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  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA Il Tribunale di Vicenza, Sezione Seconda Civile, riunito in camera di consiglio in persona dei Signori Magistrati: dott.ssa Elena Sollazzo - Presidente rel. dott. Gabriele Conti - Giudice dott.ssa Aglaia Gandolfo - Giudice ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa iscritta al n. 5344 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, promossa da (...), nata a (...) il (...), rappresentata e difesa dall'avvocato St.BA. contro (...), nato ad (...) il (...), rappresentato e difeso dall'avvocato Li.BE. e con l'intervento del PUBBLICO MINISTERO, in persona del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vicenza. In punto: Cessazione degli effetti civili del matrimonio. FATTO E DIRITTO Con ricorso in data 15.9.2020 (...), premesso di aver contratto matrimonio con (...) in Arezzo il 19.10.2002; che dall'unione erano nate le figlie (...) ((...)) e (...) ( (...)); che il matrimonio era entrato in irreversibile crisi e che, con decreto del 29.1.2015 il Tribunale di Vicenza aveva omologato la separazione consensuale dei coniugi; che le condizioni della separazione prevedevano l'affido condiviso delle figlie minori, il collocamento prevalente delle stesse presso la madre, la regolamentazione del diritto di visita del padre nei week end, secondo la regola dell'alternanza, nelle sere del martedì e del giovedì, nonché durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive, l'assegnazione della casa coniugale ad essa ricorrente, l'obbligo in capo a (...) di contribuire al mantenimento delle figlie minori e della moglie con la somma mensile di Euro 900 e di Euro 300 rispettivamente; che (...) si era disinteressato delle figlie e non aveva rispettato gli accordi economici della separazione, costringendo essa ricorrente a sporgere denuncia nei suoi confronti ed anche a lasciare la casa coniugale condotta in locazione per trasferirsi con le figlie in provincia di Verona; di aver svolto varie attività lavorative con contratti a tempo determinato e talvolta in modo irregolare e di percepire, da marzo 2019, il reddito di cittadinanza, inizialmente pari a 480 Euro mensili e poi ridotto a 280 Euro mensili; chiedeva fosse dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, l'affidamento esclusivo delle figlie minori, nonché la conferma delle condizioni economiche della separazione. Con comparsa in data 21.12.2020 si costituiva in giudizio (...), aderendo alla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ma contestando la richiesta di affido esclusivo delle figlie avanzata dalla controparte; lamentava che la F. avesse tenuto condotte volte ad ostacolare il suo rapporto con le minori, in relazione alle quali invocava l'emissione di provvedimenti sanzionatori ex art. 709 ter c.p.c.; rappresentava inoltre che le proprie condizioni economiche fossero drasticamente peggiorate dal tempo della separazione e chiedeva che il contributo a proprio carico per il mantenimento delle figlie fosse ridotto a 400 Euro mensili, oltre al 50% delle spese straordinarie; instava infine per il rigetto della domanda di assegno divorzile svolta dalla ricorrente. All'udienza del 12.1.2021 i coniugi comparivano personalmente avanti il Presidente del Tribunale, rendendo le dichiarazioni riportate a verbale. Con ordinanza in data 12.1.2021 il Presidente, in via provvisoria ed urgente, affidava le figlie minori ad entrambi i genitori secondo la regola dell'affido condiviso e le collocava in via prevalente presso la madre; regolamentava il diritto di visita del padre nei week end, secondo la regola dell'alternanza, il mercoledì pomeriggio fino al mattino seguente, nonché durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive; determinava in Euro 100 mensili la misura dell'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. dovuto dal resistente in favore della moglie ed in Euro 500 mensili il contributo a carico dello stesso in favore delle due figlie. Instauratasi la fase contenziosa di merito, con sentenza parziale n. 646/2021, il Tribunale dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con ordinanza in data 28.9.2021 il Giudice Istruttore non ammetteva le prove orali richieste dalla ricorrente e disponeva la presa in carico del nucleo familiare da parte dei (...) territorialmente competenti, incaricandoli di verificare la condizione delle figlie minori delle parti, la capacità genitoriale di (...) e di (...) ed indicare il regime di affidamento / collocamento / frequentazione del genitore non convivente con le minori maggiormente rispondente al loro interesse. All'esito del deposito della relazione dei (...), all'udienza del 26.1.2023 la causa era rimessa al Collegio per la decisione sulle conclusioni delle parti e del Pubblico Ministero in epigrafe riportate. La cessazione degli effetti civili del matrimonio è già stata dichiarata con sentenza parziale n. 646/2021. Restano dunque da esaminare le questioni afferenti il regime di affidamento delle figlie minori delle parti e quelle di natura economica. Preliminarmente deve in questa sede ribadirsi il giudizio di inammissibilità espresso dal Giudice Istruttore con l'ordinanza datata 28.9.2021 relativamente alle prove orali richieste dalla ricorrente (che ha reiterato le proprie istanze istruttorie in sede di precisazione delle conclusioni), in quanto i capitoli 1, 2, 3, 36, 37 attengono a circostanze non contestate, i capitoli 4, 31, 34 attengono a circostanze irrilevanti, i capitoli 5, 16, 17, 19, 20, 21, 27, 35, 39, 40, 41, 43, 44, 45, 46, 48, 49, 51 sono formulati in termini generici e tali da non consentire l'articolazione di prova contraria, i capitoli 6, 7, 8, 9, 10, 11 sono formulati in termini generici ed attengono a circostanze irrilevanti, i capitoli 12, 13, 14, 15, 18, 22, 24, 25, 26, 28, 30, 42, 47, 52, 53, 55, 56 attengono a circostanze da documentare, i capitoli 23, 50 sono valutativi ed i capitoli 29, 32, 33, 38, 54 sono volti a provare fatti negativi. Le minori (...) e (...) vanno affidate in modo condiviso ad entrambi i genitori i quali, nell'esercizio della responsabilità genitoriale, prederanno di comune accordo le decisioni di maggiore interesse relative alla loro istruzione, educazione e salute, tenendo conto delle loro capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni. In proposito va rimarcato che la decisione di affidamento condiviso dei figli minori, oltre a essere rispettosa delle disposizioni normative e dei principi ermeneutici introdotti dalla L. n. 54 del 2006 (che ha stabilito il diritto del minore alla cosiddetta bigenitorialità) risulta avvalorata anche dal contenuto della relazione redatta dai (...) di Grezzana, depositata in data 20.9.2022. In detta relazione, infatti, se da un lato viene evidenziata l'esistenza di rapporti altamente conflittuali tra i coniugi (per ragioni prevalentemente economiche e con ricadute, seppur indirette, sulle figlie), dall'altro è sottolineato che le minori non manifestano significativi disagi, hanno maturato chiarezza riguardo al percorso di vita disgiunto dei genitori e sono adeguatamente seguite ed accudite nel contesto familiare materno. I Servizi Sociali non hanno rilevato particolari carenze delle capacità genitoriali delle parti e, pur dando atto dell'interruzione delle visite di (...) con il padre (dovute alla difficoltà della ragazza di rapportarsi con la compagna del (...)), hanno segnalato che la minore esprime comunque sentimenti positivi verso il padre, nonché il desiderio di riallacciare i rapporti con lui, e che il genitore, benché penalizzato dalla distanza, si è dimostrato collaborativo e disponibile nell'agevolare gli incontri con le figlie e molto dispiaciuto per l'interruzione dei suoi rapporti con la primogenita. In tale situazione ritiene pertanto il Collegio che la strada della condivisione genitoriale sia necessaria alla tutela del benessere psicoaffettivo delle minori ed anche l'unica che può sortire l'effetto di salvaguardare il loro diritto, disciplinato dalle norme codicistiche, alla bigenitorialità. Del resto, l'esistenza di una situazione di conflittualità tra i genitori non può costituire ostacolo insuperabile all'applicazione dell'affidamento condiviso del figlio minore, come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte (Cassazione n. 16593/2008; Cassazione n. 21591/2012), potendosi derogare al regime legale di affidamento solo nel caso in cui la sua applicazione risulti pregiudizievole per l'interesse del minore. Quanto al collocamento delle figlie, le parti concordano sul fatto che questo debba essere presso la madre ed in tal senso si sono pure espressi i (...), evidenziando come la ricorrente risulti adeguata nelle funzioni affettive e di responsabilità verso le minori e sia presente ed attiva nell'offrire attività di svago ed intrattenimento alle figlie. Le frequentazioni padre/figlie vanno regolamentante tenendo conto della distanza di (...) dal luogo di residenza delle minori e delle richieste del resistente, essendosi (...) rimessa sul punto alle determinazioni del Tribunale. Pertanto, (...) e (...) staranno con il padre nei fine settimana, secondo la regola dell'alternanza dal venerdì alle ore 18 fino alla domenica alle ore 21,30, con obbligo di (...) di prelevarle dal luogo in cui si trovano e di riaccompagnarle a casa della madre al termine del proprio turno di responsabilità genitoriale; un pomeriggio / sera durante la settimana, previo accordo con la madre; sette giorni durante le vacanze natalizie, comprendenti ad anni alterni il giorno di (...) e quello di (...); tre giorni durante le vacanze pasquali, comprendenti ad anni alterni il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell'Angelo; due settimane, anche non consecutive, durante le vacanze estive (con pari diritto della madre) in periodo da concordare tra i genitori entro il 30 Maggio di ogni anno. Va inoltre dato incarico ai (...) di monitorare ancora per sei mesi il nucleo familiare verificando il rispetto dei provvedimenti adottati con la presente sentenza e di tentare di riallacciare i rapporti della figlia (...) con il padre. Non ricorrono le condizioni per emettere a carico di (...) i provvedimenti sanzionatori di cui all'art. 709 ter c.p.c. invocati dalla difesa di (...), non emergendo dagli atti e tanto meno dalla relazione dei (...), riscontro alcuno delle condotte materne asseritamente ostacolanti il rapporto padre / figlie e lesive del diritto alla bigenitorialità di queste ultime. Quanto alle questioni economiche, il thema decidendum è circoscritto a verificare se (...) abbia diritto a vedersi riconoscere un assegno divorzile a carico di (...) ed a quantificare il contributo da quest'ultimo dovuto per il mantenimento delle figlie minori. La decisione della prima di tali questioni non può che prendere le mosse dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 18287/2018 che ha diffusamente trattato proprio il tema dell'assegno divorzile, discostandosi dalla precedente sentenza n. 11504/2017, già recepita da questo Tribunale. Il rispetto della funzione nomofilattica della Suprema Corte impone senza dubbio al Tribunale di applicare il principio di diritto sancito nella pronuncia in esame. Le SS.UU. partendo dalla considerazione che "... lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare ..." hanno ritenuto di riconoscere all'assegno divorzile una funzione composita sia di natura assistenziale (fondata sui parametri delle "condizioni dei coniugi" e del "reddito di entrambi") sia di natura compensativa- perequativa (considerando il contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia ed alla formazione del patrimonio di entrambi i partner), sia di