Sentenze recenti Tribunale Venezia

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  • La cittadinanza italiana per discendenza iure sanguinis si acquista a titolo originario, è permanente, imprescrittibile e giustiziabile in ogni tempo, a condizione che il richiedente provi il fatto acquisitivo della cittadinanza da parte dell'antenato italiano e la linea di trasmissione, mentre incombe sulla controparte la prova dell'eventuale fattispecie interruttiva, come l'acquisto di altra cittadinanza in epoca in cui era vigente l'istituto della perdita della cittadinanza italiana. Il riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza non può essere negato o ritardato ingiustificatamente dalla pubblica amministrazione, in quanto ciò comporterebbe la lesione del diritto vantato e la possibilità di adire la tutela giurisdizionale. Pertanto, il Tribunale è competente a dichiarare la cittadinanza italiana iure sanguinis del richiedente, ordinando all'amministrazione di procedere alle relative iscrizioni, trascrizioni e annotazioni nei registri dello stato civile, anche in caso di residenza all'estero del richiedente, quando la competenza è determinata in base al luogo di nascita dell'avo italiano.

  • La clausola compromissoria statutaria che prevede la devoluzione all'arbitrato irrituale delle controversie tra soci aventi ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale si estende anche alle controversie che, pur non trovando diretto fondamento nello statuto, derivino dal rapporto societario, non essendo limitata ai soli diritti ed obblighi che nascano direttamente dallo statuto ma riferendosi a tutti i diritti disponibili che trovino la loro ragion d'essere nel rapporto sociale. Pertanto, la clausola compromissoria deve ritenersi applicabile anche alle controversie tra soci relative alla regolamentazione dei finanziamenti effettuati dai soci alla società e al corrispettivo diritto di credito del socio alla restituzione degli importi oggetto di finanziamento, in quanto tali questioni attengono a diritti disponibili inerenti il rapporto sociale. In caso di applicabilità della clausola compromissoria, la domanda giudiziale risulta improponibile e la controversia deve essere devoluta al collegio arbitrale.

  • Il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis è dovuto ai discendenti di cittadini italiani nati all'estero che non abbiano mai rinunciato espressamente alla cittadinanza italiana né acquisito la cittadinanza straniera, anche in presenza di lungaggini procedurali e mancata risposta da parte delle autorità consolari competenti, in quanto il decorso di un lasso temporale irragionevole rispetto all'interesse vantato comporta una lesione dello stesso e equivale a un diniego del riconoscimento del diritto, giustificando l'interesse a ricorrere alla tutela giurisdizionale. La competenza territoriale per tali controversie, in caso di ricorrenti residenti all'estero, è determinata in base al comune di nascita dell'avo cittadino italiano, in conformità alle recenti modifiche normative introdotte dalla Legge Delega n. 206/2021.

  • L'assemblea condominiale può disciplinare le modalità di installazione di impianti fotovoltaici sul lastrico solare o altre superfici comuni, anche quando l'intervento non comporti modifiche delle parti comuni, al fine di garantire il pari uso della cosa comune da parte di tutti i condomini. Tale potere dell'assemblea trova fondamento nell'art. 1122-bis, comma 3, c.c., il quale prevede che l'assemblea possa provvedere a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. Pertanto, l'assemblea può legittimamente stabilire il numero, la posizione e le caratteristiche tecniche dei pannelli fotovoltaici installabili da ciascun condomino, al fine di assicurare un equo e razionale utilizzo della cosa comune, senza che ciò possa essere censurato dal condomino che abbia espresso voto favorevole, neppure per eventuali vizi di quorum, trattandosi di vizi di annullabilità. Inoltre, la comunicazione preventiva all'amministratore dell'intervento da parte del condomino, anche quando l'installazione non comporti modifiche delle parti comuni, costituisce adempimento necessario ai sensi dell'art. 1122-bis, comma 3, c.c., al fine di consentire all'assemblea di esercitare il proprio potere di disciplina delle modalità esecutive.

