Sentenze recenti Tribunale Torino

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  • Il creditore che agisce per il risarcimento del danno deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere di provare il fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento ovvero dall'impossibilità di adempiere a sé non imputabile. Il danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante) e il danno non patrimoniale, quali danni-conseguenza, devono essere allegati e provati dal creditore danneggiato, non essendo ammissibile la sussistenza di danni "in re ipsa"; in assenza di tale prova, il giudice può liquidare il danno secondo equità. Gli indennizzi previsti dall'Autorità garante per le telecomunicazioni non equivalgono a una presunzione di esistenza dell'an del danno e non possono supplire alla mancata prova del verificarsi del pregiudizio, potendo solo essere utilizzati quale parametro equitativo del quantum, a condizione che sussista la prova in ordine al danno subito. Il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi di lesione di un diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito, a condizione che la lesione dell'interesse sia grave e non futile; la mera difficoltà di comunicazione derivante dal ritardo nell'attivazione di servizi di telefonia fissa e internet non integra una violazione sufficientemente grave di un diritto costituzionalmente protetto.

  • Il rilascio della procura alle liti costituisce valido elemento presuntivo della sussistenza tra le parti di un autonomo rapporto di patrocinio, che, in mancanza di prova contraria, si presume essere intervenuto con il medesimo soggetto che ha rilasciato la procura. L'avvocato che ha svolto l'attività professionale giudiziale ha diritto alla liquidazione dei compensi secondo le tariffe professionali vigenti al momento in cui le prestazioni sono state condotte a termine, identificandosi tale momento con quello dell'esaurimento dell'intera fase di merito o, per il caso in cui le prestazioni siano cessate prima, con il momento di tale cessazione. Gli interessi moratori ex art. 1224 c.c. sono dovuti a far data dalla messa in mora, ossia dalla richiesta stragiudiziale di adempimento, e non dalla proposizione della domanda giudiziale. Le spese sostenute per l'attivazione della procedura di negoziazione assistita, non essendo questa condizione di procedibilità della domanda, non possono essere poste a carico della parte soccombente.

  • La sostituzione dell'impianto citofonico condominiale con uno di nuova generazione, anche se comporta l'installazione di una pulsantiera esterna, costituisce opera di manutenzione straordinaria e non innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c., per la quale è sufficiente la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 2, c.c. e non la maggioranza qualificata prevista dal comma 5 dello stesso articolo. Ciò in quanto tale intervento, pur comportando un adeguamento tecnologico, non integra una modifica sostanziale dell'entità o della destinazione originaria del bene comune, ma si configura come un rinnovo e sostituzione di parti dell'edificio ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b), del D.P.R. n. 380/2001. Pertanto, la delibera assembleare che approva tale intervento, anche se con un preventivo diverso e più oneroso rispetto a quello inizialmente allegato, è legittima e non può essere annullata per vizi formali o per violazione delle norme sulla maggioranza richiesta, purché sia raggiunta la maggioranza prevista per le opere di manutenzione straordinaria.

  • Il mancato esperimento della mediazione obbligatoria, prevista dalla legge come condizione di procedibilità della domanda giudiziale proposta con ricorso per decreto ingiuntivo, comporta l'improcedibilità della domanda stessa e la revoca del decreto ingiuntivo opposto. In tali casi, le spese del giudizio di opposizione sono poste a carico della parte che, con la sua inerzia, ha determinato l'improcedibilità della domanda, essendo essa tenuta a sostenere i costi del procedimento giudiziale divenuto inutile per il mancato adempimento dell'onere di esperire la mediazione obbligatoria. Il principio di diritto affermato mira a incentivare il ricorso alla mediazione come strumento di risoluzione alternativa delle controversie, sanzionando il comportamento della parte che non vi abbia dato corso nonostante l'obbligo di legge, e a tutelare la parte che si sia vista costretta a subire un giudizio divenuto improcedibile per causa non propria.

