Sentenze recenti Tribunale Treviso

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  • TRIBUNALE ORDINARIO DI TREVISO TERZA SEZIONE CIVILE VERBALE D'UDIENZA CON SENTENZA EX ART. 281-SEXIES CPC nella causa civile di primo grado RG n. 6889/2022, promossa da (...) (C.F. Codice Fiscale (...) con il patrocinio dell'avv. (...) (...), con domicilio eletto presso lo studio del difensore in (...) attrice/opponente contro (...) (C.F. P.IVA (...) tramite la sua procuratrice (...) (...) (C.F. e P.IVA P.IVA(...)), con il patrocinio dell'avv. (...) (...), con domicilio eletto presso lo studio del difensore in (...) convenuta/opposta Successivamente, all'udienza del (...) sono comparsi: per (...) l'avv. (...), la quale precisa le conclusioni come da nota depositata in PCT il (...); per (...) l'avv. (...), in sostituzione dell'avv. (...), il quale precisa le conclusioni come da comparsa di costituzione. Dopo breve discussione orale il Giudice si ritira in camera di consiglio. Al termine della camera di consiglio il Giudice, assenti le parti, allontanatesi dall'aula d'udienza pronuncia in nome del Popolo Italiano sentenza ex art. 281-sexies CPC, dando lettura del dispositivo e della esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE (...), tramite la sua procuratrice (...), aveva ottenuto la pronuncia del decreto ingiuntivo n. 2338/2022 con cui era stato ingiunto a (...), quale fideiussore di (...) di pagare la somma di Euro 114.521,30, oltre ad interessi e spese, quale residuo dovuto in relazione al rimborso del mutuo del (...) (rogito Notaio Dott. (...) rep. n. 67100, racc. n. 29933). L'ingiunta ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo eccependo la carenza di legittimazione attiva (rectius, la carenza di titolarità del rapporto) in capo all'ingiungente, la prescrizione del credito, la nullità della clausola contrattuale di deroga all'art. 1957 CC e la conseguente estinzione della fideiussione ai sensi di detta disposizione codicistica, la liberazione del fideiussore ex art. 1956 CC. L'opposta si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell'opposizione. Con ordinanza del (...) venne rigettata l'istanza della convenuta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo ed assegnato termine di quindici giorni per l'instaurazione della procedura di mediazione obbligatoria, vertendosi in una delle materie indicate dall'art. 5 co. 1-bis DLGS 28/2010, con conseguente rinvio del procedimento all'udienza del (...). È pacifico che nessuna delle due parti abbia mai presentato la domanda di mediazione. L'attrice ha chiesto a tal punto di dichiarare l'improcedibilità del processo con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, mentre invece la convenuta ha chiesto l'assegnazione di un nuovo termine per l'instaurazione della procedura. L'istanza della convenuta non può trovare accoglimento, dovendo il presente giudizio essere dichiarato improcedibile. Quand'anche non si volesse ritenere come perentorio il termine di quindici giorni assegnato dal giudice ai sensi dell'art. 5 co. 1-bis DLGS 28/2010 (come pure ritenuto da un diffuso orientamento giurisprudenziale: cfr. Trib. Firenze (...); Trib. Lecce (...), e lo si ritenesse quindi meramente ordinatorio, comunque non potrebbe essere assegnato un nuovo termine alla parte che avesse omesso di instaurare la mediazione nel termine originariamente fissato, alla luce dei condivisibili principi affermati da Cass. 40035/2021, per cui "ove l'udienza di verifica sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, ai sensi dell'art. 6 D.Lgs. 28/2010, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza, quest'ultima si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile, a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura previsto per legge": ciò in quanto il mancato rispetto del termine di quindici giorni comunque non deve pregiudicare il tempestivo e corretto svolgimento della procedura, né provocare alcun allungamento dei tempi di definizione del giudizio, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo, parimenti richiamato dalla Suprema Corte. Come chiarito poi da Cass. SU 19596/2020, "nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo". Le spese di lite seguono la soccombenza. La liquidazione segue in dispositivo secondo valori inferiori ai medi, stante la definizione in rito, la scarsa complessità della causa e l'assenza di attività istruttoria. P.Q.M. Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando, 1. dichiara improcedibile il presente giudizio; 2. revoca il decreto ingiuntivo opposto; 3. condanna (...), tramite la sua procuratrice (...), a rifondere a (...) le spese di lite del presente procedimento, liquidate in Euro 406,50 per esborsi ed Euro 6.500,00 per compensi, oltre ad IVA, CPA e rimborso spese generali al 15% ex DM 55/2014. Così deciso in Treviso, (...)

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Treviso - sezione penale - Composto dai Magistrati Dr. FRANCESCO SARTORIO - Presidente Dr. GIANLUIGI ZULIAN - Giudice Dott.ssa LAURA CONTINI - Giudice Rel. ha pronunciato la seguente: SENTENZA A seguito di dibattimento nei confronti di : 1) Er.Mo., nato in M. il (...), sedicente, clandestino e senza fissa dimora - C.U.I. n. (...) - In data 23.08.2022 applicata la misura della custodia cautelare in carcere giusta ordinanza del Gip presso il Tribunale di Treviso DETENUTO P.Q.C. - PRESENTE 2) Ha.Bo., nato in M. il (...), sedicente, senza fissa dimora - C.U.I. n. (...) - In data 23.08.2022 applicata la misura della custodia cautelare in carcere giusta ordinanza del Gip presso il Tribunale di Treviso DETENUTO P.Q.C. - PRESENTE IMPUTATI 1) del delitto p. e p. dagli art. 110, 81 cpv., e 628 comma primo e terzo n. 1), n. 3 bis), comma quarto, c.p. perché, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, in concorso tra loro nonché con un terzo soggetto non identificato ed al fine di procurarsi un ingiusto profitto, dopo aver infranto con una sassaiola le vetrate dell'abitazione di Ra.Mo., sita in V. del M., Via S. N., si introducevano nella predetta abitazione scagliandosi dapprima contro Be.Ya., ospite del predetto Ro. e che era uscito dall'abitazione insieme a costui per chiedere contezza agli sconosciuti di tale loro comportamento, gettandolo a terra e colpendolo ripetutamente con calci e pugni soprattutto al volto; subito dopo essere entrati nell'abitazione iniziavano a rompere tutto quanto capitava loro a tiro e colpivano, altresì, un altro ospite del Ro. tale To.Yo., che veniva attinto al capo da una grossa bottiglia di limoncello lanciata dal soggetto non identificato e veniva quindi percosso da tutti e tre i malviventi che nel frattempo si erano armati di bottiglie di birra rinvenute sul tavolo della cucina; successivamente anche il Ra.Mo. veniva fatto oggetto del lancio di oggetti e colpito, in particolare, al ginocchio sinistro; in tale contesto, l'Er.Mo., dopo essersi introdotto, previo sfondamento della porta, in una camera da letto sita al piano superiore in cui si trovava tale To.Au. si impossessava del telefono cellulare in uso a costei; nel frattempo Ha.Bo. si impossessava del telefono cellulare in uso a Be.Ya., mentre il soggetto ignoto si impossessava del telefono cellulare in uso a To.Yo.. In Volpago del Montello (Treviso) nella notte tra il 19 ed il 20 agosto 2022 2) del delitto p. e p. dagli artt. 110, 582 - 585 cod. pen. (in relazione agli artt. 576 n.1 e 61 n.2 cod. pen.) perché, in concorso fra loro, al fine di eseguire il delitto di cui al capo che precede e con le modalità ivi descritte, cagionavano a To.Yo., lesioni personali consistite in "ferita lacero contusa sopracciglio sx, trauma contusivo braccio dx, ferita alla testa; contusione arto superiore" giudicate guaribili in gg.1O s.c. Con l'aggravante dell'aver commesso il fatto in più persone riunite ed al fine di eseguire il delitto di cui al capo che precede In Volpago del Montello (Treviso) nella notte tra il 19 ed il 20 agosto 2022 3) del delitto di cui all'art. 635 co.1 cod. pen. perché, con violenza alla persona consistita nelle condotte descritte ai capi che precedono, danneggiavano le vetrate dell'abitazione di Ra.Mo. sita in V. del M., Via S. N., nonché gli infissi, gli arredi e le suppellettili in essa contenuti. In Volpago del Montello (Treviso) nella notte tra il 19 ed il 20 agosto 2022 Con l'intervento del P.M. Dott. Ma.De.. Degli Avv.ti Ma.Di. del foro di Treviso difensore di fiducia per l'imputato Er.. Dall'Avv. Ma.Ga. del Foro di Treviso, difensore di fiducia per l'imputato Ho.. FATTO E DIRITTO A seguito di arresto di Er.Mo. e Ha.Bo., all'udienza di convalida del 22.08.2022 veniva applicata dal G.I.P. del Tribunale di Treviso la misura della custodia cautelare in carcere ad entrambi. Con decreto emesso in data 22.11.2022 il G.I.P. disponeva procedersi a giudizio immediato nei confronti degli arrestati, imputati dei reati di cui alla rubrica. Gli imputati formulavano richiesta di ammissione al giudizio abbreviato condizionato che veniva rigettata dal G.I.P.. All'udienza fissata per il giudizio il 16.02.2023, venivano ammesse le prove richieste dalle parti e, alle seguenti udienze del 6 aprile e 5 maggio 2023, venivano esaminati i testimoni. All'udienza del 8 giugno 2023 gli imputati rendevano esame e, all'udienza odierna, le parti hanno concluso come da verbale. Il presente procedimento nasce da una richiesta di intervento da parte di Ra.Mo., presso la sua abitazione in Vo. del Mo.. 1. Nel corso dell'esame testimoniale, Ra.Mo. ha riferito che la sera del 19 agosto 2022, si trovava all'interno della sua abitazione, in compagnia di alcuni amici, To.Yo., Sa.Ay., Be.Ya. e Au.To., fidanzata di Yo.. Sa.Ay. aveva invitato dei suoi conoscenti e quindi, a un certo punto, si erano presentati a casa sua tre soggetti, due di nazionalità marocchina -riconosciuti in aula negli odierni imputati- e uno tunisino. Li aveva fatti entrare e tutti insieme avevano bevuto superalcolici e fumato hashish; poi, però, dopo circa un'ora, il suo amico Yo. aveva iniziato a discutere con il ragazzo di nazionalità marocchina di nome Bo.Ha.. Lui, allora, aveva allontanato i nuovi arrivati, ma, dopo una decina di minuti, i tre giovani erano ritornati: avevano scagliato dei sassi contro i vetri delle finestre e della porta, rompendoli, ed erano rientrati in casa contro la sua volontà. All'interno dell'abitazione c'era stata quindi una rissa fra i tre giovani, Yo. e Be.Ya., e, nel corso della colluttazione, si erano rotti delgi oggetti. Lui stesso, per difendersi e respingere gli aggressori, aveva preso un coltello in cucina e aveva ferito sulla testa il Bo., mentre questo, assieme a Er. stava picchiando il suo amico Be.Ya.. Erano poi intervenuti i Carabinieri su sua richiesta. Il teste ha negato che, nel corso della rissa, fossero stati sottratti dei telefoni cellulari (cfr. deposizione Ra.Mo. del 6.04.2023 pagg. 5 e ss.). Ha spiegato che, nelle more del processo, aveva incontrato i due imputati nel carcere di Treviso, ove egli era detenuto per altro procedimento, e si era riappacificato con loro, a seguito delle loro scuse: aveva quindi deciso di rimettere la querela sporta (cfr. dep. cit. pag. 13). Anche Yo.To., in sede di esame, ha dichiarato la propria volontà di rimettere la querela (cfr. deposizione To.Yo. del 4.05.2023 pag. 21). il testimone ha riferito che era andato a casa di Ra.Mo. assieme alla fidanzata To.Au., Be.Ya. e Sa.Ay.. Era salito con la To. al piano di sopra, in camera, e poi, dopo circa due ore, era sceso in cucina per prendere qualcosa da bere. Non appena era entrato nella stanza, aveva ricevuto una bottiglia di vetro in faccia, riportando una ferita a lato del sopracciglio sinistro. Erano stati dei ragazzi che lui non conosceva ed erano entrati mentre lui era al piano di sopra. A quel punto, aveva cercato di tornare in camera, ma era stato trattenuto dai due imputati che si erano avventati contro di lui, colpendolo ancora con una bottiglia di birra sul braccio destro e con un manico di scopa. Il suo amico Ro. era intervenuto in sua difesa, mettendosi in mezzo. Oltre ai due imputati, riconosciuti in aula (dep. cit. pag. 17), era presente anche un terzo soggetto di nazionalità tunisina, che però si era dato alla fuga prima dell'arrivo dei Carabinieri. Il teste ha spiegato che, nella concitazione, non aveva visto distintamente chi avesse posto in essere le singole azioni: ha però specificato che a colpirlo con il bastone era stato Er.Mo. (dep. cit. pag. 17). Quando finalmente era riuscito a scappare al piano di sopra, aveva chiuso la porta a chiave e si era nascosto sotto il letto: uno dei ragazzi, però, era riuscito a sfondare la porta e aveva preso di mano il telefono a Au.To.. Il teste ha precisato che, da sotto il letto, non era riuscito a vedere la scena, ma aveva udito i colpi alla porta e poi A. che urlava, lamentando di non avere più il telefono cellulare ("il mio telefono, il mio telefono!"). Il teste non ha confermato quanto sostenuto dal Ro. negando di aver avuto una discussione con gli imputati o di aver reagito, in qualche modo, all'aggressione (cfr. dep. cit. pag. 24 e 33). E stata esaminata la persona offesa Au.To., la quale ha ricordato che, quella sera, verso le 19, insieme a Yo.To. e Sa.Ay., si era recata a casa di Ra.Mo.. Dopo circa un'ora, era andata al piano di sopra con il suo ragazzo Yo.; questi, a un certo punto, era uscito dalla camera e sceso al piano di sotto per bere; era poi rientrato di corsa con il volto insanguinato e si era nascosto sotto il letto, chiudendo la porta a chiave. Subito dopo, era entrato in camera anche un giovane, a lei sconosciuto, che aveva sfondato la porta e le aveva preso di mano il telefono cellulare. Il suo ragazzo Yo. era rimasto sotto il letto. Poco dopo, era entrato in stanza anche Ra.Mo. che aveva preso le sue difese, spingendola verso il muro per allontanarla dal giovane, il quale era immediatamente scappato fuori dalla stanza. La teste ha precisato che non aveva visto arrivare gli imputati a casa del Ro. perché, quando erano arrivati, lei e Yo. si trovavano già al piano di sopra: aveva visto però là sua conoscente Sa.Ay. uscire per andare a prenderli (cfr. deposizione Au.To. del 6.04.2023 pagg. 23 e ss.) Sa.Ay. ha dichiarato che si erano trovati a casa di Ro. e poi lei era andata di sopra: lei era in una camera e Yo., con la sua ragazza, in un'altra. A una certa ora, erano arrivati Ha.Bo., che lei conosceva già, e un altro ragazzo, che erano stati invitati dallo stesso Ro. quel pomeriggio, difatti, si erano tutti incontrati in centro e il Ro. aveva proposto loro di andare a casa sua per "fare festa tutti assieme". A un certo punto della serata, aveva udito dei rumori provenire dal piano di sotto e, quando era scésa, aveva visto tutti i ragazzi picchiarsi con sberle e pugni, urlare e rompere oggetti: aveva quindi cercato di separarli (cfr. dep. Sa.Ay. 4.05.2023). La teste ha negato che fossero sparite delle cose e, in sede di controesame, ha dichiarato che l'imputato B. era agitato perché non trovava più il suo zaino (pagg. 46 e 47). 1.1 I Carabinieri della stazione di Nervesa della Battaglia e della radiomobile di Montebelluna erano intervenuti presso l'abitazione di Ra.Mo., su richiesta di quest'ultimo, verso la mezzanotte. Fuori dall'abitazione, erano presenti i due imputati nel cortile, il proprietario di casa Ra.Mo. e una ragazza, S.Yo.: i tre uomini erano sporchi di sangue, Ha.Bo. aveva una profonda ferita da taglio sul capo e il Ro. aveva in mano un coltello (cfr. verbale di acquisizione di un coltello da cucina della lunghezza di 32 cm e lama di 20 cm). I vetri della porta di ingresso e della finestra di fianco erano infranti. Dentro l'abitazione, c'erano lampadari e mobili rotti, cocci di bottiglia e sangue a terra e sui muri (cfr. fotografie depositate dal Pubblico Ministero all'udienza del 6.04.2023). Anche al piano superiore, le stanze erano a soqquadro e, in una camera da letto, erano presenti Yo.To. con To.Au.. To.Yo. presentava delle ferite lacero contuse agli avambracci e una ferita sul sopracciglio, mentre un altro soggetto, che era uscito dall'abitazione in un secondo momento, tale Be.Ya., sanguinava abbondantemente dal cavo orale. Tutti i presenti erano in stato di grande agitazione. Nel corso dei controlli, ad un certo punto, Bo.Ha. e Sa.Ay., che si trovavano all esterno con i Carabinieri, avevano parlato fra loro e si erano dati alla fuga: erano stati inseguiti e fermati. Sa.Ay. era stata bloccata dal Carabiniere V., mentre cercava di fuggire con uno zaino e un borsone: nel corso dei controlli, la ragazza si era nuovamente allontanata per poi tornare senza più nulla con sè. In seguito la giovane, su richiesta dei Carabinieri, li aveva accompagnati sul retro dell'abitazione del Ro. ove a terra era presente il borsone ancora legato a un lenzuolo, in corrispondenza della finestra del piano superiore. La borsa grande conteneva una borsa più piccola, con effetti personali della stessa Sa.Ay., e uno zaino al cui interno vi era una giacca, un paio di ciabatte e una Playstation (cfr. verbale di rinvenimento dello zaino e della borsa del 20.08.2022 Carabinieri di Volpago del Montello). Il Maresciallo M. era riuscito a bloccare B., che a un certo punto si era fermato e disteso per terra, a causa di un'evidente ferita sulla testa. Durante la corsa, B. aveva lanciato qualcosa vicino alla siepe, dove poi il Maresciallo aveva trovato un cellulare, con lo schermo rotto (cfr. verbale di rinvenimento di uno smartphone marca Realme con display rotto del 20.08.2022). 1.2 Gli imputati, nel corso dell'esame, hanno riferito che, quel giorno, nel pomeriggio, erano stati invitati dalla Sa.Ay. a casa di Ra.Mo., che loro non conoscevano: si erano recati presso l'abitazione assieme alla ragazza e a un giovane tunisino e, quando erano arrivati, verso le 22, sia Ra.Mo. che Yo.To. erano già ubriachi. Anche gli imputati erano alterati dall'alcool. A casa di Ro. avevano bevuto ancora, fumato hashish e giocato alla Playstation. A un certo punto, Yo. aveva offeso Ha.Bo. ("figlio di puttana") e allora era iniziato "il casino". C'era stata una rissa e Ra.Mo. aveva colpito B. con il coltello. L'imputato Ha.Bo. ha detto che, a causa dello stato di ebbrezza, non ricordava se avessero lanciato sassi contro i vetri nè se avessero preso dei telefoni all'interno dell'abitazione. L'imputato M. ha dichiarato che lui, a sua volta, quella sera, aveva perso il marsupio, con 200 Euro al suo interno (cfr. esame Ha.Bo. e Er.Mo. del 8.06.2023). 2. Così riassunte le risultanze dell'istruttoria, si ritiene che in dibattimento non sia emersa la prova della penale responsabilità degli imputati per il più grave reato di rapina di cui al capo 1. Va osservato che le stesse persone offese non hanno fornito sufficienti elementi a riscontro dell'ipotesi contestata. 2.1 In particolare, quanto al cellulare sottratto a Be.Ya., la persona offesa non è stata esaminata in dibattimento per irreperibilità del teste e il Pubblico Ministero non ha richiesto l'acquisizione delle dichiarazioni rese in sede di indagini, in quanto, già in quella sede, il B. aveva interrotto la sua deposizione, dicendo che si sarebbe fatto giustizia da solo. Il denunciante Ra.Mo. si è limitato a dichiarare che l'amico aveva perso il cellulare durante la rissa (cfr. dep. cit. pag. 11). I Carabinieri esaminati hanno dichiarato che il telefono lanciato a terra dal B., durante la fuga, sarebbe stato quello del B., ma non hanno chiarito in che modo avrebbero accertato tale circostanza. In particolare, il teste V. ha fatto riferimento a verifiche tramite il codice IMEI, ma in maniera del tutto ipotetica ("penso sia stata fatta un'identificazione del IMEI per risalire al proprietario.." pag. 42); l'appuntato scelto S. ha invece dichiarato che si erano basati esclusivamente sulle dichiarazioni rese dalle persone offese (cfr. dep. cit. S. pag. 44); il teste M. ha spiegato che le verifiche erano state svolte dai Carabinieri della stazione di Volpago (cfr. dep. cit. pagg. 10-11); il teste C., in servizio presso tale stazione, nulla ha riferito in merito a tali accertamenti (cfr. dep. cit. C. pag. 33). Gli altri testi non hanno apportato altri elementi. Quanto al telefono sottratto a Yo., la persona offesa ha dichiarato che, quella sera, aveva perso il telefono che teneva in tasca (cfr. dep. cit. pag. 19) e nessun altro elemento è stato acquisito a sostegno dell'ipotesi criminosa. Va osservato, peraltro, che, al momento dell'intervento, i Carabinieri avevano trovato a terra, fuori dall'abitazione, un cellulare completamente distrutto e sporco di sangue, di cui non era poi stato individuato il proprietario (cfr. dep. cit. C. pag. 33 e verbale di rinvenimento di uno smartphone marca Wiko). Per quanto riguarda i telefoni cellulari di T. e B., dunque, non è stato possibile accertare neppure il fatto che fossero stati effettivamente sottratti ai legittimi proprietari. Rispetto alla rapina commessa ai danni di queste due persone offese, va dunque pronunciata sentenza di assoluzione per mancanza della prova in ordine alla sussistenza del fatto. 2.2 Quanto invece al telefono cellulare di proprietà di Au.To., si ritiene che dalle convergenti dichiarazioni testimoniali possa ritenersi provato il fatto della sottrazione violenta dell'apparecchio. La To.Au., difatti, ha reso una deposizione coerente e lineare, ricordando che un ragazzo aveva fatto ingresso nella stanza da letto, sfondando la porta, e le aveva portato via il telefono: la teste ha spiegato di non aver opposto resistenza per la paura nei confronti del soggetto, che aveva fatto irruzione in camera e aveva già posto in essere atti di violenza nei confronti del suo fidanzato, tornato in camera con il volto insanguinato. Il suo racconto è stato confermato dal teste To.Yo. e le concordi dichiarazioni trovano riscontro tanto nella certificazione medica relativa al Yo. quanto nella situazione fotografata dai Carabinieri intervenuti, i quali avevano trovato, al piano di sopra in camera, il Yo., sanguinante e ancora sotto al letto, assieme a To.Au.. Ciò chiarito, si ritiene che la condotta posta in essere nei confronti della T. non possa ascriversi con certezza agli odierni imputati: la persona offesa non ha riconosciuto gli imputati presenti in aula, dichiarando che non ricordava il volto dell'aggressore, poiché portava un cappellino in testa e lei, in quel frangente, era molto agitata (cfr. dep. cit. pag. 26). Il telefono cellulare le era stato restituito, alla presenza dei Carabinieri, dal Ro. il quale però non le aveva spiegato in che modo e da chi lo avesse recuperato (pag. 26-31); il Ro. peraltro, anche nel corso dell'esame, non ha chiarito in alcun modo la circostanza, negando che nel corso della serata fossero stati sottratti dei telefoni cellulari (cfr. dep. cit. Ro. pag. 11). Il teste Yo.M. ha spiegato che, dalla sua posizione sotto al letto, non aveva potuto vedere chi era entrato in camera subito dopo di lui (cfr. dep. cit. Yo. pag. 29). In assenza di altri elementi sul punto, sebbene il fatto possa essere ricondotto con certezza a uno dei tre soggetti sconosciuti che erano entrati nell'abitazione e avevano adoperato violenza, non è possibile stabilire chi dei tre giovani sia stato. Non si può neppure ritenere che, a prescindere dall'individuazione dell'esecutore materiale, il fatto criminoso sarebbe da ascrivere a tutti e tre gli aggressori in concorso fra loro: una volta esclusa la contestuale sottrazione degli altri due telefoni cellulari, non vi sono altri elementi per ritenere che gli altri due aggressori, rimasti al piano di sotto, fossero consapevoli di contribuire alla realizzazione di tale ulteriore reato. Non si può difatti escludere che si fosse trattato di una condotta attuata in maniera del tutto autonoma, da parte di uno dei tre soggetti, salito al piano di sopra di sua iniziativa. 3. Quanto al reato di danneggiamento contestato al capo 3, va osservato che dalle concordi dichiarazioni testimoniali e da quanto direttamente constatato dai Carabinieri intervenuti, non ricorrono i presupposti per una pronuncia di proscioglimento ex art. 129, comma 2, c.p.p. non emergendo degli atti che il fatto non sussista, che l'imputato non l'abbia commesso, che il fatto non costituisca reato o che non sia previsto dalla legge come reato. E' agli atti il verbale dei Carabinieri di Montebelluna, datato 30.11.2022, di dichiarazione di remissione della querela presentata il 20.08.2022 da parte del difensore di Ra.Mo., con apposita procura speciale, e accettazione dell'intervenuta remissione da parte del difensore dell'imputato, procuratore speciale (cfr. documenti depositati dalla difesa il 13.02.2023). Si è dunque verificata l'estinzione del reato contestato, essendo l'ipotesi di cui all'articolo 635 comma 1 c.p. perseguibile a querela di parte. Va quindi pronunciata sentenza di non doversi procedere per intervenuta estinzione del reato ai sensi dell'art. 152 c.p.. Non risultando un diverso accordo delle parti, consegue la condanna dei querelati alle spese del procedimento ai sensi dell'articolo 340, comma 4, c.p.p.. 4. Quanto invece alle lesioni contestate al capo 2, dall'espletata istruttoria risultano provati tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato. 4.1 II denunciante To.Yo. ha reso sul punto una deposizione coerente e lineare. La persona offesa non si è costituita parte civile e, in sede di esame, non ha manifestato alcun risentimento nei confronti degli imputati, dichiarando la propria volontà di rimettere la querela sporta. La sua versione trova riscontro, come sopra chiarito, tanto nella deposizione della To.Au., quanto negli accertamenti dei Carabinieri intervenuti nell'immediatezza: al momento dell'intervento, il T., sanguinante, si trovava in camera con Au.To.. Va osservato che gli stessi imputati, seppure avessero collocato Yo. giù in salotto con loro, avevano però specificato che la ragazza A. era di sopra (cfr. esame B. cit. pag. 9 e esame Er. cit. pag. 15). Anche la teste Sa.Ay. ha confermato che, quella sera, Youssef si trovava di sopra in camera con A. (cfr. dep. cit. pag. 35). E' allora riscontrata la circostanza che il T. si trovasse in compagnia della fidanzata e fosse poi sceso al piano di sotto, quando era stato aggredito. Tutti i testimoni e gli stessi imputati, peraltro, hanno riconosciuto che, all'interno della casa, gli occupanti di sesso maschile erano venuti alle mani. Rispetto alla versione resa dal T. e dalla T., però, hanno proposto una rilettura dei fatti, cercando, in maniera evidente, di ridimensionare l'accaduto. Il teste Ra.Mo. ha spiegato che aveva rimesso la querela perchè era successa "una cosa fra ragazzi", "non è niente" (pag. 13). All'inizio del suo esame, ha esordito dicendo che c'era stata solamente una rissa e non era accaduto nulla in casa sua (cfr. dep. cit. pag. 8). Ha negato circostanze direttamente accertate dai Carabinieri intervenuti, come la riconsegna del telefono, da parte sua, alla To.Au.: il teste si è limitato a dichiarare di non ricordare e poi di non sapere nulla in merito, assicurando che gli imputati non avevano rubato niente (cfr. dep. cit. pag. 11 e 22,23). Contrariamente a quanto constatato dai Carabinieri, ha sostenuto che nessuno si fosse fatto male, a parte l'imputato B., ferito all'esterno dell'abitazione (dep. cit. pag. 8). Ha poi spiegato, in maniera piuttosto inverosimile, che aveva preso un coltello dalla cucina per allontanare i soggetti, poi però aveva perso l'equilibrio e il coltello che teneva in mano era caduto accidentalmente sulla testa del B. (cfr. dep. cit. pag. 8). Nonostante l'evidente tentativo di minimizzare l'accaduto e fornire una diversa lettura, il teste ha infine ammesso che c'era stata una colluttazione nel corso della quale anche i suoi amici Yo. e B. erano stati picchiati dagli imputati e lui stesso aveva ferito B. colpendolo alle spalle, proprio per difendere dall'aggressione il suo amico Be.Ya. (cfr. dep. cit. Ro. pagg. 9,13 e 20). Gli imputati, nel corso dell'esame, hanno riconosciuto che c'era stato uno scontro fisico con le persone offese a casa del Ro. e che il litigio, dapprima verbale, era degenerato in violenza, anche a causa dell'abuso di alcool da parte di tutti i presenti. L'imputato Ha.Bo. aveva inviato due lettere a Ra.Mo. e a To.Yo., chiedendo scusa per la rissa e giustificando il proprio comportamento con lo stato di ebbrezza ("..non ero in me, avevo bevuto troppo e non ero in grado di pensare..": lettere di scuse depositate dalla difesa il 13.02.2023). La teste introdotta dalla difesa Sa.Ay. ha sostanzialmente confermato la versione degli imputati, dichiarando che, a un certo punto della serata, tutti i maschi presenti nell'abitazione, che avevano bevuto molto, si colpivano con le mani e rompevano oggetti, tanto che lei aveva dovuto mettersi in mezzo per cercare di dividerli. La teste, poi, ha dichiarato che, quella sera, solamente il M. lamentava la sparizione del suo zaino: tale circostanza è però stata dichiarata, con qualche esitazione, solamente a seguito delle plurime domande suggestive poste dalla difesa (cfr. dep. cit. pagg. 48-49). La teste, in ogni caso, è apparsa del tutto inattendibile: in primo luogo si è contraddetta in merito all'ingresso dei tre soggetti a casa di Ro. dichiarando inizialmente che erano arrivati da soli nel corso della serata, mentre lei era già al piano di sopra, e, solo in controesame, che li aveva invece portati lei ed era stata assieme a loro a inizio serata (cfr. dep. cit. pag. 37 e 41). In secondo luogo, ha negato di essere scappata quando erano intervenuti i Carabinieri, rendendo una spiegazione del tutto inverosimile ("ero ubriaca in quel momento, dovevo andare in bagno poi sono tornata" dep. cit. pag. 49). Va inoltre osservato che la teste era scappata contemporaneamente all'imputato B., dopo avergli parlato all'orecchio, e, dopo essere stata fermata dai Carabinieri, aveva nascosto dietro l'abitazione il borsone contenente vari oggetti. Lo stesso teste Ro. affatto ostile agli imputati, ha riconosciuto che, la seconda volta che i tre soggetti erano entrati in casa, dieci minuti dopo essere stati allontanati, lo avevano fatto contro la sua volontà, rompendo il vetro della porta di ingresso e della finestra. Nelle fotografie agli atti, oltre al grande disordine, si vedono difatti grossi sassi sul pavimento e il vetro infranto della porta di ingresso, a conferma dell'ingresso violento nell'abitazione (cfr. dep. cit. pag. 7). L'unica ferita riportata dagli imputati (il taglio sul retro della testa di B.) è del tutto compatibile con il fine di difesa riportato dal Ro. era stato proprio il Ro. peraltro, a chiamare i Carabinieri per l'aggressione in atto. Gli stessi imputati non specificano quali azioni violente sarebbero state poste in essere dagli altri partecipanti alla rissa, sostenendo di non ricordare i fatti a causa dell'alcool assunto. Quanto allo stato di forte alterazione da alcool dei presenti, tuttavia, va osservato che l'ubriachezza, ove così evidente, sarebbe stata rilevata dai Carabinieri intervenuti o dai sanitari di Pronto Soccorso che avevano visitato To.Yo.. Non può dunque ritenersi che le lesioni fossero state arrecate nel corso di una rissa, insorta a seguito di un banale diverbio, fra giovani che avevano ecceduto nel bere. Anche a voler ammettere che in precedenza vi fosse stato un contrasto verbale, i tre soggetti avevano poi fatto ritorno nell'abitazione con modalità violente ed allarmanti, rivelatrici, in maniera inequivocabile, dell intento di aggredire gli occupanti. Non rileva poi che il Ro. non sia stato in grado di riconoscere il soggetto che materialmente aveva lanciato i sassi, poiché tutti e tre i giovani erano rientrati, in quel modo, dentro casa e avevano poi picchiato T. e B.. Ciò chiarito, oltre che dalle dichiarazioni testimoniali, le lesioni riportate dal T. risultano anche dal verbale di Pronto Soccorso, ove la persona offesa era stata accompagnata nell immediatezza dei fatti dal servizio d'emergenza 118 e dove gli era stato diagnosticato una ferita lacero contusa sopracilio sinistro, trauma contusivo avambraccio destro", con prognosi di giorni dieci (cfr. verbale di Pronto Soccorso Ospedale di Montebelluna). I sanitari avevano rilevato la presenza della ferita sul sopraciglio e una lievissima escoriazione con lieve tumefazione della cute e dolore al livello del tessuto. Le ferite lamentate e direttamente riscontrate in Ospedale sono pienamente compatibili con la dinamica riferita dalla p.o. e, in particolare, con i plurimi colpi inferti con le bottiglie. 