Sentenze recenti Tribunale Sulmona

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  • TRIBUNALE DI SULMONA In Nome del Popolo Italiano Proc. n. 149/2022 R.G.A.C. Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dr. Pierfilippo Mazzagreco, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento vertente tra: (...), (...), (...), con l'avvocato (...) ATTORI contro CONDOMINIO (...) di Via (...) (già (...)) in Rivisondoli, con l'avvocato (...) CONVENUTO avente ad oggetto: impugnazione di delibera condominiale RAGIONI DELLA DECISIONE 1.1 Devono essere accolte le domande di annullamento parziale della delibera assembleare del convenuto Condominio del 19.8.2021 (punto 3): "Approvazione Bilancio Consuntivo 2020: rendiconto spese consuntive 2020, relativa ripartizione, saldi totali consuntivi al 31.12.2020, situazione patrimoniale contabile al 31.12.2020, presa d'atto ed approvazione delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (in allegato relativi documenti contabili e relazione al bilancio integrata con la nota esplicativa sintetica ex art 1130 bis cc); punto 5): "Approvazione bilancio preventivo 2021(provvisorio 2022): rendiconto spese preventive e relativa ripartizione, presa d'atto ed approvazione espressa delle specifiche note a margine dei documenti ove presenti (relativi documenti contabili allegati). c) "prospetto pagamento oneri condominiali 2021 e relative note" inviato unitamente al verbale di assemblea il 9.9.2021"). 1.2 Tutte le instanti imputano alla delibera impugnata (punto 3) di avere, in violazione delle tabelle millesimali allegate al trascritto regolamento condominiale dell'anno 1975, ripartito una quota del 30% delle spese di riscaldamento in base a criteri diversi da quelli risultanti dalle relative tabelle, includendovi i proprietari di unità legittimamente distaccate dall'impianto comune e includendo nella ripartizione quote relative a locali sottotetto non inclusi nella ripartizione tabellare. 1.3 La condomina (...) imputa altresì alla delibera (punto 5) di averle attribuito indebitamente una quota di spese, per di più duplicata, in relazione a due unità individuate come "interni box 33 e 34" non contemplate dalle predette tabelle. 2.1 In relazione al primo motivo dell'impugnativa deve premettersi come sia palesemente infondata l'insistita eccezione d'inammissibilità o di improcedibilità dell'impugnativa. 2.2 Intanto, l'assunto è contrario al consolidato insegnamento giurisprudenziale in materia (cfr., tra altre conformi, Cass., Sez. 2 -, Ordinanza n. 17294 del 19/08/2020 (Rv. 658893 - 01: "In tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire, richiesto dall'art. 100 c.p.c. quale condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni'). 2.3 Inoltre e con più specifico riguardo ai termini dell'eccezione formulata, il condomino che impugna la delibera assembleare non è tenuto ad indicare quale sarebbe la delibera assembleare "corretta" (nella specie, quanto alla diversa ripartizione delle spese in questione), già per l'evidente ragione che la statuizione giudiziale richiesta non può che essere solo di annullamento o accertamento della nullità, ma non potrebbe, in questa materia, sostituirsi alla nuova deliberazione assembleare conseguente all'annullamento. 2.4 Ne segue che: l'interesse (ex art. 100 cod. proc. civ.) sussiste necessariamente, trattandosi di rimettere in discussione l'onere economico posto a carico del singolo; il preteso onere di allegare una diverso e specifico criterio di riparto si risolve in un onere di allegazione estraneo alla causa petendi ed alpetitum e non previsto dalla legge. 2.5 D'altra parte, le ragioni giuridiche che sostengono la domanda (annullamento della delibera di approvazione dei bilanci e di ripartizione delle spese) sono sufficientemente puntuali e chiare (mancata corrispondenza alle tabelle millesimali in essere e mai validamente modificate), per sfuggire al rimprovero di indeterminatezza o genericità. 3.1 Nel merito della prima questione, può farsi a meno di un'approfondita discussione della fondatezza dei presupposti da cui muove la difesa di parte convenuta, in particolare del rilievo della conformità del riparto della quota del 30% delle spese del riscaldamento centralizzato anche tra i condomini già distaccati, sul presupposto che tale quota è conforme alla previsione dell'art. 9, c. 5, lett. d), D.Lgs. n. 102/2014, che nella formulazione risultante dalla sostituzione operata dall' articolo 5, comma 1, lettera i), punto v, del Dlgs. 18 luglio 2016 n. 141, dispone(va): "... quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati ... da sistemi comuni di ..., per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti. Ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l'edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l'importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate ... " 3.2 L'equivoco in cui incorre il convenuto appare evidente anche a stare a detta formulazione (vigente fino al 29.12.2016 e dunque non applicabile alla specie) e sussiste comunque anche in relazione alla nuova formulazione della citata lettera d), applicabile dal 30.12.2016, come modificata dall'articolo 9, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 73 ("... d) quando i condomini agli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l'uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l'importo complessivo e' suddiviso tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 50per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. E' fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. ..."). 3.3 Infatti, ove pure si muova dalla premessa, effettivamente adottata da numerose pronunce di merito, che le citate disposizioni impongano di ripartire anche i c.d. costi involontari degli impianti di riscaldamento centralizzati tra i condomini che se ne siano distaccati (sia che li si debba annoverare tra i costi di conservazione espressamente previsti dall'art. 1118, u.c., cod. civ.; sia che le citate disposizioni si ritengano norme speciali sopravvenute) e che tale previsione renda inapplicabili tabelle che recano criteri contrari, non può sfuggirsi al rilievo che si tratta di criteri che non possono ispirare il riparto di dette spese, se non previa specifica delibera assembleare che stabilisca appunto i relativi criteri, adottando nuove ed adeguate tabelle millesimali. 3.4 Ciò è tanto più vero in casi come quello considerato, ove la tabella millesimale ha un ruolo valutativo connotato da discreti margini di apprezzamento. 3.5 Basti considerare che entrambe le ricordate formulazioni prevedevano varie possibilità di determinazione, previa ricognizione delle condizioni dello stabile, col limite, inderogabile solo nel minimo, della quota da attribuire ai consumi volontari (che all'epoca dell'approvazione dei riparti di spesa impugnati era già passato dal 70% al 50%) e con la possibilità di suddividere l'onere secondo una molteplicità di criteri, peraltro richiamati solo esemplificativamente e non esaustivamente ("... secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potente installate ..."). 3.6 Anche per chi muova dal duplice presupposto della necessaria partecipazione ai costi involontari connessi all'impianto centrale di riscaldamento dei condomini che se ne siano legittimamente distaccati e del carattere obbligatorio dell'adozione delle relative tabelle, risulta inammissibile una ripartizione di costi per esercizi specifici che ne prescinda. 4.1 La stessa considerazione (indefettibilità della discussione e dell'adozione di una delibera assembleare di modifica delle tabelle in vigore) s'impone rispetto all'altro profilo della questione, cioè la considerazione del volume dei sottotetti originariamente ignorati nella determinazione delle tabelle millesimali e successivamente resi abitabili, che hanno modificato la consistenza delle unità abitative sottostanti. 4.2 Sul punto il condominio ricorda che già l'assemblea condominiale del 13.8.2000 aveva approvato la proposta di non modificare le tabelle millesimali (calcolate in base alle superfici delle unità in proprietà esclusiva), ma di stabilire un "maggior contributo" a carico dei proprietari degli appartamenti in questione, "valutato ... in base al maggior volume", aggiungendo "ai millesimi un quid, calcolato rapportano il volume attualmente utilizzato a quello dell'abitazione originaria" (così la proposta che si legge nella lettera dell'ingegnere (...), approvata dall'assemblea). 4.3 Ma l'art. 69 disp. att. cod proc. civ. (sia nella formulazione originaria, sia in quella vigente dal 18.6.2013), però, nel consentire la modifica delle tabelle millesimali con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice, ... per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino" non fa che evidenziare che il passaggio della delibera assembleare di modifica delle tabelle è pur sempre necessario per disattendere quelle preesistenti. 4.4 E non può certo sostenersi che con detta delibera si sia inteso introdurre una modifica delle tabelle, atteso che, come si legge nel verbale dell'assemblea, sul decimo punto all'ordine del giorno (Proposta di riparto spese condominiali dei "sottotetti") l'assemblea ha deliberato il maggior contributo per i "proprietari dei locali sottotetto che si sono allacciati all'impianto condominiale ... in via provvisoria e nelle more della redazione delle nuove tabelle m/m (millesimali) da deliberarsi". 4.5 S'impone poi un ulteriore considerazione, poiché il condominio convenuto insiste nella considerazione che le odierne instanti abbiano per lungo tempo disertato le assemblee condominiali e reiteratamente versato le quote ripartite in conformità delle medesime proporzioni di cui alla delibera impugnata. 4.6 Con ciò sembra volersi alludere alla possibilità di configurare un'approvazione delle modifiche delle tabelle millesimali per facta concludenza, ostativa alla legittimazione ad impugnare. In fatto, tale assunto è reso già altamente problematico proprio dalla previsione di successiva modificazione espressa, che confina le singole deliberazioni al ruolo di contingente criterio per singoli riparti. 4.7 Ma è proprio sul piano giuridico che la costruzione non persuade. 4.8 E' certamente vero che la giurisprudenza di legittimità in passato ha ammesso una simile evenienza (tra gli ultimi arresti adesivi a tale orientamento, cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3245 del 10/02/2009, Rv. 606690 - 01: "In tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura ai entrambi gli atti, poiché i condomini, anche in mancanza ai tale regolamento, sono liberi di accordarsi tra loro ai fini della ripartizione di tutte o alcune delle spese comuni, purché sia rispettata, a norma dell'art. 1123 cod. civ., la quota posta a carico di ciascuno in proporzione al valore della rispettiva proprietà esclusiva. La formazione delle tabelle millesimali, inoltre, tranne quando queste siano state allegate ad un regolamento contrattuale, non richiede forma scritta "adsubstantiam", essendo desumibile anche da "facta concludentia"); ma è poi approdata alla diversa conclusione che "in tema di condominio, le tabelle millesimali possono esistere (o non esistere) indipendentemente dal regolamento condominiale, la loro allegazione rappresentando un fatto meramente formale che non muta la natura di entrambi gli atti. Nondimeno, in base al combinato disposto degli artt. 68 disp. att. c.c. e 1138 c.c., l'atto di approvazione (o di revisione) delle tabelle, avendo veste di deliberazione assembleare, deve rivestire la forma scritta "ad substantiam", dovendosi, conseguentemente, escludere approvazioni per "facta concludentia" (così Cass., Sez. 2 -, Sentenza n. 26042 del 15/10/2019, Rv. 655469 - 01, sulla base di una più completa ricognizione delle fonti e delle acquisizioni di Cass., S.U., n. 18477/2010; nella specie non rileva l'intervenuta modifica degli artt. 68 e 69 disp. att. trans. cod civ.). 5.1 Infine, deve essere accolta anche la doglianza che la sola (...) rivolge all'approvazione del consuntivo 2020 e del preventivo 2021 e "provvisorio 2022". 5.3 Il condominio assume che l'attribuzione di due quote millesimali discenderebbe dalla circostanza che al momento dell'approvazione delle tabelle vigenti il locale attualmente in proprietà di parte attrice risultava evidenziato con l'indicazione distinta di due box ("box 33 e 34"), la cui (necessariamente duplice) quota sarebbe quindi stata imputata all'unico locale risultanze dalla trasformazione dello stato originario. In proposito, non è chiaramente pertinente la circostanza, su cui insiste il condominio, che il dante causa di detto condomino non abbia evidenziato la sommatoria delle quote millesimali nell'atto di trasferimento del bene "trasfromato". 5.4 il problema e che nelle tabelle approvate al regolamento (che si assumono applicate con la delibera impugnata) non vi è alcuna indicazione (si fa riferimento alle unità elencate come "Cantinato Scala B) di siffatta numerazione, né i millesimi concretamente applicati dal condominio (e non solo la loro sommatoria) non corrispondono ad alcuna specifica indicazione di dette tabelle. 5.5 Sicché, anche facendo riferimento alle planimetrie allegate alla donazione da cui discende il diritto dell'attuale condomina, non solo non è dato sapere a quali indicazioni della tabella il "locale falegnameria", ma soprattutto quali sarebbero i millesimi corrispondenti secondo la tabella adottata dal condominio. 5.6 Pertanto - anche ove si volesse disattendere la ricostruzione offerta da (...) (gli originari subalterni 6 e 7 spettanti al dante causa sarebbero stati fusi solo nel 1997, generando i vari sub. attribuiti a ciascun cantinato, dei quali apparterrebbe all'interessata il sub 186, int. 13 - resterebbe insuperabile il rilievo che la ripartizione millesimale in capo alla parte attrice, recepita dalla delibera, non trova alcuna possibilità di raccordo con tabelle millesimali regolarmente approvate. 6.1 Le spese di lite seguono la soccombenza. 6.2 Esse sono liquidate in considerazione del fatto che la contestazione degli attori ha riguardato soltanto il loro personale debito e non mira ad un accertamento che operi direttamente anche nei confronti di tutti i condomini, sicché occorre aversi riguardo, per determinare il valore della causa, alle posizioni debitorie contestate, con applicazione del secondo scaglione della tabella n. 2 dell'Allegato al d.m. n. 55/2014, per tutte le fasi, e aumento del 60% ex art. 4, c. 2, del citato decreto. P.Q.M. Il Tribunale annulla le deliberazioni di cui ai punti nn. 3 e 5 della delibera approvata in data 19.8.2021 dall'assemblea del Condominio (...) di Via (...) in Rivisondoli. Condanna il Condominio a rimborsare le spese di lite, che si liquidano complessivamente per tutte le parti, in Euro 5.440,00 per compensi, oltre rimborso forfetario del 15% e di spese documentate per Euro 264,00. Sulmona, 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 27 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA Il Tribunale in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, ha emesso la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. 509 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2020, a cui è stato riunito il procedimento n. 688/2021, vertente tra (...) S.R.L. (P.IVA (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in Sulmona Via (...) presso lo studio dell'avv. Al.Ve., rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avvocati Cl.Di. e Ma.Di., come da procura in calce all'atto di citazione, - ATTRICE - E (...) S.P.A., (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, quale procuratrice della (...) s.p.a., in nome e per conto di (...) s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Milano Via (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Ve. che la rappresenta e difende congiuntamente e disgiuntamente all'avv. Ma.Ri. come da procura allegata alla comparsa di costituzione; -CONVENUTA - E (...) S.R.L., (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Venafro al V.le (...) presso lo studio dell'avv. Lu.Ep. che la rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione; -CONVENUTA- NONCHE' AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Roma Via (...); E (...), titolare dell'omonima ditta in (...), località S.; - CONVENUTE CONTUMACI- IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato l'attrice ha proposto opposizione al precetto notificato in data 15.7.2020 con il quale la (...) s.p.a., nella sua veste di procuratrice di (...) s.p.a., in nome e per conto di (...) s.r.l., ha intimato alla società attrice, il pagamento dell'importo complessivo di Euro 1.112.194,22 in relazione all'esposizione debitoria maturata rispetto al mutuo fondiario ipotecario a rogito Notaio (...) del (...) rep. (...), racc. (...), oltre competenze legali. In fatto l'opponente ha rilevato che: - Nel 1987 la società attrice ha chiesto alla Regione Abruzzo di poter svolgere attività di ricerca mineraria nel Comune di Rivisondoli "onde accertare se le acque che sorgono posseggano i requisiti richiesti per la loro utilizzazione a scopi medico-scientifici"; - La Regione Abruzzo emetteva parere favorevole al programma dei lavori (confermandolo anche nel 1993); - Dopo il riconoscimento anche del Ministero della Salute, in data 31.12.1996 la Regione Abruzzo ha accordato alla medesima società la concessione mineraria "coltivazione e lo sfruttamento di un giacimento idrotermale in Loc. La 3 Difesa del Comune di Rivisondoli per lo svolgimento di attività termali alle sole cure inalatorie"; - Ottenuta la concessione, la società ha chiesto ed ottenuto, nel 2001, l'autorizzazione ad eseguire lavori di costruzione dell'acquedotto di adduzione della sorgente termale, previa alienazione e concessione delle terre civiche per la realizzazione di un impianto termale; - La concessionaria ha ottenuto i titoli edilizi per realizzare lo stabilimento, l'ambulatorio medico e il reparto inalazioni terapeutiche; - Dopo il nulla-osta del Comune di Rivisondoli, in data 17.2.2009, la Provincia di L'Aquila ha accordato il rinnovo per litri 0,5 al secondo, della concessione mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento del giacimento idro-termale (...) per la durata di anni dieci; - Dopo l'ultimazione dei lavori dell'edificio destinato a ambulatorio e inalazioni, in data 10.3.2017 è stata rilasciata l'autorizzazione all'esercizio delle attività termali; - Il 15.6.2020 la Regione Abruzzo ha prorogato la concessione; - L'atto di precetto impugnato si riferisce all'atto notaio (...) dell'8.3.2011 con il quale la (...) ha concesso alla società attrice, individuata come terzo datore di ipoteca, un mutuo fondiario dell'importo di Euro 1.250.000,00 iscrivendo, a garanzia, l'ipoteca di secondo grado sull'immobile sito in R., località "(...)" o "(...)" censito al catasto terreni al foglio (...) particella (...) (ex (...)); Nel merito, a sostegno della citata opposizione l'attrice ha eccepito: a) Stante la concessione mineraria l'ipoteca iscritta è nulla ex lege perché costituita su beni ricompresi nel compendio minerario del quale la società (...) s.r.l. è concessionaria per la coltivazione di acque termali; b) La convenuta non è comunque legittimata attiva all'azione. Con comparsa del 18.12.2020 si è costituita in giudizio la convenuta P., contestando in fatto e in diritto le avverse deduzioni e insistendo per il rigetto integrale della domanda. Con il suddetto atto di citazione veniva dunque introdotto il giudizio R.G. 509/2020. Dopo una serie di rinvii il fascicolo veniva assegnato alla scrivente in da ta 9.2.2022 e venivano concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c.. Con atto di citazione depositato in data 7.10.2021, la società (...) s.r.l. ha introdotto il giudizio di merito relativo all'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dinanzi al G.E. nell'ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 48/2020 pendente dinanzi al Tribunale di Sulmona intrapresa dalla medesima società (...) sulla base del precetto e del titolo esecutivo impugnati nel giudizio R.G. 509/2020. Con la predetta opposizione, la società attrice ha invocato l'impignorabilità del bene riportandosi a tutti i motivi già evidenziati anche nell'opposizione a precetto e deducendo comunque l'illegittimità del pignoramento. Il predetto giudizio veniva iscritto al n. 688/2021 e assegnato alla scrivente. Nel procedimento così istaurato si costituivano la (...) spa e la (...) s.r.l., mentre rimanevano contumaci l'Agenzia delle Entrate-Riscossione e (...). Con Provv. del 26 ottobre 2021, atteso che la scrivente aveva trattato, quale giudice relatore, il reclamo proposto dalla stessa (...) s.r.l. avverso il provvedimento cautelare del G.E. e che i motivi di opposizione e reclamo erano coincidenti, ha dichiarato l'astensione dalla trattazione del procedimento. Con Provv. del 30 novembre 2021 il Presidente del Tribunale non autorizzava l'astensione ritenendo non vi fossero i presupposti. (...) i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva rinviata all'udienza del 6.7.2022. All'esito della predetta udienza, stante la pendenza dei due giudizi (r.g. 509/2020 e R.G. 688/2021) e stante la connessione oggettiva e soggettiva, veniva disposta la riunione dei due procedimenti con fissazione udienza di precisazione delle conclusioni. All'udienza del 14.12.2022, celebrata mediante trattazione scritta, la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Con istanza depositata in data 1.3.2023 la difesa di parte attrice chiedeva al Presidente del Tribunale di voler autorizzare l'astensione della scrivente per i motivi già evidenziati dalla stessa in data 26.10.2021 (giudice relatrice nel provvedimento che ha deciso il reclamo collegiale avverso il diniego di sospensione del G.E.). Il presidente, con provvedimento in pari data, disponeva il non luogo a provvedere posto che l'astensione è una facoltà del giudice. IN DIRITTO In via preliminare va evidenziata l'insussistenza dei presupposti per l'astensione della scrivente quale giudice istruttore per aver svolto il ruolo di giudice relatrice nell'ambito del reclamo proposto dalla medesima società avverso il provvedimento emesso dal G.E. nell'opposizione all'esecuzione che ha dato poi origine al giudizio di merito n. 688/2021 R.G.. Come già evidenziato dal Presidente, e "l'identità la trattazione di questione similare in sede cautelare non integra l'ipotesi di astensione obbligatoria di cui all'art. 51, c. 1, n. 4, né l'ipotesi dell'art. 52 cod. proc. civ. relativamente al giudizio di merito (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 422 del 12/01/2006, Rv. 586618 - 01: "L'emissione di provvedimenti di urgenza in corso di causa,o la partecipazione al collegio che li riesamina in sede di reclamo, da parte dello stesso giudice che debba decidere il merito della stessa, costituisce una situazione ordinaria del giudizio e non può in nessun modo pregiudicarne l'esito, né determina un obbligo di astensione o una facoltà della parte di chiedere la ricusazione")". Del resto, nel caso di specie, il Presidente, nonostante l'astensione della scrivente, non ha inteso autorizzare la stessa non ravvisando l'ipotesi né di astensione obbligatoria né le gravi ragioni di convenienza. Sempre in via preliminare, va dichiarata la contumacia di Agenzia delle Entrate-Riscossione e (...) quali intervenuti nell'ambito della procedura esecutiva e non costituiti. Venendo al merito, possono essere analizzati singolarmente i motivi di opposizione proposti da parte attrice e le relative domande. 1.In primo luogo, parte attrice, sia nell'opposizione al precetto che nell'opposizione al pignoramento immobiliare, invoca il difetto di legittimazione della convenuta (...) s.p.a.. L'eccezione risulta priva di fondamento. Dai documenti prodotti da parte convenuta risulta che: a) il titolo posto alla base del precetto e del pignoramento è rappresentato dal mutuo fondiario con cui la "(...) S.p.A." , in data 8.03.2011, - atto a rogito Notaio (...), rep. (...) racc. (...)- ha erogato la somma di Euro 1.250.000,00 a (...) S.r.l. (doc. 9 memoria di costituzione); b) il predetto (...) è stato incorporato per fusione - come da atto a rogito Dott. (...), Notaio in M., del (...), rep. (...) racc. (...) (doc. 10 memoria di costituzione) - dalla (...) Soc. Coop, quindi (...) S.p.A. e quest'ultima, nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione ai sensi della L. n. 130 del 1999, con contratto di cessione di crediti concluso in data 24.10.2018 ai sensi degli artt. 4 e 7.1 della predetta Legge, ha ceduto pro soluto alla (...) S.r.l. fra gli altri il credito ricompreso quello vantato nei confronti della (...); c) Di tale cessione ne è stato quindi dato avviso ai sensi per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della L. n. 130 del 1999 e art. 58 TUB mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 3.11.2018, parte seconda, n. 128 (doc. 11 memoria di costituzione); d) La società (...) s.r.l. conferiva, tramite il Dott. (...), nella sua qualità di Amministratore Unico e legale rappresentante, procura in data 2.11.2018 per Dott. (...), (...), rep. (...) racc. (...) a (...) s.p.a. affinché "la Società (...), in persona del suo legale rappresentante pro tempore - nonché in persona di procuratori speciali all'uopo autorizzati (inclusi eventuali dipendenti della Società P. all'uopo autorizzati con delibera del Consiglio di Amministrazione) e, ove necessario, in persona degli avvocati che verranno di volta in volta nominati dalla Società P. quando necessario in relazione alla natura degli atti da compiersi - provveda a compiere, in nome e per conto della Società, ogni attività, adempimento e formalità ritenuti necessari e/o utili e/o opportuni allo svolgimento dell'attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti dei quali la Società è o sarà titolare"; e) Nella predetta procura venivano poi esplicitate tutte le attività che la società procuratrice poteva compiere in nome e per conto della (...) s.r.l. (cfr. doc. 3 memoria di costituzione); f) La (...) S.p.A., in forza di procura rilasciata dal Dott. R.S., in qualità di Amministratore Delegato di quest'ultima società, con firma autenticata per Notaio P.M. in data (...), rep. (...) racc. (...) e registrata a Milano 2 in data 20.05.2019 (doc. 2 memoria di costituzione) ha conferito alla (...) s.p.a. ogni potere di "compiere, in nome e per conto della Società ogni attività, adempimento e formalità ritenuti necessari e/o utili e/o opportuni allo svolgimento de11'attività di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti dei quali 1a Società è o sarà titolare (i "Crediti")"; g) In particolare, nella predetta procura, la (...) s.p.a. risulta abilitata non solo a rappresentare la (...) dinanzi a qualsiasi autorità giudiziaria, ma anche a "sottoscrivere ogni istanza o altro documento necessario per condurre qualunque azione giudiziaria in ogni stato e grado de1 giudizio riguardante la Società, fare atti di precetto predisporre e sottoscrivere ricorsi, anche in materia di volontaria giurisdizione e ricorsi per ingiunzione, provvedendo ad ogni atto della conseguente procedura; richiedere, promuovere ed eseguire atti esecutivi, cautelari e conservativi"; h) La (...) S.p.A. ha peraltro agito in persona del Dott. R.M., a tanto autorizzato giusta la procura rilasciata dal Dott. S.M. - nella sua qualità di Consigliere in virtù di delibera assunta dal Consiglio di Amministrazione in data 24.07.2019 - autenticata dal Dott. P.M., N.I.M., in data (...), rep. (...) racc. (...) e registrata a Milano - DP II in data 27.05.2020 al n. 35001 (doc. 1 memoria di costituzione). 2. In secondo luogo, nell'ambito dell'opposizione a precetto, la socie tà attrice sostiene l'illegittimità dell'azione intrapresa perché fondata su titolo nullo perché contenente iscrizione ipotecaria su un bene sottoposto a vincolo minerario senza la preventiva autorizzazione del Ministero. Occorre premettere, come già esposto in premessa, che il titolo esecutivo su cui si fonda l'intrapresa procedura esecutiva è il mutuo fondiario con cui la "(...) S.p.A." , in data 8.03.2011, - atto a rogito Notaio A., rep. (...) racc. (...)- ha erogato la somma di Euro 1.250.000,00 a (...) S.r.l.. A garanzia del predetto mutuo veniva concessa, dalla società, ipoteca di II grado sull'immobile sito in R. località "(...)" o "(...)" ossia zona di terreno estesa 3147 metri quadrati circa sulla quale è in fase di ultimazione un centro inalatore, un centro fitness e centro curativo sanitario, oltre a una piscina scoperta censito al catasto terreni al foglio (...) particella (...) (ex particella n. (...)). Al punto 6 del contratto di mutuo veniva specificato che l'ipoteca sia estendeva alle accessioni e pertinenze, impianti, i miglioranti senza eccezione alcuna oggi e in futuro esistenti, nonché sulle nuove costruzioni che venissero erette. Secondo parte attrice, tuttavia, tale iscrizione ipotecaria sarebbe illegittima perché effettuata su un bene di natura demaniale perché facente parte della concessione mineraria per la coltivazione sfruttamento di acque termali in Loc. La Difesa rilasciata alla ex (...) s.r.l. dalla Regione e effettuata senza la preventiva autorizzazione del Ministero per l'Economia nazionale ex art. 22 secondo comma R.D. n. 1443 del 1927. Sul punto, parte attrice afferma che le acque termali, quali quelle oggetto di concessione, sono notoriamente incluse tra i beni minerari che, ai sensi dell'art. 826 II comma c.c. fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato (le acque termali sono state trasferite poi nel patrimonio indisponibile della Regione ex L. n. 281 del 1970). Secondo la difesa attrice, dunque, tra gli effetti dell'inclusione di un bene parte all'interno del demanio pubblico vi è l'applicazione dell'art. 823 c.c. secondo cui tali beni non possono formare oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano. Inoltre, per la specifica ipotesi di un bene minerario, l'art. 22 comma secondo del R.D. n. 1443 del 1927, stabilisce che l'iscrizione di ipoteca è subordinata all'autorizzazione del Ministero dell'Economia nazionale. Orbene, anche tale eccezione risulta priva di fondamento. Dai documenti presenti agli atti del presente procedimento risulta che: - Con Delib. G.R. del 31 dicembre 1996 veniva rilasciata alla (...) s.r.l. la concessione mineraria per la coltivazione e lo sfruttamento di un giacimento idrotermominerale in loc. La Difesa del Comune di Rivisondoli per la durata di dieci anni (poi rinnovati); - Con Delib. del 7 ottobre 1997 la Giunta della Regione Abruzzo ha assegnato l'area in agro del Comune di Rivisondoli in catasto al foglio (...) particella (...) di 8.400 mq circa per alienazione e particella (...) di circa mq 31.400per concessione alla (...) s.r.l.. In particolare, la Giunta autorizzava il Comune di Rivisondoli all'alienazione e alla concessione delle terre civiche sopra specificate per la realizzazione di un impianto termale a favore della ex (...) s.r.l. stabilendo modalità e corrispettivo; - La società (...), pertanto, in data 22.10.1999 ha provveduto all'acquisto dell'immobile sito nel Comune di Rivisondoli censito al catasto al foglio (...) particella (...) con conseguente trascrizione al catasto. Dall'esame di tali documenti è evidente che la particella (...) (ex (...)) su cui grava l'ipoteca di cui al titolo esecutivo de quo, non rientra nel patrimonio indisponibile della Regione per "vincolo minerario" in quanto è stata oggetto di acquisto da parte della società ex (...) s.r.l. e non oggetto di concessione mineraria. Del resto, se è vero che l'ipoteca non può riguardare le "acque minerali e termali" in quanto appartenenti al patrimonio indisponibile dell'ente pubblico, essa ben può concernere, oltre che la concessione (da intendersi , secondo un utile puntualizzazione dottrinale, come insieme dei diritti conferiti a chi ha ottenuto la concessione di coltivazione), le pertinenze (anche mobiliari, stante la specialità della disciplina mineraria rispetto al codice civile successivamente entrato in vigore) utilizzate dal concessionario, entità tutte che l'art. 22 l. m. sottopone "alle disposizioni di diritto che disciplinano gli immobili". La legge mineraria del 1927 individua l'oggetto dell'ipoteca nella miniera e nelle sue pertinenze. In realtà la miniera come cosa non può essere colpita dalla garanzia ipotecaria, in quanto essa appartiene al patrimonio indisponibile pubblico. L'ipoteca grava, più precisamente, sulla concessione mineraria, o per meglio dire sull'insieme di diritti spettanti al concessionario nello svolgimento dell'attività mineraria. Le pertinenze minerarie sono indicate dall'art. 23 l.min.: "Sono pertinenze della miniera gli edifici, gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento del minerale. Sono considerati come mobili i materiali estratti, le provviste, gli arredi". Per le pertinenze aventi natura immobiliare, ed aventi una propria autonoma individualità (quindi con esclusione di pozzi e gallerie, forma nti corpo unico con il giacimento), si è affermato che la possibilità di ipotecare il diritto del concessionario non esclude l'autonoma ipoteca delle cose immobili destinate all'attività mineraria (ad esempio aree scoperte esterne alla miniera, utilizzate per parcheggio e deposito temporaneo, oppure edifici utilizzati come uffici, depositi, rimesse, zone di lavorazione) (cfr. e Ipoteca (diritto privato), in Enc. dir., XXII, Milano 1972, p. 787, seguito da R., op. cit., p. 93.). Alla luce di tali considerazioni, deve escludersi che nel caso di specie gli immobili oggetto di ipoteca non potessero essere sottoposti alla garanzia in virtù della legge mineraria, trattandosi di beni non finalizzati allo sfruttamento della miniera stessa. Invero, dall'esame del mutuo si evince che l'ipoteca veniva iscritta su zona di terreno di estensione di circa 3.147 mq in cui è in fase di ultimazione un centro inalatore, centro fitness e centro curativo sanitario oltre che una piscina scoperta. E' evidente che detti immobili sul terreno oggetto di ipoteca sono estranei, proprio per la loro finalità, all'attività di coltivazione della miniera. 3. Per le medesime ragioni, devono ritenersi infondate le censure relative all'impignorabilità del bene perché appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato stante il vincolo minerario. Come esposto, infatti, l'esclusione del bene ipotecato dall'applicazione della legge mineraria lo rende assoggettabile alle norme di diritto civile ordinario e, dunque, rende possibile sia l'ipoteca che il pignoramento. 3.1. Al pari, è infondata anche l'eccezione relativa all'illegittimità del pignoramento perché effettuato sul fabbricato invece che sulla zona di terreno oggetto di ipoteca applicando l'accessione per incorporazione. Invero, secondo parte attrice, l'accessione dovrebbe operare in favore della Regione Abruzzo e non a favore del concessionario. Tale assunto non risulta condivisibile posto che, come sopra evidenziato, oggetto del pignoramento è la particella (...) che è stata vendu ta alla società (...) dal Comune e, dunque, la proprietaria del terreno e degli immobili ivi costruiti è la società attrice. 3.2. Sotto altro profilo, parte attrice censura il pignoramento perché non potrebbe trovare applicazione l'art. 2811 c.c. poiché, al momento della sottoscrizione del mutuo, lo stabilimento termale aveva acquistato una propria autonomia strutturale esattamente individuabile. Anche tale eccezione risulta priva di fondamento. Come già rilevato dal G.E. e poi dal Collegio in se de di reclamo, dal contratto di mutuo fondiario risulta che la somma veniva concessa proprio per l'ultimazione dell'impianto termale sul terreno distinto al catasto foglio (...) particella (...) ed infatti veniva specificato che l'ipoteca era iscritta "... immobile sito in Rivisondoli località "(...)" o "(...)" ossia : zona di terreno estesa tremilacentoquarantasette (3.147) metri quadrati circa, sulla quale è in fase di ultimazione un centro inalatore, centro fitness e centro curativo sanitario, oltre ad una piscina scoperta, censito nel Catasto Terreni al foglio (...), particella (...) (ex p.lla (...)), are 31.47, R.D. Euro 1,95, R.A. Euro 0,65". Trattandosi di costruzione realizzata su immobile ipotecato, è evidente che su di esso si estende l'ipoteca in forza dell'art. 2811 c.c., a nulla rilevando che la costruzione era già ultimata o fosse già individuabile al momento della stipula del contratto di mutuo. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità, "L'ipoteca iscritta su un terreno su cui insiste uno stabilimento industriale si estende ai beni mobili incorporati (non per mera adesione con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all'uso, ma) per effetto di una connessione fisica idonea a dar luogo ad un bene complesso; in presenza di tali condizioni, ai sensi degli artt. 812 e 2811 cod. civ., l'ipoteca si estende a tutto ciò che costituisce accessione dell'immobile, per cui è irrilevante accertare eventuali rapporti pertinenziali tra beni diversi o la permanente individualità di singoli beni compresi in un complesso aziendale."(cfr. Cass. civ. Sez. I Sent., 10/01/2011, n. 377 (rv. 616106)). Ancora "L'ipoteca iscritta sul terreno sul quale insiste, già al momento della costituzione della garanzia, un capannone industriale si estende anche alla costruzione in virtù del principio della normale estensione dell'ipoteca all'intero immobile, nei limiti in cui si estende il diritto di proprietà ai sensi dell'art. 840 c.c." (cfr. Cass. civ. Sez. III Ord., 03/09/2019, n. 21993 (rv. 654935-01). Nella stessa costituzione di ipoteca, infatti, era espressamente indicato che la stessa si estendeva comunque ai fabbricati in corso di costruzione. In definitiva, l'opposizione proposta dagli attori va integralmente rigettata con conseguente condanna alle spese in virtù del principio della soccombenza nei confronti dei due convenuti costituiti, mentre possono essere compensate con i convenuti contumaci. P.Q.M. Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta integralmente le domande proposte dagli attori; - Condanna (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore della (...) S.P.A., nella spiegata qualità, in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 10.108,00 per compensi (scaglione sino a 2.000,000,00, fase studio, introduttiva, decisionale, tariffe minime) oltre spese forfettarie al 15%, iva e c.p.a. come per legge. - Condanna (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore al pagamento in favore dell'avv. Lu.Ep. dichiaratosi antistatario (difensore di (...) s.r.l.) delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.700 per compensi (scaglione sino a Euro 26.000 in base al valore del credito della convenuta, fase studio, introduttiva, decisionale, tariffe minime) oltre spese forfettarie 15%, iva e c.p.a. come per legge. - Compensa le spese di lite tra attrice e convenuti contumaci. Così deciso in Sulmona il 26 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, nel procedimento n. 18/2019 (...) ha emesso la seguente SENTENZA nella causa vertente tra (...), (C.F. (...) ) (...), (C.F. (...) ), nella qualità di genitori esercenti la potestà sul figlio minore (...) (c.f. (...) ) elettivamente domiciliati in Castel di Sangro Via (...) presso lo studio dell'avv. Al.Br. e rappresentati e difesi dall'avv. Pi.Sa. che li rappresenta e difende come da mandato in calce all'atto di citazione - ATTORI - E (...) S.P.A. (C.F. (...) ), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Sulmona Via (...) presso lo studio dell'avv. Em.Co. da cui è rappresentata e difesa unitamente all'avv. Ce.Ga. e dall'avv. Ch.Co. come da procura in calce all'atto di citazione nonché l'avv. Re.Fe. come da procura allegata alla memoria di costituzione di nuovo difensore del 28.12.2020; -CONVENUTA- E (...) S.R.L. (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Sulmona, Via (...) presso lo studio dell'avv. Ma.Fa. che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all'avv. Ma.Ru. di Trento come da procura in calce alla memoria di costituzione; -CONVENUTO- E (...) (C.F. (...) ) (...) (C.F. (...) ) in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del minore (...) (C.F. (...) ),elettivamente domiciliati in Foggia Piazza (...) presso lo studio degli avvocati Br.Ma. e Fa.Ma. che li rappresentano e difendono come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -CONVENUTI- E (...) (C.F. (...) ) (...) (C.F. (...) ), nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale del minore (...), elettivamente domiciliati in Santi Cosma e Damiano Via (...) presso lo studio dell'avv. Pa.Sa. che li rappresenta e difende come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; -CONVENUTI- E (...) SPA (C.F. (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Sulmona, Via (...) presso lo studio dell'avv. Pa.Sa., rappresentata e difesa dall'avv. Pa.Ri. come da procura in calce alla comparsa di costituzione; -TERZA CHIAMATA- OGGETTO: responsabilità ex artt. 2043-2048 2051 c.c. IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...) e (...), nella qualità di genitori di (...), nato il (...), hanno convenuto in giudizio la (...) s.p.a., la (...) s.r.l., i coniugi (...) e (...), nonché i coniugi (...) e (...) dinanzi il Tribunale di Sulmona per accertare la responsabilità degli stessi per gli illeciti subiti dal figlio (...) mentre si trovava presso lo "(...)" con il conseguente risarcimento del danno patrimoniale e non, nella somma di Euro 25.800,00. A sostegno della citata azione gli attori hanno dedotto che: - in data 16.7.2017, il loro figlio (...) prendeva parte allo "(...)" in (...) gestito dalla società (...) s.r.l.; - all'interno della struttura il minore veniva alloggiato nella stanza n. 306 insieme ad altri tre: (...), (...) e (...); - i compagni di stanza (...) e (...) si rendevano responsabili di gravi illeciti nei confronti del minore (...) concretizzatosi in percosse, calci, pugni, insulti e gettiti di acqua gelida; - i suddetti gesti venivano anche video ripresi dai compagni e poi diffusi mediante Whats app al fine di denigrare e umiliare (...); - per i gravi fatti patiti il minore mostrava segni di violenza ed ulteriori disturbi comportamentali che spingevano i genitori ad effettuare accertamenti dai quali si evinceva, come da relazione della dott.ssa (...), che (...) vive in una situazione di forte stress emotivo associato ad un disturbo del comportamento da stress, con ansia, tensione, angoscia, insonnia, ritiro dal sociale con preciso ed esclusivo nesso eziologico ricollegabile al vissuto traumatico presso il campo estivo; - per tale stato, il minore veniva sottoposto a trattamento terapeutico con la dott.ssa (...); - i coniugi inviavano formale richiesta di risarcimento dei danni sia ai genitori dei minori responsabili che alla società (...) s.p.a. nonché alla (...) s.r.l.. Con comparsa del 3.4.2019 si costituiva in giudizio la società (...) s.p.a. la quale, oltre a contestare in fatto e in diritto la domanda avversa, ha eccepito: la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164 IV comma c.p.c., il difetto di legittimazione passiva di (...) e l'assenza di responsabilità della stessa per l'evento denunciato. Inoltre, la convenuta società (...) chiedeva che, nel caso di condanna, fosse manlevata dalla società (...) s.r.l. in forza dei rapporti contrattuali vigenti tra le due società nonché di chiamare in causa la (...) s.p.a. in quanto compagnia assicuratrice tenuta a manlevarla per ogni eventuale condanna al risarcimento dei danni. Con comparsa del 3.4.2019 si costituiva in giudizio la società (...) s.r.l. la quale eccepiva la nullità dell'atto di citazione e contestava la domanda in fatto e in diritto evidenziando l'assenza di responsabilità della stessa per i fatti accaduti. In data 4.4.2019, si costituivano (...) e (...), nella qualità di genitori di (...), i quali rilevavano l'infondatezza dell'avversa domanda e l'esclusiva responsabilità della società (...) s.p.a. nonché della (...) s.r.l. e, comunque, la nullità dell'atto di citazione. In data 10.4.2019 si costituivano anche i coniugi (...)-(...), nella qualità di genitori di (...) i quali rilevavano l'infondatezza dell'avversa domanda chiedendone il rigetto. All'udienza di prima comparizione del 24.4.2019 il Giudice precedentemente titolare del ruolo, differiva l'udienza autorizzando la citazione della U. s.p.a. per conto della (...) s.p.a.. In data 13.5.2019, si costituiva la (...) spa la quale, oltre ad evidenziare un inadempimento dell'assicurata, comunque contestava la fondatezza della domanda principale e ed eccepiva la nullità dell'atto di citazione e l'estraneità dell'assicurata (...) s.p.a. per l'accorso al minore. All'udienza del 25.9.2019, il Giudice rigettando allo stato le istanza preliminari in ordine alla nullità dell'atto di citazione e del difetto di legittimazione passiva, rinviando al merito ogni altro approfondimento, concedeva i termini ex art. 183 VI comma c.p.c.. Espletata l'istruttoria mediante interrogatorio formale, audizione testi, deposito documenti e espletamento di CTU medico-legale, la causa veniva assegnata alla scrivente in data 22.4.2022 e trattenuta in decisione all'esito del deposito di note di trattazione scritta con ordinanza del 4.8.2022 con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. IN DIRITTO Preliminarmente, va osservato che quasi tutti i convenuti citati nel presente procedimento hanno eccepito la nullità dell'atto di citazione ai sensi dell'art. 164 comma 4 c.p.c. in quanto generico. Come già evidenziato dal precedente istruttore, l'eccezione risulta priva di fondamento. Com'è noto, la nullità di citazione consegue all'incertezza intorno ad alcuno dei requisiti formali della citazione il cui scopo è di rendere possibile al convenuto di costituirsi tempestivamente proponendo le proprie difese in causa. Per tale motivo la nullità consegue solo all'omissione od all'incertezza assoluta degli elementi di cui all'art. 163, nn. 1, 2, 3 e 7 (Cass. 272/1998). Secondo la giurisprudenza di legittimità, il vizio di insufficiente determinazione dell'oggetto della domanda, ossia di petitum e causa petendi, sussiste solo quando gli elementi identificatori del diritto fatto valere non siano ricavabili da esame complessivo dell'atto introduttivo, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni ( Cass. 18783/2009; Cass. 5743/2008; Cass. 17180/2007; Cass. 4828/2006). Orbene, nel caso di specie, non si ravvisa la nullità dell'atto di citazione in quanto risulta chiaro sia l'oggetto della domanda che la causa petendi desumibile dall'esame complessivo dell'atto. Del resto, tutti i convenuti del presente giudizio si sono costituiti e hanno potuto, efficientemente, spiegare le loro difese nel merito. Vi è da aggiungere, inoltre, che anche qualora fosse parzialmente incerto il requisito della causa petendi comunque non si determina nullità dell'atto di citazione stante il dovere del giudice di qualificare giuridicamente la fattispecie dedotta dall'attore (Cass. 28986/2008). Venendo al merito, il presente giudizio ha ad oggetto l'accertamento della responsabilità dei convenuti per i danni subiti dal loro figlio minore in seguito agli eventi presuntivamente accaduti nel periodo in cui lo stesso si trovava presso (...) di S.. In virtù del numero dei convenuti, della diversità dei criteri di responsabilità per la fattispecie e per la generale complessità della vicenda, appare opportuno analizzare la ricostruzione del fatto alla luce dell'istruttoria espletata nonché le singole posizioni dei convenuti separatamente. 1.Come detto, gli attori, a fondamento della loro domanda di risarcimento dei danni, deducono che, durante la partecipazione del loro figlio (...), nell'estate del 2017, al "(...)" gestito dalla società (...) s.r.l." in (...), avrebbe subito atti illeciti da altri partecipanti e, in particolare, dai minori (...) e (...) con i quali condivideva la stanza, concretizzatosi in atti di percosse e denigrazione. Uno dei primi atti grazie ai quali può essere ricostruita la vicenda, è la relazione del dott. A.S., psicologo in servizio presso il suddetto campo estivo, del 30.7.2017. Nella suddetta relazione, il dott. (...) riporta gli eventi accaduti durante il turno 4 verificatesi tra giovedì 27 e venerdì 28 luglio 2017 e afferma: "... poco prima delle ore 15.00 del giorno 27 luglio 2017, la segreteria del (...) riceve una telefonata dalla madre di due nostri ospiti ossia dalla signora (...) (cognome da coniugata), la quale ci informa di aver ricevuto, attraverso il telefono mobile di uno dei due figli di cui sopra, un video in cui erano presenti alcuni ragazzi. La signora (...) riferisce di conoscere uno dei ragazzi ripresi nel video e afferma che quest'ultimo è stato presumibilmente vittima di alcuni atti di bullismo". Il dott. (...) riferisce che, una volta ricevuta tale telefonata, la segretaria e i tecnici che effettuano la sorveglianza al piano (a suo dire quotidiana) si recavano nella stanza dei ragazzi non ravvisando alcuna anomalia e che, comunque, nei giorni precedenti non era stata segnalato alcun comportamento negativo dei partecipanti. A quel punto, lo stesso riferisce che veniva contattato anche dal signor (...) il quale avrebbe visionato il video, rappresentando tutta la sua rabbia e preoccupazione. Secondo la relazione, poi, dell'accaduto veniva informato il direttore, il vicedirettore e lo stesso dott. (...) e veniva convocata una riunione in un'area riservata con i quattro ragazzi della stanza n. 306 ritratti nel video, nonché gli occupanti della stanza dei figli della signora F.. In seguito all'audizione dei minori, si apprendeva che nei giorni precedenti era stata creata una chat Whats app di gruppo che vedeva partecipare alcuni dei ragazzi presenti al campo e sulla quale erano stati condivisi dei video che vedevano coinvolti due degli occupanti della stanza n. 306 che ponevano in essere "atti prepotenti" nei confronti del minore (...), figlio del (...). A questo punto, i responsabili del campo decidevano di visionare i video e attuavano una serie di misure volte a tutelare la vittima e comprendere cosa fosse accaduto (contatto con la famiglia della vittima, colloqui individuali con la vittima, incontri con le famiglie, momenti di confronto con i ragazzi). Alla fine degli accertamenti, i due minori autori del gesto sono stati allontanati dal (...) mentre il figlio del (...) ha continuato la vacanza sino alla fine. Tale relazione viene confermata in sede di audizione dal dott. (...) il quale, inoltre, dichiarava che (cfr. verbale del 16.9.2020): - nella struttura di Castel di Sangro nell'estate del 2017 erano presenti 24 ore su 24 lo psicologo e due medici precisando che le due figure mediche si alternavano settimanalmente, ma comunque erano presenti almeno tre figure h24; - i controlli al piano dove erano alloggiati i ragazzi durante il campo erano sistematici per ogni sera e in particolare, dopo la fase di divertimento post cena, alle ore 22.30 circa i minori venivano accompagnati nelle camere assicurandosi che tutto andasse bene; - non ravvisò mai nulla di particolare nella stanza n. 306 dove vi era (...) ed altri ragazzi né ho sentito rumori provenire dalla loro stanza nella notte del 21.7.2017; - la signora (...) era di solito presente durante tutta la notte nella struttura con il compito di addetta alla sorveglianza dei piani ed al controllo dei ragazzi durante la notte; - di aver parlato con (...) per capire il suo livello di benessere psicofisico e valutare il suo livello di benessere al riguardo e di aver parlato anche con il padre del ragazzo e di aver concordato con la famiglia affinché (...) continuasse la vacanza; - il signor (...) ci ringraziò per come era stata gestita la situazione rispetto a quanto era accaduto al figlio (...) nel momento in cui eravamo venuti a conoscenza del fatti. I fatti descritti trovano conferma anche nelle dichiarazioni del teste D.P., collaboratore stagionale di (...) oltre che Direttore del (...) sentito all'udienza del 16.9.2020, il quale dichiarava: - nella struttura di Castel di Sangro nell'estate del 2017 erano presenti 24 ore su 24 lo psicologo e due medici precisando che erano presenti, h 24, uno dei medici, un'infermiera e lo psicologo; - la presenza costante dei sorveglianti sia di giorno che di notte nel corridoio delle stanze; - non è stato mai segnalato nulla di anomalo rispetto alla camera n. 306 e non ha sentito mai nessun rumore provenire dalla predetta stanza; - sono stati convocati i ragazzi presenti nel video, compreso (...) al fine di comprendere cosa fosse successo e vennero contattate le famiglie; - il ragazzo (...) non sembrava esprimere alcun disagio particolare; - i ragazzi autori del gesto sono stati allontanati immediatamente dopo la visione dei video e i colloqui, mentre (...) ha terminato la vacanza; - il signor (...) lo ringraziò per la tempestività del provvedimento di espulsione e dell'intervento rispetto a quanto accaduto al figlio (...); Sempre in data 16.9.2020, veniva sentita (...), vigilante notturna negli anni 2017-2018 nel mese di luglio per il (...) di (...) alle dipendenze della (...) s.r.l.. La donna confermava che, nel periodo di accadimenti dei fatti di cui al presente giudizio, la stessa rivestiva il ruolo di vigilante notturno presso i piani dove erano ubicate le stanze dei ragazzi ospitati nel (...) e che non aveva mai sentito rumori particolari durante la notte del 21.7.2017 provenire dalla stanza n. 306 ove era ubicato (...). In particolare, la (...) riferisce che la stanza n. 306 ospitava quattro ragazzi particolarmente vivaci e che era capitato di ammonirli in diverse occasioni durante la notte dicendo loro di dormire o di spegnere la televisione, ma che nulla di particolare era accaduto la notte del 21.7.2017. Inoltre, riferiva che, insieme ad altro educatore, aveva accompagnato (...) nel paese di provenienza al temine del campus e che in quell'occasione incontrò il papà di (...) il quale ci tenne a dirle che ringraziava lo staff per la questione accaduta al figlio una volta che erano stati scoperti i video. Sull'accaduto, veniva sentito, sempre all'udienza del 16.9.2020, anche (...) il quale aveva partecipato al (...) durante la permanenza anche di (...). Il ragazzo dichiara che era a conoscenza della circostanza che (...) era stato vittima di episodi di vessazione e prepotenza da parte dei suoi compagni di stanza (...) e (...) e in particolare che era il primo a raccontarglielo sia negli spogliatoi che a tavola. Ancora, il (...) riferisce di aver visto dei video, inviati su una chat di gruppo, in cui (...) derideva il (...) o gli diceva la frase "ti picchio" o ancora in cui il (...) ballava su esortazione dei due ragazzi o riceveva uno schiaffo dal (...). Infine il ragazzo conferma che ci furono delle riunioni con i dirigenti del campus e i ragazzi coinvolti nella vicenda in cui si invitava anche alla cancellazione dei suddetti video. La conferma dell'accaduto si ritrova anche nelle dichiarazioni del teste (...) presente all'interno della camera che verrà analizzata successivamente. Ciò posto, è ora possibile analizzare i profili di responsabilità dei convenuti singolarmente. 2. Nel presente giudizio gli attori invocano una responsabilità ex art. 2043 c.c. in correlazione con quella prevista dall'art. 2048 c.c. per i danni accorsi al figlio minore mentre si trovava alloggiato presso un campo estivo in Castel di Sangro nel periodo di luglio 2017. Tra i convenuti chiamati a rispondere dell'evento, gli attori citano anche la società (...) s.p.a. specificando, in sede di memorie n. I ex art. 183 VI comma c.p.c., che la suddetta società deve rispondere solidalmente con gli altri convenuti poiché gli attori "si sono determinati ad acquistare il soggiorno presso lo (...) solo in ragione dell'affidamento posto nella suddetta società (...) ...ed attendo la ripartizione delle responsabilità tra le due società per culpa in vilando ad un rapporto interno tra le stesse..". Gli attori dunque, per quanto riguarda la responsabilità della convenuta (...) s.p.a., invocano una sorte di responsabilità contrattuale legata comunque all'acquisto del pacchetto relativo al campo estivo del minore, nonché una responsabilità relativa all'omessa vigilanza del minore stesso presso la struttura. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità, in un caso che coinvolgeva comunque un soggetto terzo (nello specifico il Ministero dell'Istruzione) rispetto al personale della struttura scolastica-ricreativa ove alloggiava il minore, ha ritenuto che si può prospettare, a carico dello stesso (come pure, in caso di scuola privata, dell'ente che la gestisce), una duplice forma di responsabilità, sia pure indiretta (a mente dell'art. 2049 c.c., secondo cui "i padroni ed i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro dipendenti e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti"), esperibile contemporaneamente: a) una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., se la domanda è fondata sull'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto di vigilare; b) una responsabilità extracontrattuale per fatti imputabili ai propri dipendenti, se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri: essa, in particolare, può attenere, da un lato, all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni minori, ex artt. 2047 e 2048 c.c., e, dall'altro, all'omissione rispetto agli obblighi organizzativi, dicontrollo e di custodia, ex artt. 2043 e 2051 c.c." (Cass. civ. Sez. III Ord., 19/09/2017, n. 21593). Alla luce di tali considerazioni, è opportuno verificare i rapporti intercorrenti tra le parti ossia tra gli attori, la (...) e la (...) s.p.a.. In ordine ai rapporti tra la (...) s.r.l. e la (...) s.p.a., risulta in atti una scrittura privata, con efficacia dal 1.3.2017 e sino al 30.9.2019, secondo cui "(...) mette a disposizione di (...), che acquista al fine di rivenderli al cliente finale (di seguito "(...)") o ad aziende e/o agenzie di viaggi/tour operator (di seguito "Pacchetto B2B") pacchetti turistici a tema calcio per la stazione estiva (mesi di giugno, luglio e agosto) con le seguenti caratteristiche (di seguito (...))?". I suddetti pacchetti prevedevano, per ragazzi tra i 7 e i 17 anni, di durata settimanale o bisettimanale, diversi servizi: pensione completa, sistemazione in camere, sorveglianza continua, assistenza medica, assicurazione infortuni, kit di allenamento, servizio di allenamento con personale specializzato, etc. In particolare, la vendita di tali pacchetti, era la modalità con la quale dare seguito al progetto della (...) per l'organizzazione di un programma denominato "(...)" che consisteva proprio nell'organizzazione di pacchetti vacanza estivi a carattere ludico-sportivo, a tema calcistico, personalizzati (...), riservati a ragazzi e ragazze di età compresa tra i 7 e i 17 anni. Sempre nella suddetta scrittura (...) si impegnava a vendere i pacchetti turistici a (...), impegnandosi a rispettare alti standard qualitativi che rispecchiano il nome e lo stile (...), a garantire tutti i servizi e le strutture descritte nei pacchetti sempre nel rispetto di alti standard qualitativi, a garantire che il personale addetto fosse fornito di attestati e idoneità come previsti dalla legge, ad informare in maniera dettagliata in ordine a tutti i servizi offerti, etc.. Infine, al punto 8.3 della scrittura privata, le parti concordavano che sarebbe stata (...) ad avere la responsabilità dell'erogazione dei servizi oggetto dei pacchetti turistici (compresa dunque la sorveglianza e vigilanza dei minori coinvolti) tenendo indenne (...) da qualsiasi responsabilità. Orbene, è evidente che la società (...) s.p.a. non può incorrere in alcuna responsabilità per i fatti accaduti ai minori che partecipavano al campo estivo denominato "(...)" in ordine sia ad una responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c., in ordine all'inadempimento all'obbligo specificatamente assunto di vigilare, sia per una responsabilità extracontrattuale per fatti imputabili ai soggetti dipendenti o al personale addetto all'interno del campo relativa all'omissione rispetto all'obbligo di vigilanza sugli alunni minori, ex artt. 2047 e 2048 c.c., o all'omissione rispetto agli obblighi organizzativi, di controllo e di custodia, ex artt. 2043 e 2051 c.c. posto che non era la società (...) a dover garantire in ordine ai servizi resi all'interno del pacchetto turistico tra cui vi eram non solo il servizio di assistenza medica e vigilanza h 24, ma anche quello di custodia dei minori nell'esercizio delle attività ludiche e ricreative. Al più, alla società (...), poteva addebitarsi una responsabilità per le eventuali omissioni e carenze nella scelta del soggetto a cui affidare l'organizzazione dei servizi di cui al pacchetto turistico o l'omissione nei controlli circa l'affidabilità. Tuttavia, nel caso di specie, oltre a non essere stata fornita prova alcuna di tali carenze, la convenuta (...) ha comunque dimostrato di aver sottoposto ad adeguati controlli la società (...), riscontrando la sua adeguatezza rispetto ai servizi resi. Ancora, nel presente giudizio non vi è alcuna prova, da parte degli attori, dell'acquisto del pacchetto turistico avente ad oggetto il campo estivo, direttamente dalla (...) s.p.a. con i relativi obblighi contrattuali. Invero, l'unico fatto emerso e non contestato, è che il suddetto pacchetto era stato riacquistato dalla stessa (...) dalla (...) con la dicitura "(...)" per poi essere rivenduto, con integrazione di alcuni servizi, alla società (...) scpa che lo avrebbe rivenduto ai propri dipendenti. E' evidente, dunque, che gli attori non stipulavano alcun rapporto contrattuale diretto con la (...) s.p.a.. Alla luce delle considerazioni che precedono, la domanda nei confronti della (...) s.p.a. come proposta dagli odierni attori, va integralmente rigettata. Il rigetto della domanda nei confronti della convenuta (...) s.p.a. determina, conseguentemente, l'inutilità della pronuncia in ordine alle domande di manleva svolte nei confronti sia della (...) sia della (...) spa. 3. Può ora analizzarsi il profilo di responsabilità di (...) in ordine ai fatti evidenziati dagli attori. Come già ampiamente esposto, gli attori sostengono la sussistenza di una responsabilità della società (...) per l'omessa vigilanza, sorveglianza e custodia dei minori all'interno del campo estivo ove si trovavano che ha determinato i gravi danni al minore (...) determinato da altri minori presenti. La fonte di responsabilità invocata è quella prevista dall'art. 2048 c.c. che stabilisce che i precettori e coloro che insegnano un arte o un mestiere sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi o apprendisti nel tempo in cui erano sotto la loro sorveglianza. Ai fini della presente norma sono considerati precettori gli insegnanti di scuole pubbliche e private (Cass. 2342/1977; Cass. 263/1970; (...) Milano 7.3.1980; (...) Milano 22.3.1974), gli istruttori sportivi (Cass. 2027/1984; T. Milano 3.6.1985), gli organizzatori di una settimana bianca (Cass. 482/2003); gli assistenti di colonie per le vacanze dei minori (Cass. pen. 27.6.1989); gli addetti alla vigilanza dei minori negli istituti di osservazione dei centri di rieducazione per i minorenni (Cass. 3933/1968); i maestri in servizio presso un patronato scolastico (Cass. 826/1981). Secondo la Suprema Corte (cfr. sent. 3081/2015) costituisce onere di chi agisce per ottenere il risarcimento la prova che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che venga invocata la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie - suggerite dall'ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo - affinché, fosse salvaguardata l'incolumità dei discenti minori. La prova liberatoria dei precettori e dei maestri d'arte ha ad oggetto il dovere di vigilanza. Il periodo di vigilanza non si limita a quello durante il quale si svolgono le lezioni, ma si estende anche alla ricreazione, alle gite scolastiche, alle ore di svago trascorse nei locali scolastici o di pertinenza della scuola. Il dovere di vigilare varia con l'età: è più rigoroso per gli insegnanti di scuola elementare, si attenua nelle scuole superiori. Il precettore si libera da responsabilità, soltanto se riesce a dimostrare che era presente e che non ha potuto materialmente impedire l'evento, dato il suo carattere imprevedibile, repentino ed improvviso. In giurisprudenza si è affermato che la prova liberatoria per il precettore non può dirsi raggiunta in base alla sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo, ma richiede anche la dimostrazione di avere adottato, in via preventiva, le misure organizzative o disciplinari idonee ad evitare la situazione di pericolo ( (...) 2413/2014; (...) 9542/2009; (...) 2657/2003; (...) 5668/2001; (...) 2027/1984; (...) Roma, 16.4.2012; T. Genova 21.10.2016; T. Bologna, 17.5.2012). La prova liberatoria può consistere nella dimostrazione di aver esercitato la sorveglianza con una diligenza diretta ad impedire il fatto, essendo necessario un grado di sorveglianza correlato alla prevedibilità di quanto può accadere (C. 318/1990). Ciò posto, nel caso di specie, deve ritenersi che nessuna condotta può addebitarsi alla (...) per l'evento accaduto al minore. Come ampiamente esposto, il suddetto giudizio ha ad oggetto la responsabilità e il conseguente risarcimento dei danni subito dal minore (...) a seguito delle condotte offensive poste in essere da altri minori mentre erano all'interno del campo estivo in Castel di Sangro e, dunque, sotto la vigilanza e la custodia degli operatori della (...). Tuttavia, dall'istruttoria espletata, non è emersa alcuna omissione nel dovere di sorveglianza e vigilanza addebitabile alla (...). La società, infatti, ha adottato tutte le cautele necessarie ad evitare il danno o il pericolo posto che è emerso non solo che l'atto presuntivamente lesivo è stato posto in essere all'interno della camera dove erano alloggiati i minori, ma soprattutto che era prevista un'attività di sorveglianza non solo durante il giorno, ma anche nell'orario notturno al piano dove alloggiavano i ragazzi. Inoltre, era stata prevista la presenza h24, non solo di personale medico e infermieristico, ma anche di uno psicologo volto a sorvegliare il benessere psicologico dei minori. Le testimonianze rese, in particolare dagli ex dipendenti della (...), hanno confermato la presenza di adeguati sistemi di sorveglianza dei minori durante sia le ore diurne che notturne, nonché anche di episodi di repressione delle condotte elusive delle ordinarie regole di convivenza. Del resto, dalla testimonianza di (...), presente al momento di alcuni dei fatti accaduti al (...), si evince chiaramente che le condotte poste in essere dagli altri ragazzi presenti accadevano sempre quando i ragazzi si trovavano in stanza nell'orario di riposo sia diurno che notturno e lontano, dunque, dalla stretta sorveglianza degli addetti della (...). Non è stato dimostrato, inoltre, che l'evento non si sarebbe determinato se la sorveglianza e la vigilanza fossero state adeguate. Anzi, non è emerso che il minore abbia allertato insegnanti, allenatori o altro personale preposto dei fatti a lui accaduti né che vi fosse stato un episodio in cui gli addetti abbiano omesso l'adozione di misure repressive del comportamento dei minori presenti. Invero, dall'istruttoria espletata è emerso che, una volta appresi i fatti, i minori colpevoli dei comportamenti dannosi posti in essere nei confronti del (...), sono stati immediatamente allontanati dalla scuola/campo estivo e che al minore è stato offerto sostegno psicologico sino al termine del periodo di villeggiatura. In conclusione, si ritiene che non possa configurarsi alcuna responsabilità in capo alla (...) s.r.l. con conseguente rigetto della domanda svolta nei suoi confronti. 4. Può essere analizzata ora la responsabilità per i danni presuntivamente subiti dal minore (...), dei genitori di (...) e (...) quali autori delle condotte poste in essere. Anche in questo caso, stante la capacità di intendere e volere dei minori, la responsabilità invocata è quella dell'art. 2048 c.c. secondo cui il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato con loro convivente. Secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. sent. 4.10.1979, n. 5122; 10.4.1970, n. 1008), "se il minore è incapace di intendere e di volere, i genitori, con i quali coabita, sono responsabili del fatto dannoso da lui commesso a norma dell'art. 2047 c.c., quali persone tenute alla sorveglianza, mentre se il minore è capace di intendere e di volere, i genitori rispondono a norma dell'art. 2048 c.c., non solo quali sorveglianti, ma anche come educatori" (Cass. civ. n. 5485/1997). In questa diversa ipotesi, quindi, i presupposti della responsabilità del genitore sono l'illecito del minore, la coabitazione di questi, il non averne impedito il fatto illecito. Sotto quest'ultimo aspetto, la dottrina maggioritaria ha precisato che si tratta di un'altra ipotesi di responsabilità presunta, sotto il duplice profilo della culpa in vigilando e di quella in educando del genitore. Pertanto, essa non è esclusa da un'assenza temporanea del minore dalla residenza familiare, anche se prolungata, e quand'anche dovuta a motivi di svago, di studio o di lavoro (in giurisprudenza: Cass. civ. n. 7050/2008) Se il figlio coabitante compie un illecito in occasione di una gita scolastica, di un soggiorno di studio, di una vacanza presso o con amici e parenti ed altri simili, ed anche se questi sia stato affidato all'altrui vigilanza, quindi, il genitore ne risponderà egualmente ex art. 2048, proprio perché la responsabilità prevista dalla norma è fondata non già solo sull'obbligo di vigilanza, ma pure sul dovere di educare del minore. Quanto alla prova liberatoria richiesta ai genitori, questa è quella stessa prevista dall'art. 2047 c.c., consistendo nella dimostrazione "di non aver potuto impedire il fatto" illecito del minore. Ma il suo contenuto è stato ben diversamente definito da una risalente tradizione giurisprudenziale che non lo limita alla prova di aver diligentemente vigilato sul minore, ma lo estende alla "prova positiva di aver impartito al figlio una adeguata ed efficiente educazione, in relazione al fatto illecito specifico, atta ad escludere la "culpa in educando" (Cass. civ. n. 9556/2009). Ai fini della prova liberatoria anzidetta, i due profili di responsabilità genitoriale succitati sono strettamente interconnessi, poiché la prova di aver correttamente educato il proprio figliolo, anche con riguardo alle sue relazioni sociali extrafamiliari, esonera il genitore dall'esercizio di una vigilanza continua ed assidua su di lui. Invero: "Non occorre che il genitore provi la sua costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio quando, per l'educazione impartita, per l'età del figlio e per l'ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l'ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano mai costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi" (Cass. civ. n. 3088/1997). Ai genitori, dunque, si chiede di aver esercitato un'"adeguata attività formativa, impartendo ai figli l'educazione al rispetto delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello svolgimento delle attività extrafamiliari" (Cass. civ. n. 3963/2014), con riguardo alle regole di comportamento "vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare" (Cass. civ. n. 26200/2011). L'educazione dev'essere "personalizzata ed efficace" e, come pure la vigilanza, può ritenersi "adeguata" solo se impartita "in conformità alle condizioni sociali, familiari, all'età, al carattere e all'indole del minore" (Cass. civ. n. 26200/2011), in modo da rispondere efficacemente alle necessità educative del singolo, assunto questo tanto più attuale alla luce della formulazione dell'art. 312 bis c.c. introdotto dalla L. n. 219 del 2012. Orbene, nel caso di specie, gli attori invocano proprio una responsabilità dei genitori dei due minori (...) e (...), per omessa vigilanza ed educazione. Dal canto loro, tuttavia, i convenuti (...)-(...) e M.