  • La partecipazione all'assemblea del supercondominio del rappresentante comune nominato dal singolo condominio è limitata alla sola assemblea per la quale è stato conferito il mandato, senza possibilità di partecipazione alle successive assemblee del supercondominio, in assenza di una nuova nomina da parte del condominio. Infatti, l'art. 67, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice civile, nel prevedere l'obbligo di nomina del rappresentante comune, utilizza il termine "assemblea" al singolare, senza indicare una durata indeterminata dell'incarico, il che implica che il mandato conferito si esaurisca con la partecipazione alla singola assemblea per la quale è stato nominato il rappresentante. Tale interpretazione, fondata sul dato letterale e sulla ratio della norma, volta a garantire il diritto di ciascun condomino di essere informato e di poter esprimere un voto consapevole attraverso il proprio rappresentante, prevale sulla tesi della durata illimitata dell'incarico, in assenza di una espressa previsione normativa in tal senso, come avviene in altri ambiti giuridici. Pertanto, la partecipazione all'assemblea del supercondominio di un rappresentante non legittimamente nominato per quella specifica assemblea rende annullabile la relativa deliberazione, in applicazione del principio generale di cui all'art. 1137 c.c.

  • Massima giuridica: Il rapporto tra l'istituto scolastico e l'alunno è di natura contrattuale, dal quale sorge l'obbligo di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo durante la fruizione della prestazione scolastica. Pertanto, per ottenere il risarcimento del danno subito dall'alunno, l'attore deve provare che il fatto dannoso si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre grava sull'istituto scolastico l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né agli insegnanti. La responsabilità dei genitori per il fatto illecito del figlio minore sussiste ex art. 2048, comma 1, c.c., a meno che essi non provino di non aver potuto impedire il fatto, dimostrando di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata. L'onere probatorio grava sull'attore, il quale deve fornire la prova della condotta illecita del minore e del nesso causale tra questa e il danno subito.

  • Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il requisito della cittadinanza italiana o europea, introdotto dal Decreto Ministeriale 30.6.2022 per l'accesso al "buono patenti autotrasporto" di cui all'art. 1 del D.L. 10.9.21 n. 121, convertito con modificazioni dalla L. 156/2021, costituisce una discriminazione vietata ai sensi dell'art. 43, comma 2, lettere b) e c), del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull'Immigrazione), in quanto tale contributo deve essere qualificato come un bene o servizio offerto al pubblico e come un'agevolazione per l'accesso all'occupazione, la cui erogazione non può essere limitata ai soli cittadini italiani ed europei, ma deve essere estesa a tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, nel rispetto del principio di parità di trattamento.

  • Il giudice, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, non deve limitarsi a verificare la legittimità dell'ingiunzione, ma deve procedere a un autonomo accertamento della fondatezza della pretesa creditoria, esaminando tutti gli elementi offerti dalle parti per dimostrare l'an e il quantum del credito. Pertanto, qualora il debitore opposto eccepisca il pagamento parziale del debito in un momento successivo all'emissione del decreto ingiuntivo, il giudice deve revocare integralmente il decreto opposto e pronunciare sentenza di condanna del debitore per l'importo residuo del credito originario, senza che sia necessaria una specifica domanda di pronuncia sul merito da parte del creditore opposto. L'imputazione del pagamento parziale effettuato dal debitore deve essere effettuata in relazione all'unico debito esistente tra le parti al momento del pagamento, senza che rilevi la circostanza che il pagamento sia stato utilizzato per estinguere un diverso debito del debitore verso terzi, in applicazione dell'art. 1676 c.c. Infine, le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in base ai parametri medi di cui al D.M. 55/2014, ad eccezione della fase istruttoria stante il mancato espletamento di attività istruttoria.

  • Il sindacato giudiziario sulle delibere assembleari condominiali è limitato al controllo di legittimità, senza potersi estendere alla valutazione del merito o all'opportunità della decisione adottata dall'assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini. Il giudice può rilevare l'eccesso di potere solo quando la causa della deliberazione risulti falsamente deviata dal suo modo di essere, non essendo invece ammissibili censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea sui costi da sostenere. I rivestimenti e gli elementi decorativi della facciata di un edificio condominiale, ivi compresi i modiglioni, devono essere considerati beni comuni se assolvono prevalentemente ad una funzione estetica per l'intero fabbricato, contribuendo a renderlo esteticamente gradevole, a prescindere dalla loro eventuale funzione strutturale. L'azione di annullamento delle delibere assembleari costituisce la regola generale, mentre la categoria della nullità ha carattere residuale, essendo rinvenibile solo in ipotesi di mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto, contenuto illecito o contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume. Il giudice, se investito dell'azione di annullamento o di esecuzione di una delibera, può sempre rilevare d'ufficio la nullità della stessa, ma non può pronunciarla in assenza di una specifica domanda in tal senso.

