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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TRAPANI Il Giudice del Lavoro, dott. Dario Porrovecchio, nella causa civile iscritta al n.461 del 2020, promossa DA (...), rappresentata e difesa dall'avv. Sa.Vi.. - ricorrente - CONTRO (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Fa.Sa. - convenuta - FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato in data 19.03.2020 la ricorrente in epigrafe, avendo premesso di avere prestato dal 01.09.2018 al 20.10.2018 attività di lavoro subordinato alle dipendenze e nell'interesse di (...) S.R.L., senza essere regolarizzata, svolgendo le mansioni rientranti nella qualifica di O.S.S. di livello IV del CCNL "per i dipendenti di Istituti Socio - Assistenziali - UNEBA", osservando l'orario lavorativo giornaliero dalle ore 21 alle ore 07 e senza percepire retribuzione alcuna, chiedeva condannarsi la convenuta al pagamento della somma di Euro 5.678,85 lordi, a titolo di retribuzione mai percepita, e di Euro 478,49 lordi, a titolo di Tfr o, in subordine, il differente importo giudizialmente accertato. Inoltre, avendo dedotto di essere stata licenziata oralmente in data 20.10.2018, chiedeva dichiararsi l'inefficacia del predetto licenziamento e condannarsi la convenuta al pagamento di un'indennità risarcitoria di importo compreso fra un minimo di 3 ed un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, nonché dell'indennità sostitutiva di preavviso. Ritualmente costituitasi, la parte convenuta contestava la fondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto. La causa, istruita mediante l'escussione testimoniale di (...), (...) e (...), è stata discussa mediante scambio di note di trattazione scritta e posta in decisione. Il ricorso appare fondato nei limiti che seguono. Deve preliminarmente osservarsi che spettava alla ricorrente, in conformità ai principi generali sulla ripartizione dell'onus probandi, dare prova rigorosa della sussistenza del credito vantato in ricorso e dei suoi fatti costitutivi, ossia: l'esistenza del rapporto, la natura subordinata, la durata, le mansioni svolte, l'orario di lavoro effettuato. Ciò premesso, devono ritenersi provate le circostanze dedotte dalla ricorrente a fondamento delle proprie pretese, sia relativamente al rapporto di subordinazione e all'inquadramento contrattuale, sia relativamente all'orario di lavoro osservato. Quanto alla sussistenza del rapporto lavorativo alle dipendenze della convenuta, vanno richiamate le dichiarazioni rese dalla teste (...) ("La ricorrente è stata mia collega a partire dal mese di settembre 2018 e per circa due mesi. In un primo momento ha lavorato presso la diversa struttura di (...), infatti io ricordo che le davo il cambio quando facevo il turno la mattina in quanto la ricorrente smontava dal turno della notte; in un secondo momento la ricorrente è passata presso (...) ed anche presso questa struttura la ricorrente lavorava nel turno notturno (...): la ricorrente ha lavorato nel mese di settembre e nel mese di ottobre") e dal teste (...) ("Io ricordo che la ricorrente ha iniziato a lavorare dopo di me, se non ricordo male nel mese di ottobre 2018 (...) (...) che la ricorrente aveva cominciato a lavorare nel mese di settembre, ma presso una struttura diversa da quella dove lavoravo io cioè (...), avevo infatti sentito fra colleghi che era arrivata un'altra signora che lavorava presso Villa adriana che è un'altra struttura del nostro titolare"). Né coglie nel segno l'obiezione della convenuta secondo cui nel periodo in esame la lavoratrice sarebbe stata assunta alle dipendenze di una Società terza (la "(...) alle (...) srl"), in quanto dalla documentazione esibita dalla ricorrente all'udienza del 23/3/2022 si evince che la stessa fosse stata alle dipendenze di detta società solo a far data dal 20.10.2018, epoca successiva all'oggetto del presente giudizio. Appaiono poi univoche le dichiarazioni rese dai testi escussi in merito all'orario lavorativo osservato dalla ricorrente, collocabile nella fascia oraria compresa dalle ore 21 alle ore 07 ((...): "Ricordo che una notte a settimana io lavoravo insieme alla ricorrente, mentre negli altri turni, quando montavo la mattina vedevo la ricorrente che smontava, mentre quando lavoravo nel pomeriggio, al termine del turno ricordo che arrivava la ricorrente. La ricorrente infatti ricordo che era stata assunta per lavorare nel turno notturno"; (...): "Io ricordo che le davo il cambio quando facevo il turno la mattina in quanto la ricorrente smontava dal turno della notte; in un secondo momento la ricorrente è passata presso (...) ed anche presso questa struttura la ricorrente lavorava nel turno notturno. Che io ricordi lavorava tutte le notti ad eccezione di un giorno libero. Lo posso affermare perché avevamo dei foglietti nei quali erano indicati i turni settimanali e lì vedevo scritto che la ricorrente osservava i turni della notte. Inoltre, quando la ricorrente è passata a (...) lavoravo insieme a lei quando io facevo il mio turno notturno settimanale. Allo stesso modo io vedevo la ricorrente quando montavo la mattina oppure quando io smontavo dal pomeriggio"; (...): "Conosco la ricorrente in quanto faceva il turno notturno (...) Quando io facevo il turno delle 7 quasi sempre vedevo smontare la ricorrente"). In definitiva, dalle suesposte emergenze istruttorie può trarsi la conferma delle deduzioni della ricorrente e cioè che la stessa ha lavorato alle dipendenze della convenuta nei mesi di settembre e ottobre del 2018, dapprima presso la struttura (...) e poi presso la struttura (...), entrambe di proprietà della società convenuta, svolgendo le mansioni di assistenza agli ospiti della struttura, e che abbia osservato il turno di lavoro notturno, dalle ore 21 alle ore 07 del giorno successivo. Passando alla quantificazione del dovuto, possono ritenersi corretti i conteggi allegati in ricorso, in quanto non specificamente contestati (essendosi la convenuta limitata a contestare l'an ma non specificamente il quantum) e redatti da un professionista sulla scorta dei parametri contrattuali corretti e dei parametri fattuali confermati in giudizio. La società convenuta va pertanto condannata al pagamento della somma di Euro 5.678,85, a titolo di retribuzione, e di Euro 478,49, a titolo di Tfr. Va invece respinta la domanda relativa alla dedotta inefficacia del licenziamento. La ricorrente, infatti, non ha fornito, com'era suo onere, la prova del lamentato licenziamento orale. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione civile, sez. lav., 21 settembre 2000, n. 12520) ha più volte chiarito che : "Il lavoratore, che agisca in giudizio per la dichiarazione dell'illegittimità di un licenziamento, ha l'onere di provare l'esistenza del licenziamento medesimo (e non la sola circostanza della cessazione di fatto del rapporto), spettando al datore di lavoro la prova della giusta causa o del giustificato motivo oppure della riconducibilità del recesso alle dimissioni del lavoratore stesso. (Nella specie il datore di lavoro non aveva contrapposto l'esistenza di una diversa causa di risoluzione, contestando la sussistenza stessa di un rapporto di lavoro subordinato; il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla S.C., aveva rilevato, sulla base di un approfondita considerazione delle circostanze di fatto, che non era intervenuto un licenziamento, sia pure orale, ma un allontanamento volontario del lavoratore - qualificabile come dimissioni - causato da disinteresse per le mansioni prospettategli nell'ultimo colloquio)". Ciò significa che, allorquando il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio la inefficacia o invalidità di tale licenziamento la prova gravante sul lavoratore è di regola limitata alla sua estromissione dal rapporto (Cass. n. 4760/2000, n. 6132/01, n. 21684/11), estromissione che, però, non consiste nella "semplice constatazione della cessazione di fatto dell'attuazione del rapporto di lavoro", bensì nella dimostrazione di "uno specifico comportamento del datore di lavoro che a un certo punto abbia rifiutato le prestazioni offerte dal lavoratore", (Cass. n. 6727/01, nonché Cass. n. 12520/00, n. 7614/05), esonerandosi altrimenti il lavoratore dall'onere della prova della effettiva sussistenza di un licenziamento. Alla luce di tale condivisibile orientamento, una volta accertata l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato, la ricorrente, ai sensi dell'art. 2967, primo comma cod. civ., avrebbe dovuto dimostrare l'estromissione dal rapporto stesso, vale a dire di esserne stata posta fuori per determinazione del datore. Orbene, la ricorrente non ha dimostrato la sussistenza del licenziamento quale fatto costitutivo del proprio diritto, ossia che la cessazione del rapporto di lavoro inter partes sia avvenuta per effetto di una manifestazione di volontà unilaterale del datore di lavoro e da questi manifestata verbalmente. Ed invero, una prova di tal genere non può dirsi raggiunta, non avendo nessuno dei testi sentiti in giudizio fornito alcun elemento utile a chiarire le modalità della conclusione del rapporto di lavoro. Le spese vanno poste a carico della resistente tenuto conto della prevalente soccombenza nonché del rifiuto della proposta conciliativa da parte della resistente. P.Q.M. In parziale accoglimento del ricorso, condanna (...) S.R.L., a corrispondere alla ricorrente la somma di Euro 5.678,85, a titolo di retribuzione, e di Euro 478,49, a titolo di Tfr, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Rigetta le restanti domande. Condanna la società resistente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla ricorrente, che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori. Così deciso in Trapani il 31 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.

  • TRIBUNALE ORDINARIO di TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati: Dott.ssa Daniela Galazzi - Presidente rel. est. Dott.ssa Arianna Lo Vasco - Giudice Dott. Gaetano Sole - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r. g. .../2021 promossa da: O.M., nata ad E. (T.), il (...) ed elettivamente domiciliata in Trapani, nella Via...., presso lo studio dell'Avv. ....che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso Ricorrente E B.G., nato a T. il (...) Resistente contumace CON L'INTERVENTO del Pubblico Ministero AVENTE AD OGGETTO Separazione giudiziale Svolgimento del processo - Motivi della decisione Con ricorso depositato in data 15/04/2021, M.O. ha chiesto che venisse pronunciata la separazione personale dal marito G.B., con il quale ha contratto matrimonio concordatario in Trapani, in data 05/03/1994, e dalla cui unione sono nati quattro figli - B.E., il (...), B.A., in data (...), e le gemelle O.L. e O.M., in data (...), queste ultime nate in costanza di matrimonio, ma non riconosciute formalmente dal padre -. La domanda principale è senz'altro fondata, poiché è pacifico che da circa 10 anni i rapporti tra i coniugi si sono guastati: la ricorrente ha infatti spiegato per lunghi periodi il marito si è assentato da casa, ritornandovi per brevi periodi di convivenza. Ché l'affectio coniugalis sia venuta meno è ulteriormente comprovato dalla mancata comparizione in questo giudizio del resistente e dal disinteresse mostrato nei confronti dei figli, culminato nel non avere dichiarato la nascita delle gemelle, che portano quindi il solo cognome della madre. A questo riguardo va da subito chiarito che le minori, nate in costanza di matrimonio, si presumono figlie del B., non essendo stata spiegata alcuna azione di disconoscimento di paternità. Quanto alle domande relative all'affidamento delle predette minori, ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per mantenere il loro affidamento esclusivo rafforzato alla madre. Sul punto, va evidenziato che le norme introdotte con la L. n. 54 del 2006, e ora inserite negli artt. 337 bis e ss., hanno profondamente modificato il regime di affidamento dei figli, imponendo l'affidamento condiviso come la regola e l'affidamento ad un genitore l'eccezione possibile solo in presenza di determinati presupposti. In altri termini, l'affidamento condiviso e il conseguente esercizio della potestà di entrambi i genitori anche in ordine alle decisioni relative all'ordinaria amministrazione, impone l'assunzione di responsabilità in ordine alla cura ed all'educazione della prole, cui si può derogare solo quando il Tribunale ritenga contrario all'interesse del minore l'affido ad uno dei due genitori. Applicando tali principi al caso di specie, va osservato che il totale disinteresse del padre nei confronti delle figlie, che non ha nemmeno riconosciuto alla nascita e nei cui confronti non ha adempiuto a nessuno degli obblighi di educazione e mantenimento che incombono su di un genitore, costituisca un evidente esempio di condotta tale da giustificare la deroga al regime dell'affidamento condiviso. Ed invero, osserva il Collegio che secondo l'orientamento dominante della Cassazione Civile "integrano comportamenti altamente sintomatici dell'inidoneità di uno dei genitori ad affrontare le maggiori responsabilità conseguenti ad un affidamento condiviso sia la violazione dell'obbligo di mantenimento dei figli che la discontinuità nell'esercizio del diritto di visita degli stessi. Ne discende che, in questi casi, si configura una situazione di contrarietà all'interesse del figlio minore, ostativa, per legge, ad un provvedimento di affidamento condiviso" (Cass. Civ. 17 dicembre 2009 n. 26587). E' infatti pacifico (e non smentito dal resistente) che egli non dà alcuna notizia di sé da tempo, né ha aiutato la moglie a mantenere i figli (precisando sul punto che anche A., di anni 25, non è economicamente indipendente e vive ancora con la madre), nemmeno presentandosi all'udienza presidenziale. Va quindi manutenuto il già disposto affido esclusivo delle minori alla madre nella sua versione rafforzata: competerà, quindi, alla sola O. l'assunzione delle decisioni di maggiore interesse per le figlie, tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni delle stesse (cd. affido super-esclusivo). Quanto al regime di visita con il genitore non affidatario si ritiene sussistente l'esigenza di effettuare un monitoraggio degli incontri delle minori con la figura paterna con l'assistenza di personale professionalmente specializzato ed appare opportuno che gli incontri tra il padre e le minori, qualora il primo ritenga di riprendere i rapporti con la prole, si svolgano presso i locali del Servizio Sociale del Comune di residenza delle minori anche al fine di valutare, nell'ambito di tali incontri, per un verso la idoneità del padre ad avviare e sostenere un percorso volto alla instaurazione di un corretto rapporto genitoriale con le figlie e, per l'altro verso, la sussistenza di un serio atteggiamento di collaborazione del padre e le conseguenze che tale atteggiamento spiegano sul rapporto tra il padre e le minori. Va poi posto a carico del B. l'obbligo di concorrere al mantenimento del figlio A., non economicamente indipendente, e delle due figlie minori, L. e M.O., con il versamento dell'importo mensile di Euro 600,00 (Euro 200,00 per ciascun figlio), rivalutabile secondo indici ISTAT; il predetto dovrà anche concorrere nella misura del 50% al pagamento delle spese straordinarie sopportate per i predetti figli, secondo i criteri previsti dal Protocollo in uso presso il Tribunale di Trapani. Quanto alle spese del giudizio, infine, tenuto conto della natura della controversia ed al suo esito, appaiono sussistere giusti motivi per disporne l'integrale compensazione tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale, come sopra composto, uditi i procuratori delle parti costituite ed il Pubblico Ministero; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando: pronuncia la separazione personale di O.M., nata ad E. (T.), il (...) e B.G., nato a T. il (...), i quali hanno contratto matrimonio concordatario in Trapani il 05/03/1994, trascritto nei registri dello Stato Civile del medesimo comune al n. 272, parte II, Serie A, Uff. 01, dell'anno 1994; dispone l'affidamento cd. rafforzato delle minori O.L. e O.M. alla ricorrente; dispone che, ove manifesti tale volontà, il padre incontri le figlie minori presso i locali del Servizio Sociale del Comune di residenza delle minori, con modalità e secondo orari determinati dagli Operatori responsabili del predetto Servizio; dispone che B.G. versi a O.M. l'importo di Euro 600,00 a titolo di contributo al mantenimento delle figlie minori e di B.A., importo rivalutabile secondo indici ISTAT, oltre al 50% delle spese straordinarie sostenute nell'interesse della predetta prole, secondo i criteri previsti dal Protocollo in uso presso il Tribunale di Trapani; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese processuali; Dispone che questa sentenza, in copia autentica, venga trasmessa al competente Ufficiale di Stato Civile per le annotazioni e per le ulteriori incombenze di cui al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 369. Conclusione Così deciso nella camera di consiglio della Sezione civile del Tribunale di Trapani in data 3 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 4 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Arianna Lo Vasco, ha pronunciato la seguente SENTENZA (...) Nella causa civile al n. r.g. (...) promossa da: (...) OPPONENTI Contro (...) OPPOSTA RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, la (...) proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) emesso dal Tribunale di Trapani in data 24.09.2018 - integrato con provvedimento di correzione del 25.10.2018 -, con cui era stato ingiunto il pagamento di complessivi Euro 52.809,98 oltre interessi e spese processuali. Premettevano che la Banca opposta aveva fondato la propria pretesa creditoria sul contratto di conto corrente con apertura di credito n. (...) (poi ceduto dalla opposta in favore del (...) in ragione di uno scoperto di Euro 40.086,51, oltre interessi convenzionali e di mora al tasso del 10,25%) e sul contratto di mutuo chirografario n. (...) recante una esposizione debitoria di Euro 9.467,26, oltre che sul contratto di mutuo chirografario n. (...) con esposizione di Euro 3.256,21. Aggiungevano che, a garanzia dei predetti contratti, (...) avevano rilasciato idonea fideiussione. Imputavano l'asserita esposizione debitoria all'indebita applicazione di svariate poste illegittime (spese di gestione, costi di invio dell'estratto conto, operazioni secondo valute fittizie e c.m.s.), al superamento del tasso soglia dell'usura, nonché all'applicazione di un non consentito meccanismo anatocistico. Eccepivano la nullità dei contratti di conto corrente in quanto privi della sottoscrizione da parte della banca - nonché del contratto di apertura di eredito per mancanza di forma scritta, evidenziando che l'opposta in sede monitoria si era limitata a depositare una richiesta di concessione di fido e una comunicazione di concessione fido (che rappresentavano come carenti dell'indicazione delle condizioni economiche applicate). Eccepivano altresì la nullità dei contratti di mutuo chirografario n. (...) e n. (...) per mancanza di causa, giacché stipulati al fine di ripianare l'esposizione debitoria - ritenuta superiore a quella effettiva - nei confronti dell'istituto di credito relativa al c/c di corrispondenza n. (...). Contestavano la validità delle obbligazioni fideiussorie, dolendosi sia della mancata indicazione dell'importo massimo garantito, in alcun modo determinabile, sia della insussistenza dell'obbligazione principale. Spiegavano richiesta di C.T.U. contabile e rassegnavano le seguenti conclusioni: "I. revocare il decreto ingiuntivo opposto, e ciò per le motivazioni di cui in premessa; II. ritenere e dichiarare per i motivi di cui in narrativa, la nullità dei contratti regolamentanti il conto corrente ordinario con apertura di credito alla luce di quanto argomentalo in parte motiva e/o delle clausole contenenti la previsione della capitalizzazione periodica degli interessi passivi ultralegali e delle cms e di ogni altra spesa o costo di tenuta del conto, perché applicati in assenza di valida e/o regolare convenzione scritta; III. ritenere e dichiarare la nullità delle clausole contenenti la previsione della corresponsione della cms, posta la mancata pattuizione e/o non valida e/o non regolare pattuizione delle stesse e/o per mancanza di causa od insufficiente determinatezza; IV. ritenere e dichiarare nulle in quanto indeterminate e-o prive di causa le clausole che impongano spese e costi di tenuta del conto, inserite nel contratto di conto corrente intercorso ira le parti; V. ritenere e dichiarare che il lasso effettivo globale, ai fini della rilevazione dell'usura, debba essere calcolato includendo commissioni sul fido accordato, costi vari di tenuta conto, effetti delle valute differenziate (a sfavore del cliente) per le operazioni attive/passive; VI. accertare e dichiarare che per alcuni periodi vi è stato superamento del tasso soglia di usura, e per l'effetto ritenere interamente non dovuti detti interessi usurari; VII. accertare, la mancata e/o valida pattuizione del tasso di interesse ultralegale, e, per l'effetto, ritenere e dichiarare che non sono dovuti tutti gli interessi addebitati in eccedenza rispetto al tasso legale, pro tempore, vigente; VIII. per l'effetto, e previa consulenza tecnica d'ufficio come infra analiticamente formulata, nonché in base ai criteri ivi indicati: rideterminare il saldo del conto corrente, depurandolo dal tasso ultralegale, dalle commissioni, dalle spese e con corretta applicazione della valuta secondo i criteri indicati in narrativa; IX. da ultimo, ed in base agli esiti delle verifiche sopra indicate, ricalcolare ed accertare il saldo attuale del conto intrattenuto da parte opponente presso la banca convenuta; X. All'esito del predetto ricalcolo dell'attuale saldo del conto intrattenuto presso la banca, accertare se vi è ed a quanto ammonti il debito residuo dell'odierna parte attrice, ovvero se ed in che misura vi è un credito della medesima; XI. Ritenere e dichiarare che i mutui chirografari, meglio descritti in parte motiva, sono nulli e/o parzialmente nulli nella parte eccedente l'importo concesso rispetto all'effettivo debito della correntista, perché carente di causa e/o di oggetto e ciò per le motivazioni esposte in premessa; XII. Per l'effetto, previa depurazione degli interessi applicati al mutuo de quo e/o ricalcolo al tasso legale degli stessi, ritenere e dichiarare a quanto ammonta il presunto credito della banca; XIII. Ritenere e dichiarare che la banca convenuta non può fare valere la garanzia fideiussoria nei confronti dei fideiussori, in quanto l'obbligazione è nulla ovvero estinta, o comunque può farlo solo nei limiti in cui è valido ed esistente il debito principale, e dunque decurtando quelle somme che sono frutto dell'applicazione sul conto corre file e/o sul mutuo di clausole illegittime e/o nulle; XIV. Ritenere e dichiarare, comunque, nulle le fideiussioni perché eccessivamente sproporzionate rispetto al debito principale e ciò per le motivazioni di cui in premessa; XV. Per l'effetto revocare in tutto od in parte il decreto ingiuntivo opposto e ciò per tutte le motivazioni esposte in premessa; XVI. con vittoria di spese, diritti ed onorari da distrarre in favore dei sottoscritti legali". Si costituiva l'opposta (...) n. q. di mandataria con rappresentanza del (...), contestando spiegata opposizione ed invocando la conferma del d.i. opposto, nonché la concessione di provvisoria esecutività. Affermava la correttezza del proprio operato, escludendo sia l'applicazione di poste illegittime - sia la dedotta nullità dei contratti di c/c per carenza di firma della banca nel documento in possesso del correntista. Rilevava che l'opponente non aveva mai mosso contestazioni agli estratti conto periodicamente inviati. Contestava le doglianze degli opponenti relativamente alla validità dei contratti di mutuo, osservando l'assenza di specifica destinazione delle somme erogate e, quindi, di un collegamento funzionale con le aperture di credito su c/c. Evidenziava, con riguardo alle fideiussioni, la sussistenza della precisa indicazione dell'ammontare di ognuna delle garanzie rilasciate. Si opponeva alla chiesta consulenza tecnica, ritenuta meramente esplorativa, e, nel caso di eventuale ammissione della stessa, chiedeva che la ricostruzione del rapporto venisse circoscritta ai dicci anni antecedenti alla chiusura del conto, eccependo la prescrizione del diritto di parte opponente alla ripetizione delle poste eventualmente accertate in epoca antecedente. Nell'ipotesi di revoca del d.i.. chiedeva di condannare: "1) la (...) di (...) ... in persona del legale rappresentante sig. (...) .... pagare al (...), ... la somma complessiva di Euro 52.809,98 di cui Euro 40.086.51, oltre interessi convenzionali e di mora al tasso del 10.25% a far data dal 22.06.2017 quale saldo debitore in linea capitale alla medesima data del contratto di conto corrente di corrispondenza n. (...) Euro 9.467,26 quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario oltre interessi corrispettivi e di mora calcolati al tasso contrattualmente convenuto dovuti sulla quota capitale dalla data del 22.06.2017 al soddisfo ed Euro 3.256.21. quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario "oltre interessi corrispettivi e di mora calcolati al tasso dell'8,50% dovuti sulla quota capitale dalla data del 22.06.2017 al soddisfo, ovvero quella diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata in corso di causa; 2) i Sig.ri (...) ... a pagare al (...) ricorrente ... la somma complessiva di Euro 49.553,77, di cui Euro 40.086,51 per sorte capitale oltre interessi convenzionali e di mora al tasso del 10,25% a far data dal 22.06.2017 quale saldo debitore in linea capitale alla medesima data del contratto di conto corrente di corrispondenza n. (...) ed Euro 9.467,26 quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario n. (...) oltre interessi corrispettivi e di mora calcolati al tasso contrattualmente convenuto dovuti sulla quota capitale dalla data del 22.06.2017 al soddisfo, ovvero quella diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata in corso di causa; 3) la Sig.ra (...) ... di pagare al (...) ricorrente ... la somma complessiva di Euro 40.086,51, oltre interessi convenzionali e di mora al tasso del 10,25% a far data dal 22.06.2017 quale saldo debitore in linea capitale alla medesima data del contratto di conto corrente di corrispondenza ovvero quella diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata in corso di causa; 4) Sig.ri (...) ... e (...) ... pagare al (...) ricorrente ... la somma complessiva di Euro 9.467,26, quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario n. (...) oltre interessi corrispettivi e di mora calcolati al tasso contrattualmente convenuto dovuti sulla quota capitale dalla data del 22.06.2017 al soddisfo, ovvero