natura risarcitoria (rilevando le ragioni della decisione) criterio quest'ultimo che, seppure evocato nella motivazione della decisione, sembra, comunque, assurgere ad un ruolo meno rilevante, stante la mancata sua riproduzione nel principio di diritto enunciato nella parte finale della decisione. Il fondamento di tale conclusione è da rinvenire, secondo il Collegio di legittimità, nella necessità di mantenere rilevanza, anche nella fase dello scioglimento del matrimonio al principio di pari dignità dei coniugi "...dovendo procedersi all'effettiva valutazione del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio comune ed alla formazione del profilo economico patrimoniale dell'altra parte, anche in relazione alle potenzialità future. La natura e l'entità del sopraindicato contributo è frutto delle decisioni comuni, adottate in sede di costituzione della comunità familiare, riguardanti i ruoli endofamiliari in relazione all'assolvimento dei doveri indicati nell'art. 143 c.c.. Tali decisioni costituiscono l'espressione tipica dell'autodeterminazione e dell'autoresponsabilità sulla base delle quali si fonda ex artt. 2 e 29 Cost. la scelta di unirsi e di sciogliersi dal matrimonio ...". Viene così superata la tradizionale scissione tra i criteri per la valutazione sull'an dell'assegno divorzile e quelli per la (eventuale) determinazione del quantum (affermata dalla giurisprudenza di legittimità sin dagli anni novanta) affermando che "..il parametro sulla base del quale deve essere fondato l'accertamento del diritto ... ha natura composita, dovendo l'inadeguatezza dei mezzi o l'incapacità di procurarli per ragioni oggettive essere desunta dalla valutazione, del tutto equiordinata, degli indicatori contenuti nella prima parte dell'art. 5 c. 6, in quanto rivelatori della declinazione del principio di solidarietà, posto a base del giudizio relativistico e comparativo di adeguatezza...". Partendo da questo principio la Suprema Corte, pur ritenendo definitivamente superato il criterio del tenore di vita goduto o fruibile durante la vita matrimoniale condividendo i passaggi della citata sentenza n. 11504/2017, laddove erano stati posti in luce il principio di autoresponsabilità e la valorizzazione delle scelte personali, ha sottolineato che l'art. 2 della Carta Costituzionale "...colloca il principio di autodeterminazione all'interno delle formazioni sociali nelle quali si sviluppa la personalità dell'individuo..." rilevando che "...l'autodeterminazione non si esaurisce con la facoltà anche unilaterale di sciogliersi dal vincolo ma preesiste a tale determinazione e connota tutta la relazione ed, in particolare, la definizione e la condivisione dei ruoli endofamiliari. Ugualmente l'autoresponsabilità costituisce il cardine dell'intera relazione matrimoniale, su di essa fondandosi l'obbligo di assistenza e di collaborazione nella vita familiare così come tratteggiati nell'art. 143 cod. civ. ..." precisando che "...la conduzione della vita familiare è il frutto di decisioni libere e condivise alle quali si collegano doveri ed obblighi che imprimono alle condizioni personali ed economiche dei coniugi un corso, soprattutto in relazione alla durata del vincolo, anche irreversibile. Alla reversibilità della scelta relativa al legame matrimoniale non consegue necessariamente una correlata duttilità e flessibilità in ordine alle condizioni soggettive e alla sfera economico patrimoniale dell'ex coniuge al momento della cessazione dell'unione matrimoniale ...". Per questi motivi la Suprema Corte ha conferito "...preminenza alla funzione equilibratrice-perequativa dell'assegno di divorzio..." sottolineando la necessità di accertare, nei casi in cui vi sia uno squilibrio tra le condizioni economiche delle parti, se tale squilibrio sia da "...ricondurre eziologicamente alle determinazioni comuni ed ai ruoli endofamiliari, in relazione alla durata del matrimonio e all'età del richiedente...". Per la decisione sulla domanda di assegno divorzile si deve, quindi, assumere come punto di partenza della valutazione della domanda, l'analisi dell'attuale situazione economico reddituale delle parti (comprensiva delle potenzialità dell'ex coniuge richiedente assegno di avere adeguati mezzi propri o di essere capaci di procurarli), finalizzata alla comparazione tra la situazione reddituale e patrimoniale delle parti per verificare l'esistenza di un eventuale squilibrio. Compiuto tale accertamento si dovrà poi accertare se la disparità economico reddituale e lo squilibrio rilevato siano frutto delle scelte condivise assunte in costanza di matrimonio alla luce del contributo dato da ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e all'evolversi della situazione reddituale e patrimoniale dell'altro, considerando la durata del vincolo coniugale, chiave di lettura di tutti gli altri criteri di valutazione, che assume una rilevanza pregnante. E' infatti di immediata evidenza che maggiore sarà stata la durata del matrimonio, più sarà stato rilevante l'apporto di ciascuno alla formazione delle sostanze comuni e allo sviluppo delle capacità reddituali dell'altro coniuge, in una valutazione che impone la piena equiordinazione tra il lavoro domestico, di cura e di accudimento dell'altro e della casa familiare, allo stato privo di concreto riconoscimento reddituale, e il lavoro prestato all'esterno del nucleo familiare. Giova sottolineare, peraltro, che avendo le stesse SS.UU. eliminato il criterio del tenore di vita l'assegno divorzile non può avere la funzione di "pareggiare" le condizioni degli ex-coniugi laddove esse sarebbero comunque state diverse in assenza delle nozze. Diversamente opinando si attribuirebbe al matrimonio un compito del tutto incompatibile con la natura dell'istituto, a favore di scelte matrimoniali basate sulla convenienza economica, e si darebbe legittimità a quella "locupletazione ingiustificata" che le stesse Sezioni Unite hanno censurato quando hanno sottoposto a critica serrata il criterio del tenore della vita matrimoniale. Del resto, se si accedesse a una visione dell'assegno divorzile correttiva della situazione economico-sociale, verrebbe superata la funzione compensativa dell'assegno stesso, posto che quest'ultimo non servirebbe a ristorare la parte che, sulla base delle scelte della coppia, ha sacrificato le proprie ambizioni personali di realizzazione lavorativa, ma attribuirebbe invece alla parte medesima un vantaggio superiore a tale sacrificio. Pertanto laddove la Suprema Corte afferma che l'assegno divorzile deve tendere a consentire "....un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell'età del richiedente...." si pone il problema di formulare un giudizio ex ante relativo alle aspettative sacrificate rispetto alla situazione che si crea con il divorzio e ciò in quanto le Sezioni Unite hanno sottolineato che "....è necessario procedere ad un accertamento probatorio rigoroso del rilievo causale degli indicatori sopraindicati sulla sperequazione determinatasi...." e che "...la funzione equilibratrice dell'assegno, deve ribadirsi, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale ma soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo forniti dall'ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale....". Ancor più recentemente la Suprema Corte ha precisato che "....al fine di stabilire se, ed eventualmente in quale entità, debba essere riconoscersi l'invocato assegno divorzile, il giudice: a) procede, anche a mezzo dell'esercizio dei poteri ufficiosi, alla comparazione delle condizioni economico-patrimoniali delle parti; b) qualora risulti l'inadeguatezza dei mezzi del richiedente, o, comunque, l'impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, deve accertarne rigorosamente le cause, alla stregua dei parametri indicati dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, prima parte, e, in particolare, se quella sperequazione sia, o meno, la conseguenza del contributo fornito dal richiedente medesimo alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno dei due, con sacrificio delle proprie aspettative professionali e reddituali, in relazione all'età dello stesso ed alla durata del matrimonio; c) quantifica l'assegno rapportandolo non al pregresso tenore di vita familiare, nè al parametro della autosufficienza economica, ma in misura taleda garantire all'avente diritto un livello reddituale adeguato al contributo sopra richiamato" (Cassazione 23.4.2019 n. 11178). Tenendo dunque conto di quanto sin qui esposto deve essere esaminato il caso di specie, evidenziando di seguito le circostanze di fatto rilevanti per la decisione, quali risultano dal fascicolo processuale. (...) e (...) si sono sposati nell'ottobre del 2002, quando, sia il marito che la moglie, avevano compiuto 32 anni. Il matrimonio è durato 13 anni e non costano ragioni per imputare il venir meno del sodalizio coniugale ad uno dei due coniugi, in quanto la separazione è stata pronunciata senza addebito. (...) non ha contestato le allegazioni di controparte relative alle attività lavorative dalla medesima svolte, con contratti a tempo determinato, durante la convivenza matrimoniale, quale dipendente dell'IPAB di Vicenza, operaia e rappresentante nel settore orafo, barista e colf. Al tempo dell'udienza presidenziale era disoccupata e percepiva solo il reddito di cittadinanza di 280 Euro mensili. Successivamente, durante il corso del giudizio, ha svolto varie attività lavorative (fotografa a matrimoni ed eventi, collaboratrice domestica, bracciante agricola) in modo irregolare e precario. Attualmente lavora come colf, regolarmente assunta, due mattine a settimana, verso una retribuzione netta mensile di poco più di 200 Euro, con la quale deve far fronte al pagamento del canone di locazione di 350 Euro mensili della casa di Grezzana (VR), dove vive con le due figlie. (...), durante il matrimonio, lavorava come operaio con contratto a tempo indeterminato alle dipendenze della società (...) s.r.l. e provvedeva in via prevalente al mantenimento della famiglia, nonché al pagamento del canone di locazione della casa coniugale. Nell'aprile del 2018 ha perso il lavoro e, dopo un periodo di disoccupazione, durante il quale ha percepito l'indennità NASPI e subito lo sfratto per morosità relativamente all'immobile sito in (...) via X. (...) che aveva destinato a propria abitazione, ha ripreso a lavorare, dapprima come venditore a domicilio per la società (...) s.r.l. e poi come operaio con contratti a tempo determinato. Al tempo dell'udienza presidenziale era occupato come magazziniere presso la società cooperativa (...), verso una retribuzione netta mensile di circa 1.400 Euro e tutt'ora svolge tale attività. Vive con la sua nuova compagna e non ha documentato spese abitative. È innegabile, alla luce dei dati sopra riportati, che sussista tra le parti un'apprezzabile sperequazione economica, in favore del resistente (...). Quest'ultimo infatti svolge un'attività lavorativa a tempo pieno adeguatamente retribuita e non ha spese abitative, mentre (...) lavora come colf per poche ore alla settimana, è gravata del pagamento di un canone di locazione ed ha aspettative pensionistiche sicuramente più limitate di quelle dell'ex marito. Deve escludersi che (...) abbia diritto ad un assegno divorzile con funzione compensativa - perequativa, non avendo la stessa allegato, e tanto meno provato, di aver contribuito alla formazione delle capacità professionali e di reddito del marito o limitato le proprie chances lavorative, nonché le proprie aspettative professionali e reddituali, mancando anche solo di indicare a quali aspirazioni professionali ella avrebbe rinunciato in favore della famiglia per effetto di scelte condivise con il coniuge. Tuttavia, ritiene il Collegio che la ricorrente possa legittimamente aspirare a vedersi riconoscere da (...) un assegno divorzile con funzione assistenziale. È infatti evidente che (...), pur dotata di capacità lavorativa generica, difficilmente riuscirà a reperire un'occupazione che le consenta di produrre un reddito autosufficiente, considerata la sua età (54 anni), il titolo di studio di cui è in possesso (licenzia media), la marginalità dell'attività lavorativa svolta durante il matrimonio e successivamente alla separazione, la necessità di accudire in via largamente prevalente due figlie ancora minori. Tale assegno, tenuto conto della condizione reddituale dell'obbligato e del perdurare dell'onere di contribuzione a suo carico in favore delle figlie, va determinato nella misura minimale di 100 Euro mensili. Venendo alla quantificazione del contributo dovuto da (...) per il mantenimento delle figlie (...) e (...), vanno considerati, oltre alla capacità contributiva dei due genitori, di cui si è sin qui dato conto, anche i tempi di permanenza delle figlie presso ciascuno di essi, nonché le esigenze delle minori correlate alla loro età. Tutto ciò considerato, stimasi equo determinare tale contributo in Euro 500 mensili (oltre al 50% delle spese straordinarie) in conformità a quanto stabilito dal Presidente del Tribunale con i provvedimenti provvisori. Le spese attesa la reciproca soccombenza vanno integralmente compensate tra le parti. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando tra le parti, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione disattesa, così provvede: a) affida le minori (...) e (...) ad entrambi i genitori secondo la regola dell'affido condiviso, con residenza e collocamento prevalente delle stesse presso la madre; b) dispone che (...) possa vedere e tenere con sé le figlie secondo le seguenti modalità: -un week end ogni 15 giorni, dal venerdì alle ore 18 fino alla domenica alle ore 21,30, con obbligo di prelevarle dal luogo in cui si trovano e di riaccompagnarle a casa della madre al termine del proprio turno di responsabilità genitoriale; -un pomeriggio / sera durante la settimana, previo accordo con la madre; -sette giorni durante le vacanze natalizie, comprendenti ad anni alterni il giorno di (...) e quello di (...); -tre giorni durante le vacanze pasquali, comprendenti ad anni alterni il giorno di Pasqua ed il Lunedì dell'Angelo; -due settimane anche non consecutive durante le vacanze estive (con pari diritto della madre), in periodo da concordare tra i genitori entro il 30 Maggio di ogni anno; c) demanda ai (...) territorialmente competenti in ragione del luogo di residenza delle minori di monitorare ancora per sei mesi il nucleo familiare, verificando il rispetto dei provvedimenti adottati con la presente sentenza e di tentare di riallacciare i rapporti della figlia (...) con il padre; d) fa obbligo a (...) di corrispondere a (...), entro il giorno 5 di ogni mese, a titolo di assegno divorzile, la somma di Euro 100, annualmente rivalutabile in base agli indici ISTAT; e) fa obbligo a (...) di corrispondere a (...), entro il giorno 5 di ogni mese, a titolo di contributo al mantenimento delle figlie, la somma di Euro 500 (euro 250 per ciascuna figlia), annualmente rivalutabile in base agli indici ISTAT e di sostenere al 50% le spese straordinarie relative alla prole, come regolamentate dal protocollo del Tribunale di Vicenza; f) rigetta ogni altra domanda; g) compensa le spese. Così deciso in Vicenza il 2 maggio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 maggio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI VICENZA Il Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico, Dott.ssa Biancamaria Biondo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2202/2019 del Ruolo Generale, avente ad oggetto: "azione di pagamento in surroga ex art. 1916 c.c." promossa da (...) COMPANY SE, RAPPRESENTANZA G.I., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. (...), con sede legale in M., piazza G. (...) n. 8, c.f. e p.i. (...), rappresentata e difesa, anche disgiuntamente tra loro, dagli avv.ti Fe.Vi. e Al.Ca. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Vicenza, Contra' (...), in virtù di procura allegata all'atto di citazione Attrice contro (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore sig. (...), con sede legale in M. M. (V.), via (...) (...) n. 10, c.f. e p.i. (...), rappresentata e difesa dagli avv.ti Li.Ca. e Ma.Vi. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Vicenza, Corso (...), come da mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta Convenuta (...) di (...), in persona del suo titolare e legale rappresentante pro tempore (...), con sede legale in N. (T.), S. 553 Km 12 (...) Ind.le, p.i. (...), rappresentata e difesa dall'avv. An.Mi. ed elettivamente domiciliata in Dueville (VI), via (...), presso lo studio dell'avv. Fr.Ga., in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta Convenuta MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con l'atto introduttivo del giudizio, incardinato avanti all'intestato Tribunale, (...) COMPANY SE - Rappresentanza G.I. (da ora, per brevità, anche solo "XL") conveniva (...) s.r.l. ed (...)(...), chiedendone la condanna, in via solidale o alternativa tra loro, oppure pro quota in ragione delle rispettive responsabilità, al pagamento della somma di Euro 151.496,48 o di quella diversa ritenuta di giustizia, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria, a titolo di rimborso dell'indennizzo erogato alla propria assicurata (...) s.p.a. a fronte del danno da questa subito relativo ad un trasporto di merci. A sostegno della domanda l'attrice esponeva: - che, nel mese di luglio del 2016, (...) s.r.l. veniva incaricata da (...) s.p.a. del trasporto di sei partite di caldaie, scaldabagni, condizionatori, pannelli solari ed accessori, composte da 38 colli, di cui ai ddt nn. (...), (...), (...), (...), (...) e (...) del 15.07.2016, aventi un valore complessivo di Euro 151.996,48, con l'accordo di prelevare il carico dalla sede di G. (V.) e di consegnarlo alla (...) s.r.l. di (...), che si sarebbe dovuta occupare della distribuzione della merce alle società acquirenti (...) s.r.l. di R., (...) s.r.l. di (...) (R.), (...) s.r.l. di (...) (R.), (...) s.r.l. di (...) (I.), (...) s.r.l. di (...) e (...) s.r.l. di (...) (F.); -che (...) s.r.l. affidava l'esecuzione materiale del trasporto al sub vettore (...)(...), il quale prelevava la merce in data 15.07.2016 dal luogo concordato, ma anziché trasferirla direttamente al deposito della società (...) per la successiva distribuzione, effettuava una sosta nel fine settimana, trasportandola, con l'autoarticolato composto dal trattore targato (...) e dal semirimorchio targato (...), presso la propria area di deposito, ubicata nella zona industriale di Notaresco in Teramo; - che la merce non giungeva mai a destinazione in quanto asseritamente fatta oggetto di furto da parte di soggetti ignoti, i quali, secondo la narrazione dei fatti operata dal titolare di (...) nella denuncia penale effettuata la mattina del 19.07.2016 (a distanza di oltre due giorni dalla scoperta del furto che si assumeva essere avvenuta alle ore 8:00 del 17.07.2016), avrebbero sottratto il semirimorchio targato (...), ove si trovavano caricati i prodotti della (...), avvalendosi di altro trattore, con targa (...), che si trovava anch'esso parcheggiato nel piazzale; - che essa attrice, dopo gli accertamenti peritali eseguiti a mezzo della società (...), aveva dovuto indennizzare la società (...) s.p.a. in forza della polizza n. (...), versando l'importo di Euro 151.496,48 (corrispondente al valore della merce trafugata, pari ad Euro 151.996,48, detratta la franchigia di polizza di Euro 500,00); - che, pertanto, la Compagnia di assicurazioni doveva ritenersi legittimata ad esercitare, in surroga della propria assicurata, ex artt. 1916 e 1201 c.c., l'azione di risarcimento nei confronti del vettore nonché quale cessionaria dei diritti vantati dalla (...), come previsto nell'atto di quietanza sottoscritto da quest'ultima; - che le convenute erano tenute al rimborso dell'indennizzo, essendo la perdita della merce a loro imputabile a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1696 c.c. o, in subordine, extracontrattuale ai sensi dell'art. 2043 c.c.; - che, infatti, le modalità del presunto furto, che comunque dovevano intendersi contestate, denotavano una grave negligenza sia nell'organizzazione del trasporto (attesa la sottoposizione del carico all'evitabile, pericolosa e prolungata sosta del fine settimana, anche se il trasferimento della merce fino al luogo di destinazione poteva essere effettuato nell'arco di una sola giornata), sia nella custodia dei beni (stante la più totale assenza delle necessarie cautele per la cura di un carico di rilevante valore come quello oggetto di causa). (...) s.r.l. e (...) DI (...) si costituivano in giudizio con due distinte comparse di costituzione e risposta, nelle quali chiedevano il rigetto di ogni pretesa avversaria. In estrema sintesi (...) s.r.l. negava, prima di tutto, la propria legittimazione passiva rispetto alle richieste di parte attrice, rappresentando di non essersi materialmente occupata del trasporto della merce della (...) s.p.a., a cui sin dall'inizio era perfettamente noto che esso sarebbe stato eseguito da (...), con la conseguenza che alcuna responsabilità poteva esserle imputata né nell'organizzazione preventiva del trasporto, né nella gestione della custodia dei beni; inoltre, contestava la mancata dimostrazione dell'entità del danno patrimoniale subito dall'assicurata, stante il successivo reintegro della stessa merce trafugata con altra prodotta dalla stessa (...), che avrebbe dovuto essere quantificata con i costi di ricostruzione della merce andata perduta e non con il valore di vendita ai terzi acquirenti. Per l'eventualità che fosse ritenuta responsabile quale primo vettore contrattuale della merce trasportata, la convenuta operava la chiamata in garanzia di (...), chiedendo in ogni caso l'applicazione dei limiti di indennizzo di cui all'art. 1696 c.c. (con conseguente contenimento della condanna entro Euro 12.836,00) in ragione del difetto di prova della colpa "grave" invocata da XL, non desumibile dalla narrazione dei fatti operata nella denuncia di furto presentata dal sub vettore. A sua volta, (...) DI (...), nella propria comparsa di costituzione depositata in data 6.09.2019, eccepiva che l'attrice non poteva ritenersi titolare di alcun diritto risarcitorio nei propri confronti, né a titolo contrattuale, in via surrogatoria e/o quale cessionaria dei diritti dell'assicurata, atteso che che (...) non aveva intrattenuto alcun rapporto negoziale con la società mittente, né a titolo di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., potendo XL avvalersi unicamente dell'azione diretta nei confronti del vettore contrattuale. Nel merito la convenuta sosteneva la propria assenza di responsabilità in relazione al fatto dannoso, evidenziando, quanto all'organizzazione del trasporto, di essersi limitata ad osservare le istruzioni ricevute dalla propria mandante (...) s.r.l., da cui aveva ricevuto l'incarico di effettuare il trasporto lo stesso giorno in cui doveva essere eseguito, e cioè venerdì 15.09.2016, con l'indicazione di provvedere alla consegna al destinatario il successivo lunedì 18.09.2016, e quanto alla custodia della merce, che il semirimorchio che la conteneva era stato agganciato ad un trattore munito di furto satellitare e posizionato nel parcheggio dei propri magazzini, il quale si presentava sicuro, visto che era interamente recintato, in parte con muratura, in parte con rete metallica fissata