-R., non hanno assolutamente dimostrato di aver impartito adeguata educazione ai minori al fine di prevenire il compimento, da parte dei suddetti figli, di atti lesivi dell'altrui integrità psico-fisica come accaduto nel caso di specie. Invero, nelle difese dei convenuti menzionati, nulla si riferisce in concreto circa l'educazione dei due minori e anzi gli stessi attribuiscono l'esclusiva responsabilità alle società (...) e (...) che avevano in cura i minori per un limitato periodo di tempo (una settimana). Ragion per cui, stante la mancanza della prova liberatoria, possono verificarsi la sussistenza degli altri presupposti necessari per l'accoglimento di una domanda di risarcimento dei danni. Invero, il danneggiato che agisce contro i genitori sul fondamento dell'art. 2048 c.c. è onerato solo della prova dell'illecito del minore, del danno subito e del relativo nesso di causa (Corte appello Lecce, sez. I, 09/04/2018, n. 393, in Guida al diritto 2018, 31, 30). In ordine alla sussistenza dell'illecito del minore, non vi sono dubbi, sulla base dell'istruttoria espletata, sulla condotta ascrivibile ai due minori (...) e (...) ai danni di (...). Le condotte, infatti, risultano provate non solo dalle testimonianze degli addetti al campo estivo i quali hanno visionato i video che ritraevano il minore (...), ma soprattutto dalle dichiarazioni degli altri soggetti presenti all'interno del campo estivo. Il teste (...), sentito all'udienza del 9.9.2020 alla presenza del genitore essendo minore all'epoca, conferma che il minore (...) è stato vittima di vessazioni e aggressioni nel periodo in cui si trovava presso il campo estivo (...) nel luglio 2017. Invero, il ragazzo riferisce che (...) era sempre preso di mira dagli altri occupanti la stanza ove erano alloggiati (di cui faceva parte lui stesso) e in particolare da (...) e (...) i quali gli davano degli schiaffi, gli nascondevano le scarpe, gli dicevano frasi offensive e denigratorie, lo facevano ballare umiliandolo, lo riprendevano nell'ambito delle suddette condotte e distribuivano il video su una chat di gruppo al fine di deriderlo. Al pari anche (...), sempre presenta all'interno del campus estivo in quei momenti, riferisce di aver visto i video che ritraevano le condotte a carico del (...) e che le stesse gli venivano raccontate dallo stesso (...). Stante la prova del fatto illecito, occorre verificare la sussistenza del danno e del nesso di causalità. A tale scopo, può essere utilizzato l'elaborato peritale della dott.ssa (...) del 18.6.2021. Secondo la consulente, in merito al quesito circa la sussistenza di un nesso di causalità tra le lesioni subite e certificate dagli attori con l'evento risultante dagli atti, ha affermato che: "in considerazione dell'anamnesi del ragazzo riportata dai genitori e dell'esame clinico effettuato si ritiene che il ragazzo abbia un lieve ritardo dello sviluppo, rispetto all'età anagrafica, preesistente ai fatti. Il ragazzo ha una personalità passiva e sottomessa, è insicuro ed incapace di reagire dimostrando scarsa capacità di affermarsi nel gruppo dei pari. In considerazione dei disturbi del sonno riferiti della durata di circa tre mesi è verosimile ipotizzare che il ragazzo abbia sviluppato successivamente ai fatti un disturbo postraumatico da stress acuto risolto senza postumi quindi a carattere temporaneo. Allo stato attuale non si rilevano sintomi psicopatologici clinicamente significativi e non si evidenzia nesso di causalità fra i fatti e l'attuale condizione del ragazzo" (cfr. pag. 5-6 relazione peritale). Inoltre, rispetto alla sussistenza di danni permanenti, di un danno biologico o di peggioramenti rispetto alla situazione persistente, sempre in correlazione con l'evento, il CTU ha espressamente escluso la sussistenza di peggioramenti rispetto alla situazione persistente, nonché la presenza di postumi di natura soggettiva o elementi riconducibili a danno biologico permanente (cfr. pag. 6 relazione peritale). In esito alle osservazioni delle parti e alla richiesta di chiarimenti disposta dal precedente istruttore la consulente ha parzialmente modificato le sue conclusioni ritenendo che: "si può affermare che non sussistono postumi permanenti di natura soggettiva e non obiettivabili. Si può ipotizzare, tuttavia, che il ragazzo possa aver presentato una reazione post-traumatica di tipo acuto che non ha comportato l'evolversi in un quadro psichiatrico cronico e stabile. Riguardo al 4 quesito, alla luce della documentazione prodotta e di quanto su esposto, si può ipotizzare la comparsa di un'invalidità temporanea del 25% nei primi trenta giorni(agosto 2017) e del 10% negli altri 2 mesi (settembre e ottobre 2017). Non si rilevano elementi riconducibili a danno biologico permanente oltre tale termine."(cfr. pag. 8 relazione del 26.2.2022). Sul punto, occorre evidenziare che non vi sono giusti motivi per procedere al rinnovo della CTU o alla sostituzione del consulente come avanzata da parte attrice. La giurisprudenza di legittimità afferma che rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di disporre indagini tecniche suppletive od integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d'ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto, le indagini, sostituendo l'ausiliare del giudice; l'esercizio di tale potere, non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici (Cass. 14789/2020). Ai sensi dell'art. 196 la rinnovazione della CTU, con sostituzione del consulente, deve essere giustificata dalla sussistenza di gravi motivi, ovvero dal riscontro di rilevanti inadempienze nello svolgimento, da parte del medesimo, dell'incarico conferitogli. (T. Vicenza, 18.6.2010). L'istanza di rinnovo, in altre parole, non può basarsi unicamente sulla sussistenza di palesi divergenze tra i contenuti dell'elaborato peritale del CTU e quelli dell'elaborato del CTP tanto più se, come nel caso di specie, è stato offerto ampio spazio, alla parte interessata, per il deposito di osservazioni, è stato disposto, su istanza di quest'ultima, un supplemento di CTU per rispondere per iscritto ai rilievi critici sollevati. Orbene, dall'analisi complessiva dell'elaborato peritale non si ravvisano affatto le carenze scientifiche e logiche evidenziate da parte attrice in ordine alle conclusioni del CTU il quale ha puntualmente evidenziato sia l'accertamento effettuato sia le evidenze scientifiche su cui tale accertamento è stato fatto. Inoltre, proprio in relazione alle osservazioni delle parti, il CTU ha modificato la propria risposta al quesito e ha dimostrato di aver saputo meglio argomentare in ordine ai suoi accertamenti proprio in considerazione delle controdeduzioni dei CTP. Pertanto, in merito alla sussistenza del danno e alla quantificazione dello stesso può farsi riferimento alle conclusioni di cui alla consulenza tecnica espletata e al supplemento che il giudicante condivide e fa propri per l'accuratezza e l'esaustività con le quali sono stati raccolti i dati di base e per l'inesistenza di lacune di ordine logico-tecnico nel processo di valutazione degli elementi acquisiti e nelle argomentazioni addotte a sostegno del convincimento raggiunto, fondato su un compiuto esame anamnestico ed obiettivo e su uno studio ed una valutazione adeguati e coerenti degli elementi desunti da tale esame e dalla documentazione prodotta. Ciò posto, sulla entità dei danni patiti da (...) al momento dei fatti, la consulenza medico legale ha accertato innanzitutto che, a causa dell'evento dannoso sopra descritto, il (...) non ha riportato una ITA, mentre ha riportato una ITP di giorni 30 giorni al 25%, giorni 60 al 10%, mentre non riscontrava alcun danno permanente. Con riferimento alla concreta determinazione dei suddetti danni, ritiene questo Tribunale di applicare i criteri di liquidazione stabiliti nel D.M. 22 luglio 2019 per il danno biologico di lieve entità (al di sotto della percentuale del 9 %). Sulla scorta di quanto premesso, il risarcimento, nel caso di specie, è astrattamente quantificato in un importo pari a complessivi Euro 685,67 per il danno da invalidità temporanea. Nel caso di specie, inoltre, considerato il dolore fisico patito e l'allontanamento temporaneo dalle normali abitudini di vita, può essere riconosciuto il danno "morale-esistenziale"(personalizzazione) nella percentuale stabilita dalle citate disposizioni legislative per una percentuale del 33,33% per un totale complessivo di Euro 228,53. Possono poi riconoscersi le spese mediche sostenute per Euro 250,00, documentate in atti, mentre non possono essere riconosciute le spese mediche future perché non presenti. In definitiva, la somma totale per il risarcimento del danno patrimoniale e non subito da (...) ammonta ad Euro 1.164,20 oltre rivalutazione monetaria e interessi. Invero, ai fini dell'integrale risarcimento del danno non patrimoniale, che costituisce debito di valore, occorre riconoscere al danneggiato sia la rivalutazione monetaria che attualizza al momento della liquidazione il danno subito, sia gli interessi compensativi, volti a compensare la mancata disponibilità di tale somma fino al giorno della liquidazione del danno, sia gli interessi legali sulla somma complessiva dal giorno della pubblicazione della sentenza in poi. Non sussiste quindi alcuna incompatibilità fra valutazione all'attualità del danno biologico e il riconoscimento degli interessi compensativi, che sono volti a ristorare il diverso pregiudizio che l'avente diritto abbia subito per la ritardata percezione del suo credito (v. Cass. n. 10251 del 2002). In conclusione per tutte le ragioni esposte il Tribunale in parziale accoglimento della domanda attorea, condanna, in solido tra loro, (...), (...), nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di (...), nonché (...) e (...), genitori di (...), al risarcimento dei danni patiti da (...) come sopra indicati e come meglio precisato nel dispositivo. Rigetta nel resto la domanda attrice nei confronti di (...) s.p.a. e (...) s.r.l.. Le spese di lite seguono la soccombenza nei rapporti tra attori e convenute (...) s.p.a. e (...) s.r.l. nonché nei rapporti tra attori e restanti convenuti, e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di legge. Le spese di lite nei rapporti tra la convenuta (...) e la terza chiamata possono essere compensati stante la sussistenza del rapporto contrattuale e l'accoglimento delle difese della parte chiamante. Le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, possono essere poste interamente a carico dei convenuti (...), (...), (...) e (...) stante l'accoglimento della domanda attrice nei loro confronti. P.Q.M. Il Tribunale, definitamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - rigetta integralmente la domanda proposta da (...) e (...) nella qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale di (...), nei confronti di (...) s.p.a. e (...) s.r.l. per i motivi su esposti; - accerta e dichiara la responsabilità dei minori (...) e (...) per l'illecito perpetrato ai danni di (...) e, ex art. 2048 c.c. accerta la responsabilità di (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) per omessa vigilanza dei figli; - per l'effetto del punto precedente, condanna, in solido tra loro, (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) al risarcimento dei danni patiti da (...) e al pagamento degli stessi per complessivi Euro 1.164,20, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data dell'infortunio alla pubblicazione della presente sentenza ed oltre ai soli interessi legali dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza al saldo, in favore di (...) e (...) quali genitori di (...); - Condanna, in solido tra loro, (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...) al pagamento delle spese di lite in favore dell'avv. Pietro Salierno dichiaratosi antistatario che liquida in Euro 5.077 per compensi (scaglione sino a Euro 26.000, fasi studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe medie) oltre iva, c.p.a. e spese forfettarie come per legge; - Condanna (...) e (...), nella spiegata qualità, al pagamento delle spese di lite in favore di (...) s.p.a. e (...) s.r.l. che liquida in Euro 2.540 ciascuno per compensi (scaglione sino a Euro 26.000, fasi studio, introduttiva, istruttoria e decisionale, tariffe minime stante comunque la sussistenza del fatto illecito) oltre iva, c.p.a. e spese forfettarie come per legge, nonché al pagamento del contributo unificato e le spese di CTP documentate in favore di (...) s.p.a. ; - Compensa le spese di lite tra (...) s.p.a. e il terzo (...) s.p.a.; - Pone definitivamente a carico di (...) e (...) quali genitori di (...) nonché (...) e (...) quali genitori di (...), in solido tra loro, le spese di CTU liquidate come da separato decreto e la condanna alla restituzione di quanto eventualmente versato da altre parti in favore del CTU a titolo di acconto. Così deciso in Sulmona il 23 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI SULMONA In funzione di giudice monocratico, nella persona della dott.ssa Alessandra De Marco, nella causa civile distinta con il n. 717 R.G.A.C. per l'anno 2020 passata in decisione all'udienza di P.C. del giorno 12.01.2022 e promossa da: (...) rappresentata e difesa ex se nonché, anche disgiuntamente, dall'avv. Lu.De. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di questi in Pescara, in virtù di mandato in calce all'atto di citazione ATTRICE contro CONDOMINIO "(...)" via D. D. R. 56, in persona del suo amministratore, rappresentato e difeso dell'avv. An.Pa. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Sulmona, giusta procura in calce alla memoria di costituzione CONVENUTO ha pronunciato la seguente SENTENZA FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato in data 27.10.2020, l'avv. (...) ha convenuto in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, il Condominio "(...)" via D. D. R. n.56 per l'impugnativa della delibera dell'assemblea condominiale del 19.09.2020, deducendo il difetto di specificità dell'oggetto di cui al primo punto dell'ordine del giorno dell'avviso di convocazione dell'assemblea condominiale. Con memoria di costituzione depositata in data 27.01.2021, si è costituito in giudizio il Condominio "(...)" che, nel contestare integralmente i motivi di impugnazione deducendo l'infondatezza in fatto ed in diritto, ha concluso insistendo per il rigetto della domanda. Istruita mediante l'acquisizione della documentazione versata in atti, all'udienza del 12.01.2022, la causa, fatte precisare le conclusioni, è stata assunta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Secondo l'assunto attoreo la delibera de qua sarebbe viziata nella parte in cui, in relazione al punto 1 all'o.d.g., ha ratificato il contenuto della precedente delibera assembleare del 4.07.2020, senza che detto punto fosse stato indicato tra gli argomenti in discussione nell'avviso di convocazione. Ai fini che occupano giova premettere che, secondo la Suprema Corte (cfr. tra le altre Sez. 2, Sentenza n. 13763 del 22/07/2004; Sez. 2, Sentenza n. 21449 del 19/10/201) "In tema di deliberazioni dell'assemblea condominiale, ai fini della validità dell'ordine del giorno occorre che esso elenchi specificamente, sia pure in modo non analitico e minuzioso, tutti gli argomenti da trattare, sì da consentire a ciascun condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza, e di poter ponderatamente valutare l'atteggiamento da tenere, in relazione sia alla opportunità o meno di partecipare, sia alle eventuali obiezioni o suggerimenti da sottoporre ai partecipanti'. In altre pronunce si afferma, inoltre, che ... "affinché la delibera dell'assemblea condominiale sia valida, è sì necessario che l'avviso di convocazione elenchi, sia pure in modo non analitico e minuzioso, specificamente gli argomenti da trattare - così da far comprendere i termini essenziali di essi e consentire agli aventi diritto le conseguenti determinazioni anche relativamente alla partecipazione alla deliberazione - nondimeno, la disposizione dell'art. 1105 c.c., comma 3, - applicabile anche in materia di condominio di edifici e ove è prescritto che tutti i partecipanti devono essere preventivamente informati delle questioni e delle materie sulle quali sono chiamati a deliberare - non comporta che nell'avviso di convocazione debba essere prefigurato lo sviluppo della discussione ed il risultato dell'esame dei singoli punti da parte dell'assemblea. Al contempo si evidenzia che l'accertamento della completezza o meno dell'ordine del giorno dell'assemblea condominiale - nonché della pertinenza della deliberazione dell'assemblea al tema in discussione indicato nell'ordine del giorno contenuto nel relativo avviso di convocazione - è demandato all'apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato' (cfr. tra le altre: Cass. sez. II n. 13047/2014; Cass. n. 3634/2000; Cass. n. 21298 del 10 ottobre 2007). Alla stregua dei principi esposti questo giudice ritiene infondato il motivo di censura in esame. Nell'avviso di convocazione per l'assemblea del 19.09.2020, invero, risulta espressamente indicato al punto 1 dell'o.d.g. "ratifica conferimento incarico all'Avv. An.Pa.". Nel verbale del 19.09.2020 è riportato: "Sul 1 punto all'o.d.g. l'Amm.re illustra le ragioni per cui occorre ratificare il conferimento del mandato all'avv. Pa.An. con studio a Sulmona per l'impugnativa in Cassazione della sentenza della Corte di Appello n.1889/2019. In particolare, si riporta al contenuto della Delib. del 4 luglio 2020 con cui veniva deliberato di proseguire la causa contro la T. con il ricorso in Cassazione avverso la sopramenzionata sentenza. I condomini ribadiscono la propria volontà espressa nella Delib. del 4 luglio 2020 e confermano e ratificano l'incarico all'avv. Pagliaro e tutto quanto discusso e deliberato nell'assemblea del 4.7.2020". Orbene, dal raffronto tra l'argomento all'o.d.g e quanto deciso dall'assemblea, la parte del deliberato riguardante "la ratifica di tutto quanto discusso e statuito nell'assemblea del 4.7.2020" altro non è che il necessario antecedente logico e giuridico della volontà del Condominio di confermare il conferimento del mandato all'avv. Pa. per la prosecuzione della causa con l'impugnativa in Cassazione della sentenza della Corte di Appello n.1889/2019. D'altra parte, di detta volontà del Condominio di ribadire il "decisum" della Delib. del 4 luglio 2020, l'odierna parte attrice era già a conoscenza, come si evince dal fatto che, al secondo punto dell'o.d.g., risulta indicato il distinto ed ulteriore argomento relativo all' "autorizzazione all'amministratore per la mediazione n. 56/2020 su istanza della condomina (...) presso la Camera di Conciliazione di Sulmona e relativa nomina all'avv. An.Pa." in quanto avente ad oggetto proprio l'impugnazione della Delib. del 4 luglio 2020. Per tutte le ragioni su esposte, la domanda va pertanto rigettata. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, così provvede: - Rigetta la domanda; - Condanna l'avv. (...) alla rifusione, in favore del Condominio convenuto, alla rifusione delle spese di lite, che si liquidano complessivamente in Euro.2.666,30, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Sulmona il 16 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 17 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA n. 284/2022 pubblicata il 19/12/2022 nella causa civile TRA (...) = attore = CONTRO CONDOMINIO = convenuto = CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione ritualmente notificato con il quale (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e (...) hanno impugnato la delibera di approvazione, in particolare, del bilancio consuntivo e riparto 01.07.2018 - 30.06.2019 e del bilancio preventivo e riparto 01.07.2019 30.06.2020, adottata dall'assemblea condominiale in data 29.02.2020, chiedendone conclusivamente l'annullamento con vittoria delle spese di causa. 2. A sostegno della predetta impugnazione hanno dedotto che: (a.) che nel primo punto dell'ordine del giorno diretto ad approvare il consuntivo dell'esercizio 2018-2019, vi era stato l'illegittimo inserimento, di presunti oneri arretrati a carico degli odierni opponenti, rispettivamente, di Euro 10.482,85, per la sig.ra (...) e di Euro 12.107,58 per il sig. GBT; (b.) che detti importi erano stati già oggetto di due giudizi svoltisi innanzi al medesimo Tribunale, l'uno (R.G. n. 1101/2014) avente analogo oggetto di impugnativa di delibera assembleare, conclusosi con l'annullamento della delibera assunta dal Condominio (Sent. n. 293/2016), l'altro (R.G. n. 207/2016) di opposizione a D.I. ottenuto dal Condominio per il pagamento degli oneri, conclusosi con l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo (Sent. n. 338/2017); (c.) che i predetti oneri erano stati inseriti sotto la voce saldi precedenti della gestione ordinaria 2019-2020 senza altra indicazione per cui non erano stati messi in grado di verificare e di contestare la pretesa. 3. Vista la comparsa di costituzione con la quale il Condominio AEDES ha resistito alla domanda azionata dinanzi al Tribunale, ha contestato tutto quanto dedotto dalla parte avversa siccome infondato in fatto e in diritto, ha eccepito in particolare: (a.) l'inammissibilità della spiegata impugnazione per tardività del deposito dell'istanza di mediazione obbligatoria; (b) la carenza di interesse ad agire asserendo che la delibera impugnata in questa sede era stata superata dalla successiva delibera del 3.10.2020 non impugnata dagli odierni attori; (c.) la cessazione della materia del contendere asserendo che l'organo deliberativo, seppur non avesse riportato all'approvazione i bilanci di cui alla delibera impugnata, aveva comunque approvato, senza opposizione degli odierni attori, quelli dell'esercizio successivo (rendiconto consuntivo 2019-20 e bilancio preventivo 202021, con i relativi riparti di spesa) con i medesimi criteri di ripartizione; (d.) l'infondatezza in fatto ed in diritto delle doglianze avversarie asserendo che il riparto delle quote approvate e l'ammontare delle stesse era da ritenersi corretto, completo e dettagliato per ogni singola voce. 4. Ha pertanto chiesto di accertare e dichiarare: (a.) l'inammissibilità dell'impugnazione per tardività del deposito dell'istanza di mediazione obbligatoria nel termine perentorio previsto dalla legge; (b.) in subordine, rigettare la domanda per la carenza di interesse ad agire in capo agli attori per l'avvenuto consolidamento della delibera del 3.10.2020; (c.) in via gradata l'avvenuta cessazione della materia del contendere; (d.) in via residuale l'infondatezza in fatto ed in diritto della domanda; (e.) con vittoria di spese e competenze di lite. 5. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 legge 18/06/2009, n. 69. 5. La causa, istruita con solo produzioni documentali, previa precisazione delle conclusioni, è stata assegnata a decisione con concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 6. Esaminati e valutati gli atti di causa e la documentazione prodotta dalle parti. 7. L'opposizione proposta dal sig. (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...) e dal sig. (...) è infondata per le ragioni qui di seguito esposte e, pertanto, va respinta. 8. Rilevato: a. che gli opponenti lamentano sostanzialmente che, nel consuntivo esercizio 2018-2019 approvato con la delibera del 29.02.2020, oggetto della presente impugnazione, vi era stato l'illegittimo inserimento a loro carico, di presunti oneri arretrati, rispettivamente, di Euro 10.482,85, per la sig.ra (...) e di Euro 12.107,58 per il sig. GBTe che detti oneri, a loro dire, erano stati già oggetto di due giudizi svoltisi innanzi al medesimo Tribunale di Sulmona, l'uno (R.G. n. 1101/2014) avente analogo oggetto di impugnativa di delibera assembleare, conclusosi con l'annullamento della delibera assunta dal Condominio (Sent. n. 293/2016), l'altro (R.G. n. 207/2016) di opposizione a D.I. ottenuto dal Condominio per il pagamento degli oneri, conclusosi con l'accoglimento dell'opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo (Sent. n. 338/2017); b. che il condominio convenuto ha invece dedotto tra le altre, la carenza di interesse ad agire e la cessazione della materia del contendere asserendo che l'organo deliberativo, seppur non avesse riportato all'approvazione i bilanci di cui alla delibera impugnata, con successiva delibera del 03.10.2020, aveva comunque approvato, senza opposizione degli odierni attori, quelli dell'esercizio successivo (rendiconto consuntivo 2019-20 e bilancio preventivo 2020-21, con i relativi riparti di spesa) con i medesimi criteri di ripartizione. 9. Considerato che secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, al quale l'odierno Giudicante intende dar seguito anche in questa sede, il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante), una volta approvato dall'assemblea può essere impugnato ai sensi dell'art. 1137 c.c. costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso (cfr. Cass. civ. sez. VI, 15/02/2021, n. 3847; nel medesimo senso si veda; Cass. civ. sez. II, 25/02/2014, n. 4489; Tribunale Cosenza sez. II, 03/08/2022, n. 1488). Una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell'anno precedente, a meno che l'esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all'amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo. Non ha senso invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della delibera condominiale che, nell'assenza di un'unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese (cfr. in motivazione Cass. civ. sez. VI, 24/09/2020, n. 20006; nel medesimo senso si veda Cass. civ. sez. II, 21.08.1996, n. 7706). 10. Ne consegue dunque che, una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno di questi dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, facendo applicazione del richiamato indirizzo, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, come peraltro è avvenuto nel caso in esame. 11. Deve dunque ritenersi corretto, legittimo e conforme al richiamato indirizzo, l'inserimento nel consuntivo approvato con la delibera impugnata delle pregresse morosità, non sanate, degli odierni attori. Inoltre anche dall'esame degli altri rendiconti e consuntivi depositati con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. risulta il credito che il Condominio vanta nei confronti degli attori. La pregressa morosità, non sanata, risulta altresì inserita nel rendiconto consuntivo 2019-2020 approvato dal condominio con la summenzionata delibera del 03.10.2020, non oggetto di impugnativa. 12. Peraltro, non sono state formulate dagli attori, se non genericamente, ulteriori specifiche contestazioni circa la sussistenza ed entità della morosità nel pagamento degli oneri condominiali riportata nel predetto consuntivo. Inoltre, nessuno rilievo può attribuirsi alle sentenze (peraltro contestate dal condominio convenuto) richiamare dagli attori in citazione, atteso che le stesse non risultano nemmeno prodotte in giudizio. 13. Rilevato infine come, nel caso di specie, sia pacifico che la citata delibera del 03.10.2020 (allegato fasc. convenuto) non sia stata nemmeno oggetto di impugnazione, sicché essa costituisce ulteriore prova del credito vantato dal Condominio convenuto. 14. In conclusione, per i motivi esposti, in applicazione degli indirizzi richiamati, ritiene il Giudicante che la domanda attore debba essere rigettata e la delibera impugnata debba quindi essere confermata. Ogni altra questione resta assorbita. 15. Le spese di giudizio vanno poste a carico della parte opponente, sostanzialmente soccombente, ed in favore del Condominio opposto, e liquidate come da dispositivo secondo lo scaglione del valore della domanda, sulla base dei valori medi di cui al D.M. 55/2014, avuto riguardo allo svolgimento del processo e all'attività defensionale. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e da (...) nei confronti del Condominio (...), in persona dell'amministratore pro tempore, iscritta al n. 828 del registro generali degli affari contenzioni civile dell'anno 2020, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. rigetta per i motivi esposti l'opposizione formulata dal sig. (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e dal sig. (...) avverso la citata delibera di approvazione, in particolare, del bilancio consuntivo e riparto 01.07.2018 - 30.06.2019 e del bilancio preventivo e riparto 01.07.2019 - 30.06.2020, adottata dall'assemblea condominiale in data 29.02.2020 2. condanna (...), nella qualità di procuratore generale della sig.ra (...), e dal sig. (...) a rifondere, al Condominio convenuto, le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.715,00 (la fase istruttoria conteggiata al minino stante l'assenza di specifiche richieste istruttorie), oltre spese generali al 15%, iva e cpa, come per legge. Così deciso in Sulmona il 16 dicembre 2022. Depositata in Cancelleria il 16 dicembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 123 dell'anno 2020 vertente TRA (...) ((...)), nato il (...) a P. e residente in S. V. A.C. (P.), elettivamente domiciliato in Pescara, alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. Da.MO. che lo rappresenta e difende in giudico in virtù di procura in atti attore CONTRO (...) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in R. alla via G. V. B. n. 105 (P.IVA (...)), rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti Ma.Se. e Ma.Me., in virtù di procura in atti, elettivamente domiciliata in Raiano alla via (...), presso lo studio dell'Avv. (...) convenuto CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione ritualmente notificato, con il quale il sig. (...) ha convenuto in giudizio dinanzi questo Tribunale, la (...) Spa, chiedendone la condanna al pagamento in suo favore della somma di Euro 14.560,31, o di quella minore o maggiore che sarà ritenuta di giustizia, della rivalutazione monetaria, degli interessi e spese di causa, a titolo di risarcimento ex art. 2051 c.c. e, in subordine, ex art. 2043 c.c., dei danni subiti dall'autovettura modello (...), targato (...) di sua proprietà, a causa dell'impatto avvenuto il giorno 23 settembre 2019, alle ore 3:45 circa, contro un masso di circa 50 centimetri di diametro, staccatosi dalla scarpata scoscesa a monte della carreggiata, non fermato dal guard-rail (trovato introflesso dagli agenti della Polizia Stradale), né tanto meno dalla rete di recinzione, e finito sulla sede autostradale della A25 - Strada dei Pachi - direzione di marcia Pescara - Roma, in prossimità della progressiva chilometrica 125+600 del comune di Anversa degli Abruzzi, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e/o segnalazione. 2. Vista la comparsa di costituzione con la quale la (...) Spa: (a.) ha dedotto, nel merito, l'infondatezza della domanda non rinvenendosi, a suo dire, a suo carico, alcun profilo di responsabilità sia ai sensi dell'art. 2051 c.c., non applicabile nel caso di specie, sia ai sensi dell'art. 2043 c.c., essendosi il sinistro, in ogni caso, verificatosi per fatto e colpa del conducente la (...) il quale, nell'occasione, non teneva una condotta di guida prudente ed una velocità adeguata tale da consentirgli di accorgersi della presenza dell'ostacolo e di porre così in essere le manovre più opportune per evitare la collisione dedotta; (b.) ha contestato la quantificazione del danno nonché la valenza dei relativi documenti prodotti in giudizio; (c.) ha chiesto pertanto il rigetto della domanda attorea perché infondata in fatto e diritto e non provata, con condanna alle spese di giudizio. 3. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto di cui al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 L. 18 giugno 2009, n. 69. 4. Nel corso del giudizio è stata ammessa ed espletata la prova testimoniale e la CTU, e la causa, sulle conclusioni precisate dalla parte attrice, è stata trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.. 5. Premesso che appare necessario procedere preliminarmente alla qualificazione giuridica della domanda, in base alle circostanze di fatto dedotte nell'atto introduttivo, anche al fine di individuare il criterio di ripartizione dell'onere della prova. 6. Rilevato che l'azione proposta dall'attrice è diretta a far valer la responsabilità della (...) Spa, quale gestore/custode del bene all'interno del quale il sinistro dedotto si è verificato, per i danni non patrimoniali in conseguenza dell'impatto avvenuto contro il descritto masso non segnalato presente sulla sede stradale della A25 direzione Pescara - Roma, località di Anversa degli Abruzzi. 7. Ritiene l'odierno Giudicante che, la domanda di risarcimento danni, quantunque l'attore abbia manifestato la propria intenzione di proporre una domanda sia ex art. 2051 c.c. che ex art. 2043 c.c., va sicuramente ricondotta nell'ambito di applicazione dell'art. 2051 c.c., rinvenendosi, a dire dell'attore, una responsabilità della (...) Spa per non aver eliminato il pericolo alla pubblica incolumità, rappresentato dalla presenza di un masso di circa 50 centimetri di diametro staccatosi dalla scarpata a monte della carreggiata e finito sulla carreggiata dell'autostrada A25, direzione Pescara-Roma, in prossimità della progressiva chilometrica 125+600 del Comune di Anversa degli Abruzzo, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e/o segnalazione. 8. In tale ipotesi è notorio che il convenuto risponde in qualità di custode dei danni a titolo di responsabilità oggettiva per il solo nesso di causalità esistente fra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi, pertanto, la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, imputandosi la responsabilità a chi, di fatto, si trova nella condizione di controllare i rischi inerenti alla cosa. 9. Difatti è pacifico in giurisprudenza che la responsabilità ex art. 2051 c.c., per i danni arrecati da cose in custodia, ha carattere oggettivo e per la sua configurabilità è sufficiente che l'attore dimostri il verificarsi dell'evento dannoso e del rapporto di causalità con la cosa, salva la prova del fortuito incombente invece sul custode. 10. Dunque la norma citata, configura una ipotesi di vera e propria responsabilità oggettiva a carico del custode la quale si fonda pertanto, non su un comportamento o un'attività di tipo colposo, ma sulla semplice relazione causale tra la cosa e l'evento. Si richiama opportunamente in merito il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito secondo cui "la responsabilità di danni cagionati da cose in custodia prevista dall'art. 2051 c.c. prescinde dall'accertamento del carattere colposo dell'attività o del comportamento del custode e ha carattere oggettivo, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; che tale responsabilità prescinde, altresì, dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato - con effetto liberatorio totale o parziale - anche dal fatto del danneggiato, avente un'efficacia causale tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l'evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile alla produzione del danno" Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014, n. 3793; Cass. Civ. 19/05/2011, n. 1106; Cass. Civ. Sez. III, 05/12/2008, n. 28811; nel medesimo senso si veda anche, Cass. Civ. sez. III, 17/01/2020, n. 858; Cass. Civ. sez. VI, 16/05/2017, n. 12027; Cass. Civ. 11/03/2011, n. 5910; Cass. Civ. n. 25594/2015; Cass. Civ. n. 23584/2013; Cass. Civ. sez. III, 27/03/2020, n.7580; Tribunale Lecce, 06/04/2020, n. 934 Tribunale L'Aquila, 09/07/2019, n. 530). 11. Il carattere oggettivo della responsabilità per i danni arrecati da cose in custodia è stato recentemente riconfermato dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 20943/2022 secondo cui "La responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode" (cfr. Cass. civ. sez. un., 30/06/2022, n. 20943). 12. Con orientamento ugualmente consolidato, la giurisprudenza di legittimità ha ormai inequivocabilmente chiarito che la disciplina prevista dall'art. 2051 c.c. è anche applicabile ai proprietari o concessionari delle strade aperte al pubblico transito o, comunque, preposti alla loro manutenzione, presumendosi gli stessi responsabili dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo il caso fortuito (cfr. Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014; nel medesimo senso si veda anche: Cass. Civ. sez. III, 12/03/2013, n. 6101; Cass. Civ. sez. III, 18/07/2011, n. 15720; Cass. Civ. sez. III, 11/11/2011, n.23562; Cass. Civ. sez. III, 25/07/2008, n. 20427; Cass. Civ. sez. III, 13/01/2015, n. 295; Cass. Civ. sez. III, 09/06/2016, n. 1802; Cass. Civ. sez. VI, 19/03/2018, n. 6703; Cass. Civ. sez. III, 02/07/2019, n. 17658; Cass. Civ. sez. III, 18/06/2019, n. 16295). 13. Tale indirizzo è stato recentemente ribadito dalla Cassazione affermando che, "a carico dei proprietari o concessionari delle strade (e delle autostrade) è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall'art. 2051 c.c., essendo possibile ravvisare (come nel caso in esame) un'effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate e delle relative pertinenze, riconducibile ad un rapporto di custodia" (cfr. in motivazione Cass. Civ. sez. III, 07/05/2021, n. 12166; nel medesimo senso si veda Cass. Civ. sez. III, 20/11/2020, n. 26527; Cass. Civ. sez. III, 29/03/2007, n. 7763; Cass. Civ. sez. III, 20/02/2006, n. 3651). 14. Per quanto riguarda il regime della prova, grava dunque sul danneggiato l'onere di dimostrare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera oggettiva idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o anche dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità ed eccezionalità (Cass. Civ. sez. III, 18/02/2014, n. 3793; nel medesimo senso si veda anche Cass. Civ. sez. III, 17/01/2020, n. 858; Cass. Civ. sez. III, 09/03/2020, n. 6651; Cass. Civ. 19/05/2011, n. 1106; Cass. Civ. 11/03/2011, n. 5910; Cass. Civ. sez. III, 05/02/2013, n. 2660; Cass. civ. sez. VI, 25/01/2022, n. 2118; Tribunale Bergamo, 03/03/2020, n.510; Tribunale Milano sez. X, 16/01/2020, n. 424; Corte appello Milano sez. II, 27/02/2020, n.665). 15. Rilevato che, nel caso di specie, l'attore asserisce di aver impattato, alla guida della sua autovettura, contro il descritto masso, in assenza di qualsiasi idonea precauzione e segnalazione, per cui spettava allo stesso attore provare l'esatta dinamica del sinistro ed il nesso causale tra l'evento lesivo e ed il bene in custodia (cfr. Cass. civ. sez. VI, 25/01/2022, n. 2118). 16. Facendo dunque applicazione dei richiamati indirizzi nel caso in esame, la valutazione delle produzioni documentali e della prova testimoniale assunta nel corso del giudizio, consente ad avviso del Giudicante, di ricostruire l'esatta dinamica del sinistro e, in particolare, che il danno dedotto dall'attore sia avvenuto proprio impattando contro il masso descritto in citazione, e, quindi, di ritenere provato il nesso di causalità tra il bene in custodia e l'evento lesivo lamentato dall'attore. 17. Difatti, si veda in particolare: (1.) la relazione di servizio redatta dagli agenti della Polizia Stradale di Pratola Peligna (allegata fascicolo di parte attrice) i quali, intervenuti nell'immediatezza sul luogo del sinistro, accertavano la presenza sulla corsia di sorpasso dell'autostrada A25 dell'auto incidentata, una (...), targato (...) e del proprietario/conducente della stessa, (...); rilevavano la presenza del masso di circa 50 centimetri di diametro sulla carreggiata contro cui la (...) ha impattato, nonché danni visibili al parabrezza anteriore, cofano motore, fari, radiatore, nonché danni al motore ecc., oltre a danni meccanici da accertare; non rilevavano in prossimità del luogo del sinistro segnali riferiti alla presenza del masso (2.) la dichiarazione di conferma della predetta relazione di servizio resa all'udienza del 10.05.2021 (cfr. verbale) da uno degli agenti intervenuti sul luogo del sinistro, Agente Scelto IMPERATORE (...); (3.) la dichiarazione resa alla predetta udienza dal sig. (...) che, al momento del sinistro si trovava a bordo della (...), e della cui attendibilità non vi sono ragioni processuali per dubitare, con la quale conferma la presenza del masso descritto in citazione sulla sede stradale della A25, direzione di marcia Pescara-Roma e l'impatto contro di esso della (...) dell'attore che conduceva il predetto veicolo ad una velocità non alta e comunque inferiore al limite di velocità esistente sull'autostrada (cfr. verbale del 10.05.2021). 18. Ritenuto pertanto che, come emerso dall'istruttoria, non può essere messa in discussione la materialità dell'evento, essendo provato che, nelle circostanze di tempo e di luogo, la (...) condotta dall'attore impattava contro il masso presente sulla carreggiata della A25, in assenza di segnaletica e/o di altra precauzione che preavvertivano gli utenti dell'autostrada della sua presenza, riportando così danni visibili alla carrozzeria e ad altre parti meccaniche e non del veicolo. 19. Considerato peraltro che l'Ente convenuto non ha provato che l'evento dannoso sia stato causato in esclusiva o in concorrenza, da un fattore eccezionale, imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza o dal fatto colposo del terzo o dello stesso danneggiato. Non ha provato nella specie che il conducente la (...) abbia posto in essere una condotta talmente disattenta, imprudente ed imprevedibile, tale da diventare la causa esclusiva e/o concorrente del sinistro. Non ha provato che il conducente della (...), nelle condizioni di tempo e di luogo, stesse procedendo ad una velocità non utile allo stato dei luoghi e tale da non consentirgli di avvistare la presenza del masso nel tratto stradale teatro del sinistro e di adottare conseguentemente manovre idonee ad evitarlo. Non risulta infine provato dalla convenuta che il danno si è verificato in modo non prevedibile e né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso, ovvero che la presenza dell'ostacolo predetto non era conoscibile e né eliminabile con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione. Peraltro la convenuta non ha formulato richieste istruttorie dirette a contrastare, anche con propri testimoni, quanto accertato dagli agenti della Polizia Stradale intervenuti sul luogo del sinistro e dichiarato dal teste (...) indicato dall'attore 20. È evidente che la (...) è venuta meno agli obblighi di vigilanza, controllo e manutenzione del tratto di strada in questione la cui doverosa osservanza le avrebbe consentito di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire l'evento dannoso quale quello lamentato dall'attore. 21. Si richiama anche in questo caso il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità riaffermato anche recentemente secondo il quale "In tema di danno da cose in custodia, il custode è invero tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative, nel caso, art. 14 C.d.S.), e già del principio generale del neminem laedere" (Cass. Civ. sez. III, 07/05/2021, n. 12166). 22. Accertato quindi il nesso causale tra l'impatto della (...) e la situazione oggettiva del luogo e, in mancanza di prova del caso fortuito, la stessa convenuta va condannato al risarcimento del danno derivato alla parte attrice a seguito del sinistro. 23. In ordine alla valutazione e quantificazione dei danni, persistendo il contrasto tra le parti circa la quantificazione del danno ed il valore commerciale del veicolo incidentato, nel corso del giudizio è stata ammessa ed espletata CTU a mezzo dell'Ing. (...) il quale è stato incaricato di accertare in particolare il valore commerciale della (...) di proprietà dell'attore al momento del sinistro oggetto di causa e l'entità dei danni riportati in conseguenza del sinistro stesso. 24. Nella relazione depositata telematicamente il 16.12.2021, senz'altro condivisibile stante la correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti, redatta a seguito delle operazioni peritali svoltesi in contraddittorio con le parti, il CTU ha ritenuto antieconomica le riparazioni da eseguire sull'autovettura incidentata (quantificate in Euro 15.543,57) rispetto al valore commerciale che il veicolo aveva prima del sinistro stimato in Euro 5.700,00 (valore medio tra un min. di Euro. 5.500,00 e un max. di Euro. 5.900,00), escluse le spese di immatricolazione di nuova autovettura simile a quella per cui è causa. 25. Richiamato opportunamente in merito l'ormai consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, al quale si intende dar seguito in questa sede, secondo cui, "La domanda di risarcimento del danno subito da un veicolo a seguito di incidente stradale, quando abbia ad oggetto la somma necessaria per effettuare la riparazione dei danni, deve, infatti, considerarsi come richiesta di risarcimento in forma specifica, con conseguente potere del giudice, ai sensi dell'art. 2058, 2 comma c.c., di non accoglierla e di condannare il danneggiante al risarcimento per equivalente, ossia alla corresponsione di un somma pari al valore del bene prima dell'urto, allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo" (cfr. Cass. Civ. sez. III, 12/10/2010, n. 21012; nel medesimo senso vedi, Cass. Civ. sez. III, 26/05/2014, n. 11662; Cass. Civ. sez. VI, 28/04/2014, n. 9367; Cass. Civ. sez. VI, 04/11/2013, n. 24718; Cass. Civ. sez. III, 04/03/1998, n. 2402), nel caso in esame, stante la accertata antieconomicità delle riparazioni, rispetto al valore commerciale che la (...) aveva prima del sinistro, facendo applicazione del riferito indirizzo, a parere dell'odierno Giudicante, deve, pertanto, liquidarsi all'attore, a titolo di risarcimento danni, la somma di Euro 5.700,00, comprensiva del valore commerciale dell'autovettura prima del sinistro, come determinato dal CTU Ing. (...) nella citata relazione depositata in atti ed alla quale si fa riferimento per la quantificazione del risarcimento danni reclamato dall'attore; 26. Sulla predetta somma liquidata a titolo di risarcimento danni, con riferimento in sostanza all'epoca del fatto, vanno riconosciuti gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo, ciò in applicazione del principio affermato dalla Cassazione, al quale si intende dar seguito in questa sede, secondo il quale "in materia di obbligazioni risarcitorie, aventi natura di debito di valore, la somma liquidata a titolo di risarcimento del danno deve essere annualmente rivalutata secondo gli indici Istat dal momento dell'evento dannoso sino alla data di pubblicazione della sentenza e sulla somma annualmente rivalutata devono calcolarsi gli interessi nella misura legale. Dal momento della pubblicazione della sentenza, invece, poiché il debito si converte in debito di valuta, la rivalutazione non è più dovuta ma, sino all'effettivo pagamento, devono essere corrisposti gli interessi moratori in applicazione della disposizione contenuta nell'art. 1224 c.c., comma 1" (cfr. Cass. Civ. sez. un. 17/02/1995, n. 1712; Cass. Civ. sez. III, 31/05/2017, n. 13718; Cass. Civ. sez. I, 17/09/2015, n. 18243; Cass. Civ. sez. III, 18/07/2011, n. 15709). 27. Ritenuto in definitiva che la (...) Spa debba essere condannata al pagamento in favore dell'attore, della predetta somma di Euro 5.700,00, oltre gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo. 28. Le spese di giudizio vanno poste a carico della (...) Spa, sostanzialmente soccombente, e liquidate come da dispositivo secondo lo scaglione del valore della domanda, sulla base dei valori minimo di cui al D.M. n. 55 del 2014 (stante la somma liquidata vicina al valore minimo della fascia di scaglione di riferimento) in ragione dell'importo dei danni liquidati) avuto riguardo allo svolgimento del processo e all'attività defensionale. 29. Le spese della CTU, già precedentemente liquidate nel corso del giudizio in complessiva Euro 1.712,03 (di cui Euro 157,00 per spese e Euro 1.555,03 per onorario), oltre IVA e contributo per cassa previdenza ed assistenza di categoria come per legge, vanno poste definitivamente per intero a carico della parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta dal sig. (...) nei confronti della (...) Spa, iscritta al n. 123 del registro generali degli affari contenzioni civile dell'anno 2020, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. accerta e dichiara che il sinistro stradale per cui è causa, per i motivi esposti, è ascrivibile alla esclusiva responsabilità ex art. 2051 c.c. della (...) Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore; 2. per l'effetto condanna la (...) Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, a pagare al sig. (...) la somma di Euro 5.700,00, oltre gli interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal giorno del sinistro a quello del deposito della sentenza e gli interessi legali, sulla somma determinata all'attualità, dalla data del deposito della sentenza al saldo effettivo; 3. condanna l'Ente convenuto, in considerazione dei parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale di cui al D.M. n. 55 del 2014, al pagamento in favore dell'attore delle spese processuali che liquida in complessive Euro 2.097,50 compenso professionale di avvocato ed in Euro 237,00 per rimborso contributo, oltre rimb. 15% spese forfettarie, IVA e CAP nella misura e come per legge; 4. pone definitivamente a carico della (...) Spa le spese della CTU già precedentemente liquidate in Euro 1.712,03 (di cui Euro 157,00 per spese e Euro 1.555,03 per onorario), oltre IVA e contributo per cassa previdenza ed assistenza di categoria come per legge. Così deciso in Sulmona il 27 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE SULMONA In composizione monocratica nella persona del giudice dott.ssa Marta Sarnelli, all'udienza del 21.9.2022, nella causa civile in grado di appello, iscritta al n. 620/2021 R.G., avente ad oggetto appello a sentenza del Giudice di pace di Castel di Sangro n. 79/2021 in materia di opposizione a decreto ingiuntivo e vertente tra (...), (C.F.: (...)), elettivamente domiciliato in Castel di Sangro via (...) presso lo studio dell'avv. An.Di. che la rappresenta e difende come da procura in calce all'atto di appello; - APPELLANTE - E (...) S.R.L., (p.Iva (...)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Pescocostanzo alla via (...) e rappresentata e difesa dall'avv. Ma.Fa. del Foro di Napoli come da procura in calce alla memoria di costituzione; -APPELLATO- Ha emesso la seguente SENTENZA IN FATTO Premesso che: - con atto di appello ritualmente notificato (...), ha proposto appello alla sentenza n. 79/2021 depositata il 2.07.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro con la quale è stata rigettata l'opposizione al decreto ingiuntivo n. 35/2019 emesso dal Giudice di Pace di Castel Di Sangro con il quale si ingiunge all'appellato il pagamento della somma di Euro 1.330,11, oltre interessi e spese, in favore della (...) s.r.l. Impresa di costruzione, relativa ai lavori di straordinaria manutenzione effettuati dalla stessa presso il fabbricato condominiale di cui fa parte il (...); - A sostegno dell'appello l'attore ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata: per erronea interpretazione delle risultanze istruttorie; omessa e insufficiente motivazione in relazione a punti decisivi della controversia; violazione di legge. - Con comparsa dell'11.2.2022 si costituiva in giudizio la (...) s.r.l. chiedendo, in via principale il rigetto dell'appello e ribadendo le eccezioni già proposte nel giudizio di primo grado in ordine alla fondatezza dell'avversa opposizione al decreto ingiuntivo. La causa viene discussa e decisa all'udienza del 21.9.2022 mediante lettura del dispositivo. IN DIRITTO Prima di entrare nel merito del citato appello occorre premettere una descrizione sommaria del giudizio di primo grado e dei motivi di opposizione. Con ricorso del 27.6.2019 la (...) s.r.l. Impresa di costruzioni ha richiesto l'emissione di decreto ingiuntivo nei confronti di (...) per l'importo di Euro 1330,11 quale quota di compenso per i lavori effettuati nel Condominio sito in (...) di S. Via P. N. n. 48. A sostegno della propria pretesa la società sosteneva che: - La società è esecutrice dei lavori di straordinaria manutenzione del fabbricato sito a (...) di S. Via P. N. n. 48 giusta delibera condominiale n. 48 del 30.7.2019 per importo di 25.034,20 più iva; - Nel punto 2 del predetto incarico veniva pattuito che il Cremonini, quale compenso dell'attività svolta dalla società ricorrente, si impegnava a versare un compenso del 33% oltre IVA del credito recuperato; - I lavori venivano eseguiti come da contratto; - Considerato che i lavori venivano parzialmente pagati, la società chiedeva all'amministratore condominiale i nominativi dei condomini morosi al fine di poter agire esecutivamente contro gli stessi; - In data 16.2.2019 l'amministratore comunicava che risultava moroso il condomino (...) per la somma di Euro 1330,11 come da piani di riparto allegati; - Nonostante i solleciti il (...) non provvedeva a corrispondere l'importo indicato. Sulla base del predetto ricorso veniva dunque emesso, dal Giudice di Pace di Castel di Sangro, il decreto ingiuntivo n. 35/2019 in data 12.7.2019 con il quale si ingiungeva a (...) il pagamento della somma di Euro 1330,11, nonché interessi e spese. Con ricorso del 25.2.2020 proponeva opposizione (...) incardinato il giudizio n. 63/2020 dinanzi al Giudice di Pace di Castel di Sangro deducendo: - La mancanza della prova scritta del credito ingiunto - infondatezza della pretesa; - Infondatezza del credito-revoca del decreto ingiuntivo. Orbene, come sopra esposto, con la sentenza n. 79/2021 il Giudice di Pace di Castel di Sangro ha rigettato l'opposizione proposta ritenendo che vi fosse la prova del credito azionato e la fondatezza dello stesso. Tanto premesso, è ora possibile analizzare l'appello proposto avverso la predetta sentenza. In primo luogo, l'odierno appellante censura la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Castel di Sangro in quanto il Giudice avrebbe erroneamente interpretato le risultanze istruttorie. In particolare, il Giudice avrebbe fondato la sua valutazione, in ordine all'insussistenza di contestazioni del ricorrente ai lavori effettuati dalla (...) s.r.l., senza valutare che lo stesso condomino, con due raccomandate del 22.2.2019 e del 27.3.2019 aveva richiesto all'amministratore la convocazione dell'assemblea condominiale al fine di contestare la corretta esecuzione dei lavori da parte della società e la conformità degli stessi alla normativa vigente. Tale eccezione è priva di fondamento. Preliminarmente, in ordine alla legittimazione della (...) s.r.l., quale ditta esecutrice dei lavori del fabbricato condominiale, occorre osservare che la stessa ha agito correttamente nei confronti del condomino moroso. Invero, ogni qualvolta l'amministratore condominiale stipuli un contratto con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, rispettivamente concernenti l'intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al condominio, rappresentato proprio dall'amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti al relativo pagamento in ragione e nella misura della partecipazione al condominio, ai sensi dell'art. 1123 cod. civ. (cfr. Corte d'Appello Salerno Sez. II, Sent., 07/07/2020). Ne deriva che la natura parziaria dell'obbligazione contratta dall'amministratore per conto dei condomini non limita, in sede cognitiva, il diritto di azione del creditore, che può indifferentemente evocare in giudizio i singoli condomini morosi o il condominio, in tal modo conseguendo, in entrambi i casi, un titolo da porre in esecuzione nei confronti dei singoli condomini per la quota di rispettiva competenza, operando la parziarietà come regola di imputazione interna del debito (cfr. Cass. ord. 9 giugno 2017, n. 14530; Cass. ord. 29 ottobre 2018, n. 27363). Pertanto, il creditore del condominio è legittimato ad agire in giudizio, anche in via monitoria, per precostituirsi il titolo esecutivo ne i confronti sia dell'ente di gestione, in persona dell'amministratore pro tempore, sia dei condomini inadempienti, dovendo, in ogni caso, e, in particolare, ove intenda promuovere l'espropriazione forzata, richiedere a ciascun condomino moroso, proprio in ossequio al principio della parziarietà delle obbligazioni assunte nell'interesse del condominio, il pagamento della sola quota dallo stesso dovuta a norma dell'art. 1123 cod. civ.. In definitiva, il creditore, nell'agire in giudizio nei confronti del condominio e non dei singoli condomini inadempienti, non viola il noto principio secondo cui, in riferimento alle obbligazioni contratte dall'amministratore, in mancanza di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, con la conseguenza che le obbligazioni assunte nell'interesse dell'ente di gestione si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ. per le obbligazioni ereditarie (cfr. Cass., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148). Ciò posto, in ordine alla documentazione allegata da parte della (...) s.r.l. ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo opposto, si evidenzia che l'odierna resistente ha prodotto documentazione sufficiente all'emissione del provvedimento monitorio e ossia: la delibera condominiale di conferimento dell'appalto, il piano di riparto, il piano di riparto con saldo e lettera di comunicazione del condomino moroso ai seni dell'art. 63 disp. att. codice civile. Nel caso di specie, dunque, la documentazione offerta dal ricorrente era di per sé sufficiente per l'emissione del decreto ingiuntivo e poteva poi essere valutata, unitamente agli altri documenti offerti dall'opposto, per affermare l'esistenza della pretesa creditoria azionata nell'ambito del giudizio di opposizione incardinato. Tale documentazione risulta pienamente idonea a provare la sussistenza del credito vantato dalla (...) s.r.l. in quanto: - È stata prodotta la delibera assembleare sulla base del quale veniva conferito l'incarico alla (...) s.r.l. secondo il preventivo allegato che veniva approvata all'unanimità e alla presenza anche di (...); - Sono stati prodotti i documenti relativi alla ripartizione delle quote ai singoli condomini; Ciò posto, considerato che il creditore ha provato l'esistenza del contratto e ha allegato l'inadempimento del debitore, era onere di quest'ultimo dimostrare l'inesistenza del credito o comunque una causa estintiva o modificativa dello stesso. Nel caso di specie, tuttavia, ciò non è avvenuto. Invero, il (...) sostiene che il credito non sarebbe dovuto in quanto non solo la documentazione offerta non era sufficiente a fondare il credito (eccezione infondata come visto), ma anche che i lavori effettuati e di cui si chiede il pagamento non erano conformi alla normativa vigente come indicato in due raccomandate inviate all'amministratore del condominio ai fini della convocazione dell'assemblea per deliberare in ordine ai lavori effettuati. Tale eccezione risulta priva di fondamento. Invero, non solo la contestazione dei lavori è generica e non provata da alcuna documentazione (se non le lettere raccomandate), ma risulta assolutamente irrilevante in ordine all'affermazione dell'esistenza del credito. In mancanza di prova di fatti estintivi o modificativi della pretesa avanzata in sede monitoria, il credito risulta sufficiente provato e va pertanto integralmente confermato. Ancora, l'odierno appellante contesta la sentenza impugnata perché non solo avrebbe erroneamente ritenuto validi i documenti offerti dalla (...) s.r.l. per l'emissione del decreto ingiuntivo, ma avrebbe omesso di fornire la prova del contratto di appalto e della clausola contrattuale costituente titolo per l'appaltatore a procedere in giudizio nei confronti del singolo condomino secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza. Sul punto, occorre evidenziare che tale eccezione risulta assolutamente inammissibile trattandosi di questione completamente nuova rispetto al giudizio di primo grado. Ad ogni modo, nel merito tale eccezione è comunque infondata perché, come sopra esposto, il terzo che ha stipulato il contratto con il condominio, ha diritto di agire anche nei confronti del singolo condomino moroso purché lo faccia, come nel caso di specie, solo per la quota ad esso riferibile. In definitiva, l'appello proposto è totalmente infondato e va rigettato. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2018. P.Q.M. il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'appello come in atti proposto da (...) e avverso la sentenza n. 79/2021 depositata il 2.07.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Rigetta l'appello proposto da (...) e per l'effetto conferma la sentenza n. 79/2021 del 2.7.2021 del Giudice di Pace di Castel di Sangro e, per l'effetto, il decreto ingiuntivo n. 39/19 del 12.7.2019 del Giudice di Pace di Castel di Sangro; - Condanna (...) al pagamento delle spese di lite del presente giudizio in favore dell'avv. Ma.Fa. dichiaratosi antistatario per Euro 1620 per compensi (tariffe medie scaglione sino a Euro 5200 esclusione fase istruttoria), oltre iva, c.p.a., e spese forfettarie come legge. Motivi in 40 giorni. Così deciso in Sulmona il 21 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 24 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA In composizione monocratica, nella persona dott.ssa Marta Sarnelli, nella causa civile iscritta al n. 453/2020 R.G., e vertente tra (...), (C.F. (...)), elettivamente domiciliato in Roccaraso Via (...) presso lo studio dell'avv. Gi.Se. che lo rappresenta e difende in forza di mandato in calce all'atto di citazione; - ATTRICE - E (...), (c.f. (...)), RESIDENTE A Napoli alla via (...) n. 42, rappresentata e difesa dall'avv. St.Ca. del Foro di Napoli come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta; - CONVENUTA - OGGETTO: accertamento manufatto su bene comune. SENTENZA In fatto Con atto di citazione ritualmente notificato (...) ha adito l'intestato Tribunale al fine di accertare che le opere realizzate dalla sig.ra (...) costituiscono turbativa o molestia nell'esercizio della servitù di veduta sul fondo e, in generale, della vista indisturbata del panorama con condanna della convenuta all'eliminazione del manufatto ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. A sostegno della citata azione l'attrice ha dedotto: - Di essere proprietaria di dell'unità immobiliare ubicata in Roccaraso alla Via (...) n. 4 nel condominio "Residence (...)" piano VI int. 74; - Il suddetto immobile è posizionato nella località Conca d'Oro che si trova tra il centro abitato di Roccaraso e la località (...), in una zona priva di altre costruzioni; - La posizione del condominio (...) consente una spiccata panoramicità: dalla facciata principale, in cui è ubicato l'immobile dell'attrice, è possibile godere della vista, sul lato sud, del Piano (...) e del (...), sul lato nord/ est dell'intera vallata in cui si trova il centro storico di Roccaraso; - Il condominio è stato costruito proprio per garantire ai proprietari delle singole unità immobiliari, di godere della vista e del panorama su indicato; - Tutti gli appartamenti che affacciano sul lato principale del condominio, come quello dell'attrice, hanno come pertinenza un unico balcone, uguale a quello degli altri, diviso da quello limitrofo da una parete che ha lo scopo di delimitare il confine con le altre unità immobiliari senza pregiudicare la vista del panorama posto che le pareti divisorie sono costituite da doghe in legno orizzontali; - Presso l'unità immobiliare confinante con quella dell'attrice, recentemente, la convenuta ha eseguito interventi edilizi sul proprio balcone in aderenza con la parete divisoria del balcone dell'attrice. In particolare è stata realizzata un'opera di legno fissa, ancorata alle doghe dei balconi, che ha non solo ostruito la visuale all'attrice (...), ma anche impedito il passaggio della luce dal balcone di pertinenza della sig.ra (...); - A seguito dell'acquisizione di informazioni presso l'Amministratore di condominio e il Comune di Roccaraso, l'attrice apprendeva che il suddetto intervento della convenuta era privo dell'autorizzazione dei condomini e non vi era alcun titolo abilitativo; - Ogni tentativo di far rimuovere il manufatto rimaneva privo di riscontro. Con memoria depositata il 15.10.2020 si costituiva in giudizio la convenuta la quale ha rilevato di non aver mai realizzato alcuna opera sul balcone di pertinenza essendosi limitata a montare solo un armadio in legno amovibile e ha eccepito, in ogni caso, che i pannelli divisori posti sui balconi non hanno le caratteristiche degli artt. 900-901-902 e 905 c.c.. Inoltre, la convenuta, in via riconvenzionale, chiedeva che, in caso di qualificazione del pannello divisorio come luce ai sensi dell'art. 902 c.c., fosse ordinato all'attrice di adeguare lo stesso, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, alle prescrizioni stabilite dai nn. 1-2-3 dell'art. 901 c.c.. Concessi i termini ex art. 183 VI comma c.p.c., veniva disposta CTU tecnica per l'accertamento dello stato dei luoghi come dedotti dalle parti. Depositata la relazione, all'udienza dell'11.5.2022, celebrata mediante trattazione scritta, le parti precisavano le conclusioni come da note depositate nei termini. Con ordinanza del 12.5.2022 la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. IN DIRITTO Venendo al merito, la presente controversia ad oggetto l'accertamento della sussistenza di turbative o molestie della convenuta rispetto al diritto di veduta dell'attrice con conseguente condanna della stessa alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi. In particolare, secondo parte attrice, l'opera realizzata dalla convenuta sul proprio balcone e in aderenza al divisorio comune che divide le due proprietà sarebbe illecita, violando la servitù di luce, veduta e di panorama di cui gode l'unità immobiliare di proprietà dell'attrice (...) con conseguente diritto, ex art. 949 c.c. per far termine il pregiudizio subito. Orbene, dall'analisi della fattispecie in esame, in realtà, si ritiene che il diritto esercitato dall'odierna attrice possa essere diversamente qualificato rispetto alla invocata turbativa di servitù di veduta. Com'è noto, il diritto di veduta consiste nella facoltà del proprietario alle c.d. inspectio e prospectio nel fondo vicino, ovvero di guardare e sporgersi sulla proprietà altrui. Questo è riconosciuto dall'art.907 c.c. e si sostanzia nel divieto di "fabbricare" ad una distanza inferiore a tre metri dalla veduta. Il divieto riguarda sia le vedute dirette che quelle oblique o laterali. Ove la veduta venga esercitata da un balcone, poi, su ogni lato del medesimo si potranno esercitare sia una veduta diretta frontale che due vedute laterali (cfr. Cass. n. 8010/2018). Come insegnano dottrina e giurisprudenza, la veduta può essere esercitata sia in proiezione orizzontale che verticale (c.d. veduta in appiombo), dovendosi nel primo caso calcolare la distanza dal limite esterno del balcone (ringhiera o parapetto) e, nel secondo caso, dalla base del medesimo. La citata prescrizione tuttavia, ha quale presupposto che la parte che pretende il rispetto delle distanze abbia acquistato il diritto di veduta (Cfr. art. 907 1 comma C.C.: "Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri (...)") di cui assume la titolarità. Considerato che il rispetto delle distanze connota, limitandolo, il diritto di proprietà, il diritto di veduta può di norma ritenersi sussistente in uno con il diritto di proprietà del bene dal quale la veduta può esercitarsi. Tuttavia, considerato che ai sensi degli artt. 905 e 906 c.c. non si possono aprire vedute dirette sul fondo vicino ad una distanza inferiore a 1,5 ml., né oblique o laterali a distanza inferiore a 75 cm., ove si sia acquistato il diritto ad aprirle ad una distanza inferiore si ritiene che il diritto di veduta sia oggetto di una servitù. Costituisce quindi servitù di veduta il diritto del proprietario del fondo dominante di guardare e affacciarsi sulla proprietà c.d. servente del vicino ad una distanza inferiore rispetto a quella stabilita dalla legge. Ciò posto, nel caso di specie non si ravvisano i presupposti per affermare l'esistenza di una servitù di veduta, ma piuttosto l'azione risulta volta a tutelare un diritto all'uso della cosa comune in conformità alla regola della comunione. Onde meglio qualificare la fattispecie, infatti, occorre descrivere brevemente lo stato dei luoghi. Come risulta dalla relazione tecnica, le parti dell'odierno giudizio sono proprietarie di due unità immobiliari contigue facenti parte del condominio (...) in Roccaraso località (...): "Il "Condominio Residence (...)" (Foto n. 1) è un edificio di n. 12 piani in Roccaraso (AQ), situato in Via (...), tra il centro abitato del Comune montano e la Località (...) a 1.400 mt di altitudine, piuttosto vicino agli impianti scioviari di risalita di (...)-Pizzalto-MontePratello. Il fabbricato, dal punto di vista architettonico, si presenta con una caratteristica forma ad "L" piuttosto "imponente ed impattante" nel suo insieme, un fuori scala evidente, con particolarità costruttive in cemento armato; è una struttura tipica degli anni 80 come altre realizzate in queste zone e come concesso dal PRG all'epoca vigente... Il prospetto posteriore del Condominio, su Via (...), è caratterizzato quindi da una certa omogeneità soprattutto nella realizzazione delle ringhiere di tutti i balconi condominiali che sono rigorosamente uguali e ben allineati; le doghe delle ringhiere in legno sono tra di loro parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura in ferro; il legno delle doghe risulta compatto, consistente anche se non si presenta in buono stato conservativo in quanto risalente all'epoca della realizzazione dell'immobile" (cfr. pagg. 4-5 della relazione finale). Come ha sottolineato la consulenza tecnica, la facciata del fabbricato del condominio si presenta omogena e caratterizzata dalla realizzazione dei balconi tutti con la stesse caratteristiche e posti simmetricamente, con ringhiere in doghe in legno dello stesso colore, con i medesimi divisori tra le proprietà istallati sui balconi e ancorati a una struttura in ferro (cfr. foto n. 2 CTU). Le due unità abitative oggetto di Causa sono poste al 6° Piano, direttamente a confine tra loro, ed entrambe hanno accesso ad un balcone posto sul lato posteriore dell'edificio realizzato con omogeneità rispetto agli altri e caratterizzato da ringhiere in legno parallele della larghezza di 7 cm distanziate l'una dall'altra di circa 5 cm, ancorate a intelaiatura in ferro. A dividere le due proprietà sul balcone, come per tutti gli altri appartamenti dell'edificio condominiale, vi è un divisorio realizzato in una parte di vetro in basso e da una parte composta da listelli di legno orizzontale posti a distanza l'uno dall'altro in modo da far passare la luce (cfr. foto nn. 9-13-17 CTU). Si ritiene, pertanto, che alla luce delle caratteristiche dell'edificio condominiale e della modalità in cui sono stati realizzati i balconi, i divisori in legno e vetro istallati sui balconi a dividere le proprietà condominiali contigue, sono da considerare parti comuni dell'edificio svolgendo in concreto una prevalente funzione estetica per l'edificio, diventando di fatto elementi decorativi ed ornamentali. Secondo l'orientamento consolidato della Corte di legittimità, mentre i balconi di un edificio condominiale non rientrano tra le parti comuni, ai sensi dell'art. 1117 c.c., non essendo necessari per l'esistenza del fabbricato, nè essendo destinati all'uso o al servizio di esso, i rivestimenti dello stesso devono, invece, essere considerati beni comuni se svolgono in concreto una prevalente, e perciò essenziale, funzione estetica per l'edificio, divenendo così elementi decorativi ed ornamentali essenziali della facciata e contribuendo a renderlo esteticamente gradevole (Cass. Sez. 2, 21/01/2000, n. 637 del; Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14576; Cass. Sez. 2, 30/04/2012, n. 6624; Cass. Sez. 2, 14/12/2017, n. 30071). Inoltre, l'accertamento del giudice del merito che le ringhiere costituenti il parapetto del fronte dei balconi ed i divisori degli stessi, giacché "ben visibili all'esterno", "disposti simmetricamente", "omogenei per dimensioni, forma geometrica e materiale", assolvano in misura preponderante alla funzione di rendere esteticamente gradevole l'edificio, costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se non per omesso esame di fatto storico decisivo e controverso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 09/01/2020) 08-06-2020, n. 10848). Ciò posto, è evidente che anche nella fattispecie in esame, dove la ricorrente lamenta l'avvenuta apposizione di un'opera sul divisorio comune da parte del condomino in violazione del suo pari uso, andrà applicata la disciplina prevista dall'art. 1102 c.c. piuttosto che gli artt. 900 e ss. c.c. in materia di distanze di luci e vedute. In un caso analogo, in cui la Suprema Corte era chiamata a stabilire proprio la disciplina applicabile tra la disposizione dell'art. 907 c.c. e 1102 c.c., è stato affermato che in tema di condominio le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, a condizione, però, che siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni; propriamente, in ipotesi di contrasto, la norma speciale in materia di condominio prevale e determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, allorché i diritti o le facoltà da tal ultima disciplina previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'art. 1102 c.c. (Cass. civ. Sez. II, Sent., (ud. 30/01/2014) 03-03-2014, n. 4936). Tale pronuncia si pone nel solco di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per cui in tema di condominio, ove il giudice constati, con riguardo alla cosa comune, il rispetto dei limiti di cui all'articolo 1102 c.c. e della struttura dell'edificio condominiale, deve ritenersi legittima l'opera realizzata anche senza l'esatta osservanza delle norme dettate per regolare i rapporti tra proprietà contigue. Infatti, le norme sulle distanze, rivolte fondamentalmente a regolare con carattere di reciprocità i rapporti fra proprietà individuali, contigue e separate, sono applicabili anche tra i condomini di un edificio condominiale, purché siano compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l'applicazione di quest'ultime non sia in contrasto con le prime; nell'ipotesi di contrasto, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l'inapplicabilità della disciplina generale sulla proprietà, quando i diritti o le facoltà da questa previsti siano compressi o limitati per effetto dei poteri legittimamente esercitati dal condomino secondo i parametri previsti dall'articolo 1102 c.c.. Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, "in tema di condominio negli edifici, qualora il proprietario di un'unità immobiliare agisca in giudizio, come nella specie, per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni, la liceità delle opere, realizzate da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l'art. 1102 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. La relativa valutazione spetta al giudice di merito (e risulta compiuta dalla sentenza impugnata), rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5."(cfr. Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 11/02/2022) 22-02-2022, n. 5809). Invero, ai sensi dell'art. 1102 c.c. ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca all'altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa. L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, secondo il disposto dell'art. 1102 c.c., a due fondamentali limitazioni, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini. Simmetricamente, la norma in parola, intesa, altresì, ad assicurare al singolo partecipante, quanto all'esercizio concreto del suo diritto, le maggiori possibilità di godimento della cosa, legittima quest'ultimo, entro i limiti ora ricordati, a servirsi di essa anche per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, non potendosi intendere la nozione di "uso paritetico" in termini di assoluta identità di utilizzazione della "res", poiché una lettura in tal senso della norma "de qua", in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare, della cosa comune, qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio. I rapporti condominiali, invero, sono informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possano fare un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cass. Sez. 2, 14/04/2015, n. 7466; Cass. Sez. 2, 30/05/2003, n. 8808; Cass. Sez. 2, 12/02/1998, n. 1499; Cass. Sez. 2, 05/12/1997, n. 12344; Cass. Sez. 2, 23/03/1995, n. 3368). E' però evidente, in base alla costante interpretazione della Suprema Corte, che l'uso della cosa comune, ex art. 1102 c.c., non possa mai estendersi all'occupazione pressoché integrale del bene, tale da portare, nel concorso degli altri requisiti di legge, all'usucapione della porzione attratta nella propria esclusiva disponibilità (così Cass. Sez. 2, 04/03/2015, n. 4372; Cass. Sez. 2, 14/12/1994, n. 10699). E' compito del giudice del merito, in presenza di una condotta del condomino consistente nella stabile ed esclusiva occupazione del bene comune (sia pur funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale) non solo valutare in fatto se ne sia alterata la destinazione, ma comunque se vi sia compatibilità con il pari diritto degli altri partecipanti. E' quindi imposta al giudice, ove sia denunciato il superamento dei limiti imposti dall'art. 1102 c.c., per l'occupazione della cosa comune fatta da un condomino, un'indagine diretta all'accertamento della duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione, e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perderebbe la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti (Cass. Sez. 6 - 2, 18/01/2011, n. 1062; Cass. Sez. 2, 14/06/2006, n. 13752). Ciò posto, alla luce di tali principi, può essere analizzata la fattispecie in esame. Dalla consulenza tecnica espletata si evince che: - La convenuta (...) ha istallato, sulla parte di balcone di sua proprietà e in aderenza al divisorio comune che divide la sua proprietà da quella di parte attrice, un mobile/armadio in listelli di legno color miele con altezza pari a 202 cm e larghezza di 96,50 cm, con alla base una soletta anch'essa in legno, mentre in alto termina precisamente a livello dell'altezza dell'ultima doga del divisorio di confine, lasciando così un'apertura di circa 90 cm, (tra soletta del balcone del 7 piano e l'ultima doga in alto del divisorio di confine tra le proprietà (...)/D'A.); - Il mobile è stato posto quindi in aderenza al divisorio di confine, occupando così tutta la sua estensione sia in larghezza che in altezza e risultando ad uso e utilizzo esclusivo della convenuta (...); - Il mobile rientra rigorosamente tra le doghe del parapetto del balcone e la tamponatura di facciata del fabbricato, senza lasciare alcuna fessura tra gli spazi laterali indicati, terminando in altezza a livello dell'ultimo elemento in ferro del divisorio (cfr. Come si evince foto nn. 10-11-13 CTU) - a causa della presenza del mobile/ armadio addossato al divisorio di confine, la parete in muratura ove è situata la finestra della camera da letto risulta in "ombra" e con questo tipo di "ostacolo" va da se che non passa più né sufficiente luce attraverso il vetro e le doghe, né i raggi solari attraverso le fessure tra le doghe soprastanti, che in condizioni di bel tempo e giornate assolate, come rappresentato nella foto n. 13, favoriscono il riscaldamento anche delle pareti in ombra contribuendo, seppur in minima parte, a fornire maggior comfort abitativo all'interno. - senza il mobile/armadio, dalla camera da letto della proprietà D'A., si potrebbe godere di una semi-veduta sia obliqua che laterale, quindi parziale ma non completamente oscurata. - La veduta dalla camera da letto di parte Attrice risulta compromessa dal retrostante pannello del mobile fino all'altezza delle doghe del divisorio di confine; la stessa può usufruire solo della veduta frontale e non più di quella laterale e obliqua (Foto 14-15-16). - Nell'analisi dell'armadio si rilevano dei "fori" che presumibilmente sono stati effettuati al fine di poter ancorare il mobile alle doghe retrostanti, ma il CTU in sede di sopralluogo ha comunque rilevato che il mobile non era affatto ancorato, ma solo appoggiato alla parete del divisorio tra le proprietà. Tale circostanza, non rispetta i requisiti di sicurezza e ambiente in quanto risulta alquanto pericolosa in caso di bufere e forti venti, come si verifica all'altitudine ove è situato l'edificio condominiale, soprattutto nel periodo invernale, costituendo grave pericolo per l'incolumità delle persone/cose. Dalla consulenza tecnica espletata in ordine allo stato dei luoghi, è stato accertato, dunque, che la convenuta ha posto, in aderenza al divisorio comune, un armadio di dimensioni notevoli che occupa in altezza e in larghezza l'intero divisorio del balcone in legno e vetro tale da ridurre notevolmente l'ingresso di luce in favore dell'abitazione dell'attrice (prima garantito dalla presenza di spazi tra le doghe in legno del divisorio e dal pannello in vetro) e di determinare un ostacolo alla visuale laterale e obliqua dalla camera da letto e dallo stesso balcone. E' evidente, pertanto, che tale istallazione dell'armadio ha inciso certamente sull'utilizzo del divisorio comune tra i due balconi in violazione dell'art. 1102 c.c.. E' pacifico, infatti, che "L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell'art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la normale ed originaria destinazione (per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi dei partecipanti) e di impedire agli altri condomini di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto, configurando, pertanto, un abuso la condotta del condomino consistente nella stabile e pressochè integrale occupazione di un "volume tecnico" dell'edificio condominiale, mediante il collocamento di attrezzature ed impianti fissi funzionale al miglior godimento della sua proprietà individuale" Cass. civ. Sez. VI - 2, Ord., (ud. 12/05/2017) 23-06-2017, n. 15705. Del resto, la giurisprudenza ha comunque affermato la violazione dell'art. 1102 allorché le opere realizzate, comportino una riduzione dell'ingresso di luce ed aria alla proprietà inferiore ("le opere denunciate, in violazione dell'art. 1102 c.c., comportassero proprio una sensibile riduzione all'ingresso di luce ed aria nella proprietà inferiore G. conseguibile dalla facciata esterna comune dell'edificio" cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10704 del 14/12/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1132 del 11/02/1985). Ed ancora, sul punto, si rinviene, in tema di diritto del singolo condomino di servirsi della cosa comune, anche per fine esclusivamente proprio (ma non a vantaggio di un immobile esterno: cfr., da ultimo, Cass. ord., 5 febbraio 2020, n. 5060), e, perciò, nel caso dei muri perimetrali - sia esterno che interno - dell'edificio condominiale, di apportarvi modificazioni (come aperture ulteriori o di dimensioni o forma non corrispondenti a quelle già esistenti) che gli garantiscano una qualunque utilità aggiuntiva rispetto a quelle godute dagli altri condòmini (a condizione - beninteso - che 1: non venga limitato il diritto di costoro all'uso del muro; 2: non ne venga alterata la normale destinazione; 3: tali modificazioni non pregiudichino il decoro architettonico dell'edificio), un chiaro arresto giurisprudenziale di legittimità (cfr. Cass. 3 gennaio 2014, n. 53; vedi anche Cass. 9 giugno 2010, n. 13874; Cass. 23 maggio 2007, n. 12047; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4386; Cass. 27 ottobre 2003, n. 16097; Cass. 18 febbraio 1998, n. 1708) del seguente tenore: "ai sensi dell'articolo 1102 c.c., gli interventi sul muro comune, come l'apertura di una finestra o di vedute, l'ingrandimento o lo spostamento di vedute preesistenti, la trasformazione di finestre in balconi, sono legittimi dato che tali opere, non incidono sulla destinazione del muro, bene comune ai sensi dell'articolo 1117 c.c., e sono l'espressione del legittimo uso delle parti comuni. Tuttavia, nell'esercizio di tale uso, vanno rispettati i limiti contenuti nella norma appena indicata consistenti nel non pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico dell'edificio, nel non menomare o diminuire sensibilmente la fruizione di aria o di luce per i proprietari dei piani inferiori, nel non impedire l'esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri condomini, nel non alterare la destinazione a cui il bene è preposto e nel rispettare i divieti di cui all'articolo 1120 c.c." (pregiudizio alla stabilità e sicurezza del fabbricato, pregiudizio al decoro architettonico o rendere alcune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino). In merito a quest'ultimo punto, infatti, va evidenziato che nella stessa CTU è stato indicato che il mobile/armadio posto sul balcone di proprietà della convenuta risulta ben visibile anche dallo stesso cortile dell'edificio ponendosi in netto contrasto con la facciata omogenea dell'edificio condominiale e che lo stesso, pur se presenta dei fori che fanno presumere che fosse ancorato al divisorio, attualmente non risulta essere fissato in alcun modo al balcone ed è soggetto, pertanto, agli eventi atmosferici piuttosto rigidi e frequenti dovuti all'altitudine in cui è ubicato l'immobile, con il rischio per la sicurezza di cose e di persone. Ne consegue, dunque, l'accoglimento della domanda dell'attrice di condanna della convenuta, alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi con eliminazione dell'armadio/mobile istallato sul balcone. Non vale ad escludere tale assunto la circostanza che il mobile istallato non sia ancorato al balcone e non sia quindi definibile come "opera". Secondo la Suprema Corte, da un lato la normativa è certamente applicabile in presenza di costruzioni in senso stretto, ma la stessa sarebbe vincolante anche in presenza di opere che, pur non essendo letteralmente tali, comunque ostacolino stabilmente la vista del vicino (cfr. Cass. n. 10500/1994). Tale valutazione (circa le caratteristiche di stabilità e consistenza del manufatto e la loro idoneità ad ostacolare l'inspectio e la prospectio), poi, non sarebbe necessaria sempre, ma soltanto laddove l'opera eseguita non integri un fabbricato in senso tecnico e propri, ma un manufatto diverso (quale ad esempio una rete plastificata o una recinzione in telo), non costituente costruzione in senso tecnico pur nell'accezione molto ampia accolta dalla giurisprudenza; con riguardo a tali manufatti si sostiene che essi, ai fini della tutela del diritto di veduta, appaiono assimilabili al fabbricato soltanto a condizione che effettivamente ne ostacolino l'esercizio" (cfr. Cass. ord. 7269/2014). Pertanto, sebbene una tenda non possa di per sé ritenersi tale (e su questo è la giurisprudenza è unanime), si è ritenuto che le sue dimensioni ed il suo ingombro spesso sono tali da impedire il passaggio della luce ed ostruire la vista, ragion per cui la disciplina in materia dovrebbe trovare applicazione anche in detto caso (cfr. Cfr. Cass. n. 1598/93; in senso analogo cfr. Cass. n. 22838/2005). La valutazione cui è chiamato il giudice di merito deve quindi riguardare "la struttura dell'edificio, lo stato dei luoghi e i diritti spettanti ai singoli condomini" nonché "l'idoneità dell'opera del vicino ad ostacolare l'esercizio, valorizzando, in tale prospettiva, la finalità della norma, che è indubbiamente quella di assicurare al titolare del diritto una quantità sufficiente di aria e di luce ..." (Cfr. Cass. n. 22838/2005, Cass. n. 682/1984). Infine, va integralmente rigettata la domanda riconvenzionale di parte convenuta non solo perché la stessa era subordinata alla qualificazione del pannello divisorio come "luce" ai sensi dell'art. 902 c.c., ma anche perché assolutamente generica non avendo parte convenuta specificato quali prescrizioni avrebbe violato il pannello rispetto all'art. 901 c.c.. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014. Al pari le spese di CTU vengono poste integralmente a carico di parte convenuta. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Accerta e dichiara l'illegittima istallazione del mobile/armadio effettuata da (...) sul balcone dell'unità immobiliare sita nel condominio Residence (...) in Roccaraso Via (...) n. 4 interno 73 su parti comuni dell'edificio condominiale (divisorio balcone) in violazione dell'art. 1102 c.c. in quanto riduce l'uso e il godimento delle cose comuni alla condomina (...), proprietaria dell'unità immobiliare contigua (interno 74) del medesimo condominio; - Per l'effetto, condanna (...) alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi (eliminazione mobile/ armadio) istallato sul balcone di sua proprietà; - Rigetta la domanda riconvenzionale svolta da (...); - Condanna (...) al pagamento, in favore di (...), delle spese di lite che liquida in Euro 4.835 (scaglione sino a Euro 26.000, fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale-tariffe medie) per compensi, oltre iva c.p.a. e spese forfettarie come per legge ed Euro 264 per spese esenti. - Condanna (...), al pagamento delle spese e dei compensi del CTU liquidati come da separato decreto e al rimborso di quelli eventualmente anticipati dall'attrice al consulente. Così deciso in Sulmona il 7 ottobre 2022. Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA In funzione del Giudice del lavoro, in persona della dott.ssa Alessandra De Marco, all'udienza del 15 marzo 2022 nella causa di lavoro in primo grado iscritta al n.391/2019 R.G.A.C.L., vertente TRA (...), elettivamente domiciliata in Sulmona presso lo studio dell'avv. Fr.D'A., che la rappresenta e difende, giusta procura in calce alla ricorso in riassunzione del processo depositato in data 11.03.2021 RICORRENTE E MIUR - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, ed ISTITUTO COMPRENSIVO "Lombardo Radice - Ovidio" con sede a Sulmona (Aq), in persona del Dirigente scolastico pro tempore, (...), rappresentati e difesi ex art. 417-bis c.p.c. dal Dirigente scolastico, con domicilio eletto presso la sede in Sulmona, in via Togliatti snc RESISTENTE Definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa, ha emesso, mediante lettura del dispositivo, la seguente SENTENZA MOTIVE DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 2.09.2019, la ricorrente, (...), dopo aver premesso che: - ha prestato servizio, a seguito di stipula di contratto di lavoro a tempo determinato, presso la Scuola dell'Infanzia "(...)" di Sulmona, limitatamente al periodo 04.12.2018-15.03.2019; - in data 22 marzo 2019, il Dirigente dell'Istituto scolastico procedeva a comunicare alla docente l'avvio di un procedimento disciplinare a proprio carico nonché la contestuale contestazione di addebito (prot. n. (...)) contenente la seguente descrizione del fatto: "In data 6 marzo 2019, a seguito di segnalazioni effettuate dai genitori di alunni della Sezione D della Scuola dell'Infanzia "(...)", cui la S.V. è assegnata, la sottoscritta Dirigente Scolastica constatava di persona appurava che alcuni bambini della sezione citata organizzavano e partecipavano al "gioco" cosiddetto "leccaculetto" - "leccapisellino", che si svolgeva sotto il tavolo durante le ore curricolari. Dalle modalità preparatorie (l'allineamento delle sedie per tentare di impedire la vista alle Maestre, dalla dinamica (i bambini - simulando il "gioco" su richiesta della scrivente - si collocavano sotto il tavolo: uno di loro si metteva carponi, un altro, abbassati i pantaloni della tuta, avvicinava la bocca sulla natica scoperta nell'intento di leccarla e entrambi, repentinamente, uscivano dal lato opposto del tavolo rispetto a quello di entrata) e dalla rapidità di esecuzione (5/6 secondi circa), appariva evidente che l'attività in questione fosse stata eseguita più volte". - a seguito della richiesta di accesso agli atti del procedimento disciplinare, la ricorrente provvedeva ad inoltrare all'Amministrazione scolastica una memoria difensiva in data 20.04.2019, nei termini assegnati, nella quale chiedeva l'archiviazione del procedimento disciplinare a proprio carico; - l'Istituto scolastico, tuttavia, con atto prot. n. (...) del 19 luglio 2019 (di marginale rettifica del precedente atto prot. n. (...) del 17 luglio 2019) irrogava alla ricorrente la sanzione disciplinare della "Censura", "... per essere venuta meno ai doveri inerenti alla funzione docente, per omessa vigilanza nei confronti degli alunni della sezione assegnata, per tutte le motivazioni sopra esplicitate, rinvenibili nei punti CONSIDERATE VALUTATE, RITENUTO e che si intendono qui integralmente riportate". Ciò posto, lamentando l'illegittimità della sanzione disciplinare irrogata nonché il nocumento all'immagine umana e professionale della stessa docente in considerazione delle accuse alla medesima rivolte, conveniva in giudizio, dinanzi all'intestato Tribunale, il MIUR - Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, ed Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio", in persona del Dirigente scolastico pro tempore, (...), per ivi sentir accogliere le seguenti conclusioni: "1) dichiarare inammissibile, nulla e/o illegittima, e comunque infondato in fatto e in diritto, la sanzione disciplinare comminata alla ricorrente con provvedimento prot. n. (...) del 17 luglio 2019, cosi come marginalmente rettificato con atto prot. n. (...) del 19 luglio 2019, con l'irrogazione della "censura", per le causali di cui in premessa, con ogni conseguente effetto ai fini della carriera; 2) condannare il M.I.U.R. e l' Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio" con sede a Sulmona (Aq), in via solidale tra di loro, al risarcimento del danno in favore della ricorrente da liquidarsi in vi equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ 3) In ogni caso, con vittoria di spese, competenze professionali maggiorate come per legge da distrarsi". Costituitasi in giudizio ex art. 417-bis per il tramite della Dirigente Scolastico pro-tempore dell'Istituto Comprensivo "Lombardo Radice - Ovidio, l'Amministrazione scolastica, nel ribadire la correttezza del proprio operato, ha contestato integralmente le avverse deduzioni in quanto del tutto infondate in fatto ed in diritto, insistendo, pertanto, per il rigetto del ricorso. All'odierna udienza, istruita mediante l'escussione dei testi indicati dalle parti, la causa, previa tempestiva prosecuzione del giudizio ex art. 302 c.p.c., è stata discussa e decisa dando lettura del dispositivo. Lamenta la ricorrente la illegittimità della sanzione disciplinare irrogate per i seguenti motivi: - violazione all'art. 55 bis, comma 9, del D.Lgs. n. 165 del 2001 (cosi come sostituito dall' art. 13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75); - genericità della contestazione disciplinare per mancata descrizione dei comportamenti effettivamente contestati. Il ricorso è fondato e la sanzione disciplinare va, pertanto, annullata per le ragioni di seguito precisate. E' pacifico in atti che la ricorrente ha stipulato con l'Amministrazione scolastica un contratto di lavoro a tempo determinato per una supplenza presso la Scuola dell'Infanzia "(...)" di Sulmona con decorrenza dal 04.12.2018 e termine il 29.03.2019. A partire dal 15.03.2019, la medesima aveva chiesto ed ottenuto un periodo di congedo parentale sin dal 15.03.2019 per motivi di famiglia. La condotta contestata consiste nell'omessa vigilanza da parte della docente sugli alunni nella violazione dei doveri di lealtà e diligenza che i pubblici dipendenti sono tenuti ad osservare nonché nella "mancata osservanza dei doveri inerenti alla funzione docente" ai sensi degli artt. 492 e ss. D.Lgs. n. 297 del 1994 e conseguente violazione degli artt. 26 CCNL 2006/09 e 395 del D.Lgs. n. 297 del 1994. Detta condotta, come emerge dagli atti del procedimento disciplinare, è stata addebitata alla ricorrente sulla base dell'osservazione diretta del comportamento di alcuni bambini da parte del Dirigente scolastico. Orbene, la sanzione disciplinare impugnata è nulla atteso che, al momento dell'irrogazione della stessa in data 19.07.2019, la ricorrente aveva cessato qualunque rapporto di lavoro alle dipendenze del M.I.U.R. Stabilisce infatti l'art. 55 bis co. 9 del del D.Lgs. n. 165 del 2001, così come modificato dalla novella introdotta dall'13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75), che "La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l'infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro". In conformità alla generale previsione normativa di cui all'art. 55 bis, nel testo novellato dall' art. 13, comma 1, lett. i), D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, l'azione disciplinare nei confronti del docente con contratto di lavoro a tempo determinato deve iniziarsi e concludersi pendente il rapporto di lavoro con il M.I.U.R., salvo i casi di ultrattività ai fini disciplinari del rapporto previsti dal legislatore e salva la possibilità di esecuzione della sanzione disciplinare al momento della successiva eventuale stipula di un nuovo contratto di lavoro con il medesimo datore di lavoro; circostanza, quest'ultima, che, tuttavia, non ha trovato riscontro nel caso di specie. Per completezza, si rileva che l'esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro incontra dei limiti sia procedurali che sostanziali a tutela del lavoratore destinatario della sanzione irrogata. In particolare, prima di irrogare le sanzioni, il datore di lavoro deve effettuare la contestazione che deve essere tempestiva, specifica, immutabile e scritta. La contestazione deve quindi contenere l'indicazione precisa dei fatti addebitati compresa l'eventuale recidiva con indicazione delle circostanze di tempo e di luogo in modo tale da consentire una specifica difesa del lavoratore in relazione all'incolpazione contestatagli. Costituisce altresì principio consolidato in materia quello secondo cui il datore di lavoro ha l'onere di provare i presupposti giustificativi delle sanzioni disciplinari, con riferimento, in linea di principio, anche al profilo della proporzionalità della sanzione, pur quando questa non sia di particolare entità, poiché non esiste una correlazione necessaria ed immediata tra l'esistenza di inadempimenti del lavoratore e l'irrogabilità delle sanzioni disciplinari, data la natura e la funzione particolare di quest'ultime, che non trovano il loro fondamento nelle regole generali dei rapporti contrattuali, non sono assimilabili alle penali di cui all'art. 1382 cod. civ., e non hanno una funzione risarcitoria, ma, grazie ad una portata afflittiva innanzitutto sul piano morale, hanno essenzialmente la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni (salva la funzione di assicurare una diretta tutela degli interessi del datore di lavoro, nel solo caso delle sanzioni estintive del rapporto) (Cass. n. 11153/01). Occorre, altresì, tener conto che, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni disciplinari, "va valutato il comportamento del prestatore non solo nel suo contenuto oggettivo - ossia con riguardo alla natura e alla qualità del rapporto, al vincolo che esso comporta e al grado di affidamento che sia richiesto dalle mansioni espletate - ma anche nella sua portata soggettiva e, quindi, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, ai suoi effetti e all'intensità dell'elemento volitivo dell'agente" (v. Cass. n. 5019/2011). Nello specifico, con riferimento alle sanzioni disciplinari conservative, la giurisprudenza di legittimità tende a valorizzare l'elemento soggettivo della condotta, come parametro di valutazione della proporzionalità della sanzione, piuttosto che come elemento costitutivo della fattispecie sanzionata, quando afferma che ai "fini di tale valutazione il giudice deve tenere conto non solo delle circostanze oggettive, ma anche delle modalità soggettive della condotta del lavoratore in quanto anche esse incidono sulla determinazione della gravità della trasgressione e, quindi, della legittimità della sanzione stessa" (Cass., Lav. 2007 n. 20221). Venendo alla contestazione di addebito cui è seguita la sanzione disciplinare che ha disposto la censura comminata con provvedimento prot. n. (...) del 19 luglio 2019 che ha annullato e sostituito il provvedimento prot. (...) del 17.07.2019, si osserva che l'anzidetta contestazione non contiene la descrizione delle condotte trasgressive addebitate alla ricorrente né indica specificamente le circostanze di tempo e di luogo in cui dette infrazioni sarebbero state commesse, atteso che, come si desume dalla lettura della lettera di contestazione e del provvedimento di irrogazione della sanzione, il procedimento disciplinare in oggetto è stato attivato sull'assunto che le modalità di comportamento dei bambini costituissero ex se indice della mancata vigilanza della docente assegnata nelle ore curriculari a quella sezione. Pertanto, non risultando in alcun modo definiti i fatti contestati né gli elementi circostanziali e temporali di riferimento, la sanzione disciplinare irrogata in riferimento alla contestazione del 22.03.2019 con provvedimento prot. n. (...) del 19 luglio 2019, che ha annullato e sostituito il provvedimento prot. (...) del 17.07.2019, va altresì annullata per genericità dell'addebito. Quanto alla domanda risarcitoria azionata dalla ricorrente, alcunché è emerso in ordine alla dimostrazione del nesso di causalità tra la sanzione disciplinare ed il danno in concreto lamentato dalla ricorrente, peraltro solo astrattamente e genericamente prospettato, di talché detta domanda va rigettata. Le spese di lite seguono la prevalente soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. - Annulla la sanzione disciplinare della censura irrogata alla ricorrente con provvedimento prot. (...) del 17.07.2019; - Rigetta ogni diversa domanda; - Condanna l'Amministrazione scolastica alla rifusione delle spese di lite che si liquidano in Euro 1.500,00 oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge; - Motivi in 60 gg. Così deciso in Sulmona il 15 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 3 ottobre 2022.

  • TRIBUNALE DI SULMONA In Nome Del Popolo Italiano Il Giudice On. Dott.ssa Anna Maria De Sanctis, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile in prima istanza iscritta al n. 797 dell'anno 2019 Ruolo Generale Affari Contenziosi sulle conclusioni precisate come da verbale ed atti, fra le parti: (...) S.r.l. (...), in persona del legale rapp.te p.t. rappresentata dall'Avv. DA.RA., con indirizzo PEC indicato ex art. 125 c.p.c. Attore CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) (...), rappresentato dall'Avv. SESSA ARMANDO con indirizzo PEC indicato ex art. 125 c.p.c. Convenuto OGGETTO: opposizione delibera condominiale RAGIONI IN FATTO E DIRITTO 1. Visto l'atto di citazione regolarmente notificato con il quale la (...) S.r.l. ha convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale il CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) con il quale provvedeva ad impugnare la delibera adottata dell'assemblea dei condomini in data 29.06.2019 deducendo: a) Che andava rilevata inesistente e/o nulla della delibera assembleare nella parte recante approvazione di bilancio consuntivo relativo all'anno di esercizio 2018/2019, per essere stato quest'ultimo redatto in violazione dei criteri dettati, dagli artt. 1130 bis e ss. c.c., in quanto corredato da relazione assolutamente non esaustiva dell'amministratore, nonché di quelli prescritti dall'art.1123 c.c. quando in particolare, all'imputazione a tutti i condomini degli oneri legali ai quali il Condominio aveva conferito mandato per la difesa di un procedimento di mediazione introdotto proprio da essa attrice. b) Che andava rilevata l'inesistente e/o nulla della delibera in ragione della redazione del bilancio preventivo per l'anno 2019/2020 in violazione dei criteri dettati dall'art. 1130 bis c.c.. c) Che andava rilevata l'invalida della delibera nella parte relativa alla nomina/conferma dell'amministratore in assenza dell'indicazione, da parte di questi, dei propri dati anagrafici e professionali, nonché in assenza delle previsioni dei compensi al medesimo spettanti 2. Vista la comparsa di costituzione con la quale il CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" BORGO (...) ha eccepito: a) Che in via preliminare andava rilevata l'improcedibilità della domanda per invalidità del procedimento di mediazione, non essendo stato consentito all'amministratore di prendervi parte, malgrado questi avesse chiesto un termine per documentati motivi di salute b) Che andava rilevata la decadenza dell'attrice dal diritto di impugnare la delibera assembleare per inutile decorso del termine decadenziale previsto dall'art. 1137 c.c.. c) Che nel merito, andava rilevata la genericità delle doglianze attoree in merito alla pretesa violazione dei criteri prescritti dagli artt. 11130 bis e 1123 c.c. per la stesura del bilancio e per la ripartizione delle spese d) Che andava rilevata la piena ed esatta osservanza della prima delle disposizioni indicate, avendo l'amministratore provveduto a redigere il rendiconto condominiale, nonché dell'art. 1123 c.c. dal momento che l'amministratore aveva già provveduto, ben prima della proposizione dell'impugnazione e della stessa approvazione dei bilanci,a rettificare il riparto di alcune spese, non esigendo da (...) S.r.l. alcun importo ad essa non imputabile e) Che andava rilevata l'insussistenza di norme che vietino la redazione del bilancio preventivo in assemblea, ovvero che impediscano di procedervi, in assenza di un preesistente stato di ripartizione, quest'ultimo essendo soltanto finalizzato ad ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo nei confronti del singolo condomino moroso ai sensi dell'art. 63 disp. Att. C.p.c.. f) Che andava rilevata la pretestuosità delle doglianze relative alla validità delle delibere di nomina dell'amministratore, dal momento che fu proprio il padre del legale rapp.te di (...) S.r.l. a proporre il (...) quale amministratore del condominio e che il compenso da riconoscere al medesimo ha regolarmente formato oggetto di approvazione nell'ambito della discussione sul bilancio preventivo g) Che andava rilevata l'insussistenza del periculum in mora, neppure indicato dall'attore 3. Visti gli atti, la documentazione acquisita, l'interrogatorio della parte nel corso dell'istruzione; 4. Rilevato: 5. che il precedente Giudicante, con provvedimento del 18/1/20, a scioglimento della riserva assunta nell'udienza del 15/1/2020, aveva rigettato l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della deliberazione assembleare, ritenendo non sussistenti i requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora. 6. Che risulta fondata la sollevata improcedibilità dell'attorca domanda, per l'invalidità ed inefficacia del procedimento di mediazione, in quanto, non è stato consentito all'amministratore di parteciparvi personalmente nonostante egli abbia tempestivamente chiesto un rinvio dell'incontro di mediazione per documentato impedimento per motivi di salute. L'impedimento dell'amministratore oltre che provato dalla documentazione in atti è stato attestato anche dal mediatore nel verbale del 30.09.2019 e non è stato contestato da controparte. 7. Che agli atti risulta depositata: pec del 22/7/19, dell'Organismo di Mediazione "(...) srl" con la quale si comunicava all'amministratore condominiale, (...), la data del primo incontro del procedimento di mediazione per il giorno 16/9/19; copia della deliberazione del 18/8/19 con la quale l'assemblea condominiale autorizzava l'amministratore (...), a partecipare al procedimento di mediazione, con l'assistenza dell'avv. (...); copia pec dell'11/9/19, con la quale l'avv. (...) chiedeva all'Organismo di Mediazione di rinviare ad altra data l'incontro di mediazione fissato per il 16/9/19, essendo impossibilitato a parteciparvi, in quanto impegnato in quella stessa data in 4 cause civili innanzi al Tribunale di Napoli,; copia pec del 17/9/19, con la quale l'Organismo di Mediazione comunicava all'avv. (...) il rinvio del primo incontro di mediazione per la data del 30/9/19; copia di comunicazione a mezzo pec il 17/9/19 dell'Avv. (...) con la quale comunicava all'Organismo di Mediazione l'impedimento dell'amministratore condominiale, (...), a comparire all'incontro fissato per il 30/9/19, dovendo sottoporsi, proprio in quello stesso giorno, ad un intervento chirurgico di cataratta. L'avv. Sessa documentava tale impedimento, allegando alla pec la copia della prenotazione presso la Asl (...)dell'intervento chirurgico fissato in pari data chiedeva un rinvio. 