  • L'amministratore di condominio revocato dall'assemblea non può più disporre dei fondi condominiali né svolgere attività gestionale, essendo tenuto soltanto a consegnare la documentazione e compiere gli atti urgenti, senza diritto a ulteriori compensi. La revoca deliberata dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la nomina, non richiede la sussistenza di una giusta causa, salvo il diritto dell'amministratore revocato al risarcimento del danno in caso di revoca anticipata ingiustificata. L'amministratore revocato è comunque obbligato a redigere il rendiconto finale relativo all'annualità di gestione precedente la revoca, essendo tale adempimento dovuto a prescindere dalla permanenza in carica, e il mancato assolvimento di tale obbligo comporta la responsabilità per i danni conseguentemente subiti dal condominio. Pertanto, l'ex amministratore che abbia illegittimamente prelevato somme dal conto condominiale per il pagamento di un proprio compenso, in assenza di autorizzazione assembleare, è tenuto a restituire tali somme al condominio a titolo di risarcimento del danno, mentre non spetta allo stesso alcun compenso per l'attività gestionale svolta dopo la revoca, neppure in regime di prorogatio, in quanto tale conservazione dei poteri non può ritenersi conforme alla volontà dei condomini espressa con la delibera di revoca.

  • L'amministratore di condominio, nell'ambito delle sue attribuzioni di gestione e amministrazione dei beni comuni e di tenuta della contabilità, è responsabile in via diretta per l'omesso versamento dei contributi previdenziali e assistenziali relativi ai dipendenti del condominio, anche se il mancato pagamento sia avvenuto durante il mandato di un precedente amministratore, in quanto tale obbligo rientra tra i compiti demandati all'amministratore dall'art. 1130 c.c. L'amministratore di condominio è pertanto l'obbligato principale per l'illecito amministrativo di omesso versamento dei contributi, a prescindere dalla circostanza che il mancato pagamento sia riferibile al periodo di gestione di un precedente amministratore, essendo tenuto a subentrare nell'adempimento di tale obbligo. Il tardivo pagamento dei contributi da parte dell'amministratore di condominio subentrato non elimina la responsabilità dell'amministratore precedente per l'illecito contestato, in quanto l'obbligo di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali rientra tra i compiti di gestione e amministrazione dei beni comuni e di tenuta della contabilità demandati all'amministratore di condominio dall'art. 1130 c.c.

  • Il maltrattamento in famiglia costituisce un reato abituale, caratterizzato dalla sistematicità e dalla programmazione di condotte volte a sottoporre i componenti del nucleo familiare ad una condizione di sofferenza e soggezione psicologica, attraverso una pluralità di atti, sia commissivi che omissivi, espressivi di disprezzo e volti a privare la vittima di ogni autonomia e indipendenza. Tali condotte, che possono concretizzarsi in insulti, minacce, privazioni e violenze fisiche e psicologiche, anche in presenza dei figli minori, integrano il delitto di maltrattamenti in famiglia ai sensi degli artt. 572 e 572 co. 2 c.p., aggravato dalla circostanza di aver commesso il fatto in danno di minorenni. Il dolo del reato è ravvisabile nella chiara volontà dell'agente di creare un clima di terrore e prevaricazione finalizzato all'esercizio di un pieno controllo sulla vittima, anche attraverso l'isolamento sociale e l'annullamento della sua autonomia decisionale ed economica. La condotta abituale e sistematica del reo, unitamente alla negazione delle proprie responsabilità e all'incapacità di cogliere il disvalore delle proprie azioni, escludono la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e rendono necessaria l'applicazione di una pena detentiva, eventualmente sostituita con la detenzione domiciliare, accompagnata da prescrizioni volte a impedire il perdurare di condotte prevaricatrici e a tutelare l'integrità psico-fisica delle vittime.