quella diversa somma, maggiore o minore, che dovesse essere accertata in corso di causa". Nel corso del procedimento, veniva inutilmente tentata la mediazione tra le parti, che venivano pure invitate a valutare la seguente proposta conciliativa: - corresponsione da parte della opponente, di una somma unitariamente e complessivamente determinata, puri ad Euro 25.000.00 in favore dell'attrice in 4 rate trimestrali delle quali la prima entro il 31.12.21. con la sottoscrizione di piano di rientro che preveda I immediata decadenza dal beneficio del termine al mancato pagamento di una sola rata e revoca del decreto ingiuntivo; - compensazione delle spese di lite e di CTU; - rinuncia delle parti alle proprie domande ed eccezioni come da atti di causa. La causa veniva istruita tramite approfondimento tecnico-contabile; indi, avviata a decisione. Tanto premesso, si rammenta che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo vede invertirsi la posizione solo processuale delle parti, nel senso che colui che propone l'opposizione al decreto ingiuntivo riveste, solo formalmente, la veste di "attore", ritrovandosi davanti al giudice nella medesima posizione sostanziale che avrebbe avuto qualora il decreto non fosse mai stato pronunciato; il convenuto formale rimane nella sostanza attore. Difatti, giacché l'opposizione vale solo ad invertire l'onere di instaurazione formale del contraddittorio, senza influire né modificare la posizione delle parti, l'opposto, che è attore in senso sostanziale, deve spiegare le proprie domande nel ricorso introduttivo del procedimento monitorio, e provarne il fondamento secondo i principi generali in tema di riparto dell'onere della prova (Cass. sent. n. 2529/06; Cass. sent. n. 7571/06). Pertanto, sulla parte opposta incombe l'onere di dimostrare gli elementi costitutivi della pretesa, non diversamente da quanto accade nell'ordinario giudizio di cognizione. E, proprio "nell'ordinario giudizio di cognizione" è noto che la domanda di adempimento, la domanda di risoluzione per inadempimento e la domanda autonoma di risarcimento del danno da inadempimento (quale quella pure avanzata nella specie) si collegano al medesimo presupposto, costituito dall'inadempimento, mirando tutte a far statuire che il debitore non ha adempiuto (cfr. Cassazione Sezioni Unite Civili n. 13533 del 30 ottobre 2001). Infatti, il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può allegare l'inadempimento della controparte, anche alla stregua di fattispecie idonea alla produzione del danno: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento. Ciò posto, può sin d'ora premettersi che la trattazione nel merito non è impedita dall'intervento del periodico invio di estratti al correntista: infatti, l'approvazione dell'estratto conto, ai sensi dell'art. 1832 c.c., non comporta allatto la decadenza da eventuali successive eccezioni relative alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori da cui dette annotazioni derivano (fra le tante, Cass. 1112/84, 1978/96, 8989/97), e cioè quelle fondate su ragioni sostanziali attinenti alla legittimità, in relazione al titolo giuridico, dell'inclusione o dell'eliminazione di partite del conto corrente (così Cass. nn. 2871/2007 e 11749/2006). In nessun caso, infatti, l'eccezione di nullità della clausola avente ad oggetto la pattuizione degli interessi può restare preclusa dall'approvazione tacita del conto (Cass. n. 10376/2006). Deve poi rammentarsi che spetta al giudice - oltre che, come è noto, rilevare l'eventuale nullità parziale, pur ove adito con domanda di nullità integrale - verificare ex officio (Cass. sent. n. 14828/2012), la nullità di clausole contrastanti con nonne imperative, qualora vi sia contestazione, ancorché per ragioni diverse, sul titolo posto a fondamento della domanda degli interessi stessi (in caso di anatocismo, Cass. seni. n. 19882/2005), ed analogamente in ordine alla pattuizione di tassi usurari (cfr. Cass. sent. n. 305/2013). Traslando il ragionamento sul piano della ripartizione degli oneri probatori, inoltre, si osserva che. a fronte di specifiche contestazioni di nullità, illegittimità ed indeterminatezza delle pattuizioni, sussiste l'interesse dell'istituto bancario - cui si correla funzionale onere - all'allegazione e prova integrale della rivendicata validità delle medesime (cfr. anche Tribunale di Palermo, V sez., sent. n. 4383/2015 pubbl. il 31/07/2015 e, più di recente, con riferimento al principio della vicinanza della prova, Cass. Civ. sent. n. 24051/2019, punto 4.6 in motivazione). Ad ogni modo, ove, come nel caso di specie, la Banca sia anche attrice in monitorio, è pacificamente gravata da ogni relativo onere. A questo punto, la trattazione nel merito non è neppure impedita dall'eccezione sollevata dall'opponente circa la nullità dei contratti per vizio di forma, giacché manchevoli della sottoscrizione del delegato della banca. Sul punto sia consentito richiamo al principio affermato da Cass. SS.UU. sent. n. 898/2018 (pertinentemente richiamata dalla parte opposta, v. anche Cass. sent. n. 14646/2018): "in tema di contratti bancari, la mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte della banca non determina la nullità per difetto della forma scritta prevista dal D. Lgs. n. 385 del 1993. art. 117, comma 3, trattandosi di un requisito che va inteso non in senso strutturale, ma funzionale. Ne consegue che è sufficiente che il contratto sia redatto per iscritto, ne sia consegnata una copia al cliente e vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, potendo il consenso della banca desumersi alla stregua di comportamenti concludenti". A questo punto, passando alle questioni relative ai rapporti bancari intrattenuti dalle parti, possono essere richiamate le deduzioni del C.T.U., nei termini sotto meglio circoscritti, supportale dai necessari rilievi di specifica competenza e considerando (v. p. 4 elaborato del 23.12.21) l'eccezione di prescrizione utilmente sollevata dalla Banca (Ordinanza n. il del 14/07/2020). Ebbene, il nominato perito, dopo aver esaminato la documentazione versata nel fascicolo telematico, quanto al c/c/ (...), ha correttamente escluso la necessità del ricalcolo del saldo applicando il tasso di interesse legale, in ragione del riscontro, nelle lettere di apertura susseguitesi, di pattuizioni puntuali concernenti tassi di interesse, spese di c/c, c.m.s. e criteri di capitalizzazione. Passando all'analisi di dette poste, il consulente: - non ha espunto la c.m.s. (poi sostituita dalla c.f.a.), ritenendola sufficientemente determinata; - ha condivisibilmente depurato il saldo dalla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e creditori dall'apertura del c/c sino al 30.06.2000, dal momento che solo in seguito, "l'istituto di credito a partire dall'1/7/2000 si è adeguato alla delibera CICR operando la capitalizzazione degli interessi trimestralmente, e questo per tutta la durata del rapporto"; - secondo la preferibile applicazione dei criteri dettati dalla Banca d'Italia, non ha riscontrato in alcun trimestre il superamento del tasso soglia usura. Il C.T.U. ha, inoltre, esaustivamente risposto alle osservazioni pervenute (Cass. sent. n. 282 del 09/01/2009) ed alle richieste di questo istruttore (cfr. anche ordinanza del 28.02.2022 ritenuto dover invitare il CTU a fornire prospetti alternativi di calcolo in relazione alle osservazioni presentate dalla parte attrice anche in relazione alla dedotta nullità del rapporto di affidamento chiarendo in particolare rispetto a quali pattuizioni sia stata valutata la conformità delle poste applicate e se in concreto eventuali sconfinamenti siano stati pertinentemente classificati rispetto alle valutazioni delle commissioni di scoperto, sempre comunque attenendosi, per quanto riguarda la eventuale usurari età, ai criteri dettati dalla Banca d'Italia tempo per tempo vigenti, ed ai chiarimenti resi da Cass. 16303/18 e non operando riconduzione al tasso soglia in caso di rilievo di mera usura sopravvenuta"), chiarendo che il conto era sempre stato affidato (peraltro specificando anche la data di intervento - prossima alla data di origine del rapporto, 10-5-94/13-6-94, p. 6 dell'elaborato del 4.4.22 - della esplicita indicazione integrativa del tasso fido) e che il complesso delle condizioni pattuite non aveva generato usura originaria. Pertanto, all'evidenza disponibile, il C.T.U. ha originariamente concluso sintetizzando il saldo contabile del c/c n. (...) complessivi Euro 33.281,54 in favore della Banca, comprensivi di accessori alla data del decreto ingiuntivo. Tuttavia, da tale saldo vanno espunte, in accoglimento delle eccezioni di parte attrice, le poste accessorie per CMS e CFA, da un lato perché la compiuta indicazione della prima è stata dedotta solo dalla integrazione con le basi di calcolo indicate nei prospetti trimestrali e, dall'altro, perché l'introduzione di una nuova clausola non può parificarsi alla mera variazione (quand'anche sfavorevole) di condizioni già pattuite ab origine. Il saldo da ritenersi corretto è pertanto quello di Euro 20.551,62 (p. 4 elaborato del 4.4.22) Quanto ai contratti di mutuo chirografario n. (...) e n. (...) il C.T.U. ha riepilogato le rispettive condizioni economiche e ne ha confermato la regolarità, escludendo l'intervenuta applicazione di tassi usurari. Va, poi, disatteso il motivo di opposizione fondato sulla carenza di causa dei mutui stipulati dalle parti, attesa la loro destinazione al ripianamelo di precedenti esposizioni debitorie della mutuataria. Del resto, non è emerso essersi trattato di mutui di scopo: nel caso di specie, come dedotto da parte opposta, la pattuita erogazione doveva direttamente intervenire tramite il versamento sul conto corrente intestato alla stessa mutuataria, di talché il contratto risultava esattamente perfezionato con il suddetto accredito. Ne può essere in linea generale ritenuto che il fine esplicitato di ripianare precedenti passività specie per soggetto operativo sul mercato, non debba essere considerato dall'ordinamento meritevole di tutela. Dunque, accertata la correttezza delle pretese creditorie vantate dalla banca in relazione ai mutui chirografari, rideterminato il saldo contabile del c/c con epurazione delle poste anatocistiche illegittime, gli opponenti vanno condannati (i fideiussori nei limiti dell'importo massimo) al pagamento della minor somma dovuta al creditore opposto, oltre interessi come richiesti dalla costituzione in mora sino al soddisfo (cfr. Cass. civ. n. 24021/2004, n. 5074/1999, n. 1656/1998 e n. 3319/1996). Passando, poi, alla dedotta invalidità delle obbligazioni dei fideiussori, pacifico l'interesse riflesso dei medesimi all'accertamento del saldo contabile, l'istituto di credito, onde contrastare le censure mosse da parte opponente, ha prodotto i contratti sottoscritti da ciascun garante, alla stregua dei quali l'obbligazione di garanzia risulta regolarmente assunta per un importo massimo garantito (indicazione che - come chiarito dalla Cassazione, sent n. 1520/2010 -"corrisponde ad un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico"), affatto sproporzionato (fino alla concorrenza di Euro 60.000.00) rispetto all'entità dei rapporti in esame. Le spese di lite e quelle resesi necessarie per l'approfondimento peritale (liquidate in separato decreto) debbono ritenersi compensate in ragione della reciproca soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e/o difesa disattesa c/o assorbita: - accoglie parzialmente la proposta opposizione e per l'effetto revoca il d.i. n. (...); - condanna l'opponente al pagamento in favore della banca della somma di Euro 20.551,62 oltre accessori come richiesti quale saldo debitore del contratto di conto corrente di corrispondenza n Euro 9.467,26 quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario n. (...) oltre interessi come richiesti ed Euro 3.256,21, quale saldo dare alla data del 22.06.2017 del contratto di mutuo chirografario n. (...) oltre interessi come richiesti; - compensa tra le parti le spese di lite; - pone a carico di entrambe le parti le spese occorse per espletare la C.T.U., liquidate come da separato decreto in atti. Così deciso in Trapani il 28 settembre 2022. Depositata in Cancelleria il 28 settembre 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI Il Tribunale, in composizione collegiale, nelle persone dei magistrati: dott.ssa Daniela Galazzi - Presidente dott.ssa Arianna Lo Vasco - Giudice relatore estensore dott. Bucalo Carlo Maria - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. r.g. 1969/2019 promossa da: (...) e (...) (c.f. (...) n.q. di eredi di (...) (c.f. (...) rappresentati e difesi dall'avv.(...) PARTE ATTRICE contro (...), rappresentata e difesa dall'avv.(...) (...), rappresentata e difesa dall'avv.(...) (...) (c.f. (...) rappresentata e difesa dagli avv.ti (...). e con atto di integrazione del contraddittorio nei confronti di (...), rappresentata e difesa dall'avv.(...) e (...) e (...), rappresentate e difese dagli avv.ti (...) e (...) PARTE CONVENUTA (...) (c.f. (...)), rappresentati e difesi dall'avv. (...) PARTE INTERVENUTA RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, (...) premetteva che in data 25.08.2018 era deceduto il proprio coniuge (...) il quale aveva cristallizzato le ultime volontà in un testamento pubblico, in cui "nominava eredi universali di tutto il suo patrimonio le nipoti (...) e disponeva, altresì, in favore della moglie l'usufrutto vitalizio di tutti i beni mobili e immobili, nonché, un rendita vitalizia di Euro 2.000,00 mensili a carico dei successori universali", aggiungendo ulteriori disposizioni a titolo particolare Dichiarava l'attrice di non volere accettare il legato in sostituzione di legittima previsto nel testamento del marito e di essere disposta a restituire le somme già percepite a titolo di rendita vitalizia; invocava la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni ritenute lesive della propria quota di legittima (determinata in Euro 681.817,17). Rassegnava le seguenti conclusioni: - In via principale: accertare e dichiarare che la sig.ra (...) è legittimata a chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie che risultano eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre; - accertate e dichiarare che all'odierna attrice è riservata la metà del patrimonio lasciata dal marito ... ; - accertare e dichiarare che il legato fatto da (...) alla moglie (...) con testamento pubblico ... va inteso come legato in sostituzione di legittima; - accertare e dichiarare che la volontà della sig.ra (...) di rinunzia espressa al legato di usufrutto vitalizio di beni mobili e immobili e della rendita vitalizia pari ad Euro 2.000,00 mensili, nonché, dei frutti locati come disposto nel testamento ... contenuta nel presente atto soddisfa il requisito della sottoscrizione ai sensi e per gli effetti dell'art. 1350 n. 5 c.c.; - onerare l'odierna attrice alla restituzione della rendita vitalizia pari ad Euro 24.000,00 maturata e maturando, nonché alla restituzione dei frutti locati pari ad Euro 4.000,00, maturandi e maturandi, secondo le disposizioni conseguenziali che il Giudice riterrà più opportune; - Per l'effetto: ordinare la reintegrazione nella quota di legittima spettante alla sig.ra (...) pari alla metà dell'asse ereditario, mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie sia del relictum sia a causa donativo, che eccedono la quota di cui il de cuius poteva disporre; - ordinare la riduzione proporzionale della quota ereditaria delle convenute fino alla concorrenza di integrazione della quota di legittima spettante alla sig.ra (...) ...; - condannare le convenute (...) e (...) alle spese, competenze ed onorari del presente giudizio; - In subordine: accertare e dichiarare che la somma percepita dall'odierna attrice pari ad Euro 24.000,00 maturata e maturanda a titolo di rendita vitalizia, nonché, la somma di Euro 4.000,00 maturata e maturanda a titoli di frutti locati sia considerata come somma in acconto sulle maggiori somme dovute a titolo di lesione di legittima. Si costituiva (...) preliminarmente eccependo l'improcedibilità dell'azione per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria, nonché l'inammissibilità della domanda per avvenuta accettazione del legato e decadenza dall'azione di riduzione. Rappresentava che parte attrice aveva manifestato inequivocabilmente la propria volontà di accettare il legato, pure costituendo in mora le eredi affinché le corrispondessero le somme previste a titolo di rendita vitalizia e, comunque, godendo sin da subito dell'usufrutto vitalizio sui beni immobili del de cuius, anche tramite l'incasso dei canoni di locazione di un immobile. Negava ad ogni modo la sussistenza di una lesione della quota di legittima, contestando l'avversa ricostruzione del valore della massa ereditaria all'apertura della successione. Chiedeva condanna dall'attrice ex art. 96 c.p.c., ritenendo pretestuose le domande come spiegate. Si costituiva (...) dichiarando di essere venuta ugualmente a conoscenza dell'avvio del presente giudizio ancorché in difetto di regolare notifica dell'atto di citazione, dubitando della regolarità della procura della attrice, in relazione alla quale si riservava di proporre separata querela di falso. Eccepiva l'improcedibilità della domanda ex adverso proposta per mancato esperimento della procedura di mediazione obbligatoria, nonché la disintegrità del contraddittorio per mancata citazione di (...) e (...) pure beneficiarie di legati testamentari, e della donataria (...) Del pari stigmatizzava la definitività della intervenuta accettazione del legato in sostituzione di legittima da parte della (...) che si era immessa nel possesso dei beni ereditari e che aveva già ricevuto dagli eredi diverse mensilità di rendita vitalizia. Contestava, comunque, anche nel merito la sussistenza dell'asserita lesione segnalando, rispetto alle risorse mobiliari, che, nell'ultimo periodo di vita del de cuius, la Banca aveva registrato frequenti ed anomale operazioni di prelevamento in contanti. Così originariamente concludeva: 1) ritenere e dichiarare l'inammissibilità dell'azione avversaria per difetto di notificazione dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio alla deducente Sig.ra(...) 2) ritenere e dichiarare improcedibilità delle domande attoree, per difetto di valido previo esperimento della prevista obbligatoria mediazione, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. n. 28 del 2010, in forza di tutto quanto al riguardo dedotto in narrativa, adottando tutti i provvedimenti consequenziali; 3) ritenere e dichiarare l'eccepito difetto di contraddittorio con riferimento alla mancata citazione in giudizio anche delle Signore (...) e (...) sebbene beneficiarie di legati testamentari, ed eventualmente anche della Sig.ra (...) sebbene beneficiaria di donazione del 4 dicembre 2012 da parte del defunto Sig. (...) adottando per l'effetto tutti i provvedimenti consequenziali; 4) ritenere e dichiarare inammissibili e/o infondate tutte le domande attoree, sia svolte in via principale che in via subordinata e/o gradata, con qualsivoglia motivazione di rito e/o di merito, in forza di tutto quanto dedotto ed eccepito in narrativa; 5) determinare eventualmente per il tramite di apposita consulenza tecnica d'ufficio il corretto valore della massa ereditaria tenendo conto di tutto quanto eccepito in narrativa, soprattutto con riferimento al valore della rendita vitalizia mensile disposta in favore della Sig.ra (...) e del compendio immobiliare in Erice; 6) ritenere e dichiarare, previo accertamento dell'illegittimità dell'impedimento frapposto al riguardo da parte attrice, che al pagamento della rendita vitalizia testamentaria disposta in favore della Sig.ra (...) e del legato in favore della Sig.ra (...) possano le coeredi del defunto marito Sig. (...) procedere utilizzandone le risorse finanziarie depositate sul relativo conto corrente o svincolandone i relativi titoli e azioni, pronunciando al riguardo apposito provvedimento autorizzativo in tal senso, con riserva sin d'ora di domandarlo eventualmente anche già nel corso del giudizio in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c.; 7) quanto al legato in favore della pure convenuta Sig.ra (...) per le ragioni spiegate in narrativa, ritenere e dichiarare che ogni eventuale maggiorazione del legato per effetto dell'applicazione di accessori sulla relativa sorte capitale o spese legali dovrà essere posta solo a carico della stessa Sig.ra (...) con esonero pertanto di tale eventuale aggravio in capo alla odierna convenuta Sig.ra (...) che andrà quindi, eventualmente garantita e manlevata in tal senso; 8) ritenere e dichiarare l'inadempimento della Sig.ra (...) agli obblighi di manutenzione ordinaria dei beni immobili che la stessa possiede in usufrutto e, per l'effetto, risarcire la nuda proprietaria Sig.ra (...) per quanto di ragione e spettanza, dei danni conseguenti, da accertarsi, anche eventualmente in via equitativa, a mezzo di apposita consulenza tecnica d'ufficio di cui si chiede l'ammissione, soprattutto con riferimento al compendio immobiliare in Erice, al fine di descrivere e "fotografare" lo stato dei luoghi, ed il loro stato di manutenzione così da accertarsi se la Sig.ra (...) debba appunto risarcire la nuda proprietaria Sig.ra (...) per tutti i danni, che dovessero riscontrarsi dipendere dall'inadempimento degli obblighi di manutenzione ordinaria a carico dell'usufruttuario, già comunque riscontrabili; 9) in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento delle domande attoree, ritenere e dichiarare che la Sig.ra (...) debba anch'Ella partecipare, pro quota, al pagamento dei debiti ereditari e ciò eventualmente nella misura del 50 % e, pertanto, avuto riguardo alla anticipazioni effettuate dalla Sig.ra (...) condannare parte attrice a rimborsare in favore di quest'ultima il 25 % di quanto dalla stessa corrisposto per debiti ereditari, oltre interessi legali come per legge, eventualmente anche procedendo a compensazione tra le parti, fino alla concorrenza di quanto reciprocamente dovuto; 10 ) sempre in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento delle domande attoree, ritenere e dichiarare che la Sig.ra (...) debba risarcire la Sig.ra (...) per la esclusiva occupazione degli immobili già del "de cuius" ed i percepiti e/o percipiendi frutti civili della locazione e delle somme e titoli presso la (...) S.p.a. secondo la quota del 25% di riconosciuta spettanza di quest'ultima a far data dall'apertura della successione ovvero, in subordine, dalla data della presente domanda giudiziale, con quantificazione del relativo ammontare da demandarsi ad apposita consulenza tecnica d'ufficio di cui si chiede sin d'ora l'ammissione, ed eventualmente anche sempre procedendo a compensazione tra le parti fino alla concorrenza di quanto reciprocamente dovuto. Si costituiva, (...) contestando in punto di fatto e di diritto tutto quanto dedotto da controparte e, in particolare, affermando la tardività della rinunzia al legato di cui in citazione. Concludeva chiedendo il rigetto delle domande attoree, reputate prive di fondamento giuridico. In corso di causa, parte attrice chiedeva l'immediato sequestro giudiziario delle somme di titoli, azioni e quote di partecipazione intestate al defunto (...) presso la (...) Tale istanza cautelare veniva rigettata per difetto di periculum. Nelle more (16.01.2020) decedeva l'attrice (...) successivamente, in data 27.01.2020, con formale comparsa per prosecuzione, costituivano, n.q., (...) affermando di essere stati designati eredi universali nel testamento della zia. Così, in vista della decisione precisavano le conclusioni: - Nel merito in via principale: 1. Accertare e dichiarare che alla sig.ra (...) nella qualità di coniuge superstite del sig. (...) dalla cui unione non sono nati figli, è riservata la metà del patrimonio lasciato dal de cuius; 2.Accertare e dichiarare che la sig.ra (...) è legittimata a chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie che risultano eccedenti la quota di cui il defunto marito poteva disporre. 3. Accertare e dichiarare che il valore complessivo della rendita vitalizia attribuita alla sig.ra (...) dal testamento pubblicato in data 05.09.2018, risultante dalla dichiarazione di successione dell'11.12.2018 n. 1920 Vol. 9990 ove viene indicato in Euro 620.000,00 è incongruo e/o errato con tutte le conseguenze di legge. 4. Accertare e dichiarare che la sig.ra (...) con l'atto introduttivo del presente giudizio, ha espresso valida ed inequivocabile volontà di rinuncia al legato di usufrutto vitalizio dei beni mobili ed immobili e della rendita vitalizia pari, ad Euro 2.000,00 mensili disposti nel testamento pubblico in data 05.09.2018 ai sensi e per gli effetti dell'art. 1350 n. 5 c.c. e che la predetta è disponibile alla restituzione della somma di Euro 24.000,00 maturata e maturanda percepita a titolo di rendita vitalizia e della somma di Euro 4.000,00 maturata e maturanda percepita a titolo di frutti locati e conseguentemente onerare la sig.ra (...) alla restituzione delle somme predette; - Per l'effetto: ordinare l'assegnazione della quota di legittima spettante alla sig.ra (...) pari alla metà dell'asse ereditario mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie sia del relictum sia a causa donativa che eccedono la quota di cui il de cuius poteva disporre. Ordinare la riduzione proporzionale della quota ereditaria delle convenute sig.ra(...) fino alla concorrenza di integrazione della quota di legittima spettante alla sig.ra(...) in qualità di moglie del de cuius, alla quale spetta di diritto la metà del patrimonio ereditario che è pari, ad Euro 681.817,17 o in quella maggiore o minore somma che verrà accertata in corso di causa E, comunque, trattandosi di debito di valore, l'importo deve essere maggiorato della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dal 25.082018 e fino al soddisfo e maggiorato degli interessi legali con decorrenza dal 25.082018 e fino al soddisfo. Qualora tale integrazione venga effettuata mediante conguaglio in denaro, nonostante l'esistenza, nell'asse di beni in natura, trattandosi di credito di valore e non già di valuta, essa deve essere adeguata al mutato valore - al momento della decisione giudiziale- del bene o dei beni a cui l'odierna attrice avrebbe diritto, affinché ne costituisca l'esatto equivalente dovendo, pertanto, procedersi alla relativa rivalutazione. 6. Rigettare tutte le domande, eccezioni e deduzioni spiegate in via principale e in subordine in tutti gli atti di causa da tutti i convenuti e intervenuti, poiché infondate in fatto ed in diritto, con condanna degli stessi al pagamento delle spese, competenze ed onorari. 7. Accertare e dichiarare l'inammissibilità delle memorie 183 co. 6 n.2 e 3 c.p.c. delle convenute (...) e (...) per tutti i motivi spiegati in narrativa e, per l'effetto dichiarare l'espunzione di dette memorie dal presente giudizio. 