  • La risoluzione del contratto di locazione per eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell'art. 1467 c.c. richiede che l'evento straordinario ed imprevedibile, tale da alterare significativamente l'equilibrio sinallagmatico, non rientri nella normale alea contrattuale e che la modifica del contratto offerta dal locatore non sia idonea a ricondurlo ad equità. Pertanto, la pandemia da Covid-19 e le conseguenti restrizioni imposte dalle norme emergenziali, che hanno gravemente limitato l'esercizio e la remuneratività dell'attività professionale del conduttore, costituiscono un evento straordinario ed imprevedibile, al di fuori della normale alea contrattuale, che legittima la risoluzione del contratto di locazione commerciale, ove la proposta di modifica del canone formulata dal locatore non sia adeguata a ripristinare l'equilibrio contrattuale, tenuto conto del perdurare dell'incertezza sull'evoluzione della situazione sanitaria ed economica. In tal caso, il conduttore non è tenuto al pagamento dei canoni successivi alla risoluzione, mentre il locatore ha diritto al rimborso delle spese necessarie per il ripristino dell'immobile nello stato originario, salvo il caso in cui le modifiche apportate dal conduttore siano state autorizzate o comunque accettate dal locatore.

  • Gli amministratori di diritto e di fatto di una società sono responsabili per i danni causati alla società stessa in caso di violazione dei doveri di diligenza e di corretta gestione, in particolare per aver effettuato vendite a società inesistenti, irrintracciabili o "cartiere" senza adeguata verifica della solvibilità del cliente, nonché per aver compiuto operazioni fiscalmente irregolari con società "cartiere" mediante fatturazioni false. Tale responsabilità è solidale tra gli amministratori in proporzione alle rispettive quote di responsabilità, tenuto conto anche dell'eventuale transazione stipulata dalla società con uno degli amministratori. Il danno risarcibile comprende le perdite derivanti dagli insoluti, le sanzioni e gli interessi dovuti per le irregolarità fiscali, oltre al danno all'immagine della società, salvo il limite della somma indicata dalla società attrice in sede di precisazione delle conclusioni, in considerazione delle prospettive di recupero delle somme. Le spese di lite e di consulenza tecnica d'ufficio sono poste a carico dei convenuti soccombenti.

  • La clausola compromissoria di arbitrato irrituale, con la quale le parti hanno conferito mandato negoziale a un collegio arbitrale di tecnici professionisti per la risoluzione di eventuali future controversie "pro bono et aequo" e in via inappellabile, costituisce una valida ed efficace deroga alla giurisdizione ordinaria, rendendo improponibile la domanda giudiziale e determinando la nullità del conseguente decreto ingiuntivo. Tale clausola, in quanto espressione dell'autonomia privata, deve essere interpretata secondo il suo tenore letterale, che ne evidenzia le caratteristiche distintive dell'arbitrato irrituale, quali la decisione secondo equità, l'inappellabilità del lodo e l'equiparazione dello stesso a una transazione diretta tra le parti. La clausola arbitrale, inoltre, deve ritenersi estesa anche a convenzioni successive, qualora sussista un nesso funzionale e negoziale tra le stesse, in applicazione del principio di conservazione degli atti giuridici. Pertanto, la domanda giudiziale proposta in violazione della clausola compromissoria deve essere dichiarata improponibile, con conseguente nullità del decreto ingiuntivo emesso, dovendosi rimettere la controversia alla cognizione del collegio arbitrale, il quale deciderà secondo le modalità previste dalla clausola stessa.

  • La nomina dell'amministratore condominiale è valida se l'amministratore, alla data della nomina, ha assolto gli obblighi formativi annuali previsti dalla legge, senza che rilevi il momento specifico dell'anno in cui tali obblighi siano stati adempiuti. L'importo del compenso richiesto dall'amministratore è liberamente determinato, in assenza di vincoli tariffari obbligatori, non essendo necessario che esso sia "adeguatamente oneroso" ai sensi dell'art. 1129, comma 15, c.c. Pertanto, la delibera assembleare che nomina un amministratore condominiale, il quale abbia assolto gli obblighi formativi e richieda un compenso liberamente determinato, non è affetta da nullità per violazione di legge.

  • MASSIMA GIURIDICA Il prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere, tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite, l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, nonché il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. Il produttore risponde oggettivamente per i danni causati dal difetto del prodotto, salvo che provi l'esistenza di una delle cause di esclusione della responsabilità previste dalla legge. L'onere della prova del difetto, del danno e del nesso causale tra difetto e danno grava sul danneggiato, mentre il produttore deve provare i fatti che possono escludere la sua responsabilità. Gli interessi moratori al tasso previsto dalla legislazione speciale sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali sono dovuti dalla data della domanda giudiziale, a prescindere dalla natura contrattuale o extracontrattuale dell'obbligazione, al fine di disincentivare condotte dilatorie del debitore e assicurare che la durata del processo non vada a danno del creditore.