a paletti metallici fissati nel cemento, mentre l'ingresso era dotato di un cancello elettrico automatizzato, con chiusura meccanica. Rilevava che nessuna colpa poteva essere ravvisata a suo carico, essendo emerso che la sottrazione del carico era avvenuta con violenza e in circostanze tali da renderla inevitabile, tramite lo sfondamento della recinzione e la forzatura del sistema di apertura, ad opera di un vero e proprio commando organizzato di sette persone che si era avvalso di un altro trattore lì parcheggiato per trainare il semirimorchio contenente la merce. In subordine, invocava anch'essa l'applicazione del limite di responsabilità di cui all'art. 1696, II comma, c.c., stante l'assenza di dolo e di colpa grave. A seguito della chiamata in garanzia da parte di (...) s.r.l., (...) DI (...) provvedeva a depositare in data 4.02.2020 una seconda comparsa di costituzione e di risposta, nella quale prendeva posizione sulla domanda trasversale della propria chiamante, di cui invocava il rigetto anche in ragione dell'eccepita prescrizione ex art. 2951 c.c. del diritto vantato dall'altra convenuta. La causa, istruita con l'assunzione delle prove testimoniali, era trattenuta in decisione all'udienza del 20.10.2022, in cui le parti precisavano le conclusioni con modalità "cartolari" e chiedevano l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. I fatti rilevanti ai fini della presente decisione, pacifici e/o documentati, sono i seguenti: - in data 25.05.2012 le società (...) s.p.a. e (...) s.r.l. hanno sottoscritto una sorta di contratto-quadro volto a disciplinare le condizioni da applicare ai successivi rapporti contrattuali tra le parti aventi ad oggetto il trasporto su strada di merci della prima, consistenti in prodotti di riscaldamento-condizionamento- solare (doc. 32 fascicolo attoreo); - nel luglio 2016 (...) s.r.l. è stata incaricata dalla mittente-venditrice (...) s.p.a. di effettuare il trasporto della merce di cui ai ddt nn. (...), (...), (...), (...), (...) e (...) del 15.07.2016, costituita da sei partite di caldaie, scaldabagni, condizionatori, pannelli solari ed accessori, da prelevare presso la sede di Gambellara della mittente e consegnare alla destinataria (...) srl di (...) per la successiva distribuzione agli acquirenti (doc.ti da 1 a 6 fascicolo attoreo), aventi un valore complessivo di Euro 151.996,48 come risulta dalle fatture di vendita in atti (doc.ti da 7 a 12 fascicolo attoreo); -(...) s.r.l. si è rivolta, per l'esecuzione materiale del trasporto, all'impresa (...) DI (...), a cui è stato indicato di prelevare la merce lo stesso giorno dell'incarico (cioè il 15.07.2016) e di effettuarne la riconsegna il successivo 18.07.2016 (doc. 3 fascicolo (...)); - i prodotti della (...) s.p.a., presi in carico nel giorno concordato, non sono arrivati a destinazione ed (...) ne giustifica la perdita in ragione del furto subito intorno alle ore 23,30 del 16.07.2016 allorché l'autoarticolato utilizzato per il trasporto si trovava parcheggiato all'interno dell'area di deposito di proprietà della convenuta in Notaresco, così come descritto nella denuncia penale del 19.07.2016 (doc. 13 fascicolo attoreo); - la mittente ha sopportato interamente le conseguenze della sottrazione della merce che è stata reintegrata e inviata alle sei società acquirenti (doc.ti da 14 a 19 fascicolo attoreo), salvo poi essere indennizzata da XL, con cui è assicurata in forza della polizza n. (...) del 5.05.2016 (doc. 22 fascicolo attoreo), ricevendo a mezzo di bonifico il pagamento della somma di Euro 151.496,48 (doc. 24 fascicolo attoreo), come attestato nell'atto di quietanza e surroga del 20.02.2017 (doc. 23 fascicolo attoreo). Ebbene, preme subito rilevare, in ordine alla qualificazione giuridica del rapporto contrattuale tra (...) s.r.l. e (...) s.p.a., nei cui diritti l'attrice è surrogata ex art. 1916 c.c., che appare corretto quanto da quest'ultima sostenuto, ovvero che tale convenuta non ha assunto il ruolo di mero spedizioniere nella vicenda negoziale oggetto di causa, essendosi impegnata ad eseguire il trasporto sia pure non con mezzi propri (ma tramite (...) indicata nei ddt in atti), così assumendo gli obblighi ed i diritti propri del vettore (art. 1741 c.c.). Tale conclusione è avvalorata, in particolare, dal doc. 32 fascicolo attoreo, il cui contenuto è chiaramente indicativo dell'avvenuta conclusione di un contratto di trasporto direttamente tra tali parti, laddove invece (...) s.r.l. non è stata in grado di fornire alcuna prova contraria, né attraverso l'escussione testimoniale (non avendo la convenuta articolato alcun capitolo di prova a sostegno della tesi dell'assunzione delle obbligazioni del solo spedizioniere), né sul piano documentale (non avendo prodotto l'ordine di spedizione). (...) COMPANY SE ha, perciò, correttamente azionato la propria pretesa nei confronti del vettore contrattuale, tenuto a risarcire direttamente l'attrice, che agisce in surroga della danneggiata-assicurata, del danno derivante dalla perdita della merce che (...) s.r.l. si era obbligata a trasportare (artt. 1228 e 1693 c.c.), a nulla rilevando che il trasporto sia stato in concreto curato da altri. Detta circostanza deve considerarsi "neutra" ai fini della qualificazione del rapporto, ben potendo il vettore avvalersi di sub-trasportatori, come avvenuto nel caso di specie. Ed, infatti, per quanto chiarito dalla costante giurisprudenza anche di legittimità, "il vettore che, obbligandosi ad eseguire il trasporto delle cose dal luogo di consegna a quello di destinazione indicato in contratto, si avvale dell'opera di altro vettore, risponde della regolarità dell'intero trasporto nei confronti del caricatore e del mittente, restando obbligato anche per il ritardo, la perdita e l'avaria imputabili al subvettore" (cfr., fra le tante, Cass.Civ. Sez. III 30 gennaio 2009 n. 2483; v. Cass. n.19050/2013). Deve, invece, ritenersi fondata l'eccezione preliminare sollevata dall'altra convenuta, (...) DI (...), la quale, sin dalla sua costituzione in giudizio, ha lamentato che, in mancanza di un suo rapporto contrattuale con (...) s.p.a., XL non avrebbe alcuna azione diretta nei propri confronti, e nemmeno potrebbe agire a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. per i medesimi fatti costituenti inadempimento del contratto di trasporto stipulato da (...) s.r.l. Sul punto è utile ricordare che, per giurisprudenza consolidata, il subvettore è responsabile solo nei riguardi del vettore per l'esecuzione del trasporto, mentre non risponde direttamente nei confronti del mittente originario. Né si configura solidarietà tra vettore e subvettore che sussiste solo nel trasporto cumulativo regolato dall'art. 1700 c.c. (Cass. Civ. n. 7247/1996; Cass. 10 gennaio 2008 n. 245): ipotesi questa non riscontrabile nella fattispecie concreta in cui il rapporto intercorso tra le convenute deve certamente essere inquadrato nell'alveo del subtrasporto, difettando un contratto unico concluso dai diversi vettori con il medesimo mittente/destinatario. Per quanto riguarda poi la dedotta responsabilità aquiliana delle convenute e, in particolare, di (...) che ha escluso un suo concorso di responsabilità anche ai sensi dell'art. 2043 c.c., si ritiene di dover aderire all'orientamento della giurisprudenza dominante, secondo il quale "in tema di responsabilità del vettore, ferma restando l'ammissibilità in astratto del concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nelle ipotesi di perdita o avaria della merce verificatasi durante il trasporto, il profilo della responsabilità aquiliana deve essere valutato non in base alle disposizioni che regolano il contratto di trasporto, ma alla luce della disciplina della responsabilità per fatto illecito, attraverso la specifica individuazione di comportamenti dolosi o colposi del vettore che rilevino a questi fini" (Cass. Civ. Sez. VI 24.06.2020 n. 12420). Affinché sia configurabile un'ipotesi di concorso tra le due forme di responsabilità, occorre pertanto che l'attore alleghi e provi una condotta diversa da quella imputata al convenuto quale inadempimento dell'obbligazione propria del contratto di trasporto, qualificabile come illecito ai sensi dell'art. 2043 c.c., e dunque connotata da dolo o colpa, che abbia determinato l'avaria o la perdita del carico. In applicazione di tali principi, la S.C. è perciò giunta alla conclusione - rilevante nel presente giudizio - che la responsabilità extracontrattuale del vettore o del subvettore dev'essere senz'altro esclusa laddove si contesti che la perdita della merce trasportata sia derivata dall'inadempimento dell'obbligazione accessoria della custodia che non è configurabile al di fuori ed indipendentemente dal contratto di trasporto; con il corollario che, qualora sia stato stipulato un contratto di assicurazione della merce, l'assicuratore non ha azione verso il subvettore in via di surrogazione ex art. 1916 c.c., non essendo l'assicurato (nella specie il mittente) titolare di un diritto al risarcimento del danno a norma dell'art. 2043 c.c. (Cass. Civ. Sez. III 14.05.1979 n. 2773). Tutto ciò premesso, e passando alla disamina dei profili più strettamente di merito, si ritiene che la domanda di pagamento proposta da (...) nei confronti di (...) s.r.l. sia fondata e meriti accoglimento. E' noto che, in base alla previsione dell'art. 1693 c.c., il vettore è responsabile della perdita e dell'avaria delle cose consegnategli per il trasporto dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la perdita o l'avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Questa disposizione, dunque, pone a carico del vettore una responsabilità oggettiva ex recepto in forza della quale egli risponde degli effetti dannosi per il solo fatto della perdita o dell'avaria della merce, a meno che non fornisca la prova specifica che la perdita o l'avaria sono derivate da un fatto positivamente identificato, del tutto estraneo alla sfera d'azione del vettore stesso (Cass. n. 28612/2013). In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che il caso fortuito che, ai sensi dell'art. 1693 c.c., esonera il vettore da responsabilità per la perdita del carico, comprende solo quegli eventi che siano imprevedibili (e non anche quelli soltanto improbabili) ed assolutamente inevitabili avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto e alle possibili misure idonee ad elidere od attenuare il rischio della perdita del carico (Cass. Civ. Sez. III 21.12.1999 n. 1497, Cass. Civ. Sez. III 10.02.2003 n. 1935 Cass. Civ. Sez. III 27.03.2009, Cass. Civ. Sez. III 21.04.2010 n. 9439). Pertanto, laddove la perdita della merce trasportata derivi da un fatto delittuoso ad opera di terzi, come nel caso del furto o della rapina, attesa la particolare diligenza imposta al vettore nella custodia delle cose affidategli, la sottrazione con violenza e minaccia in tanto può rivestire gli estremi del caso fortuito solo in quanto le accertate circostanze di tempo e di luogo, in cui fu effettuata, siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile (Cass. Civ. Sez. I 7.09.1992 n. 10262, Cass. Civ. Sez. III 10.02.2003 n. 1935). Nel caso di specie (...) s.r.l., nel sostenere che la perdita della merce è dipesa dal furto perpetrato da ignoti mentre l'autoarticolato utilizzato per il trasporto, composto dal trattore targato (...) e dal semirimorchio targato (...), si trovava all'interno dell'area di parcheggio della sede di (...) in N. (T.), non ha fornito la prova liberatoria posta a suo carico, per la quale non bastava allegare che l'area in questione era munita di una recinzione in muratura, chiusa con un cancello automatico dotato di catena con lucchetto e sottoposta a vigilanza esterna, ma occorreva dare