  • Il reato di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da condotte autolesionistiche dell'agente, quando le stesse siano finalizzate ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell'ufficio da parte del pubblico ufficiale. Ai fini della configurabilità del reato, non è necessario che la violenza o la minaccia sia usata sulla persona del pubblico ufficiale, ma è sufficiente che sia stata posta in essere per opporsi allo stesso nel compimento di un atto di ufficio. Il concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale può essere riconosciuto quando il correo abbia istigato il concorrente materiale agli atti di aggressione, senza che sia necessario che abbia voluto la realizzazione di un reato diverso e meno grave. Il reato di lesioni personali aggravate è configurabile anche quando concorra con quello di resistenza a pubblico ufficiale, non essendo il relativo disvalore assorbito in quest'ultimo. La recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale può essere riconosciuta anche in assenza di una precedente declaratoria di recidiva, quando le precedenti condanne dimostrino una maggiore pericolosità sociale dell'imputato in relazione al reato contestato. Il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche deve essere escluso quando le modalità concrete della condotta, la pericolosità dell'imputato e l'entità del pericolo e del danno arrecato ai beni giuridici tutelati rendano la condotta particolarmente grave.

  • Il possesso ingiustificato di un bene proveniente da delitto costituisce prova della consapevolezza della sua illecita provenienza ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, anche in assenza di elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla commissione del reato presupposto. Il dolo di ricettazione può essere ravvisato anche nella forma del dolo eventuale, quando l'agente, pur non avendo la certezza, accetta consapevolmente il rischio che il bene in suo possesso sia di provenienza delittuosa, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto. La mancata giustificazione credibile del possesso del bene, unitamente alle circostanze del caso concreto, come il tentativo di fuga alla vista degli operanti, depongono univocamente a favore della consapevolezza della provenienza illecita. Pertanto, il reato di ricettazione è configurabile anche in assenza della prova della partecipazione al reato presupposto, essendo sufficiente la mera consapevolezza della provenienza delittuosa del bene.

  • Il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto, anche se superiore ai limiti tabellari, non determina automaticamente una presunzione di destinazione della droga a uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente tutte le circostanze del caso concreto, quali le modalità di presentazione e confezionamento della sostanza, l'assenza di elementi indiziari di un'attività di cessione a terzi, la compatibilità dell'acquisto con le risorse finanziarie dell'imputato e ogni altro elemento rilevante, al fine di accertare se la detenzione sia effettivamente finalizzata ad un uso meramente personale. Pertanto, in presenza di una prospettazione difensiva plausibile e non adeguatamente smentita dal quadro probatorio, il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto, disponendo la confisca e distruzione dello stupefacente e degli strumenti sequestrati.

  • La commissione, nell'ambito di un unico fallimento, di più fatti di bancarotta fraudolenta e semplice, previsti e sanzionati rispettivamente dagli artt. 216 e 217 della legge fallimentare, integra l'ipotesi della bancarotta aggravata per pluralità di fatti, cui è applicabile la disciplina dettata dall'art. 219, comma secondo, n. 1, della legge fallimentare, e non già quella della continuazione, in quanto non è ragionevole punire con maggiore asprezza chi abbia commesso un fatto di bancarotta fraudolenta e un fatto di bancarotta semplice, rispetto a colui che abbia commesso più fatti di bancarotta fraudolenta. Tale disciplina speciale sul concorso di reati fallimentari si applica sia nel caso di reiterazione di fatti riconducibili alla medesima ipotesi di bancarotta, che in quello di commissione di più fatti tra quelli previsti dagli artt. 216 e 217 della legge fallimentare, e comporta l'assoggettabilità al giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti della c.d. continuazione fallimentare, configurata come circostanza aggravante.

  • Il reato di rapina aggravata si configura quando l'agente, mediante minaccia con arma, si impossessa indebitamente di una somma di denaro sottraendola dalla disponibilità della vittima, anche se per un breve lasso di tempo e anche se successivamente costretto ad abbandonare il provento del reato. La recidiva reiterata specifica infraquinquennale, in assenza di elementi di segno contrario, esclude l'applicazione di sanzioni sostitutive della pena detentiva, comportando un deteriore trattamento sanzionatorio, pur in presenza di circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti. La confisca e la distruzione dell'arma utilizzata per la commissione del reato costituiscono misure accessorie obbligatorie.