4.2 Certamente, poi, l'azione lesiva è stata consapevole e volontaria, vista l'irruzione nel domicilio con le descritte modalità, la pluralità e la direzione dei colpi. 4.3 Non vi sono dubbi sulla riconducibilità del fatto agli imputati, che sono stati riconosciuti in aula dalle p.o. e hanno reso l'esame: il T. non era stato in grado di vedere chi lo avesse colpito con la prima bottiglia di limoncello, ma subito dopo aveva visto entrambi gli imputati avventarsi contro di lui e colpirlo, uno dei due con una bottiglia di birra sul braccio e il M. con un manico di scopa. Anche il Ro. ha infine confermato che tutti e due gli imputati, oltre al ragazzo tunisino, avevano picchiato il suo amico Yo., seppure senza specificare le modalità. 5. Risulta quindi accertata la penale responsabilità degli imputati per il solo reato di cui al capo 2. 5.1 Va riconosciuta l'aggravante contestata di cui all'art. 585 comma 1 c.p., essendo stata commessa la condotta da più persone riunite (tre persone), e dell'aggravante, contestata in fatto,dell'utilizzo dell'arma: le lesioni sono state arrecate tramite bottiglie di vetro, strumento utilizzato per l'offesa alla persona, di cui è vietato il porto fuori dall'abitazione senza giustificato motivo ai sensi dell'art. 4 L. n. 110 del 1975. Vista l'assoluzione per il reato di rapina, va invece esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 576 n. 1 e 61 n. 2 c.p. 5.2 Non sussistono i presupposti per il riconoscimento delle attenuanti generiche, in assenza di elementi valutabili a tal fine: in senso contrario, vanno considerate le concrete modalità del fatto, un'aggressione fisica con bottiglie, posta in essere dagli imputati dopo essere entrati con violenza nell'abitazione, rompendo vetri e porte. 5.3 Quanto al trattamento sanzionatorio, dunque, valutati i criteri tutti di cui all'art. 133 c.p., in particolar modo l'entità delle lesioni, l'area corporea attinta, il mezzo utilizzato e le modalità violente sopra evidenziate, stimasi congrua la pena di anni uno e mesi sei di reclusione, così determinata: pena base anni uno di reclusione, aumentata ad anni uno e mesi tre per l'aggravante delle più persone riunite, ulteriormente aumentata come sopra per l'aggravante dell'uso dell'arma. All'affermazione della penale responsabilità segue la condanna al pagamento delle spese processuali. 5.4 Non si ritengono sussistenti i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena: è vero che i due imputati, di giovane età, risultano incensurati; il fatto commesso, con le modalità violente sopra riportate, fa però ritenere che la sola sentenza di condanna non avrebbe una sufficiente efficacia deterrente. 5.5 Trattandosi di soggetti privi di occupazione e di stabile dimora, irregolari sul territorio italiano, non vi sono neppure i presupposti per l'applicazione delle pene sostitutive della semi-libertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità di cui alla L. n. 689 del 1981. Quanto alla misura cautelare applicata, si ritiene che non vi siano più i presupposti per il mantenimento della stessa, alla luce sia dell'esito parzialmente assolutorio, con riferimento proprio al reato più grave di rapina, sia della verosimile efficacia deterrente della custodia in carcere finora subita. Va quindi disposta la revoca della misura ai sensi dell'articolo 299 c.p.p.. P.Q.M. Visto l'art. 530 comma 2 c.p.p. Assolve gli imputati dal reato di cui al capo 1 per non aver commesso il fatto in relazione al cellulare di To.Au. e perché il fatto non sussiste in relazione ai cellulari di Be.Ya. e To.Yo.. Visto l'art. 531 c.p.p. Dichiara non doversi procedere nei confronti degli imputati per il reato di cui al capo 3 perché estinto per intervenuta remissione della querela. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. Dichiara gli imputati responsabili del reato di cui al capo 2, ed esclusa l'aggravante di cui all'art. 576 n. 1 c.p., condanna ciascuno di essi alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare. Revoca la misura cautelare in atto e dispone l'immediata liberazione degli imputati non detenuti per altra causa. Fissa per il deposito dei motivi termine di giorni 90. Così deciso in Treviso il 13 luglio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 ottobre 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI TREVISO SEZIONE PRIMA CIVILE in composizione monocratica, in persona del dott. Alberto Barbazza, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio iscritto al R.G. n. 155/2020 promosso da (...) S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Fr.Se., per mandato depositato unitamente all'atto di citazione, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Montebelluna (TV); - ATTRICE - contro (...), rappresentato e difeso dall'avv. Al.Ca., come da mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Villorba (TV); - CONVENUTO - e con la chiamata in causa di SOCIETÀ (...) DI (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Pi.Ca., giusta procura depositata telematicamente contestualmente alla comparsa di costituzione e risposta, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Treviso; - TERZA CHIAMATA - CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE ex art. 132, comma secondo, n.4), cod. proc. civ. Con atto di citazione regolarmente notificato, (...) S.r.l. (in avanti anche solo "Immobiliare" per brevità) conveniva in giudizio (...) al fine di sentirlo al condannare al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di asseriti errori contenuti nella perizia di stima di immobile, eseguita da quest'ultimo e depositata in data 11 marzo 2010, avente ad oggetto l'immobile sito in Ponzano Veneto (TV), identificato al catasto terreni foglio (...), MN. (...), (...), (...), (...), (...) e, medesimo foglio, MN. (...), (...), (...), (...), (...). In particolare, l'attrice dichiarava di essere stata aggiudicataria dell'immobile in oggetto in seno alla Procedura Fallimento (...) S.r.l., iscritta a R.G. n. 231/2009 presso il Tribunale di Treviso e di essere venuta a conoscenza, nel tempo intercorso tra l'aggiudicazione e l'atto di trasferimento di proprietà mediante rogito notarile, che l'immobile era parzialmente abusivo e che sullo stesso risultava una morosità di oneri (rientrati nella categoria di obbligazioni propter rem) di urbanizzazione di cui la ditta fallita era debitrice. Il bando d'asta veniva redatto sulla scorta della perizia espletata dal (...), nella quale non erano menzionati i predetti vizi. In considerazione di ciò, l'odierna attrice si trovava costretta ad istruire un'istanza di sanatoria con costi pari ad Euro 7.455,00, versandone poi i relativi importi - Euro 9.355,72 - liquidati dal Comune di Ponzano Veneto (TV) a titolo di sanzione, a saldare gli oneri urbanistici per Euro 6.151,29, a sostenere ulteriori spese per la verifica topografica dello scostamento di sedime (Euro 1.298,20), nonché a ritardare la stipula del rogito di 18 mesi quando l'immobile era già stato promesso in vendita a terzi. L'immobiliare, inoltre, dava atto di aver informato dei vizi e delle difformità de quibus la Procedura Fallimento (...) S.r.l., con la quale veniva instaurata una trattativa che culminava nel riconoscimento dell'importo da parte di quest'ultima di Euro 5.000,00 a titolo di incentivo al completamento della procedura di vendita. L'attrice quantificava in Euro 2.553,92, oltre Iva, le spese legali resesi necessarie per addivenire ad un accordo con il Fallimento. Pertanto, ritenendo che l'odierno convenuto avesse operato in modo negligente e con imperizia, l'Immobiliare lo invitava a prendere parte a procedura di negoziazione assistita volta a comporre la lite in via stragiudiziale, ma questo non vi partecipava. Per l'effetto, l'Immobiliare si rivolgeva all'intestato Tribunale chiedendo la condanna del (...) al risarcimento danni patrimoniali subiti, consistiti nei maggiori costi ed oneri, nonché nel ritardo di immissione dell'immobile nel mercato, quantificati nella somma complessiva di Euro 39.814,13. Con comparsa di costituzione e risposta del 27 luglio 2020 si costituiva in giudizio (...), contestando quanto dedotto ed argomentato dalla controparte. Specificamente, negava gli fosse addebitabile qualsiasi responsabilità circa la sussistenza di vizi o difformità sull'immobile, in quanto egli aveva agito in seno alla Procedura di Fallimento in veste di coadiutore e, pertanto, nella sfera di responsabilità del Curatore ai sensi dell'art. 32, comma 2 L.F. Inoltre, dichiarava che il quesito posto alla base della perizia espletata non comprendeva l'esecuzione di rilievi strumentali per l'accertamento del posizionamento del fabbricato; che la perizia veniva eseguita sulla base del Piano degli Interventi approvato dal Comune di Ponzano Veneto al tempo della perizia, che subiva successive modifiche; che, in ogni caso, l'accordo concluso con il Fallimento avrebbe avuto natura transattiva e, per l'effetto, alcuna somma ulteriore avrebbe potuto essere richiesta al professionista incaricato. Il (...) contestava le pretese di parte attrice anche sul punto quantum debeatur. Infine, chiedeva di essere autorizzato alla chiamata in causa della propria Compagnia assicuratrice. All'udienza del 17 settembre 2020 il Giudice ammetteva la chiamata in causa richiesta da parte convenuta e rinviava la causa all'udienza del 14 gennaio 2021. Con comparsa di costituzione e risposta del 12 gennaio 2021 si costituiva in giudizio Società (...) (in proseguo anche solo "Assicurazione"), aderendo alle difese svolte dal (...), nonché contestando l'ammissibilità e la fondatezza in fatto e diritto delle domande di parte attrice. Confermava l'operatività della polizza invocata dal convenuto, nei limiti e alle condizioni dalle stesse previste. All'udienza del 14 gennaio 2021, il Giudice designato, rilevato l'oggetto della causa (domanda di risarcimento danni fondata sulla asserita responsabilità professionale del convenuto) e considerato si trattasse di controversia tabellarmente assegnata ad altra Sezione, disponeva la trasmissione degli atti al Presidente del Tribunale per la riassegnazione. Con Provv. del 21 gennaio 2021 il Presidente riassegnava la causa al presente Giudice. All'udienza dell'11 febbraio 2021 comparivano le parti, che si riportavano ai propri atti e contestavano le deduzioni avversarie; concordemente chiedevano la concessione dei termini per il deposito di memorie istruttorie. Il Giudice, preso atto, assegnava i termini di cui all'art. 183, comma sesto cod. proc. civ. e rinviava la causa all'udienza dell'8 luglio 2021 per l'ammissione delle istanze istruttorie. Il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, rinviava all'udienza del 24 novembre 2022 per la precisazione delle conclusioni. A tale udienza, le parti precisavano le proprie conclusioni e chiedevano la concessione dei termini ex art. 190 cod. proc. civ. All'esito, il Giudice assegnava i termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche e tratteneva la causa in decisione. 1. Sulle domande formulate da parte attrice. La domanda risarcitoria formulata da parte attrice deve essere rigettata. Il primo comma dell'art. 107 l. fall. stabilisce che "Le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal curatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati". Inoltre, il secondo comma dell'art. 87 l. fall. dispone che "Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore". Dal combinato disposto di queste due norme, si deduce chiaramente che il Curatore deve servirsi di un esperto per la stima dei beni che non siano di modesto valore e che lo stimatore è nominato dal Curatore. Sul punto, l'art. 25 l. fall. non attribuisce al Giudice delegato tale potere, posto che l'unica fattispecie assimilabile è quella di cui al n. 4 del primo comma della menzionata norma, per la quale il Giudice "su proposta del Curatore, liquida i compensi e dispone l'eventuale revoca dell'incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell'interesse del fallimento". Nel caso di specie, la nomina avveniva attraverso un provvedimento del Giudice delegato (cfr. doc. 12 parte convenuta), su istanza del Curatore, che non sarebbe necessaria per la nomina di uno stimatore. Da ciò, deve desumersi che la nomina avveniva ai sensi e per gli effetti degli artt. 32 e 41, comma quarto, l. fall., in mancanza del comitato dei creditori, e che, dunque, (...) assumeva la veste di coadiutore. A norma dell'art. 32, secondo comma, l. fall., il coadiutore opera sotto la responsabilità del Curatore. Circa l'interpretazione da assegnare a tale disposizione, la giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare che: "Il coadiutore della curatela fallimentare,nominato ai sensi del secondo comma dell'art. 32 legge fall., svolge prestazioni d'opera integrative dell'attività del curatore, in posizione subordinata rispetto a tale organo della procedura concorsuale; il curatore, pertanto, risponde a titolo di "culpa in vigilando" degli eventuali errori commessi dal coadiutore nell'espletamento delle attività affidategli" (cfr., da ultimo, Cass. 3 maggio 2018, n. 10513). Da tale assunto consegue che tra il Curatore e i tecnici eventualmente nominati per la stima dei cespiti coinvolti nella procedura di fallimento sussiste un rapporto di responsabilità solidale in relazione alle operazioni peritali svolte. Pertanto, la fattispecie in esame rientra nell'ambito di applicabilità dell'art. 1304 cod. civ., che prevede la facoltà per il condebitore solidale che non abbia partecipato alla transazione, di potersi avvalere della stessa, laddove abbia avuto a riguardo l'intero debito solidale. Nel caso de quo, l'accordo transattivo - che si concludeva con la previsione di un contributo, pari ad Euro 5.000,00, a carico del Fallimento a fronte dei maggiori oneri e costi a carico dell'acquirente Immobiliare - aveva ad oggetto l'intero prezzo versato per l'acquisto all'asta dell'immobile di cui si controverte e i medesimi vizi contestati nel presente giudizio (cfr. docc. 4 e 16 parte convenuta). In relazione all'efficacia dell'accordo transattivo, a nulla rileva l'interpretazione oggi conferita allo stesso dall'Immobiliare (la somma sarebbe stata concessa dal Fallimento "al solo titolo di incentivo al completamento della procedura di vendita e di rinuncia alla opzione ancora più dannosa ed incerta di una lite giudiziaria, che avesse ad oggetto la revoca dell'aggiudicazione per difformità e vizio del bene" (cfr. pag. 5 atto di citazione), in quanto nella proposta di transazione presentata dall'odierna attrice si legge: "(...) chiede al Fallimento di confermare (...) e quindi di corrispondere l'importo di Euro 5.000,00 a titolo di definitiva chiusura di ogni e qualsiasi contenzioso nei confronti del Fallimento" (cfr. doc. 4 parte convenuta); medesima formula è riportata sulla richiesta di autorizzazione formulata dal Curatore (cfr. doc. 16 convenuto). Pertanto, la domanda di parte attrice deve essere rigettata. 2. Spese di lite. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. n. 55 del 2014 come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022 - con una riduzione sugli importi previsti per la fase istruttoria del processo, essendo essa consistita nel solo deposito di documenti e per la fase decisoria in quanto difettando un'istruttoria complessa sono state solo riepilogate le impostazioni iniziali delle parti - seguono la soccombenza e, pertanto, nei rapporti tra attrice e convenuto devono essere integralmente rifuse da (...) S.r.l. a (...). L'attrice deve essere condannata altresì all'integrale refusione delle spese di lite sostenute dalla terza chiamata Società (...), liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. n. 55 del 2014 come aggiornato dal D.M. n. 147 del 2022 - con una riduzione sugli importi previsti per la fase istruttoria del processo, essendo essa consistita nel solo deposito di documenti e per la fase decisoria in quanto difettando un'istruttoria complessa sono state solo riepilogate le impostazioni iniziali delle parti, in quanto la chiamata in causa della stessa è stata necessitata dall'azione promossa e rigettata nei confronti del suo assicurato, odierno convenuto, (...). Infatti, in tema di spese giudiziali sostenute dai terzi chiamati in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l'attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo, in quanto il rimborso delle spese processuali sostenute da chi sia stato chiamato in garanzia dal convenuto, legittimamente viene posto a carico dell'attore, ove questi risulti soccombente nei confronti del convenuto in ordine a quella pretesa che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia e sempre che non risulti soccombenza del chiamato ovvero del chiamante (cfr. Cass., 18205/2007, Cass. 7674/2008). P.Q.M. il Tribunale di Treviso, in composizione monocratica, in persona del dott. Alberto Barbazza, disattesa ogni altra domanda, eccezione o istanza, definitivamente pronunciando, così provvede: - Rigetta la domanda proposta dall'attrice; - Condanna (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 5.700,00, oltre spese generali, IVA e CPA se dovuti per legge, in favore del convenuto (...); - Condanna (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 4.900,00, oltre spese generali, IVA e CPA se dovuti per legge, in favore della terza chiamata Società (...) di (...), in persona del legale rappresentante pro tempore. Così deciso in Treviso il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dr. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA Con rito abbreviato Nei confronti di: - (...), nato a O. A. B. (M.) il (...) - domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Mi.Ma. del Foro di Venezia DETENUTO P.A.C. - PRESENTE IMPUTATO Del delitto p. e p. dall'art. 457 c.p. perché, spendeva una banconota contraffatta da Euro. 100,00, ricevuta in buona fede, consegnandola a (...) gestore del pubblico esercizio Bar "(...)" corrente in Castello di Godego via (...). Con recidiva. Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'avv. Ma.Mi. del foro di Venezia, di fiducia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 16.01.2020, (...) è stato tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale, per rispondere del delitto meglio descritto in rubrica. Dopo un differimento disposto per legittimo impedimento del Giudice, all'udienza del 13.09.2021, presente l'imputato, la difesa ha eccepito la carenza di giurisdizione del Tribunale di Treviso, essendo stato (...) estradato dalla Spagna per un diverso procedimento penale, pendente dinanzi al Tribunale di Padova. All'udienza del 28.10.2021, la difesa ha prodotto documentazione a sostegno della propria eccezione (relativa alla esecuzione nei confronti di (...) del mandato di arresto europeo emesso dal GIP di Padova nel procedimento penale 5846/17 R.G. Gip e 3013/17 R.G. NR.) e chiesto, in caso di rigetto della medesima, la definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato. Il Giudice, rigettata l'eccezione preliminare, ha ammesso l'imputato al rito richiesto e rinviato per la discussione. Dopo un ulteriore differimento disposto per legittimo impedimento del Giudice, all'udienza del 03.03.2022, acquisita la sentenza n. 231/19 del Tribunale di Padova del 31.1.2019, irrevocabile il 17.05.2019, ed udite le conclusioni delle parti, è stata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto ed in diritto 1. Alla luce degli atti, legittimamente acquisiti al fascicolo per il dibattimento in virtù del rito scelto dall'imputato per la definizione del giudizio a suo carico, i fatti di causa possono essere così ricostruiti. Nel pomeriggio del 03 luglio 2017, i Carabinieri della Compagnia di Castelfranco Veneto (TV), durante un servizio di controllo del territorio, sono intervenuti presso il "(...)" di Castello di Godego (TV), su richiesta del titolare, (...), il quale ha rappresentato che, poco prima, un uomo di etnia nordafricana, di circa 35-40 anni, corporatura esile, alto circa 1.75 cm, successivamente identificato nell'odierno imputato, si era presentato presso il suo bar e, dopo aver effettuato una consumazione del valore di Euro 6,60, aveva esibito al gestore una banconota da Euro 100,00 (cfr. sit rese da (...) il 03.07.17 ai CC della Compagnia di Castelfranco Veneto). Dalla visione della cartamoneta (in particolare dell'ologramma di sicurezza) e dal successivo controllo mediante lampada ultravioletta, lo S. ha accertato che la stessa era falsa. Egli ha dunque rappresentato all'avventore la volontà di chiamare i Carabinieri. L'uomo, vistosi scoperto, ha guadagnato l'uscita del locale e si è allontanato a bordo dell'autovettura Lancia Y10 di colore grigio, tg. (...), in direzione Loria (TV). Gli agenti di p.g., intervenuti sul luogo del reato, hanno posto sotto sequestro la banconota falsa ed invitato lo S. presso i propri uffici per procedere alla descrizione del reo e alla ricognizione fotografica. Somministrato il fascicolo fotografico alla persona offesa, l'odierno imputato è stato riconosciuto immediatamente e senza alcun dubbio (cfr. verbale di sit e contestuale ricognizione fotografica di persona del 05.07.17 del N.O.R. dei CC di Castelfranco Veneto). La banconota sequestrata, avente numero seriale (...), è stata inviata al Centro Nazionale di Analisi della (...), che ne ha attestato la falsità (cfr. Perizia (...) trasmessa dalla Compagnia dei CC di Castelfranco Veneto il 15.10.2018). 1.1Dagli atti acquisiti nel fascicolo per il dibattimento, ed in particolare dai verbali di sit e di ricognizione fotografica effettuati il 6.07.2017 da ulteriori esercenti di pubblici esercizi, (...) e (...), è emerso altresì che l'imputato aveva tentato di spendere banconote false anche presso altri negozi. Sia la (...) che la (...), rispettivamente titolare di un bar e commessa in una cartolibreria di Castello di Godego (TV), hanno riferito, infatti, di aver ricevuto in pagamento da un cliente, successivamente riconosciuto nell'odierno imputato, una banconota da Euro 100,00, risultata potenzialmente falsa alle verifiche mediante Money Tester. Anche in questi casi, l'(...), scoperto dalle vittime, si è dato alla fuga. 2. Così ricostruiti i fatti di causa, deve essere affermata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per il fatto contestato. 2.1In via preliminare, deve essere ribadito il rigetto dell'eccezione avanzata dalla difesa all'udienza del 13.09.21 e non accolta all'udienza del 28.10.2021, come da verbale a cui ci si riporta. La difesa, infatti, ha depositato copia del (...) nei confronti dell'imputato, emesso dal Gip di Padova in relazione ad un procedimento penale diverso da quello oggetto del presente processo, nonché l'ordine di esecuzione emesso dalla Procura di Padova nei confronti dello stesso, eccependo il principio di specialità, secondo cui è fatto divieto di perseguire, giudicare e sottoporre a misure restrittive della libertà personale l'estradato per un fatto anteriore alla consegna e diverso da quello che ha motivato l'estradizione, ponendo una vera e propria condizione di procedibilità, la cui mancanza inibisce l'esercizio dell'azione penale. Nel caso di specie, la procedura giudiziaria adottata dal Gip di Padova a carico dell'imputato consiste in un mandato di arresto europeo, nei cui confronti la decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell'Unione europea del 13 giugno 2002 si è pronunciata adottando un criterio di "specialità attenuata", giustificato da un "elevato grado di fiducia tra gli Stati membri", derivante dalla omogeneità di sistemi giuridici e dalla garanzia equivalente dei diritti fondamentali, circoscrivendo l'incidenza del suddetto principio alle sole situazioni in cui viene in gioco la privazione della libertà personale della persona consegnata, così da impedirne la coercizione personale, ma non il perseguimento penale per altri reati, commessi anteriormente alla consegna e diversi da quelli che l'hanno giustificata. La giurisprudenza interna, recependo la normativa europea, ha ribadito che per fatti anteriori e diversi, il soggetto può essere sottoposto a procedimento penale e conseguentemente condannato, purché non subisca, nel corso o all'esito del giudizio, limitazioni della libertà personale, siano esse inibite dal titolo del reato, dalla valutazione dell'autorità giudiziaria o dal divieto posto dal principio di specialità (cfr. Cass. pen., 23.9.2011, n. 39240). 2.2 Ciò premesso, alcun dubbio sussiste, in primo luogo, in ordine all'attribuibilità della condotta a (...). In tal senso depongono, in maniera inequivoca: il riconoscimento effettuato avanti i Carabinieri di Castelfranco Veneto (TV) da parte di (...), che, oltre a risultare particolarmente attendibile in quanto effettuato a brevissima distanza dai fatti, è stato riscontrato dagli analoghi riconoscimenti effettuati da (...) e (...) (cfr. sit dei CC del 05 e 06 luglio 2017); l'intestazione del veicolo usato dall'imputato per darsi alla fuga; i filmati estrapolati dalle telecamere del sistema di videosorveglianza del Comune di Castello di Godego (TV), visionati dalla p.g., che hanno consentito di riconoscere nell'odierno imputato l'uomo che è sceso dalla predetta auto Y10 per entrare nel (...). 