura dello Sc. veniva sospinta indietro per circa 23 metri per terminare la corsa a ridosso del canale di scolo delle acque insistente al margine della carreggiata; - In conseguenza dell'urto decedevano An.Sc. e il passeggero Fr.Sc.; - La responsabilità del sinistro va ascritta interamente in capo al proprietario e conducente del veicolo JEEP il quale, non solo invadeva la corsia di marcia dell'altro veicolo, ma procedeva ad alta velocità e con tasso alcolemico pari a 2,80 g/l come accertato successivamente; - Il sig. Ca., infatti, veniva tratto in arresto per il reato di cui all'art. 589 c.p. e veniva successivamente applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari dal GIP presso il Tribunale di Sulmona; - Nel corso delle indagini veniva anche espletata consulenza tecnica per la ricostruzione cinematica dell'incidente e il consulente accertava che la vettura investitrice teneva una velocità compresa tra i 100/110 Km/h e che era l'unica responsabile del sinistro; - Gli odierni attori, in qualità di prossimi congiunti della vittima (moglie e figli di Sa.) hanno diritto al risarcimento del danno per la perdita subita in conseguenza del sinistro. Il predetto giudizio veniva iscritto al ruolo contenzioso n. 540/2021. Con comparsa del 24.11.2021 si costituiva in giudizio la As. spa contestando la richiesta dei danni effettuata dagli attori. In particolare, la compagnia ha eccepito la genericità della domanda in punto di quantificazione dei danni e che, in ogni caso, la stessa ha già versato agli attori la somma di 404.829,00 Euro, di cui 133.000,00 Euro in favore della moglie Pa.Di., 133.000,00 Euro in favore della figlia Gi.Sc., 133.000,00 Euro in favore del figlio Fr.Sc., 4.829,00 Euro a titolo di rimborso delle spese funerarie e 1.000,00 Euro corrisposte da Zu., garante per la RCA della PUNTO, per il risarcimento del danno auto. Rimaneva invece contumace Cl.Sc.. Con atto di citazione del 23.7.2021 Fr.Sc., nella qualità di procuratore speciale di Cl.Sc. e Fr.Sc. e Gi.Sc., in proprio e nella qualità di procuratrice speciale di Cl.Sc. e Gi.Sc., hanno convenuto in giudizio Cl.Sc. e As. spa per accertare la responsabilità del primo nella determinazione del sinistro del 7.12.2019 con il conseguente diritto al risarcimento dei danni per la perdita del prossimo congiunto Fr.Sc.. Il predetto giudizio veniva iscritto al n. 550/2021. In data 24.11.2021 si costituiva anche nel procedimento su indicato, la As. spa. All'udienza del 12.1.2022 veniva disposta la riunione dei due procedimenti stante la connessione soggettiva ed oggettiva, dichiarata la contumacia di Cl.Sc. e concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c.. Espletata l'istruttoria con audizione testi, l'acquisizione della documentazione depositata dalle parti e l'espletamento di CTU tecnica sulla causa del sinistro, la causa veniva trattenuta in decisione con ordinanza del 23.3.2023 con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c., all'esito del deposito delle note di trattazione scritta. IN DIRITTO 1.In via preliminare, come già evidenziato in corso di giudizio, è infondata l'eccezione di genericità dell'atto di citazione sollevata da As. spa in quanto la mancata quantificazione specifica del danno non è vizio formale dell'atto introduttivo ma, al più, può comportare un rilievo in ordine alla prova. 2.Venendo al merito, il presente giudizio ha ad oggetto, l'accertamento della responsabilità di Cl.Sc., quale proprietario e conducente del veicolo Jeep targato (...) assicurato con la As. spa, per i danni subiti dagli attori in conseguenza della morte dei prossimi congiunti An.Sc. e Fr.Sc. a seguito del sinistro stradale avvenuto in data 7.12.2019. Secondo gli attori, la responsabilità per detto sinistro deve addebitarsi esclusivamente al conducente del veicolo JEEP che, ad alta velocità e in stato di ebbrezza alcolica, invadeva la corsia di marcia del veicolo FIAT PUNTO tg. (...), condotto da An.Sc. e con a bordo Fr.Sc., urtando violentemente e frontalmente lo stesso e cagionando la morte degli occupanti del veicolo stesso. Com'è noto, in base alla presunzione di cui all'articolo 2054 c.c. comma 2, "nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subito dai singoli veicoli". Ciò significa che colui che intenda far dichiarare l'esclusiva responsabilità (o una responsabilità superiore a quella oggetto della presunzione) del conducente dell'altro veicolo ha l'onere di dimostrare che il sinistro sia stato determinato da causa in tutto o in parte a sé non imputabile. La presunzione di eguale concorso di colpa stabilita dall'art. 2054, 2 co., ha funzione sussidiaria, operando soltanto nel caso in cui le risultanze probatorie non consentano di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'evento dannoso ( Ca., ord., 3696/2018; Ca. 4055/2009; Ca. 15434/2004; Ca. 4639/2002; Ca. 4648/1999; Ca. 5250/1997), con la conseguenza che il giudice non può farvi ricorso dopo aver dichiarato irrilevanti le richieste istruttorie sulla dinamica dello scontro formulate da una parte, sul presupposto che vi fosse stata ammissione di responsabilità da parte dell'altro conducente (C., ord., 6483/2013). Inoltre, in assenza di una espressa richiesta della parte, l'applicazione da parte del Giudice dell'art. 2054 e l'affermazione del concorso di colpa del danneggiato danno luogo ad una pronuncia ultra petita partium (C. ord. 22811/2017). È evidente come la norma mira a risolvere la questione della responsabilità in caso di scontro, eliminando le difficoltà di prova circa la ricostruzione delle precise modalità del sinistro (G., P., 203). L'apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente ed al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato ed immune da vizi logici e da errori giuridici (C. 3424/2014). Il giudice può discostarsi dalle soluzioni proposte da entrambe le parti, solo dando adeguata giustificazione del suo convincimento, mediante l'enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti (C. 13770/2018). La presunzione di pari responsabilità ricorre anche se solo uno dei conducenti coinvolti abbia riportato danni, in quanto la fattispecie della collisione dei veicoli deve essere assoggettata ad una disciplina unitaria, qualunque siano le conseguenze che ne sono derivate (C. 5679/1990). Nel caso di danni senza scontro, non si applica la presunzione di cui all'art. 2054, 2 co., ed il danneggiato, ai sensi dell'art. 2043, è obbligato a dimostrare come l'evento sia stato cagionato dalla condotta colposa del conducente dell'altro veicolo coinvolto (C. 10026/1998). La presunzione di corresponsabilità prevista dall'art. 2054, co. 2, normalmente applicabile soltanto in ipotesi di scontro tra veicoli e non quando sia mancata la collisione tra gli stessi, può peraltro essere estensivamente applicata all'ipotesi di sinistro in cui manchi una collisione diretta tra veicoli e quando sia necessario risolvere il problema della graduazione del concorso di colpa, solo laddove nel sinistro stradale tale concorso sia stato accertato in concreto, e sia quindi stato positivamente acclarato il nesso di causalità tra la guida del veicolo non coinvolto e lo scontro (T. Piacenza, 18.5.2010). Ai fini dell'art. 2054, 2 co., è correttamente configurabile il concorso di una colpa specifica accertata a carico di uno dei conducenti, con una colpa presunta a carico dell'altro conducente (C. 5635/1997). Per il superamento della presunzione di uguale colpa, spetta al danneggiato attore l'onere di fornire tale prova, con la conseguenza che, ove non venga sufficientemente provata la determinante influenza della colpa del convenuto, quest'ultimo non può essere condannato al risarcimento, oltre i limiti posti dalla citata norma (T. Firenze 25.10.1990). Soltanto l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti e della regolare condotta di guida dell'altro, libera quest'ultimo dalla presunzione di concorrente responsabilità, nonché dall'onere di provare di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno (C. 4648/1999); il concorso di colpa può essere escluso, non solo quando il conducente abbia fornito la prova d'aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza, dalle modalità del fatto, che non vi era, da parte sua, una reale possibilità di evitare l'incidente; tale situazione ricorre allorché l'altro conducente abbia compiuto una manovra di marcia eseguita invadendo l'altrui corsia di marcia in modo così repentino ed imprevisto da costituire un ostacolo improvviso e inevitabile, in modo da non consentire al conducente, anche usando la dovuta sorveglianza, di evitare l'impatto anche ove egli abbia violato una norma regolamentare non incidente sull'evento (A Roma, 22.5.2012). Per contro, l'accertamento in concreto della colpa di uno dei soggetti non esclude la presunzione di colpa concorrente dell'altro, ove non sia stata da questo fornita la prova liberatoria, che non può derivare dal maggior grado di certezza raggiunto in ordine alla colpa del conducente antagonista ma richiede il positivo accertamento, in concreto, della assenza di ogni possibile addebito ( Ca. 24860/2010; Ca. 3193/2006; Ca. 477/2003; Ca. 5671/2000; Ca. 11610/1992; T. Ascoli Piceno 28.10.2016; T. Cassino 31.8.2016; T. Trento 28.4.2011). Una volta accertato che la condotta di uno solo dei due conducenti ha dato causa al fatto e che nessun addebito di colpa può muoversi all'altro, la cui condotta risulti conforme alle norme di circolazione e di comune prudenza, non vi è margine per ulteriori indagini (C. 6941/2021; Ca. 1143/1981). Secondo l'orientamento tradizionale, qualora la responsabilità sia affermata in base alla presunzione di cui all'art. 2054, 2 co., senza alcun concreto accertamento e qualificazione del fatto come reato, non è ammissibile il risarcimento del danno non patrimoniale poiché l'attribuzione del danno non patrimoniale può scaturire soltanto dall'accertamento effettivo del fatto-reato, in mancanza del quale non può trovare applicazione l'art. 2059 ( Ca. 3728/2002; Ca. 12741/1999; Ca. 2674/1998). La tesi, tuttavia, è stata, di recente, sottoposta a revisione ad opera della stessa giurisprudenza di legittimità, nell'ambito degli importanti mutamenti che hanno investito la tematica concernente il danno alla persona; in tal modo, il risarcimento del danno non patrimoniale è ammissibile anche nel caso in cui manchi un positivo accertamento della colpa dell'autore del danno, se la stessa, come nei casi di cui all'art. 2054, debba ritenersi sussistente in base ad una presunzione di legge, e se ricorrendo la colpa, il fatto sarebbe qualificabile come reato (C. 4906/2004; Ca. 7283/2003; Ca. 7282/2003; Ca. 7281/2003). La contestazione immediata della violazione delle norme del codice della strada effettuata dagli agenti accertatori non vincola il giudice del merito che, all'esito del contraddittorio processuale, ben può pervenire ad una differente attribuzione della responsabilità per il sinistro a carico dei due conducenti antagonisti, in base a prudente apprezzamento delle prove, sottratto al sindacato di legittimità in presenza di congrua motivazione (C. 23219/2006). In tema di circolazione stradale ed in caso di scontro tra veicoli, la semplice violazione del segnale di stop non implica, di per sé, l'automatico superamento della presunzione di pari responsabilità dei conducenti prevista dall'art. 2054, 2 co. (C., ord., 24676/2014; T. Frosinone 8.11.2016). In tema di concorso di responsabilità, in caso di mancata adozione delle cinture di sicurezza da parte di un passeggero, poi deceduto, di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, si verifica un'ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, riducendosi così il risarcimento del danno in favore dei congiunti della vittima (C., ord., 11095/2020; Ca. 8443/2019). Viene considerato scontro qualsiasi urto o collisione che avvenga tra due veicoli, anche se uno è fermo e l'altro è in movimento (C. 10110/1997). La circostanza che non vi sia stato scontro tra i veicoli impedisce l'applicazione della presunzione di uguale concorso di colpa, ma non la presunzione di responsabilità prevista dall'art. 2054, 1 co. In tema di responsabilità da sinistro stradale con scontro di veicoli, l'accertamento della colpa esclusiva di uno dei conducenti libera l'altro dalla presunzione della concorrente responsabilità di cui all'art. 2054, 2º co. nonché dall'onere di dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno (C. 9550/2009). La prova liberatoria per il superamento di detta presunzione di colpa non deve necessariamente essere fornita in modo diretto - e cioè dimostrando di non aver arrecato apporto causale alla produzione dell'incidente - ma può anche indirettamente risultare tramite l'accertamento del collegamento eziologico esclusivo dell'evento dannoso con il comportamento dell'altro conducente (C. 9550/2009). La prova del nesso di causalità si risolve nella prova di un comportamento del conducente contrario alle norme, generiche e specifiche, che regolano la circolazione stradale, causativo del danno posto a fondamento della domanda ( Ca. 8249/1998; A. Torino 18.6.1982). In tema di scontro tra veicoli, la presunzione di eguale concorso di colpa, stabilita dall'art. 2054, 2 co., ha funzione sussidiaria, operando solo nel caso in cui le risultanze probatorie non consentono di accertare in modo concreto in quale misura la condotta dei due conducenti abbia cagionato l'evento dannoso e di attribuire le effettive responsabilità del sinistro (T. Genova 21.10.2016). La presunzione di colpa concorrente è applicabile nel caso di tamponamenti multipli oppure a catena tra veicoli in movimento. In questa fattispecie, infatti, è difficile riuscire a ricostruire con certezza la dinamica dell'incidente, pertanto si applica, relativamente agli autoveicoli intermedi, con esclusione del primo e dell'ultimo veicolo della colonna, l'art. 2054, 2 co., con conseguente presunzione iuris tantum di colpa, in eguale misura, in entrambi i conducenti di ciascuna coppia di veicoli tamponati e tamponanti, fondata sull'inosservanza della distanza di sicurezza rispetto al veicolo antistante ( Ca. 7020/1999; Ca. 935/1995; Ca. 341/1988). In caso di scontro di veicoli, la precedenza di fatto viene esercitata a rischio e pericolo di chi se ne avvale, con la conseguenza che lo stesso verificarsi dell'incidente è fatto idoneo a costituire in colpa il soggetto che se ne avvale (C. 10491/2004; Ca. 8526/2004). Colui il quale intenda far accertare e dichiarare la colpa esclusiva dell'altro, ha l'onere di dimostrare che il sinistro sia stato determinato da una causa a sé non imputabile o che comunque non avrebbe potuto evitarlo. Anche nell'ipotesi in cui lo stesso vanti il diritto di precedenza in prossimità di un incrocio, ha comunque il dovere di osservare le normali regole di prudenza e diligenza, nel momento in cui si avvicina all'incrocio, al fine di valutare le prevedibili manovre azzardate degli altri conducenti (T. Ruvo di Puglia 11.5.2011). 2.1 Ciò posto, occorre verificare la ricostruzione della dinamica dell'incidente stradale che ha visto coinvolto An.Sc., Fr.Sc. e il convenuto Ca.. Dall'informativa redatta dal Distaccamento Polizia Stradale di Castel di Sangro dell'8.12.2019 risulta che verso le ore 20.20 circa, del giorno 7.12.2019, Cl.Sc. alla guida del veicolo JEEP tg. (...) percorreva la SS17 con direzione di marcia Sulmona-Roccaraso quando, giunto alla progressiva chilometrica 107+100 nel Comune di Pettorano Sul Gizio, ove la strada si presentava leggermente curvilinea a sinistra, invadeva la corsia opposta andando a collidere frontalmente con il veicolo Fiat Punto targato (...), condotto da Sa. che percorreva la corsia opposta con direzione di marcia Roccaraso-Sulmona. Secondo gli operanti, l'urto si concretizzava interamente sulla corsia di pertinenza del veicolo Fiat, tra la parte anteriore di entrambi i veicoli e determinava la morte degli occupanti del veicolo Fiat Punto. Dai successivi accertamenti, veniva appurato che il Ca. aveva un tasso alcolemico pari a 2,80 G/Lt e veniva dunque tratto in arresto. Nell'ambito delle indagini penali, veniva effettuata perizia tecnica per l'accertamento della dinamica dell'incidente. Nell'ambito di tale perizia, si appurava che: - Il conducente del veicolo JEEP Cherokee tg. (...), viaggiava a una velocità compresa tra 100 e 110 KM/h, non commisurata alle caratteristiche del luogo del sinistro ed alla visibilità notturna; - L'impatto si concretizzava sulla corsia di marcia della Fiat Punto, ad un metro circa dal margine destro della carreggiata; - Per effetto dell'urto i due veicoli proseguivano la loro marcia incastrati lasciando tracce di scalfittura sulla carreggiata di pertinenza della Fiat Punto con direzione di marcia della vettura JEEP, terminando la corsa a 23 metri circa dal punto di urto; - La causa esclusiva nella determinazione del sinistro va ricercata nell'invasione di corsia da parte del guidatore del veicolo JEEP. La dinamica su descritta risulta confermata dalla consulenza tecnica espletata nel corso del presente giudizio le cui conclusioni, prive di vizi logici o omissioni, possono essere integralmente recepite dal Giudice. In particolare, dalla relazione si evince che: "il giorno 7.12.2019, alle ore 20.20 circa, Cl.Sc., conducente del veicolo fuoristrada Jeep Cherokee targato (...), solo a bordo, percorreva la SS 17, con senso di marcia Sulmona/Roccaraso ... nel territorio extraurbano del Comune di Pettorano Sul Gizio (AQ) con piano viabile asciutto, in leggera salita, in presenza di una curva sinistrosa a visuale libera, con segnaletica verticale indicante limite di velocità di 70 KM/h e divieto di sorpasso fra autoveicoli, ad una velocità di 126 km/h. Lostesso giunto in prossimità della progressiva chilometrica 107+050 circa, invadeva l'opposta corsia di marcia ed urtava violentemente l'autovettura Fiat punto targata (...) condotta da S.A. con a bordo un trasportato (Sc.Fr.) ... l'urto, violentissimo, si concretizzava nella corsia di pertinenza dell'autovettura Fiat Punto, in prossimità del margine destro della carreggiata, tra le parti anteriori dei veicoli protagonisti con maggior risentimento sul lato sinistro dei relativi veicoli, facendo arretrare l'autovettura Fiat Punto dal punto di impatto, fino alla posizione di quiete, di circa 25, 00 metri." Sulla base dell'analisi dei rilievi effettuati nell'immediatezza dei fatti, dalla conformazione dei luoghi, dalla posizione e dai danni dei mezzi coinvolti, il consulente, dunque concludeva: a) La velocità tenuta dal conducente del fuoristrada targato (...) si attesta in circa 126 km/h, mentre quella tenuta dal conducente della Fiat Punto targata (...) si attesta in circa 50 Km/h; b) Il conducente del veicolo Fiat Punto ha fatto tutto il possibile per evitare l'impatto, riducendo la velocità e portandosi sul margine destro della carreggiata ovvero oltre lo stesso; c) Il conducente del veicolo Jeep percorreva la SS 17 ad una velocità di circa 126 km/h (con limite di 70 km/h) in stato di alterazione da alcol, invadeva la corsia di marcia del veicolo Fiat Punto non avvedendosi della presenza dello stesso e non metteva in atto alcuna manovra correttiva e/o di emergenza e non faceva nulla per evitare l'impatto. Pertanto, il consulente tecnico concludeva: "?ritiene di attribuire a Cl.Sc., conducente del fuoristrada JEEP?, una responsabilità unica ed esclusiva, in quanto lo stesso marciava ad una velocità di circa 126 km/h, invadeva l'opposta corsia di marcia, in curva, in stato di alterazione psicofisica da alcool etilico, accertato pari a 2,80 g/l e, nella circostanza dell'evento non è stato in grado di conservarne il controllo del proprio veicolo e di arrestarlo tempestivamente nei limiti del suo campo di visibilità, non frenava per nulla, conseguentemente non riusciva a compiere, in condizioni di sicurezza, le manovre richieste dalla circolazione, evidenziando nei confronti del medesimo, una guida distratta con conseguente condotta di guida imprudente, negligente ed imperita. Nessuna responsabilità va attribuita a Sa., conducente dell'autovettura Fiat Punto ...". Sulla base degli accertamenti esperiti, dunque, risulta pienamente superata la presunzione prevista dall'art. 2054 c.c. per cui la responsabilità del sinistro va addebitata interamente al convenuto Cl.Sc.. 3. Accertato pertanto l'an debeatur, può essere analizzata la domanda di risarcimento dei danni avanzata dagli attori nella qualità di prossimi congiunti di An.Sc. e Fr.Sc. entrambi deceduti in conseguenza del sinistro di cui è causa. 3.1 Gli attori nell'ambito del giudizio n. 540/2021, ossia Fr.Sc., Gi.Sc. e Pa.Di., hanno chiesto, nella qualità rispettivamente di figli e moglie del defunto An.Sc., il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti in conseguenza della perdita del loro prossimo congiunto in seguito all'incidente stradale che lo ha visto coinvolto. 3.1.1. In primo luogo, gli attori chiedono il risarcimento del danno morale ed al danno esistenziale collegati alla perdita del rapporto parentale che devono essere valutati unitariamente, posto che il danno da perdita del rapporto parentale, secondo l'interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità, intende ristorare il familiare dal pregiudizio subito sotto il duplice profilo morale, quanto alla sofferenza psichica che questi è costretto a sopportare a causa dell'impossibilità di proseguire il proprio rapporto di comunanza familiare, e dinamico-relazionale, quale sconvolgimento di vita destinato ad accompagnare l'intera esistenza del soggetto che l'ha subita (così, ad esempio, Cass. Civ, Terza Sezione, n. 28989 del 11/11/2019). La valutazione di tale voce di danno deve informarsi al principio della natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale e delle sezioni unite della Cl.Sc. (Corte cost. 233/2003; Cass. ss.uu. 26972/2008). Ciò comporta che il giudice di merito dovrà tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni, procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni. Nel procedere all'accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, quindi, il giudice di merito, alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza 235/2014, punto 10.1 e ss.) e del recente intervento del legislatore sugli artt. 138 e 139 Codice delle assicurazioni come modificati dall'art. 1, comma 17, della L. 4 agosto 2017, n. 124 - la cui nuova rubrica ("danno non patrimoniale", sostituiva della precedente, "danno biologico"), ed il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale - deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale, e cioè tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione) quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto - cfr. da ultimo Corte di Cassazione, Sez. III Civile , Ordinanza 28 settembre 2018, n.23469). Ebbene, come di recente chiarito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 25541 (ud. 02/02/2022) 30-08-2022, "nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), è orientamento unanime di questa Corte che l'esistenza stessa del rapporto di parentela faccia presumere, secondo l'id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è per comune esperienza e, di norma, connaturale all'essere umano" (Cass. civ. sez. III n. 11212 del 24 aprile 2019; Cass. civ. sez. III n. 31950 dell'11 dicembre 2018; Cass. civ. sez. III n. 12146 del 14 giugno 2016). Naturalmente, trattandosi di una praesumptio hominis sarà sempre possibile per il convenuto dedurre e provare l'esistenza di circostanze concrete dimostrative dell'assenza di un legame affettivo tra vittima e superstite (Cass. civ. sez. VI - 3 n. 3767 del 15 febbraio 2018). Applicando le sopra indicate coordinate alla vicenda qui in esame, dunque, deve ritenersi dimostrato che la condotta del convenuto Ca. (responsabile del sinistro in cui è deceduto An.Sc.) abbia cagionato agli attori un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché ha colpito soggetti (moglie e figli), legati da uno stretto vincolo di parentela (non contestato dalla difesa della compagnia convenuta), la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare (cfr. documentazione all. nn. 6-7-8 atto di citazione - non contestati dalla difesa convenuta). Accertata, dunque, la sussistenza della lesione - nella dimensione unitaria ed omnicomprensiva sopra indicata - la stima del danno non patrimoniale da perdita del prossimo congiunto, avviene "in base a valutazione equitativa che tenga conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza e di ogni ulteriore circostanza utile, quali la consistenza più o meno ampia del nucleo familiare, le abitudini di vita, l'età della vittima e dei singoli superstiti ed ogni altra circostanza allegata" (cfr. Cass. civ., sez. III, ord. n. 907/2018). Con la dovuta precisazione che "ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da perdita di persona cara, la congiunta attribuzione del danno morale (non altrimenti specificato) e del danno da perdita del rapporto parentale costituisce indebita duplicazione di risarcimento, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita (sul piano morale soggettivo), e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita (sul piano dinamico-relazionale), rappresentano elementi essenziali dello stesso complesso e articolato pregiudizio,destinato ad essere risarcito, sì integralmente, ma anche unitariamente. Allo stesso modo, in virtù del principio di unitarietà e onnicomprensività del risarcimento del danno non patrimoniale, deve escludersi che al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza del fatto illecito di un terzo possano essere liquidati sia il danno da perdita del rapporto parentale che il danno esistenziale, poiché il primo già comprende lo sconvolgimento dell'esistenza, che ne costituisce una componente intrinseca (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 30997 del 30/11/2018)" (cfr. da ultimo Cass. civ., sez. III, n. 28989/2019). In mancanza di criteri legali, la Suprema Corte ha, da ultimo, statuito che "al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul sistema a punti, che preveda, oltre l'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, da indicare come indefettibili, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella" (cfr. Corte di Cassazione, sentenza del 10 novembre 2021 n. 33005; in termini, cfr. Cass. 10579/2021; Cass. 26300/2021). È possibile, dunque, fare oggi ricorso alle Tabelle del Tribunale di Milano 2022, facendo propri i nuovi criteri orientativi per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da perdita del rapporto parentale in ossequio a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (come di recente statuito dalla Suprema Corte con ordinanza n. 37009, emessa il 16.12.2022). Svolta tale premessa quanto al danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, si procede all'analisi della posizione dei singoli attori: a) Pa.Di. (coniuge): età della vittima primaria (59 anni); età della vittima secondaria (48 anni); convivenza; sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius (2 figli superstiti e padre); presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo; qualità ed intensità della relazione affettiva che caratterizzava lo specifico rapporto parentale perduto come risultante dall'istruttoria svolta (+15 punti). Si ritiene di assegnare un punteggio di 63 punti (più 15 di personalizzazione) - Valore punto Base Euro 3.365,00; Totale Euro 262.470,00, da cui va detratta la somma già corrisposta dalla compagnia assicuratrice. b) Gi.Sc. (figlia): età della vittima primaria (59 anni); età della vittima secondaria (19 anni); convivenza; sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius (1 figlio superstite, moglie e padre); presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo. Si ritiene di assegnare un punteggio di 69 punti - Valore punto Base Euro 3.365,00; Totale Euro 232.185,00, da cui va detratta la somma già corrisposta dalla compagnia assicuratrice. c) Fr.Sc. (figlio): età della vittima primaria (59 anni); età della vittima secondaria (24 anni); convivenza; sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius (1 figlio superstite e madre); presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo. Si ritiene di assegnare un punteggio di 67 punti - Valore punto Base Euro 3.365,00; Totale Euro 225.455,00, da cui va detratta la somma già corrisposta dalla compagnia assicuratrice. Al danno non patrimoniale così liquidato, vanno aggiunti la rivalutazione monetaria e interessi. Invero, ai fini dell'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere al danneggiato sia la rivalutazione monetaria che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza in poi. Non sussiste quindi alcuna incompatibilità fra valutazione all'attualità del danno biologico e il riconoscimento degli interessi compensativi, che sono volti a ristorare il diverso pregiudizio che l'avente diritto abbia subito per la ritardata percezione del suo credito (v. Cass. n. 10251 del 2002). 3.1.2 In secondo luogo gli attori chiedono il risarcimento dei danni patrimoniali rispetto a diverse voci di danno: a) danno da perdita elargizioni defunto Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'uccisione d'una persona può causare ai suoi familiari un danno patrimoniale da lucro cessante, consistente nella perdita dei benefici economici che la vittima destinava loro: o per legge (ad es., ex artt. 143 o 147 c.c.), o per costume sociale, a condizione che non si trattasse di sovvenzioni episodiche (le quali ovviamente a cagione della loro sporadicità non consentirebbero di presumere ex art. 2727 c.c. che, se la vittima fosse rimasta in vita, sarebbero continuate per l'avvenire) (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., (ud. 14/12/2017) 16-03-2018, n. 6619): "La liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, patito dalla moglie e dal figlio di persona deceduta per colpa altrui, e consistente nella perdita delle elargizioni erogate loro dal defunto, se avviene in forma di capitale e non di rendita, va compiuta, per la moglie, moltiplicando il reddito perduto dalla vittima per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie, corrispondente all'età del più giovane tra i due; e per il figlio in base ad un coefficiente di capitalizzazione d'una rendita temporanea, corrispondente al numero presumibile di anni per i quali si sarebbe protratto il sussidio paterno; nell'uno, come nell'altro caso, il reddito da porre a base del calcolo dovrà comunque: (a) essere equitativamente aumentato, per tenere conto dei presumibili incrementi che il lavoratore avrebbe ottenuto, se fosse rimasto in vita; (b) essere ridotto della quota di reddito che la vittima avrebbe destinato a sè, del carico fiscalee delle spese per la produzione del reddito".