la dimostrazione che erano state adottate tutte le misure idonee ad evitare il furto e che, ciò nonostante, questo si era ugualmente verificato con modalità talmente atipiche ed abnormi da doversi ritenere del tutto imprevedibili ed inevitabili (v. giurisprudenza sopra richiamata; v. pure, più di recente, Cass. Sez. I 6 agosto 2015 n. 16554). Al riguardo, a parte il rilievo che le stesse modalità di perpetrazione del reato sono rimaste incerte (non essendo state confermate dai testi escussi, tra cui il maresciallo dei carabinieri (...), il quale ha riferito di aver raccolto la denuncia penale di (...), ma di non aver effettuato alcun sopralluogo in occasione del furto, né di aver esaminato i filmati delle telecamere di sicurezza della vicina impresa (...)), si deve osservare che alcun evento imprevedibile e/o inevitabile è possibile scorgere nella dinamica dei fatti indicata dal titolare di (...) in sede di denuncia e ribadita nel presente giudizio, in cui la convenuta afferma che un gruppo di sette malviventi si sarebbe introdotto, nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2016, all'interno del proprio centro di deposito merci dopo aver divelto una parte della recinzione e sottratto il semirimorchio contenente i prodotti della (...), agganciandolo ad un altro trattore che si trovava parcheggiato nel piazzale. Anzi, gli elementi raccolti nel corso dell'istruttoria hanno consentito di accertare esattamente il contrario e cioè la colpa grave del subvettore per non avere adeguatamente custodito un carico di rilevante valore economico come quello oggetto di causa. Sentito all'udienza del 25.01.2022, il teste (...) ha interamente confermato il contenuto della relazione di perizia n. 68195 da lui redatta dopo aver svolto personalmente gli accertamenti ed i rilievi fotografici richiesti ai fini della liquidazione dell'indennizzo in favore dell'assicurata, precisando che, al momento del suo sopralluogo (11.08.2016), l'area in cui era stato posteggiato l'autoarticolato con la merce trafugata (situata in una zona isolata per quanto è dato ricavare dalle fotografie riportate nella perizia), era priva sia di sistemi di allarme che di telecamere e nemmeno quella dell'impresa confinante G. era utile ad inquadrare il piazzale ove si trovavano parcheggiati i semirimorchi e le motrice il giorno del furto, riprendendo esclusivamente una porzione della strada di accesso al deposito della (...); inoltre, ha dichiarato - con ciò smentendo gli assunti di parte convenuta - di aver appreso direttamente dal (...), nel corso del sopralluogo, che il trattore tg. (...), presente nel piazzale ed utilizzato per portar via la merce, non era dotato di allarme in caso di apertura delle porte. Dalla perizia in atti si evince, poi, che la rete metallica fu manomessa nella parte del deposito adiacente ai campi non coltivati, il che conferma che i ladri, raggiunto il deposito nella notte attraverso la campagna, poterono accedere agevolmente al suo interno attraverso il varco creato con il semplice taglio della rete, per poi agire indisturbati in una zona priva di videosorveglianza e con l'utilizzo dell'anzidetto trattore, non munito di sistema di allarme. La convenuta (...) s.r.l., sulla quale gravava contrattualmente l'obbligo di custodire la merce affidatagli per il trasporto, deve perciò ritenersi responsabile nei confronti dell'avente diritto relativamente alla perdita totale dei beni a causa del furto subito, nelle condizioni sopra illustrate, a norma dell'art. 1693 c.c., senza peraltro che possano essere invocati i limiti risarcitori previsti dalla disciplina di riferimento, considerato, per quanto appena detto, la gravità della colpa insita nel comportamento di chi ha materialmente eseguito il trasporto - del cui operato il vettore contrattuale è chiamato a rispondere - tale da comportare la decadenza dal beneficio di cui all'art. 1696 c.c. Come si è già avuto occasione di evidenziare, XL ha prodotto sia la polizza assicurativa (doc. 22) che la contabile di pagamento dell'indennizzo di Euro 151.496,48 (doc. 24) nonché l'atto di quietanza e surroga sottoscritto dall'assicurata (...) s.p.a. in data 20.02.2017, attestante l'erogazione di detta somma (doc. 23), corrispondente al prezzo di vendita dei prodotti come da fatture in atti (doc.ti da 7 a 12), detratta la franchigia di Euro 500.00 ai sensi di polizza. Sulla scorta di tale documentazione deve, quindi, essere affermato il pieno diritto di parte attrice di ottenere da (...) s.r.l., tanto in via surrogatoria ai sensi dell'art. 1916 c.c. (norma questa che contempla una forma di successione a titolo particolare nel diritto dell'assicurato nei confronti del terzo responsabile) quanto in forza della cessione negoziale del credito contenuta nell'atto di quietanza, il pagamento della predetta somma di denaro, sulla quale deve essere riconosciuta la rivalutazione monetaria maturata tra la data del pagamento dell'indennizzo e la data della presente sentenza, sicché l'importo liquidato dovrà, anno per anno ed a partire dal 20.02.2017, essere rivalutato secondo gli indici ISTAT e sulla somma anno per anno rivalutata dovranno essere computati, altresì, gli interessi compensativi, calcolati al tasso legale; dal momento della presente sentenza, che trasforma il debito di valore in debito di valuta, decorreranno gli interessi legali di mora sino all'integrale soddisfo. Nel rapporto tra (...) s.r.l. e (...) DI (...), la domanda trasversale di manleva proposta dalla prima convenuta nei confronti del subvettore non è suscettibile di accoglimento in ragione della maturata prescrizione eccepita da quest'ultimo sin dalla comparsa di costituzione e risposta. L'eccezione in parola, infatti, è fondata e va accolta. Nel caso di specie, come rilevato da (...), vale la prescrizione annuale di cui all'art. 2951 c.c. che decorre dal giorno del perpetrato furto, ovvero dal 16.07.2016. Tale termine, dopo una prima interruzione a mezzo della missiva del 21.07.2016 (fatto non contestato), è inesorabilmente spirato in mancanza della prova di successivi atti interruttivi della prescrizione, avendo (...) contestato di aver ricevuto le lettere raccomandate a/r datate 28.06.2018 e 22.06.2019, allegate alla memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. di (...) s.r.l. Quest'ultima ha omesso di produrre le ricevute di spedizione e di ritorno delle predette missive, ragion per cui, a fronte della contestazione di controparte, non vi è prova di una valida interruzione della prescrizione. Infatti, per quanto affermato anche di recente dalla giurisprudenza di legittimità (Cass.Civ. Sez. V ordinanza 27.10.2022 n. 31845), in caso di missiva inviata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, la presunzione di cui all'art. 1335 c.c. richiede la dimostrazione che l'atto sia giunto nella sfera di conoscibilità del destinatario e la relativa prova è a carico del mittente, il quale deve dimostrare che la raccomandata sia stata correttamente recapitata, secondo le norme del servizio postale, producendo quindi l'avviso di ricevimento (cfr, nello stesso senso, Cass. n. 19232/2018, Cass. n. 6725/2018, Cass. n. 24703/2017). Nel rapporto tra l'attrice e (...) s.r.l. le spese di lite seguono la soccombenza e, pertanto, vanno poste interamente a carico della convenuta, nella misura liquidata come da dispositivo, sulla base della nota spese in atti che appare conforme ai parametri ex D.M. n. 55 del 2014. Nel rapporto tra l'attrice e (...) DI (...), parte del giudizio anche in forza dell'azione di manleva proposta nei suoi confronti, le spese processuali possono essere interamente compensate, così come nel rapporto con (...) s.r.l., tenuto conto delle ragioni della decisione (prescrizione) e della colpa comunque accertata a carico del subvettore. P.Q.M. il G.U. del Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando nella causa n. 2202/2019 R.G., ogni altra istanza, difesa ed eccezione disattesa, così provvede: 1) accoglie la domanda di (...) nei confronti di (...) s.r.l. e, per l'effetto, condanna la convenuta, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento della somma di Euro 151.496,48, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi nella misura e con le decorrenze indicate in motivazione; 2) rigetta ogni domanda proposta da (...) e da (...) s.r.l. nei confronti di (...) DI (...), a spese di lite compensate tra le parti; 3) condanna (...) s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, alla rifusione in favore dell'attrice delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 14.889,00 (di cui Euro 786,00 per esborsi ed Euro 14.103,00 per compenso professionale d'avvocato), oltre rimborso spese generali, iva e cpa come per legge. Così deciso in Vicenza il 27 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE SECONDA CIVILE in composizione monocratica in persona del Dott. Ludovico Rossi ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al N. 2650 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2013, riservata in decisione all'udienza del 15 dicembre 2022, vertente tra: (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)), rappresentati e difesi dall'Avv. Do.Zo. (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Vicenza, Contrà (...), in virtù di mandato a margine dell'atto di citazione - attori - e (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)), (...) (C.F. (...)) rappresentati e difesi dall'Avv. Na.Pa. (C.F. (...)), elettivamente domiciliati presso il suo studio in Noventa Vicentina (Vi), viale (...), in virtù di mandato a margine della comparsa di risposta con intervento volontario e domanda riconvenzionale - convenuti - e (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. Na.Pa. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Noventa Vicentina, viale (...), in virtù di mandato a margine della comparsa di risposta con intervento volontario e domanda riconvenzionale - intervenuta - nonché (...) (C.F. (...)) e (...) (C.F. (...)) rappresentati e difesi dall'Avv. An.Ba. (C.F. (...)) ed elettivamente domiciliati presso il suo studio in Vicenza, Contrà (...), in virtù di mandato in calce alla comparsa di costituzione e risposta - convenuti - OGGETTO: negatoria servitutis/servitù di passaggio RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione del 2 aprile 2013, gli attori convenivano in giudizio i sig.ri (...), (...) e (...), chiedendo accertarsi l'inesistenza di una servitù di passaggio a carico della porzione di portico censita al catasto del Comune di (...) (V.), fg. (...), m.n. (...) di loro proprietà e a favore dei fondi di proprietà dei convenuti, censiti al fg. (...), part. (...) e mapp. (...) o comunque di qualsiasi altro fondo di proprietà dei convenuti, e, per l'effetto, condannarsi i convenuti, i loro familiari e conviventi a cessare ogni passaggio; chiedevano altresì condannarsi i convenuti al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 20.000,00. A sostegno di tali domande, deducevano: - di aver acquistato da (...) e (...) con atto di compravendita in data 27.7.2004 i seguenti immobili siti in A.: (i) per l'intero il bene censito al fg. (...) del N.C.E.U. del comune di A., m.n. (...) sub (...) e sub (...); (ii) per l'intero il bene al fg. (...) N.C.T. m.n. (...); (iii) per la quota di 250/1000 il bene censito al N.C.T. m.n. 562 e 566. Trattasi di un'abitazione sita al piano terra e primo, con garage e ripostiglio al piano seminterrato, con area di corte esclusiva pertinenziale, nonché quota proporzionale di altra area di corte pertinenziale adibita ad accesso; - che nella vendita si prevedeva la servitù di passaggio pedonale e con veicoli a favore del m.n. (...) sub (...) di loro proprietà attraverso i mapp. nn. (...)-(...)-(...)