2.3Alla luce dell'analisi effettuata dalla (...), è pacifico che l'odierno imputato, in data 3.7.2017, abbia speso una banconota da 100,00 Euro contraffatta. Parimenti sussistente, considerate le modalità della condotta, è la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, costituito dal dolo generico, consistente nella consapevolezza di utilizzare una banconota falsa. Il delitto ex art. 457 c.p., al pari di quello previsto e punito dall'art. 455 c.p., prevede la spendita o la messa in circolazione di monete contraffatte; l'elemento caratterizzante del delitto per cui si procede è costituito dalla sopravvenuta consapevolezza della falsità delle banconote rispetto al momento della loro ricezione, di modo che il soggetto spende la moneta falsa per riversare su altri il danno patrimoniale arrecatogli (cfr. Cass. Pen. Sez. 4, sent. n. 6132/2018; Cass. Pen. Sez. Sez. 5, sent. n. 25642/2018). Atteso che (...) ha speso o tentato di spendere banconote false presso plurime attività commerciali del territorio trevigiano e si è dato a precipitosa fuga dopo essere stato scoperto, si ritiene inequivocabilmente provata la consapevolezza, da parte del medesimo, della falsità della moneta. Non essendo stata svolta alcuna attività in ordine alla provenienza o alle modalità di acquisizione del denaro falso da parte dell'imputato, non vi sono invece in atti elementi sufficienti per affermare, con ragionevole certezza, che lo stesso fosse consapevole della contraffazione sin dal momento della ricezione del corpo del reato; per tale ragione, si ritiene di condividere la qualificazione giuridica dei fatti data dal (...) 3. Considerati i numerosi precedenti penali dell'imputato, anche specifici, non si ritiene di applicare allo stesso le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p.. 4. Vista l'omogeneità e la contiguità temporale tra la condotta contestata nel presente processo e quelle giudicate con la sentenza n. 231/19 emessa nei confronti del medesimo imputato dal Tribunale di Padova in data 31.01.2019 (irrevocabile in data 17.05.2019), le stesse, essendo state evidentemente poste in essere in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, possono essere riunite nel vincolo della continuazione. 5. Accertata la penale responsabilità dell'imputato per la condotta contestata e riconosciuta la continuazione con i fatti giudicati dalla succitata sentenza, lo stesso, alla luce dei parametri di cui all'art. 133 c.p., deve essere condannato ad una pena che si ritiene equamente determinata in giorni venti di reclusione ed Euro 50,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali (ritenuto più grave il fatto giudicato dalla sentenza n. 231/19 emessa dal Tribunale di Padova in data 31.01.2019, irrevocabile il 17.05.2019, che ha condannato l'imputato alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 700,00 di multa, p.b., a titolo di aumento per la continuazione coi fatti già giudicati, mesi uno di reclusione ed Euro 75,00 di multa - pena nel determinare la quale ci si è attestati al di sopra del minimo edittale, stanti i numerosi precedenti specifici di (...); pena ridotta per il rito sino alla suindicata misura finale di giorni venti di reclusione ed Euro 50,00 di multa, con conseguente rideterminazione della pena complessiva in anni uno, mesi otto e giorni venti di reclusione ed Euro 750,00 di multa). Considerato che, alla luce del certificato del casellario giudiziale in atti, l'imputato ha già goduto della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena, e non potendosi comunque formulare una prognosi positiva circa il fatto che lo stesso si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati, non vi sono benefici concedibili sulla pena in concreto irrogata. 6. Ai sensi degli artt. 240 c.p., deve essere disposta la confisca e la distruzione della banconota in sequestro. 7. Stante il carico di lavoro del decidente, si è ritenuto equo fissare in giorni 90 il maggior termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli articoli 438 e ss., 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto e riconosciuto il vincolo della continuazione tra il fatto contestato nell'ambito del presente procedimento e quelli oggetto della sentenza emessa nei confronti del medesimo imputato dal Tribunale di Padova in data 31.1.2019 (irrevocabile in data 17.5.2019), lo Condanna con la riduzione conseguente al rito alla pena di giorni venti di reclusione ed Euro 50,00 di multa a titolo di aumento per continuazione sulla pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 700,00 di multa applicata dal Tribunale di Padova con la citata sentenza, così rideterminando la pena complessiva in anni uno, mesi otto e giorni venti di reclusione ed Euro 750,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 240 c.p. dispone la confisca e distruzione della banconota in sequestro. Visto l'art. 544 c.p.p. indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 3 marzo 2022. Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice Dr. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: 1) (...), nata a M. di T. il (...) - residente e con domicilio dichiarato a M. di T. in Via X. A. n. 15 LIBERA - PRESENTE 2) (...), nato a T. il (...) - residente e con domicilio dichiarato a (...) (T.) in via (...) n. 8/A LIBERO - PRESENTE IMPUTATI (...): A) del delito p. e p. dall'art. 590 bis co. 1 e 7 c.p., perché, alla guida dell'autovettura Ford Fusion targata (...), percorrendo la Via M. con direzione di marcia da S. C. verso Q. d'A., giunta in prossimità del civico n. 80, per negligenza, imperizia, imprudenza e con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in particolare, non regolando la velocità del veicolo, in relazione alle condizioni della strada fiancheggiata da edifici e del traffico, in modo tale da evitare ogni pericolo per la sicurezza delle persone nonché per l'insufficiente visibilità causata dall'ingombro dell'autobus incrociato e circolante nella corsia dell'opposto senso di marcia (art. 141 del Codice della Strada), investiva il pedone (...), che stava attraversando la predetta via da sinistra verso destra rispetto alla direzione di marcia del veicolo, al di fuori dell'attraversamento pedonale. A seguito dell'urto, cagionava alla predetta lesioni personali consistite in "distacco epifisario misto distale di tibia a destra da incidente della strada", dichiarate guaribili in un periodo superiore ai 40 giorni. Con l'attenuante specifica di aver cagionato l'evento non per esclusiva conseguenza della propria azione o omissione. (...): B) del reato di cui all'art. 591 co. 1 c.p. perché, quale custode della minore di anni quattordici (...), in quanto conducente dello scuola-bus sul quale la stessa era a bordo, la abbandonava facendola scendere alla fermata prevista l'assenza del genitore o di altro soggetto maggiorenne incaricato della custodia. - Capo d'imputazione corretto dal P.M. all'udienza del 10.02.2020 Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'avv. Gi.Ro. del foro di Treviso, di fiducia per (...); dell'avv. Si.Bi. del foro di Treviso, di fiducia presente anche in sostituzione dell'avv. An.Zo. del foro di Treviso, di fiducia, entrambi per (...). Per le PP.CC. (...), (...) e (...) è presente l'avv. En.Ri. del foro di Pordenone. È presente per il Responsabile Civile (...) S.P.A. l'avv. St.Bo. in sostituzione, per delega, dell'avv. Mi.Mo. del foro di Treviso. Svolgimento del processo Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 15.7.2019, (...) e (...) sono stati tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Treviso per rispondere dei delitti meglio descritti in rubrica. All'udienza del 10.2.2020, il giudice ha ammesso la costituzione di parte civile di (...), (...) e (...) e ordinato, su richiesta degli stessi, la citazione del responsabile civile, (...) S.p.a.. Dopo un differimento determinato dal mancato rispetto del termine a comparire del citato responsabile civile, all'udienza del 25.1.2021, presenti entrambi gli imputati, il giudice ha dichiarato aperto il dibattimento e dato corso all'attività istruttoria mediante l'acquisizione di documenti e l'audizione dei testi (...), (...), (...), (...) e (...). L'istruttoria è stata quindi completata, all'udienza del 11.3.2021, mediante l'acquisizione della relazione tecnica del consulente medico-legale delle parti civili, (...), e l'audizione del teste (...). Udite le conclusioni delle parti all'udienza del 25.11.2021, in assenza di repliche, in data 21.2.2022 è stata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto e in diritto 1. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, ed in particolare delle dichiarazioni rese all'udienza del 25.1.2021 dai testi (...), (...) e (...), i fatti di causa possono essere così ricostruiti. In data 17.2.2017, terminato l'orario scolastico, (...) (n. (...)) si è avvalsa dello scuolabus - nell'occasione condotto da (...) - per tornare a casa, in via M. n. 80 a (...) (T.). Trattandosi di un servizio c.d. porta a porta, l'autista ha condotto la minore in corrispondenza del civico di residenza, facendola scendere ad una fermata convenzionale posta dalla parte opposta della carreggiata, non segnalata e distante più di 100 mt dalle strisce pedonali. La persona offesa, stante l'assenza dei genitori, ha dovuto attraversare la strada da sola. Nel far ciò, all'incirca a metà della carreggiata, è stata investita dall'autovettura Ford Fusion, tg. (...), condotta da (...), che proveniva dalla sua destra. Prontamente soccorsa dall'imputata, da (...), testimone oculare dei fatti, e dalla madre, che era accorsa dopo aver sentito il rumore del sinistro dalla propria abitazione, la (...) è stata trasportata in ambulanza presso l'ospedale di Treviso, dove le sono state diagnosticate delle lesioni consistite in "distacco epifisario misto distale di tibia a destra da incidente della strada", giudicate guaribili in oltre quaranta giorni e per le quali sono stati necessari più interventi chirurgici (cfr. documentazione sanitaria acquisita all'udienza del 25.1.2021, nonché la consulenza medico legale del dott. (...), acquisita all'udienza del 11.3.2021). 2. Come riferito dal teste (...), all'epoca dei fatti in servizio presso la Polizia Locale di Roncade, la dinamica del sinistro è stata ricostruita sulla base dei danni rilevati sul veicolo investitore (lievi segni da impatto sullo spigolo anteriore sinistro del paraurti e rottura dello specchietto retrovisore sinistro), della posizione di quiete del veicolo medesimo, dei segni di frenata presenti sulla ghiaia posta oltre il margine della carreggiata, nonché delle dichiarazioni della persona offesa e di (...), che aveva direttamente assistito all'investimento. Il teste (...), premesso che non era stato possibile individuare l'esatto punto d'urto, ha precisato che la (...), mentre percorreva a bordo della propria auto via M., con direzione di marcia da San Cipriano a Quarto d'Altino, si era trovata improvvisamente davanti la persona offesa, che, partendo da dietro al bus da cui era appena scesa, aveva attraversato di corsa la strada, da sinistra verso destra rispetto alla direzione di marcia dell'automobilista, che non era riuscito ad evitare l'impatto nonostante un tentativo di sterzata a destra. Non ritenendo configurabile alcun profilo di colpa a carico della (...), la Polizia Locale di Roncade ha elevato una contravvenzione a carico della sola (...), per violazione dell'art. 190 comma 2 D.Lgs. n. 285 del 1992, avendo attraversato la carreggiata in un punto distante più di 100 mt dall'attraversamento pedonale senza la dovuta attenzione e, in particolare, senza concedere la precedenza al veicolo che sopraggiungeva dalla propria destra. Trattandosi di trasgressore minorenne, il verbale è stato notificato ai genitori, quali soggetti tenuti alla sorveglianza, che lo hanno impugnato dinanzi al Giudice di Pace di Treviso, che ha sospeso il procedimento in attesa dell'esito del presente giudizio. 3. Decisiva, ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro, è la deposizione resa all'udienza del 25.1.2021 dal teste (...), che stava percorrendo la S.P. 112 a bordo della propria auto, in direzione Quarto d'Altino - Roncade, dietro allo scuolabus condotto dal (...). Lo stesso ha precisato che la persona offesa, dopo essere scesa dal pulmino ed aver visto che lui si era fermato, era partita di corsa da dietro allo scuolabus e, all'incirca a metà della carreggiata, era entrata in collisione con il fanale anteriore sinistro della vettura della N.. Il teste ha dichiarato inoltre: che l'attraversamento era cominciato poco dopo la partenza dell'autobus, per cui la minore aveva sicuramente la visuale ostruita sulla sua destra; che il veicolo investitore non andava veloce (cfr. verbale stenotipico dell'udienza del 25.1.2021 pag. 46); che la persona offesa non aveva guardato a destra né prima né durante l'attraversamento. 4. La persona offesa, all'udienza del 25.1.2021, ha riferito: che i genitori non la avevano mai attesa alla fermata (circostanza confermata dai testi (...) e (...)); di aver guardato sia a destra che a sinistra prima di iniziare l'attraversamento; di essere partita dopo che una macchina, alla propria sinistra, si era fermata per farla passare; che il pulmino era già partito e si trovava a distanza, tanto da ostruirle solo parzialmente la visuale sulla destra; di aver effettuato l'attraversamento a passo svelto, come ogni giorno; di non ricordare esattamente il punto d'urto, avvenuto più o meno a cavallo della linea di mezzeria; di non essersi fermata a metà della carreggiata e di non ricordare di aver guardato a destra in corso di attraversamento; che, dopo il sinistro, lo scuolabus aveva iniziato a lasciarla dall'altra parte della strada, esattamente di fronte alla propria abitazione; di aver subito un lungo periodo di convalescenza e riabilitazione (confermato dai genitori, sentiti alla medesima udienza). 5. All'udienza del 11.3.2021, (...), dirigente dell'azienda che ha in appalto il servizio di trasporto pubblico scolastico del comune di Roncade, ha precisato che: i percorsi degli scuolabus erano realizzati in base alle iscrizioni, per portare gli alunni di fronte alle proprie abitazioni; la presenza dell'accompagnatore sul mezzo era prevista solo per le scuole elementari e dell'infanzia; nonostante il capitolato d'appalto (acquisito all'udienza del 25.1.2021) all'art. 11 prevedesse la consegna dei minori ai genitori e, in caso di assenza di questi, l'accompagnamento dei medesimi in un luogo sicuro, in attesa che i genitori li andassero prendere, questi ultimi quasi mai erano presenti alle fermate; per prassi, i ragazzi venivano fatti scendere da soli, vista la vicinanza all'abitazione; dopo l'incidente di cui si tratta, il Comune aveva consentito ai genitori di autorizzare la discesa autonoma dei figli dallo scuolabus, sollevando da responsabilità gli autisti; attualmente, in caso di assenza di detta autorizzazione e mancata presenza del genitore alla fermata, i minori vengono accompagnati al Centro Giovani di Roncade; i genitori della persona offesa non erano mai stati presenti alla fermata; la persona offesa aveva sempre avuto la possibilità di scendere davanti alla porta di casa; non era possibile garantire in assoluto la continuità della catena di custodia. 6. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, si impone l'assoluzione di (...) dal reato a lei ascritto, perché il fatto non costituisce reato; deve essere, invece, affermata, al di là di ogni ragionevole dubbio la penale responsabilità di (...) per il reato a lui ascritto. 6.1Pressochè pacifica è la dinamica del sinistro, atteso che (...), verso le ore 13.45 del 17.2.2017, mentre attraversava la S.P. 112 nel territorio di Roncade, in corrispondenza della propria abitazione, è stata investita dalla vettura condotta dalla (...), riportando le lesioni meglio descritte in rubrica. Alla luce delle dichiarazioni rese in dibattimento dal (...), che si reputano pienamente attendibili in quanto, oltre a provenire da un soggetto (a differenza della parte offesa costituita parte civile) del tutto privo di interesse in causa, si caratterizzano per precisione e logicità intrinseca, ritiene il giudice che l'investimento sia avvenuto poco oltre il superamento della linea di mezzeria da parte del pedone, che ha effettuato l'attraversamento partendo da dietro al bus, poco dopo la ripartenza del medesimo, di corsa e guardando solo alla propria sinistra, venendo così a collidere con lo spigolo anteriore sinistro del veicolo antagonista, che procedeva a velocità moderata e non è riuscito ad evitare l'impatto nonostante un tentativo di spostamento a destra. Le dichiarazioni del (...), in ordine alla velocità della vettura condotta dalla (...), sono state peraltro riscontrate dai rilievi effettuati dalla Polizia Locale di Roncade, che non ha ritenuto di elevare alcuna contestazione all'automobilista ed ha constatato modestissimi segni di impatto sullo spigolo anteriore sinistro della vettura. 6.2Quanto alla posizione della (...), occorre premettere che ai sensi dell'art. 190, comma 5, del codice della strada, i pedoni che si accingono ad attraversare la carreggiata in zona sprovvista di attraversamenti pedonali devono dare la precedenza ai conducenti dei veicoli in transito. È, dunque, certamente configurabile un profilo di colpa in capo alla persona offesa, (...), come correttamente riportato dal P.M. nel capo di imputazione e come rilevato dalla Polizia Municipale di Roncade (TV), che ha irrogato alla parte civile una sanzione amministrativa per violazione della disposizione citata. La condotta colposa del pedone, che si è immesso nel flusso veicolare correndo da dietro ad un autobus appena partito, senza prestare adeguata attenzione ai veicoli in transito, ha costituito, peraltro, la causa determinante l'incidente, non potendo egli invocare in suo favore né il principio di affidamento, né il concetto di precedenza di fatto; sotto il primo profilo, infatti, la prevalente e condivisibile giurisprudenza di legittimità esclude che, nei settori - come la circolazione stradale - in cui le regole cautelari impongono all'agente di prevedere i comportamenti colposi altrui, il principio in parola possa essere invocato da colui che sia in colpa, per avere violato le regole precauzionali di propria competenza o per aver omesso determinate condotte; quanto alla precedenza di fatto, la stessa può configurarsi esclusivamente nei casi in cui il soggetto sfavorito dalla precedenza (in questo caso il pedone) sia in grado di effettuare l'attraversamento della sede stradale in assoluta sicurezza, senza porre in essere alcuna situazione di rischio e di pericolo per la circolazione stradale. Ciò premesso, occorre verificare se sia configurabile un profilo di colpa anche a carico della (...), individuato dal P.M. nel non aver adeguato la velocità alle condizioni della strada ed in particolare alla presenza di uno scuolabus in sosta. La violazione della regola cautelare, chiaramente, non può essere desunta dalla gravità delle conseguenze lesive derivate dall'incidente; occorre, invece, verificare se, alla luce delle emergenze processuali, l'imputata, nelle condizioni di luogo e di tempo del sinistro, avrebbe potuto evitare l'evento se avesse prestato maggiore attenzione alla strada e attivato prontamente ogni manovra di emergenza necessaria. Ritiene questo giudice che le risultanze istruttorie non consentano di affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputata. In assenza di riferimenti certi in ordine al punto d'urto ed alla velocità della vettura condotta dalla (...), assume rilievo decisivo l'individuazione del momento in cui l'automobilista ha percepito la turbativa costituita dal pedone; in altre parole, è necessario verificare quando l'imputata ha percepito (o avrebbe dovuto percepire) la parte civile come un pericolo (vista l'intersezione delle traiettorie) e se vi erano le condizioni di spazio e di tempo per effettuare delle manovre di emergenza, tenendo conto dei fisiologici tempi di reazione. Ciò premesso, gli atti di causa consentono di ritenere che, stante l'ingombro costituito dallo scuolabus, la persona offesa non fosse avvistabile dalla (...) al momento dell'inizio dell'attraversamento e che la situazione di conflitto sia stata percepita in prossimità della linea di mezzeria, pochi istanti prima dell'impatto, fortunatamente avvenuto a velocità ridotta, come comprovato dai limitati danni subiti dalla carrozzeria dell'auto. Non vi sono dunque elementi sufficienti per addebitare con certezza alcun profilo di colpa (generico o specifico) all'imputata. Le regole di giudizio del processo penale impongono dunque una pronuncia assolutoria, ex art. 530 comma 2 c.p.p. perché il fatto non costituisce reato. Considerate la complessità della vicenda, la carenza di dati fondamentali quali il punto d'urto e la velocità del veicolo e la pronuncia di una sentenza assolutoria con formula dubitativa, si ritengono sussistenti giustificati motivi per compensare totalmente le spese di lite tra la parte civile e il responsabile civile, che, in sede di discussione, ne ha chiesto la condanna in suo favore. 6.3Quanto alla posizione del (...), deve essere invece affermata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità del medesimo per il delitto di cui all'art. 591 c.p. Per giurisprudenza pacifica e condivisibile, infatti, il conducente di uno scuolabus ha il dovere di adottare tutte le cautele suggerite dalla ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, al fine di garantire la sicurezza dei minori che gli sono affidati per il trasporto, non solo durante le fasi preparatorie ed accessorie di salita e discesa dal veicolo, ma altresì in quella ulteriore dell'attraversamento della strada, quando alla fermata gli stessi minori non siano presi in consegna dai genitori o da altri soggetti da loro incaricati (cfr. Cass. Sez. F, Sentenza n. 32822 del 31/07/2007, Rv. 236831 - 01 - fattispecie avente ad oggetto la riconosciuta responsabilità per il delitto di lesioni colpose del conducente dello scuolabus che non aveva evitato che un minore, una volta disceso dal veicolo, attraversasse in maniera imprudente la strada, venendo così investito da un'autovettura in transito). Nel caso di specie, peraltro, il capitolato d'appalto prevedeva espressamente che gli utenti del servizio dovevano essere consegnati ai genitori o a soggetti da essi delegati e, in caso di loro assenza alle fermate, dovevano essere condotti in un luogo sicuro, in attesa di essere ripresi. Sussistono, dunque, tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata. In particolare: il (...), in qualità di conducente dello scuolabus, aveva la custodia di (...), che all'epoca dei fatti contestati non aveva ancora compiuto gli anni tredici; consentendone la discesa dal bus e l'attraversamento della strada in assenza dei genitori, l'imputato ha abbandonato la minore in una situazione di pericolo, venendo meno al proprio dovere di custodia; la situazione di pericolo era di immediata percezione, atteso che la parte civile è scesa ad una fermata convenzionale, non segnalata, lungo una strada provinciale priva di marciapiede e di strisce pedonali; pacifico è dunque l'elemento soggettivo del reato, che richiede solo la rappresentazione della situazione di abbandono, senza che assuma alcun rilievo la circostanza che l'agente abbia sottovalutato il rischio a cui andava incontro il minore, nella convinzione che nulla gli sarebbe occorso; l'imputato, peraltro, era pienamente consapevole del fatto che non avrebbe dovuto consentire l'attraversamento in assenza dei genitori, ma avrebbe dovuto potare la minore in un luogo sicuro in attesa degli stessi. Prive di pregio sono le deduzioni difensive fondate sull'esistenza di una prassi consolidata che, in violazione del capitolato d'appalto, consentiva la discesa autonoma dei minori con conseguente esposizione a pericolo. 6.4Considerato il concorso di colpa della persona offesa nella causazione dell'evento e visto lo stato di incensuratezza dell'imputato, sussistono le condizioni per applicare al medesimo le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p.. 6.5Accertata la penale responsabilità dell'imputato per il delitto a lui ascritto e applicate le attenuanti generiche, alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p., lo stesso deve essere condannato alla pena di mesi quattro di reclusione (p.b. mesi sei di reclusione, ridotta per le generiche sino alla misura finale suindicata di mesi quattro di reclusione), oltre al pagamento delle spese processuali. Non avendone mai beneficiato e potendosi formulare una prognosi positiva circa il fatto che si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati, sussistono i presupposti per applicare all'imputato i benefici della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena e della non menzione della stessa nel certificato del casellario giudiziale spedito, a richiesta dei privati, non per ragioni di diritto elettorale. 7. Alla affermazione di penale responsabilità segue la condanna del (...) al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede civile attesa la complessità della liquidazione, che dovrà tener conto dei vari profili di responsabilità ascrivibili ai vari soggetti coinvolti nella vicenda (l'automobilista, la persona offesa, i genitori di questa, che non si sono mai presentati alla fermata, e l'autista dello scuolabus); per le medesime ragioni si ritiene di non disporre di elementi sufficienti per riconoscere alla parte civile una somma a titolo di provvisionale; la relativa domanda deve essere pertanto rigettata. L'imputato deve essere invece condannato alla refusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile, liquidate come da dispositivo, applicando i valori medi delle tabelle professionali vigenti; pagamento da effettuarsi in favore del difensore che si è dichiarato antistatario. 8. Atteso il carico di lavoro del giudicante, si è ritenuto equo fissare in giorni 90 il maggio termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visto l'art. 530, comma 2, c.p.p. Assolve (...) dal reato a lei ascritto, perché il fatto non costituisce reato; visto l'art. 541, comma 2, c.p.p. compensa totalmente le spese processuali tra la parte civile e il responsabile civile; Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) responsabile del reato a lui ascritto e, applicate al medesimo le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali; visti gli artt. 163 e 175 c.p. ordina che l'esecuzione della predetta pena resti sospesa per il termine e sotto le comminatorie di legge e che della stessa non sia fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale spedito, a richiesta dei privati, non per ragioni di diritto elettorale. visti gli artt. 538 e segg. c.p.p. condanna (...) al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili costituite, da liquidarsi in separata sede civile; rigetta la domanda di provvisionale avanzata dalla parte civile; condanna altresì l'imputato al pagamento delle spese di costituzione e difesa delle predette parti civili, che liquida in complessivi Euro 3.420,00, oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CPA come per legge, da corrispondere al difensore che si è dichiarato antistatario. Visto l'art. 544, co 3, cpp, fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 21 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dr. Francesco SARTORIO Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato il (...) a A. E. (M.), residente e con domicilio eletto a O. (T.), via S. V., n. 21 LIBERO - ASSENTE IMPUTATO della contravvenzione p. e p. dall'art. 186, co. 2 lett. c) e co. 2-bis, D.Lgs. n. 285 del 1992 e succ. mod., perché conduceva l'autovettura Lancia Lybra targata (...), non di sua proprietà, in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, accertato mediante le analisi dei campioni di liquidi biologici (tasso alcolemico pari a 2,86 g/l), effettuate dal personale sanitario preposto. Fatto aggravato per aver provocato un incidente stradale. Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'avv. Na.Gh. del Foro di Treviso, di fiducia. MOTIVI Con decreto penale numero 405/19 imputato veniva condannato alla pena di Euro 15.500 di ammenda per il reato di cui al capo di imputazione sopra riportato. A seguito di opposizione veniva emesso decreto di giudizio per l'udienza del 21/1/20. Assunte le prove dichiarative chieste dalle parti, ed acquisiti documenti, all'udienza del 22/3/22 il processo veniva deciso come da dispositivo letto in udienza ed allegato agli atti. 1) LA CONTESTAZIONE All'imputato e' stato contestato il reato di cui all'articolo 186 comma 2 lettera C e comma 2 bis, per aver condotto l'autovettura Lancia Lybra tg. (...) , non di sua proprietà, in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche con accertato grado di alcolemia di g/l 2,86. 2) LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI Dalla deposizione del teste (...), della polizia stradale di Treviso, risulta che in data 26/10/17, verso le ore 20:45, lo stesso veniva inviato in Oderzo per il rilievo di un incidente stradale. Arrivato sul posto, il teste verificava che vi era un veicolo fermo fuori della sede stradale, sul lato destro della carreggiata nella direzione di marcia del veicolo stesso, con la parte frontale dell'auto rivolta verso il fossato sito a margine della strada. Il conducente del veicolo era già stato trasportato con ambulanza all'ospedale di Oderzo, e pertanto, eseguiti i rilievi di rito, veniva richiesto tramite la centrale operativa l'accertamento dell'alcolemia. Nell'occasione il piano viabile non presentava problematiche, non pioveva, l'asfalto era asciutto e non erano visibili tracce di frenata. Non essendo presenti altri veicoli coinvolti nel sinistro, si trattava di una fuoriuscita autonoma di strada. L'incidente, secondo le indicazioni ricevute dalla centrale, era accaduto verso le 20:30. Su richiesta della difesa è stato sentito il teste (...) il quale ha riferito di conoscere l'imputato da diversi anni in quanto quest'ultimo era stato aiutato da un'associazione di volontariato di cui il teste faceva parte. Il teste ha riferito che il 26/10/17 l'imputato, terminato il lavoro, si era fermato a casa sua verso le 17:00-18:00 e gli aveva manifestato preoccupazione perché la moglie aveva un tumore e doveva essere operata; dopo aver mangiato un panino e bevuto un bicchiere di vino, dopo circa 30 minuti l'imputato se ne era andato per tornare a casa dai figli minorenni. Il teste aveva saputo in seguito che anziché andare direttamente a casa l'imputato aveva proseguito verso Ponte di Piave per recarsi in un bar a prendere le sigarette e lì aveva bevuto una birra. Successivamente, tornando verso casa, poiché viaggiava su un'auto con il cambio automatico che gli era stata prestata, e di cui lui non era pratico, l'imputato si era fermato a bordo strada perché si era spento il motore e lui non riusciva a spostare l'auto. Ciò gli era stato riferito dall'imputato successivamente ai fatti, e lui aveva verificato presso la barista di Ponte di Piave che effettivamente l'imputato aveva bevuto solo una birra. Il pubblico ministero ha prodotto le fotografie dell'auto dopo il sinistro, il verbale di dimissione dal pronto soccorso, il verbale del Laboratorio di Igiene Ambientale e Tossicologia Forense di Mestre Venezia riportante l'esito delle analisi del sangue con riferimento all'alcolemia. 3)LA VALUTAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO Così riassunte le emergenze processuali, deve ritenersi sussistente la penale responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto. È provato infatti , sulla base della deposizione del teste (...), nonché delle fotografie prodotte dal pubblico ministero, che l'imputato in data 26/10/17, verso le ore le 20:30, alla guida della vettura Lancia Lybra , non di sua proprietà, mentre percorreva la strada provinciale 54 nei pressi di Oderzo fuoriusciva dalla sede stradale finendo con la parte frontale della vettura dentro al fosso sito a margine della strada. Ed è provato altresì che, portato in ambulanza all'ospedale di Oderzo, veniva qui sottoposto, nell'ambito delle normali prassi previste dai protocolli medici, ad accertamento tra l'altro dell'alcolemia con accertato tasso alcolico di 2,86g/l (cfr. verbale di dimissione del pronto soccorso e verbale del Laboratorio di Igiene Ambientale e Tossicologia Forense di Mestre Venezia). Risulta così integrata la fattispecie di cui alla lettera C dell'art. 186 comma 2 codice della strada, nonché l'aggravante di cui al comma 2 bis, essendo pacifico che anche la fuoriuscita autonoma di strada costituisce incidente ai sensi della norma in questione, giacché, secondo l'interpretazione costante della suprema corte, la ratio della norma è quella di punire più gravemente chi con la propria condotta di guida, ancorché non coinvolgendo altri veicoli, realizzando un incidente, determini un maggior pericolo per la circolazione e per l'incolumità propria e degli altri utenti della strada. Va d'altra parte rilevato che il prelievo effettuato presso il pronto soccorso deve ritenersi valido, e le conseguenti analisi utilizzabili, ancorché l'imputato non sia stato avvertito della facoltà di farsi assistere da un difensore e non gli sia stato chiesto il consenso al prelievo, trattandosi di un prelievo effettuato d'iniziativa dai sanitari nell'ambito dei normali protocolli medici utilizzati in relazione alla situazione clinica dell'imputato. In tale situazione infatti, secondo il costante orientamento della suprema corte, non è necessario né il consenso né l'avvertimento di cui all'art. 114 delle norme di attuazione del c.p.p.. La difesa ha però sostenuto l'inattendibilità del risultato delle analisi del sangue , e quindi la mancanza di prova della sussistenza del reato, in quanto relative ad un prelievo effettuato almeno 40 minuti dopo l'incidente. In particolare, avvalendosi dell'ausilio del consulente medico dott. M.C. , ha sostenuto che il quadro clinico dell'imputato si sarebbe aggravato solo dopo il sinistro in quanto all'arrivo dei primi soccorsi l'imputato sarebbe stato sostanzialmente asintomatico, mentre avrebbe manifestato sintomi coerenti con il livello di alcolemia poi riscontrato solamente giunto al pronto soccorso. Ciò significherebbe, secondo il consulente, che la alcolemia sarebbe aumentata dopo il sinistro e che il campione di sangue sarebbe stato prelevato durante la fase finale di assorbimento dell'etanolo e in corrispondenza del relativo picco di concentrazione, con la conseguenza che al momento dell'incidente l'etanolo sarebbe stato ancora nella fase dell'assorbimento e che i valori di alcolemia in tale momento sarebbero stati molto più bassi di quelli poi misurati. La tesi della difesa non può essere accolta. Invero, il fatto che l'accertamento dell'alcolemia non sia stato immediato, ma sia avvenuto dopo un certo lasso di tempo non ne fa venir meno l'attendibilita'. Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione dell'accertamento alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico (cfr. Cass. 13.999 del 11/3/2014). È vero che in alcune pronunzie la Suprema Corte ha anche ritenuto che quando l'intervallo temporale tra la condotta di guida e l'esecuzione dell'accertamento alcolemico è significativo è necessario verificare la sussistenza di altri elementi indiziari (cfr. Cass. 47298 del 11/11/2014), precisando però che va escluso che valga in proposito una sorta di aritmetica delle prove, come se, dato un accertamento strumentale a distanza di tempo non breve dall'atto di guida, sia necessario aggiungere elementi indiziari che consentano di ottenere una "prova sufficiente" dell'accusa. Si e' sostenuto infatti in tali pronunzie che occorre tenere anche conto della distribuzione degli oneri probatori, nel senso che dato un accertamento strumentale del tasso alcolemico, la presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell'accertamento non può che far capo all'imputato. E ciò vale anche per l'incidenza della cosiddetta curva alcolimetrica, che secondo queste decisioni della Suprema Corte, non può essere " predicata " in astratto, perché va concretamente dimostrato che, in relazione al momento di assunzione della sostanza alcolica , il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita poi a distanza di tempo non rappresenti la condizione organica presente al momento della guida (cfr. Cass. 24206 del 4/3/2015 e Cass. 40722 del 9/8/2015). Nel caso di specie, premesso che nessuna prova è stata fornita circa l'eventuale assunzione di alcol dopo l'incidente, o circa eventuali stati morbosi dell'imputato in grado di influire sul accertamento dell'alcolemia; non risulta provato con esattezza in quale orario le bevande alcoliche siano state assunte. Gli unici elementi di prova al proposito si desumono dalla deposizione del teste (...), dalla quale risulta solo che l'imputato bevette un bicchiere di vino verso le 17 30 presso l'abitazione del teste, e poi si diresse presso un bar di Ponte di Piave, ove bevette della birra. Non è dato però sapere esattamente quanta birra assunse (la barista che avrebbe ferito al teste (...) che l'imputato aveva bevuto solo una birra non è stata sentita), nè a che ora esatta ciò sia avvenuto, cosicché non può stabilirsi quale sia stato nel caso di specie l'andamento della curva alcolica. Solo per fare un esempio, se l'imputato avesse cessato di assumere bevande alcoliche alle 19:00 , alle 20:30, quando è accaduto l'incidente, la curva alcolica sarebbe già stata prossima al suo apice ( secondo la regola della curva di Widmark la concentrazione di alcol nel sangue ha un andamento crescente fra i 20 e i 60 minuti dopo l'assunzione , e il picco ematico mediamente raggiunge il suo apice a stomaco pieno dopo 40 minuti, mentre successivamente l'alcolemia diminuisce) e alle 21:10, quando è stato effettuato il prelievo, sarebbe stata già da tempo in fase discendente, con la conseguenza che il valore riscontrato sarebbe addirittura inferiore a quello presente al momento della guida. Non va comunque trascurato che il valore accertato è talmente alto (g/l 2,86) che anche volendo ritenere il discostamento di esso rispetto al valore presente al momento della guida, andrebbe comunque escluso che lo scostamento sia tale da far scendere l'alcolemia al di sotto del limite di cui alla lettera C dell'art. 186 comma 2 codice della strada. Quanto al fatto (ancora evidenziato dal dottor (...)) che i sintomi rilevati al momento dell'arrivo dell'ambulanza sarebbero aspecifici e compatibili anche con un tasso alcolemico inferiore al limite di legge, e che solo successivamente i sintomi si sarebbero aggravati, anche questa affermazione non può essere condivisa. Infatti, ciò che risulta dal verbale di dimissione del pronto soccorso è solo un'annotazione sintetica sullo stato dell'imputato al momento della presa in carico da parte dei soccorritori ("trovato dal personale del 118 seduto in macchina, vigile, riferita alitosi alcolica") che non consente di accertare esattamente le condizioni dell'imputato in tale momento, mentre subito dopo, arrivato in ospedale, vi è una descrizione dettagliata delle condizioni dell'imputato che consente di ritenere che lo stesso avesse un elevato tasso alcolico ("eloquio un po' impastato, a tratti presenta agitazione psicomotoria e incoordinamento motorio, turpiloquio, alitosi etilica"). 4)IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO Esclusa la concessione delle attenuanti generiche, non essendovi alcun elemento positivo da valorizzare allo scopo e non essendo sufficiente la mera incensuratezza dell'imputato; considerati i criteri tutti di cui all'articolo 133 c.p.c., ed in particolare il grado di alcolemia riscontrato ; pena congrua ed equa appare quella di anni 1 di arresto ed Euro 3000 di ammenda (pena base mesi 6 di arresto ed Euro 1500 di ammenda, aumentata ad anni 1 di arresto ed Euro 3000 di ammenda per l'aggravante di cui al comma 2 bis). Stante l'incensuratezza dell'imputato possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione. Alla ritenuta responsabilità consegue ex lege la sanzione accessoria della revoca della patente di guida. Non va invece disposta la confisca dell'auto su cui l'imputato viaggiava essendo di proprietà di terzi. Il carico attuale di lavoro giustificano il termine di giorni 60 per il deposito dei motivi. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato responsabile del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di anni 1 di arresto ed Euro 3000 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa, non menzione. Revoca la patente di guida dell'imputato. Revoca il decreto penale opposto. Fissa il deposito dei motivi termine di gg. 60. Così deciso in Treviso il 22 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dr. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: (...), nato il (...) in S., residente e con domicilio dichiarato a C. B. (S.) in Via M. n. 97 LIBERO - GIA' ASSENTE- ASSENTE IMPUTATO per il reato di cui all'art. 95 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in relazione all'art. 79 del citato decreto, perché attestava falsamente a pubblici ufficiali, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto era destinato a provare la verità, presentando al Tribunale di Treviso - Sezione Penale una Dichiarazione Sostitutiva di certificazione al fine di ottenere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in cui attestava, contrariamente al vero, che il reddito proprio e del nucleo familiare convivente, composto dal fratello (...) e dalla madre (...), fosse pari a zero mentre, in realtà, la madre percepiva un reddito da pensione pari ad Euro 5.261,51. In Treviso il 17/08/2015 (luogo e data di deposito della dichiarazione). Con l'intervento del V.P.O. Dott. (...); dell'Avv. Ch.Ma. del Foro di Treviso, d'ufficio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 26.05.2020, (...) è stato tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale, per rispondere del delitto meglio descritto in rubrica. Dopo un differimento determinato dall'astensione del Giudice originariamente assegnatario del fascicolo (che, in sede di rigetto dell'istanza di ammissione al gratuito patrocinio avanzata dall'imputato in diverso giudizio, ha trasmesso gli atti in Procura, determinando la genesi del presente procedimento), all'udienza dell'08.07.2021, assente l'imputato, il presente Giudice ha dichiarato aperto il dibattimento ed ammesso le prove richieste dalle parti. All'udienza del 28.02.2022 la causa è stata istruita documentalmente. Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed udite le conclusioni delle parti, è stata quindi pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto e in diritto 1. Alla luce degli atti prodotti dal P.M. ed acquisiti nel fascicolo per il dibattimento all'udienza del 28.02.2022, i fatti di causa possono essere così ricostruiti. Il 14.08.2015 (...), imputato nel procedimento penale n. 7199/15 R.G.N.R. e n. 1113/15 R.G. Dib. pendente dinanzi al presente Tribunale, ha presentato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, con la quale ha certificato di possedere un reddito, comprensivo di quello dei familiari conviventi, pari ad Euro 0. Con decreto del 22.09.2015, il Giudice ha rigettato l'istanza e trasmesso gli atti al P.M. per le dovute valutazioni, rilevando che: - l'imputato aveva dichiarato di convivere con la madre ed il fratello (nato il (...)); - il nucleo familiare così composto aveva reddito nullo; - l'autocertificazione non era credibile, atteso che tre persone non possono sopravvivere né fare fronte alle esigenze di prima necessità in assenza di qualsivoglia forma di reddito. Svolti gli accertamenti richiesti sulla posizione reddituale dell'odierno imputato e dei familiari conviventi, in data 11.03.2016, la Guardia di Finanza di Siracusa ha comunicato la non veridicità dei suddetti dati. Da un'interrogazione della banca dati dell'Agenzia delle Entrate è emerso, infatti, che la madre dell'imputato, (...), nell'anno d'imposta 2014 aveva conseguito un reddito da pensione di Euro 5.265,51. 2. Pacifica e non contestata l'attribuibilità della condotta all'imputato, che ha personalmente compilato l'autocertificazione presentata per l'ottenimento dell'esenzione dalle spese processuali in relazione al reddito dichiarato, la difesa ha dedotto l'assenza dell'elemento soggettivo del reato contestato. Infatti, atteso che, anche considerando il reddito prodotto dalla madre, sussistevano in ogni caso i presupposti per l'ammissione al beneficio, l'istanza sarebbe stata semplicemente redatta in maniera negligente dal (...), che non aveva intenzione di conseguire indebitamente l'ammissione. 3. Così ricostruiti i fatti di causa, deve essere affermata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per la condotta delittuosa contestata. Premessa la pacifica riferibilità all'imputato dell'istanza di ammissione al g.p. di cui si tratta, che reca indicazioni oggettivamente false in ordine alla consistenza reddituale del nucleo familiare del (...), le deduzioni della difesa non possono essere accolte. Sussiste infatti, nel caso di specie, l'elemento soggettivo del reato, consistente nel dolo generico di compiere volutamente il fatto, nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero; premesso che certamente l'imputato era a conoscenza dell'esistenza del reddito della madre (che provvedeva al mantenimento dell'intero nucleo familiare), nessun dubbio può esistere in ordine alla consapevolezza dello stesso, nel momento in cui ha negato l'esistenza di detto reddito, di aver reso una dichiarazione contraria al dovere giuridico di dichiarare il vero. Infatti, il modulo sottoscritto dall'imputato indicava in maniera chiara, semplice e assolutamente intellegibile che il reddito da autocertificare era quello complessivamente percepito dal nucleo familiare e non soltanto quello percepito dal (...). Altrettanto chiara è l'indicazione delle conseguenze, anche di tipo penale, che discendono dall'aver reso delle dichiarazioni false. Il senso delle autocertificazioni e delle dichiarazioni sostitutive è, infatti, quello di semplificare i rapporti tra la pubblica amministrazione e i cittadini, consentendo a questi ultimi di autocertificare il possesso di certe qualità o la sussistenza di certe situazioni, senza la necessità di procurarsi il relativo certificato dalla pubblica amministrazione competente; una tale semplificazione presuppone evidentemente una assunzione di responsabilità del dichiarante, che non può venire meno semplicemente affermando di non aver compreso il significato del documento che si è compilato e firmato o di essersi dimenticati di dichiarare i dati richiesti; nel caso di specie, peraltro, l'assoluta chiarezza e la brevità del testo del modulo escludono in radice che il sottoscrittore non avesse compreso il senso di quanto stava firmando. Quanto all'inidoneità dei redditi non dichiarati ad implicare il superamento della soglia prevista dalla norma, la giurisprudenza di legittimità, a Sezioni Unite, ha affermato che tale evenienza non trasforma la condotta delittuosa in un "falso innocuo", poiché con tale locuzione si allude a quella infedele attestazione (nel falso ideologico) o compiuta alterazione (nel falso materiale) che risultano del tutto irrilevanti ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio. Nel caso di una falsa indicazione del reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, infatti, l'innocuità della stessa non può essere valutata in relazione all'entità del reddito non dichiarato (cfr. Cass. Pen. Sez. Un, n. 6591/2009 Rv. 24215201, secondo la quale "integrano il delitto in questione le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio"). La disciplina in materia, infatti, esclude ogni discrezionalità da parte del soggetto da ammettere al beneficio; il falso di cui si tratta, inoltre, tutela la "pubblica fede" e l'art. 95 prevede quale elemento psicologico del reato il dolo generico e configura "l'ottenimento o il mantenimento" del beneficio solo come circostanza aggravante. 4. Attesa la giovane età dell'imputato e la non particolare gravità della condotta, tenuto conto del fatto che il reddito familiare era effettivamente sotto-soglia, sussistono i presupposti per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. 5. Affermata la penale responsabilità di (...) per il delitto allo stesso ascritto in rubrica, alla luce dei parametri di cui all'art. 133 c.p., applicate le circostanze attenuanti generiche, si ritiene equa la pena finale di mesi otto di reclusione ed Euro 210,00 di multa (così determinata: pena base per il delitto contestato anno uno di reclusione ed Euro 315,00 di multa; pena ridotta per l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. sino alla misura finale suindicata), oltre al pagamento delle spese di giudizio. 6. Ai sensi dell'art. 544 c.p.p., atteso il carico di lavoro del decidente si è ritenuto congruo fissare in giorni novanta il maggior termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., Dichiara (...) colpevole del reato allo stesso ascritto in rubrica e, applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo Condanna alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 210,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; visto l'art. 544 c.p.p. indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 28 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 18 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE PENALE DI TREVISO - SEZIONE PENALE - Il Giudice - Dr. Francesco SARTORIO Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato il (...) a T. - con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Fa.CA. - del Foro di Treviso LIBERO - PRESENTE IMPUTATO della contravvenzione p. e p. dall'art. 186 co. 2 lett. c) - co. 2 bis - co. 2 sexies, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e succ. mod. perché conduceva l'autovettura VW Golf tg. (...), di sua proprietà, in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, accertato mediante etilometro (tasso alcoolemico pari a 1,93 g/l alla prima prova e 1,72 g/l alla seconda prova). Fatto aggravato per aver provocato un incidente stradale nell'arco temporale tra le ore 22.01 e le ore 06.59. In Treviso, il 26.06.2018 verso le ore 02.40 Con l'intervento del V.P.O. dott. (...); dell'avv. Fa.Ca. del foro di Treviso, di fiducia. MOTIVI Con decreto del 9 agosto 2019 il pubblico ministero provvedeva alla citazione a giudizio dell'imputato per il reato di cui al capo di imputazione sopra riportato. Assunte le prove dichiarative chieste dalle parti, ed acquisiti documenti, all'udienza del 18/3/22 il processo veniva deciso come da dispositivo letto in udienza ed allegato agli atti. 1)LA CONTESTAZIONE All'imputato e' stato contestato il reato di cui all'articolo 186 comma 2 lettera C e comma 2 bis e 2 sexies CDS , per aver condotto l'autovettura Volkswagen golf di sua proprietà in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche con accertato grado di alcolemia di g/l 1,93 alla prima prova e 1,72 alla seconda prova. 2)LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI 2.1 gli accertamenti della Questura e della polizia stradale Dalla deposizione del teste (...), della Questura di Treviso, risulta che in data 26/6/18, verso le ore 2:45 una volante della Questura di Treviso, mentre transitava su viale C., veniva fermata da un mezzo della ditta (...) (che provvede all'asportazione dei rifiuti) il cui conducente avvertiva gli agenti che poco prima un veicolo aveva svoltato verso via L. urtando il semaforo posto all'incrocio e poi andandosene. Gli agenti, seguendo le tracce d'olio lasciate per terra dal veicolo, dopo circa 10 minuti arrivavano in via (...) dove trovavano una Volkswagen golf di colore grigio con la parte anteriore danneggiata. Una persona presente sul posto all'interno di altro veicolo confermava di aver visto scendere poco prima dalla Volkswagen Golf una persona residente nella zona. Risaliti tramite il numero di targa al proprietario del veicolo, che risultava essere (...), gli agenti trovavano poco dopo al civico 42 della via (...) il campanello con il nome del (...). All'interno del giardino presente in corrispondenza del civico trovavano una persona che confermava di essere il (...) e di aver avuto poco prima un sinistro e dichiarava che avrebbe provveduto a denunciarlo all'assicurazione. La persona in questione aveva occhi arrossati, alito alcolico, era agitata, pronunciava frasi non lineari, nel raccontare i fatti non era lucida. Veniva pertanto contattata la sala operativa e fatta pervenire in loco una pattuglia della polizia stradale munita di etilometro. Come risulta dalla deposizione dei testi (...) e (...), e dal verbale di accertamenti urgenti prodotto dal pubblico ministero, la polizia stradale, una volta giunta sul posto, dopo aver avvertito l'imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore, ed avuta dallo stesso risposta negativa, procedevano alla verifica dell'alcolemia mediante etilometro con due prove all'esito delle quali risultava un tasso alcolemico di 1, 93g/l alla prima prova e 1, 72 alla seconda. 2.2 le deposizioni dei testi indicati dalla difesa È stato sentito il teste (...) il quale ha riferito che la sera dei fatti aveva cenato assieme al (...) ed alla sua fidanzata nella sua abitazione ed avevano bevuto della birra. L'imputato era andato via indicativamente verso le 2:00 di notte, anche se il teste non era in grado di indicare con precisione l'orario. Successivamente gli aveva raccontato che aveva avuto un incidente in quanto la strada era bagnata e frenando in curva era andato dritto. 