( Cass. civ. Sez. VI - 3, Ord., (ud. 14/12/2017) 16-03-2018, n. 6619). Nel determinare il reddito della vittima da porre a base del calcolo non va dimenticato che il risarcimento del danno è operazione governata dal principio di indifferenza, in virtù del quale la liquidazione deve comprendere tutto il danno, e nient'altro che il danno (art. 1223 c.c.). Da ciò consegue che l'importo del reddito goduto dalla vittima al momento della morte deve essere opportunamente ritoccato per evitare sovra - o sottostime: in particolare, dal reddito suddetto deve essere detratto l'ammontare delle spese per la produzione del reddito ed il carico fiscale, ma è doveroso tenere conto - se la circostanza sia stata debitamente allegata e provata, anche per presunzioni - dei verosimili incrementi futuri che quel reddito avrebbe avuto, se la vittima avesse potuto continuare a svolgere il proprio lavoro. Nel caso di specie è documentato che An.Sc. percepiva un reddito annuo lordo di 26.701 Euro (da Mod. 730cfr. doc. 12-13-14 all. citazione: Reddito complessivo Euro 26.701 meno ritenute Irpef netta Euro 2.601 meno ritenute addizionale Regionale Euro 462 meno ritenute addizionale comunale Euro 107 = reddito netto annuo Euro 23.531,00). Sicuramente, può presumersi che An.Sc., unico soggetto che prestava attività lavorativa, contribuiva significativamente al mantenimento della famiglia (composta da moglie casalinga e due figli studenti universitari). Considerato quanto sopra, si può ipotizzare che An.Sc. destinasse ¾ del proprio reddito ai bisogni familiari. Pertanto, occorre tenere conto di tale valore e calcolare quanto dovuto in base alla presunta sopravvivenza dello Sc. sulla base delle tabelle di sopravvivenza (80 anni) nonché la presunta età di indipendenza economica dei figli (27 anni per entrambi). Ai fini del calcolo del lucro cessante appare corretto evidenziare quanto segue: - per 3 anni (cioè dalla data della morte di An.Sc. fino all'indipendenza economica del figlio Fr., presuntivamente ritenuta al raggiungimento dei 27 anni e per parziale indipendenza di G.), il coniuge superstite, Pa.Di. avrebbe beneficiato di un quarto dell'apporto economico del marito alla famiglia (1/4 del reddito netto annuo destinato alla famiglia ossia circa 5.000); - per i successivi 5 anni (cioè dalla data dell'indipendenza di Fr. e fino all'indipendenza di G.) il coniuge superstite, Pa.Di. avrebbe beneficiato di 2/4 dell'apporto economico del marito alla famiglia (10.000 Euro); - successivamente e fino alla morte di An.Sc., che secondo le tabelle di sopravvivenza, sarebbe presumibilmente avvenuta a 80 anni, avrebbe beneficiato dell'intero apporto economico del marito (15.000). Tenuto conto di tali elementi, ricavabili dalla documentazione prodotta da parte attrice sulla base di un giudizio prognostico, si può, pertanto, ipotizzare questo calcolo: Per quanto riguarda la moglie Pa.Di.: - da data morte coniuge sino all'indipendenza del figlio Fr. per 3 anni, reddito destinato al coniuge 4.412,06 x coefficiente 3,04 (nuove tabelle di Milano 2023): 15.200; - da indipendenza economica del figlio Fr. a indipendenza economica della figlia Gi. per cinque anni: reddito destinato al coniuge 10000 x coefficiente 5,10 (nuove tabelle di Milano 2023): 51.000 Euro; - da indipendenza della figlia Gi. sino alla morte del marito (presumibilmente 80 anni) per 13 anni: 15.000 x coefficiente 13,38 (nuove tabelle di Milano 2023): 200.700,00 Euro. In conclusione, il danno patrimoniale da lucro cessante subito da Pa.Di. ammonta ad Euro 266.900,00. Con riferimento al danno patrimoniale da lucro cessante per il figlio Fr.Sc. di anni 24, convivente, per perdita delle utilità economiche del padre al nucleo familiare si osserva quanto segue: per 3 anni (cioè dalla data della morte di An.Sc. fino alla propria indipendenza economica, presuntivamente ritenuta al raggiungimento dei 27 anni), il figlio Fr.Sc. avrebbe beneficiato di ¼ del reddito netto del padre. Tenuto conto di questa premessa e fatto riferimento alla Tabella di capitalizzazione anticipata di rendita temporanea annuale del Tribunale di Milano , si può effettuare il seguente calcolo: reddito destinato al figlio (Euro 5.000) x coefficiente 3,04 corrispondente ad anni 3 (Euro 5.000 x K=3,04=Euro 15.200). Con riferimento al danno patrimoniale da lucro cessante per la figlia Gi.Sc. di anni 19, convivente, per perdita delle utilità economiche del padre al nucleo familiare si osserva quanto segue: per 8 anni (cioè dalla data della morte di An.Sc. fino alla propria indipendenza economica, presuntivamente ritenuta al raggiungimento dei 27 anni), la figlia Gi. avrebbe beneficiato di ¼ del reddito netto del padre. Tenuto conto di questa premessa e fatto riferimento alla Tabella di capitalizzazione anticipata di rendita temporanea annuale del Tribunale di Milano , si può effettuare il seguente calcolo: reddito destinato al figlio (Euro 5.000) x coefficiente 8,31 corrispondente ad anni 8 (Euro 5.000 x K=8,31=Euro 41.550). b) danno da perdita delle aspettative ereditarie. Costituisce una duplicazione del danno rispetto a quello da perdita delle elargizioni economiche, la richiesta di danno da perdita delle aspettative ereditarie. Inoltre, non risulta la prova dell'ammontare dei redditi che il defunto An.Sc. destinava al risparmio. Pertanto tale voce di danno non può essere riconosciuta. c) danno da perdita di lavoro domestico Al pari, non appare fondata l'ulteriore domanda relativa alla perdita economica connessa all'attività casalinga prestata dal de cuius, posto che non risulta provato lo svolgimento costante di attività domestica da parte di An.Sc. (tenendo in considerazione che comunque lo stesso svolgeva attività lavorativa mentre la moglie solo attività domestica). d)spese funerarie A titolo di spese funerarie può riconoscersi anche la somma dovuta per il pagamento del loculo e delle spese funerarie documentate, mentre non possono trovare riconoscimento le spese forfettarie spese per la cura del sepolcro come richieste da parte attrice non essendo sufficientemente documentate. La somma complessiva dovuta ammonta ad Euro 7.208 (cfr. fatture acquisto loculo; servizio onoranze funebri e acquisto accessori sepolcro all.to n. 9 citazione) da cui va detratta la somma di Euro 4.829,00 già liquidata dalla compagnia assicuratrice. d)spese assistenza stragiudiziale Parte attrice, chiede poi il risarcimento di quanto corrisposto per l'assistenza stragiudiziale nella fase antecedente al presente giudizio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, in caso di sinistro stradale, qualora il danneggiato abbia fatto ricorso all'assistenza di uno studio di consulenza infortunistica stradale ai fini dell'attività stragiudiziale diretta a richiedere il risarcimento del danno asseritamente sofferto al responsabile ed al suo assicuratore, nel successivo giudizio instaurato per ottenere il riconoscimento del danno, la configurabilità della spesa sostenuta per avvalersi di detta assistenza come danno emergente non può essere esclusa per il fatto che l'intervento del suddetto studio non abbia fatto recedere l'assicuratore dalla posizione assunta in ordine all'aspetto della vicenda che era stata oggetto di discussione e di assistenza in sede stragiudiziale, ma va valutata considerando, in relazione all'esito della lite su tale aspetto, se la spesa sia stata necessitata e giustificata in funzione dell'attività di esercizio stragiudiziale del diritto al risarcimento (Cass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 25/10/2016) 13-04-2017, n. 9548). Orbene, nel caso di specie, risulta provato il conferimento del mandato alla società Gi.Sc. Gi.Sc. s.r.l. da parte di tutti e tre gli attori (Fr.Sc., Gi.Sc. e Pa.Di. cfr. all.to 10 citazione) e il pagamento delle fatture relative ai compensi (all.to 11 citazione). Inoltre, risulta palese l'utilità dell'attività stragiudiziale resa posta la complessità del sinistro come sopra evidenziata dalla dinamica e l'intervenuto pagamento di un ristoro da parte della compagnia assicuratrice. Pertanto, agli attori va riconosciuto quanto da loro corrisposto per le spese stragiudiziali e nello specifico: - Euro 15.346 per D.S.P. - Euro 15.346 per Sc.Fr. - Euro 16.226 per S.G.. f) danno all'autovettura Non può essere liquidato alcun importo per quanto concerne il danno all'autovettura posto che manca la prova del valore del veicolo al momento del sinistro, le spese effettuate e la rottamazione. Pertanto, si ritiene sul punto pienamente satisfattoria la somma già liquidata dalla compagnia assicuratrice Zu.. g) spese per relazioni di parte. Agli attori, inoltre, spetta il rimborso di quanto corrisposto al CTP di parte quale spesa giudiziale pari ad Euro 1.522,56. 3.2 Ciò posto, è ora possibile analizzare le domande svolte dagli attori del giudizio n. 550/2021 riunito al principale (Sc.Fr. quale procuratore di Fr.Sc. e Cl.Sc.), Gi.Sc. quale procuratrice di Fr.Sc. e Cl.Sc.). Gli attori, hanno chiesto, in proprio e per conto dei loro rappresentati, nella qualità rispettivamente di nipote, fratello e sorella del defunto Fr.Sc. (nato il (...), il risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti in conseguenza della perdita del loro prossimo congiunto in seguito all'incidente stradale che lo ha visto coinvolto. 3.2.1 In primo luogo, gli attori chiedono il risarcimento del danno morale ed al danno esistenziale collegati alla perdita del rapporto parentale. Applicando le sopra indicate coordinate alla vicenda qui in esame, dunque, deve ritenersi dimostrato che la condotta del convenuto Ca. (responsabile del sinistro in cui è deceduto Fr.Sc.) abbia cagionato agli attori un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale, allorché ha colpito soggetti (fratello, sorella e nipote), legati da uno stretto vincolo di parentela (non contestato dalla difesa della compagnia convenuta), la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare (cfr. documentazione atto di citazione - non contestati dalla difesa convenuta). Per tale voce di danno vale quanto già sopra rilevato nel merito, pertanto, può passarsi direttamente alla valutazione del quantum dovuto: a) Gi.Sc. (nipote): età della vittima primaria (88 anni); età della vittima secondaria (19 anni); convivenza; sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius (1 figlio superstite e nipote); presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo. Si ritiene di assegnare un punteggio di 44 punti - Valore punto Base Euro 1.461,20; Totale Euro 64.292,80; b) Cl.Sc. (fratello): età della vittima primaria (88 anni); età della vittima secondaria (75 anni); no convivenza; sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius; presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo. Si ritiene di assegnare un punteggio di 12 punti - Valore punto Base Euro 1.461,20; Totale Euro 17.534,40; c) Fr.Sc. (sorella): età della vittima primaria (88 anni); età della vittima secondaria (71 anni); no convivenza (ma nella stessa città); sopravvivenza di altro/i congiunti del nucleo familiare primario del de cuius ; presenza di altri parenti non conviventi nel nucleo. Si ritiene di assegnare un punteggio di 20 punti - Valore punto Base Euro 1.461,20; Totale Euro 29.224,00, detratto quanto già versato dalla compagnia assicurativa. Al danno non patrimoniale così liquidato, vanno aggiunti la rivalutazione monetaria e interessi 3.2.2. Quanto al danno patrimoniale, per le stesse ragioni già evidenziate, non può riconoscersi il danno alle aspettative ereditarie in quanto generico e non provato, mentre può riconoscersi il rimborso delle spese dell'attività stragiudiziale limitatamente alla somma complessiva di Euro 3.547,00 di cui risulta la fattura (all.to n. 25 citazione RG. 550/2021). Non può riconoscersi il rimborso delle spese di CTU di parte non essendoci la prova del loro esborso anche da parte degli attori del giudizio n. 550/2021. In conclusione, accertata la responsabilità di Cl.Sc., quale conducente del veicolo che ha determinato, con esclusiva responsabilità il sinistro del 7.12.2019 in cui hanno perso la vita An.Sc. e Fr.Sc. (nato il (...)) che si trovavano a bordo del veicolo FIAT PUNTO, lo stesso va condannato in solido con la compagnia di assicurazione As. SPA stante la operatività della polizza, al risarcimento del danno nella seguente misura: - Euro 129.470,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale per Pa.Di. moglie di An.Sc.; - Euro 99.185,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale per Gi.Sc., figlia di An.Sc.; - Euro 92.455,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale per Fr.Sc. (classe 1995) figlio di An.Sc.; - Euro 286.147,00 (già detratta la somma di 4.829 Euro a titolo di spese funerarie) a titolo di danno patrimoniale (comprensiva di tutte le voci riconosciute) per Pa.Di., moglie di An.Sc.; - Euro 30.546,00 a titolo di danno patrimoniale per Fr.Sc., figlio di An.Sc.; - Euro 57.776,00 a titolo di danno patrimoniale per Gi.Sc., figlia di An.Sc.; - Euro 64.292,80 a titolo di danno non patrimoniale per Gi.Sc. in qualità di nipote di Fr.Sc. (classe 1931); - Euro 17.534,40 a titolo di danno non patrimoniale per Cl.Sc. in qualità di fratello di Fr.Sc. (classe 1931); - Euro 5.204,00 (già detratta la somma di Euro 24.020,00 liquidata dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale per Fr.Sc., sorella di Fr.Sc. (classe 1931); - Euro 3.547,00 complessivi a titolo di danno patrimoniale per Cl.Sc. e Fr.Sc.. Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra gli attori e As. spa, mentre possono essere compensate tra gli attori e il convenuto Ca. stante la sua mancata costituzione in giudizio. Le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, sono poste a carico della compagnia assicuratrice. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - dichiara Cl.Sc., quale proprietario e conducente del veicolo JEEP targata (...) e assicurato con As. s.p.a, responsabile esclusivo nella determinazione del sinistro del 7.12.2019 che ha cagionato il decesso di An.Sc. quale conducente del veicolo Fiat Punto targato (...) e del terzo trasportato del medesimo veicolo Fr.Sc. (nato il (...)); - per l'effetto, condanna Cl.Sc. e As. spa, in solido tra loro, al pagamento della somma di: a) Euro 129.470,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale in favore di Pa.Di., nella qualità di moglie di An.Sc.; b) Euro 99.185,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale in favore di Gi.Sc., nella qualità di figlia di An.Sc.; c) Euro 92.455,00 (già detratta la somma di Euro 133.000,00 già corrisposta dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale in favore di Fr.Sc. (classe 1995) in qualità di figlio di An.Sc.; d) Euro 64.292,80 a titolo di danno non patrimoniale in favore di Gi.Sc. in qualità di nipote di Fr.Sc. (classe 1931); e) Euro 17.534,40 a titolo di danno non patrimoniale in favore di Cl.Sc. in qualità di fratello di Fr.Sc. (classe 1931); f) Euro 5.204,00 (già detratta la somma di Euro 24.020,00 liquidata dall'assicurazione) a titolo di danno non patrimoniale in favore di Fr.Sc., sorella di Fr.Sc. (classe 1931); Tutti oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data dell'incidente (7.2.2019), alla pubblicazione della presente sentenza ed i soli interessi legali dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza al saldo; - per l'effetto condanna Cl.Sc. e As. spa, in solido tra loro, al pagamento della somma di: a) Euro 286.147,00 (già detratta la somma di 4.829 Euro a titolo di spese funerarie) a titolo di danno patrimoniale (comprensiva di tutte le voci riconosciute) in favore di Pa.Di., moglie di An.Sc.; b) Euro 30.546,00 a titolo di danno patrimoniale in favore di Fr.Sc., figlio di An.Sc.; c) Euro 57.776,00 a titolo di danno patrimoniale in favore di Gi.Sc., figlia di An.Sc.; d) Euro 3.547,00 complessivi a titolo di danno patrimoniale per Cl.Sc. e Fr.Sc.. oltre interessi legali dal dì del dovuto al saldo; - Condanna As. spa, nella spiegata qualità, al pagamento in favore dell'avv. El.Br., dichiaratasi antistataria, delle spese di lite che liquida in Euro 43.789,50 (per compensi (giudizi ordinari, scaglione sino a 1.000,000,00 Euro, fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe medie aumento del 50% per numero di parti difese) oltre iva, cpa e rimborso spese forfettarie come per legge. - Compensa le spese di lite tra gli attori e Cl.Sc.; - Pone definitivamente a carico della As. spa, le spese della consulenza tecniche d'ufficio liquidata con separato decreto e la condanna al rimborso delle spese anticipate dagli attori per il CTU. - Rigetta nel resto le domande. Così deciso in Sulmona il 9 agosto 2023. Depositata in Cancelleria l'11 agosto 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA In composizione monocratica, nella persona dott.ssa Marta Sarnelli, nella causa civile iscritta al n. 181/2023 R.G., avente ad oggetto opposizione a delibera condominiale e vertente tra DR. TA (C.F. X ARCH. ZL (C.F. X elettivamente domiciliati in che li rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso di impugnazione di delibera condominiale; - Ricorrenti - E CONDOMINIO (...) (c.f. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in che lo rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -convenuto - OGGETTO: opposizione delibera condominiale. Ha emesso la seguente SENTENZA Ragioni di fatto e di diritto della decisione Con ricorso ex art. 281decies c.p.c. depositato il 17.3.2023, (...) hanno proposto opposizione avverso la delibera assembleare del 24.11.2022 limitatamente al punto 3 dell'ordine del giorno avente ad oggetto "Approvazione relazione tecnica, quadro economico e computo metrico redatti da (...). Approvazione progettazione esecutiva dei lavori di manutenzione straordinaria consistenti in intervento trainante di isolamento termico delle superfici opache, verticali o inclinate che interessano l'involucro dell'edificio con un'incidenza superiore al 25% intervento trainante di miglioramento sismico di installazione di impianto fotovoltaico e installazione dei sistemi di accumulo affidamento dei lavori di appalto con previsione di pagamento del corrispettivo mediante sconto in fattura; informativa in merito alle detrazioni fiscali spettanti e allo sconto in fattura, adesione all'opzione per lo sconto in fattura e definizione delle relative condizioni". A sostegno della citata azione, i ricorrenti hanno dedotto: Di essere proprietari di unità immobiliari facenti parte del Condominio (...) sito in Roccaraso alla (...); - Nella seduta del 24.11.2022 l'assemblea del condominio predetto approvava, all'unanimità degli intervenuti, rappresentanti complessivi 584,44 millesimi, il punto 3 dell'ordine del giorno; - La suddetta delibera è affetta da nullità in quanto incide negativamente su spazi di proprietà privata e modifica l'estetica del fabbricato senza essere stata approvata all'unanimità dei condomini (ma solo a maggioranza); I ricorrenti, dunque, impugnavano la delibera avviando la procedura di mediazione; I ricorrenti, inoltre, chiedevano comunque la sospensione immediata della delibera. Con decreto del 27.3.2023 veniva fissata udienza per la sola discussione dell'istanza di sospensione. In data 10.4.2023 si costituiva il Condominio (...) il quale eccepiva, in via preliminare, l'irregolarità della mediazione con conseguente inammissibilità dell'impugnazione e, comunque, l'infondatezza nel merito del ricorso. A seguito della comparizione delle parti, con ordinanza del 21.4.2023, veniva disposta l'immediata sospensione dell'efficacia della delibera impugnata relativamente al punto 3 e veniva fissata udienza per la prosecuzione del giudizio. In data 19.6.2023 il Condominio si costituiva anche nel merito ribadendo le proprie difese. All'udienza del 5.7.2023 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione di un termine per note conclusive. In via preliminare, occorre ribadire l'infondatezza dell'eccezione, sollevata dal Condominio, di tardività della mediazione rispetto ai termini per impugnare la delibera. Secondo parte convenuta, infatti, gli odierni ricorrenti avrebbero introdotto il procedimento di mediazione oltre il termine previsto dall'art. 1137 c.c. per l'impugnazione delle delibere condominiali. Tuttavia, nel caso di specie, non può trovare applicazione il suddetto termine posto che trattasi di delibera impugnata per motivi di nullità. Secondo la Suprema Corte, infatti, "debbono qualificarsi nulle le delibere dell'assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito, le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono sui diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto" (cfr. sentenza n. 12930/2012). Ai fini della impugnazione della delibera condominiale per nullità non sono previsti termini di decadenza, talché essa può essere presentata da chiunque vi abbia interesse ed in qualsiasi tempo, nonché essere rilevata d'ufficio dal giudice, come disposto dalla Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 4806/2005. Venendo al merito, il presente giudizio ha ad oggetto l'accertamento della legittimità della delibera del 24.11.2022 con la quale, al punto tre dell'ordine del giorno, sono stati approvati, a maggioranza, lavori di manutenzione straordinaria consistenti in un intervento trainante di isolamento termico delle superfici opache, verticali o inclinate che interessano l'involucro dell'edificio e in un intervento trainante di miglioramento sismico di installazione di impianto fotovoltaico e installazione di impianti di accumulo. Secondo parte ricorrente, la delibera è nulla, in quanto adottata a maggioranza e non all'unanimità nonostante: a) Comporti una modifica dell'estetica del fabbricato e quindi il decoro architettonico dello stesso; b) Incida i n maniera considerevole sulle proprietà esclusive dei ricorrenti riducendo notevolmente la superficie calpestabile dei balconi. Il primo luogo, i ricorrenti deducono che con l'istallazione del cappotto termico, ossia con l'applicazione all'edificio di pannelli dello spessore di 15/16 cm, si altererebbe la definizione architettonica dell'edificio (i suddetti pannelli andrebbero a coprire sia il rivestimento in pietra naturale non levigata sia quello di mattoni a faccia a vista). Secondo il quarto comma dell'art. 1120 c.c., sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino. È giurisprudenza costante che per decoro architettonico del fabbricato debba intendersi l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti dell'edificio, nonché all'edificio stesso nel suo insieme, una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edificio di particolare pregio artistico. L'indagine volta a stabilire se, in concreto, un'innovazione determini o meno alterazione del decoro architettonico, è demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se congruamente motivato (C. 18928/2020; C. 1286/2010; C. 8731/1998; C. 6496/95; C. 10507/1994; C. 10513/1993). La Suprema Corte ha inoltre chiarito che il divieto previsto dall'art. 1120, in ordine alle innovazioni che alterino il decoro architettonico del fabbricato, è incondizionato, in quanto prescinde sia dalla formazione di eventuali maggioranze assembleari in senso contrario sia da modifiche di fatto apportate da alcuni condomini alla fisionomia iniziale dello stabile, consentendo quindi anche ad un solo condomino di esprimere il proprio dissenso e di agire per il ripristino delle caratteristiche originarie del fabbricato (C. 851/2007). Orbene, nel caso di specie, dall'analisi della documentazione fotografica e del progetto approvato per i lavori di manutenzione, risulta che i pannelli per l'istallazione del cappotto termico verranno applicati sulla facciata modificandone completamente l'aspetto esteriore (in particolare eliminando la parete in pietra e quella con mattoni a vista). E' evidente che l'intervento deliberato altera sensibilmente la fisionomia dell'intero edificio e della facciata stessa, ragion per cui modifica/altera in maniera evidente il decoro architettonico dell'edificio, rendendo la delibera, che lo approva solo a maggioranza dei condomini, nulla perché contraria all'art. 1120 c.c.. Ad ogni modo, anche volendo superare la questione dell'alterazione del decoro architettonico dell'edificio, in ogni caso la delibera, al punto 3 dell'ordine del giorno, è nulla in quanto approva un intervento che incide sulla proprietà esclusiva dei condomini senza che vi sia stato il loro consenso unanime. Come evidenziato dai ricorrenti, infatti, l'intervento di installazione del cappotto termico sopra descritto, oltre a modificare la facciata dell'edificio condominiale, comporta una riduzione considerevole della profondità del terrazzino di proprietà esclusiva dei condomini, con una riduzione dello spazio da 62 cm a 46/47 cm oltre che una modifica della ringhiera attualmente presente. Secondo il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, "Costituiscono cause di nullità delle delibere adottate dall'assemblea del condominio le delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all'ordine pubblico, alla morale, al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono su diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all'oggetto." (Cass. civ. Sez. Unite, 07/03/2005, 4806). Orbene, la delibera che approva lavori di manutenzione che modificano la proprietà esclusiva dei condomini senza il loro consenso è nulla. E' pacifico, infatti, che nel caso di specie la delibera dell'assemblea condominiale che ha approvato il suddetto intervento, è stata adottata a maggioranza e non all'unanimità dei condomini. In conclusione, in accoglimento dell'opposizione proposta, dichiara nulla la delibera condominiale del 24.11.2022 limitatamente all'approvazione del punto 3 dell'ordine del giorno. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di legge. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, definitivamente pronunciando sull'opposizione proposta ogni altra domanda, difesa ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: - dichiara nulla la delibera del 24.11.2022 limitatamente al punto 3 dell'ordine del giorno adottata dall'assemblea del Condominio (...) condanna il Condominio (...)in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore dei ricorrenti delle spese di lite che liquida complessivamente in Euro 2.906,00 (valore indeterminabile complessità bassa, valori minimi per la semplicità delle questioni trattate, fasi studio, introduttiva, decisionale, oltre iva, cpa, spese forfettarie come per legge e spese esenti (287,30 Euro). Sulmona, 31 luglio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano IL TRIBUNALE DI SULMONA Il Tribunale in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, ha emesso la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. 780 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2021 vertente tra (...), (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Sulmona Via (...) presso il proprio studio difeso in proprio, - ATTORE- E COMUNE DI SULMONA (C.F. 00181820663), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso la Casa Comunale in Sulmona (AQ) Via Mazara n. 21, rappresentato e difeso dall'avv. (...) come da procura in calce alla memoria di costituzione. -CONVENUTO - OGGETTO: rimborso spese lavori urgenti edificio CONCLUSIONI: come da verbale del 12.4.2023. IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato l'avv. (...) ha adito l'intestato Tribunale chiedendo: di condannare il Comune di Sulmona al pagamento, quale quota della spesa complessivamente sostenuta dall'attore per i lavori effettuati nel (...), della somma di Euro 29.638,60 oltre interessi a favore dello stesso. A sostegno della citata domanda l'attore ha dedotto: - Di essere proprietario dell'immobile sito in Sulmona Via (...) riportato in catasto al foglio (...) particella (...) sub 17; - L'appartamento si trova al secondo piano del (...), complesso immobiliare di rilevante pregio architettonico di cui il Comune ha una porzione in proprietà; - Il Comune non ha mai tenuto conto delle esigenze legate alle caratteristiche stesse del (...) effettuando saltuariamente opere di manutenzione; - L'attore è dovuto intervenire lui stesso in molte occasioni per sollecitare l'intervento del Comune per la manutenzione del Palazzo anche con ricorsi in via d'urgenza; - Nel 2009 l'attore intraprendeva la procedura per la riparazione post-sisma di cui ha giovato anche il Comune, spendendo 200.000,00 Euro per i lavori di rafforzamento e modifica dell'interno della propria abitazione non rientranti nel progetto; - Nel quadro di tali lavori, sono state applicate travi e catene nel vano scale, cosicché sono state apportate rotture alle pareti con rimozioni della tinteggiatura e, pertanto, è stata rifatta la tinteggiatura per una spesa di Euro 26.070,00; - Nel vano scale è stato poi rifatto l'impianto elettrico per una spesa di Euro 8.470,00; - Date le lavorazioni per il post sisma e l'affluenza dell'utenza diretta agli uffici dati in locazione dal Comune prima all'ANAS e poi alla SACA, il vano scale è stato interessato da pulizia e decapitaggio scala in pietra e trattamento idrorepellente della gradinata per Euro 7.564,00; - Considerato che nell'androne delle scale si propagava umidità che ha lesionato le murature dell'ingresso, si è provveduto al rifacimento della pavimentazione e alla realizzazione di vespaio sottostante, per un costo di Euro 6.000; - La somma di Euro 48.104,00 anticipata dall'attore va ripartita tra i condomini secondo i millesimi di ciascuno e, dunque, per il Comune la somma di Euro 29.638,60 poiché detiene 616,136 millesimi; - Ad ogni modo il Comune deve rimborsare tali somme a titolo di indebito arricchimento; - Rimanevano senza esito le richieste di pagamento. Con comparsa del 29.6.2022 si costituiva il Comune di Sulmona il quale evidenziava l'infondatezza dell'avversa domanda stante l'assenza dell'urgenza dei lavori effettuati e, in ogni caso, eccepiva l'eventuale compensazione delle somme con quelle dovute dall'avv. (...) per i lavori effettuati dal Comune sul tetto del (...). La causa veniva istruita mediante acquisizione di documentazione. All'udienza del 12.4.2023 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. IN DIRITTO Venendo al merito, il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di rimborso di una quota delle somme versate da (...) per la manutenzione di parti comuni dell'edificio "(...)" in qualità di proprietario di una porzione unitamente al convenuto ente comunale. Appare dirimente comprendere se nella fattispecie in esame possa trovare applicazione l'art. 1110 c.c. in materia di comunione o l'art. 1134 c.c. in materia di condominio. Invero, ai sensi dell'art. 1110 c.c. il partecipante alla comunione che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti, o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune ha diritto al rimborso. Secondo l'art. 1134 c.c., invece, il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza l'autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso salvo che si tratti di spesa urgente. La diversa disciplina dettata dagli artt. 1110 e 1134, in materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante, per la conservazione della cosa comune, rispettivamente, nella comunione e nel condominio di edifici, che condiziona il relativo diritto, in un caso, a mera trascuranza degli altri partecipanti e, nell'altro caso, al diverso e più stringente presupposto dell'urgenza, trova fondamento nella considerazione che, nella comunione, i beni comuni costituiscono l'utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, mentre, nel condominio, i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione (C. 5465/2022). Ne discende che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, poiché tale situazione si riscontra anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 (C., S.U., 2046/2006). Nello stesso senso la Suprema Corte ha ribadito che "Anche nel caso di c.d. condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile solo nel caso in cui abbia i requisiti dell'urgenza, ai sensi dell'art. 1134 c.c." Nel caso di specie, pertanto, anche se si tratta di due soli condomini, può trovare applicazione l'art. 1134 c.c., ragion per cui, ai fini del rimborso occorre verificare se i lavori effettuati avevano il carattere dell'urgenza. Secondo la giurisprudenza, per ottenere il rimborso ai sensi dell'art. 1134 c.c. è il condomino, che vi abbia provveduto, a dover provare l'urgenza della spesa, ossia la necessità, che implica una valutazione riservata al giudice di merito, di eseguirla senza ritardo e, quindi, senza poter avvertire tempestivamente l'amministratore o gli altri condomini (C. 5465/2022; C. 27106/2021; C. 27519/2011; C. 21015/2011; T. Bari 20.10.2008; T. Genova 22.5.2007; T. Catania 30.5.2006). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle parti comuni cessa quando si tratta di opere urgenti; tali sono quelle che, secondo il criterio del bonus pater familias, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune (C., S.U., 2046/2006; C. 6400/1984; C. 5356/1977; A. Roma 21.7.2004; T. Bologna 21.4.2005; T. Brescia 8.11.2003; T. Milano 8.6.1992; P. Catania 22.4.1999). L'intervento diretto del singolo condomino, come quello finalizzato alla riparazione di una cosa comune, trova una giustificazione e quindi la possibilità di rimborso solo quando è destinato a far fronte ad un fenomeno che presenti i caratteri della inopinabilità e della indifferibilità, un evento improvviso, imprevedibile e gravemente dannoso della cosa comune o di proprietà esclusiva del condomino (T. Trani 22.1.2008). Tale condizione non sussiste nelle ipotesi in cui la situazione a cui l'intervento vuol porre riparo si protragga da anni; situazione questa che, invece, può legittimare il singolo condomino a convocare l'assemblea condominiale per l'adozione delle provvidenze e, nell'evenienza di paralisi dell'assemblea medesima e dunque di inerzia ovvero di mancato raggiungimento di un accordo, a rivolgersi all'organo giudiziario competente con le forme della procedura camerale di volontaria giurisdizione a norma dell'art. 1105 per ottenere le provvidenze sostitutive di quelle di competenza dell'assemblea ed eventualmente con nomina di un amministratore ad hoc (A. Napoli 22.7.2008). Orbene, nel caso di specie l'attore ha prodotto esclusivamente le fatture e le fotografie dello stato dei luoghi senza tuttavia dimostrare l'urgenza degli interventi effettuati sulle parti comuni dell'edificio (in particolare delle scale) o un evento imprevedibile che rendeva necessaria la riparazione al fine di conservare la cosa comune, né tale urgenza o indifferibilità può desumersi dal mancato intervento del Comune quale altro condomino. Ad ogni modo, anche volendo ritenere applicabile l'art. 1110 c.c., non vi sono i presupposti per l'accoglimento della richiesta di rimborso. La deroga introdotta dall'art. 1110 c.c. circa il diritto del partecipante al rimborso delle spese per la conservazione della cosa comune, in caso di trascuranza, deve ritenersi eccezionale e, come tale, di stretta interpretazione. Essa, quindi, non può avere ad oggetto le consuete spese correnti destinate al mero godimento, anziché alla conservazione della cosa ovvero le spese estranee alla "necessaria" preservazione dell'integrità della cosa stessa (T. Verona 9.4.2001). Inoltre, poiché la norma esclude ogni rilievo dell'urgenza dei lavori e subordina il diritto al rimborso alla condizione che il compartecipe abbia precedentemente interpellato o preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore, ne deriva che, solo in caso di inattività di questi ultimi, il comunista può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso e incomberà a lui l'onere della prova sia della trascuranza che della necessità dei lavori (C. 10738/2001; T. Genova 10.11.2005). Nella fattispecie in esame, infatti, non vi è prova che l'attore abbia interpellato il Comune per l'esecuzione dei lavori di manutenzione o che vi fosse la necessità di provvedere. In via subordinata, l'attore ha comunque chiesto che venisse accertato l'arricchimento senza causa del Comune di Sulmona per i lavori eseguiti, con calcolo di un indennizzo in favore di quest'ultimo ai sensi dell'art. 2041 c.c.. La giurisprudenza, tuttavia, ha escluso, nel caso di spese effettuate dal condomino, la possibilità di esperire l'azione generale di arricchimento senza causa, in quanto il condomino che abbia sostenuto spese per le cose comuni può azionare la tutela di cui all'art. 1134 se la spesa è urgente, o agire in base al combinato disposto degli artt. 1133, 1137 e 1105, affinché sia effettuata una spesa necessaria, ma non urgente (C. 20528/2017; C. 9629/1994). Per tutte le ragioni sopra esposte, la domanda svolta da (...) va integralmente rigettata. Il rigetto della domanda principale rende superflua ogni valutazione sulla fondatezza e tempestività dell'eccezione riconvenzionale avanzata, solo in via subordinata, dal Comune di Sulmona. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri del DM 55/2014 come aggiornato. PQM Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta integralmente la domanda svolta da (...); - Condanna (...) al pagamento, in favore del Comune di Sulmona delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 5.810 per compensi (scaglione valore sino a 52.000, fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe medie) oltre iva, cpa, spese forfettarie come per legge. Così deciso in Sulmona il 26 luglio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2023.

  • TRIBUNALE DI SULMONA In Nome del Popolo Italiano Proc. n. 149/2022 R.G.A.C. Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dr. Pierfilippo Mazzagreco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento vertente tra: (...), (...), (...), con l'avvocato (...) ATTORI contro CONDOMINIO (...) di Via (...) (già (...)) in Rivisondoli, con l'avvocato (...) CONVENUTO avente ad oggetto: impugnazione di delibera condominiale RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 Devono essere accolte le domande di annullamento parziale della delibera assembleare del convenuto Condominio del 19.8.2021 (punto 3): "Approvazione Bilancio Consuntivo 2020: rendiconto spese consuntive 2020, relativa ripartizione, saldi totali consuntivi al 31.12.2020, situazione patrimoniale contabile al 31.12.2020, presa d'atto ed approvazione delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (in allegato relativi documenti contabili e relazione al bilancio integrata con la nota esplicativa sintetica ex art 1130 bis cc); punto 5): "Approvazione bilancio preventivo 2021(provvisorio 2022): rendiconto spese preventive e relativa ripartizione, presa d'atto ed approvazione espressa delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (relativi documenti contabili allegati). c) "prospetto pagamento oneri condominiali 2021 e relative note" inviato unitamente al verbale di assemblea il 9.9.2021"). 1.2 Tutte le instanti imputano alla delibera impugnata (punto 3) di avere, in violazione delle tabelle millesimali allegate al trascritto regolamento condominiale dell'anno 1975, ripartito una quota del 30% delle spese di riscaldamento in base a criteri diversi da quelli risultanti dalle relative tabelle, includendovi i proprietari di unità legittimamente distaccate dall'impianto comune e includendo nella ripartizione quote relative a locali sottotetto non inclusi nella ripartizione tabellare. 1.3 La condomina (...) imputa altresì alla delibera (punto 5) di averle attribuito indebitamente una quota di spese, per di più duplicata, in relazione a due unità individuate come "interni box 33 e 34" non contemplate dalle predette tabelle. 2.1 In relazione al primo motivo dell'impugnativa deve premettersi come sia palesemente infondata l'insistita eccezione d'inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnativa. 2.2 Intanto, l'assunto è contrario al consolidato insegnamento giurisprudenziale in materia (cfr., tra altre conformi, Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 17294 del 19/08/2020 (Rv. 658893 - 01: "In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni'). 2.3 Inoltre e con più specifico riguardo ai termini dell'eccezione formulata, il condomino che impugna la delibera assembleare non è tenuto ad indicare quale sarebbe la delibera assembleare "corretta" (nella specie, quanto alla diversa ripartizione delle spese in questione), già per l'evidente ragione che la statuizione giudiziale richiesta non può che essere solo di annullamento o accertamento della nullità, ma non potrebbe, in questa materia, sostituirsi alla nuova deliberazione assembleare conseguente all'annullamento. 2.4 Ne segue che: l'interesse (ex art. 100 cod. proc. civ.) sussiste necessariamente, trattandosi di rimettere in discussione l'onere economico posto a carico del singolo; il preteso onere di allegare una diverso e specifico criterio di riparto si risolve in un onere di allegazione estraneo alla causa petendi ed alpetitum e non previsto dalla legge. 2.5 D'altra parte, le ragioni giuridiche che sostengono la domanda (annullamento della delibera di approvazione dei bilanci e di ripartizione delle spese) sono sufficientemente puntuali e chiare (mancata corrispondenza alle tabelle millesimali in essere e mai validamente modificate), per sfuggire al rimprovero di indeterminatezza o genericità. 3.1 Nel merito della prima questione, può farsi a meno di un'approfondita discussione della fondatezza dei presupposti da cui muove la difesa di parte convenuta, in particolare del rilievo della conformità del riparto della quota del 30% delle spese del riscaldamento centralizzato anche tra i condomini già distaccati, sul presupposto che tale quota è conforme alla previsione dell'art. 9, c. 5, lett. d), D.Lgs. n. 102/2014, che nella formulazione risultante dalla sostituzione operata dall' articolo 5, comma 1, lettera i), punto v, del Dlgs. 18 luglio 2016 n. 141, dispone(va): "... quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati ... da sistemi comuni di ..., per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti. Ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l'importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate ... " 3.2 L'equivoco in cui incorre il convenuto appare evidente anche a stare a detta formulazione (vigente fino al 29.12.2016 e dunque non applicabile alla specie) e sussiste comunque anche in relazione alla nuova formulazione della citata lettera d), applicabile dal 30.12.2016, come modificata dall'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 73 ("... d) quando i condomini agli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo e' suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. E' fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. ..."). 3.3 Infatti, ove pure si muova dalla premessa, effettivamente adottata da numerose pronunce di merito, che le citate disposizioni impongano di ripartire anche i c.d. costi involontari degli impianti di riscaldamento centralizzati tra i condomini che se ne siano distaccati (sia che li si debba annoverare tra i costi di conservazione espressamente previsti dall'art. 1118, u.c., cod. civ.; sia che le citate disposizioni si ritengano norme speciali sopravvenute) e che tale previsione renda inapplicabili tabelle che recano criteri contrari, non può sfuggirsi al rilievo che si tratta di criteri che non possono ispirare il riparto di dette spese, se non previa specifica delibera assembleare che stabilisca appunto i relativi criteri, adottando nuove ed adeguate tabelle millesimali. 3.4 Ciò è tanto più vero in casi come quello considerato, ove la tabella millesimale ha un ruolo valutativo connotato da discreti margini di apprezzamento. 3.5 Basti considerare che entrambe le ricordate formulazioni prevedevano varie possibilità di determinazione, previa ricognizione delle condizioni dello stabile, col limite, inderogabile solo nel minimo, della quota da attribuire ai consumi volontari (che all'epoca dell'approvazione dei riparti di spesa impugnati era già passato dal 70% al 50%) e con la possibilità di suddividere l'onere secondo una molteplicità di criteri, peraltro richiamati solo esemplificativamente e non esaustivamente ("... secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potente installate ..."). 3.6 Anche per chi muova dal duplice presupposto della necessaria partecipazione ai costi involontari connessi all'impianto centrale di riscaldamento dei condomini che se ne siano legittimamente distaccati e del carattere obbligatorio dell'adozione delle relative tabelle, risulta inammissibile una ripartizione di costi per esercizi specifici che ne prescinda. 4.1 La stessa considerazione (indefettibilità della discussione e dell'adozione di una delibera assembleare di modifica delle tabelle in vigore) s'impone rispetto all'altro profilo della questione, cioè la considerazione del volume dei sottotetti originariamente ignorati nella determinazione delle tabelle millesimali e successivamente resi abitabili, che hanno modificato la consistenza delle unità abitative sottostanti. 4.2 Sul punto il condominio ricorda che già l'assemblea condominiale del 13.8.2000 aveva approvato la proposta di non modificare le tabelle millesimali (calcolate in base alle superfici delle unità in proprietà esclusiva), ma di stabilire un "maggior contributo" a carico dei proprietari degli appartamenti in questione, "valutato ... in base al maggior volume", aggiungendo "ai millesimi un quid, calcolato rapportano il volume attualmente utilizzato a quello dell'abitazione originaria" (così la proposta che si legge nella lettera dell'ingegnere (...), approvata dall'assemblea). 4.3 Ma l'art. 69 disp. att. cod proc. civ. (sia nella formulazione originaria, sia in quella vigente dal 18.6.2013), però, nel consentire la modifica delle tabelle millesimali con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, ... per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino" non fa che evidenziare che il passaggio della delibera assembleare di modifica delle tabelle è pur sempre necessario per disattendere quelle preesistenti. 4.4 E non può certo sostenersi che con detta delibera si sia inteso introdurre una modifica delle tabelle, atteso che, come si legge nel verbale dell'assemblea, sul decimo punto all'ordine del giorno (Proposta di riparto spese condominiali dei "sottotetti") l'assemblea ha deliberato il maggior contributo per i "proprietari dei locali sottotetto che si sono allacciati all'impianto condominiale ... in via provvisoria e nelle more della redazione delle nuove tabelle m/m (millesimali) da deliberarsi". 4.5 S'impone poi un ulteriore considerazione, poiché il condominio convenuto insiste nella considerazione che le odierne instanti abbiano per lungo tempo disertato le assemblee condominiali e reiteratamente versato le quote ripartite in conformità delle medesime proporzioni di cui alla delibera impugnata. 4.6 Con ciò sembra volersi alludere alla possibilità di configurare un'approvazione delle modifiche delle tabelle millesimali per facta concludenza, ostativa alla legittimazione ad impugnare. In fatto, tale assunto è reso già altamente problematico proprio dalla previsione di successiva modificazione espressa, che confina le singole deliberazioni al ruolo di contingente criterio per singoli riparti. 4.7 Ma è proprio sul piano giuridico che la costruzione non persuade. 4.8 E' certamente vero che la giurisprudenza di legittimità in passato ha ammesso una simile evenienza (tra gli ultimi arresti adesivi a tale orientamento, cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3245 del 10/02/2009, Rv. 606690 - 01: "In tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura ai entrambi gli atti, poiché i condomini, anche in mancanza ai tale regolamento, sono liberi di accordarsi tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni, purché sia rispettata, a norma dell'art. 1123 cod. civ., la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva. La formazione delle tabelle millesimali, inoltre, tranne quando queste siano state allegate ad un regolamento contrattuale, non richiede forma scritta "adsubstantiam", essendo desumibile anche da "facta concludentia"); ma è poi approdata alla diversa conclusione che "in tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti. Nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione (o di revisione) delle tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta "ad substantiam", dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per "facta concludentia" (così Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 26042 del 15/10/2019, Rv. 655469 - 01, sulla base di una più completa ricognizione delle fonti e delle acquisizioni di Cass., S.U., n. 18477/2010; nella specie non rileva l'intervenuta modifica degli artt. 68 e 69 disp. att. trans. cod civ.). 5.1 Infine, deve essere accolta anche la doglianza che la sola (...) rivolge all'approvazione del consuntivo 2020 e del preventivo 2021 e "provvisorio 2022". 5.3 Il condominio assume che l'attribuzione di due quote millesimali discenderebbe dalla circostanza che al momento dell'approvazione delle tabelle vigenti il locale attualmente in proprietà di parte attrice risultava evidenziato con l'indicazione distinta di due box ("box 33 e 34"), la cui (necessariamente duplice) quota sarebbe quindi stata imputata all'unico locale risultanze dalla trasformazione dello stato originario. In proposito, non è chiaramente pertinente la circostanza, su cui insiste il condominio, che il dante causa di detto condomino non abbia evidenziato la sommatoria delle quote millesimali nell'atto di trasferimento del bene "trasfromato". 5.4 il problema e che nelle tabelle approvate al regolamento (che si assumono applicate con la delibera impugnata) non vi è alcuna indicazione (si fa riferimento alle unità elencate come "Cantinato Scala B) di siffatta numerazione, né i millesimi concretamente applicati dal condominio (e non solo la loro sommatoria) non corrispondono ad alcuna specifica indicazione di dette tabelle. 5.5 Sicché, anche facendo riferimento alle planimetrie allegate alla donazione da cui discende il diritto dell'attuale condomina, non solo non è dato sapere a quali indicazioni della tabella il "locale falegnameria", ma soprattutto quali sarebbero i millesimi corrispondenti secondo la tabella adottata dal condominio. 5.6 Pertanto - anche ove si volesse disattendere la ricostruzione offerta da (...) (gli originari subalterni 6 e 7 spettanti al dante causa sarebbero stati fusi solo nel 1997, generando i vari sub. attribuiti a ciascun cantinato, dei quali apparterrebbe all'interessata il sub 186, int. 13 - resterebbe insuperabile il rilievo che la ripartizione millesimale in capo alla parte attrice, recepita dalla delibera, non trova alcuna possibilità di raccordo con tabelle millesimali regolarmente approvate. 6.1 Le spese di lite seguono la soccombenza. 6.2 Esse sono liquidate in considerazione del fatto che la contestazione degli attori ha riguardato soltanto il loro personale debito e non mira ad un accertamento che operi direttamente anche nei confronti di tutti i condomini, sicché occorre aversi riguardo, per determinare il valore della causa, alle posizioni debitorie contestate, con applicazione del secondo scaglione della tabella n. 2 dell'Allegato al d.m. n. 55/2014, per tutte le fasi, e aumento del 60% ex art. 4, c. 2, del citato decreto. P.Q.M. Il Tribunale annulla le deliberazioni di cui ai punti nn. 3 e 5 della delibera approvata in data 19.8.2021 dall'assemblea del Condominio (...) di Via (...) in Rivisondoli. Condanna il Condominio a rimborsare le spese di lite, che si liquidano complessivamente per tutte le parti, in Euro 5.440,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% e di spese documentate per Euro 264,00. Sulmona, 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA Il Tribunale in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, ha emesso la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. 509 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2020, a cui è stato riunito il procedimento n. 688/2021, vertente tra (...) S.R.L. (P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in Sulmona Via (...) presso lo studio dell'avv. Al.Ve., rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avvocati Cl.Di. e Ma.Di., come da procura in calce all'atto di citazione, - ATTRICE - E (...) S.P.A., (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, quale procuratrice della (...) s.p.a., in nome e per conto di (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Milano Via (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Ve. che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente all'avv. Ma.Ri. come da procura allegata alla comparsa di costituzione; -CONVENUTA - E (...) S.R.L., (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Venafro al V.le (...) presso lo studio dell'avv. Lu.Ep. che la rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione; -CONVENUTA- NONCHE' AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma Via (...); E (...), titolare dell'omonima ditta in (...), località S.; - CONVENUTE CONTUMACI- IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato l'attrice ha proposto opposizione al precetto notificato in data 15.7.2020 con il quale la (...) s.p.a., nella sua veste di procuratrice di (...) s.p.a., in nome e per conto di (...) s.r.l., ha intimato alla società attrice, il pagamento dell'importo complessivo di Euro 1.112.194,22 in relazione all'esposizione debitoria maturata rispetto al mutuo fondiario ipotecario a rogito Notaio (...) del (...) rep. (...), racc. (...), oltre competenze legali. In fatto l'opponente ha rilevato che: - Nel 1987 la società attrice ha chiesto alla Regione Abruzzo di poter svolgere attività di ricerca mineraria nel Comune di Rivisondoli "onde accertare se le acque che sorgono posseggano i requisiti richiesti per la loro utilizzazione a scopi medico-scientifici"; - La Regione Abruzzo emetteva parere favorevole al programma dei lavori (confermandolo anche nel 1993); - Dopo il riconoscimento anche del Ministero della Salute, in data 31.12.1996 la Regione Abruzzo ha accordato alla medesima società la concessione mineraria "coltivazione e lo sfruttamento di un giacimento idrotermale in Loc. La 3 Difesa del Comune di Rivisondoli per lo svolgimento di attività termali alle sole cure inalatorie"; - Ottenuta la concessione, la società ha chiesto ed ottenuto, nel 2001, l'autorizzazione ad eseguire lavori di costruzione dell'acquedotto di adduzione della sorgente termale, previa alienazione e concessione delle terre civiche per la realizzazione di un impianto termale; - La concessionaria ha ottenuto i titoli edilizi per realizzare lo stabilimento, l'ambulatorio medico e il reparto inalazioni terapeutiche; - Dopo il nulla-osta del Comune di Rivisondoli, in data 17.2.2009, la Provincia di L'Aquila ha accordato il rinnovo per litri 0,5 al secondo, della concessione mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento del giacimento idro-termale (...) per la durata di anni dieci; - Dopo l'ultimazione dei lavori dell'edificio destinato a ambulatorio e inalazioni, in data 10.3.2017 è stata rilasciata l'autorizzazione all'esercizio delle attività termali; - Il 15.6.2020 la Regione Abruzzo ha prorogato la concessione; - L'atto di precetto impugnato si riferisce all'atto notaio (...) dell'8.3.2011 con il quale la (...) ha concesso alla società attrice, individuata come terzo datore di ipoteca, un mutuo fondiario dell'importo di Euro 1.250.000,00 iscrivendo, a garanzia, l'ipoteca di secondo grado sull'immobile sito in R., località "(...)" o "(...)" censito al catasto terreni al foglio (...) particella (...) (ex (...)); Nel merito, a sostegno della citata opposizione l'attrice ha eccepito: a) Stante la concessione mineraria l'ipoteca iscritta è nulla ex lege perché costituita su beni ricompresi nel compendio minerario del quale la società (...) s.r.l. è concessionaria per la coltivazione di acque termali; b) La convenuta non è comunque legittimata attiva all'azione. Con comparsa del 18.12.2020 si è costituita in giudizio la convenuta P., contestando in fatto e in diritto le avverse deduzioni e insistendo per il rigetto integrale della domanda. Con il suddetto atto di citazione veniva dunque introdotto il giudizio R.G. 509/2020. Dopo una serie di rinvii il fascicolo veniva assegnato alla scrivente in da ta 9.2.2022 e venivano concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c.. Con atto di citazione depositato in data 7.10.2021, la società (...) s.r.l. ha introdotto il giudizio di merito relativo all'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dinanzi al G.E. nell'ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 48/2020 pendente dinanzi al Tribunale di Sulmona intrapresa dalla medesima società (...) sulla base del precetto e del titolo esecutivo impugnati nel giudizio R.G. 509/2020. Con la predetta opposizione, la società attrice ha invocato l'impignorabilità del bene riportandosi a tutti i motivi già evidenziati anche nell'opposizione a precetto e deducendo comunque l'illegittimità del pignoramento. Il predetto giudizio veniva iscritto al n. 688/2021 e assegnato alla scrivente. Nel procedimento così istaurato si costituivano la (...) spa e la (...) s.r.l., mentre rimanevano contumaci l'Agenzia delle Entrate-Riscossione e (...). Con Provv. del 26 ottobre 2021, atteso che la scrivente aveva trattato, quale giudice relatore, il reclamo proposto dalla stessa (...) s.r.l. avverso il provvedimento cautelare del G.E. e che i motivi di opposizione e reclamo erano coincidenti, ha dichiarato l'astensione dalla trattazione del procedimento. Con Provv. del 30 novembre 2021 il Presidente del Tribunale non autorizzava l'astensione ritenendo non vi fossero i presupposti. (...) i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva rinviata all'udienza del 6.7.2022. All'esito della predetta udienza, stante la pendenza dei due giudizi (r.g. 509/2020 e R.G. 688/2021) e stante la connessione oggettiva e soggettiva, veniva disposta la riunione dei due procedimenti con fissazione udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 14.12.2022, celebrata mediante trattazione scritta, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Con istanza depositata in data 1.3.2023 la difesa di parte attrice chiedeva al Presidente del Tribunale di voler autorizzare l'astensione della scrivente per i motivi già evidenziati dalla stessa in data 26.10.2021 (giudice relatrice nel provvedimento che ha deciso il reclamo collegiale avverso il diniego di sospensione del G.E.). Il presidente, con provvedimento in pari data, disponeva il non luogo a provvedere posto che l'astensione è una facoltà del giudice. IN DIRITTO In via preliminare va evidenziata l'insussistenza dei presupposti per l'astensione della scrivente quale giudice istruttore per aver svolto il ruolo di giudice relatrice nell'ambito del reclamo proposto dalla medesima società avverso il provvedimento emesso dal G.E. nell'opposizione all'esecuzione che ha dato poi origine al giudizio di merito n. 688/2021 R.G.. Come già evidenziato dal Presidente, e "l'identità la trattazione di questione similare in sede cautelare non integra l'ipotesi di astensione obbligatoria di cui all'art. 51, c. 1, n. 4, né l'ipotesi dell'art. 52 cod. proc. civ. relativamente al giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 422 del 12/01/2006, Rv. 586618 - 01: "L'emissione di provvedimenti di urgenza in corso di causa,o la partecipazione al collegio che li riesamina in sede di reclamo, da parte dello stesso giudice che debba decidere il merito della stessa, costituisce una situazione ordinaria del giudizio e non può in nessun modo pregiudicarne l'esito, né determina un obbligo di astensione o una facoltà della parte di chiedere la ricusazione")". Del resto, nel caso di specie, il Presidente, nonostante l'astensione della scrivente, non ha inteso autorizzare la stessa non ravvisando l'ipotesi né di astensione obbligatoria né le gravi ragioni di convenienza. Sempre in via preliminare, va dichiarata la contumacia di Agenzia delle Entrate-Riscossione e (...) quali intervenuti nell'ambito della procedura esecutiva e non costituiti. Venendo al merito, possono essere analizzati singolarmente i motivi di opposizione proposti da parte attrice e le relative domande. 1.In primo luogo, parte attrice, sia nell'opposizione al precetto che nell'opposizione al pignoramento immobiliare, invoca il difetto di legittimazione della convenuta (...) s.p.a.. L'eccezione risulta priva di fondamento. Dai documenti prodotti da parte convenuta risulta che: a) il titolo posto alla base del precetto e del pignoramento è rappresentato dal mutuo fondiario con cui la "(...) S.p.A." , in data 8.03.2011, - atto a rogito Notaio (...), rep. (...) racc. (...)