  • Il contratto di factoring, pur essendo caratterizzato dalla cessione del credito, non impone al cessionario (factor) l'onere di escutere preventivamente il debitore ceduto per poter agire nei confronti del cedente. Infatti, nel factoring con prevalente causa di finanziamento, l'effetto traslativo della cessione rappresenta uno strumento di garanzia atipica del soddisfacimento del credito del factor derivante dall'erogazione dell'anticipazione, sicché l'imposizione di tale onere comprometterebbe la funzione di garanzia del contratto. Pertanto, il factor può agire direttamente nei confronti del cedente, senza dover provare l'infruttuosa escussione del debitore ceduto, salvo che il contratto non preveda espressamente tale obbligo. Inoltre, la revoca da parte del factor della garanzia pro soluto concessa al cedente, in applicazione di clausole contrattuali specificamente approvate, non determina l'automatica decadenza del diritto del factor di percepire le relative commissioni, in quanto tale revoca ha funzione sanzionatoria dell'inadempimento del cedente, sicché non può comportare un effetto premiale per quest'ultimo.

  • Il contratto di fideiussione, pur potendo contenere clausole di "pagamento a prima richiesta", non perde il suo carattere di accessorietà rispetto all'obbligazione principale garantita, con la conseguenza che il fideiussore può opporre al creditore le eccezioni relative alla validità del contratto principale. Pertanto, il fideiussore è legittimato a far valere la nullità di clausole contrattuali del rapporto principale, come l'indebita applicazione di commissioni non contrattualizzate, al fine di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti. Ciò in quanto il contratto di fideiussione, a differenza del contratto autonomo di garanzia, ha la funzione di tutelare l'interesse all'esatto adempimento della prestazione principale, sicché il fideiussore può far valere le eccezioni relative alla validità del rapporto garantito. Il giudice, nel qualificare il rapporto come fideiussione o contratto autonomo di garanzia, deve valutare il contratto nel suo complesso e le clausole sottoscritte dalle parti, senza attribuire rilievo decisivo alla sola presenza della clausola di "pagamento a prima richiesta". Ove il contratto sia qualificato come fideiussione, il fideiussore può opporre al creditore le eccezioni relative alla validità del contratto principale, come l'indebita applicazione di commissioni non contrattualizzate, comportando ciò la revoca del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti.

  • Il recesso ingiustificato dalle trattative precontrattuali, in violazione del dovere di buona fede, genera responsabilità extracontrattuale a carico della parte che lo pone in essere, obbligandola al risarcimento del danno nei limiti dello stretto interesse negativo, ossia delle spese sostenute dalla controparte in vista della conclusione del contratto e della perdita di ulteriori occasioni contrattuali. Tuttavia, tale responsabilità non sussiste qualora il recesso sia giustificato da ragionevoli motivi, come la modifica unilaterale delle condizioni essenziali dell'affare da parte di uno dei contraenti, ovvero sia determinato dalla mancata prova, da parte della parte danneggiata, dell'effettivo pagamento delle spese sostenute durante le trattative. Inoltre, il rifiuto di una proposta di acquisto più vantaggiosa, motivato dalla fiducia riposta nella parola data, non integra un danno risarcibile, in assenza di un legittimo affidamento nella conclusione del contratto.

  • Il curatore fallimentare può revocare, ai sensi dell'art. 67, comma 2, l.f., i pagamenti effettuati dal fallito nei sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento, qualora dimostri che il creditore beneficiario era a conoscenza dello stato di insolvenza del debitore. Tale conoscenza può desumersi da plurimi elementi indiziari, quali i solleciti di pagamento per fatture scadute e insolute, la richiesta di dilazione di pagamento da parte del debitore, l'escussione di garanzie per il mancato pagamento dei canoni, la mancata pubblicazione dei bilanci successivi a quello chiuso al 31.12.2014 e l'attivazione di ammortizzatori sociali per crisi aziendale, che nel loro complesso rivelano la situazione di grave difficoltà economico-finanziaria in cui versava il debitore. Inoltre, il creditore non può invocare l'esenzione di cui all'art. 67, comma 3, lett. a), l.f. per i pagamenti effettuati nell'esercizio dell'attività di impresa nei "termini d'uso", qualora i ritardi nei pagamenti non risultino essere stati abitualmente tollerati nel concreto svolgimento del rapporto tra le parti, ma siano stati oggetto di solleciti e richieste di rientro da parte del creditore. Infine, il credito del convenuto non può essere compensato con il debito derivante dalla revocatoria fallimentare, in quanto il debito sorge nei confronti della massa dei creditori e non direttamente nei confronti del fallito.