3)LA VALUTAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO Così riassunte le emergenze processuali, deve ritenersi sussistente la penale responsabilità dell'imputato per il reato a lui ascritto. È provato infatti che l'imputato in data 26/6/18, verso le ore le 2:45, mentre circolava su viale C., e doveva svoltare verso via L., a causa dello stato di ebbrezza in cui si trovava, andava ad urtare violentemente il semaforo posto in prossimità dell'incrocio provocando gravi danni alla vettura da lui condotta. L'incidente in questione è confermato da quanto riferito alla volante della Questura dal conducente del mezzo della (...) che seguiva la vettura dell'imputato, nonché dal fatto che gli agenti della Questura, seguendo le tracce d'olio lasciate sulla carreggiata dalla vettura coinvolta nel sinistro, arrivarono in via (...) dove trovarono la Volkswagen golf intestata all'imputato gravemente danneggiata (cfr. le foto prodotto dal pubblico ministero), nonché poco lontano l'imputato stesso che ancora non era salito in casa e si trovava nel giardino della sua abitazione. Il fatto che l'imputato fosse in stato di ebbrezza risulta poi confermato dai risultati delle due prove effettuate dalla polizia stradale, chiamata dagli agenti della Questura, mediante etilometro (cfr. gli scontrini dell'etilometro prodotti dal pubblico ministero). La difesa ha però chiesto l'assoluzione dell'imputato sostenendo l'inidoneità degli accertamenti effettuati mediante alcoltest. In particolare ha sostenuto : 1)l'inidoneità dell'etilometro , in generale , a fornire dati attendibili circa il grado di alcolemia presente nel sangue, 2) l'inidoneità dello specifico etilometro utilizzato per mancanza di omologazione , perché non calibrato , mai manutentato, privo di regolari verifiche annuali, privo di corretta funzionalità prima e dopo l'utilizzo sulla persona (in ciò sostenuta dal proprio consulente di parte, perito Marcon); 3)l'inattendibilità dei risultati fomiti dall'etilometro essendo stata effettuata la prova troppo tardi in relazione all'andamento della cosiddetta curva l'alcolemica, ed essendo i sintomi riscontrati dalla polizia stradale aspecifici e compatibili anche con un tasso alcolemico inferiore al limite di legge (in ciò sostenuta dal consulente dottor (...)). Le argomentazioni della difesa non possono essere condivise. Nell'ordine si può osservare: sub 1): l'utilizzo dell'etilometro per l'accertamento dello stato di ebbrezza dei conducenti è espressamente previsto dall'articolo 186 comma 4 del codice della strada e dall'articolo 379 del regolamento di esecuzione. L'articolo 186 comma 4 CDS prevede infatti che "quando gli accertamenti qualitativi di cui al comma 3 hanno dato esito positivo... gli organi di polizia stradale di cui all'articolo 12, comma 1 e 2 anche accompagnandolo presso il più vicino ufficio o comando, hanno la facoltà di effettuare l'accertamento con strumenti le procedure determinati dal regolamento". L'articolo 379 del regolamento di esecuzione prevede poi che l'accertamento dello stato di ebbrezza si effettua mediante analisi dell'aria alveolare espirata e che l'apparecchio da utilizzare a tal fine e' l'etilometro, il quale deve rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del ministro dei trasporti di concerto con il ministro della sanità. La norma prevede inoltre che la direzione generale della MCTC provveda all'omologazione del tipo degli etilometri che, sulla base delle verifiche e prove effettuate dal centro superiore ricerche prove autoveicoli e dispositivi (CSRPAD), rispondono ai requisiti prescritti. Prevede ancora che prima della loro immissione nell'uso i singoli etilometri debbano essere sottoposti a verifiche e prove presso il CSRPAD (cosiddetta verifica preventiva) e che gli etilometri in uso debbano essere sottoposti a verifiche di prova dal CSRPAD secondo i tempi e le modalità stabilite dal ministero dei trasporti di concerto con il ministero della sanità , con l'obbligo di ritirarli in caso di esito negativo delle verifiche e prove. Il decreto ministeriale richiamato dalla norma è il decreto 22 maggio 1990 n. 196 emesso dal Ministro dei Trasporti, di concerto con i Ministri dei Lavori Pubblici, della Sanità e dell'Interno. Nella premessa del decreto si specifica che l'Istituto Superiore di Sanità è stato previamente interpellato ed ha confermato la validità del sistema indiretto di valutazione del tasso alcolemico mediante la misura della concentrazione dell'alcol nell'aria alveolare ispirata. Si specifica altresì che nel disporre l'utilizzo dell'etilometro si è tenuto conto degli studi effettuati e dell'esperienza accumulata circa la correlazione esistente tra concentrazione di alcol nel sangue e concentrazione di alcol nell'aria alveolare. Nella parte normativa del decreto viene stabilito che gli etilometri debbano rispondere ai requisiti stabiliti nell'allegato tecnico e che debbano essere omologati previo esito favorevole delle prove da svolgersi presso il CSRPAD. Si prevede inoltre che ogni singolo apparecchio, prima della sua immissione in uso, debba essere sottoposto a verifica presso il citato centro , e che successivamente venga sottoposto a controlli periodici. Dunque , l'utilizzo dell'etilometro è espressamente previsto e disciplinato dalla legge, dopo interpello del Consiglio Superiore di Sanità circa la validità del sistema di misurazione adottato, e dopo valutazione degli studi scientifici sulla correlazione tra concentrazione di alcol nel sangue e concentrazione di alcol nell'aria alveolare, e pertanto le censure mosse dalla difesa attraverso il proprio consulente alla funzionalità e attendibilità in generale dell'etilometro non possono essere prese in alcuna considerazione, giacché diversamente si dovrebbero disattendere le specifiche disposizioni normative sopra citate. Sub 2): come risulta dalla documentazione in atti, l'etilometro utilizzato appartiene ad un tipo regolarmente omologato, e nessuna censura può essere mossa ai criteri di omologazione, anch'essi normativamente disciplinati. Nemmeno può ritenersi l'inidoneità dell'etilometro utilizzato per la mancanza di manutenzione o per la irregolarità delle verifiche annuali effettuate sullo stesso. E' vero infatti che dal libretto metrologico (prodotto in copia dalla difesa ed acquisito in ulteriore copia nel corso dell'istruttoria) risulta che dopo la prima verifica del 27/2/09 le successive verifiche non sono state sempre effettuate con rigorosa cadenza annuale, essendovi a volte degli sforamenti di qualche mese. E tuttavia ciò non comporta l'inattendibilità dell'accertamento effettuato sull'imputato , eseguito in data 26/6/18, quindi entro l'anno dalla precedente verifica periodica del 11/9/17. Non si condivide a tal proposito la tesi secondo cui in mancanza di verifiche periodiche regolari sarebbe necessario effettuare nuovamente la verifica primitiva. Nessuna disposizione normativa prevede infatti tale incombente, ne' ciò corrisponde alla ratio della norma , che richiede solo che le verifiche siano annuali per garantire ai soggetti sottoposti ad alcoltest la certezza che l'apparecchio utilizzato funzioni correttamente in quanto revisionato almeno un anno prima dell'uso , con la conseguenza che e' possibile eccepire l'inutilizzabilità dei risultati solo nel caso in cui la verifica periodica sia stata effettuata più di un anno prima dell'uso. Non vi è invece alcuna logica , ne' alcun appiglio testuale, per ritenere che in mancanza di verifiche periodiche secondo le cadenze stabilite, per ciò solo l'etilometro sia divenuto inaffidabile e debba essere sottoposto nuovamente a verifica primitiva. La presenza di regolare verifica entro l'anno precedente l'accertamento supera poi le osservazioni del consulente di parte sulla mancanza di calibrazione, di manutenzione e in generale sulle modalità di utilizzo. Sub 3 ) il fatto che l'accertamento dell'alcolemia non sia stato immediato, ma sia avvenuto dopo un certo lasso di tempo non ne fa venir meno l'attendibilità. Sul punto la giurisprudenza della Suprema Corte ha già avuto modo di precisare che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione dell'accertamento alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico (cfr. Cass. 13.999 del 11/3/2014). È vero che in alcune pronunzie la Suprema Corte ha anche ritenuto che quando l'intervallo temporale tra la condotta di guida e l'esecuzione dell'accertamento alcolemico è significativo è necessario verificare la sussistenza di altri elementi indiziari (cfr. Cass. 47298 del 11/11/2014). Ma in ulteriori pronunzie ha puntualizzato che va escluso che valga in proposito una sorta di aritmetica delle prove, come se, dato un accertamento strumentale a distanza di tempo non breve dall'atto di guida, sia necessario aggiungere elementi indiziari che consentano di ottenere una "prova sufficiente" dell'accusa. Si e' sostenuto infatti in tali pronunzie che occorre tenere anche conto della distribuzione degli oneri probatori, nel senso che dato un accertamento strumentale del tasso alcolemico, la presenza di fattori in grado di compromettere la valenza dimostrativa di quell'accertamento non può che far capo all'imputato, al quale compete di dare dimostrazione, ad esempio, di aver assunto bevande alcoliche successivamente alla cessazione della guida, oppure di essere portatore di patologie che alterano il metabolismo dell'alcol, o ancora dell'esistenza di un difetto nelle modalità di misurazione dell'alcol utilizzate. Anche l'incidenza della cosiddetta curva alcolimetrica, secondo queste decisioni della Suprema Corte, non può essere "predicata" in astratto, perché va concretamente dimostrato che, in relazione al momento di assunzione della sostanza alcolica , il tasso esibito dalla misurazione strumentale eseguita poi a distanza di tempo non rappresenti la condizione organica presente al momento della guida (cfr. Cass. 24206 del 4/3/2015 e Cass. 40722 del 9/8/2015). Nel caso di specie, nessuna prova è stata fornita circa l'eventuale assunzione di alcol dopo l'incidente, o circa eventuali Stati morbosi dell'imputato in grado di influire sul accertamento dell'alcolemia; d'altra parte, dalla deposizione del teste (...) risulta che l'imputato la sera dei fatti aveva cenato e bevuto birra presso l'abitazione del teste e che si era allontanato dalla stessa verso le 2:00. E sulla base della deposizione del teste (...) risulta che l'incidente è avvenuto verso le 2:45, mentre sulla base degli scontrini dell'alcoltest risulta che la prova con etilometro è stata effettuata per la prima volta le 3:23 e per la seconda volta alle 3:47. Ciò significa che, posto che deve presumersi che l'assunzione dell'alcol sia avvenuta sino alle 2:00 circa, al momento dell'incidente erano decorsi 45 minuti circa, e al momento dell'esecuzione dell'alcol test era decorsa per la prima prova un ora e 23 minuti, e per la seconda prova un'ora 47 minuti. Tenuto conto che secondo la regola della curva di Widmark la concentrazione di alcol nel sangue ha un andamento crescente fra i 20 e i 60 minuti dopo l'assunzione , e che il picco ematico mediamente raggiunge il suo apice a stomaco pieno dopo 40 minuti, mentre successivamente l'alcolemia diminuisce, deve ritenersi che al momento dell'incidente (accaduto 45 minuti dopo l'assunzione di alcol) l'alcolemia dell'imputato, che si trovava a stomaco pieno (avendo quella sera cenato) , fosse al suo massimo picco e che successivamente abbia cominciato a decrescere, e che quindi l'alcolemia riscontrata con l'etilometro fosse addirittura minore di quella effettivamente sussistente al momento della guida. Quanto al fatto (ancora evidenziato dal dottor (...)) che i sintomi rilevati sarebbero aspecifici e compatibili anche con un tasso alcolemico inferiore al limite di legge, trattasi di affermazione priva di rilievo, essendo evidente che comunque si tratta di sintomi che evidenziano la presenza di alcolemia e che, pur non decisivi da soli, contribuiscono a confermare il dato alcolemico risultante dalla prova con etilometro. Ritenuta dunque la penale responsabilità, va ancora affrontata la questione sollevata dalla difesa circa la configurabilità nel caso di specie della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis c.p.. La tesi della difesa non può essere accolta. È vero infatti che secondo l'orientamento espresso dalla Suprema Corte a sezioni unite la causa di non punibilità in questione è configurabile anche in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza, non essendo incompatibile con il giudizio di particolare tenuità' la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica, e ciò anche nel caso in cui, come per le ipotesi di reato previste dall'art. 186 CDS, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi sia una fattispecie che integra un illecito amministrativo( cfr. Cass. sez. un. 13681/16 ). La Corte ha tuttavia precisato che per la configurabilità della particolare tenuita' del fatto occorre pur sempre che ciò sia concretamente desumibile dai tre indicatori previsti dalla legge, e cioè dalle modalità della condotta, dall'esiguità del danno o del pericolo, dal grado della colpevolezza. Il che significa che per giungere a un giudizio di particolare tenuità' occorre una valutazione complessiva del fatto storico nella sua concretezza secondo i parametri sopra indicati. Nel caso di specie la difesa nulla ha dedotto al proposito, ne' elementi di prova in favore della tesi sostenuta sono desumibili dagli atti acquisiti. In particolare le modalità della condotta sono quelle abituali , e cioe la normale circolazione in stato di ebbrezza sulla via pubblica ( mentre per esempio avrebbe potuto essere valutata utilmente una circolazione limitata ad un brevissimo tratto di strada necessario per raggiungere la propria abitazione dal luogo di partenza , o la circolazione per spostarsi da un punto all'altro di un pubblico parcheggio ); il pericolo presunto e' anch'esso quello tipico collegato alla fattispecie astratta (pericolo per la regolarità e sicurezza della pubblica circolazione presunto dalla legge per il superamento della soglia di alcolemia normativamente individuata , accentuato nel caso di specie dalla concreta causazione di un sinistro, che avrebbe potuto coinvolgere altri veicoli o pedoni , con conseguenze anche gravi visto la notevole entità di danni subiti dall'auto dell'imputato ); infine anche sul grado di colpevolezza, collegato all'assunzione di sostanze alcoliche in misura superiore a quella consentita, nulla di particolare e' stato dedotto ne' e' rilevabile dagli atti, dovendosi anzi sottolineare il notevole tasso alcolemico rilevato , con superamento non solo del limite minimo di legge per la configurabilità di penale responsabilità ( cioè il limite di cui alla lettera B dell'art. 186 codice della strada) ma con significativo superamento del limite di cui alla lettera C. 4) IL TRATTAMENTO SANZIONATORIO Quanto alla pena da comminare , esclusa la concessione delle attenuanti generiche, non essendovi alcun elemento positivo da valorizzare allo scopo e non essendo sufficiente la mera incensuratezza dell'imputato ; considerati i criteri tutti di cui all'articolo 133 c.p.c., ed in particolare il grado di alcolemia riscontrato ; pena congrua ed equa appare quella di anni 1 di arresto ed Euro 4000 di ammenda (pena base mesi 6 di arresto ed Euro 1500 di ammenda, aumentata ad anni 1 di arresto ed Euro 3000 di ammenda per l'aggravante di cui al comma 2 bis, con ulteriore aumento della pena pecuniaria per l'aggravante di cui al comma 2 sexies alla pena finale). Stante l'incensuratezza dell'imputato possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione. Alla ritenuta responsabilità consegue ex lege la sanzione accessoria della revoca della patente di guida nonché la confisca dell'auto, di proprietà dell'imputato. Il carico attuale di lavoro giustificano il termine di giorni 60 per il deposito dei motivi. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara l'imputato responsabile del reato a lui ascritto e lo condanna alla pena di anni 1 di arresto ed Euro 4000 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali, pena sospesa, non menzione. Revoca la patente di guida dell'imputato. Dispone la confisca dell'auto Volkswagen Golf tg. (...) di proprietà dell'imputato. Fissa il deposito dei motivi termine di gg. 60. Così deciso in Treviso il 18 marzo 2022. Depositata in Cancelleria il 12 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice Dr. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA Con rito abbreviato Nei confronti di: - (...), nato in M. il (...) - residente e con domicilio eletto a S. V. (T.) in via C. V. n. 36 LIBERO - PRESENTE IMPUTATO a) del reato di cui all'art. 600 ter co. 4 c.p., poiché, cedeva immagini e video raffiguranti minori nell'atto di compiere atti sessuali, inviandoli dalla propria utenza (n. (...)); in particolare effettuale le seguenti cessioni a destinatari specifici: - in data 17.1.2016, inviava all'utente (...) (alias "(...)") un'immagine a contenuto pedopornografico; - in data 9.2.2016 inviava all'utente (...) (alias "(...)") un video a contenuto pedopornografico; - in data 21.1.2016 inviava all'utente "(...)" un video a contenuto pedopornografico; - in data 9.2.2016 inviava al medesimo destinatario un video a contenuto pedopornografico; - in data 24.2.2016 inviava all'utente "(...)" n. 2 video a contenuto pedopornografico; - in data 19.5.2016 inviava agli utenti "(...)" e "(...)" con due distinti invii personali mediante (...) un video a contenuto pedopornografico; in San Vendemiano (TV) luogo di residente dell'indagato, nelle date sopra indicate. Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'avv. (...) del foro di Padova, di fiducia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso il 7.10.2020 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Venezia, (...) è stato tratto a giudizio dinanzi all'intestato Tribunale, per rispondere dei reati meglio descritti in rubrica. All'udienza dell'8.3.2021, il difensore e procuratore speciale dell'imputato ha chiesto la definizione del presente procedimento mediante rito abbreviato. Ammesso l'(...) al rito richiesto, dopo un differimento determinato da legittimo impedimento del giudice, all'udienza del 7.2.2022, udite le dichiarazioni spontanee dell'imputato e le conclusioni delle parti, è tata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto e in diritto 1. Alla luce degli atti - utilizzabili ai fini del decidere atteso il rito scelto dall'imputato per la definizione del giudizio a suo carico - i fatti di causa possono essere così ricostruiti. In data 24.3.2016, la Polizia di Frontiera presso gli scali Aereo e Marittimo di Genova ha sequestrato all'(...) un biglietto di navigazione e tre telefoni cellulari, tra cui il Samsung avente (...) (cfr. verbale di sequestro del 24.3.2016). Analizzando il telefono da ultimo citato, la polizia giudiziaria ha rinvenuto tre file a contenuto evidentemente pedopornografico, ed in particolare: 1) il file (...), della durata di due minuti e diciotto secondi, ritraente due minori intenti ad avere un rapporto sessuale tra loro; 2) il file (...), della durata di tre minuti e un secondo, ritraente una bambina che, dopo aver esibito i genitali, consuma un rapporto sessuale con un uomo adulto; 3) il file (...), ritraente un bambino intento ad avere un rapporto sessuale con una ragazza. I poliziotti hanno altresì verificato che, in data 24.2.2016, il secondo e il terzo video erano stati inviati tramite (...) all'utenza telefonica n. (...), salvata in rubrica con il nome "(...)" e risultata in uso a tale (...). Gli stessi, nella c.n.r. del 13.9.2016, hanno evidenziato che l'invio era stato preceduto da alcuni messaggi vocali, con cui "(...)", dopo aver rimproverato l'odierno imputato, aveva chiesto al medesimo di inviargli il filmato con "la ragazzina nuda" (cfr. traduzione dei citati messaggi effettuata in data 28.6.2017 dall'ausiliario di p.g.). Per quanto concerne l'identificazione del soggetto che aveva inviato il materiale pedopornografico, la p.g. ha evidenziato che: il telefono contenente i video era stato rinvenuto nella materiale disponibilità dell'(...), a cui era anche intestata l'utenza Sim Wind n. (...) installata su di esso (cfr. visura Wind allegata alla citata c.n.r.); al momento dello scambio dei messaggi e dell'invio dei video, il telefono aveva agganciato le celle del comune di Conegliano. In data 21.10.2016, in esecuzione del decreto emesso in data 13.10.2016 dalla Procura di Genova, la Polizia di Frontiera del capoluogo ligure ha sottoposto l'imputato a perquisizione personale e domiciliare, che ha avuto esito positivo, atteso che, presso l'abitazione di questi, sita a S. V. - fraz. F. - via C. V. n. 36, è stata rinvenuta una ingente quantità di materiale elettronico (svariati telefoni cellulari dotati di sim card, un notebook, una fotocamera digitale e 357 CD/DVD, come da verbale di perquisizione e sequestro del 20.10.2016). 2. Tutto il materiale rinvenuto è stato posto sotto sequestro ed inviato al Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Genova per le verifiche tecniche. Le attività di estrazione dei dati con modalità forensi e di analisi del materiale rinvenuto sui vari apparecchi sono state effettuate dal Mar. G.E. e dall'App. F.P., che ne hanno riportato gli esiti nelle relazioni del 3.2.2017 e del 31.5.2017. Nella prima relazione, concernente i tre apparecchi sequestrati all'imputato il 24.3.2016, i finanzieri hanno dato atto che, nel citato cellulare Samsung (...), erano stati rinvenuti tre immagini e due video pornografici. Gli stessi hanno evidenziato che: 1) l'immagine (...), ritraente un bambino con i genitali esposti, alle ore 23.28 del 17.1.2016 era stata inviata all'utenza memorizzata come "(...)" (utenza n. (...), risultata in uso a (...) - cfr. annotazione di p.g. del 11.7.2017); 2) il già citato file (...) era stato inviato: a) alle ore 23.41 del 9.2.2016 all'utenza memorizzata come "(...)"; b) alle ore 21:47 del 25.1.2016 all'utenza memorizzata come "Aziz Cleha" (utenza marocchina n. (...), risultata in uso a tale sidi (...) - cfr. annotazione di p.g. del 6.4.2017); c) alle ore 23:57 del 24.2.2016 all'utenza memorizzata come "(...)"; d) alle ore 17:03 del 31.1.2016 all'utenza memorizzata come "(...)" (utenza n. (...), risultata in uso a (...) - cfr. annotazione di p.g. del 11.7.2017); 3) il già citato file (...) alle ore 23:58 del 24.2.2016 era stato inviato all'utenza memorizzata come "(...)". Nella seconda relazione, concernente gli ulteriori apparecchi rinvenuti a casa dell'imputato il 21.10.2016, i militari hanno dato atto che sullo smartphone Samsung Galaxy S6 vi era un video (...), ritraente una bambina intenta ad avere un rapporto sessuale completo con un uomo adulto; gli stessi hanno precisato che il file era stato ottenuto filmando il video mentre lo stesso era in riproduzione su un diverso telefono cellulare, in particolare il Samsung GT-I9100, che, infatti, recava le medesime immagini (...), che erano state ricevute dall'imputato in data 18.5.2016 ed inviate dallo stesso: a) alle ore 9:33 del 19.5.2016 all'utenza memorizzata in rubrica come "(...)" (utenza n. (...), risultata in uso a (...) - cfr. annotazione di p.g. 11.7.2017); b) alle ore 11:14 del 19.5.2016 all'utenza memorizzata come "(...)" (utenza n. (...), risultata in uso a (...) - cfr. annotazione di p.g. 11.7.2017). 3. Nel corso dell'interrogatorio reso in data 6.2.2018 dinanzi ai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Treviso, l'imputato ha riferito: di aver ricevuto un solo video di natura pedopornografica da un conoscente di nome (...); di aver prontamente cancellato il file e redarguito il proprio conoscente; di non aver mai detenuto o diffuso altri video di analogo contenuto; che il materiale tecnologico sequestrato presso la sua abitazione era stato rinvenuto nel corso di saltuari lavori e accumulato per essere rivenduto in Marocco. All'udienza del 7.2.2022, l'(...) ha riconosciuto l'addebito, ammettendo di aver sbagliato ad inviare i video ad alcuni amici e precisando che il contenuto degli stessi lo disturbava in quanto era nonno. 4. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, deve essere affermata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per i reati contestati. 4.1In primo luogo, alcun dubbio sussiste in ordine alla riconducibilità all'(...) delle condotte di cessione di materiale pedopornografico. In tal senso depongono, in maniera inequivoca: il rinvenimento dello smartphone utilizzato per la condivisione dei citati file nella immediata disponibilità dell'imputato; l'installazione sull'apparecchio di una Sim card intestata allo stesso; l'invio del materiale a cittadini nordafricani gravitanti intorno alla provincia di Treviso, alcuni dei quali ((...) per esempio) noti all'imputato; le dichiarazioni confessorie rese dall'(...) all'udienza del 7.2.2022. 4.2Ciò premesso, sussistono tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata. L'art. 600 ter, comma 4, c.p., infatti, punisce chi, al di fuori dei casi di produzione/commercio/distribuzione di materiale pedopornografico o di reclutamento di minori a tal fine, consapevolmente offre o cede a terzi, anche a titolo gratuito, materiale pornografico prodotto mediante l'utilizzo di minori di anni diciotto. Per espressa definizione normativa contenuta nel citato articolo, costituisce materiale pedopornografico la rappresentazione, con qualsiasi mezzo atto alla conservazione, di atti sessuali espliciti coinvolgenti soggetti minori di età, oppure degli organi sessuali di minori con modalità tali da rendere manifesto il fine di causare concupiscenza od ogni altra pulsione di natura sessuale. La minore età del soggetto raffigurato è dunque elemento costitutivo della fattispecie contestata, che deve essere oggetto di accertamento probatorio. Secondo la prevalente e condivisibile giurisprudenza di legittimità in materia, "la prova che i soggetti raffigurati nelle immagini riproducono effettivamente ragazze minori di anni diciotto può essere desunta anche dai connotati fisici delle adolescenti ritratte e dal prelievo dei "file" da siti "internet" il cui indirizzo "URL" evoca la minore età e denominazioni chiaramente riferibili a bambini o a contenuti pedopornografici" (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 4678 del 28/10/2014, Rv. 261883 - 01, in materia di detenzione ex art. 600 quater c.p.). Nel caso di specie, pur non essendo stato tecnicamente possibile risalire all'origine dei file e all'identificazione delle persone ritratte, la semplice visione delle immagini contenute nelle relazioni tecniche redatte dalla Guardia di Finanza di Genova consente di affermare, con assoluta certezza, la minore età dei soggetti raffigurati; in ognuno dei file di cui si tratta vi sono, infatti, bambini in età prepuberale. Evidente è inoltre la natura pornografica delle immagini e dei video ceduti ai soggetti succitati, che, in alcuni casi, immortalano atti sessuali espliciti (inclusi rapporti sessuali completi tra bambini e adulti) e, in altri, l'esposizione degli organi genitali, all'evidente fine di suscitare nello spettatore pulsioni e concupiscenza sessuali. Quanto all'elemento soggettivo del reato, oltre che dalla inequivocità delle immagini, la consapevolezza di cedere a terzi materiale pedopornografico può essere desunta anche dai messaggi scambiati dall'imputato, in data 24.2.2016, con (...), che ha esplicitamente chiesto l'invio di immagini "della ragazzina nuda", espressione evidentemente usata per indicare un soggetto minorenne. Premesso che ciascuna cessione configura una autonoma fattispecie criminosa e che sono stati dunque integrati otto reati, i fatti contestati devono essere riuniti nel vincolo della continuazione; l'omogeneità delle condotte e la loro realizzazione nel medesimo contesto spazio temporale consentono, infatti, di ritenere che le stesse siano state commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. 5. Atteso il comportamento processuale collaborativo tenuto dall'imputato, che ha presenziato all'udienza di discussione, ha ammesso gli addebiti e optato per il rito abbreviato, con evidente risparmio di mezzi processuali, sussistono i presupposti per applicare al medesimo le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. 6. Accertata la penale responsabilità dell'imputato per i delitti contestati, riuniti i fatti nel vincolo della continuazione, applicate le circostanze attenuanti generiche e con la riduzione conseguente al rito, lo stesso deve essere condannato ad una pena che si ritiene equamente determinata in mesi otto di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. anni uno di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, pena nel determinare la quale ci si è attestati al di sopra del minimo edittale, considerati i precedenti dell'imputato evincibili nel certificato del casellario giudiziale, nonché l'età prepuberale della gran parte dei minori ritratti nelle immagini di cui si tratta, che, peraltro, sono state condivise con una pluralità di soggetti diversi tra loro; pena ridotta per le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. a mesi otto e giorni quindici di reclusione ed Euro 2.050,00 di multa; pena aumentata di giorni quindici di reclusione ed Euro 50,00 di multa per ciascuna delle ulteriori sette cessioni sino ad anni uno di reclusione ed Euro 2.400,00 di multa; ridotta per il rito sino alla misura finale di mesi otto di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa). Alla condanna seguono le pene accessorie di cui all'art. 600 septies, comma 2, c.p., meglio indicate in dispositivo. I precedenti evincibili dal certificato del casellario giudiziale (attinenti a diverse fattispecie incriminatrici, realizzate in un significativo lasso temporale), per quanto in larga parte dichiarati estinti con ordinanza del Gip di Treviso del 25.2.2021, non consentono di formulare una prognosi positiva circa il fatto che l'imputato si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati; non sussistono dunque i presupposti per la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, peraltro già goduto in relazione ad uno dei titoli dichiarati estinti 7. Ai sensi dell'art. 240 c.p. deve essere disposta la confisca e distruzione del telefono e della Sim card utilizzati dall'imputato per l'invio del materiale pedopornografico, meglio indicato in dispositivo, mentre il restante materiale in sequestro deve essere restituito all'avente diritto. 8. Atteso il carico di lavoro del giudice, si è ritenuto equo fissare in giorni novanta il maggior termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., e 438 e ss c.p.p. Dichiara (...) colpevole dei reati a lui ascritti e, riuniti i fatti nel vincolo della continuazione e applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo Condanna, con la riduzione per il rito, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 1.600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; visto l'art. 600 septies.2 c.p., dichiara l'imputato (...) interdetto in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente a tutele, curatele ed amministrazioni di sostegno, nonché da qualsiasi incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture, pubbliche o private, frequentate abitualmente da minori; dichiara l'imputato interdetto dai pubblici uffici per la durata della pena inflitta; visto l'art. 240 c.p. dispone la confisca e distruzione del telefono cellulare in sequestro marca Samsung, (...), e della relativa SIM card; visto l'art. 262 c.p.p. dispone, previo dissequestro, la restituzione all'avente diritto di quant'altro eventualmente in sequestro. Indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dott. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato il (...) in C. V. (T.) - residente e con domicilio dichiarato a L. (T.) in Via C. n. 17 int. 1 LIBERO - ASSENTE IMPUTATO del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv. c.p., 73 c. 1, 4, 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltivato presso la propria abitazione n. 5 piante di canapa indiana di altezza variabile da cm. 170 a cm. 220 (D9THC mg. 9800). Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'Avv. Lu.Do. del Foro di Treviso, di fiducia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (...) è stato arrestato in data 01.09.2015 (e liberato il giorno successivo dal P.M.) per il delitto di cui all'art. 73 comma 1 D.P.R. n. 309 del 1990. Con decreto penale di condanna, emesso il 05.10.2018, lo stesso è stato condannato alla pena di Euro 8.100,00 di multa (di cui Euro 7.500,00 in sostituzione di mesi tre e giorni 10 di reclusione), per il delitto meglio descritto in rubrica, diversamente qualificato ex art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309 del 1990. Avverso detto provvedimento, l'imputato ha proposto tempestiva opposizione, chiedendo di essere giudicato nelle forme del giudizio immediato. All'udienza del 13.01.2020, assente l'imputato, il giudice ha revocato il decreto penale di condanna opposto, dichiarato aperto il dibattimento e rinviato per l'espletamento dell'istruttoria. Dopo un differimento determinato dall'emergenza sanitaria da Covid-19 (con sospensione del decorso della prescrizione dal 16.4.2020 al 11.5.2020), all'udienza del 12.11.2020, la causa è stata istruita mediante l'audizione dei testi ((...), (...), (...), (...)) e l'acquisizione di documenti. Dopo un ulteriore rinvio, dovuto a legittimo impedimento del Giudice, all'udienza del 07.02.2022, udite le conclusioni delle parti, è stata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto e in diritto 1. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, i fatti di causa possono essere così ricostruiti. Verso le ore 10:00 del 01.09.2015, una pattuglia dei Carabinieri di Riese Pio X (TV) si è recata nei pressi del cimitero di Loria (TV) nell'ambito di un servizio finalizzato al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti. Durante tale operazione, gli agenti hanno notato che all'interno del giardino privato di un'abitazione sita in via C. 17 a L., vi era una serra, dalla quale fuoriuscivano in altezza alcune piante. Verificato che la proprietà era abitata dalla famiglia (...), di cui faceva parte l'odierno imputato (soggetto noto in quanto segnalato, in data 20.02.2014, alla Prefettura di Treviso quale assuntore di marijuana), la stessa mattina è stato effettuato un servizio di osservazione presso la citata abitazione, dove, verso le ore 12:10, il giovane è stato visto rientrare, unitamente alla madre. Il (...) e la donna, dopo essere stati avvisati della facoltà di farsi assistere da una persona di fiducia, sono stati sottoposti a perquisizione personale e domiciliare, che ha dato esito positivo. Nel cortile, infatti, all'interno di una serra quadrata, ricoperta quasi totalmente da un telo di paglia, sono state ritrovate n. 5 piante di canapa indiana (rispettivamente di altezza 220, 200, 200,180, e 170 centimetri); nelle adiacenze della serra è stato rinvenuto, su un tavolino, un "grinder" usato per mescolare lo stupefacente con il tabacco; presso l'abitazione, nella camera da letto in uso esclusivo all'imputato, è stata infine rinvenuta una scatola di metallo, contenente tre involucri in plastica con all'interno n. 34 semi di canapa indiana. Le piante e gli oggetti rinvenuti sono stati posti sotto sequestro, come da verbale di perquisizione e sequestro del 01.09.2015. All'esito della perquisizione, l'imputato è stato arrestato nella flagranza del reato di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 (cfr. come da verbale di arresto del 01.09.2015); considerata l'incensuratezza e la insussistenza di esigenze cautelari, il medesimo è stato rimesso in libertà dal P.M. con decreto motivato del 02.09.15. 2. La natura stupefacente delle piante di canapa indiana rinvenute è stata confermata dall'analisi qualitativa e quantitativa operata sulla stessa dal Laboratorio di Igiene Ambientale e Tossicologia Industriale del Dipartimento di Prevenzione della Azienda (...), che, nella propria relazione, ha evidenziato che il materiale relativo al reperto n. 1, del peso netto totale di 894,5 g, è risultato contenere il principio attivo stupefacente delta -9- THC, per una quantità assoluta pari a 9800 mg, da cui erano ricavabili circa 392 dosi medie singole - superiori di circa 20 volte il quantitativo massimo detenibile. L'esame del reperto è stato effettuato dal dott. (...), che, sentito all'udienza del 12.11.2018, ha dichiarato che le piante estirpate nel giardino dell'imputato avevano un percentuale dell'1% di concentrazione di THC, tale da configurare un potere drogante del materiale. 3. All'udienza del 12.11.2020 è stato sentito (...) il quale ha dichiarato: di essere amico dell'imputato da svariati anni; di avere frequentato la sua abitazione nel 2015; di aver notato le piante di marijuana che il (...) coltivava in giardino. Il teste ha precisato che, con cadenza di circa 3 - 4 volte alla settimana, insieme ad alcuni amici era solito recarsi a casa del (...) e che, in quelle occasioni, venivano consumate sia bevande alcoliche che marijuana, procurata e messa a disposizione degli ospiti dal (...) medesimo. Lo stesso ha dichiarato, altresì, che tali incontri non erano programmati, non avvenivano previo invito e vedevano la partecipazione di soggetti appartenenti sì al medesimo gruppo di amici, ma che potevano variare. Il (...) ha inoltre dichiarato che l'imputato, pur disponendo dello stupefacente, che condivideva con gli amici a titolo gratuito, non sempre consumava esso stesso la sostanza. Sempre all'udienza del 12.11.2020 è stato inoltre sentito (...), altro amico dell'imputato, il quale ha confermato di aver frequentato, nell'anno 2015, l'abitazione del medesimo, insieme ad altri amici della stessa compagnia, e che, in quelle occasioni, l'imputato forniva loro la marijuana. Durante la deposizione è emerso, inoltre, che i ragazzi che si incontravano dal (...) (anche più sere a settimana), pur facendo parte della stessa cerchia di conoscenze, non erano necessariamente sempre gli stessi; non tutti, inoltre, consumavano, in ogni occasione, la sostanza stupefacente. Anche il (...), infine, ha ricordato di aver visto nel giardino dell'imputato almeno una pianta di canapa indiana. 4. All'udienza del 07.02.2022 sono stati prodotti dalla difesa documenti attestanti la situazione professionale e personale dell'imputato al momento dei fatti per cui si procede. Il (...), che nel 2015 aveva vent'anni, è risultato essere stabilmente collocato nel proprio nucleo familiare e munito di un'occupazione presso la società (...) S.n.c., con la mansione di apprendista falegname. Pacifica e non contestata l'attribuibilità della condotta all'imputato, la difesa ha, quindi, più volte sottolineato il carattere artigianale dell'attività di coltivazione posta in essere dal proprio assistito, confermato dalle dichiarazioni del teste dei (...) di Riese Pio X, (...), che ha precisato in dibattimento che detta serra era alquanto rudimentale, non avendo le caratteristiche di una tipica serra industriale (dotata di una struttura portante in metallo e ricoperta da pannelli di vetro), ma essendo costituita da paletti conficcati nel terreno e da un semplice telo di colore verde; al suo interno, inoltre, era assente qualsiasi impianto di irrigazione automatico, tanto da far desumere che l'abbeveramento delle piante avvenisse manualmente. Nonostante l'ampiezza del giardino, inoltre, la serra aveva dimensioni contenute (un quadrato di circa 3 metri per lato) ed aveva al suo interno solo cinque piante di canapa indiana. La difesa ha inoltre sottolineato che, durante la perquisizione, non sono stati ritrovati oggetti solitamente utilizzati per il taglio ed il confezionamento dello stupefacente, ma solo un grinder per il mescolamento della marijuana con il tabacco e dei semi di canapa ancora non piantati. Considerata quindi l'artigianalità della coltivazione posta in essere dall'imputato, unita alle pregresse note informative che vedevano lo stesso conosciuto alle forze dell'ordine soltanto quale assuntore abituale di sostanze, la condotta dell'imputato non sarebbe stata idonea ad integrare il reato contestato, per mancanza di tipicità, in quanto carente di significativi indici di un inserimento nel mercato illegale, e connotata invece da un nesso di immediatezza oggettiva con la destinazione esclusiva all'uso personale, in quanto svolta in forma domestica, utilizzando tecniche rudimentali ed uno scarso numero di piante, da cui ricavare un modestissimo quantitativo di prodotto (cfr. Sez. U. Cassazione penale n. 12348 del 19/12/2019). Ulteriore circostanza posta in evidenza dalla difesa è stata la modalità di assunzione della marijuana procurata e messa a disposizione dall'imputato al gruppo di amici, connotata dalle seguenti caratteristiche: - il (...) era un assuntore abituale della droga da lui prodotta; - nel 2015, l'imputato era solito ricevere a casa dei genitori un gruppo chiuso di amici, per passare qualche ora in compagnia, anche consumando marijuana. - gli spinelli erano procurati dall'imputato e posti su di un tavolo della stanza, nella disponibilità dei presenti; - gli altri assuntori erano membri di una cerchia chiusa di conoscenti. Anche per tutte queste ragioni, trattandosi di consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, il fatto addebitato all'imputato non sarebbe penalmente rilevante, ma integrerebbe l'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 75 stesso del D.P.R. dal momento che: l'acquirente risulterebbe essere uno degli assuntori; l'acquisto sarebbe avvenuto sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo; sarebbe stata certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto (cfr. Sez. U. Cassazione penale n. 25401 del 31/01/2013). 5. Così ricostruiti i fatti di causa, deve essere affermata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per la condotta delittuosa contestata. Quanto alla coltivazione di canapa indiana, alcun dubbio sussiste in ordine alla riferibilità al (...) della sostanza stupefacente, dei semi e del grinder in sequestro, atteso che gli stessi sono stati rinvenuti in luoghi (rispettivamente il giardino di casa, la camera da letto e le adiacenze della serra) che erano nella immediata disponibilità dello stesso. Le dichiarazioni rese dagli amici escussi in dibattimento hanno confermato, inoltre, che l'imputato era in possesso di sostanza stupefacente, che metteva a loro disposizione ogni qualvolta li riceveva a casa. Ciò premesso, le deduzioni della difesa non possono essere accolte. In tema di coltivazione di sostanze stupefacenti, infatti, la Suprema Corte di Cassazione, con la citata sentenza n. 12348 del 2019, resa a Sezioni Unite, ha specificato che il reato, attesa la sua offensività quale attività suscettibile di creare nuove e non predeterminabili disponibilità di sostanze, si configura indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente. Devono, dunque, ritenersi escluse dall'ambito del penalmente rilevante le sole attività di coltivazione di minime dimensioni, svolte in forma domestica, che - per le tecniche usate, lo scarso numero di piante ed il quantitativo ricavabile - appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore. Sulla base di quanto fin qui emerso, è pacifico che il (...), seppur senza particolari accorgimenti tecnici, abbia coltivato piante di notevoli dimensioni (circa due metri cadauna) da cui è stato possibile trarre un non trascurabile quantitativo principio attivo, come evidenziato dal dott. Z., autore delle analisi qualitative e quantitative in atti. La marijuana ricavata dalle suddette piante, inoltre, non è stata in concreto destinata al consumo esclusivo del (...), che l'ha ceduta ai propri amici. Quanto al preteso consumo di gruppo, la Cassazione, nella citata sentenza n. 25401 del 2013, resa sempre a Sezioni Unite, ha specificato che, per configurare l'esimente di cui si tratta, occorre la prova che la sostanza sia stata acquistata da uno dei partecipanti al gruppo su preventivo mandato degli altri, in vista della futura ripartizione, in modo da poter affermare che l'acquirente agisca come longa manus degli altri e che il successivo frazionamento della sostanza sia stata solo un'operazione materiale di divisione. A tal fine è quindi necessario che l'uso di gruppo avvenga, sin dall'inizio, per conto e nell'interesse di soggetti di cui sia certa l'identità e manifesta la volontà di procurarsi la sostanza per il proprio consumo, in modo che la consegna della rispettive quote rappresenti l'esecuzione di un precedente accordo tra tutti i soggetti, che non si pongono in posizione di estraneità rispetto al cedente, bensì come codetentori fin dall'acquisto, eseguito anche per loro conto. Qualora invece il cedente non sia anche uno degli assuntori, oppure abbia effettuato l'acquisto senza averne ricevuto mandato dagli altri o abbia ceduto parte della droga a soggetti estranei al gruppo dei mandanti, non sarebbe ravvisabile una omogeneità teleologia tra le condotte e la consegna della droga sarebbe qualificabile come cessione, sia pure gratuita, o spaccio. Nel caso di specie, nel corso dell'istruttoria dibattimentale è emerso chiaramente che: il (...) coltivava le piante di canapa nel proprio giardino senza ricevere dagli amici alcun contributo finanziario o materiale per la cura delle piante stesse; che la condivisione della droga non avveniva previa esplicita richiesta di tutti o taluni ragazzi, ma solo su iniziativa personale dell'imputato; che gli incontri non erano programmati ma avevano carattere fortuito; che gli amici che partecipavano alle serate a casa del (...) non erano sempre necessariamente gli stessi, e non venivano previamente da lui invitati; che la sostanza stupefacente non veniva consumata sempre dagli stessi soggetti; che lo stesso imputato non faceva uso di droga in tutte le occasioni. Pacificamente sussistenti sono, pertanto, tutti gli elementi costitutivi della condotta illecita di coltivazione, avendo il (...) coltivato con coscienza e volontà sostanza del tipo marijuana, non destinata al proprio uso esclusivo, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17. Il delitto contestato risulta, altresì, integrato sotto il profilo dell'elemento soggettivo, potendosi ritenere, alla luce degli elementi di fatto evidenziati in precedenza, la piena consapevolezza, da parte dell'imputato, della natura stupefacente delle piante coltivate, che, peraltro, risulta pienamente accertata alla stregua dell'analisi qualitativa e quantitativa effettuata dal Laboratorio di Mestre (nello stesso senso ha deposto, inoltre, anche l'ufficiale di p.g. che ha eseguito il sequestro). 6. Corretta è la qualificazione giuridica dei fatti ex art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, atteso che le modalità dell'azione non denotano una particolare organizzazione del (...), che ha coltivato un numero comunque limitato di piante, destinate in parte al proprio uso personale, all'interno di una serra di tipo artigianale. 7. Nonostante la indicazione in rubrica dell'art. 81 c.p., non essendo stata formulata nei confronti dell'imputato alcuna contestazione in relazione alle cessioni in favore dei propri amici e dovendosi ritenere la condotta di coltivazione unitaria, risulta integrata un'unica fattispecie delittuosa. 8. Al fine di adeguare la pena alla modesta gravità dei fatti e considerato che l'imputato, allo stato, è incensurato e ha tenuto una condotta processuale collaborativa, rinunciando ad alcuni dei propri testi, sussistono le condizioni per applicare al medesimo le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. 9. Considerato che la sostanza tratta dalle piante coltivate è stata in parte ceduta a terzi, non si ritengono sussistenti i presupposti per applicare, in favore dell'imputato, la causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis c.p. 10. Accertata la penale responsabilità del (...) in ordine al reato contestato, applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo stesso deve essere condannato ad una pena che si ritiene equamente determinata in mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. mesi sei di reclusione ed Euro 1200,00 di multa, diminuita per le attenuanti generiche sino alla pena finale di mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa). Considerati la misura della pena e lo stato di incensuratezza dell'imputato, potendosi formulare una prognosi positiva circa il fatto che lo stesso si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati, sussistono i presupposti per applicare al medesimo i benefici della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito, a richiesta dei privati, non per ragioni di diritto elettorale. 11. Ai sensi degli artt. 240 c.p. e 87 D.P.R. n. 309 del 1990, deve essere disposta la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente e degli altri beni in sequestro (n. 34 semi di canapa indiana ed un grinder in alluminio), trattandosi di strumenti utilizzati dall'imputato per commettere il reato contestato. 12. Attesa la complessità della motivazione ed il carico di lavoro del decidente si è ritenuto congruo indicare il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli articoli 533 e 535 c.p.p., dichiara (...) responsabile del reato a lui ascritto e, applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo Condanna alla pena di mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; visti gli artt. 163 e 175 c.p. ordina che la predetta pena resti sospesa per il termine e sotto le comminatorie di legge e che della stessa non sia fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale spedito, a richiesta dei privati, non per ragioni di diritto elettorale; visti gli artt. 240 c.p., 87 D.P.R. n. 309 del 1990 dispone la confisca e distruzione della sostanza stupefacente e degli altri beni in sequestro; Visto l'art. 544 c.p.p. indica il termine di giorni 90 per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice Dr. Francesco SARTORIO Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: (...), nato il (...) a T. (T.) - residente e con domicilio dichiarato in Via B., 21 - T. (T.) LIBERO - ASSENTE IMPUTATO 1) del delitto previsto e punito dall'art. 189, co. 1 e co. 6, D.Lgs. n. 285 del 1992 e successive mod., perché, alla guida dell'autovettura Volkswagen Polo targata (...) e circolante con targa prova (...), nell'incidente stradale con danno alla persona e ricollegabile al suo comportamento, cioè, percorrendo la Via (...) ed attraversando l'intersezione con il Viale E. nonostante la lanterna semaforica proiettasse luce rossa sulla sua direzione, collidendo così contro l'autovettura Fiat Punto targata (...) e cagionando lesioni personali agli occupanti, si allontanava a piedi, non ottemperando all'obbligo di fermarsi. 2) del delitto previsto e punito dall'art. 189, co. 1 e co. 7, D.Lgs. n. 285 del 1992 e successive mod., perché, nella circostanza di cui al capo 1), non ottemperava all'obbligo di prestare l'assistenza occorrente alle persone ferite. 3) del delitto previsto e punito dall'art. 367 c.p., perché, con denuncia formale sporta presso la Stazione Carabinieri di Treviso, affermava falsamente, in modo che si potesse iniziare un procedimento penale per accertarlo, che l'autovettura Volkswagen Polo immatricolata con targa (...), di sua proprietà e coinvolta nell'incidente stradale di cui al capo 1), era stata oggetto di furto tra le ore 22:00 del giorno 10/03/2018 e le ore 09:00 dell'11703/2018. Con l'intervento del V.P.O. Dott.ssa (...); dell'Avv. An.Za. del Foro di Treviso, di fiducia, sostituito dall'Avv. Ma.Ca. del Foro di Treviso che si dichiara sostituto. MOTIVI Con decreto del 19 giugno 2019 il Pubblico Ministero provvedeva alla citazione diretta a giudizio di (...) davanti al Tribunale di Treviso in composizione monocratica in relazione ai reati di cui ai capi di imputazione sopra riportati. All'udienza del 21 luglio 2020, dichiarata l'assenza dell'imputato, venivano ammesse le prove richieste dalle parti ed il processo veniva rinviato per lo svolgimento della istruttoria. Alla udienza del 07 maggio 2021 l'odierno procedimento veniva rinviato, per la trattazione di concomitante procedimento di competenza della Corte di Assise avente carattere di priorità. Alla successiva udienza del 18 febbraio 2022 si procedeva alla escussione dei testimoni (...), (...), (...), (...), Ass. C. (...) e Lgt. (...) e veniva acquisita produzione documentale, in esito all'istruttoria dibattimentale, udita la discussione delle parti, il processo veniva definito come da dispositivo letto in udienza ed allegato agli atti. LA CONTESTAZIONE All'imputato è stato contestato di avere omesso di fermarsi dopo aver provocato un incidente stradale con lesioni personali agli occupanti della vettura antagonista, e di aver omesso di prestare agli stessi assistenza. Gli è stato contestato inoltre di avere falsamente affermato con denuncia sporta davanti ai carabinieri di Treviso il furto della vettura da lui condotta il giorno del sinistro. LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI (...) ha riferito che in data 11/3/18 stava procedendo su viale E. di T., con direzione centro città a bordo della sua Fiat Punto allorché, giunto in prossimità della intersezione con via (...), trovando il semaforo verde, impegnava l'incrocio e veniva colpito da una Volkswagen Polo, che provenendo dalla predetta via (...), e non rispettando il semaforo rosso, lo centrava in pieno sulla fiancata sinistra facendolo andare a sbattere contro un palo sito sulla destra della carreggiata. Quel giorno viaggiava con a bordo la moglie e i figli ; lui e la moglie avevano avuto a causa dell'urto dolori al bacino e alle cervicali, mentre il figlio più piccolo, che sedeva dietro di lui. era stato colpito al viso dai frammenti del vetro del finestrino che si era rotto per l'urto, riportando delle ferite al labbro e allo spazio tra naso e bocca che avevano lasciato segni permanenti. Il conducente della Volkswagen Polo aveva cercato dapprima di scappare, ma l'auto si era bloccata, ed allora era sceso dalla stessa girandosi verso di loro, poi aveva guardato un signore che era lì a piedi con un cane, e quindi se n'era andato lasciando sul posto la macchina. Alcuni giorni dopo egli si era recato dai vigili urbani per riferire sulle modalità del sinistro, e mentre usciva dagli uffici, dopo aver deposto, aveva incrociato il conducente della Volkswagen Polo, che stava entrando. In quel momento aveva avuto paura ed era andato a casa senza fermarsi. Poi aveva chiamato i vigili per avvertirli, e gli stessi gli avevano detto di tornare , cosa che aveva fatto il giorno successivo quando i vigili gli avevano fatto vedere un album fotografico all'interno del quale aveva riconosciuto il conducente. Anche in udienza l'album fotografico è stato esibito al teste, e lo stesso ha riconosciuto nella persona raffigurata dalla fotografia numero 3, corrispondente all'odierno imputato, il conducente della Volkswagen Polo. Inoltre al teste sono state esibiti i fotogrammi estratti dalla videocamera di sorveglianza posizionata sul luogo dell'incidente, e lo stesso ha riconosciuto nelle immagini raffigurate in tali fotogrammi le modalità di accadimento del sinistro. È stato sentito poi il teste (...), il quale ha riferito che l'11/3/18 egli era fermo al semaforo con il suo cane ed aveva visto le due auto che si scontravano. La Fiat Punto aveva fatto un testacoda ed era andata a finire contro un palo; il conducente della Volkswagen Polo, dopo essere sceso dall'auto, si era allontanato a piedi senza prestare assistenza. Sono stati quindi assunti i vigili urbani (...) e (...). Il primo ha riferito di essere stato chiamato quel giorno dal Suem per i rilievi di un incidente con feriti. Arrivato sul posto aveva constatato che gli occupanti della Fiat Punto erano già stati portati via dall'ambulanza, mentre il conducente della Volkswagen Polo si era allontanato. La Polo era aperta, con le chiavi inserite e con una targa prova sul sedile. Egli aveva fatto un'immediata verifica sul posto constatando che il semaforo era regolarmente funzionante; inoltre dalla centrale gli avevano comunicato che in base alle immagini delle videocamere di sorveglianza, immediatamente visionabili recuperandole dal server, risultava che al momento dell'incidente la Fiat Punto stava attraversando l'incrocio con il semaforo verde. Il secondo vigile, (...), ha riferito delle indagini eseguite per individuare il conducente della Volkswagen Polo. Inizialmente lo stesso non era stato individuato perché dai filmati delle videocamere di sorveglianza non era visibile la persona scesa dall'auto in quanto fuori inquadratura. Successivamente, però, i proprietari delle due vetture erano stati convocati negli uffici, e il conducente della Fiat Punto , mentre usciva, aveva riconosciuto nel proprietario della Volkswagen Polo che stava entrando, il conducente della vettura che lo aveva investito. Successivamente, arrivato a casa, lo (...) aveva chiamato per avvertire di ciò, e il giorno successivo aveva effettuato il riconoscimento fotografico. Nel frattempo il proprietario della Volkswagen Polo aveva contattato il 113 dicendo che la sua auto era stata rubata, e il giorno stesso dell'incidente aveva sporto denuncia di furto. Constatato che lo stesso abitava in via B. di T., sita a circa 700 metri dal luogo del sinistro, egli aveva esaminato i filmati della videocamera di sorveglianza esistente su detta via, ed aveva visto che la Volkswagen Polo era entrata e uscita più volte la notte del 11/3/18, e che l'ultima volta era uscita alle 9:29, mentre l'incidente era accaduto alle 9:30 circa (cfr. fotogrammi inseriti nel fascicolo per il dibattimento). Dai filmati si vedeva inoltre una Fiat Croma che transitava più volte sul luogo del sinistro subito dopo l'incidente, ed anche questa vettura risultava intestata all'odierno imputato (cfr. fotogrammi acquisiti). Ulteriormente è stato sentito il teste (...), della Questura di Treviso, il quale ha riferito che in data 11/3/18 egli era di servizio al centralino del 113, ed aveva ricevuto una telefonata dall'odierno imputato il quale aveva dichiarato che non trovava più la propria auto fuori dal cancello di casa e che non ne ricordava la targa avendola acquistata da poco. Successivamente, alle 10:18, aveva ricevuto una seconda telefonata in cui l'imputato diceva pressappoco le stesse cose. Infine pochi minuti dopo l'imputato aveva chiamato una terza volta comunicando il numero di targa e lui l'aveva inserita nel terminale segnalandola come auto rubata. A quel punto un collega gli aveva detto che l'auto era ferma all'incrocio di via (...) per un incidente stradale. Da ultimo è stato sentito il teste (...) , dei carabinieri di Treviso, il quale ha riferito di aver ricevuto dal (...) in data 11/3/18 la denuncia di furto dell'auto, e che nell'occasione l'uomo si teneva una mano sulla guancia dicendo di avere mal di denti. Il pubblico ministero ha prodotto l'album fotografico mostrato al teste (...) nonché i certificati medici relativi alle lesioni subite dagli occupanti della Fiat Punto. Nel fascicolo per il dibattimento è stata inserita la denuncia orale sporta dal L. in data 11/3/18 alle ore le 11:11 presso i carabinieri di Treviso; la relazione sull'incidente stradale della polizia locale di Treviso; i fotogrammi allegati alla stessa. LA VALUTAZIONE DEL MATERIALE PROBATORIO Così riassunte le emergenze processuali, deve ritenersi provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine a tutti i reati allo stesso contestati. Per quanto riguarda i reati di omessa fermata e omessa assistenza, è indubitabile, sulla base della deposizione dei testi (...) e (...) , nonché sulla base dei fotogrammi estratti dalla videocamera di sorveglianza (che riprendono le fasi dell'incidente momento per momento), che l'incidente è avvenuto per responsabilità del conducente della Volkswagen Polo, che ha attraversato l'incrocio con semaforo rosso, e che a causa dell'incidente la Fiat Punto è stata violentemente colpita nella fiancata sinistra, facendo un testacoda ed andando a sbattere contro un palo della segnaletica stradale. È provato altresì, sempre sulla base delle deposizioni dei testi predetti, che il conducente della Volkswagen Polo, dapprima ha cercato di scappare, proseguendo oltre l'incrocio, ma poi, essendosi bloccata l'auto, è sceso dalla stessa, ed anzichè prestare soccorso agli occupanti della Fiat Punto, che stante la violenza dell'urto era facilmente intuibile avessero subito lesioni, si è allontanato a piedi. In tale comportamento è evidentemente configurabile sia l'omessa fermata che l'omessa assistenza. Con riferimento a quest'ultima, deve ritenersi in particolare sussistente l'elemento soggettivo per quanto detto in ordine all'immediata evidenza della presenza di feriti all'interno della Fiat Punto , non senza rilevare comunque che al proposito è sufficiente anche il solo dolo eventuale. La Suprema Corte ha precisato infatti che: "il reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente dopo un investimento (art. 189 C.d.S., comma 7) esige un dolo meramente generico, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di