- ha erogato la somma di Euro 1.250.000,00 a (...) S.r.l. (doc. 9 memoria di costituzione); b) il predetto (...) è stato incorporato per fusione - come da atto a rogito Dott. (...), Notaio in M., del (...), rep. (...) racc. (...) (doc. 10 memoria di costituzione) - dalla (...) Soc. Coop, quindi (...) S.p.A. e quest'ultima, nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione ai sensi della L. n. 130 del 1999, con contratto di cessione di crediti concluso in data 24.10.2018 ai sensi degli artt. 4 e 7.1 della predetta Legge, ha ceduto pro soluto alla (...) S.r.l. fra gli altri il credito ricompreso quello vantato nei confronti della (...); c) Di tale cessione ne è stato quindi dato avviso ai sensi per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della L. n. 130 del 1999 e art. 58 TUB mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 3.11.2018, parte seconda, n. 128 (doc. 11 memoria di costituzione); d) La società (...) s.r.l. conferiva, tramite il Dott. (...), nella sua qualità di Amministratore Unico e legale rappresentante, procura in data 2.11.2018 per Dott. (...), (...), rep. (...) racc. (...) a (...) s.p.a. affinché "la Società (...), in persona del suo legale rappresentante pro tempore - nonché in persona di procuratori speciali all'uopo autorizzati (inclusi eventuali dipendenti della Società P. all'uopo autorizzati con delibera del Consiglio di Amministrazione) e, ove necessario, in persona degli avvocati che verranno di volta in volta nominati dalla Società P. quando necessario in relazione alla natura degli atti da compiersi - provveda a compiere, in nome e per conto della Società, ogni attività, adempimento e formalità ritenuti necessari e/o utili e/o opportuni allo svolgimento dell'attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti dei quali la Società è o sarà titolare"; e) Nella predetta procura venivano poi esplicitate tutte le attività che la società procuratrice poteva compiere in nome e per conto della (...) s.r.l. (cfr. doc. 3 memoria di costituzione); f) La (...) S.p.A., in forza di procura rilasciata dal Dott. R.S., in qualità di Amministratore Delegato di quest'ultima società, con firma autenticata per Notaio P.M. in data (...), rep. (...) racc. (...) e registrata a Milano 2 in data 20.05.2019 (doc. 2 memoria di costituzione) ha conferito alla (...) s.p.a. ogni potere di "compiere, in nome e per conto della Società ogni attività, adempimento e formalità ritenuti necessari e/o utili e/o opportuni allo svolgimento de11'attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti dei quali 1a Società è o sarà titolare (i "Crediti")"; g) In particolare, nella predetta procura, la (...) s.p.a. risulta abilitata non solo a rappresentare la (...) dinanzi a qualsiasi autorità giudiziaria, ma anche a "sottoscrivere ogni istanza o altro documento necessario per condurre qualunque azione giudiziaria in ogni stato e grado de1 giudizio riguardante la Società, fare atti di precetto predisporre e sottoscrivere ricorsi, anche in materia di volontaria giurisdizione e ricorsi per ingiunzione, provvedendo ad ogni atto della conseguente procedura; richiedere, promuovere ed eseguire atti esecutivi, cautelari e conservativi"; h) La (...) S.p.A. ha peraltro agito in persona del Dott. R.M., a tanto autorizzato giusta la procura rilasciata dal Dott. S.M. - nella sua qualità di Consigliere in virtù di delibera assunta dal Consiglio di Amministrazione in data 24.07.2019 - autenticata dal Dott. P.M., N.I.M., in data (...), rep. (...) racc. (...) e registrata a Milano - DP II in data 27.05.2020 al n. 35001 (doc. 1 memoria di costituzione). 2. In secondo luogo, nell'ambito dell'opposizione a precetto, la socie tà attrice sostiene l'illegittimità dell'azione intrapresa perché fondata su titolo nullo perché contenente iscrizione ipotecaria su un bene sottoposto a vincolo minerario senza la preventiva autorizzazione del Ministero. Occorre premettere, come già esposto in premessa, che il titolo esecutivo su cui si fonda l'intrapresa procedura esecutiva è il mutuo fondiario con cui la "(...) S.p.A." , in data 8.03.2011, - atto a rogito Notaio A., rep. (...) racc. (...)- ha erogato la somma di Euro 1.250.000,00 a (...) S.r.l.. A garanzia del predetto mutuo veniva concessa, dalla società, ipoteca di II grado sull'immobile sito in R. località "(...)" o "(...)" ossia zona di terreno estesa 3147 metri quadrati circa sulla quale è in fase di ultimazione un centro inalatore, un centro fitness e centro curativo sanitario, oltre a una piscina scoperta censito al catasto terreni al foglio (...) particella (...) (ex particella n. (...)). Al punto 6 del contratto di mutuo veniva specificato che l'ipoteca sia estendeva alle accessioni e pertinenze, impianti, i miglioranti senza eccezione alcuna oggi e in futuro esistenti, nonché sulle nuove costruzioni che venissero erette. Secondo parte attrice, tuttavia, tale iscrizione ipotecaria sarebbe illegittima perché effettuata su un bene di natura demaniale perché facente parte della concessione mineraria per la coltivazione sfruttamento di acque termali in Loc. La Difesa rilasciata alla ex (...) s.r.l. dalla Regione e effettuata senza la preventiva autorizzazione del Ministero per l'Economia nazionale ex art. 22 secondo comma R.D. n. 1443 del 1927. Sul punto, parte attrice afferma che le acque termali, quali quelle oggetto di concessione, sono notoriamente incluse tra i beni minerari che, ai sensi dell'art. 826 II comma c.c. fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato (le acque termali sono state trasferite poi nel patrimonio indisponibile della Regione ex L. n. 281 del 1970). Secondo la difesa attrice, dunque, tra gli effetti dell'inclusione di un bene parte all'interno del demanio pubblico vi è l'applicazione dell'art. 823 c.c. secondo cui tali beni non possono formare oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Inoltre, per la specifica ipotesi di un bene minerario, l'art. 22 comma secondo del R.D. n. 1443 del 1927, stabilisce che l'iscrizione di ipoteca è subordinata all'autorizzazione del Ministero dell'Economia nazionale. Orbene, anche tale eccezione risulta priva di fondamento. Dai documenti presenti agli atti del presente procedimento risulta che: - Con Delib. G.R. del 31 dicembre 1996 veniva rilasciata alla (...) s.r.l. la concessione mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento di un giacimento idrotermominerale in loc. La Difesa del Comune di Rivisondoli per la durata di dieci anni (poi rinnovati); - Con Delib. del 7 ottobre 1997 la Giunta della Regione Abruzzo ha assegnato l'area in agro del Comune di Rivisondoli in catasto al foglio (...) particella (...) di 8.400 mq circa per alienazione e particella (...) di circa mq 31.400per concessione alla (...) s.r.l.. In particolare, la Giunta autorizzava il Comune di Rivisondoli all'alienazione e alla concessione delle terre civiche sopra specificate per la realizzazione di un impianto termale a favore della ex (...) s.r.l. stabilendo modalità e corrispettivo; - La società (...), pertanto, in data 22.10.1999 ha provveduto all'acquisto dell'immobile sito nel Comune di Rivisondoli censito al catasto al foglio (...) particella (...) con conseguente trascrizione al catasto. Dall'esame di tali documenti è evidente che la particella (...) (ex (...)) su cui grava l'ipoteca di cui al titolo esecutivo de quo, non rientra nel patrimonio indisponibile della Regione per "vincolo minerario" in quanto è stata oggetto di acquisto da parte della società ex (...) s.r.l. e non oggetto di concessione mineraria. Del resto, se è vero che l'ipoteca non può riguardare le "acque minerali e termali" in quanto appartenenti al patrimonio indisponibile dell'ente pubblico, essa ben può concernere, oltre che la concessione (da intendersi , secondo un utile puntualizzazione dottrinale, come insieme dei diritti conferiti a chi ha ottenuto la concessione di coltivazione), le pertinenze (anche mobiliari, stante la specialità della disciplina mineraria rispetto al codice civile successivamente entrato in vigore) utilizzate dal concessionario, entità tutte che l'art. 22 l. m. sottopone "alle disposizioni di diritto che disciplinano gli immobili". La legge mineraria del 1927 individua l'oggetto dell'ipoteca nella miniera e nelle sue pertinenze. In realtà la miniera come cosa non può essere colpita dalla garanzia ipotecaria, in quanto essa appartiene al patrimonio indisponibile pubblico. L'ipoteca grava, più precisamente, sulla concessione mineraria, o per meglio dire sull'insieme di diritti spettanti al concessionario nello svolgimento dell'attività mineraria. Le pertinenze minerarie sono indicate dall'art. 23 l.min.: "Sono pertinenze della miniera gli edifici, gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento del minerale. Sono considerati come mobili i materiali estratti, le provviste, gli arredi". Per le pertinenze aventi natura immobiliare, ed aventi una propria autonoma individualità (quindi con esclusione di pozzi e gallerie, forma nti corpo unico con il giacimento), si è affermato che la possibilità di ipotecare il diritto del concessionario non esclude l'autonoma ipoteca delle cose immobili destinate all'attività mineraria (ad esempio aree scoperte esterne alla miniera, utilizzate per parcheggio e deposito temporaneo, oppure edifici utilizzati come uffici, depositi, rimesse, zone di lavorazione) (cfr. e Ipoteca (diritto privato), in Enc. dir., XXII, Milano 1972, p. 787, seguito da R., op. cit., p. 93.). Alla luce di tali considerazioni, deve escludersi che nel caso di specie gli immobili oggetto di ipoteca non potessero essere sottoposti alla garanzia in virtù della legge mineraria, trattandosi di beni non finalizzati allo sfruttamento della miniera stessa. Invero, dall'esame del mutuo si evince che l'ipoteca veniva iscritta su zona di terreno di estensione di circa 3.147 mq in cui è in fase di ultimazione un centro inalatore, centro fitness e centro curativo sanitario oltre che una piscina scoperta. E' evidente che detti immobili sul terreno oggetto di ipoteca sono estranei, proprio per la loro finalità, all'attività di coltivazione della miniera. 3. Per le medesime ragioni, devono ritenersi infondate le censure relative all'impignorabilità del bene perché appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato stante il vincolo minerario. Come esposto, infatti, l'esclusione del bene ipotecato dall'applicazione della legge mineraria lo rende assoggettabile alle norme di diritto civile ordinario e, dunque, rende possibile sia l'ipoteca che il pignoramento. 3.1. Al pari, è infondata anche l'eccezione relativa all'illegittimità del pignoramento perché effettuato sul fabbricato invece che sulla zona di terreno oggetto di ipoteca applicando l'accessione per incorporazione. Invero, secondo parte attrice, l'accessione dovrebbe operare in favore della Regione Abruzzo e non a favore del concessionario. Tale assunto non risulta condivisibile posto che, come sopra evidenziato, oggetto del pignoramento è la particella (...) che è stata vendu ta alla società (...) dal Comune e, dunque, la proprietaria del terreno e degli immobili ivi costruiti è la società attrice. 3.2. Sotto altro profilo, parte attrice censura il pignoramento perché non potrebbe trovare applicazione l'art. 2811 c.c. poiché, al momento della sottoscrizione del mutuo, lo stabilimento termale aveva acquistato una propria autonomia strutturale esattamente individuabile. Anche tale eccezione risulta priva di fondamento. Come già rilevato dal G.E. e poi dal Collegio in se de di reclamo, dal contratto di mutuo fondiario risulta che la somma veniva concessa proprio per l'ultimazione dell'impianto termale sul terreno distinto al catasto foglio (...) particella (...) ed infatti veniva specificato che l'ipoteca era iscritta "... immobile sito in Rivisondoli località "(...)" o "(...)" ossia : zona di terreno estesa tremilacentoquarantasette (3.147) metri quadrati circa, sulla quale è in fase di ultimazione un centro inalatore, centro fitness e centro curativo sanitario, oltre ad una piscina scoperta, censito nel Catasto Terreni al foglio (...), particella (...) (ex p.lla (...)), are 31.47, R.D. Euro 1,95, R.A. Euro 0,65". Trattandosi di costruzione realizzata su immobile ipotecato, è evidente che su di esso si estende l'ipoteca in forza dell'art. 2811 c.c., a nulla rilevando che la costruzione era già ultimata o fosse già individuabile al momento della stipula del contratto di mutuo. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, "L'ipoteca iscritta su un terreno su cui insiste uno stabilimento industriale si estende ai beni mobili incorporati (non per mera adesione con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all'uso, ma) per effetto di una connessione fisica idonea a dar luogo ad un bene complesso; in presenza di tali condizioni, ai sensi degli artt. 812 e 2811 cod. civ., l'ipoteca si estende a tutto ciò che costituisce accessione dell'immobile, per cui è irrilevante accertare eventuali rapporti pertinenziali tra beni diversi o la permanente individualità di singoli beni compresi in un complesso aziendale."(cfr. Cass. civ. Sez. I Sent., 10/01/2011, n. 377 (rv. 616106)). Ancora "L'ipoteca iscritta sul terreno sul quale insiste, già al momento della costituzione della garanzia, un capannone industriale si estende anche alla costruzione in virtù del principio della normale estensione dell'ipoteca all'intero immobile, nei limiti in cui si estende il diritto di proprietà ai sensi dell'art. 840 c.c." (cfr. Cass. civ. Sez. III Ord., 03/09/2019, n. 21993 (rv. 654935-01). Nella stessa costituzione di ipoteca, infatti, era espressamente indicato che la stessa si estendeva comunque ai fabbricati in corso di costruzione. In definitiva, l'opposizione proposta dagli attori va integralmente rigettata con conseguente condanna alle spese in virtù del principio della soccombenza nei confronti dei due convenuti costituiti, mentre possono essere compensate con i convenuti contumaci. P.Q.M. Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta integralmente le domande proposte dagli attori; - Condanna (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore della (...) S.P.A., nella spiegata qualità, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10.108,00 per compensi (scaglione sino a 2.000,000,00, fase studio, introduttiva, decisionale, tariffe minime) oltre spese forfettarie al 15%, iva e c.p.a. come per legge. - Condanna (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell'avv. Lu.Ep. dichiaratosi antistatario (difensore di (...) s.r.l.) delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.700 per compensi (scaglione sino a Euro 26.000 in base al valore del credito della convenuta, fase studio, introduttiva, decisionale, tariffe minime) oltre spese forfettarie 15%, iva e c.p.a. come per legge. - Compensa le spese di lite tra attrice e convenuti contumaci. Così deciso in Sulmona il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, nel procedimento n. 18/2019 (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa vertente tra (...), (C.F. (...) ) (...), (C.F. (...) ), nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore (...) (c.f. (...) ) elettivamente domiciliati in Castel di Sangro Via (...) presso lo studio dell'avv. Al.Br. e rappresentati e difesi dall'avv. Pi.Sa. che li rappresenta e difende come da mandato in calce all'atto di citazione - ATTORI - E (...) S.P.A. (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Sulmona Via (...) presso lo studio dell'avv. Em.Co. da cui è rappresentata e difesa unitamente all'avv. Ce.Ga. e dall'avv. Ch.Co. come da procura in calce all'atto di citazione nonché l'avv. Re.Fe. come da procura allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore del 28.12.2020; -CONVENUTA- E (...) S.R.L. (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Sulmona, Via (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Fa. che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'avv. Ma.Ru. di Trento come da procura in calce alla memoria di costituzione; -CONVENUTO- E (...) (C.F. (...) ) (...) (C.F. (...) ) in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del minore (...) (C.F. (...) ),elettivamente domiciliati in Foggia Piazza (...) presso lo studio degli avvocati Br.Ma. e Fa.Ma. che li rappresentano e difendono come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -CONVENUTI- E (...) (C.F. (...) ) (...) (C.F. (...) ), nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del minore (...), elettivamente domiciliati in Santi Cosma e Damiano Via (...) presso lo studio dell'avv. Pa.Sa. che li rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -CONVENUTI- E (...) SPA (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Sulmona, Via (...) presso lo studio dell'avv. Pa.Sa., rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Ri. come da procura in calce alla comparsa di costituzione; -TERZA CHIAMATA- OGGETTO: responsabilità ex artt. 2043-2048 2051 c.c. IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) e (...), nella qualità di genitori di (...), nato il (...), hanno convenuto in giudizio la (...) s.p.a., la (...) s.r.l., i coniugi (...) e (...), nonché i coniugi (...) e (...) dinanzi il Tribunale di Sulmona per accertare la responsabilità degli stessi per gli illeciti subiti dal figlio (...) mentre si trovava presso lo "(...)" con il conseguente risarcimento del danno patrimoniale e non, nella somma di Euro 25.800,00. A sostegno della citata azione gli attori hanno dedotto che: - in data 16.7.2017, il loro figlio (...) prendeva parte allo "(...)" in (...) gestito dalla società (...) s.r.l.; - all'interno della struttura il minore veniva alloggiato nella stanza n. 306 insieme ad altri tre: (...), (...) e (...); - i compagni di stanza (...) e (...) si rendevano responsabili di gravi illeciti nei confronti del minore (...) concretizzatosi in percosse, calci, pugni, insulti e gettiti di acqua gelida; - i suddetti gesti venivano anche video ripresi dai compagni e poi diffusi mediante Whats app al fine di denigrare e umiliare (...); - per i gravi fatti patiti il minore mostrava segni di violenza ed ulteriori disturbi comportamentali che spingevano i genitori ad effettuare accertamenti dai quali si evinceva, come da relazione della dott.ssa (...), che (...) vive in una situazione di forte stress emotivo associato ad un disturbo del comportamento da stress, con ansia, tensione, angoscia, insonnia, ritiro dal sociale con preciso ed esclusivo nesso eziologico ricollegabile al vissuto traumatico presso il campo estivo; - per tale stato, il minore veniva sottoposto a trattamento terapeutico con la dott.ssa (...); - i coniugi inviavano formale richiesta di risarcimento dei danni sia ai genitori dei minori responsabili che alla società (...) s.p.a. nonché alla (...) s.r.l.. Con comparsa del 3.4.2019 si costituiva in giudizio la società (...) s.p.a. la quale, oltre a contestare in fatto e in diritto la domanda avversa, ha eccepito: la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164 IV comma c.p.c., il difetto di legittimazione passiva di (...) e l'assenza di responsabilità della stessa per l'evento denunciato. Inoltre, la convenuta società (...) chiedeva che, nel caso di condanna, fosse manlevata dalla società (...) s.r.l. in forza dei rapporti contrattuali vigenti tra le due società nonché di chiamare in causa la (...) s.p.a. in quanto compagnia assicuratrice tenuta a manlevarla per ogni eventuale condanna al risarcimento dei danni. Con comparsa del 3.4.2019 si costituiva in giudizio la società (...) s.r.l. la quale eccepiva la nullità dell'atto di citazione e contestava la domanda in fatto e in diritto evidenziando l'assenza di responsabilità della stessa per i fatti accaduti. In data 4.4.2019, si costituivano (...) e (...), nella qualità di genitori di (...), i quali rilevavano l'infondatezza dell'avversa domanda e l'esclusiva responsabilità della società (...) s.p.a. nonché della (...) s.r.l. e, comunque, la nullità dell'atto di citazione. In data 10.4.2019 si costituivano anche i coniugi (...)-(...), nella qualità di genitori di (...) i quali rilevavano l'infondatezza dell'avversa domanda chiedendone il rigetto. All'udienza di prima comparizione del 24.4.2019 il Giudice precedentemente titolare del ruolo, differiva l'udienza autorizzando la citazione della U. s.p.a. per conto della (...) s.p.a.. In data 13.5.2019, si costituiva la (...) spa la quale, oltre ad evidenziare un inadempimento dell'assicurata, comunque contestava la fondatezza della domanda principale e ed eccepiva la nullità dell'atto di citazione e l'estraneità dell'assicurata (...) s.p.a. per l'accorso al minore. All'udienza del 25.9.2019, il Giudice rigettando allo stato le istanza preliminari in ordine alla nullità dell'atto di citazione e del difetto di legittimazione passiva, rinviando al merito ogni altro approfondimento, concedeva i termini ex art. 183 VI comma c.p.c.. Espletata l'istruttoria mediante interrogatorio formale, audizione testi, deposito documenti e espletamento di CTU medico-legale, la causa veniva assegnata alla scrivente in data 22.4.2022 e trattenuta in decisione all'esito del deposito di note di trattazione scritta con ordinanza del 4.8.2022 con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. IN DIRITTO Preliminarmente, va osservato che quasi tutti i convenuti citati nel presente procedimento hanno eccepito la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164 comma 4 c.p.c. in quanto generico. Come già evidenziato dal precedente istruttore, l'eccezione risulta priva di fondamento. Com'è noto, la nullità di citazione consegue all'incertezza intorno ad alcuno dei requisiti formali della citazione il cui scopo è di rendere possibile al convenuto di costituirsi tempestivamente proponendo le proprie difese in causa. Per tale motivo la nullità consegue solo all'omissione od all'incertezza assoluta degli elementi di cui all'art. 163, nn. 1, 2, 3 e 7 (Cass. 272/1998). Secondo la giurisprudenza di legittimità, il vizio di insufficiente determinazione dell'oggetto della domanda, ossia di petitum e causa petendi, sussiste solo quando gli elementi identificatori del diritto fatto valere non siano ricavabili da esame complessivo dell'atto introduttivo, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni ( Cass. 18783/2009; Cass. 5743/2008; Cass. 17180/2007; Cass. 4828/2006). Orbene, nel caso di specie, non si ravvisa la nullità dell'atto di citazione in quanto risulta chiaro sia l'oggetto della domanda che la causa petendi desumibile dall'esame complessivo dell'atto. Del resto, tutti i convenuti del presente giudizio si sono costituiti e hanno potuto, efficientemente, spiegare le loro difese nel merito. Vi è da aggiungere, inoltre, che anche qualora fosse parzialmente incerto il requisito della causa petendi comunque non si determina nullità dell'atto di citazione stante il dovere del giudice di qualificare giuridicamente la fattispecie dedotta dall'attore (Cass. 28986/2008). Venendo al merito, il presente giudizio ha ad oggetto l'accertamento della responsabilità dei convenuti per i danni subiti dal loro figlio minore in seguito agli eventi presuntivamente accaduti nel periodo in cui lo stesso si trovava presso (...) di S.. In virtù del numero dei convenuti, della diversità dei criteri di responsabilità per la fattispecie e per la generale complessità della vicenda, appare opportuno analizzare la ricostruzione del fatto alla luce dell'istruttoria espletata nonché le singole posizioni dei convenuti separatamente. 1.Come detto, gli attori, a fondamento della loro domanda di risarcimento dei danni, deducono che, durante la partecipazione del loro figlio (...), nell'estate del 2017, al "(...)" gestito dalla società (...) s.r.l." in (...), avrebbe subito atti illeciti da altri partecipanti e, in particolare, dai minori (...) e (...) con i quali condivideva la stanza, concretizzatosi in atti di percosse e denigrazione. Uno dei primi atti grazie ai quali può essere ricostruita la vicenda, è la relazione del dott. A.S., psicologo in servizio presso il suddetto campo estivo, del 30.7.2017. Nella suddetta relazione, il dott. (...) riporta gli eventi accaduti durante il turno 4 verificatesi tra giovedì 27 e venerdì 28 luglio 2017 e afferma: "... poco prima delle ore 15.00 del giorno 27 luglio 2017, la segreteria del (...) riceve una telefonata dalla madre di due nostri ospiti ossia dalla signora (...) (cognome da coniugata), la quale ci informa di aver ricevuto, attraverso il telefono mobile di uno dei due figli di cui sopra, un video in cui erano presenti alcuni ragazzi. La signora (...) riferisce di conoscere uno dei ragazzi ripresi nel video e afferma che quest'ultimo è stato presumibilmente vittima di alcuni atti di bullismo". Il dott. (...) riferisce che, una volta ricevuta tale telefonata, la segretaria e i tecnici che effettuano la sorveglianza al piano (a suo dire quotidiana) si recavano nella stanza dei ragazzi non ravvisando alcuna anomalia e che, comunque, nei giorni precedenti non era stata segnalato alcun comportamento negativo dei partecipanti. A quel punto, lo stesso riferisce che veniva contattato anche dal signor (...) il quale avrebbe visionato il video, rappresentando tutta la sua rabbia e preoccupazione. Secondo la relazione, poi, dell'accaduto veniva informato il direttore, il vicedirettore e lo stesso dott. (...) e veniva convocata una riunione in un'area riservata con i quattro ragazzi della stanza n. 306 ritratti nel video, nonché gli occupanti della stanza dei figli della signora F.. In seguito all'audizione dei minori, si apprendeva che nei giorni precedenti era stata creata una chat Whats app di gruppo che vedeva partecipare alcuni dei ragazzi presenti al campo e sulla quale erano stati condivisi dei video che vedevano coinvolti due degli occupanti della stanza n. 306 che ponevano in essere "atti prepotenti" nei confronti del minore (...), figlio del (...). A questo punto, i responsabili del campo decidevano di visionare i video e attuavano una serie di misure volte a tutelare la vittima e comprendere cosa fosse accaduto (contatto con la famiglia della vittima, colloqui individuali con la vittima, incontri con le famiglie, momenti di confronto con i ragazzi). Alla fine degli accertamenti, i due minori autori del gesto sono stati allontanati dal (...) mentre il figlio del (...) ha continuato la vacanza sino alla fine. Tale relazione viene confermata in sede di audizione dal dott. (...) il quale, inoltre, dichiarava che (cfr. verbale del 16.9.2020): - nella struttura di Castel di Sangro nell'estate del 2017 erano presenti 24 ore su 24 lo psicologo e due medici precisando che le due figure mediche si alternavano settimanalmente, ma comunque erano presenti almeno tre figure h24; - i controlli al piano dove erano alloggiati i ragazzi durante il campo erano sistematici per ogni sera e in particolare, dopo la fase di divertimento post cena, alle ore 22.30 circa i minori venivano accompagnati nelle camere assicurandosi che tutto andasse bene; - non ravvisò mai nulla di particolare nella stanza n. 306 dove vi era (...) ed altri ragazzi né ho sentito rumori provenire dalla loro stanza nella notte del 21.7.2017; - la signora (...) era di solito presente durante tutta la notte nella struttura con il compito di addetta alla sorveglianza dei piani ed al controllo dei ragazzi durante la notte; - di aver parlato con (...) per capire il suo livello di benessere psicofisico e valutare il suo livello di benessere al riguardo e di aver parlato anche con il padre del ragazzo e di aver concordato con la famiglia affinché (...) continuasse la vacanza; - il signor (...) ci ringraziò per come era stata gestita la situazione rispetto a quanto era accaduto al figlio (...) nel momento in cui eravamo venuti a conoscenza del fatti. I fatti descritti trovano conferma anche nelle dichiarazioni del teste D.P., collaboratore stagionale di (...) oltre che Direttore del (...) sentito all'udienza del 16.9.2020, il quale dichiarava: - nella struttura di Castel di Sangro nell'estate del 2017 erano presenti 24 ore su 24 lo psicologo e due medici precisando che erano presenti, h 24, uno dei medici, un'infermiera e lo psicologo; - la presenza costante dei sorveglianti sia di giorno che di notte nel corridoio delle stanze; - non è stato mai segnalato nulla di anomalo rispetto alla camera n. 306 e non ha sentito mai nessun rumore provenire dalla predetta stanza; - sono stati convocati i ragazzi presenti nel video, compreso (...) al fine di comprendere cosa fosse successo e vennero contattate le famiglie; - il ragazzo (...) non sembrava esprimere alcun disagio particolare; - i ragazzi autori del gesto sono stati allontanati immediatamente dopo la visione dei video e i colloqui, mentre (...) ha terminato la vacanza; - il signor (...) lo ringraziò per la tempestività del provvedimento di espulsione e dell'intervento rispetto a quanto accaduto al figlio (...); Sempre in data 16.9.2020, veniva sentita (...), vigilante notturna negli anni 2017-2018 nel mese di luglio per il (...) di (...) alle dipendenze della (...) s.r.l.. La donna confermava che, nel periodo di accadimenti dei fatti di cui al presente giudizio, la stessa rivestiva il ruolo di vigilante notturno presso i piani dove erano ubicate le stanze dei ragazzi ospitati nel (...) e che non aveva mai sentito rumori particolari durante la notte del 21.7.2017 provenire dalla stanza n. 306 ove era ubicato (...). In particolare, la (...) riferisce che la stanza n. 306 ospitava quattro ragazzi particolarmente vivaci e che era capitato di ammonirli in diverse occasioni durante la notte dicendo loro di dormire o di spegnere la televisione, ma che nulla di particolare era accaduto la notte del 21.7.2017. Inoltre, riferiva che, insieme ad altro educatore, aveva accompagnato (...) nel paese di provenienza al temine del campus e che in quell'occasione incontrò il papà di (...) il quale ci tenne a dirle che ringraziava lo staff per la questione accaduta al figlio una volta che erano stati scoperti i video. Sull'accaduto, veniva sentito, sempre all'udienza del 16.9.2020, anche (...) il quale aveva partecipato al (...) durante la permanenza anche di (...). Il ragazzo dichiara che era a conoscenza della circostanza che (...) era stato vittima di episodi di vessazione e prepotenza da parte dei suoi compagni di stanza (...) e (...) e in particolare che era il primo a raccontarglielo sia negli spogliatoi che a tavola. Ancora, il (...) riferisce di aver visto dei video, inviati su una chat di gruppo, in cui (...) derideva il (...) o gli diceva la frase "ti picchio" o ancora in cui il (...) ballava su esortazione dei due ragazzi o riceveva uno schiaffo dal (...). Infine il ragazzo conferma che ci furono delle riunioni con i dirigenti del campus e i ragazzi coinvolti nella vicenda in cui si invitava anche alla cancellazione dei suddetti video. La conferma dell'accaduto si ritrova anche nelle dichiarazioni del teste (...) presente all'interno della camera che verrà analizzata successivamente. Ciò posto, è ora possibile analizzare i profili di responsabilità dei convenuti singolarmente. 2. Nel presente giudizio gli attori invocano una responsabilità ex art. 2043 c.c. in correlazione con quella prevista dall'art. 2048 c.c. per i danni accorsi al figlio minore mentre si trovava alloggiato presso un campo estivo in Castel di Sangro nel periodo di luglio 2017. Tra i convenuti chiamati a rispondere dell'evento, gli attori citano anche la società (...) s.p.a. specificando, in sede di memorie n. I ex art. 183 VI comma c.p.c., che la suddetta società deve rispondere solidalmente con gli altri convenuti poiché gli attori "si sono determinati ad acquistare il soggiorno presso lo (...) solo in ragione dell'affidamento posto nella suddetta società (...) ...ed attendo la ripartizione delle responsabilità tra le due società per culpa in vilando ad un rapporto interno tra le stesse..". Gli attori dunque, per quanto riguarda la responsabilità della convenuta (...) s.p.a., invocano una sorte di responsabilità contrattuale legata comunque all'acquisto del pacchetto relativo al campo estivo del minore, nonché una responsabilità relativa all'omessa vigilanza del minore stesso presso la struttura. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, in un caso che coinvolgeva comunque un soggetto terzo (nello specifico il Ministero dell'Istruzione) rispetto al personale della struttura scolastica-ricreativa ove alloggiava il minore, ha ritenuto che si può prospettare, a carico dello stesso (come pure, in caso di scuola privata, dell'ente che la gestisce), una duplice forma di responsabilità, sia pure indiretta (a mente dell'art. 2049 c.c., secondo cui "i padroni ed i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro dipendenti e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti"), esperibile contemporaneamente: a) una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., se la domanda è fondata sull'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto di vigilare; b) una responsabilità extracontrattuale per fatti imputabili ai propri dipendenti, se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri: essa, in particolare, può attenere, da un lato, all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni minori, ex artt. 2047 e 2048 c.c., e, dall'altro, all'omissione rispetto agli obblighi organizzativi, dicontrollo e di custodia, ex artt. 2043 e 2051 c.c." (Cass. civ. Sez. III Ord., 19/09/2017, n. 21593). Alla luce di tali considerazioni, è opportuno verificare i rapporti intercorrenti tra le parti ossia tra gli attori, la (...) e la (...) s.p.a.. In ordine ai rapporti tra la (...) s.r.l. e la (...) s.p.a., risulta in atti una scrittura privata, con efficacia dal 1.3.2017 e sino al 30.9.2019, secondo cui "(...) mette a disposizione di (...), che acquista al fine di rivenderli al cliente finale (di seguito "(...)") o ad aziende e/o agenzie di viaggi/tour operator (di seguito "Pacchetto B2B") pacchetti turistici a tema calcio per la stazione estiva (mesi di giugno, luglio e agosto) con le seguenti caratteristiche (di seguito (...))?". I suddetti pacchetti prevedevano, per ragazzi tra i 7 e i 17 anni, di durata settimanale o bisettimanale, diversi servizi: pensione completa, sistemazione in camere, sorveglianza continua, assistenza medica, assicurazione infortuni, kit di allenamento, servizio di allenamento con personale specializzato, etc. In particolare, la vendita di tali pacchetti, era la modalità con la quale dare seguito al progetto della (...) per l'organizzazione di un programma denominato "(...)" che consisteva proprio nell'organizzazione di pacchetti vacanza estivi a carattere ludico-sportivo, a tema calcistico, personalizzati (...), riservati a ragazzi e ragazze di età compresa tra i 7 e i 17 anni. Sempre nella suddetta scrittura (...) si impegnava a vendere i pacchetti turistici a (...), impegnandosi a rispettare alti standard qualitativi che rispecchiano il nome e lo stile (...), a garantire tutti i servizi e le strutture descritte nei pacchetti sempre nel rispetto di alti standard qualitativi, a garantire che il personale addetto fosse fornito di attestati e idoneità come previsti dalla legge, ad informare in maniera dettagliata in ordine a tutti i servizi offerti, etc.. Infine, al punto 8.3 della scrittura privata, le parti concordavano che sarebbe stata (...) ad avere la responsabilità dell'erogazione dei servizi oggetto dei pacchetti turistici (compresa dunque la sorveglianza e vigilanza dei minori coinvolti) tenendo indenne (...) da qualsiasi responsabilità. Orbene, è evidente che la società (...) s.p.a. non può incorrere in alcuna responsabilità per i fatti accaduti ai minori che partecipavano al campo estivo denominato "(...)" in ordine sia ad una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., in ordine all'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto di vigilare, sia per una responsabilità extracontrattuale per fatti imputabili ai soggetti dipendenti o al personale addetto all'interno del campo relativa all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni minori, ex artt. 2047 e 2048 c.c., o all'omissione rispetto agli obblighi organizzativi, di controllo e di custodia, ex artt. 2043 e 2051 c.c. posto che non era la società (...) a dover garantire in ordine ai servizi resi all'interno del pacchetto turistico tra cui vi eram non solo il servizio di assistenza medica e vigilanza h 24, ma anche quello di custodia dei minori nell'esercizio delle attività ludiche e ricreative. Al più, alla società (...), poteva addebitarsi una responsabilità per le eventuali omissioni e carenze nella scelta del soggetto a cui affidare l'organizzazione dei servizi di cui al pacchetto turistico o l'omissione nei controlli circa l'affidabilità. Tuttavia, nel caso di specie, oltre a non essere stata fornita prova alcuna di tali carenze, la convenuta (...) ha comunque dimostrato di aver sottoposto ad adeguati controlli la società (...), riscontrando la sua adeguatezza rispetto ai servizi resi. Ancora, nel presente giudizio non vi è alcuna prova, da parte degli attori, dell'acquisto del pacchetto turistico avente ad oggetto il campo estivo, direttamente dalla (...) s.p.a. con i relativi obblighi contrattuali. Invero, l'unico fatto emerso e non contestato, è che il suddetto pacchetto era stato riacquistato dalla stessa (...) dalla (...) con la dicitura "(...)" per poi essere rivenduto, con integrazione di alcuni servizi, alla società (...) scpa che lo avrebbe rivenduto ai propri dipendenti. E' evidente, dunque, che gli attori non stipulavano alcun rapporto contrattuale diretto con la (...) s.p.a.. Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda nei confronti della (...) s.p.a. come proposta dagli odierni attori, va integralmente rigettata. Il rigetto della domanda nei confronti della convenuta (...) s.p.a. determina, conseguentemente, l'inutilità della pronuncia in ordine alle domande di manleva svolte nei confronti sia della (...) sia della (...) spa. 3. Può ora analizzarsi il profilo di responsabilità di (...) in ordine ai fatti evidenziati dagli attori. Come già ampiamente esposto, gli attori sostengono la sussistenza di una responsabilità della società (...) per l'omessa vigilanza, sorveglianza e custodia dei minori all'interno del campo estivo ove si trovavano che ha determinato i gravi danni al minore (...) determinato da altri minori presenti. La fonte di responsabilità invocata è quella prevista dall'art. 2048 c.c. che stabilisce che i precettori e coloro che insegnano un arte o un mestiere sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi o apprendisti nel tempo in cui erano sotto la loro sorveglianza. Ai fini della presente norma sono considerati precettori gli insegnanti di scuole pubbliche e private (Cass. 2342/1977; Cass. 263/1970; (...) Milano 7.3.1980; (...) Milano 22.3.1974), gli istruttori sportivi (Cass. 2027/1984; T. Milano 3.6.1985), gli organizzatori di una settimana bianca (Cass. 482/2003); gli assistenti di colonie per le vacanze dei minori (Cass. pen. 27.6.1989); gli addetti alla vigilanza dei minori negli istituti di osservazione dei centri di rieducazione per i minorenni (Cass. 3933/1968); i maestri in servizio presso un patronato scolastico (Cass. 826/1981). Secondo la Suprema Corte (cfr. sent. 3081/2015) costituisce onere di chi agisce per ottenere il risarcimento la prova che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie - suggerite dall'ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo - affinché, fosse salvaguardata l'incolumità dei discenti minori. La prova liberatoria dei precettori e dei maestri d'arte ha ad oggetto il dovere di vigilanza. Il periodo di vigilanza non si limita a quello durante il quale si svolgono le lezioni, ma si estende anche alla ricreazione, alle gite scolastiche, alle ore di svago trascorse nei locali scolastici o di pertinenza della scuola. Il dovere di vigilare varia con l'età: è più rigoroso per gli insegnanti di scuola elementare, si attenua nelle scuole superiori. Il precettore si libera da responsabilità, soltanto se riesce a dimostrare che era presente e che non ha potuto materialmente impedire l'evento, dato il suo carattere imprevedibile, repentino ed improvviso. In giurisprudenza si è affermato che la prova liberatoria per il precettore non può dirsi raggiunta in base alla sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, ma richiede anche la dimostrazione di avere adottato, in via preventiva, le misure organizzative o disciplinari idonee ad evitare la situazione di pericolo ( (...) 2413/2014; (...) 9542/2009; (...) 2657/2003; (...) 5668/2001; (...) 2027/1984; (...) Roma, 16.4.2012; T. Genova 21.10.2016; T. Bologna, 17.5.2012). La prova liberatoria può consistere nella dimostrazione di aver esercitato la sorveglianza con una diligenza diretta ad impedire il fatto, essendo necessario un grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere (C. 318/1990). Ciò posto, nel caso di specie, deve ritenersi che nessuna condotta può addebitarsi alla (...) per l'evento accaduto al minore. Come ampiamente esposto, il suddetto giudizio ha ad oggetto la responsabilità e il conseguente risarcimento dei danni subito dal minore (...) a seguito delle condotte offensive poste in essere da altri minori mentre erano all'interno del campo estivo in Castel di Sangro e, dunque, sotto la vigilanza e la custodia degli operatori della (...). Tuttavia, dall'istruttoria espletata, non è emersa alcuna omissione nel dovere di sorveglianza e vigilanza addebitabile alla (...). La società, infatti, ha adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno o il pericolo posto che è emerso non solo che l'atto presuntivamente lesivo è stato posto in essere all'interno della camera dove erano alloggiati i minori, ma soprattutto che era prevista un'attività di sorveglianza non solo durante il giorno, ma anche nell'orario notturno al piano dove alloggiavano i ragazzi. Inoltre, era stata prevista la presenza h24, non solo di personale medico e infermieristico, ma anche di uno psicologo volto a sorvegliare il benessere psicologico dei minori. Le testimonianze rese, in particolare dagli ex dipendenti della (...), hanno confermato la presenza di adeguati sistemi di sorveglianza dei minori durante sia le ore diurne che notturne, nonché anche di episodi di repressione delle condotte elusive delle ordinarie regole di convivenza. Del resto, dalla testimonianza di (...), presente al momento di alcuni dei fatti accaduti al (...), si evince chiaramente che le condotte poste in essere dagli altri ragazzi presenti accadevano sempre quando i ragazzi si trovavano in stanza nell'orario di riposo sia diurno che notturno e lontano, dunque, dalla stretta sorveglianza degli addetti della (...). Non è stato dimostrato, inoltre, che l'evento non si sarebbe determinato se la sorveglianza e la vigilanza fossero state adeguate. Anzi, non è emerso che il minore abbia allertato insegnanti, allenatori o altro personale preposto dei fatti a lui accaduti né che vi fosse stato un episodio in cui gli addetti abbiano omesso l'adozione di misure repressive del comportamento dei minori presenti. Invero, dall'istruttoria espletata è emerso che, una volta appresi i fatti, i minori colpevoli dei comportamenti dannosi posti in essere nei confronti del (...), sono stati immediatamente allontanati dalla scuola/campo estivo e che al minore è stato offerto sostegno psicologico sino al termine del periodo di villeggiatura. In conclusione, si ritiene che non possa configurarsi alcuna responsabilità in capo alla (...) s.r.l. con conseguente rigetto della domanda svolta nei suoi confronti. 4. Può essere analizzata ora la responsabilità per i danni presuntivamente subiti dal minore (...), dei genitori di (...) e (...) quali autori delle condotte poste in essere. Anche in questo caso, stante la capacità di intendere e volere dei minori, la responsabilità invocata è quella dell'art. 2048 c.c. secondo cui il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato con loro convivente. Secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. sent. 4.10.1979, n. 5122; 10.4.1970, n. 1008), "se il minore è incapace di intendere e di volere, i genitori, con i quali coabita, sono responsabili del fatto dannoso da lui commesso a norma dell'art. 2047 c.c., quali persone tenute alla sorveglianza, mentre se il minore è capace di intendere e di volere, i genitori rispondono a norma dell'art. 2048 c.c., non solo quali sorveglianti, ma anche come educatori" (Cass. civ. n. 5485/1997). In questa diversa ipotesi, quindi, i presupposti della responsabilità del genitore sono l'illecito del minore, la coabitazione di questi, il non averne impedito il fatto illecito. Sotto quest'ultimo aspetto, la dottrina maggioritaria ha precisato che si tratta di un'altra ipotesi di responsabilità presunta, sotto il duplice profilo della culpa in vigilando e di quella in educando del genitore. Pertanto, essa non è esclusa da un'assenza temporanea del minore dalla residenza familiare, anche se prolungata, e quand'anche dovuta a motivi di svago, di studio o di lavoro (in giurisprudenza: Cass. civ. n. 7050/2008) Se il figlio coabitante compie un illecito in occasione di una gita scolastica, di un soggiorno di studio, di una vacanza presso o con amici e parenti ed altri simili, ed anche se questi sia stato affidato all'altrui vigilanza, quindi, il genitore ne risponderà egualmente ex art. 2048, proprio perché la responsabilità prevista dalla norma è fondata non già solo sull'obbligo di vigilanza, ma pure sul dovere di educare del minore. Quanto alla prova liberatoria richiesta ai genitori, questa è quella stessa prevista dall'art. 2047 c.c., consistendo nella dimostrazione "di non aver potuto impedire il fatto" illecito del minore. Ma il suo contenuto è stato ben diversamente definito da una risalente tradizione giurisprudenziale che non lo limita alla prova di aver diligentemente vigilato sul minore, ma lo estende alla "prova positiva di aver impartito al figlio una adeguata ed efficiente educazione, in relazione al fatto illecito specifico, atta ad escludere la "culpa in educando" (Cass. civ. n. 9556/2009). Ai fini della prova liberatoria anzidetta, i due profili di responsabilità genitoriale succitati sono strettamente interconnessi, poiché la prova di aver correttamente educato il proprio figliolo, anche con riguardo alle sue relazioni sociali extrafamiliari, esonera il genitore dall'esercizio di una vigilanza continua ed assidua su di lui. Invero: "Non occorre che il genitore provi la sua costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio quando, per l'educazione impartita, per l'età del figlio e per l'ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano mai costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi" (Cass. civ. n. 3088/1997). Ai genitori, dunque, si chiede di aver esercitato un'"adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari" (Cass. civ. n. 3963/2014), con riguardo alle regole di comportamento "vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare" (Cass. civ. n. 26200/2011). L'educazione dev'essere "personalizzata ed efficace" e, come pure la vigilanza, può ritenersi "adeguata" solo se impartita "in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore" (Cass. civ. n. 26200/2011), in modo da rispondere efficacemente alle necessità educative del singolo, assunto questo tanto più attuale alla luce della formulazione dell'art. 312 bis c.c. introdotto dalla L. n. 219 del 2012. Orbene, nel caso di specie, gli attori invocano proprio una responsabilità dei genitori dei due minori (...) e (...), per omessa vigilanza ed educazione. Dal canto loro, tuttavia, i convenuti (...)-(...) e M.-R., non hanno assolutamente dimostrato di aver impartito adeguata educazione ai minori al fine di prevenire il compimento, da parte dei suddetti figli, di atti lesivi dell'altrui integrità psico-fisica come accaduto nel caso di specie. Invero, nelle difese dei convenuti menzionati, nulla si riferisce in concreto circa l'educazione dei due minori e anzi gli stessi attribuiscono l'esclusiva responsabilità alle società (...) e (...) che avevano in cura i minori per un limitato periodo di tempo (una settimana). Ragion per cui, stante la mancanza della prova liberatoria, possono verificarsi la sussistenza degli altri presupposti necessari per l'accoglimento di una domanda di risarcimento dei danni. Invero, il danneggiato che agisce contro i genitori sul fondamento dell'art. 2048 c.c. è onerato solo della prova dell'illecito del minore, del danno subito e del relativo nesso di causa (Corte appello Lecce, sez. I, 09/04/2018, n. 393, in Guida al diritto 2018, 31, 30). In ordine alla sussistenza dell'illecito del minore, non vi sono dubbi, sulla base dell'istruttoria espletata, sulla condotta ascrivibile ai due minori (...) e (...) ai danni di (...). Le condotte, infatti, risultano provate non solo dalle testimonianze degli addetti al campo estivo i quali hanno visionato i video che ritraevano il minore (...), ma soprattutto dalle dichiarazioni degli altri soggetti presenti all'interno del campo estivo. Il teste (...), sentito all'udienza del 9.9.2020 alla presenza del genitore essendo minore all'epoca, conferma che il minore (...) è stato vittima di vessazioni e aggressioni nel periodo in cui si trovava presso il campo estivo (...) nel luglio 2017. Invero, il ragazzo riferisce che (...) era sempre preso di mira dagli altri occupanti la stanza ove erano alloggiati (di cui faceva parte lui stesso) e in particolare da (...) e (...) i quali gli davano degli schiaffi, gli nascondevano le scarpe, gli dicevano frasi offensive e denigratorie, lo facevano ballare umiliandolo, lo riprendevano nell'ambito delle suddette condotte e distribuivano il video su una chat di gruppo al fine di deriderlo. Al pari anche (...), sempre presenta all'interno del campus estivo in quei momenti, riferisce di aver visto i video che ritraevano le condotte a carico del (...) e che le stesse gli venivano raccontate dallo stesso (...). Stante la prova del fatto illecito, occorre verificare la sussistenza del danno e del nesso di causalità. A tale scopo, può essere utilizzato l'elaborato peritale della dott.ssa (...) del 18.6.2021. Secondo la consulente, in merito al quesito circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le lesioni subite e certificate dagli attori con l'evento risultante dagli atti, ha affermato che: "in considerazione dell'anamnesi del ragazzo riportata dai genitori e dell'esame clinico effettuato si ritiene che il ragazzo abbia un lieve ritardo dello sviluppo, rispetto all'età anagrafica, preesistente ai fatti. Il ragazzo ha una personalità passiva e sottomessa, è insicuro ed incapace di reagire dimostrando scarsa capacità di affermarsi nel gruppo dei pari. In considerazione dei disturbi del sonno riferiti della durata di circa tre mesi è verosimile ipotizzare che il ragazzo abbia sviluppato successivamente ai fatti un disturbo postraumatico da stress acuto risolto senza postumi quindi a carattere temporaneo. Allo stato attuale non si rilevano sintomi psicopatologici clinicamente significativi e non si evidenzia nesso di causalità fra i fatti e l'attuale condizione del ragazzo" (cfr. pag. 5-6 relazione peritale). Inoltre, rispetto alla sussistenza di danni permanenti, di un danno biologico o di peggioramenti rispetto alla situazione persistente, sempre in correlazione con l'evento, il CTU ha espressamente escluso la sussistenza di peggioramenti rispetto alla situazione persistente, nonché la presenza di postumi di natura soggettiva o elementi riconducibili a danno biologico permanente (cfr. pag. 6 relazione peritale). In esito alle osservazioni delle parti e alla richiesta di chiarimenti disposta dal precedente istruttore la consulente ha parzialmente modificato le sue conclusioni ritenendo che: "si può affermare che non sussistono postumi permanenti di natura soggettiva e non obiettivabili. Si può ipotizzare, tuttavia, che il ragazzo possa aver presentato una reazione post-traumatica di tipo acuto che non ha comportato l'evolversi in un quadro psichiatrico cronico e stabile. Riguardo al 4 quesito, alla luce della documentazione prodotta e di quanto su esposto, si può ipotizzare la comparsa di un'invalidità temporanea del 25% nei primi trenta giorni(agosto 2017) e del 10% negli altri 2 mesi (settembre e ottobre 2017). Non si rilevano elementi riconducibili a danno biologico permanente oltre tale termine."(cfr. pag. 8 relazione del 26.2.2022). Sul punto, occorre evidenziare che non vi sono giusti motivi per procedere al rinnovo della CTU o alla sostituzione del consulente come avanzata da parte attrice. La giurisprudenza di legittimità afferma che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive od integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice; l'esercizio di tale potere, non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Cass. 14789/2020). Ai sensi dell'art. 196 la rinnovazione della CTU, con sostituzione del consulente, deve essere giustificata dalla sussistenza di gravi motivi, ovvero dal riscontro di rilevanti inadempienze nello svolgimento, da parte del medesimo, dell'incarico conferitogli. (T. Vicenza, 18.6.2010). L'istanza di rinnovo, in altre parole, non può basarsi unicamente sulla sussistenza di palesi divergenze tra i contenuti dell'elaborato peritale del CTU e quelli dell'elaborato del CTP tanto più se, come nel caso di specie, è stato offerto ampio spazio, alla parte interessata, per il deposito di osservazioni, è stato disposto, su istanza di quest'ultima, un supplemento di CTU per rispondere per iscritto ai rilievi critici sollevati. Orbene, dall'analisi complessiva dell'elaborato peritale non si ravvisano affatto le carenze scientifiche e logiche evidenziate da parte attrice in ordine alle conclusioni del CTU il quale ha puntualmente evidenziato sia l'accertamento effettuato sia le evidenze scientifiche su cui tale accertamento è stato fatto. Inoltre, proprio in relazione alle osservazioni delle parti, il CTU ha modificato la propria risposta al quesito e ha dimostrato di aver saputo meglio argomentare in ordine ai suoi accertamenti proprio in considerazione delle controdeduzioni dei CTP. Pertanto, in merito alla sussistenza del danno e alla quantificazione dello stesso può farsi riferimento alle conclusioni di cui alla consulenza tecnica espletata e al supplemento che il giudicante condivide e fa propri per l'accuratezza e l'esaustività con le quali sono stati raccolti i dati di base e per l'inesistenza di lacune di ordine logico-tecnico nel processo di valutazione degli elementi acquisiti e nelle argomentazioni addotte a sostegno del convincimento raggiunto, fondato su un compiuto esame anamnestico ed obiettivo e su uno studio ed una valutazione adeguati e coerenti degli elementi desunti da tale esame e dalla documentazione prodotta. Ciò posto, sulla entità dei danni patiti da (...) al momento dei fatti, la consulenza medico legale ha accertato innanzitutto che, a causa dell'evento dannoso sopra descritto, il (...) non ha riportato una ITA, mentre ha riportato una ITP di giorni 30 giorni al 25%, giorni 60 al 10%, mentre non riscontrava alcun danno permanente. Con riferimento alla concreta determinazione dei suddetti danni, ritiene questo Tribunale di applicare i criteri di liquidazione stabiliti nel D.M. 22 luglio 2019 per il danno biologico di lieve entità (al di sotto della percentuale del 9 %). Sulla scorta di quanto premesso, il risarcimento, nel caso di specie, è astrattamente quantificato in un importo pari a complessivi Euro 685,67 per il danno da invalidità temporanea. Nel caso di specie, inoltre, considerato il dolore fisico patito e l'allontanamento temporaneo dalle normali abitudini di vita, può essere riconosciuto il danno "morale-esistenziale"(personalizzazione) nella percentuale stabilita dalle citate disposizioni legislative per una percentuale del 33,33% per un totale complessivo di Euro 228,53. Possono poi riconoscersi le spese mediche sostenute per Euro 250,00, documentate in atti, mentre non possono essere riconosciute le spese mediche future perché non presenti. In definitiva, la somma totale per il risarcimento del danno patrimoniale e non subito da (...) ammonta ad Euro 1.164,20 oltre rivalutazione monetaria e interessi. Invero, ai fini dell'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere al danneggiato sia la rivalutazione monetaria che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza in poi. Non sussiste quindi alcuna incompatibilità fra valutazione all'attualità del danno biologico e il riconoscimento degli interessi compensativi, che sono volti a ristorare il diverso pregiudizio che l'avente diritto abbia subito per la ritardata percezione del suo credito (v. Cass. n. 10251 del 2002). In conclusione per tutte le ragioni esposte il Tribunale in parziale accoglimento della domanda attorea, condanna, in solido tra loro, (...), (...), nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di (...), nonché (...) e (...), genitori di (...), al risarcimento dei danni patiti da (...) come sopra indicati e come meglio precisato nel dispositivo. Rigetta nel resto la domanda attrice nei confronti di (...) s.p.a. e (...) s.r.l.. Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra attori e convenute (...) s.p.a. e (...) s.r.l. nonché nei rapporti tra attori e restanti convenuti, e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di legge. Le spese di lite nei rapporti tra la convenuta (...) e la terza chiamata possono essere compensati stante la sussistenza del rapporto contrattuale e l'accoglimento delle difese della parte chiamante. Le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, possono essere poste interamente a carico dei convenuti (...), (...), (...) e (...) stante l'accoglimento della domanda attrice nei loro confronti. P.Q.M. Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta integralmente la domanda proposta da (...) e (...) nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di (...), nei confronti di (...) s.p.a. e (...) s.r.l. per i motivi su esposti; - accerta e dichiara la responsabilità dei minori (...) e (...) per l'illecito perpetrato ai danni di (...) e, ex art. 2048 c.c. accerta la responsabilità di (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) per omessa vigilanza dei figli; - per l'effetto del punto precedente, condanna, in solido tra loro, (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) al risarcimento dei danni patiti da (...) e al pagamento degli stessi per complessivi Euro 1.164,20, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data dell'infortunio alla pubblicazione della presente sentenza ed oltre ai soli interessi legali dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza al saldo, in favore di (...) e (...) quali genitori di (...); - Condanna, in solido tra loro, (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) al pagamento delle spese di lite in favore dell'avv. Pietro Salierno dichiaratosi antistatario che liquida in Euro 5.077 per compensi (scaglione sino a Euro 26.000, fasi studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe medie) oltre iva, c.p.a. e spese forfettarie come per legge; - Condanna (...) e (...), nella spiegata qualità, al pagamento delle spese di lite in favore di (...) s.p.a. e (...) s.r.l. che liquida in Euro 2.540 ciascuno per compensi (scaglione sino a Euro 26.000, fasi studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe minime stante comunque la sussistenza del fatto illecito) oltre iva, c.p.a. e spese forfettarie come per legge, nonché al pagamento del contributo unificato e le spese di CTP documentate in favore di (...) s.p.a. ; - Compensa le spese di lite tra (...) s.p.a. e il terzo (...) s.p.a.; - Pone definitivamente a carico di (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...), in solido tra loro, le spese di CTU liquidate come da separato decreto e la condanna alla restituzione di quanto eventualmente versato da altre parti in favore del CTU a titolo di acconto. Così deciso in Sulmona il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SULMONA In funzione di giudice monocratico, nella persona della dott.ssa Alessandra De Marco, nella causa civile distinta con il n. 717 R.G.A.C. per l'anno 2020 passata in decisione all'udienza di P.C. del giorno 12.01.2022 e promossa da: (...) rappresentata e difesa ex se nonché, anche disgiuntamente, dall'avv. Lu.De. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Pescara, in virtù di mandato in calce all'atto di citazione ATTRICE contro CONDOMINIO "(...)" via D. D. R. 56, in persona del suo amministratore, rappresentato e difeso dell'avv. An.Pa. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Sulmona, giusta procura in calce alla memoria di costituzione CONVENUTO ha pronunciato la seguente SENTENZA FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato in data 27.10.2020, l'avv. (...) ha convenuto in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, il Condominio "(...)" via D. D. R. n.56 per l'impugnativa della delibera dell'assemblea condominiale del 19.09.2020, deducendo il difetto di specificità dell'oggetto di cui al primo punto dell'ordine del giorno dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale. Con memoria di costituzione depositata in data 27.01.2021, si è costituito in giudizio il Condominio "(...)" che, nel contestare integralmente i motivi di impugnazione deducendo l'infondatezza in fatto ed in diritto, ha concluso insistendo per il rigetto della domanda. Istruita mediante l'acquisizione della documentazione versata in atti, all'udienza del 12.01.2022, la causa, fatte precisare le conclusioni, è stata assunta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Secondo l'assunto attoreo la delibera de qua sarebbe viziata nella parte in cui, in relazione al punto 1 all'o.d.g., ha ratificato il contenuto della precedente delibera assembleare del 4.07.2020, senza che detto punto fosse stato indicato tra gli argomenti in discussione nell'avviso di convocazione. Ai fini che occupano giova premettere che, secondo la Suprema Corte (cfr. tra le altre Sez. 2, Sentenza n. 13763 del 22/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 21449 del 19/10/201) "In tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, ai fini della validità dell'ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti'. In altre pronunce si afferma, inoltre, che ... "affinché la delibera dell'assemblea condominiale sia valida, è sì necessario che l'avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e minuzioso, specificamente gli argomenti da trattare - così da far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente alla partecipazione alla deliberazione - nondimeno, la disposizione dell'art. 1105 c.c., comma 3, - applicabile anche in materia di condominio di edifici e ove è prescritto che tutti i partecipanti devono essere preventivamente informati delle questioni e delle materie sulle quali sono chiamati a deliberare - non comporta che nell'avviso di convocazione debba essere prefigurato lo sviluppo della discussione ed il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea. Al contempo si evidenzia che l'accertamento della completezza o meno dell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale - nonché della pertinenza della deliberazione dell'assemblea al tema in discussione indicato nell'ordine del giorno contenuto nel relativo avviso di convocazione - è demandato all'apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato' (cfr. tra le altre: Cass. sez. II n. 13047/2014; Cass. n. 3634/2000; Cass. n. 21298 del 10 ottobre 2007). Alla stregua dei principi esposti questo giudice ritiene infondato il motivo di censura in esame. Nell'avviso di convocazione per l'assemblea del 19.09.2020, invero, risulta espressamente indicato al punto 1 dell'o.d.g. "ratifica conferimento incarico all'Avv. An.Pa.". Nel verbale del 19.09.2020 è riportato: "Sul 1 punto all'o.d.g. l'Amm.re illustra le ragioni per cui occorre ratificare il conferimento del mandato all'avv. Pa.An. con studio a Sulmona per l'impugnativa in Cassazione della sentenza della Corte di Appello n.1889/2019. In particolare, si riporta al contenuto della Delib. del 4 luglio 2020 con cui veniva deliberato di proseguire la causa contro la T. con il ricorso in Cassazione avverso la sopramenzionata sentenza. I condomini ribadiscono la propria volontà espressa nella Delib. del 4 luglio 2020 e confermano e ratificano l'incarico all'avv. Pagliaro e tutto quanto discusso e deliberato nell'assemblea del 4.7.2020". Orbene, dal raffronto tra l'argomento all'o.d.g e quanto deciso dall'assemblea, la parte del deliberato riguardante "la ratifica di tutto quanto discusso e statuito nell'assemblea del 4.7.2020" altro non è che il necessario antecedente logico e giuridico della volontà del Condominio di confermare il conferimento del mandato all'avv. Pa. per la prosecuzione della causa con l'impugnativa in Cassazione della sentenza della Corte di Appello n.1889/2019. D'altra parte, di detta volontà del Condominio di ribadire il "decisum" della Delib. del 4 luglio 2020, l'odierna parte attrice era già a conoscenza, come si evince dal fatto che, al secondo punto dell'o.d.g., risulta indicato il distinto ed ulteriore argomento relativo all' "autorizzazione all'amministratore per la mediazione n. 56/2020 su istanza della condomina (...) presso la Camera di Conciliazione di Sulmona e relativa nomina all'avv. An.Pa." in quanto avente ad oggetto proprio l'impugnazione della Delib. del 4 luglio 2020. Per tutte le ragioni su esposte, la domanda va pertanto rigettata. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, così provvede: - Rigetta la domanda; - Condanna l'avv. (...) alla rifusione, in favore del Condominio convenuto, alla rifusione delle spese di lite, che si liquidano complessivamente in Euro.2.666,30, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Sulmona il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA n. 284/2022 pubblicata il 19/12/2022 nella causa civile TRA (...) = attore = CONTRO CONDOMINIO = convenuto = CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione ritualmente notificato con il quale (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e (...) hanno impugnato la delibera di approvazione, in particolare, del bilancio consuntivo e riparto 01.07.2018 - 30.06.2019 e del bilancio preventivo e riparto 01.07.2019 30.06.2020, adottata dall'assemblea condominiale in data 29.02.2020, chiedendone conclusivamente l'annullamento con vittoria delle spese di causa. 2. A sostegno della predetta impugnazione hanno dedotto che: (a.) che nel primo punto dell'ordine del giorno diretto ad approvare il consuntivo dell'esercizio 2018-2019, vi era stato l'illegittimo inserimento, di presunti oneri arretrati a carico degli odierni opponenti, rispettivamente, di Euro 10.482,85, per la sig.ra (...) e di Euro 12.107,58 per il sig. GBT; (b.) che detti importi erano stati già oggetto di due giudizi svoltisi innanzi al medesimo Tribunale, l'uno (R.G. n. 1101/2014) avente analogo oggetto di impugnativa di delibera assembleare, conclusosi con l'annullamento della delibera assunta dal Condominio (Sent. n. 293/2016), l'altro (R.G. n. 207/2016) di opposizione a D.I. ottenuto dal Condominio per il pagamento degli oneri, conclusosi con l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo (Sent. n. 338/2017); (c.) che i predetti oneri erano stati inseriti sotto la voce saldi precedenti della gestione ordinaria 2019-2020 senza altra indicazione per cui non erano stati messi in grado di verificare e di contestare la pretesa. 3. Vista la comparsa di costituzione con la quale il Condominio AEDES ha resistito alla domanda azionata dinanzi al Tribunale, ha contestato tutto quanto dedotto dalla parte avversa siccome infondato in fatto e in diritto, ha eccepito in particolare: (a.) l'inammissibilità della spiegata impugnazione per tardività del deposito dell'istanza di mediazione obbligatoria; (b) la carenza di interesse ad agire asserendo che la delibera impugnata in questa sede era stata superata dalla successiva delibera del 3.10.2020 non impugnata dagli odierni attori; (c.) la cessazione della materia del contendere asserendo che l'organo deliberativo, seppur non avesse riportato all'approvazione i bilanci di cui alla delibera impugnata, aveva comunque approvato, senza opposizione degli odierni attori, quelli dell'esercizio successivo (rendiconto consuntivo 2019-20 e bilancio preventivo 202021, con i relativi riparti di spesa) con i medesimi criteri di ripartizione; (d.) l'infondatezza in fatto ed in diritto delle doglianze avversarie asserendo che il riparto delle quote approvate e l'ammontare delle stesse era da ritenersi corretto, completo e dettagliato per ogni singola voce. 4. Ha pertanto chiesto di accertare e dichiarare: (a.) l'inammissibilità dell'impugnazione per tardività del deposito dell'istanza di mediazione obbligatoria nel termine perentorio previsto dalla legge; (b.) in subordine, rigettare la domanda per la carenza di interesse ad agire in capo agli attori per l'avvenuto consolidamento della delibera del 3.10.2020; (c.) in via gradata l'avvenuta cessazione della materia del contendere; (d.) in via residuale l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda; (e.) con vittoria di spese e competenze di lite. 5. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 legge 18/06/2009, n. 69. 5. La causa, istruita con solo produzioni documentali, previa precisazione delle conclusioni, è stata assegnata a decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 6. Esaminati e valutati gli atti di causa e la documentazione prodotta dalle parti. 7. L'opposizione proposta dal sig. (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...) e dal sig. (...) è infondata per le ragioni qui di seguito esposte e, pertanto, va respinta. 8. Rilevato: a. che gli opponenti lamentano sostanzialmente che, nel consuntivo esercizio 2018-2019 approvato con la delibera del 29.02.2020, oggetto della presente impugnazione, vi era stato l'illegittimo inserimento a loro carico, di presunti oneri arretrati, rispettivamente, di Euro 10.482,85, per la sig.ra (...) e di Euro 12.107,58 per il sig. GBTe che detti oneri, a loro dire, erano stati già oggetto di due giudizi svoltisi innanzi al medesimo Tribunale di Sulmona, l'uno (R.G. n. 1101/2014) avente analogo oggetto di impugnativa di delibera assembleare, conclusosi con l'annullamento della delibera assunta dal Condominio (Sent. n. 293/2016), l'altro (R.G. n. 207/2016) di opposizione a D.I. ottenuto dal Condominio per il pagamento degli oneri, conclusosi con l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo (Sent. n. 338/2017); b. che il condominio convenuto ha invece dedotto tra le altre, la carenza di interesse ad agire e la cessazione della materia del contendere asserendo che l'organo deliberativo, seppur non avesse riportato all'approvazione i bilanci di cui alla delibera impugnata, con successiva delibera del 03.10.2020, aveva comunque approvato, senza opposizione degli odierni attori, quelli dell'esercizio successivo (rendiconto consuntivo 2019-20 e bilancio preventivo 2020-21, con i relativi riparti di spesa) con i medesimi criteri di ripartizione. 9. Considerato che secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, al quale l'odierno Giudicante intende dar seguito anche in questa sede, il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante), una volta approvato dall'assemblea può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c. costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso (cfr. Cass. civ. sez. VI, 15/02/2021, n. 3847; nel medesimo senso si veda; Cass. civ. sez. II, 25/02/2014, n. 4489; Tribunale Cosenza sez. II, 03/08/2022, n. 1488). Una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo. Non ha senso invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della delibera condominiale che, nell'assenza di un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese (cfr. in motivazione Cass. civ. sez. VI, 24/09/2020, n. 20006; nel medesimo senso si veda Cass. civ. sez. II, 21.08.1996, n. 7706). 10. Ne consegue dunque che, una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno di questi dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, facendo applicazione del richiamato indirizzo, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, come peraltro è avvenuto nel caso in esame. 11. Deve dunque ritenersi corretto, legittimo e conforme al richiamato indirizzo, l'inserimento nel consuntivo approvato con la delibera impugnata delle pregresse morosità, non sanate, degli odierni attori. Inoltre anche dall'esame degli altri rendiconti e consuntivi depositati con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. risulta il credito che il Condominio vanta nei confronti degli attori. La pregressa morosità, non sanata, risulta altresì inserita nel rendiconto consuntivo 2019-2020 approvato dal condominio con la summenzionata delibera del 03.10.2020, non oggetto di impugnativa. 12. Peraltro, non sono state formulate dagli attori, se non genericamente, ulteriori specifiche contestazioni circa la sussistenza ed entità della morosità nel pagamento degli oneri condominiali riportata nel predetto consuntivo. Inoltre, nessuno rilievo può attribuirsi alle sentenze (peraltro contestate dal condominio convenuto) richiamare dagli attori in citazione, atteso che le stesse non risultano nemmeno prodotte in giudizio. 13. Rilevato infine come, nel caso di specie, sia pacifico che la citata delibera del 03.10.2020 (allegato fasc. convenuto) non sia stata nemmeno oggetto di impugnazione, sicché essa costituisce ulteriore prova del credito vantato dal Condominio convenuto. 14. In conclusione, per i motivi esposti, in applicazione degli indirizzi richiamati, ritiene il Giudicante che la domanda attore debba essere rigettata e la delibera impugnata debba quindi essere confermata. Ogni altra questione resta assorbita. 15. Le spese di giudizio vanno poste a carico della parte opponente, sostanzialmente soccombente, ed in favore del Condominio opposto, e liquidate come da dispositivo secondo lo scaglione del valore della domanda, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014, avuto riguardo allo svolgimento del processo e all'attività defensionale. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e da (...) nei confronti del Condominio (...), in persona dell'amministratore pro tempore, iscritta al n. 828 del registro generali degli affari contenzioni civile dell'anno 2020, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. rigetta per i motivi esposti l'opposizione formulata dal sig. (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e dal sig. (...) avverso la citata delibera di approvazione, in particolare, del bilancio consuntivo e riparto 01.07.2018 - 30.06.2019 e del bilancio preventivo e riparto 01.07.2019 - 30.06.2020, adottata dall'assemblea condominiale in data 29.02.2020 2. condanna (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e dal sig. (...) a rifondere, al Condominio convenuto, le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.715,00 (la fase istruttoria conteggiata al minino stante l'assenza di specifiche richieste istruttorie), oltre spese generali al 15%, iva e cpa, come per legge. Così deciso in Sulmona il 16 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 123 dell'anno 2020 vertente TRA (...) ((...)), nato il (...) a P. e residente in S. V. A.C. (P.), elettivamente domiciliato in Pescara, alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. Da.MO. che lo rappresenta e difende in giudico in virtù di procura in atti attore CONTRO (...) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R. alla via G. V. B. n. 105 (P.IVA (...)), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti Ma.Se. e Ma.Me., in virtù di procura in atti, elettivamente domiciliata in Raiano alla via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) convenuto CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione ritualmente notificato, con il quale il sig. (...) ha convenuto in giudizio dinanzi questo Tribunale, la (...) Spa, chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di Euro 14.560,31, o di quella minore o maggiore che sarà ritenuta di giustizia, della rivalutazione monetaria, degli interessi e spese di causa, a titolo di risarcimento ex art. 2051 c.c. e, in subordine, ex art. 2043 c.c., dei danni subiti dall'autovettura modello (...), targato (...) di sua proprietà, a causa dell'impatto avvenuto il giorno 23 settembre 2019, alle ore 3:45 circa, contro un masso di circa 50 centimetri di diametro, staccatosi dalla scarpata scoscesa a monte della carreggiata, non fermato dal guard-rail (trovato introflesso dagli agenti della Polizia Stradale), né tanto meno dalla rete di recinzione, e finito sulla sede autostradale della A25 - Strada dei Pachi - direzione di marcia Pescara - Roma, in prossimità della progressiva chilometrica 125+600 del comune di Anversa degli Abruzzi, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e/o segnalazione. 2. Vista la comparsa di costituzione con la quale la (...) Spa: (a.) ha dedotto, nel merito, l'infondatezza della domanda non rinvenendosi, a suo dire, a suo carico, alcun profilo di responsabilità sia ai sensi dell'art. 2051 c.c., non applicabile nel caso di specie, sia ai sensi dell'art. 2043 c.c., essendosi il sinistro, in ogni caso, verificatosi per fatto e colpa del conducente la (...) il quale, nell'occasione, non teneva una condotta di guida prudente ed una velocità adeguata tale da consentirgli di accorgersi della presenza dell'ostacolo e di porre così in essere le manovre più opportune per evitare la collisione dedotta; (b.) ha contestato la quantificazione del danno nonché la valenza dei relativi documenti prodotti in giudizio; (c.) ha chiesto pertanto il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto e diritto e non provata, con condanna alle spese di giudizio. 3. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto di cui al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 L. 18 giugno 2009, n. 69. 4. Nel corso del giudizio è stata ammessa ed espletata la prova testimoniale e la CTU, e la causa, sulle conclusioni precisate dalla parte attrice, è stata trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 5. Premesso che appare necessario procedere preliminarmente alla qualificazione giuridica della domanda, in base alle circostanze di fatto dedotte nell'atto introduttivo, anche al fine di individuare il criterio di ripartizione dell'onere della prova. 6. Rilevato che l'azione proposta dall'attrice è diretta a far valer la responsabilità della (...) Spa, quale gestore/custode del bene all'interno del quale il sinistro dedotto si è verificato, per i danni non patrimoniali in conseguenza dell'impatto avvenuto contro il descritto masso non segnalato presente sulla sede stradale della A25 direzione Pescara - Roma, località di Anversa degli Abruzzi. 7. Ritiene l'odierno Giudicante che, la domanda di risarcimento danni, quantunque l'attore abbia manifestato la propria intenzione di proporre una domanda sia ex art. 2051 c.c. che ex art. 2043 c.c., va sicuramente ricondotta nell'ambito di applicazione dell'art. 2051 c.c., rinvenendosi, a dire dell'attore, una responsabilità della (...) Spa per non aver eliminato il pericolo alla pubblica incolumità, rappresentato dalla presenza di un masso di circa 50 centimetri di diametro staccatosi dalla scarpata a monte della carreggiata e finito sulla carreggiata dell'autostrada A25, direzione Pescara-Roma, in prossimità della progressiva chilometrica 125+600 del Comune di Anversa degli Abruzzo, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e/o segnalazione. 8. In tale ipotesi è notorio che il convenuto risponde in qualità di custode dei danni a titolo di responsabilità oggettiva per il solo nesso di causalità esistente fra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi, pertanto, la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, imputandosi la responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. 9. Difatti è pacifico in giurisprudenza che la responsabilità ex art. 2051 c.c., per i danni arrecati da cose in custodia, ha carattere oggettivo e per la sua configurabilità è sufficiente che l'attore dimostri il verificarsi dell'evento dannoso e del rapporto di causalità con la cosa, salva la prova del fortuito incombente invece sul custode. 10. Dunque la norma citata, configura una ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva a carico del custode la quale si fonda pertanto, non su un comportamento o un'attività di tipo colposo, ma sulla semplice relazione causale tra la cosa e l'evento. Si richiama opportunamente in merito il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito secondo cui "la responsabilità di danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha carattere oggettivo, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; che tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile alla produzione del danno" Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014, n. 3793; Cass. Civ. 19/05/2011, n. 1106; Cass. Civ. Sez. III, 05/12/2008, n. 28811; nel medesimo senso si veda anche, Cass. Civ. sez. III, 17/01/2020, n. 858; Cass. Civ. sez. VI, 16/05/2017, n. 12027; Cass. Civ. 11/03/2011, n. 5910; Cass. Civ. n. 25594/2015; Cass. Civ. n. 23584/2013; Cass. Civ. sez. III, 27/03/2020, n.7580; Tribunale Lecce, 06/04/2020, n. 934 Tribunale L'Aquila, 09/07/2019, n. 530). 11. Il carattere oggettivo della responsabilità per i danni arrecati da cose in custodia è stato recentemente riconfermato dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 20943/2022 secondo cui "La responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode" (cfr. Cass. civ. sez. un., 30/06/2022, n. 20943). 12. Con orientamento ugualmente consolidato, la giurisprudenza di legittimità ha ormai inequivocabilmente chiarito che la disciplina prevista dall'art. 2051 c.c. è anche applicabile ai proprietari o concessionari delle strade aperte al pubblico transito o, comunque, preposti alla loro manutenzione, presumendosi gli stessi responsabili dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo il caso fortuito (cfr. Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014; nel medesimo senso si veda anche: Cass. Civ. sez. III, 12/03/2013, n. 6101; Cass. Civ. sez. III, 18/07/2011, n. 15720; Cass. Civ. sez. III, 11/11/2011, n.23562; Cass. Civ. sez. III, 25/07/2008, n. 20427; Cass. Civ. sez. III, 13/01/2015, n. 295; Cass. Civ. sez. III, 09/06/2016, n. 1802; Cass. Civ. sez. VI, 19/03/2018, n. 6703; Cass. Civ. sez. III, 02/07/2019, n. 17658; Cass. Civ. sez. III, 18/06/2019, n. 16295). 13. Tale indirizzo è stato recentemente ribadito dalla Cassazione affermando che, "a carico dei proprietari o concessionari delle strade (e delle autostrade) è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare (come nel caso in esame) un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate e delle relative pertinenze, riconducibile ad un rapporto di custodia" (cfr. in motivazione Cass. Civ. sez. III, 07/05/2021, n. 12166; nel medesimo senso si veda Cass. Civ. sez. III, 20/11/2020, n. 26527; Cass. Civ. sez. III, 29/03/2007, n. 7763; Cass. Civ. sez. III, 20/02/2006, n. 3651). 14. Per quanto riguarda il regime della prova, grava dunque sul danneggiato l'onere di dimostrare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera oggettiva idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o anche dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità ed eccezionalità (Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014, n. 3793; nel medesimo senso si veda anche Cass. Civ. sez. III, 17/01/2020, n. 858; Cass. Civ. sez. III, 09/03/2020, n. 6651; Cass. Civ. 19/05/2011, n. 1106; Cass. Civ. 11/03/2011, n. 5910; Cass. Civ. sez. III, 05/02/2013, n. 2660; Cass. civ. sez. VI, 25/01/2022, n. 2118; Tribunale Bergamo, 03/03/2020, n.510; Tribunale Milano sez. X, 16/01/2020, n. 424; Corte appello Milano sez. II, 27/02/2020, n.665). 15. Rilevato che, nel caso di specie, l'attore asserisce di aver impattato, alla guida della sua autovettura, contro il descritto masso, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e segnalazione, per cui spettava allo stesso attore provare l'esatta dinamica del sinistro ed il nesso causale tra l'evento lesivo e ed il bene in custodia (cfr. Cass. civ. sez. VI, 25/01/2022, n. 2118). 16. Facendo dunque applicazione dei richiamati indirizzi nel caso in esame, la valutazione delle produzioni documentali e della prova testimoniale assunta nel corso del giudizio, consente ad avviso del Giudicante, di ricostruire l'esatta dinamica del sinistro e, in particolare, che il danno dedotto dall'attore sia avvenuto proprio impattando contro il masso descritto in citazione, e, quindi, di ritenere provato il nesso di causalità tra il bene in custodia e l'evento lesivo lamentato dall'attore. 17. Difatti, si veda in particolare: (1.) la relazione di servizio redatta dagli agenti della Polizia Stradale di Pratola Peligna (allegata fascicolo di parte attrice) i quali, intervenuti nell'immediatezza sul luogo del sinistro, accertavano la presenza sulla corsia di sorpasso dell'autostrada A25 dell'auto incidentata, una (...), targato (...) e del proprietario/conducente della stessa, (...); rilevavano la presenza del masso di circa 50 centimetri di diametro sulla carreggiata contro cui la (...) ha impattato, nonché danni visibili al parabrezza anteriore, cofano motore, fari, radiatore, nonché danni al motore ecc., oltre a danni meccanici da accertare; non rilevavano in prossimità del luogo del sinistro segnali riferiti alla presenza del masso (2.) la dichiarazione di conferma della predetta relazione di servizio resa all'udienza del 10.05.2021 (cfr. verbale) da uno degli agenti intervenuti sul luogo del sinistro, Agente Scelto IMPERATORE (...); (3.) la dichiarazione resa alla predetta udienza dal sig. (...) che, al momento del sinistro si trovava a bordo della (...), e della cui attendibilità non vi sono ragioni processuali per dubitare, con la quale conferma la presenza del masso descritto in citazione sulla sede stradale della A25, direzione di marcia Pescara-Roma e l'impatto contro di esso della (...) dell'attore che conduceva il predetto veicolo ad una velocità non alta e comunque inferiore al limite di velocità esistente sull'autostrada (cfr. verbale del 10.05.2021). 18. Ritenuto pertanto che, come emerso dall'istruttoria, non può essere messa in discussione la materialità dell'evento, essendo provato che, nelle circostanze di tempo e di luogo, la (...) condotta dall'attore impattava contro il masso presente sulla carreggiata della A25, in assenza di segnaletica e/o di altra precauzione che preavvertivano gli utenti dell'autostrada della sua presenza, riportando così danni visibili alla carrozzeria e ad altre parti meccaniche e non del veicolo. 19. Considerato peraltro che l'Ente convenuto non ha provato che l'evento dannoso sia stato causato in esclusiva o in concorrenza, da un fattore eccezionale, imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza o dal fatto colposo del terzo o dello stesso danneggiato. Non ha provato nella specie che il conducente la (...) abbia posto in essere una condotta talmente disattenta, imprudente ed imprevedibile, tale da diventare la causa esclusiva e/o concorrente del sinistro. Non ha provato che il conducente della (...), nelle condizioni di tempo e di luogo, stesse procedendo ad una velocità non utile allo stato dei luoghi e tale da non consentirgli di avvistare la presenza del masso nel tratto stradale teatro del sinistro e di adottare conseguentemente manovre idonee ad evitarlo. Non risulta infine provato dalla convenuta che il danno si è verificato in modo non prevedibile e né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso, ovvero che la presenza dell'ostacolo predetto non era conoscibile e né eliminabile con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione. Peraltro la convenuta non ha formulato richieste istruttorie dirette a contrastare, anche con propri testimoni, quanto accertato dagli agenti della Polizia Stradale intervenuti sul luogo del sinistro e dichiarato dal teste (...) indicato dall'attore 20. È evidente che la (...) è venuta meno agli obblighi di vigilanza, controllo e manutenzione del tratto di strada in questione la cui doverosa osservanza le avrebbe consentito di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire l'evento dannoso quale quello lamentato dall'attore. 21. Si richiama anche in questo caso il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità riaffermato anche recentemente secondo il quale "In tema di danno da cose in custodia, il custode è invero tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative, nel caso, art. 14 C.d.S.), e già del principio generale del neminem laedere" (Cass. Civ. sez. III, 07/05/2021, n. 12166). 22. Accertato quindi il nesso causale tra l'impatto della (...) e la situazione oggettiva del luogo e, in mancanza di prova del caso fortuito, la stessa convenuta va condannato al risarcimento del danno derivato alla parte attrice a seguito del sinistro. 23. In ordine alla valutazione e quantificazione dei danni, persistendo il contrasto tra le parti circa la quantificazione del danno ed il valore commerciale del veicolo incidentato, nel corso del giudizio è stata ammessa ed espletata CTU a mezzo dell'Ing. (...) il quale è stato incaricato di accertare in particolare il valore commerciale della (...) di proprietà dell'attore al momento del sinistro oggetto di causa e l'entità dei danni riportati in conseguenza del sinistro stesso. 24. Nella relazione depositata telematicamente il 16.12.2021, senz'altro condivisibile stante la correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti, redatta a seguito delle operazioni peritali svoltesi in contraddittorio con le parti, il CTU ha ritenuto antieconomica le riparazioni da eseguire sull'autovettura incidentata (quantificate in Euro 15.543,57) rispetto al valore commerciale che il veicolo aveva prima del sinistro stimato in Euro 5.700,00 (valore medio tra un min. di Euro. 5.500,00 e un max. di Euro. 5.900,00), escluse le spese di immatricolazione di nuova autovettura simile a quella per cui è causa. 25. Richiamato opportunamente in merito l'ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, al quale si intende dar seguito in questa sede, secondo cui, "La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve, infatti, considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, 2 comma c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari al valore del bene prima dell'urto, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo" (cfr. Cass. Civ. sez. III, 12/10/2010, n. 21012; nel medesimo senso vedi, Cass. Civ. sez. III, 26/05/2014, n. 11662; Cass. Civ. sez. VI, 28/04/2014, n. 9367; Cass. Civ. sez. VI, 04/11/2013, n. 24718; Cass. Civ. sez. III, 04/03/1998, n. 2402), nel caso in esame, stante la accertata antieconomicità delle riparazioni, rispetto al valore commerciale che la (...) aveva prima del sinistro, facendo applicazione del riferito indirizzo, a parere dell'odierno Giudicante, deve, pertanto, liquidarsi all'attore, a titolo di risarcimento danni, la somma di Euro 5.700,00, comprensiva del valore commerciale dell'autovettura prima del sinistro, come determinato dal CTU Ing. (...) nella citata relazione depositata in atti ed alla quale si fa riferimento per la quantificazione del risarcimento danni reclamato dall'attore; 26. Sulla predetta somma liquidata a titolo di risarcimento danni, con riferimento in sostanza all'epoca del fatto, vanno riconosciuti gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo, ciò in applicazione del principio affermato dalla Cassazione, al quale si intende dar seguito in questa sede, secondo il quale "in materia di obbligazioni risarcitorie, aventi natura di debito di valore, la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno deve essere annualmente rivalutata secondo gli indici Istat dal momento dell'evento dannoso sino alla data di pubblicazione della sentenza e sulla somma annualmente rivalutata devono calcolarsi gli interessi nella misura legale. Dal momento della pubblicazione della sentenza, invece, poiché il debito si converte in debito di valuta, la rivalutazione non è più dovuta ma, sino all'effettivo pagamento, devono essere corrisposti gli interessi moratori in applicazione della disposizione contenuta nell'art. 1224 c.c., comma 1" (cfr. Cass. Civ. sez. un. 17/02/1995, n. 1712; Cass. Civ. sez. III, 31/05/2017, n. 13718; Cass. Civ. sez. I, 17/09/2015, n. 18243; Cass. Civ. sez. III, 18/07/2011, n. 15709). 27. Ritenuto in definitiva che la (...) Spa debba essere condannata al pagamento in favore dell'attore, della predetta somma di Euro 5.700,00, oltre gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo. 28. Le spese di giudizio vanno poste a carico della (...) Spa, sostanzialmente soccombente, e liquidate come da dispositivo secondo lo scaglione del valore della domanda, sulla base dei valori minimo di cui al D.M. n. 55 del 2014 (stante la somma liquidata vicina al valore minimo della fascia di scaglione di riferimento) in ragione dell'importo dei danni liquidati) avuto riguardo allo svolgimento del processo e all'attività defensionale. 29. Le spese della CTU, già precedentemente liquidate nel corso del giudizio in complessiva Euro 1.712,03 (di cui Euro 157,00 per spese e Euro 1.555,03 per onorario), oltre IVA e contributo per cassa previdenza ed assistenza di categoria come per legge, vanno poste definitivamente per intero a carico della parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dal sig. (...) nei confronti della (...) Spa, iscritta al n. 123 del registro generali degli affari contenzioni civile dell'anno 2020, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. accerta e dichiara che il sinistro stradale per cui è causa, per i motivi esposti, è ascrivibile alla esclusiva responsabilità ex art. 2051 c.c. della (...) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore; 2. per l'effetto condanna la (...) Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare al sig. (...) la somma di Euro 5.700,00, oltre gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo; 3. condanna l'Ente convenuto, in considerazione dei parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale di cui al D.M. n. 55 del 2014, al pagamento in favore dell'attore delle spese processuali che liquida in complessive Euro 2.097,50 compenso professionale di avvocato ed in Euro 237,00 per rimborso contributo, oltre rimb. 15% spese forfettarie, IVA e CAP nella misura e come per legge; 4. pone definitivamente a carico della (...) Spa le spese della CTU già precedentemente liquidate in Euro 1.712,03 (di cui Euro 157,00 per spese e Euro 1.555,03 per onorario), oltre IVA e contributo per cassa previdenza ed assistenza di categoria come per legge. Così deciso in Sulmona il 27 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE SULMONA In composizione monocratica nella persona del giudice dott.ssa Marta Sarnelli, all'udienza del 21.9.2022, nella causa civile in grado di appello, iscritta al n. 620/2021 R.G., avente ad oggetto appello a sentenza del Giudice di pace di Castel di Sangro n. 79/2021 in materia di opposizione a decreto ingiuntivo e vertente tra (...), (C.F.: (...)), elettivamente domiciliato in Castel di Sangro via (...) presso lo studio dell'avv. An.Di. che la rappresenta e difende come da procura in calce all'atto di appello; - APPELLANTE - E (...) S.R.L., (p.Iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Pescocostanzo alla via (...) e rappresentata e difesa dall'avv. Ma.Fa. del Foro di Napoli come da procura in calce alla memoria di costituzione; -APPELLATO- Ha emesso la seguente SENTENZA IN FATTO Premesso che: - con atto di appello ritualmente notificato (...), ha proposto appello alla sentenza n. 79/2021 depositata il 2.07.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro con la quale è stata rigettata l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 35/2019 emesso dal Giudice di Pace di Castel Di Sangro con il quale si ingiunge all'appellato il pagamento della somma di Euro 1.330,11, oltre interessi e spese, in favore della (...) s.r.l. Impresa di costruzione, relativa ai lavori di straordinaria manutenzione effettuati dalla stessa presso il fabbricato condominiale di cui fa parte il (...); - A sostegno dell'appello l'attore ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata: per erronea interpretazione delle risultanze istruttorie; omessa e insufficiente motivazione in relazione a punti decisivi della controversia; violazione di legge. - Con comparsa dell'11.2.2022 si costituiva in giudizio la (...) s.r.l. chiedendo, in via principale il rigetto dell'appello e ribadendo le eccezioni già proposte nel giudizio di primo grado in ordine alla fondatezza dell'avversa opposizione al decreto ingiuntivo. La causa viene discussa e decisa all'udienza del 21.9.2022 mediante lettura del dispositivo. IN DIRITTO Prima di entrare nel merito del citato appello occorre premettere una descrizione sommaria del giudizio di primo grado e dei motivi di opposizione. Con ricorso del 27.6.2019 la (...) s.r.l. Impresa di costruzioni ha richiesto l'emissione di decreto ingiuntivo nei confronti di (...) per l'importo di Euro 1330,11 quale quota di compenso per i lavori effettuati nel Condominio sito in (...) di S. Via P. N. n. 48. A sostegno della propria pretesa la società sosteneva che: - La società è esecutrice dei lavori di straordinaria manutenzione del fabbricato sito a (...) di S. Via P. N. n. 48 giusta delibera condominiale n. 48 del 30.7.2019 per importo di 25.034,20 più iva; - Nel punto 2 del predetto incarico veniva pattuito che il Cremonini, quale compenso dell'attività svolta dalla società ricorrente, si impegnava a versare un compenso del 33% oltre IVA del credito recuperato; - I lavori venivano eseguiti come da contratto; - Considerato che i lavori venivano parzialmente pagati, la società chiedeva all'amministratore condominiale i nominativi dei condomini morosi al fine di poter agire esecutivamente contro gli stessi; - In data 16.2.2019 l'amministratore comunicava che risultava moroso il condomino (...) per la somma di Euro 1330,11 come da piani di riparto allegati; - Nonostante i solleciti il (...) non provvedeva a corrispondere l'importo indicato. Sulla base del predetto ricorso veniva dunque emesso, dal Giudice di Pace di Castel di Sangro, il decreto ingiuntivo n. 35/2019 in data 12.7.2019 con il quale si ingiungeva a (...) il pagamento della somma di Euro 1330,11, nonché interessi e spese. Con ricorso del 25.2.2020 proponeva opposizione (...) incardinato il giudizio n. 63/2020 dinanzi al Giudice di Pace di Castel di Sangro deducendo: - La mancanza della prova scritta del credito ingiunto - infondatezza della pretesa; - Infondatezza del credito-revoca del decreto ingiuntivo. Orbene, come sopra esposto, con la sentenza n. 79/2021 il Giudice di Pace di Castel di Sangro ha rigettato l'opposizione proposta ritenendo che vi fosse la prova del credito azionato e la fondatezza dello stesso. Tanto premesso, è ora possibile analizzare l'appello proposto avverso la predetta sentenza. In primo luogo, l'odierno appellante censura la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Castel di Sangro in quanto il Giudice avrebbe erroneamente interpretato le risultanze istruttorie. In particolare, il Giudice avrebbe fondato la sua valutazione, in ordine all'insussistenza di contestazioni del ricorrente ai lavori effettuati dalla (...) s.r.l., senza valutare che lo stesso condomino, con due raccomandate del 22.2.2019 e del 27.3.2019 aveva richiesto all'amministratore la convocazione dell'assemblea condominiale al fine di contestare la corretta esecuzione dei lavori da parte della società e la conformità degli stessi alla normativa vigente. Tale eccezione è priva di fondamento. Preliminarmente, in ordine alla legittimazione della (...) s.r.l., quale ditta esecutrice dei lavori del fabbricato condominiale, occorre osservare che la stessa ha agito correttamente nei confronti del condomino moroso. Invero, ogni qualvolta l'amministratore condominiale stipuli un contratto con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, rispettivamente concernenti l'intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al condominio, rappresentato proprio dall'amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti al relativo pagamento in ragione e nella misura della partecipazione al condominio, ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. (cfr. Corte d'Appello Salerno Sez. II, Sent., 07/07/2020). Ne deriva che la natura parziaria dell'obbligazione contratta dall'amministratore per conto dei condomini non limita, in sede cognitiva, il diritto di azione del creditore, che può indifferentemente evocare in giudizio i singoli condomini morosi o il condominio, in tal modo conseguendo, in entrambi i casi, un titolo da porre in esecuzione nei confronti dei singoli condomini per la quota di rispettiva competenza, operando la parziarietà come regola di imputazione interna del debito (cfr. Cass. ord. 9 giugno 2017, n. 14530; Cass. ord. 29 ottobre 2018, n. 27363). Pertanto, il creditore del condominio è legittimato ad agire in giudizio, anche in via monitoria, per precostituirsi il titolo esecutivo ne i confronti sia dell'ente di gestione, in persona dell'amministratore pro tempore, sia dei condomini inadempienti, dovendo, in ogni caso, e, in particolare, ove intenda promuovere l'espropriazione forzata, richiedere a ciascun condomino moroso, proprio in ossequio al principio della parziarietà delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, il pagamento della sola quota dallo stesso dovuta a norma dell'art. 1123 cod. civ.. In definitiva, il creditore, nell'agire in giudizio nei confronti del condominio e non dei singoli condomini inadempienti, non viola il noto principio secondo cui, in riferimento alle obbligazioni contratte dall'amministratore, in mancanza di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, con la conseguenza che le obbligazioni assunte nell'interesse dell'ente di gestione si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie (cfr. Cass., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148). Ciò posto, in ordine alla documentazione allegata da parte della (...) s.r.l. ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo opposto, si evidenzia che l'odierna resistente ha prodotto documentazione sufficiente all'emissione del provvedimento monitorio e ossia: la delibera condominiale di conferimento dell'appalto, il piano di riparto, il piano di riparto con saldo e lettera di comunicazione del condomino moroso ai seni dell'art. 63 disp. att. codice civile. Nel caso di specie, dunque, la documentazione offerta dal ricorrente era di per sé sufficiente per l'emissione del decreto ingiuntivo e poteva poi essere valutata, unitamente agli altri documenti offerti dall'opposto, per affermare l'esistenza della pretesa creditoria azionata nell'ambito del giudizio di opposizione incardinato. Tale documentazione risulta pienamente idonea a provare la sussistenza del credito vantato dalla (...) s.r.l. in quanto: - È stata prodotta la delibera assembleare sulla base del quale veniva conferito l'incarico alla (...) s.r.l. secondo il preventivo allegato che veniva approvata all'unanimità e alla presenza anche di (...); - Sono stati prodotti i documenti relativi alla ripartizione delle quote ai singoli condomini; Ciò posto, considerato che il creditore ha provato l'esistenza del contratto e ha allegato l'inadempimento del debitore, era onere di quest'ultimo dimostrare l'inesistenza del credito o comunque una causa estintiva o modificativa dello stesso. Nel caso di specie, tuttavia, ciò non è avvenuto. Invero, il (...) sostiene che il credito non sarebbe dovuto in quanto non solo la documentazione offerta non era sufficiente a fondare il credito (eccezione infondata come visto), ma anche che i lavori effettuati e di cui si chiede il pagamento non erano conformi alla normativa vigente come indicato in due raccomandate inviate all'amministratore del condominio ai fini della convocazione dell'assemblea per deliberare in ordine ai lavori effettuati. Tale eccezione risulta priva di fondamento. Invero, non solo la contestazione dei lavori è generica e non provata da alcuna documentazione (se non le lettere raccomandate), ma risulta assolutamente irrilevante in ordine all'affermazione dell'esistenza del credito. In mancanza di prova di fatti estintivi o modificativi della pretesa avanzata in sede monitoria, il credito risulta sufficiente provato e va pertanto integralmente confermato. Ancora, l'odierno appellante contesta la sentenza impugnata perché non solo avrebbe erroneamente ritenuto validi i documenti offerti dalla (...) s.r.l. per l'emissione del decreto ingiuntivo, ma avrebbe omesso di fornire la prova del contratto di appalto e della clausola contrattuale costituente titolo per l'appaltatore a procedere in giudizio nei confronti del singolo condomino secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza. Sul punto, occorre evidenziare che tale eccezione risulta assolutamente inammissibile trattandosi di questione completamente nuova rispetto al giudizio di primo grado. Ad ogni modo, nel merito tale eccezione è comunque infondata perché, come sopra esposto, il terzo che ha stipulato il contratto con il condominio, ha diritto di agire anche nei confronti del singolo condomino moroso purché lo faccia, come nel caso di specie, solo per la quota ad esso riferibile. In definitiva, l'appello proposto è totalmente infondato e va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2018. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'appello come in atti proposto da (...) e avverso la sentenza n. 79/2021 depositata il 2.07.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta l'appello proposto da (...) e per l'effetto conferma la sentenza n. 79/2021 del 2.7.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo n. 39/19 del 12.7.2019 del Giudice di Pace di Castel di Sangro; - Condanna (...) al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore dell'avv. Ma.Fa. dichiaratosi antistatario per Euro 1620 per compensi (tariffe medie scaglione sino a Euro 5200 esclusione fase istruttoria), oltre iva, c.p.a., e spese forfettarie come legge. Motivi in 40 giorni. Così deciso in Sulmona il 21 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA In composizione monocratica, nella persona dott.ssa Marta Sarnelli, nella causa civile iscritta al n. 453/2020 R.G., e vertente tra (...), (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Roccaraso Via (...) presso lo studio dell'avv. Gi.Se. che lo rappresenta e difende in forza di mandato in calce all'atto di citazione; - ATTRICE - E (...), (c.f. (...)), RESIDENTE A Napoli alla via (...) n. 42, rappresentata e difesa dall'avv. St.Ca. del Foro di Napoli come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; - CONVENUTA - OGGETTO: accertamento manufatto su bene comune. SENTENZA In fatto Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha adito l'intestato Tribunale al fine di accertare che le opere realizzate dalla sig.ra (...) costituiscono turbativa o molestia nell'esercizio della servitù di veduta sul fondo e, in generale, della vista indisturbata del panorama con condanna della convenuta all'eliminazione del manufatto ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. A sostegno della citata azione l'attrice ha dedotto: - Di essere proprietaria di dell'unità immobiliare ubicata in Roccaraso alla Via (...) n. 4 nel condominio "Residence (...)" piano VI int. 74; - Il suddetto immobile è posizionato nella località Conca d'Oro che si trova tra il centro abitato di Roccaraso e la località (...), in una zona priva di altre costruzioni; - La posizione del condominio (...) consente una spiccata panoramicità: dalla facciata principale, in cui è ubicato l'immobile dell'attrice, è possibile godere della vista, sul lato sud, del Piano (...) e del (...), sul lato nord/ est dell'intera vallata in cui si trova il centro storico di Roccaraso; - Il condominio è stato costruito proprio per garantire ai proprietari delle singole unità immobiliari, di godere della vista e del panorama su indicato; - Tutti gli appartamenti che affacciano sul lato principale del condominio, come quello dell'attrice, hanno come pertinenza un unico balcone, uguale a quello degli altri, diviso da quello limitrofo da una parete che ha lo scopo di delimitare il confine con le altre unità immobiliari senza pregiudicare la vista del panorama posto che le pareti divisorie sono costituite da doghe in legno orizzontali; - Presso l'unità immobiliare confinante con quella dell'attrice, recentemente, la convenuta ha eseguito interventi edilizi sul proprio balcone in aderenza con la parete divisoria del balcone dell'attrice. In particolare è stata realizzata un'opera di legno fissa, ancorata alle doghe dei balconi, che ha non solo ostruito la visuale all'attrice (...), ma anche impedito il passaggio della luce dal balcone di pertinenza della sig.ra (...); - A seguito dell'acquisizione di informazioni presso l'Amministratore di condominio e il Comune di Roccaraso, l'attrice apprendeva che il suddetto intervento della convenuta era privo dell'autorizzazione dei condomini e non vi era alcun titolo abilitativo; - Ogni tentativo di far rimuovere il manufatto rimaneva privo di riscontro. Con memoria depositata il 15.10.2020 si costituiva in giudizio la convenuta la quale ha rilevato di non aver mai realizzato alcuna opera sul balcone di pertinenza essendosi limitata a montare solo un armadio in legno amovibile e ha eccepito, in ogni caso, che i pannelli divisori posti sui balconi non hanno le caratteristiche degli artt. 900-901-902 e 905 c.c.. Inoltre, la convenuta, in via riconvenzionale, chiedeva che, in caso di qualificazione del pannello divisorio come luce ai sensi dell'art. 902 c.c., fosse ordinato all'attrice di adeguare lo stesso, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, alle prescrizioni stabilite dai nn. 1-2-3 dell'art. 901 c.c.. Concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., veniva disposta CTU tecnica per l'accertamento dello stato dei luoghi come dedotti dalle parti. Depositata la relazione, all'udienza dell'11.5.2022, celebrata mediante trattazione scritta, le parti precisavano le conclusioni come da note depositate nei termini. Con ordinanza del 12.5.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. IN DIRITTO Venendo al merito, la presente controversia ad oggetto l'accertamento della sussistenza di turbative o molestie della convenuta rispetto al diritto di veduta dell'attrice con conseguente condanna della stessa alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. In particolare, secondo parte attrice, l'opera realizzata dalla convenuta sul proprio balcone e in aderenza al divisorio comune che divide le due proprietà sarebbe illecita, violando la servitù di luce, veduta e di panorama di cui gode l'unità immobiliare di proprietà dell'attrice (...) con conseguente diritto, ex art. 949 c.c. per far termine il pregiudizio subito. Orbene, dall'analisi della fattispecie in esame, in realtà, si ritiene che il diritto esercitato dall'odierna attrice possa essere diversamente qualificato rispetto alla invocata turbativa di servitù di veduta. Com'è noto, il diritto di veduta consiste nella facoltà del proprietario alle c.d. inspectio e prospectio nel fondo vicino, ovvero di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui. Questo è riconosciuto dall'art.907 c.c. e si sostanzia nel divieto di "fabbricare" ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta. Il divieto riguarda sia le vedute dirette che quelle oblique o laterali. Ove la veduta venga esercitata da un balcone, poi, su ogni lato del medesimo si potranno esercitare sia una veduta diretta frontale che due vedute laterali (cfr. Cass. n. 8010/2018). Come insegnano dottrina e giurisprudenza, la veduta può essere esercitata sia in proiezione orizzontale che verticale (c.d. veduta in appiombo), dovendosi nel primo caso calcolare la distanza dal limite esterno del balcone (ringhiera o parapetto) e, nel secondo caso, dalla base del medesimo. La citata prescrizione tuttavia, ha quale presupposto che la parte che pretende il rispetto delle distanze abbia acquistato il diritto di veduta (Cfr. art. 907 1 comma C.C.: "Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri (...)") di cui assume la titolarità. Considerato che il rispetto delle distanze connota, limitandolo, il diritto di proprietà, il diritto di veduta può di norma ritenersi sussistente in uno con il diritto di proprietà del bene dal quale la veduta può esercitarsi. Tuttavia, considerato che ai sensi degli artt. 905 e 906 c.c. non si possono aprire vedute dirette sul fondo vicino ad una distanza inferiore a 1,5 ml., né oblique o laterali a distanza inferiore a 75 cm., ove si sia acquistato il diritto ad aprirle ad una distanza inferiore si ritiene che il diritto di veduta sia oggetto di una servitù. Costituisce quindi servitù di veduta il diritto del proprietario del fondo dominante di guardare e affacciarsi sulla proprietà c.d. servente del vicino ad una distanza inferiore rispetto a quella stabilita dalla legge. Ciò posto, nel caso di specie non si ravvisano i presupposti per affermare l'esistenza di una servitù di veduta, ma piuttosto l'azione risulta volta a tutelare un diritto all'uso della cosa comune in conformità alla regola della comunione. Onde meglio qualificare la fattispecie, infatti, occorre descrivere brevemente lo stato dei luoghi. Come risulta dalla relazione tecnica, le parti dell'odierno giudizio sono proprietarie di due unità immobiliari contigue facenti parte del condominio (...) in Roccaraso località (...): "Il "Condominio Residence (...)" (Foto n. 1) è un edificio di n. 12 piani in Roccaraso (AQ), situato in Via (...), tra il centro abitato del Comune montano e la Località (...) a 1.400 mt di altitudine, piuttosto vicino agli impianti scioviari di risalita di (...)-Pizzalto-MontePratello. Il fabbricato, dal punto di vista architettonico, si presenta con una caratteristica forma ad "L" piuttosto "imponente ed impattante" nel suo insieme, un fuori scala evidente, con particolarità costruttive in cemento armato; è una struttura tipica degli anni 80 come altre realizzate in queste zone e come concesso dal PRG all'epoca vigente... Il prospetto posteriore del Condominio, su Via (...), è caratterizzato quindi da una certa omogeneità soprattutto nella realizzazione delle ringhiere di tutti i balconi condominiali che sono rigorosamente uguali e ben allineati; le doghe delle ringhiere in legno sono tra di loro parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura in ferro; il legno delle doghe risulta compatto, consistente anche se non si presenta in buono stato conservativo in quanto risalente all'epoca della realizzazione dell'immobile" (cfr. pagg. 4-5 della relazione finale). Come ha sottolineato la consulenza tecnica, la facciata del fabbricato del condominio si presenta omogena e caratterizzata dalla realizzazione dei balconi tutti con la stesse caratteristiche e posti simmetricamente, con ringhiere in doghe in legno dello stesso colore, con i medesimi divisori tra le proprietà istallati sui balconi e ancorati a una struttura in ferro (cfr. foto n. 2 CTU). Le due unità abitative oggetto di Causa sono poste al 6° Piano, direttamente a confine tra loro, ed entrambe hanno accesso ad un balcone posto sul lato posteriore dell'edificio realizzato con omogeneità rispetto agli altri e caratterizzato da ringhiere in legno parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura in ferro. A dividere le due proprietà sul balcone, come per tutti gli altri appartamenti dell'edificio condominiale, vi è un divisorio realizzato in una parte di vetro in basso e da una parte composta da listelli di legno orizzontale posti a distanza l'uno dall'altro in modo da far passare la luce (cfr. foto nn. 9-13-17 CTU). Si ritiene, pertanto, che alla luce delle caratteristiche dell'edificio condominiale e della modalità in cui sono stati realizzati i balconi, i divisori in legno e vetro istallati sui balconi a dividere le proprietà condominiali contigue, sono da considerare parti comuni dell'edificio svolgendo in concreto una prevalente funzione estetica per l'edificio, diventando di fatto elementi decorativi ed ornamentali. Secondo l'orientamento consolidato della Corte di legittimità, mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell'art. 1117 c.c., non essendo necessari per l'esistenza del fabbricato, nè essendo destinati all'uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. Sez. 2, 21/01/2000, n. 637 del; Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14576; Cass. Sez. 2, 30/04/2012, n. 6624; Cass. Sez. 2, 14/12/2017, n. 30071). Inoltre, l'accertamento del giudice del merito che le ringhiere costituenti il parapetto del fronte dei balconi ed i divisori degli stessi, giacché "ben visibili all'esterno", "disposti simmetricamente", "omogenei per dimensioni, forma geometrica e materiale", assolvano in misura preponderante alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 09/01/2020) 08-06-2020, n. 10848). Ciò posto, è evidente che anche nella fattispecie in esame, dove la ricorrente lamenta l'avvenuta apposizione di un'opera sul divisorio comune da parte del condomino in violazione del suo pari uso, andrà applicata la disciplina prevista dall'art. 1102 c.c. piuttosto che gli artt. 900 e ss. c.c. in materia di distanze di luci e vedute. In un caso analogo, in cui la Suprema Corte era chiamata a stabilire proprio la disciplina applicabile tra la disposizione dell'art. 907 c.c. e 1102 c.c., è stato affermato che in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, però, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà da tal ultima disciplina previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. (Cass. civ. Sez. II, Sent., (ud. 30/01/2014) 03-03-2014, n. 4936). Tale pronuncia si pone nel solco di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per cui in tema di condominio, ove il giudice constati, con riguardo alla cosa comune, il rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 c.c. e della struttura dell'edificio condominiale, deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza l'esatta osservanza delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue. Infatti, le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'articolo 1102 c.c.. Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, "in tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un'unità immobiliare agisca in giudizio, come nella specie, per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni, la liceità delle opere, realizzate da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l'art. 1102 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. La relativa valutazione spetta al giudice di merito (e risulta compiuta dalla sentenza impugnata), rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5."(cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 11/02/2022) 22-02-2022, n. 5809). Invero, ai sensi dell'art. 1102 c.c. ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca all'altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, secondo il disposto dell'art. 1102 c.c., a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini. Simmetricamente, la norma in parola, intesa, altresì, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all'esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilità di godimento della cosa, legittima quest'ultimo, entro i limiti ora ricordati, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, non potendosi intendere la nozione di "uso paritetico" in termini di assoluta identità di utilizzazione della "res", poiché una lettura in tal senso della norma "de qua", in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, della cosa comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio. I rapporti condominiali, invero, sono informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possano fare un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cass. Sez. 2, 14/04/2015, n. 7466; Cass. Sez. 2, 30/05/2003, n. 8808; Cass. Sez. 2, 12/02/1998, n. 1499; Cass. Sez. 2, 05/12/1997, n. 12344; Cass. Sez. 2, 23/03/1995, n. 3368). E' però evidente, in base alla costante interpretazione della Suprema Corte, che l'uso della cosa comune, ex art. 1102 c.c., non possa mai estendersi all'occupazione pressoché integrale del bene, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge, all'usucapione della porzione attratta nella propria esclusiva disponibilità (così Cass. Sez. 2, 04/03/2015, n. 4372; Cass. Sez. 2, 14/12/1994, n. 10699). E' compito del giudice del merito, in presenza di una condotta del condomino consistente nella stabile ed esclusiva occupazione del bene comune (sia pur funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale) non solo valutare in fatto se ne sia alterata la destinazione, ma comunque se vi sia compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti. E' quindi imposta al giudice, ove sia denunciato il superamento dei limiti imposti dall'art. 1102 c.c., per l'occupazione della cosa comune fatta da un condomino, un'indagine diretta all'accertamento della duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione, e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti (Cass. Sez. 6 - 2, 18/01/2011, n. 1062; Cass. Sez. 2, 14/06/2006, n. 13752). Ciò posto, alla luce di tali principi, può essere analizzata la fattispecie in esame. Dalla consulenza tecnica espletata si evince che: - La convenuta (...) ha istallato, sulla parte di balcone di sua proprietà e in aderenza al divisorio comune che divide la sua proprietà da quella di parte attrice, un mobile/armadio in listelli di legno color miele con altezza pari a 202 cm e larghezza di 96,50 cm, con alla base una soletta anch'essa in legno, mentre in alto termina precisamente a livello dell'altezza dell'ultima doga del divisorio di confine, lasciando così un'apertura di circa 90 cm, (tra soletta del balcone del 7 piano e l'ultima doga in alto del divisorio di confine tra le proprietà (...)