8. Rigettare le domande formulate dagli, intervenuti, di sospensione del giudizio, ai sensi dell'art. 295 c.p.c., in relazione al giudizio portante R.G. n. 721/2021, pendente innanzi, a Codesto Tribunale dagli intervenienti (...) e/o di riunione degli stessi giudizi, per carenza dei presupposti di legge. 9. Rigettare l'ammissione dei mezzi istruttori di tutti i convenuti ed intervenuti, in quanto inammissibili ed inconcludenti, e l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.. 10. Rigettare tutte le domande di tutti i convenuti, e intervenuti, sia svolte in via principale che in via subordinata e/o gradata, per tutto quanto dedotto ed eccepito in atti e in narrativa. 11. Dichiarare l'accoglimento dell'istanza ex art. 89 c.p.c. volto alla cancellazione delle espressioni offensive per le ragioni spiegate. Con vittoria di spese e competenze professionali sia del giudizio ordinario e sia del sub procedimento. - In subordine: accertare e dichiarare che la somma percepita dall'odierna attrice pari ad Euro 24.000,00 maturata e maturanda a titolo di rendita vitalizia, nonché, la somma di Euro 4.000,00 maturata e maturanda a titolo di frutti locati sia considerata come somma in acconto sulle maggiori somme dovute a titolo di lesione di legittima: Si costituiva, in esito alla notifica di atto di integrazione del contraddittorio, (...) premettendo di aver svolto attività lavorativa non formalmente regolarizzata alle dipendenze dei coniugi (...) in ragione della quale il de cuius si era determinato a stipulare un contratto di donazione avente ad oggetto una somma di denaro pari ad Euro 120.000,00. Deduceva l'improcedibilità dell'azione per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria e l'inammissibilità della domanda attorea per intervenuta e irretrattabile accettazione del legato, nonché la carenza di interesse ad agire dell'attrice per insussistenza della lesione della quota di legittima. Concludeva come segue: - in via preliminare: estromettere dal presente giudizio gli intervenuti Sigg.ri (...) per carenza di legittimazione attiva e inammissibilità dell'intervento; - nel merito, in via principale: accertare e dichiarare l'inammissibilità e/o l'infondatezza in fatto e in diritto delle domande attoree, in quanto la Sig.ra (...) accettando e dando esecuzione per facta concludenza al legato tacitativo, ha rinunciato alla qualità di erede decadendo altresì dal diritto di esercizio dell'azione di riduzione e pertanto rigettare la Domanda; in via subordinata: accertare e dichiarare, in ogni caso, l'insussistenza della lesione della quota di legittima spettante ex lege alla Sig. (...) Per le causali indicate in narrativa e pertanto rigettare la domanda In ogni caso con vittoria di spese, competenze e onorari del presente giudizio. Si costituivano (...) opponendosi all'eccezione di disintegrità del contraddittorio sollevata dalle altre parti, ritenendosi estranee al presente procedimento. Affermavano l'improcedibilità dell'azione di riduzione, evidenziando che l'attrice non aveva accettato con beneficio di inventario. Rassegnavano le seguenti conclusioni: - Dichiarare improcedibile l'azione di riduzione promossa nei confronti delle signore (...) per le ragioni esposte. - NEL MERITO: rigettare qualsiasi domanda di riduzione nei confronti delle signore (...) avendo il testatore disposto in loro favore con la quota disponibile; con richiesta di. condanna ai compensi di lite. Intervenivano infine (...) affermandosi eredi della attrice per rappresentazione in quanto nipoti ex sorore. Deducevano di aver iniziato un parallelo giudizio finalizzato ad ottenere pronuncia di nullità ed invalidità del testamento del 24.11.2018 di (...) profilando l'instabilità della qualità di successore deglieredi (...) e (...) Chiedevano, infatti, la sospensione del presente giudizio o, in subordine, la riunione al detto procedimento pendente innanzi al Tribunale Trapani, recante R.G. n. 794/2021. Così precisavano le conclusioni in vista della decisione: In via preliminare: dichiarare l'ammissibilità dell'intervento spiegato nel presente giudizio; Nel merito in via principale: 1. Accertare e dichiarare che alla sig.ra (...) nella qualità di coniuge superstite del sig. (...) dalla cui unione non sono nati, figli è riservata la metà del patrimonio lasciato dal de cuius; 2. Accertare e dichiarare pertanto che la sig.ra (...) è legittimata a chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie che risultano eccedenti la quota di cui il defunto marito poteva disporre; 3. Accertare e dichiarare, sulla scorta di quanto dedotto in narrativa, che il valore complessivo della rendita vitalizia attribuita alla sig.ra (...) dal testamento pubblicato in data 05.092018, risultante dalla dichiarazione di successione dell'11.12.2018 n 1920 Voi. 9990 ove viene indicato in Euro 620.000,000 è incongruo e/o errato con tutte le conseguenze di legge; 4. Accertare e dichiarare che la sig.ra (...) con l'atto introduttivo del giudizio, ha espresso valida ed inequivocabile volontà di rinuncia al legato di usufrutto vitalizio dei beni mobili ed immobili e della rendita vitalizia pari ad Euro 2.000,00 mensili disposti, nel testamento pubblicato in data 05.09.2018 e che la predetta è disponibile alla restituzione della somma di. Euro 24.000,00 maturata e maturanda percepita a titolo di rendita vitalizia e della somma di Euro 4.000,00 maturata e maturanda percepita a titolo di frutti locati e conseguentemente onerare la sig.ra (...) alla restituzione delle predette somme; 5. Per l'effetto ordinare l'assegnazione della quota di legittima spettante alla sig.ra (...) pari alla metà dell'asse ereditario mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie sia del relictum sia a causa donativo che eccedono la quota di delle de cuius poteva disporre; 6. In subordine accertare e dichiarare cheil legato di usufrutto vitalizio di tutti i beni mobili ed immobili, e la rendita vitalizia di. Euro 2.000,00 disposto nel testamento pubblicato in data 05.09.2018 è da intendersi quale come legato in conto di legittima e che la sig.ra (...) ha diritto di conseguire beni, per un valore pari alla differenza tra la sua quota di legittima e quanto ricevuto a titolo di legato; 7. Per l'effetto dichiarare che la somma percepita dall'attrice pari ad Euro 24.000,00 a titolo di. rendita vitalizia, nonché la somma di Euro 4.000,00 a titolo di frutti locati sia considerata come legato in conto di legittima e che pertanto la sig.ra (...) ha diritto di conseguire beni fino alla concorrenza della propria quota di riserva. Con vittoria di spese e competenze di lite". Essendo andato deserto (salva la comparizione della convenuta (...) il tentativo di mediazione ante causam, questo istruttore disponeva rinvio di tutte le parti in mediazione (12.10.20), invito disatteso dalle convenute (...) (che faceva pervenire dichiarazione di non adesione per infondatezza della domanda avversaria). La convenuta (...) modificava ripetutamente in corso di causa le conclusioni, via via riducendo le domande, ritenendo su taluni punti sopravvenuta la cessazione della materia del contendere e formulando domande nuove di rimborso nei confronti degli eredi dichiarati di (...) Si trascrivono quindi per completezza le domande come precisate in atti conclusivi, unitamente alla reiterazione delle richieste istruttorie: 1) ritenere e dichiarare l'inammissibilità dell'azione avversaria per difetto di notificazione dell'atto di citazione introduttivo del presente giudizio alla deducente Sig.ra (...) 2) ritenere e dichiarare inammissibili e/o infondate tutte le domande attoree, sia svolte in via principale che in via subordinata e/o gradata, con qualsivoglia motivazione di rito e/o di merito, in forza di tutto quanto dedotto ed eccepito in atti ed in narrativa; 3) determinare eventualmente per il tramite di apposita consulenza tecnica d'ufficio il corretto valore della massa ereditaria tenendo conto di tutto quanto eccepito in atti ed in narrativa, soprattutto con riferimento al valore della rendita vitalizia mensile disposta in favore della Sig.ra (...) e del compendio immobiliare in Erice; 4) quanto al legato in favore della pure convenuta Sig.ra (...) per le ragioni spiegate in atti ed in narrativa, ritenere e dichiarare che ogni eventuale maggiorazione del legato per effetto dell'applicazione di accessori sulla relativa sorte capitale o spese legali dovrà essere posta solo a carico della Sig.ra (...) e, ora, dei suoi eredi, con esonero pertanto di tale eventuale aggravio in capo alla odierna convenuta Sig.ra (...) che andrà quindi eventualmente garantita e manlevata in tal senso; 5) in via subordinata, nell'ipotesi di. accoglimento delle domande attoree, ritenere e dichiarare che la Sig.ra (...) e, ora, i suoi eredi, debbano partecipare, pro quota, al pagamento dei debiti ereditari, e ciò eventualmente nella misura del 50% e, pertanto, avuto riguardo alla anticipazioni effettuate dalla Sig.ra (...) condannare parte attrice a rimborsare in favore di quest'ultima il 25 % di quanto dalla stessa corrisposto per debiti ereditari, oltre interessi legali come per legge, eventualmente anche procedendo a compensazione tra le parti fino alla concorrenza di quanto reciprocamente dovuto; 6) sempre in via subordinata, nell'ipotesi di accoglimento delle domande attoree, ritenere e dichiarare che la Sig.ra (...) e, ora i suoi eredi, debbano risarcire la Sig.ra (...) per la esclusiva occupazione degli immobili già del "de cuius", per i percepiti frutti civili della locazione e delle somme e titoli presso la (...) S.p.a., secondo la quota del 25 % di riconosciuta spettanza di quest'ultima, a far data dall'apertura della successione, ovvero, in subordine, dalla data della presente domanda giudiziale, con quantificazione del relativo ammontare da demandarsi ad apposita consulenza tecnica d'ufficio di cui si chiede sin d'ora l'ammissione, ed eventualmente anche sempre procedendo a compensazione tra le parti fino alla concorrenza di. quanto reciprocamente dovuto; 7) ritenere e dichiarare che la Sig.ra (...) e, ora i suoi eredi, sono tenuti, a rimborsare alla Sig.ra (...) l'importo, calcolato come pari ad Eurouro 1.084,35, o quell'altra somma che eventualmente sarà ritenuta dovuta, eventualmente per il tramite di apposita C.T.U., oltre interessi legali dal dovuto fino all'effettivo soddisfo, a titolo di spese pro quota dovute quale usufruttuaria per la dichiarazione di successione al defunto marito Sig. (...) la cui imposta è stata anticipata dalla Sig.ra (...) e, per l'effetto, condannare chi di ragione al relativo pagamento. Con istanza ex art. 89 c.p.c. del 28.6.21 il difensore della parte attrice, ritenendo offensivo del proprio decoro professionale parte del contenuto della memoria n. 3 ex art. 183 co. 6 c.p.c. depositata dal procuratore costituito Avv. (...) della convenuta (...) (che indicava pure condiviso dal procuratore Avv. (...) della convenuta (...) chiedeva disporsi la cancellazione della pag. 2 della memoria n.3 a firma dell'Avv. (...) (contenente le seguenti deduzioni "Con la presente memoria la convenuta sig.ra (...) si trova subito costretta e denunziare formalmente grave illecito disciplinare commesso dall'Avvocato (...) e consistente nel deposito in atti di corrispondenza intercorsa tramite pec con il Sottoscritto legale e con quello della sig.ra (...) ed avente ad oggetto trattative transattive mei formalizzatesi, nell'evidentemente "disperato ma inutile- tentativo di superare le difese di. parte convenuta." adesso la Legale si è infatti spinta a violare manifestamente l'art. 28 del Codice Deontologico Forense che, al primo comma, prevede chiaramente che "Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i colleghi" ....Ciò doverosamente subito lamentato, e con espressa riserva di notiziarne il Consiglio Dell'Ordine di appartenenza della Legale ") e della pag.2 della memoria n. 3 a firma dell'Avv. (...) ("Questa difesa si associa alle eccezioni, già articolate dalla sig.ra (...) con terza memoria 183 6 comma c.p.c., relativamente alle violazioni del codice deontologico perpetrate dall'Avv. (...) nel produrre in giudizio la corrispondenza intercorsa tra il sottoscritto procuratore, l'avv. (...) e la medesima avv. (...) perché afferente ad un fase di valutazione strogiudiziale al solo fine di evitare l'alea ed i costi dell'attuale procedimento giudiziario... La violazione del codice deontologico forense è palese."). Disattese le richieste istruttorie, la causa veniva avviata a decisione. Tanto premesso, va sin d'ora evidenziato, in relazione al tentativo di mediazione disposto in corso di causa, con la specifica finalità di favorire l'incontro delle parti al completo, che la ferma opposizione preventiva (...) con il mero invio di una pec nella quale si espone la propria convinzione in ordine al merito della lite, ed a maggior ragione la mancata comparizione personale (...) sono condotte che si scontrano con la natura, i presupposti, e la finalità dello stesso istituto preventivo concepito allo scopo di facilitare il reciproco e contestuale chiarimento delle proprie posizioni. Ne discende la condanna per le tre parti sopra indicate al pagamento della sanzione prevista dall'art. 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010, pari al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Sempre preliminarmente, l'eccezione sull'omessa notifica dell'atto di citazione, sollevata dalla convenuta (...) deve ritenersi superata dalla costituzione di costei, comprensiva di ampie ed articolate difese in via preliminare e nel merito. Ciò posto, osserva il Tribunale che l'eccezione di decadenza ex art. 551 cc. è fondata ed assorbente rispetto alle ulteriori questioni agitate dalle parti. Ed invero, la volontà - esplicitata e declinata in comportamenti ed atti in sé non contestati - dell'attrice originaria di conseguire il legato tacitativo, risulta incompatibile con la volontà di far valere il diritto alla reintegrazione, nonché inconciliabile con il diritto patrimoniale (perciò disponibile) e potestativo, del legittimario di agire per la riduzione delle disposizioni testamentarie ritenute lesive della sua quota di riserva (Cass. sent. n. 1373/2009). Né la rinunzia al legato formulata in citazione (ancorché con dichiarazione di disponibilità a restituire quanto medio tempore ottenuto) può rilevare a privare di significato concludente la condotta esecutiva posta in essere anteriormente alla causa. Né tantomeno rileva il fatto che la (...) nel chiedere l'adempimento della prestazione di rendita vitalizia, si fosse "riservata" ogni azione a tutela dei propri diritti, trattandosi di mera formula di stile, inidonea a contrastare l'efficacia di una effettiva costituzione in mora, finalizzata proprio a conseguire le prestazioni oggetto del legato. Il superiore più liquido rilievo preclude pertanto ogni restante questione. Le riconvenzionali, in larga parte subordinate, risultano assorbite. Risulta poi tardiva ed in ogni caso inammissibile ex art. 36 c.p.c. la domanda tesa al rimborso delle spese funerarie nei confronti degli eredi dichiarati in morte di (...) Infondata risulta la domanda ex art. 96 c.p.c. avanzata nei confronti della parte attrice, non ricorrendo i presupposti di cui alla richiamata norma, la quale - nel disciplinare come figura di danno extracontrattuale la responsabilità processuale aggravata per mala fede o colpa grave della parte soccombente in un giudizio di cognizione - non deroga al principio secondo il quale colui che intende ottenere il risarcimento dei danni deve dare la prova sia dell'an che del quantum, ed il giudice non può liquidare il danno, neppure equitativamente, se dagli atti non risultino elementi atti ad identificarne concretamente Resistenza (cfr., ex plurimiy, Cassazione civile, sez. III, 27.2.1980 n. 1384). Detta condanna, quale sanzione dell'inosservanza del dovere di lealtà e probità cui ciascuno è tenuto, non può derivare solo dal fatto della prospettazione di tesi giuridiche non condivise dal giudice, occorrendo che l'altra parte deduca e dimostri nell'indicato comportamento la ricorrenza del dolo o della colpa grave, nel senso della consapevolezza, o dell'ignoranza, derivante dal mancato uso di un minimo di diligenza, dell'infondatezza delle suddette tesi. L'accoglibilità di detta domanda è quindi condizionata alla dimostrazione di specifici presupposti, individuabili nel dolo o nella colpa grave di controparte, nonché nella dimostrazione dell'effettiva e concreta esistenza di un danno consequenziale al comportamento di quest'ultima. Nel caso di specie, invece, la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. è sfornita di ogni elemento probatorio a sostegno, sia per quanto attiene all'elemento soggettivo (dolo o colpa grave) che oggettivo (entità del danno sofferto) e quindi non può essere accolta. Non è stata infatti raggiunta la prova né dell'esistenza di un danno risarcibile conseguente all'instaurazione del giudizio, naturalmente ulteriore rispetto alle spese processuali sostenute. Vanno infine disattese le richieste, avanzate da parte attrice, di cancellazione delle frasi indicate come offensive e sconvenienti, poiché sebbene formulate in un'ottica di aspro confronto dialettico, esse non si contraddistinguono comunque per una primaria funzione offensiva dell'avversario, né ledono il rispetto dovuto al Giudice ed all'amministrazione della giustizia. Al riguardo deve dunque trovare applicazione il principio secondo cui la sussistenza dei presupposti per la cancellazione di espressioni sconvenienti ed offensive contenute negli scritti difensivi, va esclusa allorquando le espressioni in parola, come nella specie, non siano dettate da un passionale ed incomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell'ufficio), ma, conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento dell'avversario, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni (Cass. 26 luglio 2002, n. 11063; Cass. 20 gennaio 2004, n. 805), come nella specie. Le spese seguono la preminente soccombenza e si liquidano in dispositivo a carico della parte attrice ed intervenuta, portatori di identico interesse, comprensive di quelle occorse per la fase cautelare. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e/o difesa disattesa e/o assorbita: - respinge le domande principali e degli intervenuti; - dichiara inammissibile la domanda riconvenzionale residua proposta da (...) - condanna gli attori e gli intervenuti nella prosecuzione del giudizio a rimborsare alle parti convenute e chiamate (per (...) in favore dell'Erario) le spese di lite della fase di merito che si liquidano in Euro 2767.00 per compensi, oltre oneri fiscali e previdenziali nella misura legalmente dovuta e spese ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 nella misura del 15%; per (...) esborsi nella misura di Euro 518,00; in favore di quelle resistenti nella fase cautelare anche Euro 1250.00 per compensi oltre oneri fiscali e previdenziali nella misura legalmente dovuta e spese ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 nella misura del 15%; - condanna (...) al versamento della sanzione prevista dall'art. 8 del D.Lgs. n. 28 del 2010. Così deciso in Trapani il 26 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO di TRAPANI Sezione Civile Il Tribunale, nella persona della Dott.ssa Daniela Galazzi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2023/2020 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...), elettivamente domiciliata in Calatafimi Segesta, via (...) presso lo studio dell'Avv. Fr.Ma., che la rappresenta e difende giusta procura in atti; Opponente CONTRO C. s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in Trapani, Via (...) presso lo studio dell'avv. Gi.Sc., che lo rappresenta e difende giusta procura in atti; Opposta MOTIVI DELLA DECISIONE (...) ha proposto tempestiva opposizione avverso il decreto ingiuntivo 479/2020, con il quale il Tribunale di Trapani le ha ingiunto di pagare, in favore della (...) in liquidazione, la somma di Euro 110.000,00, oltre interessi e spese, in adempimento al contratto di appalto sottoscritto dalle parti in data 15.2.2008, relativo a lavori di urbanizzazione primaria del Piano di Lottizzazione Pioppo-Franco, giusta convenzione di lottizzazione stipulata con il Comune di (...) S. da eseguire su terreni di proprietà della signora (...) siti nel Comune di (...) S. nel N. C.T. Foglio (...) p.lle (...) destinati a zona industriale, Assumeva l'opponente la carenza di legittimazione attiva della società ingiungente, in quanto la società identificata con partita IVA (...) risulta cessata a far data dal 13.4.1990. Rilevava poi che la fattura azionata era stata emessa dalla (...) srl - P.IVA (...), ovvero da un soggetto diverso dal ricorrente, ovvero Impresa (...) srl in liquidazione avente P.IVA (...), e di non avere mai ricevuto alcuna comunicazione né dell'avanzamento dei lavori né di altra attività relativa al contratto di appalto azionato. Sosteneva infine che obbligati all'eventuale pagamento sarebbero pure i terzi che, nel corso del tempo, avevano acquistato molti lotti di proprietà dell'odierna opponente. L'opposizione è infondata e va rigettata. In via preliminare, deve rilevarsi che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel sistema delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione (cfr. ex multis Cass. n. 5186/2003). Ne consegue che il giudice dell'opposizione è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte ex adverso ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto emesso all'esito dello stesso (cfr. ex multis Cass. N. 7188/2003). Di conseguenza, il presente giudizio di opposizione, non essendo mera impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma costituendo un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all'accertamento dell'esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso ex artt. 633 cod. proc. civ. (cfr. Cass. N. 6421/2003) deve procedere alla verifica della fondatezza o meno della pretesa sostanziale azionata dall'ingiungente in sede monitoria, ed ove il credito risulti fondato, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l'ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l'insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura e che potrebbero valere soltanto ai fini di una diversa statuizione sulle spese della fase monitoria (Cass. N. 6663/2002). Va poi ricordato che, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisce per l'adempimento deve provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi poi ad allegare la circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre al debitore convenuto spetta la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. Eguale criterio di riparto dell'onere della prova è applicabile quando è sollevata eccezione di inadempimento ai sensi dell'art. 1460 cod. civ., risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, poiché il debitore eccipiente si limiterà ad allegare l'altrui inadempimento, ed il creditore dovrà dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell'obbligazione. Del pari, quando sia dedotto l'inesatto adempimento dell'obbligazione al creditore istante spetta la mera allegazione dell'inesattezza dell'adempimento, gravando ancora una volta sul debitore la prova dell'esatto adempimento, quale fatto estintivo della propria obbligazione. (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 20/01/2015, n. 826). Tanto premesso, non coglie nel segno l'eccezione di carenza di legittimazione attiva spiegato dall'opponente. E' invero evidente che nel contratto di appalto (...) ha indicato partita IVA e CF con lo stesso numero, quando, in verità, il codice fiscale è (...) e la partita IVA è (...). Inoltre, risulta dagli atti che l'impresa venne iscritta nel registro delle imprese di M.- M. - B. - L. il 12/02/1996, che cessò la sua attività in data 13/04/1990, causa trasferimento nella provincia di Trapani, (come espressamente richiamato pure nella visura depositata dall'opponente) con cancellazione dalla posizione (...) della provincia di Milano; in seguito al trasferimento della sede legale ad A., l'impresa venne iscritta il 15.10.1990 con (...) n. Tp 89903 e sempre con codice fiscale (...) e partita iva (...) (cfr. Cass. 16775/2020: "l'effetto estintivo della cancellazione del registro delle imprese si ha solamente a seguito di una procedura di liquidazione e comunque della cessazione dell'attività d'impresa: non rientra dunque in tale ambito il caso in cui detta cancellazione venga effettuata per il trasferimento della sede sociale. In tale ipotesi la società rimane titolare delle obbligazioni tributarie e mantiene anche la capacità processuale"). In ultima analisi, non vi sono dubbi che la società che ha agito in monitorio sia la stessa che ha concluso il contratto di appalto con esso azionato, né risulta che la stessa sia estinta. A nulla rileva che (...) abbia ceduto un ramo di azienda da (...) ad altra società, posto che non si fa questione di pagamento effettuati ad eventuale cessionario. Infine, deve rilevarsi che parte opposta non ha contestato l'effettuazione dei lavori, limitandosi a sostenere genericamente di non avere ricevuto SAL né informazioni sul loro svolgimento; soltanto con la prima memoria, ha contestato genericamente il computo metrico ed i prezzi applicati. Orbene, la circostanza che l'opponente non abbia tempestivamente avanzato alcuna osservazione rispetto ai lavori indicati nella fattura posta a fondamento del decreto ingiuntivo opposto, e che, anche in fase di prima memoria ex art. 183 IV co c.p.c., abbia formulato generiche contestazioni, non rende ammissibile la richiesta di consulenza tecnica, in quanto la stessa sarebbe esplorativa. In ultima analisi, l'opposizione è infondata. Al rigetto dell'opposizione segue la condanna dell'opponente in favore dell'opposta al pagamento delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi Euro 5.621,00 (applicati i parametri medi, senza la fase istruttoria che non vi è stata, con riduzione del 30% in assenza di questioni di fatto e di diritto), oltre accessori di legge. DISPOSITIVO P.Q.M. Il Tribunale di Trapani, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede: rigetta l'opposizione e, per l'effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 479/2020; condanna parte opponente al pagamento delle spese di giudizio in favore di parte opposta, liquidate in complessivi Euro 5.621,00, oltre iva, cpa e spese generali come per legge. Così deciso in Trapani il 10 maggio 2022. Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice (...) all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura di dispositivo e contestuale motivazione (art. 281 sexies c.p.c.) la seguente SENTENZA nella eausa iscritta al n. del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, e (...), rappresentati e difesi dall'avv. (...) per procura a margine dell'atto di citazione. OPPONENTI E (...) - (...)