  • L'intermediario finanziario è tenuto a fornire al cliente al dettaglio un'informazione completa, chiara e comprensibile sulle caratteristiche e sui rischi degli strumenti finanziari offerti, anche in assenza di una concreta prospettiva di insolvenza dell'emittente, al fine di consentire al cliente di effettuare scelte di investimento consapevoli. La violazione di tale obbligo informativo, che prescinde dall'esperienza pregressa dell'investitore, integra un inadempimento contrattuale idoneo a fondare la responsabilità risarcitoria dell'intermediario, salvo che il cliente, dopo aver avuto la possibilità di rendersi conto della rischiosità dell'investimento, non abbia comunque provveduto a disinvestire, con conseguente limitazione del danno risarcibile alla sola diminuzione di valore dei titoli fino al momento in cui l'investitore avrebbe potuto ragionevolmente procedere alla vendita.

  • Il danno non patrimoniale derivante dalla compromissione del rapporto parentale a seguito di un fatto illecito che abbia cagionato gravi lesioni al congiunto è risarcibile in favore dei familiari conviventi, in ragione della sofferenza interiore e dello sconvolgimento delle loro abitudini di vita, dovuti alla necessità di prestare diuturna e prolungata assistenza al familiare gravemente leso. Tale danno, distinto dal danno biologico, è liquidato in via equitativa sulla base di tabelle che tengono conto dell'intensità del vincolo familiare, della situazione di convivenza, dell'età delle parti e di ogni altra circostanza rilevante, senza che la sopravvivenza del congiunto e la possibilità di mantenere un legame affettivo stabile possano comportare una riduzione del risarcimento rispetto al caso di morte. Il danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale è risarcibile anche qualora il congiunto sia rimasto in vita ma abbia riportato gravissime lesioni che ne abbiano compromesso in modo irreversibile l'integrità psico-fisica, determinando uno sconvolgimento esistenziale per i familiari. La prova di tale danno può essere desunta anche dalla sola gravità delle lesioni, sempre che la sua esistenza sia stata debitamente allegata. Il danno biologico subito dai familiari è altresì risarcibile, in quanto distinto dal danno da compromissione del rapporto parentale, purché allegato e provato, e la sua liquidazione avviene in via equitativa sulla base delle tabelle in uso presso l'ufficio giudiziario, con possibilità di personalizzazione in relazione alle peculiarità del caso concreto. Il danno patrimoniale è risarcibile nei limiti della prova fornita, comprendendo le spese sostenute dai familiari per assistere il congiunto gravemente leso, nonché, ove provato, il danno da lucro cessante per la perdita del reddito da lavoro di un familiare costretto ad abbandonare l'attività lavorativa per dedicarsi all'assistenza del congiunto.

  • L'avvocato, nell'adempimento dell'incarico professionale conferitogli, ha l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c., essendo tenuto a rappresentare al cliente tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi. Incombe sull'avvocato l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo essendo il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all'esercizio dello "jus postulandi" inidoneeo ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l'assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole. L'accertamento del nesso eziologico tra la condotta dell'avvocato ed il risultato derivatone non deve essere frutto di una "mera astratta valutazione" bensì di un "giudizio prognostico" che conduca ad elevate percentuali probabilistiche, essendo necessario verificare che, senza quella omissione, il risultato sarebbe stato conseguito. Incombe sul cliente l'onere di dare effettiva dimostrazione del sicuro fondamento dell'azione, la quale avrebbe dovuto essere proposta o diligentemente coltivata, nonché la prova che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati a lui più vantaggiosi. La scelta di una determinata strategia processuale può essere foriera di responsabilità, purché l'inadeguatezza rispetto al raggiungimento del risultato perseguito dal cliente sia valutata dal giudice di merito "ex ante", in relazione alla natura e alle caratteristiche della controversia e all'interesse del cliente ad affrontarla con i relativi oneri, dovendosi in ogni caso valutare anche il comportamento successivo tenuto dal professionista nel corso della lite. La regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non" si applica non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa.