  • L'installazione di un impianto di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, in assenza di preventivo accordo con le rappresentanze sindacali, integra il reato di cui all'art. 4 della Legge n. 300 del 1970, anche qualora l'impianto non sia concretamente utilizzato per il controllo a distanza dei lavoratori. Tuttavia, ove l'impianto riprenda un unico ambiente di lavoro con la presenza di un solo dipendente, e il datore di lavoro provveda successivamente a spegnere l'impianto, il fatto può essere ritenuto non punibile ai sensi dell'art. 131-bis c.p., in considerazione della limitata lesione della riservatezza del lavoratore e del comportamento successivo del datore di lavoro volto a far venir meno la violazione. La precedente condanna del datore di lavoro alla sola pena pecuniaria per un reato già estinto non costituisce ostacolo all'applicabilità della causa di non punibilità.

  • Il reato di maltrattamenti in famiglia si configura quando l'agente pone in essere una condotta sistematica e programmata di sopraffazione, sia fisica che morale, nei confronti di un familiare, tale da rendere la convivenza particolarmente dolorosa e lesiva della sua integrità fisica, libertà e decoro. L'abitualità della condotta si ravvisa nella reiterazione prolungata nel tempo di episodi di violenza, anche se non caratterizzati da una rigida programmazione, purché espressivi di un atteggiamento di prevaricazione e di assoggettamento della vittima. Il dolo del reato non richiede la rappresentazione di una pluralità di atti lesivi, essendo sufficiente la coscienza e volontà di persistere in una attività vessatoria idonea a ledere la personalità della vittima. Il reato di maltrattamenti in famiglia è autonomo rispetto ad altre fattispecie delittuose, come la violenza privata e la rapina, che possono concorrere con esso qualora le condotte siano dirette a scopi diversi dalla mera sopraffazione. Nell'ipotesi in cui l'agente agisca nella ragionevole opinione di esercitare un diritto, pur adottando metodi contrari alla legge, il fatto può essere ricondotto al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, anziché alla rapina. La concessione delle circostanze attenuanti generiche e l'applicazione della continuazione tra i reati possono essere valutate dal giudice, tenendo conto delle condizioni soggettive dell'imputato, del suo comportamento processuale e del suo impegno nel percorso terapeutico, pur in presenza di una condotta abituale e grave di maltrattamenti.

  • La guida di un veicolo in stato di alterazione psico-fisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, che cagioni un incidente stradale, integra il reato di cui all'art. 187, commi 1 e 1-bis, del Codice della Strada, essendo sufficiente a provare tale stato di alterazione la presenza di sintomi tipici riscontrati dagli operanti al momento del fatto, unitamente all'esito positivo degli accertamenti tossicologici sui liquidi biologici, anche in assenza di patologie o eventi sintomatici assimilabili a un improvviso malore. In tali casi, il giudice, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto all'aggravante contestata, può condannare l'imputato alla pena detentiva e pecuniaria prevista, disponendone la sospensione condizionale e la non menzione nel casellario giudiziale, nonché applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, in considerazione della gravità del fatto, dell'assenza di eventi lesivi a carico di terzi e della sostanziale incensuratezza dell'imputato.

  • Integra il reato di lesioni personali gravissime con l'aggravante dello sfregio permanente del volto, ai sensi dell'art. 583-quinquies c.p., la condotta di chi, colpendo ripetutamente la vittima al volto con un coltello, le cagiona lesioni da cui derivano tre evidenti cicatrici, destinate a residuare anche dopo la completa consolidazione, idonee a turbare in modo irreversibile l'armonia e l'euritmia delle linee del viso, secondo il giudizio di un osservatore comune di gusto normale e media sensibilità. Tale condotta, anche ove posta in essere in seguito a un alterco verbale, non può essere scriminata dalla provocazione, in ragione della macroscopica sproporzione tra il fatto ingiusto altrui e la reazione dell'agente. Alla condanna per il suddetto reato conseguono, oltre alla pena principale, l'interdizione in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno, nonché l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5. L'imputato deve essere inoltre condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in favore della parte civile, con assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva.