., in persona del procuratore speciale, nella qualità di mandataria con rappresentanza del (...) rappresentata e difesa dall'avv. (...) per procura in atti OPPOSTA MOTIVI DELLA DECISIONE La controversia ha ad oggetto l'opposizione al decreto ingiuntivo n. (...) emesso dal Tribunale di Trapani in data in accoglimento del ricorso proposto da (...) "(...)" di (...) - per l'importo di Euro 28.843,85 oltre interessi di mora al TASSO DEL 10.25% a far data dal 6.9.2017 oltre accessori e spese, pari all'ammontare del saldo debitorio del rapporto di conto corrente di corrispondenza n. (...), acceso in data 16.2.2009 a nome della societa (...) presso l'Agenzia di Trapani del detto istituto di credito estinto e passato a sofferenza il 30.6.2017. con aperture di credito meglio indicate in atti garantite da fideiussione fino ad Euro 15.000,00 da pane del legale rappresentante della società, (...) Gli opponenti hanno chiesto, con vittoria delle spese di lite, la revoca del decreto ingiuntivo stante la insussistenza del credito ingiunto; hanno lamentato, in particolare, l'avvenuta posticipazione delle valute, l'applicazione dell'anatocismo - in tesi illegittimo perché non fondato su valide clausole contrattuali - oltre che di spese, valute, e commissioni non concordate, nonché l'applicazione di interessi oltre soglia. Hanno, dunque, chiesto la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con ricalcolo del saldo del conto previa declaratoria di nullità del contratto e delle sue clausole. (...), n. q. di mandataria con rappresentanza del (...) - cessionari del credito giusta ano di cessione di crediti in blocco pro soluto del 02.12.2017 a rogito del notaio dott. (...) di (...) Rep. (...) Racc. (...)) con comparsa di costituzione del 6.6.2018 ha dedotto, invece, la validità delle clausole contrattuali contestate e comunque la legittimità dell'operato dell'istituto di credito per le ragioni meglio spiegate nella propria comparsa. Ha chiesto, pertanto, il rigetto delle domande attorce e la conferma del decreto ingiuntivo con vittoria delle spese di lite. Negata la provvisoria esecuzione del decreto e avviate le parti in mediazione; la causa, istruita mediante produzione documentale e ctu contabile (cfr. ordinanza del 22.1.2019) le cui conclusioni supportate dai necessari rilievi di competenza specifica questo giudice ritiene di condividere (cfr. relazione dott.ssa (...) depositata in data 22.1.2021) - è pervenuta all'odierna udienza di discussione, tenuta nelle forme della trattazione scritta, previa concessione di termine per il deposito di note conclusive. 2. Merito della lite Occorre in primo luogo ricordare che con il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si instaura un ordinario giudizio a cognizione piena nel quale le parti, pur risultando processualmente invertite, conservano la loro posizione sostanziale, ovvero il creditore opposto quella di attore in senso sostanziale ed il debitore opponente quella di convenuto di fatto, donde il permanere dei rispettivi oneri probatori ex art. 2697 c.c. non diversamente da quanto accade nell'ordinario giudizio di cognizione (cfr. Cass. 77/1969): in altri termini, chi agisce in giudizio ha l'onere di provare i fatti costitutivi del diritto vantato e, quindi, deve dimostrare l'esistenza del contratto da cui deriva l'obbligazione dedotta in giudizio e l'adempimento della propria obbligazione, gravando sul debitore l'onere di fornire la prova di avere adempiuto correttamente la propria obbligazione oppure di dimostrare la non imputabilità dell'inadempimento (cfr. Cass. S.U. 13533/2001). Applicando tale principio al caso di specie, va rilevato come l'esistenza dei rapporti bancari posti a fondamento della domanda monitoria risulta documentatamente provata alla luce della produzione da parte della Banca opposta dei contratti stipulati dalle parti (cfr. lettera di apertura di conto corrente n. (...) apertura di credito n. (...) del 27.11.2009 fino alla concorrenza di Euro 10.000.00; contratto di aumento di apertura di credito del 23.02.2012 fino alla concorrenza di Euro 25.000.00) nonché degli estratti conto completi, dal 18.02.2009 al 30.06.2017. lettera di fideiussione e attestazione ex art. 50 TUB. a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo e della comparsa di risposta. Tanto premesso, il Tribunale rileva e osserva quanto segue. Orbene, infondate sono le deduzioni inerenti alla capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito (o anatocismo, cioè quell'operazione di "conversione degli interessi in debito di capitale allo scopo di provocare la decorrenza di nuovi interessi sulla somma per tale titolo dovuta"). Sul punto deve ricordarsi che l'art. 120 TU Bancario, nel testo applicabile al caso di specie, ha attribuito al CICR il potere di stabilire le modalità ed i criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria. Con l'emanazione della relativa deliberazione (in data 9.2.2000, pubblicala nella G.U. 22 febbraio 2000), deve da quella data ritenersi la legittimità della capitalizzazione degli interessi pattuita mediante apposite clausole contenute nei contratti bancari. Quindi, la disciplina introdotta dal CICR vale per: - i contratti bancari stipulati dopo la data di entrata in vigore della Del.CICR 9 febbraio 2000; - contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della delibera, ma con l'adeguamento con effetto dal 1 luglio 2000: l'art. 7 della delibera CICR stabilisce che le condizioni pattuite devono essere adeguate alle disposizioni contenute nella delibera entro il 30/6/2000. Nella fattispecie, dall'esame del contrano stipulato inter partes emerge ictu aculi il rispetto, nel periodo di interesse, della pari periodicità tra interessi debitori e creditori per la capitalizzazione (trimestrale), sicché il motivo di opposizione deve ritenersi infondato. Per quanto attiene alle spese di tenuta di conto e altre voci di spesa applicate dalla banca nonché la c.m.s., per come anche puntualmente evidenziato dal CTU. dall'analisi del contratto prodotto è emersa la loro precipua pattuizione e previsione. Nemmeno può ritenersi fondato il motivo di opposizione correlato alla illegittimità del computo delle valute. Ed infatti, il ctu. previa verifica della conformità dei criteri seguiti dalla banca per il calcolo delle valute sugli addebiti e accrediti alle previsioni negoziali, ha chiaramente e condivisibilmente affermato che "il conto corrente di corrispondenza è conforme alle norme sia con riferimento alla disponibilità delle somme versate, sia con riferimento ai bonifici in entrata e in uscita che con riferimento alle altre operazioni bancarie; pertanto, le valute applicate non violano alcun principio". 2.2. Vanno, poi, esaminali i motivi di opposizione relativi alla fondatezza della pretesa creditoria formulata nei confronti degli opponenti. Quanto alle doglianze in materia di CMS, occorre ricordare che la clausola che la prevede deve esser determinata o determinabile, prevedendo base di calcolo, periodicità e aliquota (cfr. Cass. 870 del 18.1.2006. ove la commissione di massimo scoperto viene indicata come "la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma"). Nel caso in esame, l'istituto di credito pur determinando l'aliquota non ha specificato né il metodo di calcolo né il valore sul quale la stessa debba essere applicata, sicché la relativa pattuizione può e deve ritenersi affetta da evidente genericità cd indeterminatezza. Orbene, è necessario, a questo punto, analizzare la doglianza relativa all'applicazione al rapporto di conto corrente oggetto di causa di un tasso di interesse usurario. Tale motivo di opposizione è infondato. Per il calcolo del TEG contrattuale ai fini della verifica di un eventuale superamento dei limiti imposti dalla normativa antiusura del tasso interesse pattuito nei contratti, occorre applicare le istruzioni di B.I. tempo per tempo vigenti, considerate quali normativa secondaria di natura tecnica vincolante per il presente giudizio. E', infatti, coerente con la normativa bancaria vigente che la B.I. abbia emanato Istruzioni per la rilevazione del TEG. attesa l'ineludibile esigenza di raccogliere dagli intermediari dati tra loro coerenti cd omogenei in modo da poterli raffrontare e conglobale al line di determinare il valore medio. Le Istruzioni della B.I. rispondono, quindi, alla necessità logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare e hanno, altresì, natura di nonne tecniche previste ed autorizzate dalla disciplina regolamentare, necessarie per l'applicazione di tutta la normativa unti-usura. Ebbene, in applicazione di tali criteri, all'esito della CTU. è stato accertato che per il conto corrente (e relative aperture id credito) non sono stati pattuiti interessi in misura superiore al tasso soglia. E' bene evidenziare che, alla luce del più recente orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si esclude che il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo (senza oltrepassare il limite dell'usurarietà). in corso di esecuzione del rapporto possa determinarne ex artt. 1339 e 1418 cod. civ. la riconduzione entro il predetto tasso soglia stabilito dalla legge così come integrata dal d.m. periodicamente emanati al riguardo (cfr. Cass.. SU n. 24675 del 2017). In particolare, la Suprema Corte, prendendo spunto dalla questione relativa all'incidenza del sistema normativo antiusura, introdotto dalla L. 7 marzo 1996, n. 108 sui contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, anche alla luce della norma di interpretazione autentica di cui all'art. I. comma I. D.L. 29 dicembre 2000, n. 394. conv. dalla L. 28 febbraio 2001, n. 24. ha espresso un principio di respiro più ampio, chiarendo che, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell'usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996. non si verifica la nullità o l'inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all'entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell'esecuzione del contratto. Tuttavia, va precisato che, appurata la presenza di una clausola contrattuale legittimante l'esercizio dello ius variandi, può accertarsi l'esistenza di variazioni pattuite dei tassi praticati in misura oltre soglia. Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, atteso che, per le motivazioni sopra esposte, il calcolo ai fini dell'usura va condona sulla base del c.d. criterio del Teg, ovverosia sulla scoria delle indicazioni tempo per tempo offerte dalla B.I., e non già in base al diverso criterio del Taeg (rispetto al quale la consulente ha evidenziato il ricorrere dello sforamento del tasso soglia per alcuni periodi). In definitiva, l'opposizione va integralmente rigettata. Va a questo punto sottolineato come la stessa parte opposta ha espressamente rilevato l'erroneità del decreto ingiuntivo opposto nella parte in cui non limita la responsabilità solidale del fideiussore all'impone massimo garantito, pari ad Euro 15.000.00. con la conseguenza che il decreto ingiuntivo va revocato nella parte in cui condanna (...) al pagamento dell'intera somma e non già entro la misura dell'importo garantito. 3. Spese di lite Le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico della (...) e liquidate ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Alla luce della revoca del decreto ingiuntivo nei confronti di (...), con condanna di costui al pagamento di una somma pari a meno della metà della somma ingiunta con il decreto ingiuntivo, sussistono giusti motivi per compensare le spese tra l'opponente (...) (n.q. di fideiussore) e la banca opposta. Le spese di CTU, già liquidate con separato decreto, vanno definitivamente poste a carico di (...) e (...), in solido tra loro. P.Q.M. Come in epigrafe Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione e difesa, così provvede: 1) rigetta l'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. (...) reso dal Tribunale di Trapani in data (...) che conferma con riguardo alla posizione della (...). 2) revoca, per le ragioni di cui in parte motiva, il decreto ingiuntivo n. con riguardo alla posizione del fideiussore (...); (...) condanna (...) a pagare a parte opposta, in solido con la (...) 4) condanna (...) al pagamento delle spese di lite che liquida, a sensi del D.M. n. 55 del 2014. in Euro 3.655.00 per compensi, oltre IVA. CPA e spese generali come per legge; 5) compensa le spese di lite tra (...) e (...).; 6) pone le spese di CTU, già liquidate con separato decreto, definitivamente a carico di (...) e (...), in solido tra loro. Così deciso in Trapani il 12 aprile 2022. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Giudice, nella persona della Dott.ssa Daniela Galazzi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 733/2019 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...) S.R.L. IN AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA nella persona degli Amministratori p.t. Avv. Gr.Fi. e Avv. St.Ma., elettivamente domiciliata in Palermo, nella Via (...), presso lo studio dell'Avv. Fl.Bl. che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce all'atto di citazione; Opponente CONTRO CONDOMINIO (...), in persona dell'Amministratore p.t. Na.In., elettivamente domiciliato in Misilmeri (PA), in Cors (...), n. 498, presso lo studio dell'Avv. Be.Sp. che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce alla comparsa di risposta Opposto MOTIVI DELLA DECISIONE L'opposizione proposta dall'Amministrazione giudiziaria della s.r.l. (...) nei confronti del decreto ingiuntivo n. 66/2019 emesso da questo Tribunale in data 5/2/2019 è fondata e va accolta. Con il predetto decreto monitorio, il Condominio (...) ha chiesto all'opponente il pagamento delle quote accessorie ordinarie e del consumo di acqua per le annualità comprese tra il 2015 e il 2018, relative a due magazzini facenti parte del magazzino, di proprietà della società sottoposto a misura di prevenzione. L'opponente ha eccepito la mancanza di prova dell'importo richiesto, allegando l'omessa delibera di approvazione della ripartizione degli oneri condominiali di cui ai bilanci consuntivi approvati per gli anni 2015,2016,2017 e 2018, nonché la propria carenza di legittimazione passiva, avendo concesso in locazione l'immobile facente parte del Condominio ingiungente alla società (...) s.r.l. unipersonale, oggi denominata (...) S.r.l.. Ha infine concluso chiedendo al Tribunale di "nel merito, ed in accoglimento della spiegata opposizione, ritenere e dichiarare illegittimo ed inammissibile il D.I. n. 66/19 emesso in data 5 febbraio 2019 dal G.U. Dott.ssa (...), del Tribunale di Trapani, in mancanza delle prescrizioni di cui all'art. 63 disp. Att. C.C. e per tutti i motivi spiegati; e perciò stesso revocare il decreto ingiuntivo opposto dichiarandone la assoluta inefficacia; in via subordinata, ritenere e dichiarare che di nessuna somma risulta debitrice nei confronti del Condominio (...) la S.r.l. (...) in Amministrazione Giudiziaria, per i motivi tutti superiormente spiegati; qualora dovesse invece risultare corretta e dovuta la sorte ingiunta, trattandosi di quote ordinarie, ritenere e dichiarare la (...) r.l. (già (...) srl), in persona dell'Amministratore pro tempore, con sede in (...), via (...) n.6, al relativo pagamento e quindi, condannare la detta Società, in persona dell'Amministratore pro tempore, al pagamento in favore del Condominio (...) della sorte e delle spese del procedimento di cui al D.I. n. 66/19 emesso il 5 febbraio 2019 dal G.U. del Tribunale di Trapani. E perciò stesso revocare il decreto ingiuntivo opposto dichiarandone la assoluta inefficacia. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio". Costituitosi in giudizio, il Condominio ha contestato le domande attoree ed ha chiesto al Tribunale di "nel merito, ritenere e dichiarare fondato il credito di Euro 14.077,31 vantato dal "Condominio (...)" nei confronti della società "(...) S.r.l. in Amministrazione Giudiziaria" e, conseguentemente, confermare il decreto ingiuntivo n. 66/2019 emesso in data 05 febbraio 2019 e notificato in data 11 febbraio 2019; - Con vittoria di spese e onorari del procedimento monitorio e del presente". In via preliminare, deve rilevarsi che il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel sistema delineato dal codice di procedura civile, si atteggia come un procedimento il cui oggetto non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione (cfr. ex multis Cass. n. 5186/2003). Ne consegue che il giudice dell'opposizione è investito del potere - dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni proposte ex adverso ancorché il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite dalla legge per il procedimento monitorio e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto emesso all'esito dello stesso (cfr. ex multis Cass. N. 7188/2003). Di conseguenza, il presente giudizio di opposizione, non essendo mera impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidità, ma costituendo un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all'accertamento dell'esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso ex artt. 633 cod. proc. civ. (cfr. Cass. N. 6421/2003) deve procedere alla verifica della fondatezza o meno della pretesa sostanziale azionata dall'ingiungente in sede monitoria, ed ove il credito risulti fondato, deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l'ingiunzione fu emessa, rimanendo irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l'insussistenza del diritto fatto valere con tale procedura e che potrebbero valere soltanto ai fini di una diversa statuizione sulle spese della fase monitoria (Cass. N. 6663/2002). Sempre in via preliminare, deve poi rigettarsi l'eccezione dell'opponente di improcedibilità della domanda per l'irregolarità del procedimento di mediazione obbligatorio introdotto, sul presupposto che l'amministratore del condominio, Natale Ingrassia, non abbia mai ricevuto specifica autorizzazione dell'assemblea a parteciparvi. Ed infatti, pur essendo pacifico che, nella procedura di mediazione obbligatoria, l'amministratore del condominio può partecipare solo "previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136 c.c., comma 2" - delibera che nel caso di specie manca -, deve però rilevarsi che parte opponente ha eccepito l'improcedibilità soltanto in sede di comparsa conclusionale, non avendo spiegato nessuna contestazione sulla legittimazione dell'amministratore né in sede di mediazione - che si è svolta per due incontri attesa la richiesta di rinvio al primo incontro formulata proprio dal difensore dell'opponente - né tantomeno nel corso del giudizio, se non, appunto in sede di comparsa conclusionale. Ne consegue che l'eccezione è da reputarsi tardiva e va rigettata. E' inoltre infondata l'eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dall'Amministrazione Giudiziaria opponente. Sul punto, deve rammentarsi che, ai sensi dell'art. 9 della L. 392/1978, espressamente richiamato dall'art. 41 della stessa legge per la locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo, gli oneri accessori, tra i quali anche le spese relative alla fornitura dell'acqua, sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario; pur tuttavia, in caso di concessione in locazione di unità immobiliare inserita in condominio, poiché il citato art. 9 è norma relativa ai soli rapporti tra locatore e conduttore, nell'ipotesi in cui il conduttore non adempia la propria prestazione, obbligato nei confronti del condominio sarà il proprietario dell'immobile (ossia il condomino), salva ovviamente la rivalsa sul conduttore. Ne consegue che correttamente il condominio ha formulato la domanda di adempimento nei confronti del proprietario dei locali (cfr. Cass. che ha stabilito che "tenuti a contribuire alle spese comuni, anche dopo l'entrata della legge sul cd. Equo canone, sono esclusivamente i proprietari delle varie porzioni di piano di un edificio, pur se locate, salvo il diritto ad esserne rimborsati (in parte) dai conduttori. Tra questi ultimi e il condominio, pertanto, non si instaura alcun rapporto, che legittimi l'esercizio di azioni dirette verso gli uni da parte dell'altro"). L'opposizione è, però, parzialmente fondata. Deve invero premettersi che, secondo l'art. 1137 c.c., le delibere condominiali sono efficaci e obbligatorie per tutti i condomini fintanto che non vengano impugnate e annullate dall'autorità giudiziaria (salvo sospensione disposta dal Giudice), con la conseguenza che il singolo condomino che non impugni la delibera condominiale entro il termine di 30 giorni dalla deliberazione o comunicazione è vincolato alle decisioni nella stessa adottate: la mancata impugnazione determina l'inammissibilità di qualsiasi successiva contestazione su quanto approvato. Inoltre, secondo la più recente giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. sez. VI, 12.10.2021 n. 27849) "Il bilancio consuntivo che riporti nei conti individuali del singolo condomino tutte le somme dovute al Condominio, comprese le morosità relative ad annualità precedenti, dopo la rituale approvazione da parte dell'assemblea, qualora non venga impugnato ex art. 1137 c.c., costituisce un titolo idoneo al fine di ottenere il decreto ingiuntivo per l'intero importo posto a carico del predetto condomino. Infatti, la delibera condominiale di approvazione del bilancio costituisce titolo sufficiente del credito vantato dal Condominio e legittima, non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme dovute". Orbene, nel caso di specie, con il verbale del 25.3.2017, sono stati approvati il bilancio consuntivo al 2015 ed il bilancio consuntivo al 2016, mentre non è stato approvato il bilancio consuntivo al 2017: ne consegue che l'opponente è tenuta versare i soli importi approvati, pari a complessivi Euro 9.573,65. In ultima analisi, l'opposizione va accolta ed il decreto ingiuntivo revocato, ma l'opponente va condannata a pagare al Condominio (...) il minor importo di Euro 9.573,65, oltre agli interessi legali dalla data di messa in mora al soddisfo. La parziale reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Trapani, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede: in accoglimento dell'opposizione, revoca il decreto ingiuntivo n. 66/2019 reso dal Tribunale di Trapani in data 5.2.2019; condanna (...) S.R.L. in Amministrazione Giudiziaria al pagamento, in favore del Condominio (...), del complessivo importo di Euro 9.573,65, oltre agli interessi legali dalla data di messa in mora al soddisfo; compensa integralmente le spese del giudizio. Così deciso in Trapani il 19 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 21 marzo 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TRAPANI SEZIONE CIVILE in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Federica Emanuela Lipari, ha pronunciato la seguente SENTENZA (ex art. 429 c.p.c.) nella causa iscritta al n. 734 /2018 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...) - (...) - (...), (...), (...), N.Q. DI EREDI DI (...), elettivamente domiciliati in Alcamo nella via (...) presso lo studio dell'avv. AM.SA. che li rappresenta e difende giusta procura in calce all'atto di citazione RICORRENTI E (...) SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, (...), elettivamente domiciliata in Palermo nella via (...) presso lo studio dell'avv. SC.LU. che la rappresenta e difende giusta procura in calce comparsa di costituzione e risposta RESISTENTE MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Fatti controversi Con atto di citazione ritualmente notificato, (...), (...) e (...) - premesso di esser proprietari, rispettivamente, degli immobili siti in (...) nella Via (...), 117/A e nella Via (...) n. 60 (in proprietà esclusiva di (...)) in (...), nella Via (...) n. 109 (in comproprietà tra (...) e (...)), in (...) nella Via (...) n. 30 (in comproprietà tra il (...) e (...)) - convenivano in giudizio (...) soc. coop. soc. esponendo che: - in data 24.11.2016 le parti avevano stipulato un contratto denominato "proposta di affitto immobiliare", con il quale (...) soc. coop. soc. prometteva e si obbligava a condurre in locazione - mediante la successiva stipula di contratto di locazione transitorio - n. 4 immobili di proprietà degli odierni attori, esattamente individuati nella suddetta proposta, per un canone pari ad Euro 120.000,00 annui, inserendo quali condizioni la partecipazione di (...) ad un bando indetto dal Comune di Alcamo relativo al progetto SPRAR 2017/2019 nonché l'aggiudicazione da parte della stessa della gara; - entrambe le condizioni si avveravano atteso che la domanda di partecipazione al bando veniva presentata in data 25.11.2016 e che con determina dirigenziale n. 00773 del 24.4.2017 era stata formalizzata l'avvenuta aggiudicazione del progetto SPRAR in favore della convenuta (notizia questa, secondo la tesi attorea, mai formalmente comunicata ai promittenti locatori da parte della società convenuta); - nonostante i numerosi solleciti, nel silenzio frattanto perpetrato dalla convenuta, veniva inviata, in data 13.12.2017, veniva inviata da parte dei promittenti locatori formale diffida ad adempiere al contratto entro e non oltre 15 giorni (seguita poi da ulteriore diffida inviata in data 8.2.2018), cui però non faceva seguito la stipula del contratto definitivo di locazione stante l'assenza di alcun riscontro da parte della società (...); - tale condotta della promissaria conduttrice integra gli estremi di un grave inadempimento contrattuale imputabile a fatto e colpa della stessa, tale da giustificare la risoluzione del contratto; - la condotta inadempitiva è stata, altresì, fonte di gravi danni patrimoniali - correlati, in particolare, all'indisponibilità degli immobili da parte dei proprietari per un rilevante periodo di tempo nonché al mancato guadagno, ovverosia alla mancata riscossione dei canoni per tutta la durata del contratto di locazione - e non patrimoniali, questi ultimi connessi al disagio creato ai coniugi (...) per aver dovuto traslocare in altro immobile nonché alla frustrazione delle aspettative circa la conclusione dell'affare. Tanto premesso in fatto, parte attrice chiedeva al Tribunale di "Ritenere e dichiarare che la (...) Società Cooperativa Sociale, è gravemente inadempiente del contratto preliminare di locazione stipulato con i sigg.ri (...) e (...) per tutti i motivi esposti in fatto e in diritto. Conseguentemente, ritenere e dichiarare la risoluzione ipso iure del contratto suddetto ex art. 1454 c.c. in virtù della diffida del 8 febbraio 2018, ovvero, in subordine, statuirne giudizialmente la risoluzione. Per l'effetto, condannare la (...) Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, causati agli odierni attori, quantificabili complessivamente in Euro. 370.000,00, o nella maggiore o minore somma che vorrà ritenere più equa. In subordine, condannare controparte al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata disponibilità degli immobili per il periodo intercorrente tra la stipula e la risoluzione del contratto preliminare per un importo pari ad Euro. 145.000,00 ovvero nella maggiore o minore somma che si riterrà di giustizia. Con vittoria di spese, competenze ed onorari". Con comparsa di costituzione e risposta del 5.7.2018 si costituiva in giudizio (...) soc. coop. sociale, la quale contestava in fatto ed in diritto quanto affermato dalla controparte, sottolineando che dopo la stipula del preliminare fosse sopravvenuta disciplina che contemplava nuove, più rigorose e complesse procedure di verifica delle strutture da destinare alle finalità di cui al progetto SPRAR (trasfuse nella nota protocollare n. 3259 del 20 marzo 2017) che avevano determinato la necessità dell'espletamento di attività volte all'adeguamento degli immobili per cui è causa (non idonei, in tesi, all'uso che la promittente conduttrice intendeva farne, anche a causa della mancanza della Segnalazione Certificata di Agibilità), circostanze note alla controparte anche in ragione del fatto che professionista incaricato da (...) fosse proprio il figlio di (...), ovvero (...) (adducendo altresì una situazione di tolleranza da parte di controparte in ordine al ritardo nell'adempimento). Concludeva, dunque, chiedendo al Tribunale di: "Rigettare le domande spiegate in atto di citazione dagli attori, perché infondate o comunque non meritevoli di accoglimento, per le ragioni esposte in comparsa di risposta; In via subordinata, dichiarare risolto il contratto preliminare di locazione a causa dell'assenza della Segnalazione Certificata di Agibilità; In via ulteriormente subordinata, in caso di accoglimento delle domande attoree, quantificare il danno anche in ossequio all'art. 1227 c.c.", il tutto col favore delle spese di lite. Mutato il rito e avviate le parti in mediazione; costituiti gli eredi di (...), deceduta in data 16.4.2019; la causa, assunte le prove orali ammesse con ordinanza del 9.1.2020, perveniva all'odierna udienza di discussione e decisione, previa concessione di termine per il deposito di note conclusive. 2. Merito della lite. 2.1. Preliminarmente occorre soffermarsi sulla natura giuridica del contratto inter partes stipulato in data 24.11.2016, da entrambe le parti qualificato quale preliminare di locazione. Ritiene il Tribunale che tale qualificazione giuridica dell'operazione economica realizzata dalle odierne parti in causa sia corretta ed effettivamente rispondente alla tipologia di negozio posto. Ed invero, dalla lettura del documento denominato "proposta di affitto immobiliare - destinata a divenire contratto in caso di accettazione del locatore" (cfr. all. 1 fascicolo parte ricorrente), contenente la proposta irrevocabile formulata dalla società resistente in data 24 novembre 2016, con l'intermediazione dell'agenzia immobiliare, ed accettata dai ricorrenti nella medesima data, si desume che le parti hanno stipulato un preliminare di locazione, obbligandosi alla stipula del definitivo entro il 31 dicembre 2016, salvo concordate proroghe. Ciò è chiaramente evincibile, al di là del nomen iuris della scrittura, dalle relative clausole, che permettono di ricostruire il contenuto e dunque l'oggetto del consenso: le parti si sono impegnate, rispettivamente con la sottoscrizione della proposta e della relativa accettazione, a concludere in relazione agli immobili siti in (...) (meglio descritti in seno al contratto) un contratto definitivo di locazione entro il 31 dicembre 2016 (salvo proroghe), con contestuale previsione degli elementi essenziali del futuro contratto di locazione, contratto che risulta pure, per volere dei paciscenti, sospensivamente condizionato dalla partecipazione della cooperativa (...) a.r.l. ad un bando del Comune di Alcamo relativo al progetto SPRAR 2017-19 e risolutivamente condizionato dalla successiva aggiudicazione del bando da parte della promissaria conduttrice. È contemplata nel contratto anche la previsione delle opere di "adeguamento" e di ordinaria e straordinaria manutenzione a carico della parte proponente per tutta la durata del contratto. Nell'atto si rinvengono, dunque, i caratteri tipici del preliminare, corredati, a monte, dallo scambio di proposta e accettazione tra le parti. Fatta tale necessaria premessa, si rileva come la parte promittente locatrice ha agito in giudizio al fine di accertare/dichiarare la risoluzione del detto preliminare a fronte dell'inadempimento della promissaria conduttrice, con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali cagionati ai ricorrenti. Orbene, la domanda di risoluzione del preliminare per grave inadempimento imputabile all'odierna resistente è fondata per i motivi di seguito espressi. In prima battuta, preme ricordare che, in tema di azioni di adempimento, risarcimento danni per inadempimento e risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.), grava sull'attore l'onere di provare il titolo legittimante la pretesa, oltre alla scadenza delle obbligazioni asseritamente inadempiute, gravando, invece, sul debitore l'onere di dimostrare gli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa attorea. (In questo senso, Cass. n. 15659/2011: " in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento"; conf. Cass. n. 3373.2010; Cass. n. 9351.2007; Cass. Sezioni Unite n. 13533.2001). Nel caso di specie, parte ricorrente, mediante la produzione del contratto preliminare di locazione intercorso tra le parti, con dimostrazione dell'avvenuto avveramento della condizioni cui era sospensivamente condizionato e del mancato verificarsi della condizione risolutiva (stante l'avvenuta aggiudicazione della gara da parte della resistente), ha compiutamente assolto l'onere anzidetto, allegando pure l'inadempimento della promittente conduttrice rispetto all'obbligo di stipula del contratto di locazione definitivo. Parte resistente, dall'altro lato, ha confermato l'avvenuto avveramento della condizione sospensiva pattuita e l'avvenuta aggiudicazione del bando pubblico, non contestando nemmeno la circostanza della mancata stipula del definitivo ma allegando la sopravvenienza (rispetto alla stipula del preliminare) di nuovi e più stringenti controlli e verifiche da parte degli organi amministrativi competenti in ordine all'idoneità degli immobili da locare rispetto alla destinazione degli stessi quali "strutture di accoglienza", e rispetto ai quali la stessa società cooperativa sociale (...), unitamente al tecnico di fiducia (...), figlio dell'(...) e (...), si è prontamente attivata per farvi fronte, intraprendendo, nello specifico, un lungo iter burocratico-amministrativo necessario a consentire il trasferimento dei soggetti ospitanti presso le nuove strutture; ha, dunque, allegato, nella sostanza, l'esistenza di un "ritardo" a sé non imputabile, nonché l'inidoneità degli immobili all'uso che la promissaria conduttrice intendeva farne, attesa anche l'assenza della Segnalazione Certificata di Agibilità in ordine a tutti gli immobili oggetto di contratto. Ebbene, tali assunti si profilano del tutto insufficienti a paralizzare la pretesa di parte ricorrente. Deve, infatti, ricordarsi l'orientamento giurisprudenziale, applicabile anche nel caso di preliminare di locazione in assenza di ragioni ostative, secondo cui, nei contratti di locazione ad uso non abitativo, grava sul conduttore - in ragione delle proprie qualità professionali di esercente attività imprenditoriale - l'onere di accertarsi della insussistenza di vizi e della sussistenza delle autorizzazioni necessarie. Ed invero, si afferma costantemente in giurisprudenza che "grava sul conduttore l'onere di assicurarsi che il locale oggetto della locazione sia idoneo allo svolgimento della specifica attività che si accinge ad esercitare. Salvo specifica pattuizione, il locatore non può essere ritenuto responsabile per il mancato rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative" (così Cass. n°1735 del 2011), e ancora che "nei contratti di locazione relativi a immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l'onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell'attività che egli intende esercitarvi, nonché il rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabili alla legittima utilizzazione del benelocato. Escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca a ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand'anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato (sono conformi, tra le tante: Cass. n. 8303.2008; Cass. n. 13395.2007; in particolare così Cass. n. 5836.2007: "la destinazione particolare dell'immobile locato, tale da richiedere che l'immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell'obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell'immobile in relazione all'uso convenuto soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento della idoneità dell'immobile da parte del conduttore"; conf. anche Cass. n. 20831.2006, Cass. n. 9019.2005, Cass. n. 4598.2000; Cass. n. 3154.1977). In altri termini, "il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d'uso di beni immobili non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto di locazione sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d'uso convenuta, mentre del mancato rilascio il locatore è responsabile nei confronti del conduttore quando la destinazione particolare dell'immobile in conformità alle richieste autorizzazioni, concessioni o licenze amministrative abbia costituito il contenuto dell'obbligo specifico dello stesso locatore di garantire il pacifico godimento dell'immobile in rapporto all'uso convenuto" (così Cass. n. 14772.2009). Applicando tali principi al caso in esame - essendo questi agevolmente trasponibili anche con riguardo alla fase della contrattazione preliminare - deve ritenersi che non possa gravare sulla parte promittente locatrice né il mancato ottenimento del nulla osta ministeriale al trasferimento in altra struttura dei migranti e richiedenti asilo già ospitati in altro complesso immobiliare facente capo a (...), né, a monte, la mancanza di taluni requisiti strutturali degli immobili prodromici all'atto di assenzo amministrativo, tanto più che in assenza di una precipua pattuizione in ordine alla assunzione di obbligo in tal senso in capo agli stessi promittenti locatori. Va, poi, sottolineato che della specifica destinazione degli immobili - sebbene sottointesa dalle parti, come evincibile dal tenore della condizione risolutiva - non è stata fatta puntuale menzione nel preliminare, né in ogni caso alcun riferimento è stato compiuto con riguardo al progetto del "cambio struttura" di (...), ossia del trasferimento dei migranti dal complesso immobiliare in cui si trovavano alle nuove strutture oggetto del contratto de quo, elemento questo del tutto estraneo al contenuto del regolamento contrattuale. Tale circostanza, peraltro, rende pure inoperante il ricorso al concetto di "presupposizione", occorrendo a tal fine, come la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire, che "dal contenuto del contratto si evinca l'esistenza di una situazione di fatto, non espressamente enunciata in sede di stipulazione, ma considerata quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venir meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti" (v. Cass. 20620/2016 e Cass. 20245/2009), laddove dal contratto preliminare per cui è causa non emerge il benché minimo elemento per ritenere che i contraenti avessero inteso condizionare il perfezionamento del contratto definitivo di locazione all'ottenimento del nulla osta ministeriale per il "cambio struttura" da parte della società (...). Né può opinarsi diversamente sol perché sono sopravvenute ulteriori indicazioni a tal fine promananti dal Ministero dell'Interno, con la nota n. 3254 del 20 marzo 2017, dal momento che trattasi di previsioni che mirano soltanto a specificare e dettagliare le condizioni già sommariamente contemplate in seno alle Linee Guida per i progetti SPRAR approvate con D.M. del 10 agosto 2016, e rispetto alle quali era, è bene ribadire, comunque onere della società resistente accertarne la effettiva sussistenza in capo agli immobili da locare, escludendosi ex contractu l'assunzione di qualsivoglia obbligazione in tal senso da parte dell'(...) e dei (...). Priva di fondatezza è, inoltre, l'eccezione della resistente correlata alla mancanza della Segnalazione Certificata di agibilità degli immobili in questione, anche in ragione del fatto che parte ricorrente ha fornito la prova che tutti gli immobili da locare fossero dotati della suddetta certificazione di agibilità (cfr. all. 3 memoria integrativa di parte ricorrente). Del tutto irrilevante è, poi, la circostanza (pacifica tra le parti) che il tecnico cui la società cooperativa si è avvalsa nel corso dell'iter di adeguamento degli immobili fosse il figlio dei promittenti locatori, ossia l'arch. (...) (oggi parte, n.q. di erede di (...)), come pure documentalmente dimostrato dalla resistente attraverso il deposito del carteggio tra costui ed il rappresentante legale della società coop. sociale (...). Si tratta, infatti, di opera professionale svolta da un soggetto che, sebbene legato da rapporti di parentela con i promissari locatori, non era parte del contratto preliminare, talché quanto da costui compiuto deve ritenersi funzionalmente e strettamente collegato all'adempimento del mandato professionale conferito dalla (...), e realizzato, dunque, nell'interesse esclusivo di quest'ultima, non essendo in alcun modo manifestazione di un coinvolgimento diretto della parte promittente locatrice rispetto alle procedure di natura amministrativa intraprese dalla società odierna resistente. Pertanto, nel caso di specie, a fronte di un adempimento certamente possibile, sia in termini fattuali che giuridici - in quanto nulla ostava alla manifestazione del consenso alla stipula del contratto definitivo di locazione, a prescindere o meno dal perfezionamento dell'iter burocratico intrapreso dalla promissaria conduttrice - la mancata stipula del definitivo deve imputarsi a fatto e colpa esclusivi della odierna resistente. Non è, infatti, intervenuto alcun evento straordinario ed imprevedibile tale da scompaginare il progetto imprenditoriale del (...), il quale, invero, avrebbe potuto valutare in maniera più attenta e ponderata la effettiva conformità degli immobili alla destinazione prefissata, già sulla scorta delle indicazioni evincibili dalle emanate Linee Guida ministeriali, dovendo quindi ascriversi a negligenza del promissario conduttore l'avere trascurato di valutare la possibile incidenza sui suoi programmi delle formalità necessarie alla completa realizzazione delle condizioni necessarie per accedere ai finanziamenti e ai benefici connessi al progetto SPRAR di cui era aggiudicatario, rispetto alle quali comunque conservava pieno e assoluto dominio gravando solo in capo allo stesso aggiudicatario l'onere di provvedere al deposito della documentazione e certificazioni richieste dal Ministero dell'Interno. Non si è, dunque, verificata alcuna impossibilità sopravvenuta della prestazione a carico della odierna resistente, ex art. 1463 c.c., posto che l'impossibilità della prestazione, come è noto, ai fini dell'esonero da responsabilità del debitore, si concretizza non in una mera difficoltà, bensì in un impedimento oggettivo ed assoluto (cfr., in materia di obbligazioni pecuniarie, Cass. 25777/2013). Si tratta, peraltro, di un inadempimento connotato dal requisito della gravità ex art. 1455 c.c.. Ora, vero è che nel contratto preliminare inter partes stipulato il termine indicato per la stipula del definitivo (31.12.2016) non è certamente inquadrabile quale termine essenziale (né tantomeno lo è quello del 15.12.2016 espressamente pattuito solo quale termine di irrevocabilità della proposta), e che dopo lo spirare dello stesso gli odierni ricorrenti hanno posto in essere, almeno fino ad una certa data, una condotta certamente tollerante; allo stesso tempo, mediante la produzione in giudizio delle lettere di invito e di diffida alla stipula del contratto di locazione inviate alla controparte (cfr. all. 2 - 6 atto di citazione), i ricorrenti hanno dimostrato inequivocabilmente di aver manifestato alla controparte la loro volontà di dar corso al programma contrattuale contenuto nel preliminare, manifestando anche la perdita di un interesse all'adempimento dopo il termine fissato in seno alla lettera di diffida. Rispetto alle suddette raccomandate parte resistente nulla ha dedotto, nemmeno dimostrando di aver riscontrato le stesse chiedendo a controparte un ulteriore termine per la stipula a fronte delle asserite difficoltà burocratiche riscontrate. Risulta, dunque, gravemente frustrato l'interesse concreto della parte promittente locatrice rispetto alla compiuta realizzazione dell'operazione economica programmata e la slealtà della condotta tenuta dalla controparte, circostanza questa pure evincibile dalle dichiarazioni rese dal teste (...), socio dell'(...) s.a.s., il quale ha dato conto, anzitutto, della mancata diretta comunicazione dell'avvenuta aggiudicazione del bando da parte del legale rappresentante della società (...) ("si è vero il sig. (...) è venuto da me in ufficio con questo foglio, era una copia di un bando dove si evinceva l'aggiudicazione del-la gara alla (...) Coop"), nonché dei rinvii degli incontri fissati per la stipula del definitivo per cola del (...) ("abbiamo provato più volte a contattare telefonicamente il sig. (...), ma o non rispondeva o rinviava gli appuntamenti", "le riunioni venivano fissate per la stipula del contratto ma venivano sempre rinviate perché si aspettava l'esito della gara o per altri impegni"). Orbene, in ragione dell'accertato grave inadempimento dell'obbligo di procedere alla stipula del contratto di locazione definitivo da parte dell'odierna resistente, vista la formale diffida ad adempiere inviata dai promittenti locatori in data 13.1.2017, deve affermarsi l'avvenuta risoluzione ope legis del contratto preliminare per cui è causa ai sensi dell'art. 1454 c.c.. 2.2. Vanno, a questo punto analizzate le domande risarcitorie svolte dalla parte ricorrente afferenti i danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente scaturiti dalla condotta inadempiente della controparte. I coniugi (...) e (...) hanno dedotto, in primis, il danno da "indisponibilità" dei propri immobili per un rilevante lasso temporale, facendo un generico riferimento alla avvenuta rinunzia alla valutazione di ulteriori alternative di sfruttamento economico. Orbene, la domanda risarcitoria correlata al pregiudizio per la mancata disponibilità dei beni oggetto del preliminare di locazione non può trovare accoglimento posto che parte ricorrente non ha in alcun modo fornito la prova in ordine al pregiudizio di cui chiede il ristoro. Ed invero, sebbene, infatti, non manchino pronunce che ritengono integrato "in re ipsa" un danno di tal fatta, questo Tribunale, in linea anche con la più recente giurisprudenza formatasi con riguardo al danno da occupazione sine titulo, esclude in radice l'esistenza di una categoria di danni che non necessitano di esser provati da parte di chi ne invoca il ristoro. Come detto, va in questa sede condiviso quanto espresso da una recentissima pronunzia della Corte di legittimità, secondo cui "Nel caso di occupazione illegittima di un immobile il danno subito dal proprietario non può ritenersi sussistente "in re ipsa", atteso che tale concetto giunge ad identificare il danno con l'evento dannoso ed a configurare un vero e proprio danno punitivo, ponendosi così in contrasto sia con l'insegnamento delle Sezioni Unite della S.C. (sent. n. 26972 del 2008) secondo il quale quel che rileva ai fini risarcitori è il danno-conseguenza, che deve essere allegato e provato, sia con l'ulteriore e più recente intervento nomofilattico (sent. n. 16601 del 2017) che ha riconosciuto la compatibilità del danno punitivo con l'ordinamento solo nel caso di espressa sua previsione normativa, in applicazione dell'art. 23 Cost.; ne consegue che il danno da occupazione "sine titulo", in quanto particolarmente evidente, può essere agevolmente dimostrato sulla base di presunzioni semplici, ma un alleggerimento dell'onere probatorio di tale natura non può includere anche l'esonero dall'allegazione dei fatti che devono essere accertati, ossia l'intenzione concreta del proprietario di mettere l'immobile a frutto"(cfr. Cass.14268/2021). Non è, dunque, escluso il ricorso alla prova per presunzioni, giacché esse "costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell'esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l'attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell'eccezione", spettando, pertanto, "al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge" (così Cass. Sez. 3, sent. n. 15111 del 2013). Il danno, dunque, deve essere allegato e provato da chi ne invoca il ristoro, anche attraverso il ricorso alla prova presuntiva, volta a facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l'onere della prova contraria. Ora, nel caso di specie, i ricorrenti nel qualificare il danno di cui chiedono il ristoro quale danno in re ipsa omettono anche di allegare, prima ancora che di provare, i pregiudizi collegati alla mancata disponibilità dei beni per cui è causa, limitandosi a evidenziare la mancata disponibilità degli stessi per un rilevante periodo di tempo, sicché la relativa domanda risarcitoria non può trovare accoglimento. Parte ricorrente ha chiesto, altresì, il ristoro del danno correlato all'inadempimento della controparte avente ad oggetto tutti i vantaggi che avrebbero incrementato il patrimonio ove fosse stato dato corso alla stipula del definitivo di locazione, in particolare connessi alla riscossione dei canoni di locazione per tutta la durata del contratto (nel caso di specie, tre anni). Orbene, sul tema del ristoro dei danni patiti dal promittente locatore in caso di inadempimento del promittente conduttore alla stipula di un contratto definitivo di locazione è intervenuta di recente la Corte di Cassazione con ordinanza n. 20989 del 2020; la Corte di legittimità ha affermato che "Il contratto preliminare, avendo superato lo stadio precontrattuale, costituisce un accordo perfettamente compiuto, benché proteso alla stipulazione di un ulteriore contratto, quello definitivo, con la conseguenza che allo stesso preliminare non è applicabile l'art. 1337 c.c. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da critiche la sentenza che non aveva limitato al mero interesse negativo il danno risarcibile in favore del promittente locatore, ma aveva impiegato quale parametro di riferimento l'utilità perduta dal medesimo in seguito alla mancata conclusione del contratto definitivo, individuata nel canone di locazione che sarebbe stato corrisposto per un periodo di sei mesi, lasso di tempo considerato utile per il reperimento di un nuovo conduttore sul mercato). Sulla scorta di tale insegnamento, qui condiviso, va riconosciuto alla parte adempiente il ristoro del pregiudizio connesso alla mancata compiuta realizzazione del programma contrattuale contemplato nel preliminare, parametrato, appunto, non già al mero interesse negativo ma all'utilità perduta a fronte della mancata conclusione del contratto di locazione definitivo. Orbene, per la determinazione del quantum, deve farsi riferimento, in via equitativa, all'ammontare del canone di locazione, stabilito nella specie - con il contratto preliminare - nella misura annua di Euro 120.000,00. Tuttavia non può prendersi quale riferimento temporale l'intero triennio pattuito quale durata complessiva della locazione, ma, potendo valutarsi ragionevolmente in sei mesi il periodo di tempo entro il quale gli odierni ricorrenti, se si fossero immediatamente attivati rimettendo l'immobile sul mercato non appena ricevuta dalla società (...) la comunicazione del rifiuto di sottoscrivere il contratto definitivo, avrebbero potuto reperire un nuovo conduttore, il mancato utile (e quindi il danno relativo) direttamente derivato ai ricorrenti dalla mancata conclusione, imputabile ad inadempimento della promissaria conduttrice, del contratto definitivo, può essere equitativamente liquidato nella misura di Euro 60.000,00 (corrispondente, appunto, a sei mensilità del canone concordato). Non possono, invece, trovare accoglimento, in quanto prive di adeguato supporto probatorio le domande risarcitorie volte al ristoro degli asseriti danni di natura non patrimoniale patiti dai ricorrenti. In particolare, il danno connesso al disagio patito dai coniugi (...) a fronte del trasloco dalla propria abitazione, è rimasto una labiale asserzione, non essendo stata nemmeno dimostrata la effettiva correlazione tra l'inadempimento della controparte e l'asserito danno; allo stesso modo, prive di alcun riscontro probatorio, sono le doglianze connesse all'inutile affidamento sulla conclusione dell'affare, considerato anche il principio di buona fede ex art. 1374 c.c. impone di dare il dovuto rilievo alla circostanza che le parti stipularono un contratto preliminare, per cui evidentemente, non vi era da parte loro la volontà di impegnarsi subito in via definitiva, circostanza questa che non può non avere indebolito in qualche misura l'affidamento riposto da ciascuna di esse sulla stipulazione del contratto definitivo, con conseguente attenuazione delle reciproche aspettative risarcitorie. 3. Spese di lite. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione e difesa, così provvede: - dichiara che il contratto preliminare di locazione inter partes stipulato si è risolto di diritto a seguito della diffida ad adempiere formulata da parte ricorrente per grave inadempimento di (...) Società Cooperativa Sociale; - condanna (...) Società Cooperativa Sociale al pagamento in favore di (...), (...) e (...), (...) e (...) della somma di Euro 60.000,00, oltre interessi legali dal dì della sentenza sino al soddisfo; - condanna (...) Società Cooperativa Sociale a rifondere nei confronti di parte ricorrente le spese di lite che si liquidano, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, in complessivi euro in complessivi euro 9.785,00 per onorari di difesa oltre euro 545,00 per spese vive, Iva e cpa come per legge e rimborso spese generali al 15%; - rigetta ogni altra domanda. Così deciso in Trapani il 22 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 23 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Nella persona della dr.ssa Daniela Galazzi, in funzione di Giudice monocratico, ha pronunciato ad esito della discussione orale svolta dalle parti, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., sulle conclusioni precisate all'odierna udienza - la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. (...) del Ruolo Generale del (...) TRA (...) (Avv.to (...)) contro (...) S.p.A. (avv. (...)) convenuta MOTIVI DELLA DECISIONE (...) anche quale contestataria del buono fruttifero postale serie (...) Lire (...) emesso dall'Ufficio postale di (...) il g. 11 maggio 1989 del valore nominale di Lire (...), hanno convenuto in giudizio (...) S.p.A. allegando: - di avere il diritto di riscuotere a vista, presso l'ufficio di emissione, e con preavviso di 6 giorni in altri Uffici, la somma indicata a tergo del Buono; - che i tassi di interesse applicati al B.F.P. sono i seguenti (come indicato a tergo del B.F.P.): 8% fino al 5 anno; 9% dal 6 al 10 anno; 10,50% dall'11 al 15 anno; 12% dal 16 al 20 anno; più Lire 1.290.751, pari ad Euro 666,62, per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30 anno solare successivo a quello di emissione. Dal 1 gennaio del 31 anno solare successivo a quello di emissione, il buono non riscosso cessa di essere fruttifero; - che il valore del montante maturato, determinato previa conversione in Euro, a compimento del ventesimo anno è pari ad Euro così quantificato: Euro (...) quale valore del montante maturato, cui si aggiunge l'importo Euro (...), calcolato in base al rateo bimestrale (di Lire (...) pari ad Euro (...)) degli ulteriori interessi per i successivi dieci anni fino al trentesimo anno dalla sottoscrizione, oltre interessi moratori ulteriori maturati dalla domanda all'introduzione del giudizio. Gli attori, sostenendo la prevalenza delle condizioni contrattuali sottoscritte al momento dell'emissione del buono rispetto alle condizioni risultanti dal combinato disposto degli artt. 173 D.P.R. n. 156/1973 e 6 D M. n. 148/1986, la mancata indicazione espressa che i tassi e le condizioni indicate sul buono dovessero ritenersi modificate dal DM 148/1986, nonché la mancata comunicazione personale ai sottoscrittori dell'intervenuta variazione dei tassi di interesse, chiedevano al Tribunale di "accertare e dichiarare che il valore del Buono Fruttifero per cui è causa, serie Q/P n. (...) è di Euro (...) condannare (...), nella persona del legale rappresentante pro (...) della somma di Euro (...) per le causali di cui in premessa oltre agli interessi legali dalla data del dovuto fino all'introduzione del procedimento giudiziario, oltre ancora agli interessi di mora dalla data del giudizio fino al saldo, oltre, infine, ad Euro 100,00 per la perizia econometrica di parte sul Buono oggetto del presente giudizio ed Euro 48,00 quale diritti di segreteria corrisposti per il tentativo di mediazione: in ogni caso, condannare (...) S.p.A. alla refusione a favore di parte attrice delle, spese e degli onorari del presente procedimento". (...) S.p.A. nel costituirsi, contestava le avverse pretese invocando la prevalenza delle disposizioni normative (in particolare, l'art. 5 D.M. 13.6.1986) sulle indicazioni contenute nel buono fruttifero postale e l'inammissibilità della domanda di pagamento degli interessi di cui all'art. 1284 comma quarto c.c. per carenza dei requisiti del ritardo imputabile e della mancata pattuizione della misura del tasso di interesse tra le parti. Ha, quindi, concluso chiedendo al Tribunale di "nel merito: accertare e dichiarare, corretto il valore di rimborso dei buoni oggetto di causa, offerto da Poste Italiane, secondo i rendimenti previsti dal DAI 13 giugno 1986 istitutivo della serie "Q" cui appartengono i buoni oggetto di causa, secondo i tassi di interesse ivi specificati; Ritenere e dichiarare, inammissibili le domande di parte attrice, basate su calcoli errati, per aver erroneamente preso a riferimento rendimenti della precedente serie, ed altresì, per la erronea applicazione della normativa vigente in materia di applicazione della ritenuta fiscale; conseguentemente: per i motivi esposti nel presente atto e/o per qualsivoglia altro motivo ritenuto di giustizia, respingere ogni richiesta avanzata dagli attori, in quanto inammissibile e/o infondata in fatto e in diritto. In ogni caso, con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente giudizio". La domanda è fondata. Questo Tribunale è consapevole dell'attuale contrasto nel panorama giurisprudenziale in ordine alla valenza della mancata apposizione del timbro riportante ì tassi aggiornati dal D.M. 13.6.86 dal ventesimo anno in poi sui buoni fruttiferi postali della serie "Q", emessi utilizzando ì moduli prestampati relativi alla vecchia serie P, che prevedeva rendimenti pili alti (si vedano da ultimo le due sentenze che addivengono a soluzioni differenti Corte d'Appello di Milano Sez. I, 27/11/2020, n. 3117 e Corte d'Appello di Brescia sez. I, 17/11/2020, n. 1238, nonché l'ordinanza della Suprema Corte di Cassazione del 10.2.2022), ma ritiene di adeguarsi all'orientamento già espresso, tra l'altro, da questo Tribunale con la sentenza n. 476/19 del 30.4.2019 (in senso conforme Trib. Milano, 9.1.2020 n. 91). Deve rammentarsi, infatti, che l'esatta indicazione nei buoni fruttiferi postali dei dati considerati essenziali per una corretta informazione è finalizzata a garantire al sottoscrittore un'oggettiva valutazione dei profili di convenienza e di rischio connessi al suo investimento ed anche la disciplina normativa in materia di buoni fruttiferi postali è ispirata all'esigenza di tutela del risparmio diffuso. Da ciò discende l'impossibilità di considerare non vincolante quanto riportato sui buoni in ordine alla determinazione della prestazione dovuta dall'intermediario: le stesse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 13979/2009 hanno sul punto ritenuto che "la discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le indicazioni riportate sui buoni postali offerti in sottoscrizione ai richiedenti debba essere risolta dando prevalenza alle seconde". Più precisamente, se deve ritenersi ammissibile che le condizioni del contratto vengano modificate, anche in senso peggiorativo per il risparmiatore, mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo, è da escludere che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano invece essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto stesso della sottoscrizione del buono. Qualora il decreto ministeriale modificativo dei tassi sia antecedente alla data di emissione del buono fruttifero ed al sottoscrittore non dovessero essere applicate le condizioni riprodotte sul titolo, infatti, si finirebbe per ledere il legittimo affidamento ingenerato nel cliente sulla validità dei tassi di interesse riportati sul buono. Pertanto, qualora il tasso di interesse risulti ab origine in contrasto con le disposizioni vigenti al momento della sottoscrizione, deve ritenersi che "il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si formi sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti" (Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sent. del 15 giugno 2007, n. 13979). Orbene, il buono fruttifero postale in oggetto è stato emesso in data successiva all'entrata in vigore del D.M. n. 148/1986 che, all'art. 5, ha disposto l'ultima modifica dei tassi di interesse precedente all'emissione qui in rilievo secondo quanto previsto dall'art. 173 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Codice Postale) - che prevede e regola le variazioni dei tassi-, stabilendo altresì l'obbligo per gli uffici emittenti, pur quando fossero stati utilizzati moduli preesistenti, di indicare sul documento il differente regime cui essi erano soggetti. Nel caso in esame, non risulta apposta alcuna annotazione sul titolo relativa ai tassi applicati dal 21esimo al 30esimo anno, sicché il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore deve reputarsi tonnato sulla base degli elementi risultanti dal testo del buono postale, fatta salva, appunto, la possibilità di una etero - integrazione soltanto successiva per effetto di decreti ministeriali modificativi dei tassi di rendimento, ai sensi dell'art. 173 del Codice Postale. Proprio l'art. 173 cod. postale, infatti, opera un ragionevole bilanciamento tra tutela del risparmio ed esigenza di contenimento della spesa pubblica, nel pieno dei principi sanciti dagli artt. 3 e 47 Cost. (così Corte Cost., n. 26/2020). In tale ottica, diviene del tutto irrilevante la circostanza che nel corso della durata dell'investimento vengano ad alternarsi due criteri di determinazione degli interessi ira loro eterogenei, quello in regime di interessi composti della serie Q per i primi venti anni e quello in regime di capitalizzazione semplice della serie P per l'ultimo decennio, dando luogo ad una sorta di titolo "ibrido". Una simile alternanza, comunque fondata sulla regolazione negoziale riferibile al rapporto, non risulta, invero, impedita da norme di legge. In ultima analisi, nonostante la discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e le condizioni contrattualmente convenuta deve necessariamente darsi prevalenza a queste ultime posto che e stata la società convenuta a non aver diligentemente incorporato nel buono le esatte determinazioni ministeriali relative al rendimento del titolo, né si può attribuirsi valenza meramente informativa alle indicazioni presenti sul buono, dal momento che va garantita piena tutela al legittimo affidamento ingenerato nel sottoscrittore. In ultima analisi, la domanda attorea, volta ad ottenere, con riguardo al buono per cui è causa il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del buono, va accolta e (...) dovrà, pertanto, essere condannata al pagamento di Euro (...), oltre interessi legali dalla data della costituzione in mora al saldo. E', infatti, infondata la richiesta di interessi di mora ex D.Lgs. 232/2001, non vertendosi nell'alveo applicativo del corpo normativo in questione. In considerazione del perdurante contrasto giurisprudenziale, le spese di giudizio vanno compensate. P.Q.M. Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede: condanna (...) S.p.A. al pagamento in favore degli attori dell'importo pari ad Euro (...), oltre interessi legali dalla data della costituzione in mora al saldo. Così deciso in Trapani il 16 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 16 febbraio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Daniela Galazzi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. (...) promossa da: (...) rappresentata e difesa dall'avv. (...) e dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in (...) /, via degli (...) 1 giusta procura in calce all'atto di citazione Parte attrice Contro (...) parte convenuta e (...) rappresentato e difeso dall'avv. (...) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in (...) , via (...) n. (...) giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta intervenuto MOTIVI DELLA DECISIONE (...), quale datrice di fideiussione in favore di (...) per l'accensione del mutuo ipotecario stipulato in data 4.1.2008 rep. (...) e raccolta (...) per l'importo di Euro (...) , della dura di 240 mesi a tasso fisso e con ammortamento alla francese, conveniva in giudizio (...) - (...) eccependo che il tasso di interesse praticato fosse superiore a quello pattuito in conseguenza dell'utilizzo del metodo di ammortamento alla francese. Eccepiva inoltre che detto contratto di mutuo era stato acceso per estinguere un precedente mutuo ipotecario stipulato il 3.9.2004, rep. (...) e raccolta (...), anche nel quale l'attrice aveva rivestito la qualità di fideiussore: in questo precedente contratto di mutuo erano stati invece pattuiti interessi usurari in quanto superiori al tasso soglia, con conseguente nullità della clausola relativi agli interessi e gratuità del mutuo stesso. Deduceva quindi che il contratto di mutuo del 4.1.2008 era privo di causa, in quanto acceso per estinguere un debito inesistente. Inoltre, eccepiva la nullità della fideiussione prestata per indeterminatezza dell'importo garantito ed avendo la banca continuato a prestare denaro al mutuatario nonostante fosse a conoscenza delle sue scadenti condizioni economiche. Si costituiva (...) - (...) - (...) nella qualità di procuratrice con rappresentanza del (...) in forza del contratto di cessione dei crediti tra (...) (...) ed il predetto (...) , deducendo sussistere la propria legittimazione ad causam e la carenza di legittimazione passiva di (...) , posto che il rapporto oggetto del giudizio era stato ceduto in blocco pro soluto ex art. 58 TUB al (...). Nel merito, preliminarmente rilevava che il credito vantato nei confronti della (...) era pari ad Euro (...) (di cui Euro (...) per sorte capitale, Euro (...) per interessi convenzionali ed Euro (...) per interessi di mora) e contestava le avverse eccezioni; formulava quindi domanda riconvenzionale di pagamento nei confronti della (...). In via preliminare deve rilevarsi che risulta documentalmente provato il rapporto oggetto del giudizio è stato ceduto dalla (...) al (...), che si è autonomamente costituito in giudizio, sicché le domande della (...) vanno intese come rivolte nei confronti della cessionaria. Le domande dell'attrice sono poi infondate e vanno rigettate. In primo luogo, non coglie nel segno la contestazione circa l'utilizzo del metodo di ammortamento alla francese nel contratto di mutuo acceso nel 2008. Detto metodo di ammortamento è conforme al disposto dell'art. 1194 c.c. ed al disposto dell'art. 120 TUB e non viola il divieto di anatocismo posto dall'art. 1283 c.c., dovendosi condividere la conclusione, raggiunta da gran parte della giurisprudenza di merito, secondo la quale "in materia di mutui, il metodo di ammortamento alla francese comporta che gli interessi vengano calcolati unicamente sulla quota capitale via via decrescente e per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata. In altri termini, nel sistema progressivo ciascuna rata comporta la liquidazione ed il pagamento di tutti ed unicamente degli interessi dovuti per il periodo cui la rata stessa si riferisce. Tale importo viene quindi integralmente pagato con la rata, laddove la residua quota di essa va già ad estinguere il capitale. Ciò non comporta capitalizzazione degli interessi, atteso che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata o le rate precedenti, e unicamente per il periodo successivo al pagamento della rata immediatamente precedente. Il mutuatario, con il pagamento di ogni singola rata, azzera gli interessi maturati a suo carico fino a quel momento, coerentemente con il dettato dell'art. 1193 c.c., quindi inizia ad abbattere il capitale dovuto in misura pari alla differenza tra interessi maturati e importo della rata da lui stesso pattuito nel contratto" (cfr. Trib. Siena 17-07.14, Trib. Milano 05.05.14, Trib. Pescara 10.04.14). Passando all'esame delle ulteriori eccezioni della (...), deve in via preliminare rilevarsi che quest'ultima, in quanto parte attrice, era gravata dell'onere di depositare tutta la documentazione bancaria che comprovasse le sue allegazioni; detto onere non è stato assolto, tanto che il consulente nominato, nella sua relazione, ha più volte evidenziato la sua impossibilità a verificare se fossero meno stati applicati (e corrisposti) tassi moratori. Orbene, parte attrice ha sostenuto la gratuità del mutuo stipulato nel 2008 per indeterminatezza della clausola che ha previsto gli interessi debitori ultralegali ovvero per la sua usurarietà, inoltre, ha eccepito la carenza di causa del mutuo del 2008 in quanto acceso esclusivamente per ripianare, quantomeno in parte, il debito formatosi in relazione al precedente mutuo concluso nel 2004, debito in realtà molto minore rispetto a quanto risultava all'epoca in quanto frutto di applicazione di interessi debitori anch'essi usurari. Ciò detto, deve specificarsi che la valutazione di usurarietà va effettuata considerando separatamente il tasso di interesse corrispettivo e quello moratorio. Sul punto deve rammentarsi che la Corte di Cassazione, in più occasioni, si è espressa nel considerare rilevante, ai fini della verifica del rispetto delle soglie d'usura, anche la clausola che prevede l'applicazione di interessi moratori (Cfr. Cass. 9 gennaio 2013, n. 350; Cass. 11 gennaio 2013, n. 602 e n. 603; Cass. 4 aprile 2003, n. 5324), sul presupposto che l'art. 644, comma 4, c.p., che pure non menziona espressamente gli interessi moratori, letto unitamente all'art. 1 D.L. n. 394 del 2000, che parla di interessi dovuti a "qualunque titolo", assume una portata essenzialmente onnicomprensiva, che ricomprende non la sola misura dell'interesse nominale, ma ogni commissione o remunerazione a qualsiasi titolo collegata all'erogazione del credito. Sulla base di questo ragionamento, va assoggettata alla valutazione di usurarietà ogni forma di interesse stabilito da una parte a carico dell'altra in relazione alla messa a disposizione del denaro, ivi compresi gli interessi di mora: tale conclusione ha trovato conferma pure nella giurisprudenza della Corte Costituzionale (cfr. sentenza 25 febbraio 2002, n. 29), che, chiamata a pronunciarsi sulla legge di interpretazione autentica (D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in legge con modificazioni dall'art. 1 della L. 28 febbraio 2001, n. 24), ha affermato, seppure in via del tutto incidentale, la rilevanza degli interessi di mora ai fini della normativa anti-usura. In ultima analisi, nonostante la diversa natura e funzione del tasso di interesse corrispettivo e del tasso di mora (il primo si applica al debito capitale residuo, al fine di determinare la quota interessi della rata di ammortamento, il secondo si calcola sulla singola rata di ammortamento, nel caso in cui la stessa non sia pagata alla scadenza; l'interesse corrispettivo è espressione della fruttuosità del denaro, mentre quello di mora ha natura risarcitoria per l'inadempimento) o, meglio, proprio in virtù della diversità funzionale dei due tipi di accessori del credito, deve reputarsi che la nullità, ai sensi dell'art. 1815 c.c., della clausola determinativa degli interessi moratori sia destinata a travolgere unicamente la clausola stessa e non l'intero assetto negoziale voluto dalle parti (e, sul punto, va richiamata l'ordinanza della Cass. n. 21470 del 15/09/2017 ed i principi che esprime in caso di interesse extrafido, estendendoli anche alla clausola determinativa degli interessi moratori che ontologicamente è destinata a trovare applicazione alternativa rispetto alla clausola determinativa degli interessi corrispettivi, nella fase "patologica" dell'operazione: "l'art. 1815, comma 2, c.c., nel prevedere la nullità della clausola relativa agli interessi, ove questi siano usurari, intende per clausola la singola disposizione pattizia che contempli interessi eccedenti il tasso soglia, indipendentemente dal fatto che essa esaurisca la regolamentazione dell'entità degli interessi dovuti in forza del contratto. La sanzione dell'art. 1815, comma 2, c.c., dunque, non può che colpire la singola pattuizione che programmi la corresponsione di interessi usurari, non investendo le ulteriori disposizioni che, anche all'interno della medesima clausola, prevedano l'applicazione di interessi che usurari non siano...Nell'ipotesi in cui le parti abbiano convenuto (per l'indebitamento che si produca entro i limiti del fido) un saggio di interesse inferiore al tasso soglia, la relativa disposizione è valida, e non vi è modo di ritenere che ad essa si comunichi la patologia negoziale che colpisce altra pattuizione (relativa, nella specie, agli interessi sul c.d. extra fido): e se non si comunica l'invalidità, non si comunica nemmeno l'inefficacia (data dalla non spettanza degli interessi) che da quell'invalidità si origina"). In ultima analisi, se gli interessi compensativi, contenuti entro il tasso soglia, continuano ad essere dovuti nel rispetto del piano di ammortamento rateale, l'invalidità, necessariamente parziale, della clausola contrattuale concernente la mora determina, in rigorosa applicazione della sanzione posta dall'art. 1815 comma II c.c., la non debenza degli interessi moratori, ma la nullità parziale comminata dall'art. 1815 comma c.c., con trasformazione del contratto da oneroso a gratuito, si applicherà solo al complesso di disposizioni convenzionali in cui si declina il paradigma contrattuale predisposto dalle parti per l'eventualità della mora, di modo che al verificarsi dell'inadempimento non saranno dovuti gli interessi moratori, ma risulterà esigibile per intero ed immediatamente la sorte capitale, maggiorata degli interessi compensativi. Nel caso di specie, il contratto di mutuo, stipulato in data 03/09/2004 per un importo di Euro (...) , prevedeva un periodo di ammortamento di 180 mesi, durante il quale il contraente avrebbe dovuto corrispondere 12 rate annue, comprensive di quote di rimborso del capitale e di interessi determinati secondo le condizioni convenute, a partire dal 31/08/2005; era pure previsto un periodo di preammortamento pari a 12 mesi. Il tasso di interesse per tale periodo era pattuito come variabile, rilevato assumendo come parametro di base il tasso Euribor 3 mesi e aggiungendo uno spread del 2,30%, mentre il tasso di interesse per il periodo di ammortamento, anch'esso soggetto a variazioni periodiche, era previsto che fosse aggiornato assumendo come parametro di base il tasso Euribor 3 mesi e aggiungendo uno spread del 2,30%. Era poi previsto un tasso di mora variabile, la cui misura era agganciata per ciascuna rata al tasso corrispettivo maggiorandolo di 2,00 punti percentuali: alla stipula del mutuo, detto tasso era pari al 6,40%. Il consulente - le cui conclusioni si condividono in quanto motivate coerentemente ed assunte dopo una attenta disamina degli atti - ha accertato che il tasso di interesse corrispettivo pattuito, anche considerando le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo, le spese connesse (escluse solo imposte e tasse), era inferiore al tasso soglia alla data di accensione del contratto, mentre era invece superiore al tasso soglia il tasso di mora nella misura inizialmente convenuta, ossia pari a 6,400%, posto che invece il tasso soglia rilevato da B.I. per il periodo e la classe di operazioni in cui si inseriva il mutuo oggetto di disamina era pari a 5,805%. Tanto premesso, non è però stata comprovata dalla parte attrice, né è stata rilevata dal consulente nominata, l'applicazione di interessi moratori sicché, per quanto più sopra evidenziato, la nullità della predetta previsione non ha alcuna refluenza nel giudizio. Infine, secondo le scarne allegazioni dell'attrice, detto mutuo è stato estinto anticipatamente in data 04/08/2008 mediante versamento, da parte del mutuatario, della complessiva somma di Euro (...), a seguito dell'erogazione da parte della medesima banca, dell'altro mutuo oggetto di giudizio (ed in effetti, all'interno dell'atto di mutuo del 4/01/2008 la parte mutuataria pone in favore della banca mutuante pegno sull'erogato mutuo a garanzia anche del successivo pagamento del residuo mutuo precedente di Euro (...)). Quest'ultimo mutuo, stipulato in data 04/01/2008 per l'importo di Euro (...) con piano di ammortamento "alla francese", prevedeva un periodo di preammortamento pari a 27 giorni: il tasso di interesse per tale periodo è fisso e pari al 6,30%; durante il periodo di ammortamento di 240 mesi, il tasso di interesse è fisso e pari al 6,30%; anche il tasso di mora è fisso e pari a 8,30%. Il consulente ha accertato che né il tasso di interesse corrispettivo né il tasso di mora erano superiori al tasso soglia al momento della loro pattuizione. Parte convenuta ha poi comprovato che l'importo di Euro (...) del mutuo del 2008 è stata interamente erogata, come pienamente e documentalmente dimostrato (cfr. contabile liquidazione mutuo fondiario allegata alla memoria ex art. 183 co. VI n. 2 cpc): detta circostanza, unitamente al fatto che soltanto parte della somma mutuata è stata destinata al pagamento del pregresso debito, comporta il rigetto della ulteriore eccezione di nullità del mutuo. Sul punto, va infatti preliminarmente richiamato e ribadito il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l'uscita della somma dal proprio patrimonio e l'acquisizione della medesima al patrimonio di quest'ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell'incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (cfr. già Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116 e 15 luglio 1994, n. 6686; Cass. n. 2483 del 2001, Cass. 5 luglio 2001, n. 9074 e 28 agosto 2004, a 17211; e, da ultimo, Cass. 3 gennaio 2011, n. 14, Cass. n. 2483 del 2001: "Il mutuo è un contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna di una determinata quantità di danaro (o di altre cose fungibili) ovvero con il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario; ne consegue che la tradito rei può essere realizzata attraverso l'accreditamento in conto corrente della somma mutuata a favore del mutuatario, perché in tal modo il mutuante crea, con l'uscita delle somme dal proprio patrimonio, un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario"). Infine, vanno rigettate le eccezioni relative alle fideiussioni rilasciata dalla (...) che non risultano attinte da alcuna nullità: sono infatti state rilasciate per iscritto all'interno degli atti di mutuo e recano l'indicazione dell'importo massimo garantito. Deve anche escludersi la sua liberazione dalla garanzia fideiussoria ex art. 1956 c.c.. Ed infatti, in tema di fidejussione per obbligazioni future, infatti, per l'applicazione della citata disposizione normativa (a mente della quale il fideiussore è liberato in caso di finanziamenti al terzo nonostante il sopravvenuto deterioramento delle sue condizioni economiche, conosciuto dal creditore) devono ricorrere sia il requisito oggettivo della concessione di un ulteriore finanziamento successivo al deterioramento delle condizioni economiche del debitore e sopravvenuto alla prestazione della garanzia, sia quello soggettivo della consapevolezza del creditore del mutamento delle condizioni economiche del debitore, raffrontate a quelle esistenti all'atto della costituzione del rapporto: a tal fine, è onere della parte che la invoca provare gli elementi della fattispecie normativa di cui al predetto art. 1956 c.c., onere che, nel caso di specie, non è stato adempiuto. Sulla base della documentazione prodotta dalle parti, previa ricostruzione del piano di ammortamento, il consulente ha infine accertato che il saldo del mutuo n (...) del 04/01/2008 è pari ad Euro (...) in favore della banca mutuante, di cui: Euro (...) per capitale; Euro (...) per interessi corrispettivi rate scadute ed Euro (...) per interessi di mora quote capitale scadute. Va quindi accolta la domanda riconvenzionale della convenuta, con la condanna dell'attrice al pagamento del predetto importo, oltre interessi di mora come pattuiti. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro (...) applicando le tariffe medie dello scaglione "indeterminabile complessità bassa", oltre iva, cpa e spese generali come per legge. Pone definitivamente a carico di parte attrice soccombente il pagamento delle spese di ctu come liquidate nel corso del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Trapani, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e/o assorbita, così provvede: rigetta le domande di parte attrice; in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata da B. - (...) - (...) . nella qualità di procuratrice con rappresentanza del (...) (...), condanna (...) al pagamento in suo favore dell'importo di Euro (...) oltre interessi di mora come pattuiti nel contratto di mutuo n (...) del 04/01/2008; pone a carico di (...) le spese di giudizio liquidate in favore di (...) - (...) - (...). nella qualità di procuratrice con rappresentanza del (...) , in complessivi Euro (...), oltre iva, cpa e spese generali come per legge; nulla per le spese per l'originaria convenuta (...); Pone definitivamente a carico di parte attrice soccombente il pagamento delle spese di ctu come liquidate nel corso del giudizio. Così deciso in Trapani il 21 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TRAPANI SEZIONE CIVILE In persona del Giudice dott. Carlo Maria Bucalo, ha pronunziato la seguente SENTENZA Nel giudizio iscritto al n. 122 del reg. gen. Affari contenziosi dell'anno 2019 VERTENTE TRA COMUNE DI ALCAMO, in persona del sindaco pro-tempore, con l'avv. Si.Ca. RICORRENTE E LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI TRAPANI, in persona del legale rappresentante pro-tempore con l'avv. Po.Ma. RESISTENTE Avente ad oggetto: opposizione ad ordinanza di ingiunzione (n. 314 del 18.12.2018 - Libero consorzio comunale di Trapani). FATTO E DIRITTO Con atto tempestivo e rituale, il Comune di Alcamo ha impugnato l'ordinanza di ingiunzione in oggetto, con la quale gli è stata irrogata, una sanzione amministrativa per la violazione della normativa in materia di inquinamento delle acque, di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006. In particolare, in relazione alle immissioni provenienti dal depuratore comunale sito in c/da "V. N.", l'ARPA ha contestato al ricorrente il superamento dei valori limiti di emissione dello scarico delle acque reflue in uscita con riferimento ad alcuni parametri in violazione dell'art. 101 c. 1 D.Lgs. n. 152 del 2006 e, dunque, lo ha sanzionato applicando il minimo edittale della sanzione amministrativa di cui all'art. 133, c. 1 D.Lgs. n. 152 del 2006 cit.. In via preliminare parte ricorrente ha eccepito la prescrizione del diritto a riscuotere le somme ingiunte in quanto attinenti ad un fatto accertato il 28/29 ottobre 2013, laddove l'ordinanza di ingiunzione gli è stata notificata in data 19.12.2018, ossia oltre il termine di prescrizione quinquennale del procedimento amministrativo sanzionatorio. Nel merito, invece, parte ricorrente si duole: (i) dell'errata individuazione del responsabile della violazione esponendo che la sanzione non doveva essere elevata al sindaco nella qualità di legale rappresentante dell'Ente Locale in quanto la gestione dell'impianto di depurazione sito nella c.da (...) del comune di Alcamo all'epoca dei fatti era gestito dalla società (...) s.r.l.; (ii) del difetto assoluto di motivazione e totale carenza di esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste alla base della decisione di applicare la sanzione in danno al Comune di Alcamo, nonché difetto di motivazione in relazione alle difese articolate dal Comune nel corso del procedimento amministrativo ai sensi dell'art. 18 della L. n. 689 del 1981. (iii) della presenza di cause scriminanti, integranti caso fortuito o forza maggiore per essere stata la sanzione comminata in relazione a un fatto estemporaneo e non prevedibile quale lo sversamento di reflui non conformi da parte di terzi ignoti, derivante dalla molitura delle olive. Instauratosi il contraddittorio, il libero consorzio comunale di Trapani contestava puntualmente quanto ex adverso dedotto (con riferimento sia alla preliminare eccezione di prescrizione che ai motivi di merito) e quindi chiedeva il rigetto dell'opposizione. Acquisita la documentazione prodotta, la causa è stata trattenuta in decisione all'udienza odierna. Il ricorso merita di essere accolto essendo fondato il primo motivo di opposizione nel merito relativo all'errata individuazione del responsabile della violazione, per cui la sanzione non doveva essere elevata nei confronti dell'opponente Ente Locale. Detto motivo è il solo ad essere vagliato nella presente sentenza in applicazione del principio della ragione più liquida (ed in ragione della maggiore utilità per il ricorrente), restando assorbiti gli ulteriori motivi di opposizione. Appare opportuno, anzitutto, richiamare i principi e le norme applicabili in materia. A mente dell'art. 101, comma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006 - recante "norme in materia ambientale" - "tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.". La violazione di questo precetto è sanzionata dell'art. 133, camma primo, D.Lgs. n. 152 del 2006, a mente del quale "chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione, fissati nelle tabelle di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto (omissis...) è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro". All'evidenza, la disposizione si pone in assoluta continuità con la previgente disposizione di cui all'art. 54, comma primo, dell'abrogato D.Lgs. n. 152 del 1999, recante "disposizioni a tutela delle acque dall'inquinamento", a mente del quale "chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno scarico supera i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5, ovvero i diversi valori limite stabiliti dalle regioni a norma dell'articolo 28, comma 2, ovvero quelli fissati dall'autorità competente a norma dell'articolo 33, comma 1, a dell'articolo 34, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni", atteso che le tabelle di cui all'allegato 5 del D.Lgs. n. 152 del 1999, parimenti dedicato ai "limiti di emissione degli scarichi idrici", indica i medesimi limiti di concentrazione dei parametri di cui all'allegato 5 parte III del D.Lgs. n. 152 del 2006. Nel caso sub iudice l'opponente, nel merito non ha contestato il registrato superamento dei valori massimi consentiti del parametro oggetto di contestazione, ma ha fondato la propria difesa in primo luogo sulla circostanza che, avendo - all'epoca dei fatti - l'amministrazione comunale affidato la gestione dell'impianto alla (...) s.r.l., la sanzione non doveva essere elevata al sindaco nella qualità di legale rappresentante dell'Ente Locale ma al rappresentante della società (...) s.r.l. Sul punto il resistente non contesta la circostanza che l'impianto sito in c/da V. N., alla data dell'accertamento (28-29 ottobre) era gestito, quale affidataria, dalla (...) s.r.l. (anzi, nell'ordinanza di ingiunzione, a pagina 3, si legge: "dal verbale di sopralluogo n. 36/13 allegato alla superiore contestazione nonché in alcuni degli allegati alle superiori memorie difensive, si evince che il Comune di Alcamo aveva affidato il servizio di Gestione dell'impianto di depurazione di C/da V. N., alla società (...) S.r.l. ..."), ma sostiene che della accertata violazione risponda non solo l'autore materiale della stessa (i.e. la (...) s.r.l.), ma anche il proprietario dell'impianto. Tale vincolo solidale discenderebbe dal disposto dell'art. 6, c. 1 L. n. 689 del 1981 che, a detta della resistente, "fonda il suo presupposto su una relazione di tipo oggettivo intercorrente tra la cosa utilizzata per commettere la violazione ed il titolare del diritto reale sul bene, per cui il Comune è sempre obbligato in solido, sia quale proprietario dell'impianto, che come titolare dello scarico". Vengono allegati precedenti di questo Tribunale del medesimo tenore (in particolare affrontano la questione della solidarietà ex art. 6 L. n. 689 del 1991 le sent. n. 610/18, dott.sa O. e 96/2019, dott.sa (...)). Orbene, proprio con riferimento al profilo della riferibilità dell'illecito e della correlativa responsabilità allorquando della gestione dell'impianto di depurazione e della sua manutenzione sia incaricato un terzo, la giurisprudenza di legittimità ha, invero, compiuto un opportuno riallineamento tra illeciti penali e amministrativi in materia ambientale, con riferimento all'operatività, quale causa di esclusione della responsabilità della c.d. "delega delle funzioni". In particolare, nei casi di affidamento a terzi della gestione dell'impianto di depurazione è stata, di regola, esclusa l'imputabilità al Comune di una responsabilità solidale ex art. 6 L. n. 689 del 1991 (la cui operatività è stata relegata solo all'interno della struttura del medesimo ente gestore): in tal senso, cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14441 del 22/06/2006 - Rv. 591335/01 - e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22295 del 02/11/2010 (Rv. 614668 - 01) che hanno superato il più rigoroso orientamento di Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8537 del 22/04/2005 - Rv. 580952/01 -, richiamato nel precedente di questo Tribunale (sent. n. 610/18). Nella decisione n. 14441 del 2006 la Suprema Corte ha affermato che "In tema di violazioni amministrative, in particolare per il superamento dei limiti di accettabilità degli scarichi delle acque reflue da depuratore, con riferimento al principio della solidarietà di cui all'articolo 6 della L. 24 novembre 1981, n. 689, la delega di funzioni, nel caso di affidamento della gestione dell'impianto a terzi, ove regolarmente conferita, con conseguente assoggettamento a responsabilità del solo soggetto delegato, comporta che solo all'interno della struttura di quest'ultimo, e fuori dei casi di responsabilità dell'ente preponente - per "culpa in vigilando", "in eligendo" o per altri eccezionali casi, quali la radicale ed originaria deficienza tecnica degli impianti ed omissione di intervento, o di sopravvenuta inadeguatezza degli stessi -, possa operare il detto principio di solidarietà; vale a dire che, una volta individuato nel soggetto gestore, persona fisica o giuridica, il detentore qualificato dell'impianto, solo lo stesso è obbligato al pagamento della sanzione in solido con l'autore dell'illecito, suo rappresentante o preposto". In pratica, è stato condivisibilmente precisato che in presenza di una delega di funzioni regolarmente conferita, l'invocato principio di solidarietà ex art. 6 L. n. 689 del 1981 opera solo all'interno della struttura del soggetto preposto nel senso che il gestore dell'impianto - persona fisica o giuridica - è obbligato al pagamento della sanzione in solido con l'autore materiale dell'illecito, suo rappresentante o preposto. La responsabilità dell'ente preponente riemerge, invece, nei soli casi in cui la delega di funzioni non sia "legittima" (alla luce dei criteri ormai arati dalla giurisprudenza penale, tra cui ad es. la mancanza di autonomia del delegato), ovvero laddove sia ravvisabile una concreta e specifica ipotesi di "culpa in vigilando" o "in eligendo", ovvero ancora laddove sussistano quelle eccezionali circostanze evidenziate dalla giurisprudenza penale (e richiamate dalla sent. 14441/06 sopracitata) idonee a "squarciare il velo" della delega delle funzioni in subjecta materia (es. radicale ed originaria deficienza tecnica degli impianti). Orbene, nel caso che occupa all'amministrazione comunale non risultano essere stati mossi specifici addebiti di colpa, piuttosto la sua responsabilità viene riconnessa alla "relazione di tipo oggettivo (...) intrattenuta con la cosa utilizzata per commettere la violazione" (pag. 3 della memoria difensiva). Viene altresì prospettata una generica culpa in vigilando dei responsabili dell'amministrazione con riferimento a ciò che viene scaricato "a monte" nella rete fognaria comunale (pag. 3 della memoria difensiva) e una parimenti generica omissione di controllo sul corretto funzionamento dell'impianto di depurazione (pag. 5 della memoria difensiva). Tali circostanze non sono idonee a giustificare la comminatoria della sanzione al comune delegante alla stregua della richiamata (e più avveduta) giurisprudenza e, dunque, l'opposta ordinanza d'ingiunzione deve essere annullata. L'esistenza di pronunce dal tenore difforme (di cui si è dato atto in motivazione) giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Trapani, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, disattesa ogni diversa e contraria istanza, per le ragioni indicate in motivazione, così provvede: 1) Accoglie il ricorso ed annulla l'ordinanza opposta (n. 314 del 18.12.2018 - Libero consorzio comunale di Trapani) ed il sotteso verbale. 2) Compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Trapani il 19 ottobre 2021. Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Trapani in composizione monocratica, nella persona del giudice Gaetano Sole, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura di dispositivo e contestuale motivazione (art. 281 sexies c.p.c.) la seguente sentenza nella causa iscritta al n. (...)/2018 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...) s.n.c. in persona dei legali rappresentanti pro tempore, (...) nato (...) e (...) nato (...), nonché (...) nato (...) e (...) in proprio, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Da.Ro. e dall'avv. Ro.Di. giusta procura in atti ATTORI - OPPONENTI Contro (...) S.p.A. e per essa (...) S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore difesa dall'avv. Fr.Gu., giusta procura in atti allegata CONVENUTA in opposizione OGGETTO: contratti bancari - opposizione a decreto ingiuntivo Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, eccezione o difesa, così provvede: 1) dichiara improcedibile l'azione spiegata e per l'effetto, revoca il decreta ingiuntivo n. (...)/18 emesso dal Tribunale di Trapani in data 16.07.2018; 2) compensa le spese di lite; MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, i Sig.ri (...) e (...), in proprio e n. q. di legali rappresentanti della (...) s.n.c. convenivano, dinanzi a questo Tribunale, (...) S.p.A. e per essa quale mandataria (...) S.p.A. rilevando l'illegittima pretesa da parte dell'Istituto di credito della somma ingiunta da parte di codesto Tribunale con decreto n. (...)/18, in data 16.07.2018 nei confronti degli odierni opponenti, relativamente ad un contratto di conto corrente con apertura di credito, e ad un contratto di mutuo, intercorsi tra le parti. Si costituiva parte convenuta, contestando integralmente l'opposizione proposta poiché infondata, e chiedendo confermarsi l'opposto decreto in ogni sua statuizione. Con ordinanza del 11.6.2019 veniva disposto l'avvio delle parti alla mediazione, obbligatoria nelle controversie aventi ad oggetto rapporti bancari (art. 5 D.Lgs. n. 28/2010), e veniva assegnato alle parti un termine di 15 giorni per adire l'Organismo di mediazione ed esperire il tentativo di conciliazione. All'udienza del 9.10.2019, parte opponente chiedeva dichiararsi l'improcedibilità della causa in considerazione della mancata partecipazione personale da parte convenuta, essendosi presentato soggetto privo di procura sostanziale. Il giudice, in un primo momento rigettava il rilievo, sulla scorta dell'orientamento espresso da Cass. n. 24629-15, e tenuto conto del fatto che il procedimento di mediazione era stato introdotto su impulso degli opponenti, presenti personalmente. Nondimeno, all'udienza del 30.9.2020, preso atto del revirement frutto della pronuncia delle Sezioni Unite n. 19596/20, secondo la quale "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne conseg. che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citate comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo", revocava propria ordinanza del 9.10.2020, e tenuto conto della mancia partecipazione personale della società opposta, onerava la stessa ad espletare un nuovo tentativo di mediazione. Va dichiarata l'improcedibilità della domanda azionata da parte opposta per non essere stato ritualmente espletato il tentativo di mediazione. Difatti, l'art. 5, comma 1, D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (così come modificata dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, di conversione con modifiche del D.L. n. 69/2013), dispone che chiunque voglia esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia ivi indicata - tra cui rientrano le controversie in materia bancaria - deve preliminarmente esperire il procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto, che è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Orbene nel caso in esame (...) S.p.A. invitava effettivamente gli opponenti al tavolo della mediazione. E tuttavia - come si evince dal verbale del 24.11.2020 - nonostante la parte invitata avesse dichiarato di voler dar corso alla mediazione, la parte istante dichiarava (contraddittoriamente) la propria volontà di non avviare la mediazione. Si ritiene che tale condotta contrasti, sotto un profilo teleologico, la finalità propria dell'istituto della mediazione, essendo l'incontro svoltosi privo di qualsiasi effettività. Ed invero ragioni di carattere sistematico e teleologico impongono di ritenere necessario - ai fini della validità dell'incontro di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda - che le parti si confrontino nel merito intessendo un dialogo per valutare la sussistenza delle condizioni per addivenire ad un accordo conciliativo. Ed infatti l'art. 8 del D.lgs. 28/2010 prevede che "durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento". Il tenore testuale della disposizione chiarisce quindi che la funzione del primo incontro non è esclusivamente quella informativa, ma anche quella di far si che le parti si confrontino per verificare se vi sono i margini per intavolare una trattativa. Del resto, se fosse davvero sufficiente, come fatto dalla convenuta, presentarsi al primo incontro e manifestare la propria volontà di non iniziare la procedura, la legge non avrebbe utilizzato il termine possibilità, ma per l'appunto il termine volontà. Peraltro, che la funzione del primo incontro non sia esclusivamente informativa si deduce: a) dall'art. 5 comma 5 bis, la cui formulazione prevede che anche il primo incontro possa concludersi con un accordo; b) dal fatto che l'informativa può essere già fornita direttamente dai difensori, i quali hanno l'obbligo di fornirla ex art. 4. Le disposizioni suindicate implicano, quindi, che il primo incontro di mediazione debba avere natura essenzialmente "bifasica": la prima meramente informativa, sulle modalità e funzioni della mediazione, e la seconda di mediazione effettiva, in cui le parti parlandosi verificano le condizioni per addivenire ad una mediazione. Questa impostazione è peraltro l'unica compatibile con il dettato costituzionale: ed infatti, il rischio di una mediazione burocratizzata, quale sarebbe quella in cui la parte si limita a comunicare la propria intenzione di non voler conciliare, è quello di costituire un passaggio a vuoto, un'inutile parentesi che allunga il processo costituendone un mero rallentamento, in violazione degli artt. 111 Cost. e 117 per il tramite dell'art. 6 CEDU. Occorre, dunque, interrogarsi - ove la mediazione non vada a buon fine, non superando il limite del primo incontro - su quale sia il contenuto minimo di tale interlocuzione tra le parti, tale per cui possa ritenersi validamente espletato il tentativo di mediazione. Ebbene, è evidente che se l'invitato non compare è sufficiente darsi atto della presenza personale dell'istante (il quale ha interesse sostanziale ad ottenere il bene della vita sotteso alla propria domanda di giustizia). Similmente se l'invitato si presenta e manifesta una totale indisponibilità a trovare una soluzione conciliativa, perché ad esempio ritiene del tutto pretestuose le richieste della parte istante, allora la stessa non sarà tenuta a fare alcunché: l'impossibilità di intessere un dialogo, determinata dall'atteggiamento di totale chiusura del chiamato alla mediazione, rende inutile qualsiasi ulteriore sforzo argomentativo. Diversamente, se l'invitato si presenta e manifesta disponibilità a trovare una soluzione conciliativa, o comunque non manifesta totale chiusura, allora l'istante sarà chiamato a chiarire se, rispetto alla domanda, possano esservi, anche da parte sua, margini per una rimodulazione al ribasso delle proprie pretese. Non è, quindi, sufficiente ai fini della procedibilità della domanda, che l'istante si presenti personalmente, e dichiari la propria intenzione di non voler cercare alcun accordo. Questo, però, non vuol dire che l'istante debba sempre e comunque formulare una proposta conciliativa, o dichiararsi disponibile ad ascoltare le eventuali proposte provenienti dalla propria controparte. Ed invero, possono esservi ipotesi eccezionali in cui la pretesa dell'istante è irrinunciabile, e cioè il suo soddisfacimento non può subire falcidie, secondo la valutazione della parte che ne chiede il soddisfacimento. Ciò può accadere, ad esempio, quando la domanda è funzionale al soddisfacimento di diritti incomprimibili, come ad esempio quelli assoluti inerenti alla persona. Ma in tal caso l'assenza di margini di conciliabilità della lite dovrà essere spiegata dalla parte che ritiene non possano esservi possibilità di conciliazione. In definitiva, può dirsi che l'istante ha l'onere di presentarsi all'incontro di mediazione con un atteggiamento aperto alla possibilità di una soluzione conciliativa, formulando una proposta o dichiarandosi disposto ad entrare nella seconda fase della mediazione per ascoltare le proposte della controparte; in alternativa, l'istante dovrà chiarire le circostanze - anche di carattere soggettivo - per cui ritiene la propria pretesa irrinunciabile ed incomprimibile. Nel caso di specie la parte istante ha semplicemente dichiarato di non voler intraprendere la mediazione, a fronte di un atteggiamento degli opponenti aperto ad intessere un dialogo. Né la circostanza inerente alla mancata formulazione da parte degli opponenti, di una proposta conciliativa migliorativa rispetto a quella precedentemente formulata, cambia i termini del discorso, in quanto non può escludersi che tale proposta sarebbe stata avanzata nella seconda fase di mediazione, ove l'opposta non avesse rifiutato di andare avanti. Deve quindi ritenersi non validamente formata la condizione di procedibilità della domanda. In ossequio all'insegnamento espresso da Cass. SS.UU. n. 19596/2020 il decreto ingiuntivo opposto va revocato. In considerazione della sussistenza di orientamenti contrastanti sulla questione decisiva della lite, le spese vanno integralmente compensate. Così deciso in Trapani il 28 aprile 2021. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Tribunale di Trapani, nella persona del Giudice Dott.ssa Daniela Galazzi, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 428/2020 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente TRA (...), nato a T. il (...), elettivamente domiciliato a Trapani nella Via (...), presso lo studio dell'Avv. Ma.Sa., che lo rappresenta e difende giusta procura rilasciata su foglio separato; Opponente E (...), nato a T. il (...), elettivamente domiciliato a Trapani nella Via (...), presso lo studio dell'Avv. Ma.Ca., che lo rappresenta e difende giusta procura apposta in calce all'atto di precetto; Opposto MOTIVI DELLA DECISIONE E' infondata e va rigettata l'opposizione proposta da (...) all'atto di precetto notificato in data 29.01.2020 con il quale (...) gli ha intimato il pagamento della somma pari ad Euro 1.739,52, oltre a spese di notifica, imposta di registro e successivi accessori, a titolo di spese leali liquidate con l'ordinanza nr. 177/2019 resa dal Tribunale di Trapani in data 12.12.2019. L'opponente ha infatti contestato il diritto della parte opposta a procedere ad esecuzione forzata in considerazione del controcredito asseritamente vantato dal (...) a titolo di indennità di occupazione sine titulo dell'immobile sito in T., L. S. F. di P. nn. 1, 3, 5, invocando quindi l'applicazione dell'istituto della compensazione ex art. 1243 c.c.. Orbene, deve ricordarsi al riguardo che la compensazione legale e la compensazione giudiziale sono disciplinate rispettivamente dai commi primo e secondo dell'art. 1243 c.c.: la compensazione legale opera di diritto per effetto dell'omogeneità delle obbligazioni, della liquidità ed esigibilità dei crediti e dell'esistenza per ciascun credito di un titolo diverso, "sicché la sentenza che l'accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi" (Cass. civile, Sez. III, sent. n. 260/2006); la compensazione giudiziale è ammessa soltanto qualora "il giudice del merito, nel suo discrezionale apprezzamento, riconosca la facile e pronta liquidità del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che, difettando tali condizioni, egli deve disattendere la relativa eccezione" (Cass. civile, Sez. II, sent. del 15 ottobre 2009, n. 21923). Se l'esistenza del controcredito opposto in compensazione è controversa "il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest'ultima presuppone l'accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall'esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo" (SS.UU. Corte di Cassazione, sent. del 15 novembre 2016, n. 23225). La contestazione dell'esistenza o dell'ammontare del credito opposto, dunque, esclude la liquidità del credito medesimo e, conseguentemente, l'applicabilità dell'art. 1243 c.c. a meno che detta contestazione non appaia prima facie pretestuosa. Nel caso di specie, è pacifico che l'esistenza del credito opposto in compensazione da (...) è controversa, essendo oggetto di accertamento in un ulteriore e separato giudizio di merito pendenti avanti il Tribunale di Trapani e recante il n. 456/2020 R.G.. Ne consegue che non è possibile accedere alla compensazione, né legale né giudiziale, mancando la liquidità e la certezza del credito vantato dal (...), né tantomeno essendo detto credito di facile e pronta liquidazione. L'opposizione va quindi rigettata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in complessivi Euro 1200,00, oltre iva, cpa e spese generali come per legge. P.Q.M. Il Tribunale, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così provvede: rigetta l'opposizione; condanna (...) al pagamento delle spese di giudizio, in favore di parte opposta, liquidate in Euro 1200,00, oltre iva, cpa e spese generali come per legge. Così deciso in Trapani il 20 aprile 2021. Depositata in Cancelleria il 21 aprile 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Daniela Galazzi ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 2326/2019 promossa da: CURATELA DEL FALLIMENTO DI (...) rappresentato e difeso dall'avv. MILAZZO VINCENZO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Trapani, Corso Italia n. 63 giusta procura in atti Parte attrice Contro (...), (...), (...) Convenuti contumaci MOTIVI DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato, la Curatela del Fallimento di (...) ha chiesto che fosse dichiarata, ex art. 2901 c.c., l'inefficacia nei propri confronti, limitatamente alla quota di 1/2 di spettanza del fallito (...), dell'atto del (...) rep. (...) in Notaio (...), trascritto il (...)al n. 17649 RP, con il quale il fallito, unitamente alla moglie comproprietari (...), aveva donato alla figlia (...) il fabbricato terrano di civile abitazione sito in A., C.da M., con area libera sovrastante e con circostante terreno pertinenziale esteso metri quadrati 535, compresa la superficie occupata dal fabbricato, composta