prestare la necessaria assistenza ai feriti, dolo che può ben configurarsi come eventuale" (Cass. Pen., Sez. IV, 06/10/2021, n. 4143). Quanto poi all'identificazione dell'imputato come conducente della vettura VW Polo, premesso che egli è risultato essere proprietario della stessa, e che non è stato in alcun modo dedotto nè tantomeno provato, che l'autovettura fosse stata data in uso ad altri, vi è comunque il riconoscimento effettuato dallo (...) con piena certezza. Infatti, come sopra riferito, lo (...), uscendo dalla sede dei vigili urbani ove si era recato nei giorni successivi al sinistro per descrivere le modalità dell'evento accadutogli, incrociò il (...), che era stato anche lui convocato per riferire sul sinistro, e lo riconobbe immediatamente. Segnalò quindi la cosa ai vigili che lo fecero tornare e gli esibirono un album fotografico all'interno del quale riconobbe nella fotografia del (...) il conducente della Volkswagen Polo. E tale riconoscimento è stato ripetuto in dibattimento. Nessun dubbio pertanto sull'attribuibilità del fatto all'imputato. Nè può ritenersi, come dichiarato dall'imputato nella denuncia di furto presentata il giorno stesso del sinistro presso i carabinieri di Treviso alle ore 11:11, che l'auto fosse stata rubata quella notte da terzi. In detta denuncia in particolare l'imputato sosteneva che l'auto era stata parcheggiata da suo figlio verso le 22:00 della sera prima avanti casa, e che la mattina dopo egli alzandosi non l'aveva più trovata dove era stata lasciata. Tuttavia, come risulta dai fotogrammi allegati alla relazione dei vigili urbani, la vettura VW Polo risulta essere uscita ed entrata numerose volte in via (...) la notte del 11/3/18, e l'ultima volta risulta esserne uscita alle ore 9:29, quindi circa un minuto prima del sinistro accaduto verso le ore 9:30. Evidente dunque che l'auto non poteva essere stata rubata durante la notte, giacché di certo il ladro non sarebbe entrato ed uscito più volte dalla via in cui la auto era stata parcheggiata. D'altra parte , se l'auto fosse stata rubata non sarebbe stata trovata dal vigile B. sul luogo del sinistro con le chiavi inserite, considerando che il presunto ladro non poteva certo avere le chiavi della vettura. Pertanto , tenuto conto che via B. dista circa 700 m dal luogo del sinistro, come riferito dal vigile (...), appare indubitabile che l'incidente sia stato cagionato proprio dall'imputato (come detto riconosciuto dallo (...) ) subito dopo essersi allontanato di casa. Ulteriore elemento per ritenere la responsabilità dell'imputato sta nel fatto che le telecamere di sorveglianza hanno ripreso subito dopo il sinistro il ripetuto passaggio sul posto di una Fiat Croma intestata al (...) ( cfr fotogrammi agli atti ), il che lascia presumere che l'imputato dopo essersi allontanato a piedi sia tornato in loco per controllare cosa stava succedendo. Tutto ciò consente di ritenere sussistente anche il reato di cui al capo 3, mediante il quale è stata contestata la falsità della denuncia di furto presentata dall'imputato. È chiaro infatti che l'imputato, che tra l'altro viaggiava su auto non assicurata e munita solo di targa prova (come da lui dichiarato nella denuncia di furto), dopo aver provocato l'incidente, per cercare di esimersi da ogni responsabilità, sia personale che patrimoniale ( stante la mancanza di assicurazione ), ha simulato di aver subito il furto dell'auto, senza tuttavia prevedere che sarebbe stato riconosciuto dal conducente dell'altra vettura e che i movimenti della sua auto erano stati ripresi durante la notte dalla videocamera di sorveglianza. TRATTAMENTO SANZIONATORIO Esclusa la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non essendovi alcun elemento positivo da valorizzare allo scopo, e dovendosi anzi negativamente valutare la personalità dell'imputato che, oltre ad essere gravato da numerosi precedenti penali (tra i quali guida in stato di ebbrezza), si è totalmente disinteressato della sorte delle persone coinvolte nel sinistro da lui causato; ritenuta la continuazione, essendo evidente l'unicità del disegno criminoso sottostante ai reati posti in essere, desumibile dall'unicità del contesto di tempo di luogo in cui sono stati commessi, nonché dal legame logico-funzionale che li unisce; considerati i criteri tutti di cui all'art. 133 c.p. ed in particolare la significativa gravità della condotta, espressiva di sprezzo verso elementari regole di civiltà e solidarietà, nonché di particolare capacità criminale (stante il disegno architettato per occultare la propria responsabilità per l'accaduto); tutto ciò considerato, pena congrua ed equa appare quella di anni 2 e mesi 6 di reclusione, così determinata: previo riconoscimento del vincolo della continuazione, ritenuto più grave il reato di cui al capo 2), pena base anni 1 e mesi 6 di reclusione, aumentata di mesi 6 di reclusione per ciascuno dei reati in continuazione. Alla ritenuta responsabilità consegue l'applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, che si ritiene di determinare, stante la gravità e pericolosità della condotta di guida e di quella successiva, in anni 3. I precedenti sono ostativi alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Va infine disposta la trasmissione degli atti al pubblico ministero in ordine a quanto di competenza per il reato di lesioni colpose gravissime, procedibile d'ufficio, in danno di (...), minore trasportato all'interno della Fiat Punto, come risultante dalla deposizione del teste (...) (il quale ha riferito dello sfregio permanente al volto riportato dal figlio a seguito dell'incidente). P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara l'imputato responsabile dei reati a lui ascritti e, ritenuta la continuazione, lo condanna alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Dispone la sospensione della patente di guida dell'imputato per anni 3. Dispone la trasmissione di copia degli atti al PM per quanto di competenza in ordine al reato di lesioni colpose gravissime in danno di (...) di cui all'art. 590 bis comma 1 c.p., aggravato ai sensi del comma 5 n. 2. Fissa per il deposito dei motivi termine di 60 giorni. Così deciso in Treviso il 18 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice Dr.ssa Carlotta BRUSEGAN Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nata a R. (J.) il (...) - residente e con domicilio eletto a P. (T.) via M. n. 17 LIBERA - ASSENTE IMPUTATA Della contravvenzione p. e p. dall'art. 186, co. 2 lett. B) e co. 2-sexies, D.Lgs. n. 285 del 1992 e succ. mod., perché conduceva l'autovettura Fiat 500 targata (...), in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche, accertato mediante etilometro (tasso alcol emico pari a 1,03 g/l alla prima prova e 0,98 g/l alla seconda prova). Con l'aggravante di aver commesso il fato dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa (...); dell'avv. Al.Ca. del foro di Treviso, di fiducia. MOTIVAZIONE 1. (...) è stata tratta in giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 186, co. 2, lett. b) D.Lgs. n. 285 del 1992, aggravato ai sensi del co. 2 sexies, così come descritto nel capo d'imputazione. All'udienza del 20/01/2021 l'imputata non è comparsa in giudizio, sicché ne è stata dichiarata l'assenza; dopo due rinvii accordati su istanza della difesa, all'udienza del 3/12/2021 è stato dichiarato aperto il dibattimento. L'istruttoria dibattimentale si è esaurita nell'acquisizione, su accordo delle parti, del fascicolo delle indagini. Alla successiva udienza del 9/02/2022 le parti hanno concluso come indicato nell'intestazione. 2. Il materiale probatorio raccolto consente di affermare la responsabilità penale dell'imputata in ordine al reato contestato. In data 24/07/2017, verso le ore 00.30 circa, in località T., personale in servizio presso la polizia locale ha fermato per un controllo l'auto Fiat 500 tg. (...), condotta da (...). Il conducente del mezzo presentava "forte alitosi a seguito di assunzione di bevande alcoliche", sicché è stato sottoposto ad accertamento con etilometro che dava esito positivo: prima prova effettuata ad ore 00,32 pari a 1,03 g/l e seconda prova effettuata ad ore 00.53 pari a 0,98 g/l (cfr. C.N.R. del 24/07/2017; verbale di accertamenti urgenti del 24/07/2017 e scontrini alcoltest in atti). Risulta, quindi, integrata la fattispecie di cui all'art. 186 co. 2, lett. b), del codice della strada, in quanto è provato che l'imputata conduceva la suddetta autovettura in stato di ebbrezza, come indubitabilmente emerge sulla base delle misurazioni effettuate con l'etilometro e dei sintomi percepiti dagli agenti di polizia. Il reato è aggravato ai sensi del comma 2 sexies dell'art. 186 c.d.s., atteso che è stato commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Non merita, poi, di essere accolta la tesi difensiva, secondo cui dai controlli effettuati dagli operanti non sarebbe possibile stabilire la distanza temporale intercorsa fra le due prove (che non potrebbe essere inferiore a dieci minuti). Nel caso di specie, sia nel verbale di accertamenti urgenti che negli scontrini alcoltest in atti è chiaramente indicato l'orario in cui sono stati effettuate le prove (ovvero, prima prova iniziata ad ore 00.32 e conclusa ad ore 00.34 e seconda prova iniziata ad ore 00.53 e conclusa ad ore 00.54), Sul punto va inoltre richiamato l'orientamento della Corte di Cassazione, che viene in questa sede condiviso, secondo cui ai fini dell'accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, in tutte le ipotesi previste dall'art. 186 cod. strada, l'intervallo di cinque minuti che, ai sensi dell'art. 379 del Regolamento al codice della strada, deve intercorrere tra la prima e la seconda prova spirometrica deve essere interpretato come unità temporale minima, finalizzata ad evitare l'esecuzione di due prove troppo ravvicinate (Cass. pen., Sez. 4, n. 36065 del 11/04/2017; Sez. 4, n. 24386 del 27/04/2018). Ebbene, come già indicato, il suddetto intervallo temporale risulta rispettato, essendo intercorsi circa venti minuti fra una prova e l'altra. Va quindi affermata la penale responsabilità dell'imputata per il reato alla stessa ascritto. 3. Venendo al trattamento punitivo, possono essere riconosciute all'imputata le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., valutando positivamente il comportamento processuale (la difesa ha dato il consenso all'acquisizione del fascicolo delle indagini, così agevolando la rapida definizione del giudizio) e l'incensuratezza della (...). Stimasi congrua, quindi, in applicazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p. la pena di giorni venti di arresto ed Euro 800,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Premesso che l'aggravante contestata di cui al comma 2 sexies non è bilanciabile ai sensi del comma 2 septies, la pena è così determinata: pena base (determinata tenuto conto del tasso alcolemico) mesi uno di arresto ed Euro 900,00 di ammenda; aumentata ai sensi del comma 2 sexies la sola pena dell'ammenda ad Euro 1.200,00; ridotta ex art. 62 bis c.p. a giorni venti di arresto ed Euro 800,00 di ammenda. L'incensuratezza dell'imputata, la sua giovane età e l'apparente occasionalità del fatto consento una prognosi favorevole, sicché possono essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della sentenza di condanna. Va infine disposta la sospensione della patente di guida per mesi sei ai sensi dell'art. 186 co. 2 lett. b) C.d.s.. Atteso il carico di lavoro del giudicante, si è ritenuto equo fissare in giorni sessanta il termine per il deposito dei motivi. P.Q.M. Visti gli artt. 533, 535 e seg. c.p.p., dichiara (...) colpevole del reato ascrittole e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., ritenuta la contestata aggravante, la condanna alla pena di giorni venti di arresto ed Euro 800,00 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa e non menzione. Dispone la sospensione della patente di guida per mesi sei. Fissa in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 9 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dott. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato a T. O. (B.) il (...) ed ivi residente R. C. n. 419 LIBERO - ASSENTE IMPUTATO Per il reato di cui all'art. 570, commi 1 e 2 c.p., perché, serbando una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie, si sottraeva agli obblighi di assistenza morale e materiale nei confronti del figlio minore (...), abbandonando l'abitazione familiare, disinteressandosi completamente dello stesso e non contribuendo in alcun modo al suo mantenimento, omettendo di versare l'assegno di 200 Euro mensili previsto dal Tribunale per i minorenni di Venezia, così facendogli mancare i mezzi di sussistenza. In Vittorio Veneto, a partire dal mese di giugno 2011 e tuttora in permanenza. Con l'intervento del V.P.O. dott.ssa Fr.Fr.; dell'Avv. Gi.Bi. del Foro di Treviso, d'ufficio. È presente la P.C. Za.Fr. con l'avv. Gi.Ma. del foro di Treviso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 19.06.2019, (...) è stato tratto a giudizio dinanzi a questo Tribunale per rispondere dei reati meglio descritti in rubrica. All'udienza del 13.7.2019 il Giudice, rilevata l'assenza di prova dell'avvenuta notifica del decreto di citazione all'imputato residente all'estero, ha rinviato all'udienza del 09.11.2020, nella quale ha dichiarato aperto il dibattimento ed ammesso le prove richieste dalle parti. Dopo un differimento per impedimento del giudice, la causa è stata istruita all'udienza del 07.02.2022 mediante l'audizione dei testi ammessi e l'esame dell'imputato; udite le conclusioni delle parti, è stata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto e in diritto 1. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, ed in particolare delle dichiarazioni rese all'udienza del 07.02.2022 dalla parte civile, i fatti di causa possono essere così ricostruiti. (...) e (...), dal 2008 al 2011, hanno intrattenuto una relazione sentimentale dalla quale, in data 09.09.2009, è nato il figlio (...). La relazione è continuata fino al giugno del 2011 quando l'imputato ha deciso di lasciare la casa familiare, per fare ritorno in Brasile. In data 12.01.2012, la parte civile ha chiesto al Tribunale per i Minorenni di Venezia di regolamentare l'esercizio della potestà genitoriale e le modalità di contribuzione al mantenimento del figlio, ex artt. 317 bis c.c. e 38 disp. att. c.c.. Con decreto del 08.03.2013, il Tribunale ha disposto l'affido esclusivo alla madre (...) e stabilito, a carico dell'imputato, un assegno mensile di mantenimento del figlio pari ad Euro 200,00, comprensivo delle spese straordinarie (cfr. documento acquisito all'udienza del 09.11.2020). (...) ha evidenziato che, nonostante l'intervento dell'A.G., l'ex compagno, dal giugno 2011, non si è mai più fatto vedere né da lei né dal figlio e nulla ha mai versato a titolo di contributo per il mantenimento del medesimo. Quanto alla propria situazione economica, la donna ha precisato: di aver vissuto dal 2009 al 2014 insieme ai propri genitori (dal 2009 al 2011 con l'imputato e il figlio, e dal 2011 al 2014 con il solo I.), che hanno contribuito in maniera rilevante al mantenimento del nipote; di essere andata a vivere da sola nel 2014; di lavorare attualmente come insegnante della scuola primaria; di percepire circa 1.500,00 Euro al mese; di vivere in un'abitazione di proprietà, gravata da mutuo ipotecario; di provvedere al mantenimento del figlio (...) unitamente al marito, (...), sposato nel 2017; che alcun contributo è mai pervenuto dall'odierno imputato, dopo il suo allontanamento. Dall'istruttoria è emerso infatti che il padre naturale di (...) dal giugno 2011, anno in cui è tomato in Brasile, non ha più visto (...) o (...), né ha mostrato alcun interesse relativamente alla crescita del figlio. Tale situazione, protrattasi per più di dieci anni, ha portato il minore ad avvicinarsi sempre di più all'attuale marito della p.o. tanto da considerarlo la propria figura patema di riferimento (come emerso dall'audizione di (...) del 07.02.2022). 2. Così ricostruiti i fatti di causa, deve essere affermata, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità dell'imputato per i reati contestati. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, la responsabilità dell'imputato può essere fondata anche sulle sole dichiarazioni della persona offesa, qualora le stesse, sottoposte a un vaglio particolarmente attento e penetrante, risultino soggettivamente ed oggettivamente credibili. Nel caso di specie, la parte civile ha offerto una ricostruzione dei fatti che, oltre ad essere logica, coerente, priva di esagerazioni o forzature, ha trovato riscontro nelle deposizioni degli ulteriori testi escussi e nella documentazione acquisita. Va, dunque, ritenuto provato che l'imputato, nel periodo di cui all'imputazione (dal mese di giugno 2011 e tuttora in permanenza), ha abbandonato il domicilio familiare, rifiutato di avere qualsiasi rapporto con il figlio e omesso qualsivoglia forma di contribuzione al mantenimento dello stesso. 3. Sussiste, dunque, il contestato delitto di cui all'art. 570 comma 1 c.p., atteso che l'uomo, oltre ad essersi improvvisamente allontanato dalla casa familiare, per un periodo di tempo estremamente significativo (superiore ai dieci anni) non ha mai fatto visita ad (...), né lo ha mai contattato telefonicamente per avere sue notizie, essendosi limitato ad inviare alla parte civile sporadici messaggi contenenti generiche richieste di informazioni. Tali persistenti condotte di esplicito rifiuto e totale disinteresse, oltre a determinare il pericolo di indurre nel minore sentimenti di colpa e di abbandono, hanno portato lo stesso a maturare un legame paterno con il B., che, di fatto, ha assunto il ruolo che sarebbe dovuto essere proprio dell'imputato. Ricorrono quindi tutti gli elementi costitutivi del reato di cui si tratta. Come evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, la violazione degli obblighi di assistenza inerente alla responsabilità genitoriale, ex art. 570, comma 1, c.p., è integrato dalle condotte che, come nel caso di specie, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, pongono seriamente in pericolo il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore (cfr. Cass. Pen. Sez. VI sentenza n. 51488 del 24ottobre 2013). La gravità e protrazione nel tempo di dette condotte dimostra, inoltre, la piena coscienza e volontà da parte dell'imputato di sottrarsi agli obblighi di assistenza morale e materiale, gravanti su di lui in forza del ruolo genitoriale. 4. L'imputato, nel periodo di cui all'imputazione, ha inoltre totalmente omesso di corrispondere alla parte civile quanto previsto dal Tribunale di Venezia a titolo di mantenimento del figlio minore. Ricorrono, dunque, tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 570 comma 2 n. 2 c.p., che punisce chi fa mancare i "mezzi di sussistenza" ai discendenti di età minore. Come più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, l'obbligo di garantire i mezzi di sussistenza, ex art. 570, comma 2, c.p., prescinde da valutazioni relative al "tenore di vita familiare" e presuppone lo stato di bisogno del beneficiario, da intendersi come necessità di un sostegno economico per far fronte ad esigenze primarie ed irrinunciabili della vita quotidiana come, ad esempio, vitto, alloggio, vestiario, medicinali (cfr. ex plurimis Cass. pen., sez. VI, 11 novembre 2014, n. 48543). La Suprema Corte ha più volte ribadito che lo stato di bisogno del minore deve presumersi, essendo costui - per l'età - privo di capacità lavorativa e non risultando titolare di rendite di posizione; né è idonea ad escludere lo stato di bisogno la circostanza che alla somministrazione dei mezzi di sussistenza abbiano provveduto, in via sussidiaria, altri soggetti, come i nonni, la madre e il marito della stessa; lo stato di bisogno, infatti, va apprezzato nei rapporti tra la persona che deve essere assistita e il soggetto obbligato, per cui il reato non è escluso dal fatto che altri, coobbligato o obbligato in via subordinata o addirittura non obbligato affatto, si sostituisca all'inerzia del soggetto obbligato nella somministrazione dei mezzi di sussistenza; l'intervento del terzo, infatti, si rende necessario proprio perché, a causa della condotta inadempiente dell'obbligato, la persona offesa si viene a trovare nella situazione di disagio che la norma mira a prevenire. Che l'omessa contribuzione abbia procurato, nel caso di specie, una situazione di disagio economico al figlio minore è confermato, peraltro, dalla circostanza che (...) si sia trovata costretta a chiedere ospitalità e aiuto economico ai propri genitori per circa 5 anni, salvo poi trovare una discreta stabilità economica grazie al proprio lavoro ed al contributo dell'attuale marito. Nel caso di specie, inoltre, sussiste certamente l'elemento soggettivo del reato, consistente nella volontà, cosciente e libera, di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti la propria qualità e nella consapevolezza del bisogno in cui versa il soggetto passivo. L'imputato, infatti, perfettamente cosciente degli obblighi che gravavano su di lui, avendo avuto conoscenza del decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia, ha deliberatamente scelto di non corrispondere il mantenimento al figlio, a cui ha fatto così mancare i mezzi di sussistenza. Né la mancata corresponsione delle somme dovute può essere attribuita ad una impossibilità concreta e incolpevole di adempiere da parte dell'obbligato, che nulla ha dedotto sul punto nel corso del dibattimento. Si deve dunque ritenere che il perdurante inadempimento sia frutto di una precisa scelta dell'imputato e non conseguenza di circostanze contingenti, improvvise e incolpevoli. 5. In considerazione del fatto che, dall'anno 2011 ad oggi, l'imputato non ha versato alcunché a favore del figlio minore e che durante lo svolgimento del processo non ha dato segni di ravvedimento o pentimento per il proprio comportamento di totale disinteresse materiale e affettivo per (...), né ha mai tentato di avere rapporti con il minore, di fatto abbandonandolo, non sussistono i presupposti per applicare allo stesso le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., non essendo a tal fine sufficiente, per espressa disposizione normativa, il mero stato di incensuratezza. 6. Posto che, in tema di reati contro la famiglia, la condotta di violazione degli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale di cui all'art. 570 comma 1 c.p. ed omesso versamento dell'assegno periodico di cui all' art. 570 comma 2 c.p., commessa in danno di un soggetto minore possono pacificamente concorrere, attesa la diversità strutturale e di bene tutelato delle due fattispecie, nel caso di specie, l'A. ha commesso due delitti in danno del figlio (...), che devono essere riuniti nel vincolo della continuazione, attesa la omogeneità e la contestualità temporale delle condotte contestate, che rendono evidente la presenza di un unitario disegno criminoso. 7. Accertata la penale responsabilità dell'imputato per i delitti contestati, riuniti i fatti nel vincolo della continuazione e visti i parametri di cui all'art. 133 c.p., si stima equa la pena di mesi sette di reclusione ed Euro 700,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. per il più grave delitto di cui all'art. 570, comma 2, c.p. mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa - pena nel determinare la quale ci si è attestati ben al di sopra del minimo edittale, attesa la particolare gravità della condotta, protrattasi per oltre dieci anni; aumentata per la continuazione con il delitto di cui all'art. 570 co. 1 c.p. di un mese di reclusione ed Euro 100,00 di multa, sino alla misura finale suindicata). Nonostante lo stato di incensuratezza dell'imputato, non sussistono i presupposti per applicare al medesimo i benefici della sospensione condizionale dell'esecuzione della pena e della non menzione della stessa nel certificato del casellario giudiziale spedito dai privati non per ragioni di diritto elettorale; la protrazione della condotta delittuosa per un decennio, la sua attuale permanenza e la totale assenza di segni di resipiscenza non consentono infatti di formulare una prognosi favorevole circa il fatto che l'(...) si asterrà in futuro dalla commissione di ulteriori reati. 8. Alla sentenza di condanna segue la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni patiti dalia parte civile costituita, (...), che, tenuto conto del periodo oggetto di contestazione (giugno 2011 a tuttora), si liquidano in Euro 30.000,00, (di cui Euro 20.400,00 a titolo di danno patrimoniale per il mancato pagamento dei Euro 200,00 mensili dal marzo 2013 al febbraio 2022, ed Euro 9.600,00 a titolo di danno non patrimoniale, equitativamente determinato tenendo conto della durata della condotta delittuosa) oltre rivalutazione monetaria ed interessi sulla somma di anno in anno rivalutata. Segue altresì la condanna dell'imputato alla refusione delle spese di costituzione e difesa della parte civile, liquidate in complessivi 3.420,00 Euro come da dispositivo secondo i parametri medi delle tabelle professionali. 9. Atteso il carico di lavoro del giudicante, si è stimato equo fissare in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) responsabile dei reati allo stesso ascritti in rubrica e, riuniti gli stesi nel vincolo della continuazione, lo condanna alla pena di mesi sette di reclusione ed Euro 700,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; visti gli artt. 538 e segg. c.p.p. condanna (...) al risarcimento dei danni subiti dalla parte civile costituita, (...), che liquida complessivamente in Euro 30.000,00, oltre rivalutazione monetarie ed interessi sulle somme di anno in anno rivalutate; condanna altresì l'imputato al pagamento delle spese di costituzione e difesa della predetta parte civile, che liquida in complessivi Euro 3.420,00, oltre rimborso forfettario per spese generali, IVA e CPA come per legge. Visto l'art. 544, co 3, c.p.p., fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dott. Alberto FRACCALVIERI Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato in (...) V. il (...) - residente in Mareno di Piave (TV), via (...) - con domicilio eletto presso lo studio dell'Avv. Enrico Marignani del Foro di Treviso LIBERO - ASSENTE IMPUTATO sottoposto ad indagini per il reato p. e p. dall'art. 624 bis c.p. perché, attraverso il balcone della cucina, sito al piano terra dello stabile, si introduceva nell'abitazione di (...) e si appropriava, a scopo di profitto, di alcune buste di sementi e di un martello da carpentiere con manico di colore giallo, sottraendoli alla predetta (...). Con l'attenuante di aver cagionato alla persona offesa un danno di speciale tenuità. In San Vendemmiano (TV), tra il 22 ed il 23 aprile 2016. Con l'intervento del (...)O. dott.ssa (...); dell'Avv. En.Ma. del Foro di Treviso, di fiducia. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con decreto emesso dalla locale Procura della Repubblica in data 22.02.2019, (...) è stato citato a giudizio avanti a questo Tribunale per rispondere del delitto meglio descritto in rubrica. Dopo tre differimenti determinati, rispettivamente, dall'emergenza sanitaria da Covid-19 (con sospensione del decorso del termine di prescrizione dal 9.3.2020 all'11.5.2020) e da istanze della difesa (con sospensione del decorso del termine di prescrizione dal 21.9.2020 al 14.6.201), all'udienza del 14.06.2021, le parti hanno acconsentito all'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di tutti gli atti d'indagine contenuti nel fascicolo del P.M., con rinuncia all'assunzione dei testi. Dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale ed utilizzabili tutti gli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento, all'udienza del 07.02.2022, udite le conclusioni delle parti, è stata pronunciata la presente sentenza mediante lettura del dispositivo. Motivazione in fatto ed in diritto 1. Alla luce degli atti legittimamente acquisiti al fascicolo per il dibattimento e, in particolare, della annotazione di servizio redatta il 23.04.2016 dai Carabinieri della Stazione di Susegana (TV), i fatti di causa possono essere così ricostruiti. Verso le ore 13.40 del 23.4.2016, gli agenti di P.G., durante un servizio di perlustrazione per le strade di Mareno di Piave (TV), sono stati fermati da (...), che ha riferito loro che ignoti si erano introdotti all'interno di un fabbricato rurale di sua proprietà, sito a S. V.