  • Il tentativo di rapina impropria, caratterizzato dall'aver compiuto atti idonei all'impossessamento di beni altrui e dall'aver adoperato violenza per assicurarsi l'impunità, è punibile ai sensi degli artt. 56, 628 co. I e II c.p., con la pena base ridotta per la diminuente del tentativo, le circostanze attenuanti generiche e la speciale tenuità del danno patrimoniale cagionato alla persona offesa. La concessione della sospensione condizionale della pena è subordinata alla valutazione positiva della personalità dell'imputato, desunta dalla sua incensuratezza, dalla buona condotta processuale e dalla non massima gravità della violazione, in conformità ai criteri di cui agli artt. 133 c.p. e 27 Cost.

  • Il reato di strage si configura quando gli atti compiuti dall'agente siano tali da porre in concreto pericolo la pubblica incolumità, intesa come bene della sicurezza della vita e dell'integrità fisica di un numero non previamente individuabile di persone e, quindi, della collettività nel suo insieme, a prescindere che si verifichino o meno uno o più eventi letali. Il dolo specifico del reato di strage consiste nella coscienza e volontà di porre in essere atti idonei a determinare pericolo per la vita e l'integrità fisica della collettività mediante violenza, con la possibilità che dal fatto derivi la morte di una o più persone, al fine di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone, e va desunto dalla natura del mezzo usato e da tutte le modalità dell'azione. Pertanto, integra il reato di strage la condotta di chi, aprendo intenzionalmente il gas all'interno della propria abitazione e chiudendo tutte le finestre, crea una situazione di grave pericolo per la pubblica incolumità, diffondendo il gas anche negli altri appartamenti del condominio, con la consapevolezza e volontà di mettere a repentaglio la vita e l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone, anche se non si verificano eventi lesivi.

  • La minaccia, anche se implicita, larvata o indiretta, è sufficiente a integrare il delitto di rapina aggravata, purché sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà della vittima, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell'agente, alle condizioni soggettive della persona offesa e alle condizioni ambientali in cui opera. La condotta di chi chiede e ottiene dal derubato il pagamento di una somma di denaro come corrispettivo per la restituzione del bene sottratto integra il delitto di estorsione, in quanto la vittima subisce gli effetti di una minaccia implicita, ovvero quella della mancata restituzione del bene in carenza del versamento dell'importo preteso, con conseguente lesione della sua libertà di determinazione. Ai fini dell'integrazione del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, non è necessaria una minaccia diretta o personale, essendo sufficiente l'uso di qualsiasi coazione, anche morale, ovvero una minaccia anche indiretta, purché sussista l'idoneità a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale, indipendentemente dall'esito, positivo o negativo, di tale azione e dall'effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati. Il bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti deve essere operato secondo il parametro di prevalenza delle attenuanti, al fine di meglio ponderare la pena in rapporto alla vicenda concreta.

  • Il delitto di rapina tentata si configura quando l'agente, mediante violenza o minaccia, tenta di impossessarsi di un bene altrui al fine di procurarsi un ingiusto profitto, anche se la sottrazione non riesce per cause indipendenti dalla sua volontà. La violenza deve essere tale da vincere la resistenza della vittima, non essendo sufficiente la mera apprensione della cosa, e può estendersi alla persona ove sia necessaria per superare tale resistenza. L'utilizzo di un'arma impropria, come una bottiglia di vetro, integra la circostanza aggravante della rapina commessa con l'uso di armi. Le lesioni personali cagionate nel corso della condotta predatoria, essendo strumentali alla realizzazione del reato di rapina, configurano il concorso formale di reati. La valutazione della prova testimoniale della persona offesa, se ritenuta attendibile, può costituire fondamento sufficiente per l'affermazione della responsabilità penale dell'imputato, anche in assenza di altri riscontri, purché adeguatamente motivata. Nella commisurazione della pena, il giudice deve tenere conto delle modalità della condotta, dell'utilizzo di un'arma impropria, del tentativo di sottrazione della refurtiva, della reazione difensiva della vittima e delle circostanze attenuanti riconosciute, bilanciando tali elementi per individuare la sanzione più equa.

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