-(...)-(...) per accedere a Via V. di F.; non si prevedeva invece l'esistenza di servitù di passaggio a carico delle proprietà attoree e in favore di quelle dei convenuti; - che in precedenza i venditori, danti causa degli attori, si erano visti costretti a introdurre, con citazione notificata nel 2003, un giudizio dinnanzi a questo Tribunale, per sentir dichiarare l'inesistenza di una servitù di passaggio per l'accesso a V. V. di F., a carico dei propri fondi e in favore della part. (...) e del mapp. (...), abbandonato a seguito della vendita; - che qualche tempo dopo l'acquisto, gli attori si avvedevano che il portico veniva utilizzato come passaggio per persone, auto, trattori verso i fondi limitrofi, di proprietà dei convenuti; ciò arrecava loro notevolissimi disagi e disturbo; il passaggio si era aggravato nel corso degli anni, in particolare da quando nel 2000 (...) e nel 2002 (...) avevano fatto costruire dei garage presso la corte limitrofa; - che in realtà tale area e i garage erano accessibili anche dalla contigua strada vicinale; - che il continuo passaggio di mezzi avrebbe minato la staticità del fabbricato incorporante il sottoportico, tant'è che sarebbero apparse delle crepe nella cantina dell'abitazione degli attori. Gli attori deducevano pertanto di voler ottenere la cessazione di tale passaggio e di aver convenuto altresì "(...) e (...) in quanto, sebbene allo stato non utilizzino il passaggio "de quo"" perché "comproprietari di fondi confinanti, e si ritiene dunque che l'inibizione richiesta vada rivolta anche agli stessi" (cfr. citazione, pag. 4). La prima udienza, indicata in citazione per il 23.7.2013, veniva differita ex art. 168bis, co. 5 c.p.c. al 4.2.2014. 2. Si costituivano i convenuti (...), (...), (...), (...) e (...), con comparsa depositata il 4.7.2013. Con lo stesso atto interveniva nel giudizio (...), non convenuta dagli attori. Precisavano di essere imparentati (la (...), moglie del defunto (...) è madre degli altri convenuti; (...) e (...) sono sposati) e tutti titolari, a vario titolo, di beni (abitazioni, terreni, orti e i predetti garage) limitrofi al porticato degli attori e in particolare: (i) (...), usufruttuaria dei beni censiti al Catasto del Comune di Arcugnano, fg. (...) m.n (...) sub (...), m.n. (...) (ex (...) e (...)), e m.n. (...); (ii) (...), proprietaria del bene censito al fg. (...), m. n. (...); (iii) (...), proprietaria dei beni censiti al fg. (...) m.n. (...) sub (...) e m.n. (...) sub (...) (graffato al m.n. (...) sub (...)); (iv) (...), nudo proprietario dei beni censiti al fg. (...) m.n (...) sub (...) e m.n. (...) (ex (...) e (...)) e CT m.n. (...); (v) (...), proprietario dell'area censita al fg. (...) m.n. (...), (...), (...) e (...); (vi) (...), titolare della proprietà superficiaria dell'area censita al fg. m.n. (...) e proprietaria dei beni censiti Fg. (...) m.n. (...) sub. (...), graffato al m.n. (...) sub (...), e di altri beni, donateli dal marito (...) e dalla suocera (...). I convenuti e l'intervenuta deducevano che: - diversamente da quanto sostenuto dagli attori, per raggiungere dalla pubblica via di V. F. i vari fondi/beni di loro proprietà dovevano necessariamente passare attraverso il sottoportico, in parte intestato ai convenuti (...) e (...) e per altra parte degli attori; - non esisteva il percorso alternativo indicato dagli attori, posto che la strada vicinale "contigua" sarebbe rappresentata da una "capezzagna", sterrata e invasa da erba, in parte ripida, che non avrebbe alcun collegamento con i fondi e la corte dei convenuti, esistendo un sostanzioso dislivello; - tutti i convenuti erano divenuti proprietari dei fondi/beni limitrofi a quelli degli attori per successione di (...), padre dei convenuti e marito della (...) (la (...) era invece donataria di alcuni beni, donatigli dal marito (...) e dalla suocera); - il padre e prima di lui il nonno avevano utilizzato come unico passaggio il sottoportico in parte di proprietà degli attori; - i pretesi danni lamentati dagli attori erano stati causati dalle innovazioni realizzate dai (...)/(...), che avevano realizzato una nuova pavimentazione del sottoportico e un garage al piano interrato; - gli attori avevano collocato nel sottoportico prospiciente la propria abitazione un cane, ostacolante il libero passaggio pedonale, perché particolarmente aggressivo. (...), (...), (...), (...) e (...) e (...) chiedevano pertanto, in via riconvenzionale (i) l'accertamento e la costituzione di una servitù, essendo l'unico passaggio possibile verso le proprie proprietà (meglio descritte al punto 1 della comparsa) rappresentato dal sottoportico censito al Catasto del Comune di Arcugnano, al foglio m.n. (...) sub. (...) e m.n. (...), (...); (ii) accertata la presenza del cane e i conseguenti disagi, ordinarsi agli attori di lasciare libero il passaggio dalla presenza del cane; in via riconvenzionale subordinata (iii) dichiararsi acquisito per usucapione in favore dei convenuti il diritto di passaggio attraverso il portico insistente sui mappalii di cui al fg. (...), n. (...), sub. (...), (...) Sub. (...), (...) sub. (...) e sui mappali di corte n. (...) e (...), pedonale e carraio a favore degli immobili di proprietà dei convenuti. Concludevano pertanto per il rigetto delle domande attoree. 3. Si costituivano (...)/(...) con distinta comparsa, ribadendo le difese svolte dagli altri convenuti ed evidenziando, quanto alla loro posizione, che il titolo abilitativo al passaggio sarebbe rappresentato dall'atto di compravendita del 27.7.2004. Concludevano per il rigetto delle domande attoree. Alla prima udienza del 4.2.2014 venivano concessi i termini ex art. 183, co. 6 c.p.c. A seguito di varie riassegnazioni del procedimento, l'udienza per l'ammissione dei mezzi istruttori si teneva il 9.10.2015: veniva disposta CTU al fine di verificare l'interclusione del fondo, nominandosi come CTU il Geom. Clemente e ammesse alcune delle prove orali, riservando l'escussione dei testi all'esito della CTU. L'Ausiliario prestava giuramento il 29.1.2016. Il CTU tardava tuttavia a svolgere le operazioni, depositando, a seguito di solleciti, un elaborato il 9.3.2017, privo di riscontro alle osservazioni dei CTP. che formava oggetto di varie censure dalle parti. Con Provv. del 24 marzo 2017 il Giudice allora assegnatario del fascicolo assegnava ulteriore termine al CTU per depositare relazione entro il 28.4.2017, con riscontro delle osservazioni delle parti, relazione che veniva depositata solamente il 7.6.2017. All'udienza dell'8.6.2017 le parti chiedevano termine per poter esaminare la relazione e si procedeva all'escussione dei testi di parte attrice, (...), (...), (...), (...) e di parte convenuta/intervenuta, (...) e (...) e (...). La causa veniva rinviata al 20.10.2017 per esame della CTU. In vista dell'udienza parte attrice depositava con nota del 18.10.2017 della documentazione. Parte convenuta si opponeva alla produzione. Parte attrice chiedeva chiamarsi a chiarimenti il CTU. Il Giudice allora titolare del procedimento rinviava la causa per p.c. al 13.11.2018. A seguito di sostituzione del Magistrato, l'udienza subiva vari rinvii, anche per tentare una conciliazione. A seguito di istanza del difensore attoreo, il Giudice allora assegnatario procedeva a un sopralluogo sui luoghi di causa, eseguito il 27.1.2021. All'esito, la causa veniva rinviata per discussione ex art. 281 sexies c.p.c. al 22.10.2021. Pervenuto il Giudizio allo scrivente Magistrato, a detta udienza, riscontrata l'incompletezza, sotto vari profili, delle relazioni peritali del Geom. Clemente, la causa veniva rimessa sul ruolo, disponendo la chiamata a chiarimenti del CTU e rinviandosi la causa all'udienza del 15.12.2021 per la comparizione del CTU. A detta udienza il CTU, ritualmente convocato, non compariva e ne veniva disposta la revoca. All'esito si nominava nuovo CTU, conferendogli un quesito integrativo, nella persona del Geom. Da.Fo., il quale prestava giuramento all'udienza del 12.1.2022. La relazione veniva depositata il 12.7.2022. All'udienza del 14.9.2022 le parti chiedevano fissarsi udienza di p.c. La causa veniva rinviata per l'incombente all'udienza del 16.11.2022, tenutasi in modalità cartolare. Riscontrato il deposito delle note di t.s. delle parti, venivano assegnati termini per conclusionali e repliche. A seguito di istanza di parte attrice e dei convenuti (...)/(...), che avevano dato atto della possibilità di una (parziale) rinunzia agli atti, la causa veniva rimessa sul ruolo, non essendo ancora decorsi i termini per conclusionali e repliche, fissandosi l'udienza del 15.12.2022. A detta udienza, il difensore di parte attrice "res melius perpensa" "considerato che in via gradatamente subordinata è stata proposta domanda volta ad accertare l'inesistenza di una servitù su una particella in comunione tra tutti i convenuti, dà atto che non sussistono le condizioni per rinunciare" nei confronti di (...)/(...), rinunciando unicamente alla domanda di condanna al risarcimento dei danni e alle spese di lite verso detti convenuti. Il difensore di questi ultimi accettava la rinuncia, rinunciando, a sua volta, alle spese di giudizio in caso di soccombenza attorea. Le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe e la causa veniva trattenuta in decisione, con il termine per comparse conclusionali e repliche. 4. Prima di delibare il merito dei fatti controversi, è opportuno qualificare e identificare le domande svolte da attori e in via riconvenzionale dai convenuti (...)/(...)/dall'intervenuta (...) e in particolare il loro oggetto, anche ai fini dell'esame delle eccezioni di inammissibilità di alcune di esse e al fine di verificare se alcune di tali domande siano state rinunciate. Si precisa che nel giudizio, già rinviato per discussione nel 2021, le parti hanno depositato due comparse conclusionali (una in vista dell'udienza ex art. 281 sexies c.p.c., le altre nel febbraio 2023: salvo diverse indicazioni, quando ci si riferirà alle conclusionali si intenderanno queste ultime). 