/D'A.); - Il mobile è stato posto quindi in aderenza al divisorio di confine, occupando così tutta la sua estensione sia in larghezza che in altezza e risultando ad uso e utilizzo esclusivo della convenuta (...); - Il mobile rientra rigorosamente tra le doghe del parapetto del balcone e la tamponatura di facciata del fabbricato, senza lasciare alcuna fessura tra gli spazi laterali indicati, terminando in altezza a livello dell'ultimo elemento in ferro del divisorio (cfr. Come si evince foto nn. 10-11-13 CTU) - a causa della presenza del mobile/ armadio addossato al divisorio di confine, la parete in muratura ove è situata la finestra della camera da letto risulta in "ombra" e con questo tipo di "ostacolo" va da se che non passa più né sufficiente luce attraverso il vetro e le doghe, né i raggi solari attraverso le fessure tra le doghe soprastanti, che in condizioni di bel tempo e giornate assolate, come rappresentato nella foto n. 13, favoriscono il riscaldamento anche delle pareti in ombra contribuendo, seppur in minima parte, a fornire maggior comfort abitativo all'interno. - senza il mobile/armadio, dalla camera da letto della proprietà D'A., si potrebbe godere di una semi-veduta sia obliqua che laterale, quindi parziale ma non completamente oscurata. - La veduta dalla camera da letto di parte Attrice risulta compromessa dal retrostante pannello del mobile fino all'altezza delle doghe del divisorio di confine; la stessa può usufruire solo della veduta frontale e non più di quella laterale e obliqua (Foto 14-15-16). - Nell'analisi dell'armadio si rilevano dei "fori" che presumibilmente sono stati effettuati al fine di poter ancorare il mobile alle doghe retrostanti, ma il CTU in sede di sopralluogo ha comunque rilevato che il mobile non era affatto ancorato, ma solo appoggiato alla parete del divisorio tra le proprietà. Tale circostanza, non rispetta i requisiti di sicurezza e ambiente in quanto risulta alquanto pericolosa in caso di bufere e forti venti, come si verifica all'altitudine ove è situato l'edificio condominiale, soprattutto nel periodo invernale, costituendo grave pericolo per l'incolumità delle persone/cose. Dalla consulenza tecnica espletata in ordine allo stato dei luoghi, è stato accertato, dunque, che la convenuta ha posto, in aderenza al divisorio comune, un armadio di dimensioni notevoli che occupa in altezza e in larghezza l'intero divisorio del balcone in legno e vetro tale da ridurre notevolmente l'ingresso di luce in favore dell'abitazione dell'attrice (prima garantito dalla presenza di spazi tra le doghe in legno del divisorio e dal pannello in vetro) e di determinare un ostacolo alla visuale laterale e obliqua dalla camera da letto e dallo stesso balcone. E' evidente, pertanto, che tale istallazione dell'armadio ha inciso certamente sull'utilizzo del divisorio comune tra i due balconi in violazione dell'art. 1102 c.c.. E' pacifico, infatti, che "L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la normale ed originaria destinazione (per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti) e di impedire agli altri condomini di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, configurando, pertanto, un abuso la condotta del condomino consistente nella stabile e pressochè integrale occupazione di un "volume tecnico" dell'edificio condominiale, mediante il collocamento di attrezzature ed impianti fissi funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale" Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 12/05/2017) 23-06-2017, n. 15705. Del resto, la giurisprudenza ha comunque affermato la violazione dell'art. 1102 allorché le opere realizzate, comportino una riduzione dell'ingresso di luce ed aria alla proprietà inferiore ("le opere denunciate, in violazione dell'art. 1102 c.c., comportassero proprio una sensibile riduzione all'ingresso di luce ed aria nella proprietà inferiore G. conseguibile dalla facciata esterna comune dell'edificio" cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10704 del 14/12/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1132 del 11/02/1985). Ed ancora, sul punto, si rinviene, in tema di diritto del singolo condomino di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio (ma non a vantaggio di un immobile esterno: cfr., da ultimo, Cass. ord., 5 febbraio 2020, n. 5060), e, perciò, nel caso dei muri perimetrali - sia esterno che interno - dell'edificio condominiale, di apportarvi modificazioni (come aperture ulteriori o di dimensioni o forma non corrispondenti a quelle già esistenti) che gli garantiscano una qualunque utilità aggiuntiva rispetto a quelle godute dagli altri condòmini (a condizione - beninteso - che 1: non venga limitato il diritto di costoro all'uso del muro; 2: non ne venga alterata la normale destinazione; 3: tali modificazioni non pregiudichino il decoro architettonico dell'edificio), un chiaro arresto giurisprudenziale di legittimità (cfr. Cass. 3 gennaio 2014, n. 53; vedi anche Cass. 9 giugno 2010, n. 13874; Cass. 23 maggio 2007, n. 12047; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4386; Cass. 27 ottobre 2003, n. 16097; Cass. 18 febbraio 1998, n. 1708) del seguente tenore: "ai sensi dell'articolo 1102 c.c., gli interventi sul muro comune, come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dato che tali opere, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell'articolo 1117 c.c., e sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia, nell'esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all'articolo 1120 c.c." (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino). In merito a quest'ultimo punto, infatti, va evidenziato che nella stessa CTU è stato indicato che il mobile/armadio posto sul balcone di proprietà della convenuta risulta ben visibile anche dallo stesso cortile dell'edificio ponendosi in netto contrasto con la facciata omogenea dell'edificio condominiale e che lo stesso, pur se presenta dei fori che fanno presumere che fosse ancorato al divisorio, attualmente non risulta essere fissato in alcun modo al balcone ed è soggetto, pertanto, agli eventi atmosferici piuttosto rigidi e frequenti dovuti all'altitudine in cui è ubicato l'immobile, con il rischio per la sicurezza di cose e di persone. Ne consegue, dunque, l'accoglimento della domanda dell'attrice di condanna della convenuta, alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi con eliminazione dell'armadio/mobile istallato sul balcone. Non vale ad escludere tale assunto la circostanza che il mobile istallato non sia ancorato al balcone e non sia quindi definibile come "opera". Secondo la Suprema Corte, da un lato la normativa è certamente applicabile in presenza di costruzioni in senso stretto, ma la stessa sarebbe vincolante anche in presenza di opere che, pur non essendo letteralmente tali, comunque ostacolino stabilmente la vista del vicino (cfr. Cass. n. 10500/1994). Tale valutazione (circa le caratteristiche di stabilità e consistenza del manufatto e la loro idoneità ad ostacolare l'inspectio e la prospectio), poi, non sarebbe necessaria sempre, ma soltanto laddove l'opera eseguita non integri un fabbricato in senso tecnico e propri, ma un manufatto diverso (quale ad esempio una rete plastificata o una recinzione in telo), non costituente costruzione in senso tecnico pur nell'accezione molto ampia accolta dalla giurisprudenza; con riguardo a tali manufatti si sostiene che essi, ai fini della tutela del diritto di veduta, appaiono assimilabili al fabbricato soltanto a condizione che effettivamente ne ostacolino l'esercizio" (cfr. Cass. ord. 7269/2014). Pertanto, sebbene una tenda non possa di per sé ritenersi tale (e su questo è la giurisprudenza è unanime), si è ritenuto che le sue dimensioni ed il suo ingombro spesso sono tali da impedire il passaggio della luce ed ostruire la vista, ragion per cui la disciplina in materia dovrebbe trovare applicazione anche in detto caso (cfr. Cfr. Cass. n. 1598/93; in senso analogo cfr. Cass. n. 22838/2005). La valutazione cui è chiamato il giudice di merito deve quindi riguardare "la struttura dell'edificio, lo stato dei luoghi e i diritti spettanti ai singoli condomini" nonché "l'idoneità dell'opera del vicino ad ostacolare l'esercizio, valorizzando, in tale prospettiva, la finalità della norma, che è indubbiamente quella di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e di luce ..." (Cfr. Cass. n. 22838/2005, Cass. n. 682/1984). Infine, va integralmente rigettata la domanda riconvenzionale di parte convenuta non solo perché la stessa era subordinata alla qualificazione del pannello divisorio come "luce" ai sensi dell'art. 902 c.c., ma anche perché assolutamente generica non avendo parte convenuta specificato quali prescrizioni avrebbe violato il pannello rispetto all'art. 901 c.c.. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014. Al pari le spese di CTU vengono poste integralmente a carico di parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Accerta e dichiara l'illegittima istallazione del mobile/armadio effettuata da (...) sul balcone dell'unità immobiliare sita nel condominio Residence (...) in Roccaraso Via (...) n. 4 interno 73 su parti comuni dell'edificio condominiale (divisorio balcone) in violazione dell'art. 1102 c.c. in quanto riduce l'uso e il godimento delle cose comuni alla condomina (...), proprietaria dell'unità immobiliare contigua (interno 74) del medesimo condominio; - Per l'effetto, condanna (...) alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi (eliminazione mobile/ armadio) istallato sul balcone di sua proprietà; - Rigetta la domanda riconvenzionale svolta da (...); - Condanna (...) al pagamento, in favore di (...), delle spese di lite che liquida in Euro 4.835 (scaglione sino a Euro 26.000, fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale-tariffe medie) per compensi, oltre iva c.p.a. e spese forfettarie come per legge ed Euro 264 per spese esenti. - Condanna (...), al pagamento delle spese e dei compensi del CTU liquidati come da separato decreto e al rimborso di quelli eventualmente anticipati dall'attrice al consulente. Così deciso in Sulmona il 7 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA In funzione del Giudice del lavoro, in persona della dott.ssa Alessandra De Marco, all'udienza del 15 marzo 2022 nella causa di lavoro in primo grado iscritta al n.391/2019 R.G.A.C.L., vertente TRA (...), elettivamente domiciliata in Sulmona presso lo studio dell'avv. Fr.D'A., che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla ricorso in riassunzione del processo depositato in data 11.03.2021 RICORRENTE E MIUR - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, ed ISTITUTO COMPRENSIVO "Lombardo Radice - Ovidio" con sede a Sulmona (Aq), in persona del Dirigente scolastico pro tempore, (...), rappresentati e difesi ex art. 417-bis c.p.c. dal Dirigente scolastico, con domicilio eletto presso la sede in Sulmona, in via Togliatti snc RESISTENTE Definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa, ha emesso, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA MOTIVE DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 2.09.2019, la ricorrente, (...), dopo aver premesso che: - ha prestato servizio, a seguito di stipula di contratto di lavoro a tempo determinato, presso la Scuola dell'Infanzia "(...)" di Sulmona, limitatamente al periodo 04.12.2018-15.03.2019; - in data 22 marzo 2019, il Dirigente dell'Istituto scolastico procedeva a comunicare alla docente l'avvio di un procedimento disciplinare a proprio carico nonché la contestuale contestazione di addebito (prot. n. (...)) contenente la seguente descrizione del fatto: "In data 6 marzo 2019, a seguito di segnalazioni effettuate dai genitori di alunni della Sezione D della Scuola dell'Infanzia "(...)", cui la S.V. è assegnata, la sottoscritta Dirigente Scolastica constatava di persona appurava che alcuni bambini della sezione citata organizzavano e partecipavano al "gioco" cosiddetto "leccaculetto" - "leccapisellino", che si svolgeva sotto il tavolo durante le ore curricolari. Dalle modalità preparatorie (l'allineamento delle sedie per tentare di impedire la vista alle Maestre, dalla dinamica (i bambini - simulando il "gioco" su richiesta della scrivente - si collocavano sotto il tavolo: uno di loro si metteva carponi, un altro, abbassati i pantaloni della tuta, avvicinava la bocca sulla natica scoperta nell'intento di leccarla e entrambi, repentinamente, uscivano dal lato opposto del tavolo rispetto a quello di entrata) e dalla rapidità di esecuzione (5/6 secondi circa), appariva evidente che l'attività in questione fosse stata eseguita più volte". - a seguito della richiesta di accesso agli atti del procedimento disciplinare, la ricorrente provvedeva ad inoltrare all'Amministrazione scolastica una memoria difensiva in data 20.04.2019, nei termini assegnati, nella quale chiedeva l'archiviazione del procedimento disciplinare a proprio carico; - l'Istituto scolastico, tuttavia, con atto prot. n. (...) del 19 luglio 2019 (di marginale rettifica del precedente atto prot. n. (...) del 17 luglio 2019) irrogava alla ricorrente la sanzione disciplinare della "Censura", "... per essere venuta meno ai doveri inerenti alla funzione docente, per omessa vigilanza nei confronti degli alunni della sezione assegnata, per tutte le motivazioni sopra esplicitate, rinvenibili nei punti CONSIDERATE VALUTATE, RITENUTO e che si intendono qui integralmente riportate". Ciò posto, lamentando l'illegittimità della sanzione disciplinare irrogata nonché il nocumento all'immagine umana e professionale della stessa docente in considerazione delle accuse alla medesima rivolte, conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, il MIUR - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, ed Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio", in persona del Dirigente scolastico pro tempore, (...), per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: "1) dichiarare inammissibile, nulla e/o illegittima, e comunque infondato in fatto e in diritto, la sanzione disciplinare comminata alla ricorrente con provvedimento prot. n. (...) del 17 luglio 2019, cosi come marginalmente rettificato con atto prot. n. (...) del 19 luglio 2019, con l'irrogazione della "censura", per le causali di cui in premessa, con ogni conseguente effetto ai fini della carriera; 2) condannare il M.I.U.R. e l' Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio" con sede a Sulmona (Aq), in via solidale tra di loro, al risarcimento del danno in favore della ricorrente da liquidarsi in vi equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ 3) In ogni caso, con vittoria di spese, competenze professionali maggiorate come per legge da distrarsi". Costituitasi in giudizio ex art. 417-bis per il tramite della Dirigente Scolastico pro-tempore dell'Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio, l'Amministrazione scolastica, nel ribadire la correttezza del proprio operato, ha contestato integralmente le avverse deduzioni in quanto del tutto infondate in fatto ed in diritto, insistendo, pertanto, per il rigetto del ricorso. All'odierna udienza, istruita mediante l'escussione dei testi indicati dalle parti, la causa, previa tempestiva prosecuzione del giudizio ex art. 302 c.p.c., è stata discussa e decisa dando lettura del dispositivo. Lamenta la ricorrente la illegittimità della sanzione disciplinare irrogate per i seguenti motivi: - violazione all'art. 55 bis, comma 9, del D.Lgs. n. 165 del 2001 (cosi come sostituito dall' art. 13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75); - genericità della contestazione disciplinare per mancata descrizione dei comportamenti effettivamente contestati. Il ricorso è fondato e la sanzione disciplinare va, pertanto, annullata per le ragioni di seguito precisate. E' pacifico in atti che la ricorrente ha stipulato con l'Amministrazione scolastica un contratto di lavoro a tempo determinato per una supplenza presso la Scuola dell'Infanzia "(...)" di Sulmona con decorrenza dal 04.12.2018 e termine il 29.03.2019. A partire dal 15.03.2019, la medesima aveva chiesto ed ottenuto un periodo di congedo parentale sin dal 15.03.2019 per motivi di famiglia. La condotta contestata consiste nell'omessa vigilanza da parte della docente sugli alunni nella violazione dei doveri di lealtà e diligenza che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare nonché nella "mancata osservanza dei doveri inerenti alla funzione docente" ai sensi degli artt. 492 e ss. D.Lgs. n. 297 del 1994 e conseguente violazione degli artt. 26 CCNL 2006/09 e 395 del D.Lgs. n. 297 del 1994. Detta condotta, come emerge dagli atti del procedimento disciplinare, è stata addebitata alla ricorrente sulla base dell'osservazione diretta del comportamento di alcuni bambini da parte del Dirigente scolastico. Orbene, la sanzione disciplinare impugnata è nulla atteso che, al momento dell'irrogazione della stessa in data 19.07.2019, la ricorrente aveva cessato qualunque rapporto di lavoro alle dipendenze del M.I.U.R. Stabilisce infatti l'art. 55 bis co. 9 del del D.Lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dalla novella introdotta dall'13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75), che "La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l'infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro". In conformità alla generale previsione normativa di cui all'art. 55 bis, nel testo novellato dall' art. 13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, l'azione disciplinare nei confronti del docente con contratto di lavoro a tempo determinato deve iniziarsi e concludersi pendente il rapporto di lavoro con il M.I.U.R., salvo i casi di ultrattività ai fini disciplinari del rapporto previsti dal legislatore e salva la possibilità di esecuzione della sanzione disciplinare al momento della successiva eventuale stipula di un nuovo contratto di lavoro con il medesimo datore di lavoro; circostanza, quest'ultima, che, tuttavia, non ha trovato riscontro nel caso di specie. Per completezza, si rileva che l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro incontra dei limiti sia procedurali che sostanziali a tutela del lavoratore destinatario della sanzione irrogata. In particolare, prima di irrogare le sanzioni, il datore di lavoro deve effettuare la contestazione che deve essere tempestiva, specifica, immutabile e scritta. La contestazione deve quindi contenere l'indicazione precisa dei fatti addebitati compresa l'eventuale recidiva con indicazione delle circostanze di tempo e di luogo in modo tale da consentire una specifica difesa del lavoratore in relazione all'incolpazione contestatagli. Costituisce altresì principio consolidato in materia quello secondo cui il datore di lavoro ha l'onere di provare i presupposti giustificativi delle sanzioni disciplinari, con riferimento, in linea di principio, anche al profilo della proporzionalità della sanzione, pur quando questa non sia di particolare entità, poiché non esiste una correlazione necessaria ed immediata tra l'esistenza di inadempimenti del lavoratore e l'irrogabilità delle sanzioni disciplinari, data la natura e la funzione particolare di quest'ultime, che non trovano il loro fondamento nelle regole generali dei rapporti contrattuali, non sono assimilabili alle penali di cui all'art. 1382 cod. civ., e non hanno una funzione risarcitoria, ma, grazie ad una portata afflittiva innanzitutto sul piano morale, hanno essenzialmente la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni (salva la funzione di assicurare una diretta tutela degli interessi del datore di lavoro, nel solo caso delle sanzioni estintive del rapporto) (Cass. n. 11153/01). Occorre, altresì, tener conto che, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari, "va valutato il comportamento del prestatore non solo nel suo contenuto oggettivo - ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate - ma anche nella sua portata soggettiva e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, ai suoi effetti e all'intensità dell'elemento volitivo dell'agente" (v. Cass. n. 5019/2011). Nello specifico, con riferimento alle sanzioni disciplinari conservative, la giurisprudenza di legittimità tende a valorizzare l'elemento soggettivo della condotta, come parametro di valutazione della proporzionalità della sanzione, piuttosto che come elemento costitutivo della fattispecie sanzionata, quando afferma che ai "fini di tale valutazione il giudice deve tenere conto non solo delle circostanze oggettive, ma anche delle modalità soggettive della condotta del lavoratore in quanto anche esse incidono sulla determinazione della gravità della trasgressione e, quindi, della legittimità della sanzione stessa" (Cass., Lav. 2007 n. 20221). Venendo alla contestazione di addebito cui è seguita la sanzione disciplinare che ha disposto la censura comminata con provvedimento prot. n. (...) del 19 luglio 2019 che ha annullato e sostituito il provvedimento prot. (...) del 17.07.2019, si osserva che l'anzidetta contestazione non contiene la descrizione delle condotte trasgressive addebitate alla ricorrente né indica specificamente le circostanze di tempo e di luogo in cui dette infrazioni sarebbero state commesse, atteso che, come si desume dalla lettura della lettera di contestazione e del provvedimento di irrogazione della sanzione, il procedimento disciplinare in oggetto è stato attivato sull'assunto che le modalità di comportamento dei bambini costituissero ex se indice della mancata vigilanza della docente assegnata nelle ore curriculari a quella sezione. Pertanto, non risultando in alcun modo definiti i fatti contestati né gli elementi circostanziali e temporali di riferimento, la sanzione disciplinare irrogata in riferimento alla contestazione del 22.03.2019 con provvedimento prot. n. (...) del 19 luglio 2019, che ha annullato e sostituito il provvedimento prot. (...) del 17.07.2019, va altresì annullata per genericità dell'addebito. Quanto alla domanda risarcitoria azionata dalla ricorrente, alcunché è emerso in ordine alla dimostrazione del nesso di causalità tra la sanzione disciplinare ed il danno in concreto lamentato dalla ricorrente, peraltro solo astrattamente e genericamente prospettato, di talché detta domanda va rigettata. Le spese di lite seguono la prevalente soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. - Annulla la sanzione disciplinare della censura irrogata alla ricorrente con provvedimento prot. (...) del 17.07.2019; - Rigetta ogni diversa domanda; - Condanna l'Amministrazione scolastica alla rifusione delle spese di lite che si liquidano in Euro 1.500,00 oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge; - Motivi in 60 gg. Così deciso in Sulmona il 15 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2022.

  • TRIBUNALE DI SULMONA In Nome Del Popolo Italiano Il Giudice On. Dott.ssa Anna Maria De Sanctis, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in prima istanza iscritta al n. 797 dell'anno 2019 Ruolo Generale Affari Contenziosi sulle conclusioni precisate come da verbale ed atti, fra le parti: (...) S.r.l. (...), in persona del legale rapp.te p.t. rappresentata dall'Avv. DA.RA., con indirizzo PEC indicato ex art. 125 c.p.c. Attore CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) (...), rappresentato dall'Avv. SESSA ARMANDO con indirizzo PEC indicato ex art. 125 c.p.c. Convenuto OGGETTO: opposizione delibera condominiale RAGIONI IN FATTO E DIRITTO 1. Visto l'atto di citazione regolarmente notificato con il quale la (...) S.r.l. ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale il CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) con il quale provvedeva ad impugnare la delibera adottata dell'assemblea dei condomini in data 29.06.2019 deducendo: a) Che andava rilevata inesistente e/o nulla della delibera assembleare nella parte recante approvazione di bilancio consuntivo relativo all'anno di esercizio 2018/2019, per essere stato quest'ultimo redatto in violazione dei criteri dettati, dagli artt. 1130 bis e ss. c.c., in quanto corredato da relazione assolutamente non esaustiva dell'amministratore, nonché di quelli prescritti dall'art.1123 c.c. quando in particolare, all'imputazione a tutti i condomini degli oneri legali ai quali il Condominio aveva conferito mandato per la difesa di un procedimento di mediazione introdotto proprio da essa attrice. b) Che andava rilevata l'inesistente e/o nulla della delibera in ragione della redazione del bilancio preventivo per l'anno 2019/2020 in violazione dei criteri dettati dall'art. 1130 bis c.c.. c) Che andava rilevata l'invalida della delibera nella parte relativa alla nomina/conferma dell'amministratore in assenza dell'indicazione, da parte di questi, dei propri dati anagrafici e professionali, nonché in assenza delle previsioni dei compensi al medesimo spettanti 2. Vista la comparsa di costituzione con la quale il CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" BORGO (...) ha eccepito: a) Che in via preliminare andava rilevata l'improcedibilità della domanda per invalidità del procedimento di mediazione, non essendo stato consentito all'amministratore di prendervi parte, malgrado questi avesse chiesto un termine per documentati motivi di salute b) Che andava rilevata la decadenza dell'attrice dal diritto di impugnare la delibera assembleare per inutile decorso del termine decadenziale previsto dall'art. 1137 c.c.. c) Che nel merito, andava rilevata la genericità delle doglianze attoree in merito alla pretesa violazione dei criteri prescritti dagli artt. 11130 bis e 1123 c.c. per la stesura del bilancio e per la ripartizione delle spese d) Che andava rilevata la piena ed esatta osservanza della prima delle disposizioni indicate, avendo l'amministratore provveduto a redigere il rendiconto condominiale, nonché dell'art. 1123 c.c. dal momento che l'amministratore aveva già provveduto, ben prima della proposizione dell'impugnazione e della stessa approvazione dei bilanci,a rettificare il riparto di alcune spese, non esigendo da (...) S.r.l. alcun importo ad essa non imputabile e) Che andava rilevata l'insussistenza di norme che vietino la redazione del bilancio preventivo in assemblea, ovvero che impediscano di procedervi, in assenza di un preesistente stato di ripartizione, quest'ultimo essendo soltanto finalizzato ad ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo nei confronti del singolo condomino moroso ai sensi dell'art. 63 disp. Att. C.p.c.. f) Che andava rilevata la pretestuosità delle doglianze relative alla validità delle delibere di nomina dell'amministratore, dal momento che fu proprio il padre del legale rapp.te di (...) S.r.l. a proporre il (...) quale amministratore del condominio e che il compenso da riconoscere al medesimo ha regolarmente formato oggetto di approvazione nell'ambito della discussione sul bilancio preventivo g) Che andava rilevata l'insussistenza del periculum in mora, neppure indicato dall'attore 3. Visti gli atti, la documentazione acquisita, l'interrogatorio della parte nel corso dell'istruzione; 4. Rilevato: 5. che il precedente Giudicante, con provvedimento del 18/1/20, a scioglimento della riserva assunta nell'udienza del 15/1/2020, aveva rigettato l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della deliberazione assembleare, ritenendo non sussistenti i requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora. 6. Che risulta fondata la sollevata improcedibilità dell'attorca domanda, per l'invalidità ed inefficacia del procedimento di mediazione, in quanto, non è stato consentito all'amministratore di parteciparvi personalmente nonostante egli abbia tempestivamente chiesto un rinvio dell'incontro di mediazione per documentato impedimento per motivi di salute. L'impedimento dell'amministratore oltre che provato dalla documentazione in atti è stato attestato anche dal mediatore nel verbale del 30.09.2019 e non è stato contestato da controparte. 7. Che agli atti risulta depositata: pec del 22/7/19, dell'Organismo di Mediazione "(...) srl" con la quale si comunicava all'amministratore condominiale, (...), la data del primo incontro del procedimento di mediazione per il giorno 16/9/19; copia della deliberazione del 18/8/19 con la quale l'assemblea condominiale autorizzava l'amministratore (...), a partecipare al procedimento di mediazione, con l'assistenza dell'avv. (...); copia pec dell'11/9/19, con la quale l'avv. (...) chiedeva all'Organismo di Mediazione di rinviare ad altra data l'incontro di mediazione fissato per il 16/9/19, essendo impossibilitato a parteciparvi, in quanto impegnato in quella stessa data in 4 cause civili innanzi al Tribunale di Napoli,; copia pec del 17/9/19, con la quale l'Organismo di Mediazione comunicava all'avv. (...) il rinvio del primo incontro di mediazione per la data del 30/9/19; copia di comunicazione a mezzo pec il 17/9/19 dell'Avv. (...) con la quale comunicava all'Organismo di Mediazione l'impedimento dell'amministratore condominiale, (...), a comparire all'incontro fissato per il 30/9/19, dovendo sottoporsi, proprio in quello stesso giorno, ad un intervento chirurgico di cataratta. L'avv. Sessa documentava tale impedimento, allegando alla pec la copia della prenotazione presso la Asl (...)dell'intervento chirurgico fissato in pari data chiedeva un rinvio. 8. Che nonostante tale comunicazione, si legge sul verbale di conciliazione, "L'amministratore di Condominio sig. (...) non è presente per motivi di salute. Per tali motivi, in data 17/9/2019, depositava presso l'Organismo di Mediazione il certificato medico relativo ad un intervento di cataratta fissato per il 30/9/2019 chiedendo rinvio. Pertanto il mediatore insiste per un rinvio e per il proseguimento della mediazione. L'avv. (...), pur in presenza di oggettivo impedimento comprovato da certificato medico chiede procedersi alla conclusione del procedimento di mediazione ...(omissis)... P.Q.M. il conciliatore, vista l'impossibilità di comporre la lite per l'assenza della parte convocata, dichiara l'esito negativo della procedura di mediazione tesa alla conciliazione della controversia in oggetto'. Parte convenuta deduceva che l'eccezione di improcedibilità della domanda per invalidità della mediazione sarebbe infondata, in quanto l'amministratore del Condominio, pur in presenza del suo legittimo e pacifico impedimento a comparire al primo incontro di mediazione, avrebbe potuto delegare un terzo a parteciparvi, e ciò in applicazione dei principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte con la sentenza n. 8473/2019; pertanto la (...) S.r.l. chiedeva di "procedersi alla conclusione del procedimento di mediazione". 9. Che, come da verbale assembleare del 18/8/19, prodotto agli atti, l'assemblea aveva autorizzato l'amministratore (...) a partecipare al procedimento di mediazione; pertanto il (...) avrebbe violato il mandato conferitogli dall'assemblea se avesse delegato un terzo a partecipare all'incontro di mediazione; 10. che proprio nella sentenza n. 8473/19 della Corte di Cassazione citata da parte attrice si legge: "Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all'art. 84)". 11. Che pertanto solo l'amministratore condominiale poteva essere pienamente a conoscenza delle questioni riguardanti il Condominio e solo lui poteva valutare una eventuale proposta conciliativa. 12. Che la volontà della s.r.l. (...) di concludere il procedimento di mediazione a poco più di un mese dal suo inizio (tenuto conto del periodo di sospensione feriale) - pur in presenza di un legittimo e documentato impedimento dell'amministratore a comparire al primo incontro - è assolutamente ingiustificata, se si considera che l'art. 6 del D.Lgs. n. 28/2010 stabilisce che, il procedimento di mediazione, può durare fino a tre mesi e che, quindi si sarebbe potuto fissare un nuovo incontro nel rispetto di tale norma 13. Che da quanto esposto emerge l'invalidità del procedimento di mediazione, poiché, ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, è necessario ,ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda, che le parti compaiano personalmente all'incontro con il mediatore (cfr. sent. Cass. n. 8473/2019 sent. trib di Roma 27.06.2019) 14. Ritenuto: a) che risulta fondata l'eccezione di improcedibilità della domanda per tutti i motivi sopra indicati b) che risultano pertanto assorbiti gli ulteriori motivi di doglianza c) che alla prevalente soccombenza della parte attrice segue la sua condanna alla rifusione in favore della controparte delle spese di lite P.Q.M. Il Giudice On. Dott.ssa Anna Maria De Sanctis definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) SRL, nei confronti del CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) così provvede: - dichiara l'improcedibilità della domanda - condanna la (...) S.r.l. alla rifusione, in favore del CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...), delle spese di lite liquidate in Euro 4.835,00 (scaglione da 5.201,00 a Euro 26.000,00 valori medi DM.55/2014), oltre magg.ni 15% iva e cpa come per legge da distrarsi in favore dell'Avv. (...) dichiaratosi antistatario. Così deciso in Sulmona il 10 luglio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2022.

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