8. Che nonostante tale comunicazione, si legge sul verbale di conciliazione, "L'amministratore di Condominio sig. (...) non è presente per motivi di salute. Per tali motivi, in data 17/9/2019, depositava presso l'Organismo di Mediazione il certificato medico relativo ad un intervento di cataratta fissato per il 30/9/2019 chiedendo rinvio. Pertanto il mediatore insiste per un rinvio e per il proseguimento della mediazione. L'avv. (...), pur in presenza di oggettivo impedimento comprovato da certificato medico chiede procedersi alla conclusione del procedimento di mediazione ...(omissis)... P.Q.M. il conciliatore, vista l'impossibilità di comporre la lite per l'assenza della parte convocata, dichiara l'esito negativo della procedura di mediazione tesa alla conciliazione della controversia in oggetto'. Parte convenuta deduceva che l'eccezione di improcedibilità della domanda per invalidità della mediazione sarebbe infondata, in quanto l'amministratore del Condominio, pur in presenza del suo legittimo e pacifico impedimento a comparire al primo incontro di mediazione, avrebbe potuto delegare un terzo a parteciparvi, e ciò in applicazione dei principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte con la sentenza n. 8473/2019; pertanto la (...) S.r.l. chiedeva di "procedersi alla conclusione del procedimento di mediazione". 9. Che, come da verbale assembleare del 18/8/19, prodotto agli atti, l'assemblea aveva autorizzato l'amministratore (...) a partecipare al procedimento di mediazione; pertanto il (...) avrebbe violato il mandato conferitogli dall'assemblea se avesse delegato un terzo a partecipare all'incontro di mediazione; 10. che proprio nella sentenza n. 8473/19 della Corte di Cassazione citata da parte attrice si legge: "Allo scopo di validamente delegare un terzo alla partecipazione alle attività di mediazione, la parte deve conferirgli tale potere mediante una procura avente specifico oggetto della partecipazione alla mediazione e il conferimento del potere di disporre dei diritti sostanziali che ne sono oggetto (ovvero, deve essere presente un rappresentante a conoscenza dei fatti e fornito dei poteri per la soluzione della controversia, come previsto dal progetto della Commissione Alpa sulla riforma delle ADR all'art. 84)". 11. Che pertanto solo l'amministratore condominiale poteva essere pienamente a conoscenza delle questioni riguardanti il Condominio e solo lui poteva valutare una eventuale proposta conciliativa. 12. Che la volontà della s.r.l. (...) di concludere il procedimento di mediazione a poco più di un mese dal suo inizio (tenuto conto del periodo di sospensione feriale) - pur in presenza di un legittimo e documentato impedimento dell'amministratore a comparire al primo incontro - è assolutamente ingiustificata, se si considera che l'art. 6 del D.Lgs. n. 28/2010 stabilisce che, il procedimento di mediazione, può durare fino a tre mesi e che, quindi si sarebbe potuto fissare un nuovo incontro nel rispetto di tale norma 13. Che da quanto esposto emerge l'invalidità del procedimento di mediazione, poiché, ai sensi dell'art. 5, comma 1 bis, D. Lgs. n. 28/2010, è necessario ,ai fini del rispetto della condizione di procedibilità della domanda, che le parti compaiano personalmente all'incontro con il mediatore (cfr. sent. Cass. n. 8473/2019 sent. trib di Roma 27.06.2019) 14. Ritenuto: a) che risulta fondata l'eccezione di improcedibilità della domanda per tutti i motivi sopra indicati b) che risultano pertanto assorbiti gli ulteriori motivi di doglianza c) che alla prevalente soccombenza della parte attrice segue la sua condanna alla rifusione in favore della controparte delle spese di lite P.Q.M. Il Giudice On. Dott.ssa Anna Maria De Sanctis definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (...) SRL, nei confronti del CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...) così provvede: - dichiara l'improcedibilità della domanda - condanna la (...) S.r.l. alla rifusione, in favore del CONDOMINIO FABBRICATO "(...)" - BORGO (...), delle spese di lite liquidate in Euro 4.835,00 (scaglione da 5.201,00 a Euro 26.000,00 valori medi DM.55/2014), oltre magg.ni 15% iva e cpa come per legge da distrarsi in favore dell'Avv. (...) dichiaratosi antistatario. Così deciso in Sulmona il 10 luglio 2022. Depositata in Cancelleria l'11 luglio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA composto dai magistrati: dott. Pierfilippo Mazzagreco - Presidente dott.ssa Alessandra De Marco - Giudice dott.ssa Marta Sarnelli - Giudice rel. riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel procedimento iscritto al n. 840 del Ruolo generale degli affari civili contenziosi per l'anno 2019, e vertente tra (...), (c.f. (...)), elettivamente domiciliato in Pescara Largo (...) n. 36 presso lo studio dell'avv. Ad.Bu. che lo rappresenta e difende come da procura in calce all'atto di citazione; - ricorrente - E (...) ((...)), elettivamente domiciliata in L'Aquila Via (...) presso lo studio dell'avv. Io.Ma. che la rappresenta e difende come da procura in calce alla memoria difensiva; - resistente/opponente - e con l'intervento del Pubblico Ministero presso il Tribunale - intervenuto - Oggetto: riconoscimento giudiziale figlio minore ex art. 250 c.c. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con ricorso depositato in data 20.11.2019, (...) ha convenuto in giudizio dinanzi all'intestato Tribunale, (...), chiedendo che fosse disposto ex art. 250 IV comma c.c., in luogo del consenso dell'altro genitore, il riconoscimento giudiziale della paternità di A., nata il 2.12.2016 dalla relazione con la resistente. A sostegno delle proprie pretese ha dedotto: - Che per circa un anno ha intrattenuto una relazione sentimentale con (...) e che dalla predetta relazione nasceva A. in data 2.12.2016; - Che al terzo/quarto mese di gravidanza il legame affettivo tra lui e (...) si è interrotto; - Che mentre all'inizio la resistente ha consentito che l'A. seguisse l'andamento della gravidanza, nell'imminenza della nascita della bambina la (...) ha cambiato atteggiamento vietando al ricorrente di partecipare alle visite e rifiutando che lo stesso riconoscesse la bambina senza alcuna spiegazione; - Che il sig. A., venuto a sapere che la (...) si era recata in ospedale per partorire, si presentava lì ma gli veniva negato di assistere al parto, vedeva la bambina, ma poi veniva fatto allontanare; - che nei giorni immediatamente antecedenti e successivi alla nascita l'A. chiedeva più volte di vedere la bambina e che gli venisse prestato il consenso al riconoscimento della stessa, ma ogni tentativo risultava vano; - il rifiuto della (...) a far sì che l'(...) riconosca la bambina è una decisione dannosa e pregiudizievole per il regolare sviluppo psico-fisico della minore al quale è negata la figura paterna senza un apparente motivo. Con decreto del 12.12.2019 veniva fissata udienza di comparizione e veniva avvertita la resistente, quale genitore che aveva rifiutato il consenso al riconoscimento, che entro trenta giorni poteva fare opposizione. In data 22.1.2020 (...) presentava tempestivamente (stante la notifica in data 29.12.2019) opposizione al riconoscimento richiesto dall'A. sostenendo che lo stesso sarebbe notevolmente pregiudizievole agli interessi e alla serenità della minore (...). Invero, la difesa della resistente deduceva che: - (...), madre della piccola (...), studia pianoforte al Conservatorio di L'Aquila (vi si reca una volta alla settimana) e frequenta la Facoltà di Odontoiatria dell'Università di Chieti, vive nel piccolo paese di Vittorito (AQ) con la madre, la sig.ra (...), infermiera presso il Presidio ospedaliero di Popoli che provvede al suo mantenimento e a quello di (...), in una casa di proprietà della madre, condivisa con i nonni materni che aiutano nelle cure della minore; - La resistente inoltre ha un ottimo rapporto con il padre, infermiere presso il P.O. di Sulmona, residente in altra abitazione di Vittorito, in quanto separato dalla coniuge, che contribuisce al sostentamento della figlia e della nipote; - La rete familiare di (...) e della figlia (...) è pertanto solida e protettiva e garantisce la corretta crescita psicofisica e il benessere della minore; - Nell'anno 2015, appena diciottenne (...) conobbe (...) di anni 37, originario di Enna dedito a lavori saltuari a P.P. e a Vittorito senza fissa dimora e da lì a poco iniziarono una relazione sentimentale che l'opponente teneva nascosta ai genitori sino a quando non scoprì di essere incinta; - La opponente non sapeva che il ricorrente avesse già due figli, uno minorenne e l'altra di 20 anni; - Già dopo i primi mesi, la relazione cominciò a deteriorarsi per i comportamenti ossessivi e aggressivi dell'uomo che insisteva affinché (...) andasse a vivere insieme a lui. I comportamenti aggressivi dell'(...) peggioravano allorché la ragazza decideva di troncare la relazione nel luglio del 2016. - Nell'agosto 2016, al 6 mese di gravidanza, (...) dopo aver appreso di un tentativo di suicidio dell'(...) lo ospitava a casa per un caritatevole quanto incauto supporto psicologico. Nella medesima sera, in seguito ad un ennesimo litigio, l'(...), adirato per non riuscire ad convincere la giovane a tornare con lui, la strattonava e colpiva con schiaffi costringendola a chiedere aiuto alla madre, che l'accompagnava al P.S. di Popoli per i medicamenti e i controlli occorrenti, anche in relazione al suo stato interessante; - in data 29/08/2016, (...) decideva di presentare una querela per lesioni e, successivamente, il 16/11/2016 per stalking. Le due querele confluivano nell'unico procedimento penale n.1260/2016 RGNR, con l'instaurazione del giudizio immediato nei confronti del ricorrente; - in relazione alle condotte di cui al procedimento presso il Tribunale di Sulmona, la dott.ssa A.S. chiedeva al Gip dott. M.B. disponeva l'applicazione della misura cautelare del "divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa con prescrizione di tenere da tali luoghi una distanza di almeno 500 metri e di non comunicare con nessun mezzo neppure telefonico o telematico con le persone offese". - Il ricorrente, depositava una querela nei confronti della C., riferendo che nell'agosto 2016 la medesima lo avrebbe percosso. Depositava in sede giudiziale anche una relazione medica relativa ad un ricovero, avvenuto in data 15/07/2016, presso l'UOC di Medicina Interna del Presidio Ospedaliero di Popoli, da cui si evinceva un "avvelenamento volontario da farmaci in soggetto con disturbo di personalità di tipo ciclotimico BPCO in tabagista"; - Il procedimento di cui sopra, presso il Giudice di Pace, si concludeva con l'assoluzione di (...), mentre il processo a carico di (...) , presso il Tribunale di Sulmona, si chiudeva con la condanna dell'imputato per aver commesso i reati di cui gli artt. 612 bis, 81, 582 e 61 n.2 c.p. ; - In tutto questo periodo, dal 2016 al dicembre 2019, il ricorrente si disinteressava completamente della piccola (...), e i contatti con le richieste di consenso al riconoscimento di paternità, allegati da controparte, risalenti all'ottobre del 2016, ovvero immediatamente dopo le denunce dell'agosto del medesimo anno, erano volti esclusivamente a riallacciare il legame amoroso con (...) e a farle rimettere la querela per lesioni. All'udienza del 4.3.2020 il Giudice procedeva all'interrogatorio libero delle parti e rinviava per l'audizione di informatori. All'esito dell'audizione degli informatori venivano ammesse la CTU medico legale in ordine all'accertamento della paternità naturale come richiesto dal ricorrente e la CTU psicologica richiesta dall'opponente. All'udienza del 13.1.2021 veniva conferito l'incarico al solo consulente dott.ssa M.C.P. in ordine alle condizioni di vita delle parti e della minore, alle condizioni psicologiche del ricorrente e alla sua capacità genitoriale, invitando il CTU anche ad indicare il miglior approccio per introdurre la figura paterna nella vita della minore (...). Con ordinanza del 16.2.2021, ritenuto che non vi fossero i presupposti per procedere ad un accertamento peritale avente ad oggetto il test del DNA sulla minore, veniva revocata la CTU medico legale. All'esito del deposito della CTU psicologica, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza del 30.6.2021. Preliminarmente, in punto di regolare costituzione delle parti, occorre rilevare che nel procedimento disciplinato dall'art. 250 c.c., comma 4, con riguardo al riconoscimento del figlio naturale che non abbia compiuto i sedici anni, il figlio non assume la qualità di parte, per cui non è necessaria la nomina di un curatore speciale (tra le altre: Cass. 11/01/2006 n. 395; Cass. 05/06/2009 n. 12984). Fermo l'indicato principio, in ogni caso, la nomina di un curatore speciale è comunque riservata al prudente apprezzamento del giudice sull'esistenza di un concreto conflitto di interessi con il genitore che ha già riconosciuto il minore ( Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 03/10/2019) 09-01-2020, n. 275). La nomina del curatore speciale nel procedimento instaurato ai sensi dell'art. 250 c.c., comma 4, non risponde ad automatismi ma va effettuata soltanto quando il giudice, nel suo prudente apprezzamento e previa adeguata valutazione della fattispecie in esame, lo ritenga opportuno in considerazione del profilarsi, in concreto, di una situazione di conflitto di interessi (Cass. 31/10/2013, n. 24556, p. 7 motivazione; Corte Cost. n. 83 del 2011, 5 del "Considerato in diritto"). Orbene, nel caso di specie non è stata evidenziata la sussistenza di alcuna situazione di conflitto di interessi tale da giustificare la nomina di un curatore speciale avuto riguardo sia alle condizioni di vita della minore sia alla circostanza che l'opposizione al riconoscimento effettuata dalla madre non riguarda la tutela di un interesse specifico della madre di natura economico-patrimoniale o di convenienza, ma si riferisce esclusivamente a un interesse alla tutela della stabilità psico-fisica della minore che è stata oggetto di approfondimento anche peritale da parte di soggetto estraneo alla vicenda. Ciò posto, come sopra esposto il presente procedimento ha ad oggetto la richiesta del ricorrente di ottenere una pronuncia giudiziale in luogo del consenso dell'altro genitore al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio. Secondo la giurisprudenza di legittimità, il genitore vanta un diritto costituzionalmente garantito al riconoscimento del proprio figlio naturale, condizionato tuttavia all'interesse del minore; tale diritto può essere sacrificato soltanto in presenza di un fatto di importanza proporzionale al valore del diritto sacrificato, ossia solo in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ritenere la probabilità di una grave compromissione dello sviluppo psicofisico del minore. In tal senso si è espressa la Surema Corte (cfr. Cass. 16 novembre 2005, n. 23074, in Giust. civ. 2006, I, 1212), la quale ha confermato la decisione della Corte d'appello, che, nel negare la pronuncia in luogo del mancato consenso, aveva ravvisato il pericolo di una tale compromissione in base alle connotazioni fortemente negative della personalità del genitore che intendeva procedere al riconoscimento, essendo questi inserito nell'ambiente della criminalità organizzata e detenuto per gravi reati (cfr. Cass. 11 febbraio 2005, n. 2878). Secondo il costante orientamento espresso dalla Suprema Corte (v., ad es., di recente, Cass. 27 marzo 2017, n. 7762) il riconoscimento del figlio minore infraquattordicenne nato fuori dal matrimonio, già riconosciuto da un genitore, costituisce un diritto soggettivo dell'altro, tutelato nell'art. 30 Cost., che può, tuttavia, essere sacrificato in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore stesso. In questo quadro, si pone la necessità di realizzare un bilanciamento tra l'esigenza di affermare la verità biologica con l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari, attraverso una valutazione in concreto dell'interesse del minore stesso. In tale contesto, è certamente esatto che il riconoscimento di un figlio naturale minore, già riconosciuto da un genitore, da parte dell'altro genitore non può essere escluso sulla sola base di una condotta morale non esente da censure, di per sé rilevante per il diverso fine dell'affidamento (Cass. 22 febbraio 2000, n. 1990), come pure in ragione della mera pendenza di un processo penale a carico del genitore richiedente (Cass. 3 febbraio 2011, n. 2645). Tuttavia, resta ferma la rilevanza che può assumere il percorso di vita del richiedente e l'eventuale accertamento di gravi carenze come figura genitoriale, con conseguente compromissione dello sviluppo psico-fisico del minore derivante dal riconoscimento (Cass. 11 dicembre 2013, n. 27729). La giurisprudenza ha chiarito che il riconoscimento del figlio naturale dà luogo ad un rapporto nel quale il genitore che per primo abbia operato il riconoscimento riveste un ruolo rilevante, in quanto al medesimo compete, ai sensi dell'art. 250 c.c., di esprimere il consenso al successivo riconoscimento da parte dell'altro genitore. Tale potere è corollario della maternità o della paternità e comporta che il genitore che per primo ha riconosciuto il minore sia litisconsorte necessario con quest'ultimo nell'eventuale azione ai sensi dell'art. 250 c.c., comma 4, promossa dall'altro genitore per ottenere la sentenza sostitutiva del consenso del primo (così Cass. n. 17277 del 2014; in termini Cass. 10775/2019). Secondo la Corte, invero, "l'acquisizione di un nuovo status del minore è idonea a determinare una rilevante modifica della situazione familiare, della quale resta in ogni caso partecipe l'altro genitore, alla cui posizione soggettiva può ricondursi, a seconda dei casi, l'interesse o la mancanza di interesse alla bi-genitorialità con il soggetto che impugna il riconoscimento, con tutto ciò che ne consegue in termini di obblighi morali e materiali verso il figlio". E' stato affermato, inoltre, secondo un risalente indirizzo interpretativo, che "il riconoscimento del figlio naturale minore ed infrasedicenne già riconosciuto da un genitore, rappresenta un diritto soggettivo primario dell'altro genitore, costituzionalmente garantito e - in quanto tale - non si pone in termini di contrapposizione con l'interesse del minore, ma come misura ed elemento di definizione dello stesso, atteso il diritto di quest'ultimo ad identificarsi come figlio di una madre e di un padre e ad assumere una precisa e completa identità. Conseguentemente, il secondo riconoscimento, ove vi sia opposizione da parte dell'altro genitore che per primo abbia proceduto al riconoscimento, può essere sacrificato solo in presenza di motivi gravi ed irreversibili, tali da far ravvisare la probabilità di una forte compromissione dello sviluppo psico - fisico del minore" (Cass. 14894/2002; Cass. 6470/2001) conf. Cass. 21099/2004; Cass. 2878/2005). Si è successivamente, invece, evidenziato che il riconoscimento deve essere effettivamente rispondente all'interesse del figlio, dovendosi in ogni caso considerare superato l'orientamento secondo cui il secondo riconoscimento costituisce, in linea di principio, un vantaggio per la prole. Invero, il quadro normativo attuale impone un bilanciamento fra l'esigenza di affermare la verità biologica, anche in considerazione delle "avanzate acquisizioni scientifiche nel campo della genetica e dall'elevatissimo grado di attendibilità dei risultati delle indagini" (così Corte Cost. 12 gennaio 2012, n. 7) con l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari, nell'ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all'identità non necessariamente correlato alla verità biologica, ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all'interno di una famiglia. Tale bilanciamento, nell'ottica dell'interesse superiore del minore, non può costituire il risultato di una valutazione astratta: in proposito deve richiamarsi il costante orientamento giurisprudenziale in merito alla necessità di un accertamento in concreto dell'interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di una sviluppo armonico dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale (Cass., 18817/2015; Cass., 25213/2013). Ciò è ancora più vero alla luce delle modifiche introdotte all'art. 250 c.c. con la L. 10 dicembre 2012, n. 219, ove il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso. In altri termini, si è evidenziato come "il prioritario interesse del minore vada in ogni caso contemperato con il diritto del genitore che trova tutela nell'art. 30 Cost. e che può essere sacrificato soltanto in presenza del rischio della compromissione dello sviluppo psicofisico del minore: a tale valutazione globale, da effettuarsi, come già indicato, sulla base delle concrete emergenze di ogni singola vicenda processuale, non si sottrae il vaglio della personalità del richiedente, nella misura in cui rifluisce con l'esigenza di uno sviluppo equilibrato del figlio" (Cass. 7762/2017, in motivazione, con richiamo a Cass. 23674/2005). Ora, l'apprezzamento circa la sussistenza motivi ostativi al secondo riconoscimento è demandato in via esclusiva al giudice del merito, ed è insindacabile in questa sede di legittimità, ove sia motivato in maniera adeguata e priva di vizi logici (cfr. Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 19/04/2021) 30-06-2021, n. 18600). Alla luce di tali considerazioni e delle risultanze del presente procedimento, nel caso di specie, si ritiene che non possa essere affermato il diritto del ricorrente al riconoscimento della figlia (...), in quanto non rispondente all'interesse della minore. Invero, dalle risultanze dell'istruttoria è emersa non solo un'incapacità genitoriale, ma anche la sussistenza di un pericolo per lo sviluppo psico-fisico della minore ove fosse consentito al ricorrente di far parte della sua crescita. Nella consulenza tecnica espletata, le cui conclusioni sono logiche e coerenti, viene evidenziato che dall'acquisizione della documentazione presso il CIM di Sulmona, al ricorrente è stato diagnosticato un disturbo di personalità del claster B, "Tale claster è caratterizzato da atteggiamenti manipolativi e seduttivi, vi è una compromissione del funzionamento del sé, si ha una instabilità negli scopi e assenza di progettualità. Inoltre vi è disinibizione espressa con la tendenza all'impulsività e con comportamenti rischiosi. Vi è anche una tendenza pervasiva all'ostilità. Tale quadro personologico è stato possibile confermarlo dalla valutazione psicodiagnostica e dai colloqui effettuati. E. ha cercato di dissimulare le prove mostrando un'immagine di sé eccessivamente virtuosa. Per poter andare oltre questo profilo sommerso è stato effettuato un test integrativo, il Millon, che insieme alla valutazione psicodinamica attraverso test semi proiettivo, il Wartegg, è stato possibile rilevare le caratteristiche psicopatologiche del quadro di personalità del sig. (...). Inoltre E. mostra un non riconoscimento delle istituzioni svalutandone continuamente l'operato. Dall'eloquio è possibile riscontrare un'assenza di confini, riempie il narrato di confabulazioni e farneticazioni, indicativi di un disturbo della forma e del contenuto del pensiero (slivellamento psicotico del quadro borderline)" (cfr. pag. 25 relazione peritale). Ancora "il profilo emerso dal test proiettivo in cui E. non ha potuto falsificare, ha permesso di riscontrare tratti significativi di rigidità di pensiero, impulsività, immaturità ed ambivalenza, gli indici mostrano un quadro psicopatologico già certificato dal CSM...vi è un quadro ciclotimico, pertanto gli slivellamenti dell'umore possono avere periodi di apparente stabilità ma a rischio di slivellamenti ipomaniacali e depressivi"(cfr. pag. 28 relazione peritale). Proprio la sussistenza di tali caratteristiche della personalità inducevano il consulente a concludere che "nonostante i punti di forza i tratti psicopatologici del sig. (...) possono incidere notevolmente sulla genitorialità se non trattati sia psichiatricamente che psicologicamente...tende a sminuire i suoi comportamenti autolesivi ed impulsivi...non riconosce ad oggeti il comportamento inidoneo verso la (...) che ha comportato una condanna. Ciò lascia pensare ad un'assenza di consapevolezza di sé, dei suoi stati emotivi e della sua impulsività" (cfr. pag. 26 relazione peritale). Secondo il consulente, infatti, i tratti psicologici riscontrati sul ricorrente incidono notevolmente sulla genitorialità in quanto l'(...), ha una difficoltà a considerare le esigenze del bambino nella focalizzazione attentiva, corre il rischio di sembrare una persona che interferisce, interrompe e non è in sintonia con il minore, è un genitore che tende a divenire frettoloso nelle sue reazioni e troppo insistente nel risolvere le differenze tra lui e il bambino durante le interazione e "tali aspetti sono particolarmente dannosi per lo sviluppo psicologico e personologico di un minore" (cfr. pag. 26 relazione peritale). Proprio tali aspetti preoccupanti della personalità e della salute psicologica del ricorrente inducevano la consulente a ad affermare che non è allo stato opportuno nemmeno consentire all'(...) di conoscere la bimba (di appena quattro anni) senza un percorso continuativo di tipo settimanale per tre anni di psicoterapia e un percorso psichiatrico con trattamento farmacologico certificato dal servizio sanitario nazionale con successiva valutazione del quadro psicologico per poter poi , in caso di esito positivo, valutare la possibilità di stabilire degli incontri con la minore in ambito protetto (cfr. pag. 29 relazione peritale). Non può sottovalutarsi, inoltre, nel bilanciare i diversi interessi rilevanti nel presente procedimento, che l'(...) è stato condannato per gravi condotte violente e minacciose ai danni della madre della minore che all'epoca dei fatti era perfino in stato di gravidanza. Nell'ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto di avvicinamento, il GIP affermava che "l'indagato, evidentemente incapace di accettare la fine della sua relazione con (...), ha manifestato di non essere in grado di contenere le proprie reazioni ed ha assunto un comportamento ossessivo e maniacale... ha anche procurato delle lesioni a (...) e tale circostanza, non essendo oggetto di contestazioni nel presente procedimento, desta comunque particolare allarme in quanto conferma l'incapacità dell'indagato di contenere le proprie reazioni". Nella sentenza del 510/2019 il Tribunale di Sulmona, condannava l'(...) per le gravi condotte poste in essere ai danni di (...) e (...) riconoscendo un quadro probatorio solido e persuasivo rispetto ai reati per i quali si procedeva e non concedeva all'imputato nemmeno le circostanze attenuanti generiche. Dalla motivazione della sentenza appare evidente come l'(...), incapace totalmente di accettare la fine della relazione con l'odierna opponente, arriva anche a minacciare di morte lei e i suoi genitori, dimostrando così, come rilevato dal CTU nel presente procedimento, una totale incapacità di tenere a freno i propri impulsi e anzi di essere in grado anche di provocare delle lesioni come accaduto nel processo penale di cui trattasi. Ancora, non può sottacersi come l'inidoneità del ricorrente ad essere riconosciuto quale genitore della minore è evidente anche dalle sue condizioni di vita come risultanti dall'attività istruttoria espletata. Infatti, risulta che l'(...) non ha una fissa dimora, è spesso ospitato da terze persone, non svolge alcuna attività lavorativa e ha sempre svolto lavori saltuari, ha avuto altri due figli con i quali ha rapporti comunque sporadici e non condivisi con le madri. Dalle stesse dichiarazioni del ricorrente emerge sicuramente un quadro confuso e poco coerente della sue richieste e della rappresentazione che una figura paterna dovrebbe avere nella vita di un figlio. Invero, spesso il ricorrente sia dinanzi al CTU sia dinanzi al Giudice istruttore insiste sulla circostanza che la madre avrebbe dovuto abortire e non comprende il motivo per cui non l'abbia fatto, insiste poi nel richiedere l'accertamento sulla esistenza di una corrispondenza genetica tra lui e la minore per poi insistere per ottenere il riconoscimento della stessa, mette in dubbio la figura genitoriale della madre sostenendo che è importante che il padre dia insegnamenti alla figlia anche solo telefonicamente, ha chiesto solo una volta, in concomitanza con il processo penale per reati contro la madre, di poter riconoscere la bambina o di poterla vedere, non ha mai provveduto economicamente alle esigenze della minore sostenendo che senza un provvedimento giudiziale non avrebbe voluto dare nulla. Tale circostanze mostrano all'evidenza un atteggiamento inidoneo dell'(...) di esercitare una responsabilità genitoriale adeguata alle esigenze della minore. Di contro, gli accertamenti peritali ed istruttori effettuati hanno permesso di appurare che la minore (...) che vive stabilmente con la madre, è "serena e partecipativa con tutti i presenti. Molto legata alle sue figure parentali. Tutti collaborano nel gioco che la bambina proponeva. Anche con la figura estranea si è mostrata predisposta, non intimidita. (...) è una bimba che sprizza energia. Alla richiesta se ci regalava il suo disegno, lei ha accolto subito la nostra proposta, indicativo di una bambina capace di entrare in relazione con l'altro anche attraverso un'interazione collaborativa...la bambina interagisce emotivamente con la figura materna. Vi è un buono scambio relazionale. La sig.ra (...) riesce ad accogliere il bisogno della bambina portandola anche a riflettere sul versante della regola" (cfr. pagg. 27 e 28 relazione peritale). Ciò posto, da quanto sopra esposto, questo Collegio ritiene che non vi siano i presupposti per concedere il consenso al riconoscimento come genitore da parte di (...) nei confronti della minore (...) in quanto tale riconoscimento risulta allo stato contrario agli interessi della minore la cui salvaguardia è preminente rispetto al diritto del padre di riconoscere la figlia naturale. Stante la delicatezza della materia e delle questioni trattate appare equo compensare le spese di lite. Per le stesse ragioni, le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, possono essere poste a carico di entrambe le parti nella misura del 50% con la precisazione che la metà di spettanza di (...) deve essere posta a carico dell'Erario stante l'ammissione al gratuito patrocinio di quest'ultimo (come recentemente statuito anche dalla sentenza . 217/2019 della Corte costituzionale sull'art. 131 T.U. spese di giustizia. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, rigettata ogni altra domanda, eccezione e deduzione, - In accoglimento dell'opposizione proposta da (...), rigetta il ricorso proposto da (...); - dispone che le spese di CTU, liquidate come da separato decreto, siano poste a carico delle parti nella misura del 50% ciascuno con la precisazione che la metà a carico di (...) è posta a carico dell'Erario stante l'ammissione al gratuito patrocinio dello stesso; - compensa tra le parti le spese di giudizio. Così deciso in Sulmona il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 401 dell'anno 2018 vertente TRA (...) nata (...) e ivi residente in Via (...) (C.F. (...)) in proprio e quale legale rappresentante della società (...) snc (p. iva (...)) con sede in Pescasseroli in via (...), elettivamente domiciliata in Pescasseroli al Viale (...) presso lo studio dell'avv. Ro.SA. che la rappresenta e difende giusta procura stesa in calce all'atto introduttivo = PARTE OPPONENTE = CONTRO Condominio Residence Palace "(...)" con sede in Pescasseroli alla Via (...) n. 3 (C.F.: (...) in persona dell'Amministratore pro tempore, Rag. Tu.Pa., elettivamente domiciliato in Sulmona al C.so (...) n. 188, presso e nello studio degli Avv.ti La.Ca. e St.Ca., i quali lo rappresentano e difendono congiuntamente e disgiuntamente in virtù di mandato in calce al alla comparsa di costituzione = PARTE OPPOSTA = Conclusioni: come in atti. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Visto l'atto di citazione, ritualmente notificato, con il quale la sig.ra (...), in proprio e quale legale rappresentante della società (...) snc, ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 33/2018 emesso dal Tribunale di Sulmona con cui era stato ingiunto alla società (...), in persona dell'Amministratore e legale rappresentante (...), di pagare in favore del ricorrente Condominio Residence Palace "(...)" la somma di Euro 7.223,66 oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese della procedura monitoria, per mancato saldo della quota parte di oneri condominiali straordinari assertivamente a lei spettanti, richiamati e descritti nel ricorso monitorio, eccependo (a.) in via preliminare, la nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo opposto nei confronti della (...) snc, in quanto non proprietaria dell'immobile sito in Pescasseroli adibito a lavanderia e né facente parte del Condominio Residence Palace Via (...), essendo il predetto immobile di proprietà della società (...) S.r.l. e ora dei sig.ri (...), (...) e (...) come da allegati atto per Notaio (...) e visura camerale della società (...) srl; (b.) nel merito la mancanza di prova scritta del presunto credito ingiunto che, peraltro, non risulta essere certo, liquido ed esigibile ex art. 633 c.p.c.; (c.) la responsabilità ex art. 2051 c.c. del Condominio opposto per i danni arrecati ai locali lavanderia in questione, e di cui avanza domanda riconvenzionale nei confronti del Condominio opposto, causati da ripetute infiltrazioni provenienti dal sovrastante solaio di proprietà del Condominio i cui lavori di risanamento erano stati eseguiti solo di recente; (d.) in ogni caso la debenza della somma richiesta asserendo di essere stata danneggiata dai beni di proprietà condominiale la cui conservazione e manutenzione al fine di evitare il verificarsi di danni a carico delle proprietà esclusive era a carico del condominio quale custode dei beni comuni. Ha chiesto pertanto: (1.) dichiarare nullo/annullabile, inefficace, irrito o quant'altro e in ogni caso o revocare il Decreto opposto perché infondato in fatto ed in diritto; (2.) in accoglimento della spiegata riconvenzionale, accertare e dichiarare il Condominio Residence Palace Via (...) in persona dell'Amministratore Rag. (...), responsabile ex art. 2051 c.c. e/o in via subordinata ex art. 2043 c.c. e per l'effetto, condannarlo alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, non altrimenti eliminati, oltre i danni nella misura di Euro 25.000,00 o nella misura maggiore o minore ritenuta di giustizia previa disponendo CTU; (3.) con vittoria di spese e competenze di giudizio, 2. Vista la comparsa di costituzione con la quale il Condominio Residence Palace "(...)" ha contestato la fondatezza dell'avversa opposizione, eccependo in via preliminare: (a.) l'improcedibilità del presente giudizio di opposizione stante la nullità della costituzione dell'opponente per aver violato la norma di cui all'art. 165 c.p.c. e D.Lgs. n. 179/2012; (b.) la nullità ed improcedibilità del presente giudizio di opposizione per essere stato l'atto di citazione in opposizione cartaceo notificato in una sola copia per entrambi i difensori in luogo di una copia per ciascun difensore; (c.) il difetto di legittimazione attiva della (...) e Soc. (...) Di (...) e C s.n.c., in persona dell'Amm.re e legale rapp.te p.t. Sig.ra (...), a proporre domanda riconvenzionale descritta nell'atto di opposizione atteso che l'immobile in questione era stato acquistato dalla Sig.ra (...) e dai Sigg.ri (...) e (...) dalla (...) s.r.l. sciolta, posta in liquidazione e chiusa, giusto atto per Notar (...) del 08/09/2016 rep n. 52.246 rac n. 33.096, regolamentare trascritto e registrato e che perché in tale atto non risultava alcuna cessione di debiti o crediti, né diritti verso terzi, essendo tuttalpiù legittimata eventualmente solo la (...) s.r.l. ex proprietaria, che ne aveva fatto richiesta dei danni con lettera in atti, e non costituita nel predetto giudizio di opposizione; (d.) nel merito di aver provato con la documentazione prodotta nella fase monitoria e nel presente giudizio la fondatezza del credito ingiunto. Ha pertanto chiesto: In via preliminare e pregiudiziale: (a.) dichiarare nulla la costituzione dell'opponente per aver violato la norma di cui all'art.165 c.p.c. e Dlgs. 179/2012, quindi, improcedibile l'opposizione a d.i. per tutti i motivi dedotti in narrativa e, pertanto, confermare e dichiarare esecutivo il d.i. n. 33 del 2018 del 30/03/2018 del Tribunale di Sulmona, anche nei confronti della Sig.ra (...) nella spiegata qualità; (b.) dichiarare nulla, inesistente ed inefficace la notifica dei due atti citazioni in opposizione a D.I. avvenuta in data 21/05/2018, per tutti i motivi dedotti in narrativa e confermare e, pertanto, dichiarare esecutivo il d.i. n. 33 del 2018 del 30/03/2018 del Tribunale di Sulmona, anche nei confronti della Sig.ra (...) nella spiegata qualità; (c.) dichiarare il difetto di legittimazione attiva della Sig.ra (...), nella spiegata qualità in atti, per aver spiegato domanda riconvenzionale a cui non era legittimata, per tutti i motivi dedotti in narrativa e di conseguenza, rigettare la spiegata domanda riconvenzionale perché infondata in fatto ed in diritto per tutti i motivi esposti; (d.) nel merito confermare il D.I. n. 33/2018 del 30/03/2018, del Tribunale di Sulmona, anche nei confronti della Sig.ra (...) nella spiegata qualità, per i motivi dedotti in narrativa; (e.) rigettare le eccezioni preliminari avanzate nella proposta opposizione a D.I. dalla Sig.ra (...) nella qualità spiegata in atti, perché infondata in fatto ed in diritto, nonché dilatoria e temeraria per i motivi esposti in narrativa; (f.) rigettare la proposta opposizione promossa dalla Sig.ra (...) nella qualità spiegata in atti, perché infondata in fatto ed in diritto, nonché dilatoria e temeraria per i motivi esposti in narrativa; (g.) rigettare la domanda riconvenzionale della Sig.ra (...) per difetto di legittimazione attiva a proporla per tutti i motivi dedotti in narrativa e sia perché infondata in fatto ed in diritto per tutti i motivi esposti in narrativa; (h.) condannare la Sig.ra (...) nella qualità spiegata in atti, al pagamento delle spese e competenze del presente giudizio oltre rimborso forf. 15% con CAP ed IVA come per legge. 3. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 legge 18/06/2009, n. 69. 4. Visti e valutati gli atti e la documentazione acquisita, nonché le risultanze della prova testimoniale. 5. Preliminarmente va esaminata l'eccezione di legittimazione passiva all'ingiunzione di pagamento formulata dalla parte opponente, società (...) snc, sul presupposto di non essere mai stata proprietaria dell'immobile sito in Pescasseroli adibito a lavanderia, al quale si riferisce il credito ingiunto, e né di far parte del Condominio Residence Palace Via (...), in quanto il predetto immobile, già di proprietà della società (...) Srl, era invece, al momento della proposizione del ricorso monitorio, di proprietà esclusiva dei sig.ri (...), (...) e (...) in virtù di atto per Notaio (...) del 08//09/2016. 6. Considerato che risulta provato dalla documentazione acquisita agli atti (cfr. atto per notar (...) del 08/09/2016 e visura storica per immobile prodotta in giudizio anche dalla stessa parte opposta) che l'immobile di che trattasi risulta essere effettivamente dal 08/09/2016 (data di sottoscrizione del richiamato atto per notar (...)) di proprietà esclusiva pro quota dei sig.ri (...), (...) e (...) e, precedentemente a tale data, di proprietà esclusiva della società (...) Srl.. Peraltro la circostanza che l'immobile fosse di proprietà esclusiva della (...) S.r.l. era ben conosciuta dal condominio opposto, vista la partecipazione della predetta società alle assemblee condominiali in qualità condomino e gli scambi di corrispondenza tra loro intercorsi in relazione alla richiesta danni alla lavanderia (cfr. documenti in atti prodotti dalle parti). Inoltre come, risulta dalla documentazione prodotta dallo stesso Condominio opposto, la (...) Srl, in qualità di condomino, è stata oggetto di precedenti ingiunzioni di pagamento per oneri condominiali, a dimostrazione che il Condominio era consapevole che la proprietà dell'immobile in questione, e quindi la qualità di condomino, faceva capo alla società (...) srl. Non risulta invece dalla documentazione prodotta in giudizio nella fase monitoria e nel presente giudizio, né risulta provato dal Condominio in corso di causa, che l'opponente (...) snc fosse proprietaria e/o fosse subentrata alla (...) S.r.l. nella proprietà dell'immobile di che trattasi e, quindi, avesse acquisito la qualità di condomino. 7. Rilevato ed accertato che l'opponente (...) snc non è mai stato proprietario di immobili e quindi condomino facente parte del Condominio Residence Palace "(...)", né tanto memo, lo è stato alla data di proposizione del ricorso monitorio, ne consegue indubbiamente che nei suoi confronti non poteva essere chiesto ed emesso decreto ingiuntivo ex art. 63 disp. att. c.c. per la riscossione dei contributi condominiali straordinari, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio. Per altro è stato affermato in giurisprudenza che in tema di condominio ed al pagamento delle spese condominiali straordinarie sulle parti comuni (come nel caso di specie), che, al momento del rogito di compravendita, risultano già deliberate dall'assemblea condominiale, salvo diverso accordo, responsabile del pagamento delle spese condominiali per i cosiddetti 'lavori straordinari', è la persona che risulta essere proprietaria del bene al momento dell'approvazione degli stessi. Si richiama opportunamente al riguardo il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità e di merito, al quale si intende dar seguito in questa sede, secondo il quale "Nel caso delle opere di manutenzione straordinaria e delle innovazioni, la deliberazione dell'assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell'intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino. Verificandosi pertanto l'alienazione di una porzione esclusiva posta nel condominio in seguito all'adozione di una delibera assembleare, antecedente alla stipula dell'atto traslativo, volta all'esecuzione di lavori consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione, ove non sia diversamente convenuto nei rapporti interni tra venditore e compratore, i relativi costi devono essere sopportati dal primo, anche se poi i lavori siano stati, in tutto o in parte, effettuati in epoca successiva, con conseguente diritto dell'acquirente a rivalersi nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva ex art. 63 disp. att. c.c. (cfr. Cass. Civ. sez. II, 28/04/2021, n. 11199; nel medesimo senso si veda Corte appello L'Aquila sez. I, 22/03/2021, n. 435; Corte appello Roma sez. VII, 12/02/2021, n. 1116). 8. Ne consegue nel caso in esame che non poteva essere chiesto ed emesso nei confronti della (...) snc il decreto ingiuntivo per la riscossione pro quota degli oneri condominiali straordinari descritti nel ricorso monitorio, atteso che l'opponente non rivestiva la qualità di condomino al momento dell'approvazione dei lavori straordinari di che trattasi effettuata verosimilmente dall'assemblea condominiale con verbale del 19/08/2017 prodotta in atti dal condominio (cfr. doc. 1 fasc. parte opposta), né peraltro l'ha mai rivestita. 9. Rilevato dunque che, al momento dell'approvazione dei lavori di manutenzione straordinaria del solaio condominiale stradale sovrastante la predetta lavanderia, avvenuta verosimilmente con la richiamata delibera assembleare del 19/08/2017, proprietari dell'immobile risultano essere i predetti signori (...), (...) e (...) per averlo acquisito dal precedente proprietario società (...) S.r.l. in data 08/09/2016, per cui, tenuti al pagamento del credito ingiunto erano i predetti acquirenti. Peraltro l'ingiunzione di pagamento è stata fatta nei confronti della (...) snc, che al momento dell'approvazione dei predetti lavori, non era proprietaria dell'immobile. Peraltro anche alle date del 29/10/2016 e del 26/11/2016 nelle quali sono state adottate le delibere dei Consigli di Amministrazione del Condominio relative al conferimento dell'incarico per i lavori al solaio, richiamate dal condominio opposto, proprietari dell'immobile erano già i predetti (...), (...) e (...). Va aggiunto tra l'altro che l'ingiunzione non è stata neanche chiesta ed emessa nei confronti della società (...) Srl, quale precedente proprietario dell'immobile. 10. Ritenuta pertanto meritevole di accoglimento l'eccezione di legittimazione passiva all'ingiunzione di pagamento formulata dalla parte opponente, società (...) con la conseguenza che il decreto ingiuntivo opposto debba essere revocato. Ogni altra questione resta assorbita. 11. Passando all'esame della domanda riconvenzionale formulata dalla parte opponente circa la richiesta di risarcimento ex art. 2051 c.c. dei danni assertivamente subiti dal predetto immobile, quantificati in Euro 25.000,00, a causa delle infiltrazioni proveniente dal sovrastante solaio di proprietà del condominio. 12. Rilevato: a. che è la stessa parte opponente a riferire che, gli asseriti danni subiti dal locale lavanderia a seguito delle infiltrazioni provenienti dalle griglie poste nel sovrastante solaio di proprietà del condominio verificatesi presumibilmente nel periodo 1996 - 2004 (cfr. documenti prodotti dalla stessa parte opponente) erano stati eliminati dal Condominio a seguito dei recenti interventi di risanamento del solaio di copertura; b. che il distacco di un pezzo di intonaco avvenuto successivamente ai predetti lavori di risanamento del solaio risulta essere stato oggetto di intervento e riparazione da parte della ditta (...) (cfr. dichiarazione resa dallo stesso all'udienza del 2/10/2019 "...è vero che sono stato chiamato, non ricordo se dall'amministratore o dalla lavanderia o da entrambi, per eseguire le riparazioni di cui si parla nel capitolo. Noi siamo intervenuti ed abbiamo effettuato a detta riparazione..."; c. che la parte opponente non ha sufficientemente provato nel corso dell'istruttoria l'esistenza dei lamentati danni e, soprattutto, l'ammontare degli stessi come non ha provato di non aver potuto utilizzare i locali lavanderia. Peraltro l'Ing. (...), sentito all'udienza del 02/10/2019 riferisce "... mentre nell'intero soffitto della lavanderia non erano presenti macchie o segni da infiltrazioni.". 13. Ritento pertanto che la domanda riconvenzionale, per i motivi esposti, debba essere rigettata. 14. Le spese di giudizio in ragione della reciproca soccombenza vanno tra le parti integralmente compensate. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, definitivamente pronunziando nella causa iscritta al n. 401 del registro generali degli affari contenzioni civile del 2018, promossa da (...), in proprio e quale legale rappresentante della società (...) snc, nei confronti di Condominio Residence Palace "(...), ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. accoglie per i motivi esposti, l'eccezione di legittimazione passiva all'ingiunzione di pagamento formulata preliminarmente dalla parte opponente e, per l'effetto, revoca il decreto ingiuntivo 33/2018 emesso dal Tribunale di Sulmona; 2. rigetta per i motivi esposti la domanda riconvenzionale formulata dalla parte opponente; 3. compensa integralmente tra le parti le spese processuali. Così deciso in Sulmona il 20 dicembre 2021. Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SULMONA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO così composto: dott. Pierfilippo Mazzagreco Presidente dott.ssa Francesca Pinacchio Giudice rel. dott.ssa Marta Sarnelli Giudice Nella causa iscritta a ruolo n. 374 degli affari civili dell'anno 2021 e vertente tra Il sig. (...), nato (...), ivi residente, Viale (...) n. 93, elettivamente domiciliato in Sulmona (AQ), Corso (...), presso e nello studio degli Avv.ti Ca.La. e Le.Di. (COD. FISC. (...)) che lo rappresentano e difendono in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso; - Ricorrente - E La sig.ra (...) (c.f. (...)) nata il (...) ad Introdacqua (AQ), ivi residente alla Via (...); - Interdicenda - E (...) (sorella) residente in Introdacqua (AQ) alla Via (...); (...) (cognata) residente in Introdacqua (AQ) al Viale (...) n. 93; (...) (nipote) residente in Introdacqua (AQ) alla Via (...); (...) (nipote) residente in Introdacqua (AQ) alla Piazza (...) n. 9; Volpe Amerigo (cognato) residente in Pettorano sul Gizio (AQ) alla Via (...); (...) (cugino) residente a Milano, in Viale (...) 35; (...) (cugina) residente a Milano, in Viale (...) 35; (...) (zia) residente a Milano, in Via (...); (...) (zio) residente a Verona, in Via (...); (...) (cugino) residente a Bugnara (AQ), in Via (...); (...) (cugino) residente a Bagnaturo di Sulmona (AQ), in Via Cornito 10; (...) (cugino) residente a Bagnaturo di Sulmona (AQ), in Via (...); (...) (cugina) residente a Sulmona (AQ), in Via (...); (...) (cugina) residente a Sulmona (AQ), in Via (...); (...) (cugino) residente a Sulmona (AQ), in Via (...). - Resistenti contumaci - NONCHE' IL P.M. presso il Tribunale di Sulmona - Interventore ex lege - All'esito dell'udienza del 2.12.21 ha emesso la seguente SENTENZA Con ricorso depositato in data 18.5.21, il ricorrente (...) ha chiesto dichiararsi l'interdizione della sorella (...) in quanto affetta da "Grave stato delirante in schizofrenia con evidente deficit mentale" e impossibilitata a svolgere qualsiasi ordinaria e straordinaria mansione di vita quotidiana. In particolare, il ricorrente ha precisato che l'interdicenda non è in alcun modo in grado di svolgere le più normali e quotidiane attività fisiche ed intellettuali, al punto di non essere in nulla autosufficiente; che la sig.ra (...) necessita, infatti, di continua assistenza e cura, a cui da tempo provvede la sorella (...), atteso il rapporto di particolare affettività intercorrente tra le stesse e la residenza nella stessa abitazione. Il ricorrente ha inoltre documentato che in data 31.01.2012 la competente commissione medica dell'I.N.P.S. di Roma, in sede di verifica, ha confermato alla sig.ra (...) i benefici assistenziali della pensione di inabilità ex art. 12 L. 118/71 e dell'indennità di accompagnamento in quanto "invalido con totale e permanente inabilità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (L. 18/80)"; che l'importo della pensione di Indennità di Accompagnamento erogata dall'INPS ammonta attualmente ad Euro 522,10 mensili e che la sig.ra (...) è inoltre titolare di una pensione di reversibilità erogata dall'INPS ex INPDAP per un ammontare netto pari ad Euro 1.157,37; che i predetti emolumenti vengono accreditati su un libretto di risparmio aperto presso le (...) S.p.A. contraddistinto dal n. (...) il cui saldo é pari ad Euro 8.471,90 alla data 16.03.2021; che l'interdicenda è comproprietaria dei seguenti beni immobili: A) abitazione sita nel Comune di Introdacqua (AQ) alla Via (...), individuata al NCEU al Foglio (...), Cat. A 3, classe 2, vani 5; B) appartamento sito nel Comune di Roma alla Via (...), individuato al NCEU al Foglio (...), sub 25, Cat. A 3, classe 2, vani 7. Esaminata l'interdicenda, sentito il ricorrente, integrato correttamente il contraddittorio con i parenti e sentita la sorella dell'interdicenda sig.ra (...), acquisita la documentazione medica, sentito il parere del P.M. che ha chiesto emettersi pronuncia di interdizione nei confronti della convenuta, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione con rinuncia alla concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Tanto premesso, la domanda è fondata e merita accoglimento. In via preliminare, va dichiarata la contumacia dei resistenti, verificata la regolarità delle notifiche del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di comparizione. Deve, inoltre, affermarsi la sussistenza della legittimazione attiva del ricorrente ai sensi dell'art. 417 cod. civ., in quanto fratello dell'interdicenda. Tanto premesso, occorre rilevare, in punto di diritto, che l'414 cod. civ., come sostituito dall'art. 4 comma 2 della L. 9 gennaio 2004, n. 6, richiede due condizioni per la dichiarazione di interdizione del maggiore di età o minore emancipato, che segnano il discrimine di tale forme di protezione dei soggetti incapaci da altri istituti meno invasivi della loro sfera personale e giuridica, quali l'inabilitazione e l'amministrazione di sostegno. E' richiesta, in primo luogo, una "condizione di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi", ovverosia una particolare gravità della patologia che, diversamente dallo stato di limitata capacità dell'inabilitato, escluda totalmente la loro idoneità cognitiva e volitiva anche rispetto agli atti di ordinaria amministrazione. Occorre, poi, che lo status di interdetto sia "necessario per assicurare la loro adeguata protezione", il che vale a dire che la misura, stante la gravità dei suoi effetti, ha carattere residuale ed è riservata a quelle ipotesi in cui la meno invasiva amministrazione di sostegno non sarebbe in grado di assicurare un'efficacia tutela dell'incapace. Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che anche in presenza di patologie particolarmente gravi deve accordarsi preferenza allo strumento dell'amministrazione di sostegno ove, in ragione della specificità della singola fattispecie, esso sia sufficiente a soddisfare le esigenze del caso concreto; in particolare, ad ipotesi in cui non risulti necessaria una limitazione generale della capacità del soggetto, poiché la protezione dell'incapace richiede un'attività minima ed estremamente semplice, tale da non rischiare di pregiudicare gli interessi del soggetto, vuoi per la scarsa consistenza del patrimonio disponibile, vuoi per la semplicità delle operazioni da svolgere (attinenti, ad esempio, alla gestione ordinaria del reddito da pensione) e per l'attitudine del soggetto protetto a non porre in discussione i risultati dell'attività di sostegno nei suoi confronti e vuoi per un sereno e pacifico contesto familiare, corrisponderà l'amministrazione di sostegno, da preferire alle più invasive misure dell'inabilitazione e della interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità, non solo sul piano pratico, in considerazione dei costi meno elevati e delle procedure più snelle, ma altresì su quello etico - sociale, per il maggior rispetto della dignità dell'individuo. Per converso, ove si tratti di gestire un'attività di una certa complessità, da svolgere in una molteplicità di direzioni, ovvero nei casi in cui appaia necessario impedire al soggetto da tutelare di compiere atti pregiudizievoli per sé, eventualmente anche in considerazione della permanenza di un minimum di vita di relazione che porti detto soggetto ad avere contatti con l'esterno, ovvero in ogni altra ipotesi in cui il giudice ritenga lo strumento di tutela apprestato dalla interdizione l'unico idoneo ad assicurare quella adeguata protezione degli interessi della persona che la legge richiede, è quest'ultimo, e non già l'amministrazione di sostegno, l'istituto che deve trovare applicazione (Cass. 12.6.2006 n. 13584; Cass. 22.4.2009 n. 9628). In definitiva, anche rispetto al soggetto totalmente incapace di provvedere ai propri interessi il legislatore affida al giudice il compito di individuare l'istituto che, da un lato, garantisca all'incapace la tutela più adeguata alla fattispecie e, dall'altro, limiti nella minore misura possibile la sua capacita. Solo se non ravvisi interventi di sostegno idonei ad assicurare all'incapace siffatta protezione, il giudice può ricorrere alle ben più invasive misure dell'inabilitazione o dell'interdizione, che attribuiscono uno status di incapacità (Corte Cost. 30 novembre 2005, n. 440). Rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'ambito di applicazione dell'amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore capacità di tale strumento di adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass. 26.10.2011 n. 22332); in estrema sintesi, deve dirsi che si dà luogo all'amministrazione di sostegno nel caso in cui, per assicurare adeguata tutela ad una persona affetta da abituale infermità di mente, è sufficiente una gestione solo di specifici affari mentre occorre la dichiarazione di interdizione se la gestione deve essere generale e globale, dato che una gestione globale degli interessi dell'inabile non può essere garantita dall'amministrazione di sostegno, in quanto i poteri dell'amministratore in nessun caso possono coincidere con quelli di un tutore e consistere nel potere di compiere, in nome e per conto dell'infermo, tutti gli atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione. Al riguardo, all'udienza del 2.12.21 è stato effettuato l'esame dell'interdicenda, principale fonte di convincimento del Giudice il quale ha evidenziato lo stato di grave ed abituale infermità di mente posto che non è apparsa orientata nello spazio e nel tempo, con conseguente impossibilità a sostenere il dialogo e di reagire agli stimoli esterni. Appare, dunque, evidente che l'interdicenda non sia in grado di potere attendere ai propri interessi, sia con riferimento alla cura della propria persona che con riguardo alla gestione del proprio patrimonio, con la conseguenza che il quadro complessivo della patologia dalla quale è affetta configura l'ipotesi delineata dall'art. 414 c.c. e segnatamente l'abituale infermità di mente che, come è noto, presuppone non solo la compromissione delle facoltà intellettive, ma soprattutto quella delle facoltà volitive. Esclusa l'inabilitazione, per lo stato di assoluta incapacità di provvedere ai propri interessi, la scelta della misura di protezione deve ricadere sull'istituto dell'interdizione poiché, per la specificità e particolarità del caso concreto, l'amministrazione di sostegno non è in grado di garantire una tutela efficace, considerata altresì la necessità di una maggiore protezione nei suoi confronti; in particolare, l'apertura di un'Amministrazione di Sostegno si tradurrebbe in un'attribuzione in capo all'amministratore di poteri analoghi a quelli del tutore senza le garanzie che il legislatore richiede per un intervento così radicale. In tale contesto, dunque, l'interdizione risulta l'unico strumento che assicuri un'adeguata protezione alla convenuta in termini di assistenza, cura della persona e gestione patrimoniale, non risultando che l'Amministrazione di Sostegno o l'inabilitazione costituiscano, nella specie, misure di tutela adeguata in considerazione della gravità della patologia mentale accertata in capo allo stesso, della sostanziale incapacità di provvedere ai propri interessi e della sua assoluta incapacità di collaborare anche in maniera residuale con una figura alla quale sia affidato il compito della sua amministrazione. In definitiva, la presenza dei concordi ed univoci elementi riscontrati rende necessaria la pronuncia di interdizione di (...) quale adeguato strumento di protezione della stessa nel caso di specie. Si deve disporre l'annotazione della sentenza a cura del Cancelliere nel registro delle tutele e la sua comunicazione all'ufficiale dello stato civile del Comune di Introdacqua (AQ) per l'annotazione in margine all'atto di nascita (art. 423 cod. civ. e 48 disp. att. cod. civ.). Si deve, infine, trasmettere copia della sentenza al giudice tutelare a cura della cancelleria (art. 42 disp. att. cod. civ.), per la nomina del tutore definitivo e del protutore e l'esercizio delle funzioni di sua spettanza. In considerazione della particolare natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite. Il Tribunale di Sulmona, definitivamente pronunciando, così provvede: - dichiara la contumacia dei resistenti convenuti; - pronuncia l'interdizione di (...) (c.f. (...)) nata il (...) ad Introdacqua (AQ), ivi residente alla Via (...) n. 11; - ordina l'annotazione della presente sentenza a margine dell'atto di nascita ai sensi degli artt. 423 c.c. e 49 D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396; - dichiara compensate le spese di lite. Manda la Cancelleria per annotare la sentenza nel registro delle tutele, per comunicarla all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Introdacqua per l'annotazione in margine all'atto di nascita e per trasmetterla in copia al Giudice Tutelare competente. Così deciso in Sulmona il 2 dicembre 2021. Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine 448 dell'anno 2018 vertente TRA I Sig. (...) (C.F.: (...)), nata a P. P. (A.) il (...) e (...) (C.F.: (...)), nato a P. P. (A.) il (...), germani, entrambi residenti in P. P. (A.) a Via V. n. 6, elettivamente domiciliati in Sulmona alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. Pi.CI. che li rappresenta e difende in virtù di mandato in calce all'atto introduttivo PARTE ATTRICE CONTRO CONDOMINIO (...) S. A (C.F. (...)), con sede in P. P. (A.) alla Via V. n. 6, in persona dell'amministratore pro tempore, Rag. (...), elettivamente domiciliato in Silvi (TE) alla Via (...) presso lo studio dell'Avv. Le.Ru. del Foro di Teramo che lo rappresenta e difende in virtù procura allegato alla comparsa di costituzione e risposta PARTE CONVENUTA RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Vista l'atto di citazione ritualmente notificata con il quale i sigg. (...) e (...), facendo seguito al procedimento per ATP n. 132/2017 r.g.a.c. dagli stessi promosso, hanno convenuto in giudizio avanti questo Tribunale il CONDOMINIO (...) S. A, deducendo: (a.) di essere rispettivamente proprietario-condomino e comodatario di un appartamento posto ai piani S1-1 del fabbricato condominiale denominato Condominio (...) ubicato in P. P. (A.) alla Via V. n. 6; (b.) che nel seminterrato del predetto fabbricato condominiale esiste un ampio volume tecnico, ovvero di risulta, posto immediatamente al di sotto delle unità abitative, la cui altezza media e di circa 1,50 mt, all'interno del quale sono visibili impianti idrici e fognari, travi e pilastri di elevazione, solai e fondazioni del fabbricato posizionate direttamente sul terreno, nonché le trincee in cui sono state posizionate le travi rovesce delle fondazioni medesime: (c.) che lo stato dei luoghi del menzionato volume tecnico, come si evinceva agevolmente e dettagliatamente anche dai più recenti rilievi tecnici eseguiti nel contraddittorio tra le parti nel richiamato procedimento ex art. 696 c.p.c., n. 132/2017 r.g.a.c. celebratosi, ad istanza degli stessi attorii, dinanzi al Tribunale di Sulmona (nell'ambito del quale il CTU nominato, Arch. (...), si era espresso dapprima con il "rapporto di stima" del 09.12.2017 quindi con la "valutazione delle osservazioni proposte dai CTP delle parti in causa" del 09.02.2018, doc. 7 e 8 fasc. di parte) era da tempo interessato da un progressivo, grave e diffuso degrado; (d.) che il perdurare di tale grave stato di degrado, come meglio descritto dal proprio CTP di parte a dal CTU nel procedimento per ATP, era dipeso a suo dire dalla perdurante inerzia del Condominio dinanzi al quale la questione concernente la programmazione dei lavori (provvisori ed urgenti e definitivi) di manutenzione straordinaria pendeva, irrisolta, ormai dall'anno 2011; (e.) che il Condominio, quantunque a conoscenza dello stato di pericoloso - per le persone e per le cose - degrado dei materiali di composizione di travi e di pilastri di elevazione, di travi di fondazione e delle componenti dei solai, aveva tenuto, costantemente, per un arco temporale decorrente perlomeno dal 2011, un comportamento omissivo, dilatorio e superficiale, in contrasto con la norma di cui all'art. 1135, n. 4, c.c.. 2. Hanno chiesto, pertanto di: (1.) accertare e dichiarare lo stato di degrado in cui versano travi e pilastri di elevazione, travi di fondazione e solai tutti come visibili all'interno del vano tecnico, ovvero area di risulta, collocato al piano seminterrato del fabbricato condominiale del Condominio (...) di P. P. a Via V. n. 6; (2.) accertare e dichiarare che l'ingravescenza di tale stato di degrado è dipesa dall'inerzia colpevole, protrattasi nel tempo, a far data dall'anno 2011, del Condominio convenuto; (3.) per l'effetto, condannare il Condominio convenuto, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1135 c.c. n. 4, previo il conferimento di incarico in favore di tecnico abilitato per la predisposizione di computo metrico, di elaborati progettuali e di istanze preventive alla PA e di comunicazioni concomitanti e/o successive alla stessa PA, ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria come dettagliatamente indicati dal CTU Arch. (...), in risposta al quesito n. 3, nel "rapporto di stima" del 09.12.2017 depositato agli atti del procedimento per ATP ex art. 696 c.p.c. n. 132/2017 R.G. Trib. Sulmona; (4.) condannare comunque il Condominio convenuto a fare ogni altra opera opportuna e necessaria per l'eliminazione delle cause del degrado e per il ripristino di una corretta resistenza della struttura alle sollecitazioni ordinarie et straordinarie; (5.) condannare altresì il Condominio convenuto a costituire, sulla scorta del CME e degli elaborati che saranno redatti dal Tecnico da incaricarsi, un fondo speciale pari all'importo che sarà ritenuto necessario per l'esecuzione dei lavori tutti come da CTU in ATP e redigendo computo metrico, ovvero, se i lavori dovranno "essere eseguiti in base ad un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento", costituendo un fondo correlato all'entità dei singoli pagamenti dovuti; (6.) condannare inoltre il Condominio convenuto al risarcimento dei danni patiti dagli istanti, che, allo stato, prudenzialmente si quantificano in Euro 22.254,56, o somma maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione ed interessi; (7.) condannare infine il Condominio convenuto al rimborso, in favore degli istanti, della somma di Euro 4.879,69 già dagli stessi istanti corrisposta al CTU a titolo di compensi liquidati dal GD nel procedimento per ATP n.132/2017 r.g. Trib. Sulmona. Con condanna del Condominio convenuto al pagamento dei compensi di difesa tecnica relativi al preventivo procedimento di mediazione, a quelle relative al procedimento per ATP e a quelle relative al presente giudizio di merito, oltre MAGG 15% ex art. 2, punto 2, D.M. n. 55 del 2014, CPA ed IVA". 3. Vista la comparsa di costituzione con la quale il Condominio (...) ha contestato ogni addebito mosso a suo carico, deducendo in particolare: (1.) che l'assemblea condominiale, come ben risultava anche dalle avverse produzioni documentali, si occupa della problematica di che trattasi da circa 8 anni nel corso dei quali, non si era limitata a sterili riunioni ma ha più volte discusso su natura ed entità dei lavori, conferendo incarichi a tecnici e ditte per la scelta e l'esecuzione di interventi che, seppur nel tempo variati in qualità e quantità, avevano sempre avuto l'obiettivo di restituire sicurezza ai comproprietari; (2.) che la mancata esecuzione degli interventi era da ritenersi diretta conseguenza di una serie di circostanze ed accadimenti, tra cui, la necessità di accertamenti approfonditi, il rifiuto alla esecuzione dei lavori da parte di ditte già incaricate e le difficoltà economiche evidenziate dai partecipanti (ivi inclusi gli attori) nonché le continue formali rimostranze ed azioni esplicitate proprie dalle controparti: (3.) che pertanto non vi era stata alcuna inerzia da parte del Condominio e che, quantunque ritardi vi fossero stati, questi erano in gran parte ricollegabili a scelte comuni cui avevano aderito anche gli attori ovvero, e più di recente, ad iniziative degli stessi oggettivamente di ostacolo alla prosecuzione delle attività programmate. 4. Ha chiesto pertanto di: (1.) accertare e dichiarare l'inesistenza di qualsivoglia responsabilità, quand'anche minima e/o residuale, in capo al Condominio (...) S. A per la mancata e/o ritardata esecuzione degli interventi di risanamento di solai, travi e pilastri inseriti nel volume tecnico posto al piano interrato dell'edifico condominiale; (2.) accertare e dichiarare, altresì, l'inesistenza di qualsivoglia onere risarcitorio in capo al Condominio (...) S. A nei riguardi degli attori, non sussistendone i presupposti sia in fatto che in diritto; (3.) per l'effetto, rigettare in toto ogni domanda avversaria, in quanto destituita di valenza giuridica e priva di riscontro probatorio; (4.) in via riconvenzionale, alla luce delle considerazioni svolte in narrativa e ritenuta la responsabilità degli attori per l'avvio di azioni infondate e/o pretestuose, condannare i medesimi, in solido, al pagamento in favore del Condominio convenuto, a titolo di risarcimento, della somma di Euro 1.198,80, come dianzi determinata, ovvero di quella differente maggiore o minore somma ritenuta di giustizia per le riferite voci di danno, comunque contenuta nel limite di Euro 1.200,00, oltre rivalutazione ed interessi dal dovuto al saldo; (5.) con vittoria di spese e competenze di lite, ivi incluse quelle della fase cautelare, da gravarsi degli oneri ed accessori di legge. 5. Richiamati, per quanto non espressamente riportato, gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell'art. 132 c.p.c. così come introdotto dall'art. 45 L. 18 giugno 2009, n. 69. 6. Visti e valutati gli atti e la documentazione acquisita, nonché le risultanze della prova testimoniale e delle c.t.u. eseguita nell'ambito del procedimento per ATP e del presente giudizio, la domanda attorea nei limiti e per le ragioni qui di seguito spiegate, risulta provata e quindi fondata. 7. Considerato che risulta provato dalla documentazione acquisita agli atti il lamentato perdurante, attuale e progressivo stato di generale e grave degrado del richiamato "volume tecnico" (ovvero "volume di risulta", così come più appropriatamente definito dal CTU) ubicato nel seminterrato del predetto fabbricato condominiale, immediatamente al di sotto delle unità abitative, ed, in particolare, delle travi e pilastri di elevazione, del solaio e, per la parte, ispezionabili, delle fondazioni del fabbricato, presenti e visibili all'interno del detto volume tecnico. 