4.1. Gli attori hanno esposto di aver acquistato nel 2004 degli immobili (un'abitazione a piano terra e primo e con garage e ripostiglio al piano seminterrato, con area di corte esclusiva pertinenziale e quota proporzionale di altra corte pertinenziale, sito in F., frazione di A. (V.) (cfr. doc. 1 attoreo) comprensiva di portico e sottoportico, da (...) e (...). Hanno quindi lamentato che i convenuti (...) utilizzassero illegittimamente il passaggio attraverso il loro portico (mapp. (...)) a piedi e con vari veicoli - automobili e anche mezzi agricoli. La problematica, riscontrata anche dai loro danti causa, (...) - che avevano avviato un giudizio di negatoria servitutis, poi abbandonato - si era aggravata nei primi anni del 2000, dopo che (...) aveva fatto costruire un garage sul mapp. (...) e dopo che (...) e (...) avevano realizzato a loro volta dei garage accanto. Deducendo che il passaggio da e verso gli immobili dei convenuti fosse possibile anche attraverso una contigua strada vicinale e altri fondi confinanti dei convenuti, gli attori hanno quindi chiesto dichiararsi "l'inesistenza in favore della part. (...) e del mappale (...) fg. (...) Comune A., e comunque in favore di qualsiasi fondo di proprietà dei convenuti di cui al fg. (...), e/o comunque in favore di qualsiasi fondo di proprietà dei convenuti raggiungibile attraverso il mapp. (...), di una servitù di passaggio a carico del mapp. (...) fg. (...) Comune di A. di proprietà (...)". All'esito di detto accertamento, hanno chiesto condannarsi i convenuti e i loro familiari/conviventi a cessare qualsiasi passaggio, a piedi o veicolare, attraverso detto mappale e qualsiasi atto di turbativa, chiedendo altresì la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni causati dal pregresso passaggio (domande queste estese, a seguito della costituzione di (...), originariamente non convenuta dagli attori, ma titolare di diritti reali sulle particelle limitrofe, anche nei confronti di quest'ultima). Nel costituirsi, i convenuti (...) e l'intervenuta (...) hanno rappresentato di essere proprietari/comproprietari (o anche usufruttuari) di tutta una serie di beni, limitrofi alle proprietà attorei, rappresentando che tutte le proprietà avessero come unica possibilità per l'accesso alla pubblica via V. di F. il passaggio attraverso il sottoportico censito al fg. (...), m.n. (...) sub. (...) e (...) (di proprietà di due convenuti, (...) e (...)) e m.n. (...) sub. (...), di proprietà attorea. Contestando l'esistenza/praticabilità del passaggio alternativo suggerito dagli attori, hanno rappresentato che il passaggio attraverso il sottoportico (ivi inclusa la parte di proprietà degli attori) sarebbe stato l'unico possibile e praticato dagli stessi convenuti e dai loro danti causa da oltre 100 anni. Pertanto, in via riconvenzionale (principale), in comparsa di costituzione chiedevano "accertato e dichiarato che il passaggio praticato dagli attori e dall'intervenuta (...), attraverso il sottoportico m.n. (...) sub. (...) fg. (...) Comune di A., e m.n. (...), (...) è l'unico esistente, possibile e praticabile, per l'accesso ed il regresso dalla via pubblica ai mappali di proprietà degli stessi, indicati analiticamente al punto 1) della comparsa, dichiarare l'esistenza e costituzione di detto passaggio". Sempre in via riconvenzionale principale, dando atto che gli attori erano usi collocare un cane nel portico, chiedevano di lasciare il passaggio libero dal cane. In via riconvenzionale "subordinata" chiedevano "previo accertamento della sussistenza di tutti i requisiti di legge dichiarare acquisito per usucapione a favore dei convenuti il diritto di passaggio attraverso la porzione di portico insistente sui mappali censiti in Comune di A. fg. (...) m.n. (...) sub (...), (...) sub. (...), (...) sub. (...) e sui mappali di corte n. (...) e (...), per l'accesso ed il regressso, pedonale e veicolare, compresi i mezzi agricoli, agli immobili di proprietà dei convenuti così catastalmente censiti .... Va evidenziato che anche se i convenuti/intervenuta indicavano, in comparsa di risposta di riposta, i mappali corrispondenti ai beni in favore dei quali si chiedeva il mediante un richiamo alla parte narrativa della comparsa, gli stessi corrispondevano con quelli in favore dei quali viene richiesta la costituzione della servitù per usucapione, per effetto della "riconvenzionale subordinata". I beni coincidono poi con quelli meglio indicati nelle conclusioni rassegnate all'udienza di p.c. del 15.12.2022, indicati in epigrafe. 4.2. Va poi chiarito che in citazione gli attori chiedevano dichiararsi "l'inesistenza in favore della part. (...) e del mappale (...) fg. (...) ... e comunque in favore di qualsiasi fondo di proprietà dei convenuti"; nelle conclusioni rassegnate all'udienza di p.c., oltre a reiterare tale richiesta, hanno chiesto, in via gradatamente subordinata, accertarsi l'inesistenza di una servitù di passaggio a carico di alcuni specifici mappali, per determinate ragioni e/o comunque circoscriverla solo al passaggio pedonale e/o con mezzi agricoli. Tale ulteriore conclusione deve intendersi come una specifica della domanda di accertamento svolta comunque in via principale ed è dunque ammissibile. 4.3. I convenuti (...)/Q. si sono limitati a concludere per il rigetto delle domande avversarie, aderendo alle difese degli altri convenuti/dell'intervenuta. La domanda veniva svolta nei loro confronti perché (...) è comproprietario con gli altri convenuti di alcune particelle di terreno limitrofe alle proprietà attoree (in particolare, fg. m.n. (...) e (...)) e dunque da intendersi ricompresi nelle domande attoree (che chiedevano, come visto, accertarsi l'inesistenza di una servitù in favore di tutti i beni dei convenuti ricompresi nel foglio n. (...)). Detti convenuti, oltre a ribadire le difese degli altri convenuti, evidenziavano che avevano titolo al passaggio, costituito dallo stesso atto d'acquisto degli attori. 4.4. Ciò chiarito, alla luce della posizione dei convenuti (che hanno chiesto la costituzione di una servitù di passaggio in loro favore e, per quanto riguarda (...), sostenendo di vantare una servitù di passaggio), la domanda attorea diretta all'accertamento dell'inesistenza di una servitù di passaggio a carico della porzione di sottoportico di proprietà, va qualificata come una negatoria servitutis, ex art. 949 c.c. 4.5. I convenuti (...)/l'intervenuta (...) hanno quindi proposto in via riconvenzionale due domande: quella subordinata, diretta alla costituzione per usucapione della servitù a favore dei propri beni e a carico del sottoportico (anche della porzione attorea); quanto alla domanda riconvenzionale proposta in via principale, anche se i convenuti non hanno fatto specifico riferimento a disposizioni civilistiche, la stessa deve essere qualificata come diretta alla costituzione coattiva della servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., posto che tale domanda viene sostanzialmente fondata sull'asserita interclusione dei fondi dei convenuti. 4.6. Ancora, nella memoria di replica la difesa dei convenuti afferma genericamente che il passaggio sarebbe da ritenersi individuato "per destinazione del padre di famiglia" (cfr. memoria di replica, pag. 3). Se con tale inciso dovesse intendersi proposta una nuova domanda, la stessa sarebbe inammissibile, non avendo mai i convenuti in precedenza fatto riferimento all'art. 1062 c.c. non avendo minimamente dedotto sui presupposti di cui all'art. 1062 c.c. 5. Tanto premesso sulla identificazione e qualificazione delle domande delle parti, ci si può concentrare su alcune questioni preliminari. 5.1. Va anzitutto dichiarato ammissibile l'intervento di (...) (su cui gli attori non hanno comunque mosso particolari rilievi) trattandosi di soggetto comproprietario di alcuni dei beni limitrofi a quelli attorei, per i quali (...) hanno chiesto negarsi l'esistenza di una servitù. 5.2. Solamente in conclusionale gli attori hanno eccepito l'inammissibilità della domanda riconvenzionale principale dei convenuti "poiché non è dato sapere a quale titolo dovrebbe essere dichiarato e soprattutto costituito l'invocato diritto di passaggio" (cfr. pag. 11). La domanda è ammissibile, perché, come visto, da un esame complessivo degli atti la stessa deve essere intesa come articolata ex art. 1051 c.c. 5.3. Va poi evidenziato che i convenuti (...)/l'intervenuta non hanno reiterato l'ulteriore domanda riconvenzionale articolata in comparsa di costituzione e risposta e quindi emendata in prima memoria, con cui si chiedeva "accertato e dichiarato che la presenza del cane di proprietà degli attori sulla porzione di portico antistante la casa di civile abitazione degli stessi, comporta disagio e pericolo al transito dei convenuti e della signora (...), nonché disturbo a causa dei continui abbai sia durante il giorno che durante la notte, ordinare gli attori di lasciare libero il passaggio de quo dalla presenza del cane medesimo, e comunque di cose o animali che possano limitare o rendere pericoloso il passaggio e/o violare la privacy". Detta domanda deve pertanto ritenersi rinunciata. 6. Ancora, in considerazione del consistente numero di immobili per cui è causa - descritti assai sinteticamente e senza fornire alcuna fotografia dalle parti - occorre ricostruire e descrivere lo stato dei luoghi. Anche a tal fine sono state disposte in corso di causa due CTU: il primo ausiliario nominato, Geom. Clemente, ha redatto tuttavia un elaborato carente, concentrandosi su solo alcuni dei beni a favore dei quali dovrebbero essere costituite le servitù (vale a dire i due garage, realizzati nei primi anni 2000, su cu le parti dibattono diffusamente: l'elaborato è stato depositato in due fasi, il 9.3.2017 e il 7.6.2017). Pur supplire alle omissioni, a seguito della revoca del primo CTU, è stato nominato un nuovo CTU, Geom. (...), che ha quindi depositato il suo elaborato il 12.7.2022, che ha ricostruito analiticamente lo stato dei luoghi. Gli immobili si trovano in F., frazione di A., via V. di F., 56. I beni, come si intuisce dalle planimetrie e fotografie dello stato dei luoghi (cfr. in particolare relazione (...), pag. 7) sono caratterizzati da una collocazione ed una orografia peculiare. Il sottoportico per cui è causa è infatti posto all'interno di un fabbricato (di colore rosso, nella fotografia di cui alla pag. 7) posto all'angolo di un isolato. Così il CTU descrive lo stato dei luoghi, nella prospettiva di chi proviene dalla strada attraversando il portico: "Dalla strada comunale Via V. di F. si accede ad un'area asfaltata individuata dal m.n.(...) ed utilizzata come parcheggio libero (catastalmente di proprietà della Parrocchia di S. Maria C.F. (...)) da qui si accede al sottoportico comune tra le unità immobiliari m.n. (...) sub. (...) graffate con il m.n. (...) sub. (...) ed il m.n. (...) sub. (...). L'entrata al portico è costituita da una apertura ad arco le cui dimensioni sono larghezza ml 2.93, altezza minima ml 2.07, altezza massima ml 3.50. La lunghezza del percorso nel sottoportico è di circa ml 22.50 con dislivello cm 75, attraversa i mappali (...) e (...). l'uscita è sulla corte del mappale (...) sub. (...) che ha una larghezza di ml 4.05 e altezza media ml 3.80. Dalla corte del m.n. (...) si accede alla corte del m.n. (...), da qui a quella del m.n. (...) e successivamente a quella del m.n. (...). Tale percorso è costituito da uno scivolo cementato della lunghezza di circa ml 31.50 con dislivello a scendere di circa ml 3.20 e larghezza media di circa ml 3.50. Da tale scivolo si accede ad una corte individuata con i m.n. (...)-(...), oltre al m.n. (...). ... Sul confine tra i mappali (...)-(...) è presente un cancello che delimita l'ingresso alla capezzagna la quale si ritiene adatta ad un uso agricolo viste le sue caratteristiche dimensionali di pendenza e di fondo. ..." (cfr. relazione CTU (...), da pagg. 7-11). Dalle fotografie e planimetrie che intervallano la descrizione del CTU, cui si rimanda, si comprende come la situazione sia molto peculiare, da un punto di vista orografico: le corti menzionate dal CTU sono poste infatti a un livello inferiore rispetto a quello della strada pubblica: dopo il portico (e la piccola corte di pertinenza, mapp. (...) sub. (...)) vi è infatti un dislivello che porta ad una seconda corte (mapp. (...)), che porta quindi a quella n.n. (...) e poi a quella n. (...), al termine dello scivolo cementato dal CTU, con una curva a gomito sempre in leggera discesa, si arriva alle corti m.n. (...)-(...) e al m.n. (...). In questo contesto (evidentemente frutto di un'attività edilizia stratificata nel corso degli anni), si inseriscono i beni a favore e contro cui i convenuti hanno chiesto costituirsi le servitù di passaggio (di cui gli attori hanno invece chiesto accertarsi l'inesistenza); si tratta in particolare dei seguenti beni (cfr. relazione CTU (...), pagg. 3-4): (...) (...)+(...). Si tratta di un edificio residenziale sviluppato in più livelli (interrato, terra, primo, secondo) con area esterna e portico comune a due u.i. In questo edificio sono presenti tre unità immobiliari: - m.n.(...) sub.(...) graffato con il m. sub. (...) = abitazione e legnaia al piano primo, cantina con wc al piano terra (di proprietà di (...)) - m.n. (...) sub.(...) = abitazione al piano terra, cantina al piano interrato (di cui (...) è usufruttuaria: nudo proprietario il figlio (...)) - m.n. (...) sub.