(T.). Gli agenti, accompagnati sul posto dalla persona offesa, hanno rinvenuto all'interno del citato fabbricato un portafogli contenente documenti e bancomat intestati a (...), soggetto noto alla (...), che il giorno precedente si era intrattenuta con lui nei pressi del luogo del delitto. La persona offesa ha, quindi, rappresentato ai militari che risultavano asportati alcuni beni, che sono stati ritrovati dagli stessi all'esterno dell'edificio o comunque nelle pertinenze di esso. In particolare: - nel cortile sono stati rinvenuti un giubbino primaverile nella cui tasca vi era un flacone con la scritta (...) e una busta di sementi di basilico gigante napoletano; - tra il cortile e la vigna sono stati rinvenuti una cassetta contenente guanti da lavoro, una rete per insaccati, e delle buste di sementi vari; - nella vigna è stata rinvenuta una bicicletta da donna color oro e un martello con il manico giallo e verde. Il martello, la busta di sementi di basilico gigante napoletano e le altre buste di sementi sono stati riconosciuti come propri dalla persona offesa, a cui sono stati immediatamente restituiti. Il portafogli e i documenti in esso contenuti sono stati invece consegnati all'odierno imputato in data 28.4.2016, anche in questo caso previo riconoscimento. 2. Alla luce dell'espletata istruttoria dibattimentale, si ritiene provata, al di là di ogni ragione dubbio, la penale responsabilità dell'odierno imputato per il fatto contestato, qualificato ex art. 614 c.p.. Preliminarmente, plurimi indizi di natura grave, precisa e concordante consentono di attribuire la condotta contestata all'odierno imputato. Sul luogo del delitto, con il quale il (...) non aveva alcun collegamento, sono stati infatti rinvenuti beni e documenti inequivocabilmente riconducibili al medesimo, che, sia in sede di indagini che nel corso del dibattimento, non ha fornito alcuna plausibile spiegazione in ordine alla loro presenza (il riferimento è, in particolare, ai documenti bancari e di identità rinvenuti nel fabbricato rurale, riportanti le generalità dell'imputato, nonché alla bicicletta da donna color oro rinvenuta nella vigna, in sella alla quale il (...) era stato visto dalla persona offesa il giorno precedente alla denuncia, quando la stessa si era intrattenuta con lui per qualche minuto). Ciò premesso, si ritiene provato che tra il 22 ed il 23 aprile 2016, periodo durante il quale la (...) non era presente presso l'immobile di S. V., l'imputato si sia introdotto all'interno del medesimo, contro la volontà della donna, al fine di commettere un furto. Perfezionata la sottrazione dei beni meglio descritti nel paragrafo precedente, però, Il (...) ha abbandonato gli stessi all'interno della proprietà della (...), senza conseguirne l'impossessamento neppure per un momento, desistendo così, ex art. 56 co. 3 c.p., dalla commissione del delitto di cui all'art. 624 bis c.p. (cfr Cassazione penale sez. II 12 dicembre 2014 n. 1388, che, nel solco della prevalente e condivisibile giurisprudenza di legittimità ritiene configurabile la desistenza volontaria e il recesso attivo quando l'autore inverta con modalità inequivoche la situazione di cui abbia ancora la piena disponibilità o il pieno dominio). Ciò detto in ordine al furto in abitazione, permane in ogni caso, ai sensi del citato art. 56 c.p., la responsabilità dell'imputato per il delitto di cui all'art. 614 c.p. Che il (...) si sia introdotto nella proprietà della (...) è pacifico secondo quanto esposto in apertura del presente paragrafo. La fattispecie di cui all'art. 614 c.p. risulta, dunque, integrata sia sotto il profilo oggettivo -essendosi l'imputato introdotto in una proprietà altrui al fine di commettere un furto (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 30742 del 12/04/2019, Rv. 276907, secondo la quale "Integra il reato di violazione di domicilio la condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite, in quanto, in tal caso, deve ritenersi implicita la volontà contraria del titolare dello "ius excludendi", non assumendo rilievo, invece, la mancanza di clandestinità nell'agente o l'assenza di violenza sulle cose") - che sotto il profilo soggettivo - avendo il (...) agito nella piena coscienza e volontà di introdursi o trattenersi nei luoghi di privata dimora, contro la volontà del titolare. 3. Si tratta di una riqualificazione certamente consentita, atteso che la Suprema Corte, alla luce dell'art. 6 della CEDU, ha ripetutamente affermato che, quando nel capo d'imputazione originario siano contestati gli elementi fondamentali del fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste violazione del principio di doverosa correlazione tra accusa e sentenza, essendo l'imputato in condizione di difendersi. Infatti, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale (nei suoi elementi essenziali) della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, così che si configuri un'oggettiva incertezza sull'oggetto dell'imputazione, con conseguente pregiudizio per il diritto di difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto - come nel caso di specie - a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Cass., sez. II, sent. n. 38049 del 18 luglio 2014) Nell'ambito del presente procedimento, infatti, la parte è stata posta in grado di contraddire rispetto alla fattispecie di reato ritenuta in sentenza, i cui elementi fondamentali sono stati ben delineati dal capo di imputazione, avente ad oggetto un reato complesso, composto dal furto e, per l'appunto, dalla violazione di domicilio. 4. Alla luce della condotta processuale collaborativa, tradottasi nella prestazione del consenso all'acquisizione dell'intero fascicolo delle indagini processuali, con conseguente risparmio di mezzi processuali, sussistono i presupposti per applicare al (...) le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p. 5. Affermata la penale responsabilità dell'imputato per il delitto contestato, qualificato ex art. 614 c.p., e applicate le circostanze attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p., il medesimo, alla luce dei parametri di cui all'art. 133 c.p., deve essere condannato ad una pena che si ritiene equamente determinata in mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali (p.b. mesi sei di reclusione, pari al minimo edittale vigente al momento di commissione del fatto, ridotta per le circostanze attenuanti generiche sino alla misura finale di mesi quattro di reclusione). Alla luce dei precedenti evincibili dal certificato del casellario giudiziale, non vi sono benefici concedibili sulla pena in concreto irrogata. 6. Atteso il carico di lavoro del giudicante, si è ritenuto equo fissare in giorni novanta il maggior termine per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara (...) colpevole del reato a lui ascritto, riqualificato ai sensi dell'art. 614 c.p., e, applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p., lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali; Visto l'art. 544, co 3, cpp, fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Treviso il 7 febbraio 2022. Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2022.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO II Tribunale Penale di Treviso - Sezione Penale - Il Giudice - Dr. Cristian VETTORUZZO Ha pronunciato la seguente SENTENZA A seguito di dibattimento Nei confronti di: - (...), nato a C. (C.) il (...) e residente a R. di P. (B.) Via K. L. n.29 LIBERO - PRESENTE - (...), nato a C. M. (T.) il (...) e residente a C. U. (T.) in Via L. (...) V. n.8 LIBERO già presente - NON COMPARSO - (...), nato a C. M. (T.) l'(...) e residente a C. U. (T.) in Via (...) D'A. n.8/1 LIBERO già presente - NON COMPARSO IMPUTATI (...) (...) (...) Del reato di cui all'art. 589 c.p. perché, tutti quali soci dell'"(...) - F.lli (...) s.n.c." proprietaria e committente dell'immobile sito in via dei C. n.39 a C. U. e (...) anche quale redattore del relativo progetto di costruzione e richiedente il certificato di abitabilità attestando il rispetto, tra l'altro, delle norme in materia di prevenzione incendi, con colpa specifica consistita nella violazione del D.M. 1 febbraio 1986 recante "Norme di sicurezza antincendi per la costruzione e l'esercizio di autorimesse e simili", ed in particolare inserendo una porta di legno quale divisorio tra la zona garage e le scale che portano all'abitazione invece che una porta in acciaio tagliafuoco con chiusura automatica come ivi prescritto, cagionavano la morte di (...) e (...), i quali decedevano nella propria abitazione asfissiati dai fumi e dai gas tossici emessi dall'incendio divampato nella rimessa dalla macchina del figlio (...) ivi parcata e saliti fino all'abitazione dalla luce della porta di legno che questi aveva lasciato aperta durante l'incendio. A Colle Umberto, il 16 marzo 2016 (...) Del reato di cui all'art. 589 c.p. perché, dopo che si era sviluppato un incendio dalla sua macchina, parcheggiata nel garage dell'abitazione dei suoi genitori, e dopo essere sceso nella rimessa attraverso le scale che la collegavano all'abitazione ed aver aperto la porta di legno che separava i due ambienti, con imprudenza, negligenza ed imperizia consistite nel Recarsi subito dopo fuori dall'abitazione passando dal portoncino di ingresso omettendo, prima di uscire, di allertare i genitori che stavano dormendo in casa, anche in considerazione del fatto che aveva lasciato aperta la porta che separava il luogo dell'incendio dall'abitazione ove essi si trovavano; Aprire, dall'esterno dell'immobile, il basculante del garage, così alimentando le fiamme e l'incanalamento dei relativi fumi attraverso le scale e quindi nell'abitazione dei genitori, cagionava la morte di (...) e (...) i quali decedevano asfissiati dai fumi e dai gas emessi dalle fiamme e saliti fino all'abitazione dalla luce della porta di legno che (...) aveva lasciato aperta prima di recarsi fuori dall'abitazione. A Colle Umberto, il 16 marzo 2016 Con l'intervento del V.P.O. dott. (...); dell'avv. Sa.De. del foro di Treviso, di fiducia per (...); dell'avv. Si.Bi. e dell'avv. Ba.Ca., entrambe del foro di Treviso e di fiducia per (...); dell'avv. Ma.Ma. del foro di Treviso, di fiducia per (...). E' presente la P.C. (...) con l'avv. Cr.Fo. del foro di Treviso MOTIVAZIONE 1. (...), (...) e (...) venivano tratti a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 589 c.p., così come descritto nei capi d'imputazione rispettivamente ascritti. (...) si costituiva parte civile nei confronti degli altri due imputati. L'istruttoria dibattimentale si esauriva nell'acquisizione della documentazione prodotta dalle parti e nell'escussione dei testimoni indicati dalle parti stesse, nonché dei loro consulenti. Inoltre, il Tribunale disponeva perizia avente ad oggetto la ricostruzione della dinamica e l'individuazione delle cause dell'incendio di cui ai capi d'imputazione, verificatosi il 16 marzo 2016, nonché l'accertamento della sussistenza di un nesso causale tra le violazioni colpose contestate agli imputati nei capi d'imputazione e la morte dei coniugi (...) e (...). 2. Dall'espletata istruttoria dibattimentale è emerso, in necessaria sintesi, quanto segue. 2.1. Verso le ore 2 del 16 marzo 2016 (...) rientrava presso l'abitazione sita in C. U., via dei C. (costituita da una palazzina trifamiliare) dove vivevano, al piano primo, i suoi genitori adottivi (...) e (...); parcheggiava la sua auto, una Lancia Musa, nel garage e saliva, attraverso una scala interna, al piano primo, per andare a dormire. Tra le 4.45 e le 5 (...), dimorante nel piano sottostante a quello della famiglia (...), sentiva un fischio e, poi, "due scoppi", sicché chiamava i carabinieri e poi la famiglia (...); al telefono rispondeva (...), il quale gli diceva di non essersi accorto di nulla, ma che sarebbe sceso nel seminterrato; qualche minuto dopo (...) e (...) si incontravano in giardino e l'(...) diceva allo (...) che l'auto Lancia Musa aveva preso fuoco e gli chiedeva di chiamare i vigili del fuoco; i due cercavano, nel frattempo, di domare le fiamme con una canna dell'acqua e con un estintore, ma senza risultati, tant'è che le fiamme si propagavano a tutto il garage (cfr. deposizione dello (...), pagine 30 e seguenti del verbale stenotipico dell'udienza del 12 giugno 2019). I vigili del fuoco arrivavano in loco verso le 5.30 e potevano constatare che si era sviluppato un incendio nel piano seminterrato della palazzina, con il garage - il cui basculante era "semiaperto" - completamente avvolto dalle fiamme e con il fumo che usciva dalle finestre dell'appartamento sito al primo piano; (...) correva incontro ai vigili del fuoco dicendo loro che proprio al primo piano c'erano i suoi genitori; a quel punto i vigili, visto che non si poteva utilizzare l'ingresso dell'abitazione, servendosi di una scala, sfondavano la finestra della camera dei coniugi (...) ed entravano, ma trovavano i corpi dei due già senza vita. I vigili del fuoco domavano l'incendio e, successivamente, già nell'immediatezza potevano ricostruire che le fiamme si erano originate dall'auto Lancia Musa parcheggiata nel garage (cfr. deposizione di A.T., pagine 11 e seguenti del verbale stenotipico dell'udienza del 12 giugno 2019). II personale medico giunto in loco constatava il decesso di (...) e (...) per "asfissia da ipossia ambientale e da inalazione di gas tossici" (cfr. documentazione medica in atti e deposizione del dott. (...), pagine 40 e seguenti del verbale stenotipico dell'udienza del 12 giugno 2019). 2.2. In sede di esame, l'imputato (...) ha riferito che, quella notte, dopo avere parcheggiato l'auto nel garage, verso le 2, era salito nell'appartamento dei genitori per andare a dormire; che, durante la notte, aveva sentito squillare il telefono, aveva risposto e il vicino di casa (...) gli aveva detto di avere sentito degli scoppi provenire dal garage; che, allora, era sceso attraverso le scale interne, aveva aperto la porta del garage ("scorticata dalla parte del garage" e con la "maniglia calda") e aveva visto la parte anteriore dell'auto Lancia Musa in fiamme; che, allora, aveva gridato più volte "mamma sveglia", era uscito dalla porta principale e, giunto in giardino, aveva detto allo (...) di chiamare i vigili del fuoco; che, poi, era rientrato in casa e aveva sentito sua madre chiamare "(...)", ma lui aveva pensato a spegnere le fiamme, quindi, aveva preso le chiavi del basculante del garage e lo aveva aperto e poi aveva cercato di spegnere l'incendio con la canna dell'acqua sita in loco, ma senza esito, anche perché l'apertura del basculante aveva dato ancora più forza alle fiamme. L'A., per quello che qui più interessa, ha aggiunto che dopo avere aperto la porta del garage non l'aveva richiusa completamente, perché l'aveva sentita "abbastanza grattare". 2.3. L'immobile dove si verificava l'incendio veniva edificato in forza della concessione edilizia n. 4055/98 rilasciata, in data 28 settembre 1998, dal comune di Colle Umberto alla ditta (...) F.lli (...) s.n.c., di cui erano soci i fratelli (...), (...) e (...), nonché P.A.; il progetto veniva redatto dal geometra (...) che assumeva anche la veste di direttore dei lavori; il progettista, (...), asseverava che il progetto era redatto in conformità della normativa urbanistica ed edilizia, nonché nel rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie; tale progetto prevedeva che tutti i serramenti, esterni ed interni, fossero in legno massiccio e tamburato (cfr. documentazione prodotta dal Pubblico Ministero all'udienza del 7 ottobre 2019). I lavori terminavano in data 9 dicembre 1999 e il direttore degli stessi, sempre geometra (...), dichiarava che i lavori erano stati eseguiti in conformità del progetto approvato e successiva variante e che erano state rispettate le norme in materia di igiene, sicurezza e prevenzione incendi, sicché, in data 30 marzo 2000, il comune di Colle Umberto rilasciava il permesso di abitabilità (cfr. ancora documentazione prodotta dal Pubblico Ministero all'udienza del 7 ottobre 2019 e quella allegata alla consulenza del ing. (...)). 2.4. Il perito nominato dal Tribunale, ing. (...), anche confrontandosi con le consulenze di parte già in atti (cfr. il suo elaborato scritto e il suo esame dibattimentale): - ha individuato la causa dell'incendio "con tutta probabilità" in un guasto dell'impianto elettrico dell'auto Lancia Musa parcheggiata nel garage, anche perché nel garage stesso non sembra vi potessero essere altre fonti di innesco; - ha indicato che le fiamme e il fumo si prorogavano attraverso la porta interna che separava il garage dal vano scale "per effetto camino", determinato dall'apertura del basculante del garage e della porta del garage, porta di cui non era possibile verificare la tipologia e il materiale di costruzione; - ha individuato le norme vigenti all'epoca di costruzione della palazzina quelle contenute nel D.M. 1 febbraio 1986 e ha indicato che la costruzione era difforme rispetto a questa normativa perché: a) il locale box non aveva le aerazioni previste; b) non aveva le strutture Rei 60; c) vi era una finestra di comunicazione con il bagno in metallo e vetro; d) la porta verso il vano scale era in legno e non in metallo; e) questa porta non era dotata di dispositivo di chiusura automatica; - ha indicato che le prime tre violazioni non avevano avuto relazione causale con l'incendio; - per quanto attiene alla porta del garage, ha indicato che elemento determinate è stabilire se la stessa fosse rimasta chiusa o meno: nel caso in cui la porta fosse rimasta chiusa l'incendio non si sarebbe propagato così rapidamente e una porta in metallo avrebbe potuto bloccare il diffondersi dell'incendio per molto più tempo; se invece la porta fosse rimasta aperta, la tipologia costruttiva della stessa sarebbe stata ininfluente ai fini della propagazione dell'incendio; - per quanto attiene al meccanismo automatico di chiusura della porta stessa, premesso che, secondo quanto detto dall'(...), la porta si sarebbe bloccata, ha precisato che non è stato possibile accertare la causa del blocco della porta e quindi se, nelle stesse condizioni, un sistema di chiusura automatico, sarebbe stato in grado di far chiudere la porta. 3. Sulla base dell'esposto materiale probatorio, al fine di vagliare l'eventuale responsabilità degli imputati è necessario soffermarsi su alcuni punti che - a prescindere dalle diverse ricostruzioni dei tecnici di parte - devono considerarsi fermi, perché o risultanti dalla documentazione versata in atti o costituiti da dati pressoché condivisi dai predetti consulenti di parte e dal perito nominato da Tribunale: - la palazzina sita in C. U., via dei C., non rispettava la normativa anti incendio all'epoca vigente e, in particolare, il D.M. 1 febbraio 1986; nel dettaglio, le violazioni in possibile nesso causale con l'incendio e con la morte dei coniugi (...) erano costituite: dal fatto che la porta verso il vano scale era in legno e non in metallo e dal fatto che questa porta non era dotata di dispositivo di chiusura automatica (cfr. conclusioni del perito del Tribunale e del consulente del Pubblico Ministero, riscontrate dal progetto della palazzina che prevedeva che tutti i serramenti, esterni ed interni, fossero in legno massiccio e tamburato - e non, per l'appunto, in metallo - e non prevedeva sistemi automatici di chiusura della porta tra il garage e il vano scale, sistema di chiusura, del resto, non rinvenuto in loco); - la porta divisoria tra garage e vano scale era stata lasciata quanto meno semiaperta da (...) all'atto del suo intervento: depongono in tal senso sia le dichiarazioni rese dallo stesso (...), sia la univoca - su questo punto - ricostruzione della dinamica dell'incendio da parte dei consulenti e del perito: proprio la contemporanea apertura di tale porta e del basculante del garage alimentava con più forza le fiamme (cfr. anche deposizione dello (...)) e determinava il c.d. "effetto camino", con la conseguente salita del fumo al piano primo dove si trovavano le vittime; - la porta del garage chiusa avrebbe evitato l'evento: infatti, avrebbe impedito il predetto effetto camino, il diffondersi del fumo al piano sovrastante (o comunque l'avrebbe impedito per un tempo sicuramente sufficiente a rendere tempestivo il già celere intervento dei vigili del fuoco) e la conseguente morte dei coniugi (...); sotto questo profilo, vanno condivise le osservazioni del perito del Tribunale. Ciò posto, diviene decisivo stabilire perché la porta del garage fosse rimasta aperta o semiaperta, stante che, per l'appunto, la sua chiusura avrebbe certamente evitato l'evento morte. A riguardo, vi sono le dichiarazioni di (...): è lui che, quella notte, scendeva dal primo piano per capire cosa stesse succedendo, apriva la porta del garage e, dopo avere visto le fiamme, la lasciava aperta o semiaperta; lo stesso ha aggiunto che aveva cercato di chiudere la porta, ma di non esserci riuscito perché l'aveva sentita "abbastanza grattare". Ora, posto che dato di fatto inconfutabile è che la porta era rimasta aperta o semiaperta, vi sono due possibilità: - la porta è stata lasciata aperta dall'(...) per distrazione o fretta; in questo caso il dispositivo di chiusura automatica che, in base alla normativa all'epoca vigente, sarebbe stato necessario, ne avrebbe determinato la chiusura: l'effetto camino non si sarebbe verificato - o si sarebbe verificato molto più tardi - e l'evento morte non ci sarebbe stato; - l'(...), dopo avere aperto la porta, non è più stato in grado di chiuderla perché la porta era "pregiudicata" e aveva cominciato a deformarsi, soprattutto nella parte verso l'autorimessa (cfr. le dichiarazioni dell'(...) a pagina 15 del verbale stenotipico dell'udienza dell'11 dicembre 2019); trattasi di ricostruzione verosimile, visto che lo stesso (...) ha dichiarato anche che la maniglia della porta era già calda (pagina 13 del verbale stenotipico) ed era stato difficile pure aprirla (pagina 24 del verbale stenotipico); in questo caso se la porta fosse stata in metallo non si sarebbe deformata/danneggiata (le fiamme non erano ancora arrivate addosso alla porta) e sarebbe stato possibile chiuderla o l'avrebbe chiusa il sistema di chiusura automatica; su questo punto il Tribunale non condivide l'affermazione del perito del Tribunale per la quale non sarebbe accertabile la causa del blocco della porta; infatti, il perito ha parlato anche della possibile presenza di materiale a terra che avrebbe impedito la chiusura della porta, ma non vi è alcun elemento che deponga in tal senso (nulla ha detto in proposito l'A.), anche considerando che la porta non aveva l'apertura verso il garage, ma verso il vano scale, dove è molto improbabile vi fossero dei residui caduti a terra, visto che, in quel frangente, l'incendio era circoscritto all'interno della rimessa. Pertanto, sia che la porta sia stata lasciata aperta dall'(...), sia che questi non sia stato più in grado di chiuderla per la sua deformazione/danneggiamento, il rispetto delle già richiamate norme anti incendio (dispositivo automatico di chiusura nel primo caso, porta in metallo nel secondo caso) avrebbe impedito l'evento: vi è, quindi, nesso causale tra le suddette violazioni e l'evento morte. Responsabile della mancata osservanza di queste norme è, però, esclusivamente (...), il quale, nella sua veste di progettista e direttore dei lavori, asseverava - evidentemente contrariamente al vero - che il progetto era redatto in conformità della normativa urbanistica ed edilizia, nonché nel rispetto delle norme di sicurezza e sanitarie, mentre, in realtà, il progetto, da lui redatto, prevedeva che tutti i serramenti, esterni ed interni, fossero in legno massiccio e tamburato, senza applicazione di dispositivi automatici di chiusura (cfr. documentazione prodotta dal Pubblico Ministero all'udienza del 7 ottobre 2019); inoltre, lo stesso, al fine di ottenere l'abitabilità, dichiarava - sempre contrariamente al vero - che i lavori erano stati eseguiti in conformità del progetto approvato e successiva variante e che erano state rispettate le norme in materia di igiene, sicurezza e prevenzione incendi. Non possono, invece, essere dichiarati colpevoli (...) e (...), perché non vi è prova che ad essi possa essere addebitata la mancata osservanza delle norme anti incendio violate, addebito che non può avvenire per il semplice fatto di essere stati soci della (...) F.lli (...) s.n.c., committente dei lavori di costruzione dell'immobile. Al riguardo va evidenziato che (...) era addirittura in pensione all'epoca dei fatti (cfr. la relativa certificazione prodotta dalla difesa all'udienza dell'11 dicembre 2019) e che non vi è prova che lo stesso si sia occupato della progettazione, della direzione dei lavori e della verifica della conformità dell'immobile di C. U. rispetto alla normativa anti incendio. Lo stesso vale anche per (...): non risulta un suo coinvolgimento nella progettazione della palazzina, dove venivano stabiliti i criteri costruttivi anche con riferimento ai materiali di tutti i serramenti, esterni ed interni; tale coinvolgimento non può essere desunto per il semplice fatto - evidenziato dal consulente del Pubblico Ministero - che (...) abbia sottoscritto il certificato di regolare esecuzione dei lavori, come titolare della concessione edilizia (peraltro tale certificato è stato firmato anche dall'esecutore dei lavori che pure non è imputato); infatti, come si evince dal documento in questione, la dichiarazione/certificazione di regolare esecuzione dei lavori e di conformità alla normativa anti incendio veniva fatto solo dal direttore dei lavori, (...), d'altro canto, l'unico competente a fare tale attestazione. Ne consegue, pertanto, che (...) e (...) vanno mandati assolti dal reato ascritto per non avere commesso il fatto. Per quanto riguarda la posizione di (...) è provato che le sue condotte concorrevano a determinare il c.d. "effetto camino" e, pertanto, la morte dei genitori: è lui che apriva la porta del garage e, soprattutto - indipendentemente dal perché la porta non sia stata successivamente richiusa - è lui che, anziché occuparsi preliminarmente di svegliare i genitori per farli uscire dall'abitazione, apriva anche il basculante del garage così provocando l'incremento delle fiamme e la portata dei fumi convogliati verso il primo piano della palazzina. Trattasi certamente di condotte caratterizzate da negligenza e imprudenza. Tuttavia, affinché un evento sua imputabile a titolo di colpa non è sufficiente che la condotta posta in essere violi norme cautelari (generiche o specifiche) è altresì necessario, sul piano del "versante soggettivo della colpa", che l'evento si prevedibile, secondo una prognosi da effettuarsi ex ante e in concreto e sulla base delle conoscenze che l'agente modello aveva o avrebbe dovuto avere, tenendo conto della concreta capacità dell'agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali (cfr., ex plurimis, Cass. Pen., 12 novembre 2020 - 11 marzo 2021, n. 9745; Cass. Pen., 6 marzo - 13 maggio 2019, n. 20270; Cass. Pen., 15-29 novembre 2018, n. 53455; Cass. Pen., 17 maggio 2006 - 6 febbraio 2007, n. 4675). Ora, nel caso di specie, l'(...), carabiniere di professione, aveva le conoscenze di un uomo medio circa le regole da adottarsi in caso di incendio in un'abitazione e in ordine a quelle condotte che avrebbero potuto determinare un accrescimento delle fiamme e, quindi, da evitare. In particolare, quindi, non vi sono elementi per ritenere che lo stesso avesse la consapevolezza che l'apertura della porta del basculante del garage - effettuata, in quei concitati momenti, per cercare di spegnere l'incendio con la canna dell'acqua posta nelle vicinanze - avrebbe potuto determinare il c.d. effetto camino all'interno dell'immobile, per effetto della contemporanea apertura della porta del garage; trattasi di un effetto, infatti, che può essere previsto da chi ha almeno basilari competenze di fisica, essendo, per l'appunto, un fenomeno fisico di convogliamento di gas da un punto più basso ad un punto più altro, che si basa sulla dilatazione dei gas prodotta dal loro riscaldamento e dal conseguente stabilirsi di una differenza di densità e di pressione tra un punto più basso, dove viene riscaldato il gas, e un punto più alto, dove il gas tende ad andare. In effetti, sono stati solo i soggetti aventi minime competenze specifiche - i consulenti tecnici di parte, il perito del Tribunale e il comandate dei vigili del fuoco - a descrivere detto effetto e ad individuarne la causa nella condotta dell'(...). Ne consegue che (...) va mandato assolto dal reato ascrittogli, per assenza dell'elemento soggettivo della colpa e, quindi, perché il fatto non costituisce reato. P.Q.M. Visto l'art. 530 c.p.p., - assolve (...) dal reato ascrittogli, perché il fatto non costituisce reato; - assolve (...) e (...) dal reato loro ascritto, per non avere commesso il fatto. Fissa giorni 90 per i motivi. Così deciso in Treviso l'11 gennaio 2022. Depositata in Cancelleria il 22 marzo 2022.

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