  • Il legittimario pretermesso che agisca per la dichiarazione di simulazione di un atto a titolo oneroso compiuto dal de cuius, al fine di far accertare la lesione della propria quota di riserva, può provare la simulazione anche in via presuntiva, valorizzando elementi quali il legame di parentela tra le parti, la presenza di testimoni all'atto e l'assenza di corresponsione del prezzo pattuito. Accertata la simulazione, il valore dell'asse ereditario da sottoporre a riunione fittizia corrisponderà al valore del bene donato al tempo dell'aperta successione, dedotto il costo delle migliorie apportate dal donatario. La quota di legittima spettante al legittimario pretermesso è pari a 1/3 di tale valore e, in caso di totale lesione, la donazione dovrà essere ridotta sino a concorrenza di tale quota. Il legittimario ha diritto di conseguire i frutti dei beni donati dalla data della domanda e, limitatamente alla quota di eredità ottenuta, dovrà rispondere dei debiti ereditari, tra cui le spese funerarie sostenute dal donatario, ma non le spese di assistenza del de cuius in assenza di specifica allegazione del titolo giuridico.

  • L'appaltatore e il direttore dei lavori sono solidalmente responsabili per i gravi difetti costruttivi dell'opera, che compromettono il godimento dell'immobile secondo la sua destinazione, qualora non abbiano adottato le cautele e gli accorgimenti tecnici necessari a prevenire tali vizi, in violazione dei doveri di perizia, prudenza e diligenza loro imposti dalla legge. L'assicuratore dell'impresa appaltatrice è tenuto a manlevare l'assicurato per il risarcimento dovuto al committente, salve le franchigie e i massimali contrattuali, anche quando la denuncia del sinistro sia stata effettuata oltre il termine previsto, ove non emerga un atteggiamento doloso dell'assicurato in tal senso.

  • L'assegnazione in via esclusiva e definitiva di posti auto nel cortile condominiale, deliberata a maggioranza dall'assemblea, è nulla in quanto viola il diritto di pari uso della cosa comune spettante a tutti i condomini ai sensi dell'art. 1102 c.c., creando una figura atipica di diritto reale limitato che incide sul nucleo essenziale del diritto dei condòmini. Tale delibera non può essere qualificata come innovazione diretta all'uso più comodo della cosa comune ex art. 1120 c.c., in quanto limita il godimento che gli altri condomini hanno il diritto di esercitare sulla cosa comune. L'unanimità dei condomini è necessaria per deliberare l'assegnazione in via esclusiva di parti del bene comune, non essendo sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall'art. 1117-ter c.c. per modificarne la destinazione d'uso, né la maggioranza di cui all'art. 1120 c.c. per deliberare innovazioni. L'interesse all'impugnativa sussiste anche qualora il posto auto assegnato in via esclusiva corrisponda a quello indicato nel preliminare di acquisto, in quanto il danno lamentato dagli attori non si esaurisce nella difficoltà di parcheggio o di accesso, ma anche nell'impedimento al pari uso delle altre parti dell'area comune.

  • MASSIMA GIURIDICA L'appaltatore e il progettista-direttore dei lavori sono solidalmente responsabili, ai sensi dell'art. 1669 c.c., per i gravi difetti strutturali che hanno determinato il cedimento di un'opera pubblica destinata per sua natura a lunga durata, quali il distacco della trave di bordo dai tiranti e il conseguente abbassamento della pavimentazione, anche quando l'opera sia stata positivamente collaudata, in quanto tale responsabilità, avente finalità di tutela di ordine pubblico, si sottrae al potere dispositivo delle parti e prescinde dall'esito del collaudo. La responsabilità dell'appaltatore e del progettista-direttore dei lavori, in solido tra loro, sussiste anche qualora i gravi difetti siano riconducibili a scelte progettuali, come l'utilizzo di materiale non deformabile per il riempimento degli elementi delle testate dei tiranti, ovvero a carenze di controllo e vigilanza da parte del direttore dei lavori sull'operato dell'impresa esecutrice, come l'omesso controllo dei valori di pretensionamento dei tiranti. La responsabilità di cui all'art. 1669 c.c. è una responsabilità presunta iuris tantum, che può essere superata solo dalla prova, da parte dei convenuti, della riconducibilità del danno al caso fortuito o all'opera di terzi, circostanze che nel caso di specie non risultano provate. La domanda di manleva dell'ingegnere progettista-direttore dei lavori nei confronti del proprio assicuratore è invece respinta in quanto, alla data di stipulazione della polizza, l'assicurato era a conoscenza di specifiche, concrete e rilevanti "circostanze" dalle quali sarebbero potute derivare successive richieste di risarcimento, senza averle tuttavia comunicate all'assicuratore, determinando così la decadenza dal diritto a qualsivoglia indennizzo ai sensi dell'art. 1892 c.c.