da cinque vani e mezzo catastali e confinante con stradella, con (...), con (...) e con fondo rustico infra descritto, contraddistinto al NCEU del Comune di Alcamo al foglio (...), part. (...); il fondo rustico sito in agro di Alcamo, contrada (...), esteso are sei e centiare cinquanta (Ha 00.06.50) catastali per quanto in effetti si trova: confinante con immobile sopra descritto sub a), con proprietà (...), con proprietà L. e come in mappa, contraddistinto al NCT del Comune di Alcamo al foglio (...), partt. (...) e (...), nonché al figlio, (...) (per il diritto di usufrutto) ed alla di lui moglie, (...) (per la nuda proprietà), il locale magazzino/deposito ubicato al primo piano dell'edificio sito in A. nella via J.F. K. n. 127, della consistenza di metri quadrati 164 catastali; confinante con la detta via, con (...), con scala condominiale, con proprietà Regina e con gli stessi donanti, contraddistinto al NCEU del Comune di Alcamo al foglio (...), part. (...) sub (...). Nonostante la rituale notifica dell'atto di citazione, i convenuti non si sono costituiti in giudizio e vanno quindi dichiarati contumaci. Orbene, l'azione revocatoria ordinaria rappresenta uno dei principali strumenti predisposti dall'ordinamento per la conservazione della garanzia patrimoniale generica di cui all'art. 2740 c.c., la cui funzione consiste appunto nel ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ex art. 2740 c.c., la cui consistenza, per effetto dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, si sia ridotta al punto da pregiudicare la realizzazione del diritto del creditore con l'azione espropriativa. In coerenza con tale sua unica funzione, l'azione revocatoria, se accolta, non determina il travolgimento dell'atto di disposizione posto in essere dal debitore, ma semplicemente l'inefficacia di esso nei soli confronti del creditore (nel caso di specie, la Curatela attrice), per consentire a quest'ultimo di esercitare, sul bene oggetto dell'atto, l'azione esecutiva per la realizzazione del credito, di cui agli artt. 602 e ss. c.c. (v. Cass. Civ. 18.2.1991, n. 1691). In punto di diritto va osservato che, in caso di atto a titolo gratuito, i presupposti per l'accoglimento della domanda ex art. 2901 C.C. sono: - l'esistenza di un credito da parte dell'attore nei confronti del convenuto; - il c.d. eventus damni, cioè la sussistenza di un pregiudizio (sotto il profilo della riduzione della generale garanzia costituita dall'intero patrimonio del debitore, ex art. 2740 C.C.) arrecato alle ragioni del creditore mediante la realizzazione di un determinato atto giuridico; - il c.d. consilium fraudis, cioè la consapevolezza, da parte del debitore, di diminuire in modo apprezzabile il proprio patrimonio e, quindi, la generale garanzia del credito, ex art. 2740 C.C., in modo tale pregiudicare o rendere più difficoltoso il soddisfacimento del credito stesso (v. Cass. 4077196 e 8930187). Con specifico riguardo all'ipotesi di azione revocatoria ordinaria in sede fallimentare ex art. 66 l.fall., quale quella che viene in rilievo nel caso di specie, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che "il curatore per dimostrare la sussistenza dell'eventus damni, ha l'onere di provare le seguenti circostanze: 1) la consistenza del credito vantato dai creditori ammessi al passivo nei confronti del fallito; 2) la preesistenza delle ragioni obbligatorie rispetto al compimento dell'atto pregiudizievole; 3) il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto". Tano premesso, nel caso di specie sussistono tutti i sopra indicati requisiti. Al momento della donazione, il (...) risultava creditore di ingenti somme: - Euro 148.016,01 vantato da Italfondiario spa in forza di contratto di mutuo fondiario del 18 dicembre 2006 cointestato alla (...); - Euro 133.066,77 vantato da (...) in forza di contratto di mutuo fondiario del 9 novembre 2009, nel quale la L. risultava fideiussore e datrice di ipoteca; - Euro 29.484,19 vantato da (...) spa in forza di contratto di mutuo fondiario del 26 luglio 2010 nel quale la L. risultava fideiussore e datrice di ipoteca; - Euro 49.460,00 vantato dalla (...) srl in forza di un assegno, datato 14 novembre 2016, ma relativo (per stessa ammissione del fallito in sede di opposizione) ad una posizione debitoria risalente già al 2012; - Euro 395.768,11 vantato da (...) spa. Sussiste, poi, l'eventus damni, tenuto conto che il pregiudizio per l'esperibilità dell'azione pauliana può anche essere costituito da un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito (così Cass. (...)) e che, nel caso in esame, la donazione impugnata ha chiaramente privato la Curatela, e per essa i creditori del fallito, di cespiti potenzialmente aggredibili per ottenere il recupero delle somme dovute. D'altra parte, spettava alle parti convenute eccepire dimostrare una capacità patrimoniale residua idonea a garantire il soddisfacimento del credito, ciò che non è avvenuto (anzi, i convenuti sono rimasti contumaci). Sussiste , sotto altro profilo, il requisito del consilium fraudis da parte dei debitori in quanto costoro non potevano che essere consapevoli sia dell'esistenza dei crediti (la maggior parte dei quali vantati da istituto di credito per rapporti per i quali la comproprietaria dei beni donati, (...), moglie del fallito, aveva prestato fideiussione). Ed invero, in tema di revocatoria ordinaria, "ai fini della configurabilità del consilium fraudis per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è necessaria l'intenzione di nuocere ai creditori, ma è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che. mediante l'atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni ( cfr. Cass., n. 14274/1999). Va, poi, rilevato che il felice esito dell'azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non è subordinato all'ulteriore condizione della conoscenza del pregiudizio da parte del terzo beneficiario, atteso che il requisito della scientia damni è richiesto dall'art. 2910 C.C. solo per l'ipotesi del compimento di atti a titolo oneroso. Per tali ragioni la domanda della curatela attrice va accolta e vanno dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti dispositivi indicati in premessa. In conformità al principio della soccombenza i convenuti, in solido fra loro, vanno condannati a rifondere nei confronti dell'Erario (essendo parte attrice ammessa al patrocinio) le spese di lite che si liquidano in complessivi Euro 5.400,00, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso spese generali al 15%. P.Q.M. Definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda eccezione o difesa, in accoglimento della domanda formulata in atto di citazione, dichiara inefficace, nei confronti della Curatela attrice, limitatamente alla quota di ½ di spettanza del fallito (...), l'atto di donazione dell'(...) rep. (...) in Notaio (...), trascritto il (...) al n. 17649 RP, relativo: 1) al fabbricato terrano di civile abitazione sito in A., C.da M., contraddistinto al NCEU del Comune di Alcamo al foglio (...), part. (...) (in favore della figlia (...)) ; 2) al fondo rustico sito in agro di Alcamo, contrada M., contraddistinto al NCT del Comune di Alcamo al foglio (...), partt. (...) e (...) (in favore della figlia (...)); 3) al locale magazzino/deposito ubicato al primo piano dell'edificio sito in A. nella via J.F. K. n. 127, contraddistinto al NCEU del Comune di Alcamo al foglio (...), part. (...) sub (...) (in favore del figlio (...) per il diritto di usufrutto e della di lui moglie, (...), per la nuda proprietà). Condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento in favore dell'Erario delle spese processuali sostenute dalla Curatela attrice liquidate in complessivi Euro 5.400,00, oltre IVA e CPA come per legge e rimborso spese generali al 15%. Così deciso in Trapani il 21 febbraio 2021. Depositata in Cancelleria il 22 febbraio 2021.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TRAPANI SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in persona del giudiceunico dott. Vincenzo Carni, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta al e promossa da (...) (C.F. (...)) nata a il (...), e (...) nato il (...), rappresentati e difesi dagli Avv.ti (...) - attori - contro (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, nella qualità di procuratore con rappresentanza del (...) in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fr.Ac. - convenuta - Oggetto: contratti bancari MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Con atto di citazione ritualmente notificato (...) e (...) convenivano in giudizio la (...) deducendo che l'esposizione debitoria maturata nei confronti dell'istituto di credito era stata negativamente influenzata dall'applicazione di poste accessorie non previste nelle forme di legge e comunque frutto di scorrettezza contrattuale. Denunciavano, in particolare, l'illegittimità sotto vari profili delle condizioni contenute nel contratto di conto corrente affidato n. (...) sottoscritto da (...) e l'applicazione, nell'ambito di quel rapporto., di spese e commissioni ingiustificate e in ogni caso non preventivamente concordate o determinate, anche in violazione della normativa antiusura. Chiedevano pertanto di: - ritenere e dichiarare, per i motivi di cui in narrativa, la nullità delle clausole contenenti la previsione della capitalizzazione periodica degli interessi passivi ultralegali e della commissione di massimo scoperto e di ogni altra pesa o costo di tenuta del conto, sia perché applicati in assenza di valida convenzione scritta, ovvero nell'ipotesi di produzione in corso di causa dei contratti da parte della convenuta, perché inserite nei contratti intercorsi tra le parti per insufficiente determinatezza e/o applicate con rinvio a parametri generici ed indeterminati come la clausola uso mercato, uso piazza (...) o similari; - ritenere e dichiarare la nullità delle clausole contenenti la previsione della corresponsione della commissione di massimo scoperto (in subordine, limitatamente alla parte in cui siano state applicate sull'utilizzo di somme non eccedenti l'affidamento bancario goduto), inserite nei contratti di conto corrente intercorsi tra le parti, per mancanza di causa o insufficiente determinatezza; - ritenere e dichiarare nulle in quanto indeterminate e/o prive di causa le clausole che impongono spese e costi di tenuta del conto, inserite nel conto corrente intercorso tra le parti nel contratto relativo al conto anticipi o nei fogli condizioni; - ritenere e dichiarare la nullità delle clausole relative al calcolo della valuta per i motivi di cui in narrativa e, comunque, perché calcolata con f petto anticipato per le operazioni passive (per il cliente) e posticipato per le operazioni attive (sempre per il cliente), inserite nel contratto di conto corrente ordinario o di conto anticipi intercorso tra le parti e, per l'effetto, ritenere e dichiarare che le operazioni attive abbiano valuta nella data di acquisizione della disponibilità del denaro e quelle passive nella data di effettuazione dell'operazione; - ritenere e dichiarare che il tasso effettivo globale, ai fini della rilevazione dell'usura, debba essere calcolato includendo CMS, costi vari tenuta conto, effetti dell'anatocismo nascosto ed effetti delle valute differenziate (a favore del cliente) per le operazioni attive/passive; - accertare e dichiarare se per alcuni periodi vi è stato superamento del tasso soglia di usura e, per l'effetto, ritenere interamente non dovuti detti interessi usurari; - accertare la mancanza dei contratti di conto corrente ordinario (di accensione e successive aperture di credito), la mancata e/o valida pattuizione del tasso di interesse ultralegale e, per l'effetto, ritenere e dichiarare che non sono dovuti tutti gli interessi addebitati; - per l'effetto, e previa consulenza tecnica d'ufficio come infra analiticamente formulata, nonché ai criteri ivi indicati: rideterminare il saldo del conto corrente, depurandolo dal tasso ultra legale (e/o eliminando qualsiasi interesse), dalle commissioni di massimo scoperto sia intrafido che extrafido, dalle spese e con corretta applicazione della valuta secondo i criteri indicati in narrativa; - da ultimo, ed in base agli esiti delle verifiche sopra indicate, ricalcolare ed accertare il saldo attuale del conto intrattenuto da parte attrice presso la banca convenuta; - all'esito del predetto calcolo dell'attuale saldo dei conti intrattenuti presso la banca accertare se si è stato ed a quanto ammonti il débito residuo di parte attrice, omero se ed in che misura vi è un credito della medesima e ritenere e dichiarare, in tal caso, l'obbligo della banca convenuta di corrispondere detta somma". Domandavano inoltre: - di dichiarare l'illegittimità del metodo di ammortamento alla francese applicato dalla banca al contratto di mutuo chirografano n. (...) stipulato il (...) in quanto produttivo di "interessi composti in violatone del divieto di anatocismo" e comunque superiori rispetto a quelli dovuti in base al tasso nominale indicato in contratto, con conseguente "nullità del tasso di interesse ultralegale per indeterminatezza, e sostituzione col tasso legale e parimenti nullità della capitalizzazione degli interessi", e di procedere alla esatta rideterminazione dei rapporti di dare-avere tra le parti; - di accertare e dichiarare la nullità del mutuo, anche solo limitatamente alla "parte eccedente l'importo concesso rispetto all'effettivo debito del correntista", per mancanza di causa e/o di oggetto, trattandosi di finanziamento erogato al solo scopo di ripianare una esposizione debitoria sul conto corrente in tutto o in parte inesistente; - di accertare la nullità, sotto diversi profili, della fideiussione rilasciata da (...) a garanzia delle obbligazioni assunte da verso la banca, e segnatamente: (a) ritenere e dichiarare che la banca convenuta non può far valere la garanzia fideiussoria nei confronti dell'attore, in quanto l'obbligazione è nulla ovvero estinta, o comunque può farlo solo nei limiti in cui è valido ed esistente il debito principale, e dunque decurtando quelle somme che sono frutto dell'applicazione sul conto corrente di clausole illegittime e/o nulle; (b) ritenere e dichiarare comunque nulla la fideiussione perché eccessivamente proporzionata rispetto al debito principale e ciò per le motivazioni di cui in premessa; (c) ritenere e dichiarare che la banca non può rivalersi nei confronti del fideiussore posto che l'invalidità dell'obbligazione principale ai sensi dell'art. 1939 c.c. determina conseguentemente la nullità delle relative fideiussioni; - ritenere e dichiarare comunque nulle le fideiussioni omnibus per violazione di norma imperativa, per le ragioni espresse in premessa - e conseguentemente la mancanza di titolo di qualunque pretesa della banca nei confronti del fideiussore"). Si costituiva la (...) (cui subentrava in corso giudizio il (...)) resosi cessionario del credito della banca verso gli odierni attori) che contestava quanto ex adverso allegato e chiedeva il rigetto delle relative domande. Istruita documentalmente ed esperita consulenza tecnica contabile, all'udienza del (...) - sostituita dal deposito di note scritte in conformità a quanto previsto dalla legislazione volta a contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne g)i effetti in materia di giustizia civile - la causa è stata trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti. 2. - Così brevemente riassunto l'oggetto del contendere, e passando ad esaminare le censure svolte con riferimento al contratto di conto corrente affidato n. (...) va innanzitutto rilevato come la documentazione contrattuale in atti, analizzata anche dal C.T.U. - le cui conclusioni finali possono richiamarsi giacché supportate dai necessari rilievi di competenza specifica e formulate all'esito di un'indagine corretta sotto il profilo metodologico e aderente ai quesiti sottopostigli -, consenta di affermare che le parti hanno espressamente pattuito le valute da applicare alle operazioni di accredito e di addebito registrate sul conto corrente e hanno parimenti convenuto per iscritto l'ammontare e la pari capitalizzazione trimestrale degli interessi a credito e a debito (cfr. pagg. 4 ss. della relazione peritale, non oggetto di tempestive osservazioni critiche ad opera delle parti), il che pacificamente esclude la configurabilità di un fenomeno anatocistico illegittimo. Dall'esame delle condizioni economiche del contratto di conto corrente risulta inoltre che è stata specificamente pattuita per iscritto la commissione di massimo scoperto, determinata con riferimento alla percentuale (nella misura dello 0,375% nei limiti del fido e dell'extrafido e dello 0,750% oltre i limiti del fido e dell'extrafido), alla base di calcolo (massimo saldo liquido debitore) e alla periodicità (trimestrale). Appaiono perciò infondate le contestazioni riguardanti agli addebiti a titolo di c.m.s. per indeterminatezza o per mancanza di causa, dovendosi ritenere, sotto quest'ultimo profilo, che anche prima della riforma attuata con il D.L. n. 185/2008 e con la legge di conversione n. 2/2009, la previsione della c.m.s. trovava giustificazione nella funzione remunerativa dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del correntista una determinata somma per un determinato periodo di tempo, indipendentemente dal suo utilizzo (cfr. in motivazione Cass. n. 870/2006 e Cass. n. 11772/2002). La commissione di massimo scoperto andrà perciò computata ai fini della determinazione del saldo del conto, che non dovrà quindi essere "depurato della c.m.s. entro fido e della capitalizzazione trimestrale della c.m.s. oltre fido", così come invece ha fatto il C.T.U. in conformità al quesito che, sul punto, non appare aver seguito un criterio condivisibile. Quanto alla presunta usurarietà del tasso di interesse pattuito, occorre ribadire l'applicabilità, in sede di rilevazione, delle Istruzioni della Banca d'Italia tempo per tempo vigenti, in quanto normativa secondaria vincolante per l'interpretazione delle disposizioni in materia di usura di cui alla legge n. 108/1996 e per l'analisi del rapporto contrattuale intercorso tra le parti. E' infatti coerente con la normativa di settore che la Banca d'Italia abbia emanato istruzioni per la rilevazione del TEG, attesa la necessità e l'opportunità di raccogliere dagli intermediari dati completi e tra loro coerenti da mettere a confronto al fine di determinare il valore medio. Le Istruzioni della Banca d'Italia rispondono, quindi, alla ineludibile esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei e perciò comparabili e hanno, altresì, natura di norme tecniche previste ed autorizzate dalla disciplina regolamentare, necessarie per l'applicazione della normativa in materia di usura. Ciò detto, l'analisi del C.T.U., condotta attenendosi ai criteri previsti dalle Istruzioni della Banca d'Italia tempo per tempo vigenti (pagg. 4 ss. della relazione), ha evidenziato come i tassi di interesse pattuiti e applicati dalla banca non abbiano mai superato la soglia stabilita dalla normativa in tema di usura) né durante il rapporto né al momento della sua instaurazione, atteso che "i tassi passivi all'epoca pattuiti - pari all'8,75% per scoperture entro fido e all'11,25% per scoperture oltre fido - saio risultati inferiori al limite soglia del 18,585% valido nel quarto trimestre 2002 per le aperture di credito in conto corrente fino a 5.000" (pag. 6 della relazione). 3. - Quanto alle censure riguardanti la validità del contratto di mutuo chirografario n. (...), parte attrice assume innanzitutto che lo stesso sarebbe nullo per mancanza di causa e/o di oggetto in quanto finalizzato esclusivamente a ripianare l'esposizione debitoria sul conto corrente della mutuataria, almeno in parte inesistente. Dall'esame del contratto, tuttavia, non risulta che il finanziamento in questione sia stato accordato al dichiarato fine di ripianare le passività maturate sul conto dalla (...). Peraltro, una simile finalità, quand'anche sussistente, non pregiudicherebbe comunque la validità del contratto, essendo pur sempre rivolta a perseguire un interesse meritevole di tutela: in linea di principio, infatti, nulla esclude che la provvista di un'operazione di finanziamento possa servire a ripianare un debito che il mutuatario ha contratto nell'ambito di un distinto rapporto con il mutuante o, eventualmente, con un terzo. L'ordinamento, invero, non vieta che tale sia la causa concreta dell'operazione di finanziamento. Quanto poi al rilievo secondo cui, essendo le passività maturate dalla Mauro almeno in parte inesistenti, siccome determinate dall'applicazione di clausole negoziali illegittime, l'operazione di finanziamento, atteso l'evidente collegamento negoziale, dovrebbe a sua volta risentire dei profili di nullità del rapporto di base, è sufficiente evidenziare come nel regolamento negoziale non venga esplicitato un collegamento tra il contratto di prestito e un rapporto bancario specifico intrattenuto dalla mutuataria. Non trova quindi riscontro l'allegazione difensiva secondo cui il mutuo sarebbe stato destinato all'estinzione di passività in tutto o in parte inesistenti. Con riferimento invece alle censure riguardanti la presunta illegittimità del metodo di ammortamento c.d. alla francese, deve senz'altro escludersi che lo stesso possa generare un fenomeno anatocistico, configurabile solo quando gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, andando così a comporre la base di calcolo ovvero il capitale produttivo degli interessi nel periodo successivo. Al contrario, nel mutuo c.d. "alla francese", gli interessi delle singole rate di ammortamento sono calcolati solo sul capitale residuo e non sul capitale comprensivo di interessi e ciò esclude ogni anatocismo. Come osservato in altri precedenti anche di questo Tribunale, "per piano di ammortamento alla francese (o a rata costante) dovrebbe intendersi, a rigore, solo il piano che preveda rate di rimborso costanti nel tempo (ipotesi all'evidenza consentita solo in caso di mutui a tasso fisso) ma tale espressione (e metodologia) è utilizzata anche ai mutui a tasso variabile quando il piano di ammortamento è simulatamente calcolato sulla base del tasso vigente alla data di stipulazione (come se dovesse rimanere costante), individuando così per ciascuna rata, la quota di capitale in restituzione, conteggiando poi per ciascuna rata la quota di interessi, in base al tasso variabile, sul capitale che via via residua al netto delle restituzioni di capitale effettuate con le rate precedenti. Nel caso dell'ammortamento alla francese, la "legge di sconto composto" è utilizzata unicamente al fine di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite ed è pertanto una formula di equivalenza finanziaria che consente di rendere uguale il capitale mutuato con la somma dei valori capitale compresi in tutte le rate del piano di ammortamento, senza incidere sul separato conteggio degli interessi, che rispondono alla regola dell'interesse semplice poiché, ad ogni scadenza temporale pattuita, la quota d'interessi compresa in ciascuna rata è data dal prodotto tra il debito residuo alla medesima data e il tasso d'interesse, frazionato secondo la medesima ripartizione temporale di restituzione del capitale". Nella sostanza, dunque, la previsione di un piano di rimborso del mutuo graduale - in particolare con rata fissa costante - non comporta alcuna violazione dell'art. 1283 c.c. in quanto: a) gli interessi di periodo vengono calcolati sul solo capitale residuo, b) alla scadenza della rata gii interessi maturati non vengono contabilizzati ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso del mutuo, essendo tale pagamento periodico della totalità degli interessi elemento essenziale e caratterizzante, in particolare, ddl'ammortamento francese dove la rata è costante e la quota capitale rimborsata è determinata per differenza rispetto alla quota interessi, c) il pagamento a scadenza del periodo riduce il capitale produttivo di interessi nel periodo successivo e quindi si verifica un fenomeno addirittura inverso rispetto alla capitalizzazione (cfr., tra molte, Trib. Treviso 12.11.2015, Trib. Torino 17.9.2014, Trib. Siena 17.7.2014, Trib. Milano 5.5.2014, Trib. Benevento 19.11.2012). Ciò premesso, parte attrice non ha dedotto nello specifico alcun elemento dal quale possa inferirsi che, nel caso di specie, la banca abbia applicato interessi anatocistici al contratto di mutuo, essendosi limitata ad affermare che i piani di ammortamento alla francese sono di per sé illegittimi. La mancata allegazione di dati precisi da cui desumere l'applicazione di interessi non dovuti nell'ambito del rapporto di finanziamento oggetto del presente giudizio non consente quindi di accogliere la censura formulata su tale aspetto. 4. - Vanno infine esaminate le doglianze relative alla garanzia personale rilasciata da (...) Sul punto, gii attori hanno dedotto la nullità e l'inefficacia del relativo contratto per indeterminatezza ddl'oggetto, trattandosi in tesi di fideiussione omnibus priva della specificazione ddl'importo massimo garantito. A sostegno di dette affermazioni non hanno tuttavia prodotto il relativo contratto di garanzia né hanno indicato la data di sottoscrizione o fornito altri dementi utili a consentirne la individuazione, per altro verso, dalla documentazione contrattuale esibita dalla banca ai sensi dell'art. 210 c.p.c. non risulta alcuna garanzia fideiussoria rilasciata dallo (...) in relazione al contratto di conto corrente intestato a (...). È invece documentata la fideiussione rilasciata dallo (...) a garanzia del mutuo chirografario sottoscritto dalla (...) in data (...) da cui risulta la fissazione di un limite massimo all'impegno del garante pari a Euro (...) (cfr. pag 2 del contratto di mutuo allegato sub doc. 2 fascicolo di parte attrice). La censura va perciò disattesa alla luce della espressa indicazione del tetto dell'esposizione debitoria garantita. 5. - In conclusione, le domande di parte attrice vanno integralmente rigettate. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo le disposizioni contenute nel d.m. n. 55/2014, avuto riguardo al valore della causa e tenuto conto del pregio dell'attività difensiva svolta nonché del numero e della complessità delle questioni giuridiche trattate. Le spese della consulenza tecnica d'ufficio vanno parimenti poste in via definitiva a carico degli attori soccombenti. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e/o difesa disattesa e/o assorbita: - rigettale domande proposte dagli attori, - condanna gli attori al pagamento in favore della convenuta delle spese del presente giudizio che liquida in Euro (...) per compensi, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, - pone le spese di C.T.U. definitivamente a carico della parte soccombente. Così deciso in Trapani il 9 settembre 2020. Depositata in Cancelleria il 9 settembre 2020.

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