8. Difatti si vedano in particolare le risultanze e le conclusioni di cui alla relazione peritale del 09.12.2017 (denominata, "rapporto di stima") ed ai successivi chiarimenti forniti con relazione scritta del 09/02/2018 (denominata, "valutazione delle osservazioni proposte dai CTP delle parti in causa") depositate dal CTU nominato, Arch. (...), nell'ambito del richiamato procedimento per ATP ex art. 696 c.p.c., n. 132/2017, promosso dagli attori dinanzi questo Tribunale, svoltosi in contraddittorio delle parti e ritualmente acquisite nel presente giudizio (cfr. doc. 7 e 8 atto di citazione), senz'altro condivisibili stante la correttezza dei criteri logici e tecnici seguiti, nel rispetto dei quesiti formulati dal giudice assegnatario del procedimento e le cui conclusioni sono state ribaditi dal medesimo CTU nominato nel corso del presente giudizio con gli elaborati peritali depositati in atti. In particolare, tale stato di generale degrado dei luoghi e delle cose è ben evidenziato dal CTU, nelle conclusioni cui perviene in risposta al quesito n. 1: ("di verificare lo stato dei luoghi e la condizione delle cose, e quindi, di verificare lo stato di travi e pilastri di elevazione, di travi di fondazione e del solaio in concomitanza con gli spazi, adibiti a volume tecnico, posti al di sotto delle unità abitative, nonché lo stato di areazione del vano tecnico e della coibentazione degli impianti idrici ivi esistenti", cfr. pag. 7-16 predetto elaborato peritale). Conseguentemente il CTU ha accertato e segnalato (1:) lo stato di pericolo, dal punto di vista statico, derivante dall'avanzato stato di degrado del solaio; (2.) il pericolo, dal punto di vista sismico, rappresentato dalla perdita di resistenza conseguente al degrado degli elementi trave ma soprattutto dal degrado degli elementi pilastro; (3.) dal punto della salubrità dell'ambiente, il problema derivante dall'alto tasso di umidità relativa il rischio può ritenersi minimo se valutato rispetto alla presenza dell'uomo nei locali ma che diventa un pericolo importante in termini di prospettiva poiché favorisce il degrado delle strutture (cfr. risposta al quesito n. 3). Inoltre il CTU: a. nel rispondere al quesito n. 2 ("di valutare se lo stato dei luoghi imponga l'esecuzione di interventi su travi e pilastri di elevazione, travi di fondazione e solaio, nonché l'esecuzione di interventi per abbattere l'umidità persistente e per incrementare l'areazione del vano tecnico, con contestuale indicazione degli interventi provvisori ed urgenti e degli interventi definitivi"), ipotizza e descrive analiticamente gli interventi di carattere provvisorio e risolutivi definitivi mirati che, a suo giudizio, sono necessari per affrontare e risolvere le predette problematiche riscontrate nelle travi e pilastri di elevazione, nelle travi di fondazione e nel solaio nonché per incrementare l'areazione nel descritto vano tecnico (cfr. pag. 24-27, rapporto di perizia in ATP); b. nel rispondere al quesito n. 4 ("valuti il ctu se gli interventi programmati dal condominio, siccome risultanti dal computo metrico e dagli altri allegati tecnici prodotti dalla stessa parte ricorrente, nonché dalla documentazione prodotta a corredo della memoria di costituzione della parte resistente .... fossero complessivamente idonei a rimuovere, quantomeno a ridurre la situazione di degrado ....,") rileva ed evidenzia ancora come " .... Detti interventi programmati dal condominio (consistenti essenzialmente nella realizzazione di muri portanti al di sotto di ogni impalcato) avrebbero ridotto le lunghezze di lavoro dei travetti dei solai con indubbio beneficio statico e soprattutto della porzione attualmente puntellata che ha già manifestato notevoli problemi di flessione, tuttavia l'intervento non avrebbe arrestato il peggioramento dell'avanzato stato di degrado dei travetti pertanto senza porre rimedio alle condizioni descritte in precedenza ...." (cfr. cfr. pag. 27-29, rapporto di perizia in ATP); c. in conclusione afferma e ribadisce l'estrema urgenza di intervenire con lavori di messa in sicurezza in primis e poi con lavori atti a rimuovere lo stato di degrado insistente sui luoghi di causa. 9. Osservato altresì che tale descritto stato di generale degrado del predetto bene comune (peraltro tra le parti non in contestazione), è stato successivamente sostanzialmente confermato, con aggravamento in parte, dal medesimo CTU nominato anche nel corso del presente giudizio, dapprima con il "Rapporto di Perizia" depositato il 22.11.2019 e con i relativi chiarimenti scritti ("Valutazione delle osservazioni proposte dai CTP delle Parti in causa") depositati il 25.11.2019 e successivamente con il "Rapporto di Perizia post udienza 19/02/2020", depositato il 03.03.2020 (cfr. elaborati in atti). 10. Considerato: a. che il CTU, incaricato altresì nel corso di questo giudizio di esaminare e valutare la idoneità della proposta progettuale del Condominio del 24/04/2019 (Cfr. doc. n. 63: Relazione Tecnica del 24.04.2019 dell'Ing. R. N.G. (...); doc. n. 64: progetto e computo metrico del 24.04.2019 dell'Ing. R. N.G. (...)), con "Rapporto di Perizia" depositato in questo giudizio il 22.11.2020 e con "Valutazione delle osservazioni proposte dai CTP delle Parti in causa" depositate in questo giudizio il 25.11.2019, in risposta al quesito sottopostogli dal Giudice all'udienza del 26/06/2019: "....Esamini il CTU la progettazione e il computo metrico redatto in aprile 2019 dal Condominio convenuto relativi alle modalità di intervento per la risoluzione dello stato di degrado dei luoghi di causa, verificando se detta progettazione e computo metrico siano idonei oppure no alla completa e definitiva risoluzione dello stato di degrado dei luoghi oggetto di causa riscontrato in sede di atp e durante la presente operazione peritale", è pervenuto alle seguenti conclusioni: (1.) nel richiamato "Rapporto di Perizia" depositato il 22.11.2020: "In conclusione, per i motivi sopra esposti, lo scrivente CTU ritiene la soluzione tecnica proposta dalla parte convenuta "Condominio (...)" non propriamente idonea a risolvere il grave stato di degrado. Dalla documentazione agli atti non è possibile capire il grado di progettazione Preliminare, Definitivo ed Esecutivo attribuito al progetto. Si ribadiscono gli interventi urgenti evidenziati in sede di ATP soprattutto per quel che attiene il puntellamento a norma del solaio"; (2.) nelle "Valutazione delle osservazioni proposte dai CTP delle Parti in causa": "Alla luce di quanto sopra riportato e di quanto espresso in perizia, si conclude che a parere della scrivente CTU, l'intervento proposto per risolvere il problema dello sfondellamento del solaio attraverso l'utilizzo della rete in fibra di vetro deve essere quanto meno integrato con tutte quelle lavorazioni preliminari elencate nei punti precedenti e di conseguenza integrare il CME con le relative voci. Per quel che riguarda l'intervento strutturale (realizzazione di struttura in acciaio) proposto in seconda battuta e allegato alle osservazioni della parte resistente, sulla base della documentazione a disposizione (quindi tralasciando ogni verifica sull'esattezza del dimensionamento degli elementi e del CME di cui non se ne ha conoscenza) si ritiene una soluzione migliorativa rispetto a quella datata maggio 2019"; b. che il CTU, incaricato successivamente di esaminare e valutare la idoneità della proposta progettuale aggiornata del condominio e depositata telematicamente il 03/01/2020 (cfr. doc. n atti), con "Rapporto di Perizia post udienza 19/02/2020", depositato in questo giudizio il 03.03.2020, in risposta al quesito del medesimo tenore di quello precedente formulatogli dal Giudice (cfr. elaborato peritale) ha in conclusione evidenziato che "La soluzione proposta dal Tecnico incaricato appare incompleta, pertanto quanto meno deve essere integrata con le lavorazioni sopra riportate che si rifanno esplicitamente alle altre relazioni dalla sottoscritta depositate. Si ribadiscono gli interventi urgenti evidenziati in sede di ATP soprattutto per quel che attiene il puntellamento a norma del solaio"; c. che il CTU, incaricato altresì di ricercare una soluzione condivisa da entrambe le parti, con "Rapporto CTU sul tentativo di ricerca di una soluzione condivisa da entrambe le parti" depositato in atti il 10/07/2020 (cfr. elaborato in atti), dà atto della non riuscita del tentativo di mediazione ed evidenzia in conclusione "Alla luce delle risultanze del tentativo di mediazione esperito e cosi come ribadito nei pregressi documenti dalla scrivente depositati, il CTU sottolinea l'urgenza degli interventi evidenziati in sede di ATP soprattutto per quel che attiene il puntellamento a norma del solaio". 11. Rilevato: a. che, secondo quanto disposto dall'art. 1135, comma 1, n. 4 Codice Civile (applicabile nel caso in esame), rientra nella competenza esclusiva dell'assemblea dei condomini provvedere "alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti. Si richiama opportunamente il consolidato e condivisibile indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui "Occorre l'autorizzazione dell'assemblea (o, comunque, l'approvazione, mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. e con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, comma 4, c.c. per l'approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell'edificio condominiale. La delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve determinare l'oggetto del contratto di appalto da stipulare con l'impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi e il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell'opera ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa (cfr. ex multis Cass. Civile sez. II, 21/02/2017, n. 4430); b. che il condominio è dunque tento ai sensi del richiamato articolo a provvedere alle necessarie opere di manutenzione straordinaria ed è responsabile per i danni arrecati nel caso di sua omissione e/o inerzia nel provvedere (cfr. Cass. Civ sez. III, 14/06/2021, n. 16741, relativa alla manutenzione straordinaria del lastrico solare; si veda nel medesimo senso Cass. Civile sez. un., 10/05/2016, n. 9449); c. che nel caso di specie il Condominio, pur essendo a conoscenza sin dal 2010, dello stato di degrado e di pericolo in cui versa tutt'ora il descritto vano tecnico di natura condominiale, ad oggi non ha ancora provveduto ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria, peraltro analiticamente indicati dal CTU, Arch. (...), nell'elaborato peritale in sede di ATP (in atti), ripetutamente ribaditi dal medesimo CTU con gli ulteriori richiamati elaborati peritali depositati in atti, né tanto meno, risulta che il Condominio abbia adottato una deliberazione ai sensi dell'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.; d. che il Condominio si è limitato a produrre in giudizio i richiamati elaborati progettuali dell'aprile 2019 e del gennaio 2020 che prevedevano interventi diversi da quelli indicati dal CTU nella perizia redatta in sede di ATP e, peraltro, ritenuti dal medesimo CTU non idonei ad eliminare lo stato di generale e pericoloso degrado riscontrato nel vano tecnico in questione; e. che pertanto è indubbia la responsabilità del condominio per non aver eseguito i necessari lavori di manutenzione straordinaria necessari ad eliminare il persistente stato di degrado del vano tecnico (che rappresenta un pericolo sia dal punto di vista statico che sismico, cfr. elaborato peritale in ATP); f. che pertanto il Condominio va condannato ad eseguire i lavori manutenzione straordinari nel rispetto delle indicazioni formulate dal CTU Arch. (...), nella perizia di cui alla ATP, previa predispostone degli elaborati progettuali e di quant'altro necessario e previa adozione della delibera nel rispetto di quanto prescritto dall'art. 1135, comma 1, n. 4 c.c.. 12. Ritenuta non accoglibile la richiesta di risarcimento danni formulata dalla parte attrice in quanto la domanda non risulta provata. 13. Ritenuto altresì che le spese processuali del presente giudizio, in ragione del parziale accoglimento della domanda e del comportamento tenuto dalla parte convenuta nel giudizio, debbano essere compensate al 50% e che il restante 50% debba essere posto a carico del condominio sostanzialmente soccombente. 14. Le spese di CTU del presente giudizio, già precedentemente liquidate, vanno definitivamente poste a carico di ciascuna delle parti delle parti nelle misura del 50%, mentre vanno rimborsate per intero alla parte attrice, da parte del Condominio convenuto, le spese liquidate per l'ATP. 15. Ogni altra questione resta assorbita. P.Q.M. Il Tribunale di Sulmona, in composizione monocratica e nella persona del Giudice Onorario dott. Angelo Di Francescantonio, definitivamente pronunziando nella causa iscritta al n. 448 del registro generali degli affari contenzioni civile del 2018, promossa da (...) e (...), nei confronti del Condominio (...) S. A, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede: 1. accerta e dichiara, per i motivi esposti, la responsabilità del Condominio per il persistente stato di degrado del vano tecnico descritto nell'atto di citazione e nella CTU redatta dal CTU Arch. (...) in sede di ATP; 2. per l'effetto condanna il Condominio convenuto ad eseguire i lavori di manutenzione straordinaria come dettagliatamente indicati dal CTU Arch. (...), in risposta al quesito n. 3, nel "rapporto di stima" del 09.12.2017 depositato agli atti del procedimento per ATP ex art. 696 c.p.c. n. 132/2017 R.G. Trib. Sulmona ed acquisita ne presente giudizio e comunque ad eseguire ogni altra opera opportuna e necessaria per l'eliminazione delle cause del degrado descritte nel predetto elaborato peritale; 3. condanna il Condominio convenuto al rimborso, in favore degli istanti, della somma di Euro 4.879,69 già dagli stessi istanti corrisposta al CTU a titolo di compensi liquidati dal GD nel procedimento per ATP n.132/2017 r.g. Trib. Sulmona; 4. compensa per la metà le spese di lite e condanna pertanto il Condominio convenuto alla rifusione della restante metà in favore della parte attrice che liquida, operata già la compensazione, in Euro 6.313,50 per compensi ed in Euro 272,50 per spese, oltre rimb. 15% spese forfettarie, IVA e CAP nella misura e come per legge; 5. pone definitivamente poste a carico di ciascuna delle parti delle parti nelle misura del 50%, le spese di CTU del presente giudizio, già precedentemente liquidate. Così deciso in Sulmona il 15 novembre 2021. Depositata in Cancelleria il 18 novembre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI SULMONA in composizione monocratica, in persona della dott.ssa Marta Sarnelli, nel procedimento n. 160/2019 R.G. ha emesso la seguente SENTENZA nella causa vertente tra (...) (C.F. (...)) difeso in proprio ex art. 86 c.p.c., (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) elettivamente domiciliati in Sulmona Via (...) presso lo studio dell'avv. (...) che li rappresenta e difende come da mandato in calce all'atto di citazione - ATTORI - E CONSORZIO (...), (c.f. (...)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Sulmona, Via (...) presso lo studio dell'avv. Fe.Di. che lo rappresenta e difende come da procura in calce alla memoria di costituzione; - CONVENUTA - OGGETTO: risarcimento danno per illegittima occupazione IN FATTO Con atto di citazione ritualmente notificato (...), (...) e (...) hanno convenuto in giudizio il Consorzio (...) dinanzi il Tribunale di Sulmona, per ivi sentirlo condannare al risarcimento del danno per l'occupazione abusiva dei beni descritti al catasto del Comune di Sulmona particella (...), (...)foglio (...) oltre interessi compensativi sul valore del bene e per disporre che l'acquisizione dei suddetti beni venga tempestivamente notificato agli attori e trascritto presso la conservatoria. In via subordinata, gli attori chiedevano di ordinare al Consorzio convenuto di rimuovere le opere illegittime eseguite sui beni di proprietà degli attori e non rientranti nel decreto prefettizio di occupazione n. 1198 div. 4 dell'11.3.1975 con restituzione dei terreni e comunque condannare il convenuto al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dei suddetti terreni per tutto il periodo dell'illecita occupazione oltre interessi compensativi sul valore dei beni. A sostegno della citata azione gli attori hanno dedotto che: - Sono proprietari dei terreni descritti al catasto al Comune di Sulmona al foglio (...) particelle (...),(...),(...); - Con decreto prefettizio di occupazione n. 1198 div. 4 del 11.3.1975 il Consorzio (...), oggi Consorzio (...), prendeva in possesso una superficie complessiva di mq 2240 ( delle particelle (...),(...),(...)) per l'esecuzione di opere consistenti nell'apposizione di una condotta irrigua come da grafico in atti e verbale di presa di possesso dell'1.4.1975; - Successivamente alla messa in opera della condotta, la signora (...), dante causa degli attuali proprietari, con raccomandata a.r. del 16.12.1986 invitava il Consorzio a rettificare il frazionamento dell'area di sua proprietà in quanto i lavori eseguiti non erano conformi alle risultanze grafiche e poiché gli stessi avevano sconfinato su una porzione del terreno (un ulteriore parte sulla particella n. (...) e verticalmente il residuo totale della particella (...); - In data 20.5.1988 il geom. (...) (tecnico del Consorzio Ente), alla presenza di (...), redigeva verbale di ricondeterminazione avente lo scopo di rettificare l'errato frazionamento dipendente dalla variazione planimetrica della condotta irrigua rinviando al frazionamento definitivo ed all'atto pubblico come per legge; - Con raccomandata a/r del 22.5.2006 il signor (...) invitava il Consorzio, nonostante i reiterati solleciti, a provvedere a formalizzare l'Acc. del 20 maggio 1988; - Con Delib. n. 29 del 3 febbraio 2007 il Consorzio, riconoscendo veritiera la relazione del Geom. (...), deliberava di convocare gli (...), ma tale intento rimaneva privo di riscontro; - Nonostante ciò, l'Ente non provvedeva all'acquisizione dei terreni occupati illegittimamente determinando un grave danno ai proprietari. Con comparsa del 29.5.2019 il Consorzio eccepiva l'intervenuta prescrizione del diritto ad ottenere il risarcimento del danno e, in via riconvenzionale, chiedeva che fosse dichiarata l'intervenuta usucapione dei beni da parte del Consorzio con conseguente rigetto delle domande attrici, mentre, in via subordinata, che il risarcimento fosse comunque limitato al valore medio dei terreni agricoli in forza del disposto dell'art. 42bis del D.P.R. n. 327 del 2001. Concessi i termini di cui all'art. 183 VI comma c.p.c., la causa veniva istruita mediante audizione testi ed espletamento di consulenza tecnica d'ufficio. In seguito all'assegnazione della controversia alla scrivente quale nuova titolare del ruolo, all'udienza del 14.4.2021 la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. IN DIRITTO Il presente giudizio ha ad oggetto, in via principale, la richiesta di risarcimento dei danni per l'occupazione abusiva da parte del Consorzio convenuto, dei beni di proprietà degli attori in assenza di un valido titolo espropriativo. Invero, con decreto prefettizio veniva disposta l'occupazione temporanea ed urgente dei terreni in Sulmona in catasto al foglio (...) particelle (...) e (...) per 2240 mq per la realizzazione di una condotta idrica da parte del Consorzio (...). Le aree oggetto di occupazione, oltre all'ingombro della condotta (realizzata al di sotto della strada interpoderale che costeggia i terreni con una lunghezza di circa 65 m ed una profondità di 4m) comprendono un'ulteriore fascia di terreno che occorre al Consorzio per poter intervenire nell'ambito dell'esercizio dell'irrigazione e nei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, con mezzi meccanici e personale. Le suddette aree sono quindi necessarie all'ente per lo scavo e la messa in sicurezza delle scarpate, per la riparazione e la sostituzione della condotta, per il passaggio di mezzi meccanici e gru e per il sollevamento e posizionamento delle tubazioni. Con decreto del prefetto della Provincia di L'Aquila n. 1135 prot (...) del 24/6/1985 veniva pronunciata l'espropriazione definitiva in favore del Demanio dello Stato, confermando la superficie di esproprio di mq 2.240 e le particelle (...),(...) e (...) venivano frazionate come da estratti di mappa (pag. 13 relazione peritale). Come riconosciuto anche nel "verbale di riconterminazione" del 20.5.1988, nella realizzazione della condotta de quo, l'ente ha variato in difformità al progetto ed alle aree inizialmente espropriate, il tracciato della condotta occupando una porzione della particella (...), tagliandola diagonalmente e una porzione della particella (...) tagliandola angolarmente per una superficie di 272 mq. Secondo il consulente tecnico, inoltre, le opere così come realizzate dal Consorzio in difformità al Progetto iniziale, hanno dato origine a un differente tracciato sulle particelle dei ricorrenti che ha prodotto una trasformazione dei terreni. Dall'immagine contenuta a pag. 16 della relazione peritale si evince come la costruzione della strada interpoderale e della condotta ubicata al disotto abbiano nettamente alterato la conformazione delle particelle (...) e (...) di proprietà degli attori, inizialmente costituenti un unico appezzamento. Infine, ulteriore modificazione del terreno, con superfici aggiuntive da occupare si ha in caso di intervento, da parte dell'Ente, di riparazione della condotta o di manutenzione delle opere e delle apparecchiature idrauliche. Pertanto, il CTU concludeva affermando che la part. (...) risulta tagliata diagonalmente in due parti dal tracciato e che l'esecuzione delle opere, così come realizzate dal Consorzio, ha comportato una trasformazione pressoché totale del terreno mentre per la particella (...), tagliata angolarmente, la trasformazione è stata solo marginale. Alla luce di tali considerazioni, è evidente che l'ente si sia reso responsabile di un'occupazione abusiva di parte dei terreni di proprietà degli odierni attori in seguito alla variazione del tracciato della condotta idrica determinando un illecito risarcibile. Ciò posto, ai fini della decisione della domanda principale degli attori, appare però dirimente la decisione in ordine alla richiesta di accertamento di intervenuta usucapione degli immobili da parte della (...) convenuta e in merito alla prescrizione della domanda di risarcimento del danno. Infatti, in via riconvenzionale, il convenuto ha chiesto che l'adito Tribunale accertasse l'intervenuta usucapione dei beni di proprietà degli attori e oggetto di occupazione abusiva in virtù del possesso pacifico, ultraventennale e continuo dei suddetti beni. Orbene, la domanda non è fondata e non può trovare accoglimento. Secondo la giurisprudenza amministrativa, infatti, l'occupazione illegittima di un fondo da parte della (...) e la conseguente trasformazione di un bene privato, al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante ex art. 42 bis cit., in quanto definisce un illecito permanente, non vale ad integrare il requisito del possesso utile ai fini dell'usucapione, nel conseguito effetto, altrimenti, di reintrodurre nell'ordinamento interno forme di espropriazione indiretta o larvata, in violazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu (Cons. di Stato, sez. IV, nn. 3838/2017, n. 329/2016, 3988/2015). Tale orientamento è stato poi ripreso anche dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale "In tema di occupazione illegittima, premesso che la condotta illecita della (...) incidente sul diritto di proprietà non può comportare, quale che ne sia la forma di manifestazione (occupazione usurpativa, acquisitiva o appropriativa, vie di fatto), l'acquisizione del fondo, nei casi in cui il potere di fatto sulla cosa sia esercitato inizialmente dalla (...) come detenzione - in presenza di validi provvedimenti amministrativi (dichiarazione di p. u., decreto di occupazione d'urgenza, ecc.) -, occorre l'allegazione e la prova da parte della (...) della trasformazione della detenzione in possesso utile "ad usucapionem", ex art. 1141 c.c., comma 2, cioè il compimento di idonee attività materiali di opposizione specificamente rivolte contro il proprietario-possessore, non essendo sufficienti nè il prolungarsi della detenzione nè il compimento di atti corrispondenti all'esercizio del possesso che di per sè denunciano unicamente un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene. (Nella specie, la (...) aveva invocato a fondamento dell'animus possidendi" un titolo convenzionale ad effetti obbligatori come la promessa di donazione, cui peraltro non era seguita la formalizzazione della donazione, titolo cui poteva al più riconnettersi un effetto traslativo della detenzione che non autorizzava l'alterazione dello stato di fatto, con conseguente insussistenza del possesso utile ai fini dell'usucapione)" (cfr. Cass. civ. Sez. I, Ord., (ud. 27/09/2019) 20-11-2019, n. 30195; conforme Cass. n. 10289 del 27/04/2018). Orbene, nel caso di specie, il convenuto ente si è limitato a sostenere che dall'ordinanza prefettizia di occupazione e dall'irreversibile trasformazione dei terreni connessa all'ultimazione delle opere, è intercorso più di un ventennio senza che il bene sia stato rivendicato dai proprietari, ma nulla ha dimostrato circa l'intervenuta trasformazione della detenzione in possesso mediante atti specifici di opposizione rivolti ai proprietari-possessori del bene. Anzi, è pacifico che, come ammesso dalla stessa amministrazione e come emerso dall'istruttoria espletata, i proprietari hanno continuato comunque ad effettuare la manutenzione dei beni oggetto della presente controversia. Del resto, l'occupazione di urgenza, per il suo carattere coattivo, fintantoché non interviene il decreto di esproprio o comunque l'ablazione, non priva il proprietario del possesso del bene, ragione per la quale continua a riconoscersi al primo una indennità per l'occupazione. In capo all'occupante che riconosce all'espropriato la proprietà manca, poi, l'animus rem sibi habendi ragione per la quale il primo si trova in una posizione di mera detenzione. Inoltre, è infondata anche l'eccezione di prescrizione del diritto ad ottenere il risarcimento del danno posto che, come ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa e di legittimità, l'occupazione abusiva determina un illecito permanente e che il termine di prescrizione quinquennale comincia a decorrere solo ove si verificano determinati eventi. Invero, secondo un noto precedente del Consiglio di Stato: "In linea generale, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), la condotta illecita dell'amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l'acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 c.c. - con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione quinquennale dalla proposizione della domanda basata sull'occupazione contra ius, ovvero, dalle singole annualità per quella basata sul mancato godimento del bene - che viene a cessare solo in conseguenza: a) della restituzione del fondo; b) di un accordo transattivo; c) della rinunzia abdicativa (e non traslativa, secondo una certa prospettazione delle SS.UU.) da parte del proprietario implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte della irreversibile trasformazione del fondo; d) di una compiuta usucapione, ma solo nei ristretti limiti perspicuamente individuati dal Consiglio di Stato allo scopo di evitare che sotto mentite spoglie (i.e. alleviare gli oneri finanziari altrimenti gravanti sull'Amministrazione responsabile), si reintroduca una forma surrettizia di espropriazione indiretta in violazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu (Sez. IV, n. 3988 del 2015 e n. 3346 del 2014); dunque a condizione che: I) sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta; II) si possa individuare il momento esatto della interversio possesionis; III) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del t.u. espr. (30 giugno 2003) perché solo l'art. 43 del medesimo t.u. aveva sancito il superamento dell'istituto dell'occupazione acquisitiva e dunque solo da questo momento potrebbe ritenersi individuato, ex art. 2935 c.c., il "....giorno in cui il diritto può essere fatto valere"; e) di un provvedimento emanato ex art. 42-bis t.u. esp (cfr. Cons. Stato (Ad. Plen.), Sent., (ud. 07/10/2015) 09-02-2016, n. 2). Tale orientamento è stato fatto proprio anche dalla stessa giurisprudenza di legittimità secondo la quale l'occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della (...), allorché il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall'eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente (cfr. Cass. civ. Sez. Unite Sent., 19/01/2015, n. 735). Ed ancora: "La vicenda ablatoria relativa alla detenzione abusiva nel tempo, senza alcun titolo, di un fondo altrui, non essendo ravvisabile in capo alla (...) alcuna funzione amministrativa, configura un illecito di natura permanente, che cessa soltanto con la restituzione dell'immobile al proprietario o con la rinuncia di costui a richiederla. Ne consegue che l'illiceità permanente, oltre a legittimare la richiesta di restituzione del bene, impedisce la decorrenza del termine prescrizionale, di cui all'art. 2947 cod. civ., dell'azione di risarcimento che il privato ritenga di proporre, abdicando - come avvenuto nella specie, espressamente - alla proprietà. (Cassa con rinvio, App. Campobasso, 28/11/2006Cass. civ. Sez. I Sent., 25/01/2013, n. 1787). Alla luce di tali considerazioni, atteso che nel caso di specie i beni non sono mai stati restituiti agli attori con eliminazione delle opere effettuate e che gli stessi hanno rinunciato alla proprietà solo nella presente azione, è evidente che il termine prescrizionale non è mai iniziato a decorrere e che l'illecito ha continuato a permanere. Riconosciuto, dunque, il diritto degli attori al risarcimento del danno per illecita occupazione dei terreni di loro proprietà può essere ora analizzata la domanda in relazione al quantum. A tali fini, come correttamente rilevato dal CTU, può trovare applicazione l'art. 42bis del decreto del Presidente della Repubblica 8.6.2001 n. 327, ma limitatamente al comma 3. Invero, il consulente, ai fini della determinazione del danno concretamente risarcibile agli attori, fa riferimento al comma 1 dell'art. 42bis citato, il quale prevede che "valutati gli interessi in conflitto, l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest'ultimo forfetattariamente liquidato nella misura del 10% del valore venale del bene". Dal tenore letterale della norma, a parere della scrivente, si evince chiaramente che l'indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non previsto dal I comma della disposizione in esame si applica esclusivamente nelle ipotesi in cui il bene utilizzato sia stato poi acquisito al patrimonio indisponibile da parte della p.a.. Nel caso di specie, invece, dove la parte occupata illegittimamente non è mai stata effettivamente acquisita ed espropriata dalla parte della p.a., trova applicazione unicamente il comma 3 dell'art. 42bis che prevede "per il periodo di occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l'interesse del cinque per cento annuo" sul valore venale del bene. Ciò posto, può ora quantificarsi l'importo dovuto per il suddetto risarcimento. Il CTU ha determinato, secondo parametri pienamente condivisibili, il valore venale del bene tenendo in considerazione, una superficie occupata illegittimamente di 1.136 mq quantificandolo in Euro 5.555,04 (4,89 Euro/mq x 1136 mq). La superficie veniva così determinata dal CTU in quanto corrispondente all'intera area restante della particella (...) (che come sopradetto è stata totalmente trasformata dai lavori del Consorzio) compromessa non solo dall'attuale tracciato della condotta che divide in due parti il terreno e dalla ulteriore fascia di occupazione che occorre al Consorzio per l'esercizio delle funzioni o per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, mentre il consulente non prendeva in considerazione, ai fini dell'indennizzo, della compromissione della particella (...) perché non compromessa dall'attuale tracciato e la cui superficie occupata può ritenersi compensata con quella della particella (...). Le considerazioni del consulente tecnico possono ritenersi pienamente condivisibili in quanto non sarebbe corretto limitare il calcolo dell'indennizzo, come sottolineato dalla convenuta, alla sola superficie occupata dal differente tracciato della condotta (272 mq) posto che, come sopra esposto, la particella (...) non è stata compromessa solo dalla realizzazione della condotta, ma anche dalla circostanza che la sua superficie è utilizzata dall'amministrazione per procedere ai lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria della condotta e comporta l'utilizzazione pressoché totale della particella (...). In conclusione, per il periodo di occupazione senza titolo, il risarcimento spettante ai ricorrenti, determinato nel 5% annuo sul valore venale del bene, è pari Euro 277,75 (5% di 5.555,04) x 19 anni (periodo di occupazione dal 2002, anno in cui il bene è passato in proprietà degli attori, e 2021 stante l'attualità dell'occupazione illegittima) e quindi alla somma di 5.277,25 Euro oltre interessi legali e rivalutazione monetaria calcolati anno per anno dal 2002 sino al 2021 (anno di liquidazione). Secondo la giurisprudenza "gli interessi legali sulla somma liquidata a titolo di risarcimento del danno decorrono di diritto ed il giudice può attribuirli d'ufficio in assenza di una specifica domanda della parte, senza incorrere nel vizio di ultra petizione, quando questa abbia chiesto il risarcimento integrale del danno. Detti interessi, avendo natura compensativa del mancato godimento della somma liquidata, concorrono con la rivalutazione monetaria, che tende alla reintegrazione del danneggiato nella situazione patrimoniale antecedente il fatto illecito e devono essere calcolati anno per anno, sul valore della somma via via rivalutata nell'arco di tempo compreso tra l'evento dannoso e la liquidazione" (e plurimis Cass. 27 marzo 1997, n. 2745; Cass. 3 marzo 2009, n. 5054; Cass. 9 marzo 2010, n. 5671; Cass. 3 agosto 2010, n. 18028)". Infine, non può trovare accoglimento la domanda di cui al punto 4) delle conclusioni rassegnate dagli attori nell'atto di citazione posto che l'acquisizione da parte della PA del bene illegittimamente occupato è una scelta rimessa all'ente e non può essere ordinata dal giudice. Invero, in base al disposto dell'art. 42bis citato, l'Amministrazione che utilizzi il bene modificato in mancanza di un valido provvedimento ablatorio ha ancora la possibilità di acquisire lo stesso al proprio patrimonio, in ragione dell'interesse pubblico alla conservazione dell'opera realizzata sul bene illegittimamente trasformato (cfr. Cons. St., sez. IV, 13 aprile 2016 n. 1466; id., sez. IV, 6 aprile 2016 n. 1465). E siccome, per quanto previsto dall'art. 34, comma 2, cpa, il giudice non può pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati, non può essere accolta la domanda di rivendicazione dell'immobile in assenza di un formale pronunciamento dell'Amministrazione in esito alla verifica della sussistenza o meno di un attuale interesse pubblico all'acquisizione del bene occupato. L'amministrazione è titolare di una funzione, a carattere doveroso nell'an, consistente nella scelta tra la restituzione del bene previa rimessione in pristino e acquisizione ai sensi dell'articolo 42-bis; non quindi una mera facoltà di scelta (o di non scegliere) tra opzioni possibili, ma doveroso esercizio di un potere che potrà avere come esito o la restituzione al privato o l'acquisizione alla mano pubblica del bene. Alternative entrambe finalizzate a porre fine allo stato di illegalità in cui versa la situazione presupposta dalla norma (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 6 novembre 2020, n. 6833). Attesa la totale soccombenza dell'ente convenuto, questo va condannato al pagamento delle spese processuali e vanno poste definitivamente a suo carico le spese di CTU liquidate come da separato decreto. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede: - Accerta e dichiara l'illegittima occupazione da parte del Consorzio (...) dei terreni siti nel Comune di Sulmona e distinti al catasto al foglio (...) particelle (...) e (...) di proprietà per un 1/3 ciascuno di (...), (...) e (...) per la superficie di 1.136mq; - Per l'effetto, condanna il Consorzio (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di (...), (...) e (...) della somma di Euro 5.277,25 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sul capitale annualmente rivalutato dalla data dell'illegittima condotta a carico dei proprietari attuali (2002) alla pubblicazione della presente sentenza ed oltre ai soli interessi legali dal giorno successivo alla pubblicazione della presente sentenza al saldo, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito dagli attori per l'occupazione illegittima; - Condanna il Consorzio (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento, in favore di (...), (...) e (...), delle spese di lite che liquida in Euro 2.738 (scaglione da 5.201 a 26.000 Euro fase studio, introduttiva, istruttoria e decisionale tariffe minime) per compensi, oltre iva c.p.a. e spese forfettarie come per legge ed Euro 264 per spese esenti. - Condanna il Consorzio (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese e dei compensi del CTU liquidati come da separato decreto e al rimborso di quelli eventualmente anticipati dagli attori al consulente. Così deciso in Sulmona il 25 settembre 2021. Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2021.

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