  • La forma del prodotto industriale può essere tutelata contro l'imitazione servile da parte dei concorrenti, ai sensi dell'art. 2598 n. 1 c.c., solo se presenta caratteristiche distintive tali da consentire al consumatore medio di associarlo ad una determinata impresa. A tal fine, non è sufficiente la mera confondibilità del prodotto imitato con quello del concorrente, ma è necessario che le caratteristiche imitate non siano dettate da esigenze funzionali o strutturali e presentino un certo grado di originalità e capacità individualizzante, tale da essere riconosciute dal consumatore medio come proprie di un determinato produttore. La valutazione del rischio di confusione deve essere effettuata avendo riguardo al mercato di riferimento e al grado di attenzione del consumatore medio, considerando che maggiore è il grado di attenzione, minore è la possibilità di equivoco generata dalla similitudine delle forme. Non rientra nella fattispecie di concorrenza sleale per imitazione servile l'imitazione di forme comuni o standardizzate, salvo il caso in cui queste ultime abbiano acquisito valore individualizzante.

  • Il riconoscimento dell'assegno divorzile postula l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi di sussistenza del coniuge richiedente e l'oggettiva impossibilità per questo di procurarseli, oltre a una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali di entrambe le parti, alla luce del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, della durata del matrimonio e dell'età dell'avente diritto. Ove sussistano tali presupposti, il giudice è tenuto a disporre il versamento di un assegno divorzile a carico del coniuge più abbiente, con possibilità di ordinare il pagamento diretto da parte del datore di lavoro al fine di garantire l'adempimento dell'obbligo. Diversamente, la domanda di assegno di mantenimento del figlio maggiorenne non può essere accolta ove questi non dimostri di essersi diligentemente attivato per rendersi economicamente autonomo in base alle opportunità offerte dal mercato del lavoro, onere probatorio che diviene più gravoso all'aumentare dell'età del figlio.

  • L'amministratore di sostegno è responsabile per i danni cagionati al beneficiario qualora non adempia ai propri obblighi con la diligenza del buon padre di famiglia, sia per condotte omissive che commissive. Grava sull'amministratore l'onere di provare che l'inadempimento non gli sia imputabile. L'amministratore di sostegno che effettui prelievi, bonifici ed emissioni di assegni circolari non autorizzati dal giudice tutelare e non giustificati dall'interesse del beneficiario, è tenuto a restituire le somme indebitamente utilizzate a proprio vantaggio. Il mancato deposito del rendiconto da parte dell'amministratore di sostegno comporta la presunzione di un utilizzo distorto delle risorse patrimoniali del beneficiario.

  • Il diritto di proprietà sulle parti comuni di un condominio appartiene ai singoli condomini e non al condominio in quanto ente, pertanto l'azione di accertamento dell'usucapione di un bene condominiale deve essere promossa nei confronti di tutti i condomini e non solo dell'amministratore, in quanto la legittimazione passiva di quest'ultimo è limitata alla tutela dei diritti sui beni comuni, mentre le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, come l'estensione del diritto di comproprietà, rientrano nella disponibilità esclusiva dei singoli partecipanti al condominio. Inoltre, l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 102 c.p.c. è possibile solo laddove almeno uno dei soggetti legittimati passivi sia già stato ritualmente citato in causa, circostanza che non ricorre nell'ipotesi in cui la domanda sia stata proposta unicamente nei confronti dell'amministratore di condominio.

  • Il principio di verità nella redazione del bilancio e della situazione patrimoniale costituisce un fondamentale obbligo degli amministratori di società, la cui violazione determina la nullità delle delibere assembleari adottate sulla base di documenti contabili non veritieri. Tuttavia, la perdita della qualità di socio, conseguente all'azzeramento e ricostituzione del capitale sociale deliberati in violazione di tale principio, non esclude la legittimazione del socio uscente ad impugnare le relative delibere, in quanto la declaratoria di nullità di queste ultime potrebbe condurre al ripristino della sua partecipazione sociale. Al contrario, l'azione sociale di responsabilità promossa dal socio nei confronti degli amministratori per danni arrecati alla società è improcedibile qualora il socio abbia perso tale qualità per non aver sottoscritto l'aumento di capitale deliberato, in quanto il diritto fatto valere non è proprio ma della società, della quale il socio agisce in via sostitutiva. Pertanto, il mantenimento della qualità di socio è condizione necessaria per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità, a differenza dell'impugnazione delle delibere assembleari che determinano la perdita di tale qualità.

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