(...) graffato con il m.n. (...) sub. (...) graffato con il m.n. (...) sub. (...)= abitazione ai piani terra, primo e secondo (di proprietà di (...)) (...) (...) sub. (...) Edificio residenziale sviluppato in più livelli (terra, primo) con portico ed area esterna pertinenziale (si tratta dell'abitazione di proprietà degli attori) (...) (...) sub. (...) Edificio accessorio ad uso garage al piano interrato e giardino pertinenziale al piano terra (di proprietà di (...)) (...) (...)+(...) (di proprietà di (...), con diritto di superficie in favore di (...): in corso di causa, nel 2020, la proprietà del (...) sub. (...) graffato al (...) e del (...) risulta essere stata ceduta a (...), con diritto di abitazione in favore di (...) e (...), cfr. relazione CTU (...), pag. 25) Edificio residenziale sviluppato in più livelli (interrato, terra) con area esterna pertinenziale. In questo edificio sono presenti due unità immobiliari: - m.n. (...) sub. (...) = autorimessa al piano interrato -m.n. (...) sub. (...) graffato con il m.n. (...) = abitazione al piano terra con area esterna pertinenziale. (...) (...) (usufrutto (...), nudo proprietario (...)) Edificio ad uso deposito e fienile, sviluppato su più livelli (terra, primo) con portico ed area esterna pertinenziale (...) (...)-(...)-(...) (il primo di (...), il secondo e il terzo originariamente di (...): in corso di causa, il secondo e terzo sono stati ceduti a (...), con diritto di usufrutto in favore di (...) e (...), cfr. relazione CTU (...), pag.26): trattasi di terreni coltivati a prato; (...) (...) (in usufrutto alla (...), nudo proprietario (...)): trattasi di terreno adiacente l'ambito residenziale ad uso orto; (...) (...)-(...)-(...) (di proprietà di (...) per 2/3 e di (...) per 1/3 con usufrutto in favore della (...) il primo; intestati, in varie quote, a tutti i convenuti e anche agli attori il secondo e il terzo): trattasi di terreni adiacenti l'ambito residenziale, utilizzati come area di manovra e transito; (...) (...) (di proprietà di (...)): trattasi di terreno adiacente l'ambito residenziale, utilizzato come giardino privato. Va poi evidenziato che come emerge da una lettura congiunta/confronto tra la relazione depositata dal CTU (...) e quella redatta dal CTU Clemente (che pur estremamente incompleta, contiene quanto meno una fotografia dello stato dei luoghi antecedente ai lavori di cui si dirà: cfr. relazione Clemente depositata il 9.3.2017, pag. 35), lo stato dei luoghi è stato significativamente modificato a seguito della realizzazione dei garage in uso a (...) e (...), pacificamente avvenuta tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000: in precedenza infatti, lo scivolo in cemento riscontrato dal Geom. (...) non esisteva, e dopo il portico seguiva una discesa in terra sterrata, oltre la quale sussisteva un fondo agricolo: la discesa poi curvava e arrivava alla corte tutt'ora esistente e in cui già c'era un'area già adibita a parcheggio (si confronti la fotografia allegata sub. 13 alla relazione Clemente del 9.3.2017, con la seconda a pag. 10 della relazione del CTU (...)). Tutt'ora esiste detto parcheggio, di proprietà degli attori (viene descritto come "garage con ripostiglio al piano seminterrato", al punto 1 dell'atto di vendita). I parcheggi realizzati da (...) e (...) sono posti al termine dello scivolo di cemento (relazione (...), pag. 9, prima foto e relazione Clemente del 9.3.2017, pag. 35, foto n. 14). Va anzitutto evidenziato che, diversamente da quanto sostenuto invero assai sinteticamente da (...) e (...), non risulta (già) costituita per atto pubblico alcuna servitù a favore dei beni/terreni dei convenuti e contro i beni degli attori: tale servitù non risulta infatti dall'atto con cui gli attori acquistarono i beni dai loro danti causa (che invece prevedeva una servitù in favore dei beni degli attori), né le parti hanno indicato altri possibili contratti costitutivi di servitù. Non a caso, i convenuti (...) e l'intervenuta (...) hanno chiesto la costituzione di una servitù di passaggio, ex art. 1051 c.c., o per usucapione. I beni a carico dei quali dovrebbe essere costituita la servitù sarebbero il sottoportico (prospiciente i mappali (...) sub. (...), (...) sub. (...), (...) sub. (...) - i primi due dei convenuti, il terzo degli attori -e i terreni/aree di manovra (...) e (...)). Quelli a favore dei quali dovrebbe essere costituita la servitù vengono invece indicati dai convenuti nei m.n. (...), (...), sub. (...), (...), (...) sub. (...), graffato al m.n. (...) sub. (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), (...), meglio descritti in precedenza. 7. Si procede dunque all'esame delle domande delle parti, principiando dalle riconvenzionali dei convenuti (...)+(...)/dell'intervenuta, logicamente preordinate alla negatoria servitutis attorea, perché dirette invece ad affermare l'esistenza di una servitù di passaggio. La domanda riconvenzionale svolta in via principale - di costituzione di una servitù di passaggio ex art. 1051 c.c. - deve essere rigettata. Presupposto per disporre il passaggio necessario ex art. 1051 c.c. è che il fondo sia circondato da fondi altrui e non abbia uscita sulla strada pubblica o non possa procurarsela senza eccessivo dispendio o disagio. Scopo quindi dell'art. 1051 c.c. è quello di garantire il passaggio al proprietario di fondi verso la via pubblica. Tanto premesso, la Suprema Corte ha chiarito che "L'azione di costituzione coattiva diservitù di passaggio deve essere contestualmente proposta nei confronti dei proprietari di tutti i fondi che si frappongono all'accesso alla pubblica via, realizzandosi la funzione propria del diritto riconosciuto al proprietario del fondo intercluso dall'art. 1051 cod. civ. solo con la costituzione del passaggio nella sua interezza. Ne consegue che, in mancanza, la domanda va respinta perché diretta a far valere un diritto inesistente, restando esclusa la possibilità di integrare il contraddittorio rispetto ai proprietari pretermessi" (cfr. Cass. Sez. U, Sent. n. 9685 del 22/4/2013, conforme Cass. Sez. II, sent. n. 1646 del 23/1/2017). Il ragionamento sotteso a tale conclusione discende dall'oggetto del diritto riconosciuto dall'art. 1051 cod. civ. al proprietario del fondo intercluso: in difetto di coinvolgimento dei proprietari di tutti i terreni interposti tra fondo intercluso e via pubblica, la servitù risulterebbe monca rispetto alla previsione normativa, priva di effettiva utilità e insuscettibile di esercizio se non in via puramente emulativa, ove fosse costituita soltanto per un tratto del percorso occorrente, in attesa di una sua futura, solo eventuale e ipotetica, integrazione giudiziale o convenzionale. Come chiarito dalle Sezioni Unite, si "tratterebbe del frammento di qualcosa che la disposizione citata configura come unitario e indivisibile, poiché soltanto nella sua interezza può svolgere la funzione che gli è propria. La carenza di una domanda formulata con tali limiti, allora, appare attenere non tanto al profilo soggettivo della integrità del contraddittorio, quanto piuttosto a quello oggettivo della congruità del petitum" (cfr. SU 9685/2013, parte motiva). In caso di domanda proposta verso i titolari di solo alcuni dei terreni interposti tra fondo intercluso e via pubblica, in sostanza, la domanda deve essere rigettata, perché diretta a far valere un diritto inesistente (ferma la possibilità di riproporla, in separata sede, nei confronti dei proprietari di tutte le particelle interposte tra via pubblica e fondo intercluso, laddove ovviamente sussistano le altre condizioni di cui all'art. 1051 c.c.). Nel caso di specie, dalla CTU integrativa del Geom. (...) emerge che il sottoportico non porta direttamente alla via pubblica: l'Ausiliare ha infatti chiarito che "Dalla strada comunale Via V. di F. si accede ad un area asfaltata individuata dal m.n.(...) ed utilizzata come parcheggio libero (catastalmente di proprietà della Parrocchia di S. Maria C.F. (...)) da qui si accede al sottoportico comune ...". In altri termini, tra i fondi asseritamente interclusi e la pubblica via, oltre alle porzioni di sottoportico per cui è causa, vi è un'altra porzione di terreno, l'area asfaltata censita alla particella n. (...) e di proprietà di un terzo (la Parrocchia di S. Maria) non parte in causa. La collocazione di tale particella tra gli immobili per cui è causa e la via pubblica è confermata anche dall'atto d'acquisto della proprietà attorea (cfr. doc. 1 attori): a favore degli immobili degli attori è infatti costituito un "diritto reale di passaggio sia pedonale che con veicoli" attraverso, tra l'altro, il m.n. (...) (cfr. doc. 1 attoreo, pag. 7). I convenuti per far valere la costituzione di servitù ex art. 1051 c.c. avrebbero dovuto quindi estendere la domanda anche a tale mappale, chiedendo di poterne chiamare in causa i proprietari. Non essendo ciò stato fatto, la domanda riconvenzionale svolta in via principale dovrà essere rigettata. 8. Andrà pertanto esaminata l'ulteriore domanda riconvenzionale dei convenuti, diretta alla costituzione per usucapione della servitù di passaggio a favore dei propri fondi e a carico - anche - dei fondi attorei; ai fini della costituzione della servitù a tale titolo è infatti indifferente che non sia stata richiesta la costituzione della servitù su tutti i beni che portano alla pubblica via, fondandosi la domanda sull'esercizio del possesso - con caratteristiche ad usucapendum - della servitù di passaggio. Era onere dei convenuti/intervenuta provare il possesso continuo, pacifico, pubblico, non interrotto, non equivoco, per oltre vent'anni della servitù di passaggio usucapenda, accompagnato dall'animus possidendi. Ancora, poiché i convenuti/intervenuta chiedono la costituzione di una servitù di passaggio pedonale, carrabile (con mezzi agricoli e non solo) a favore e contro vari beni, avrebbero dovuto provare l'esercizio di un possesso di passaggio con le predette, specifiche e determinate, caratteristiche (Cass. Sez. II, sent. n. 12604 del 28/2/2002). Avendo poi la domanda di usucapione ad oggetto una servitù di passaggio, era altresì onere degli attori provarne l'apparenza, cioè la presenza di "segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l'esistenza del peso gravante sul fondo servente, così da rendere manifesto che non si tratta di attività compiuta in via precaria, bensì di un preciso onere a carattere stabile" (Cass. Sez. VI, ord. n. 11834 del 6.5.2021). A fronte della proposizione della domanda riconvenzionale, in prima memoria ex art. 183, co. 6 c.p.c. gli attori hanno dedotto che in realtà in passato i (...) avrebbero acceduto ai fondi avvalendosi di una contigua strada vicinale: il passaggio carraio e pedonale sarebbe terminato all'accesso del sottoportico, senza passare per la porzione oggi degli attori. Contestavano poi che fosse stato mai esercitato il passaggio con autoveicoli, iniziato solo dopo i primi anni 2000, quando i convenuti realizzarono due parcheggi nelle corti (parcheggi sulla cui pretesa irregolarità urbanistica gli attori hanno poi dedicato molte delle difese, cfr. ad es. conclusionale, pagg. 19-23). All'esito dell'istruttoria svolta, si ritiene che i convenuti non abbiano provato i presupposti per l'usucapione, per le ragioni che si espongono di seguito. 8.1. È stata provata l'apparenza della servitù: il sottoportico, per le caratteristiche strutturali (accertate anche dal CTU) è di per sé idoneo a garantire il passaggio di mezzi agricoli, pedoni e in ipotesi anche automobili. È poi pacifico tra le parti che il portico esista ab immemorabile. 8.2. Per dimostrare il possesso, i convenuti si sono affidati a dei testimoni, signori (...), (...) e (...), escussi all'udienza dell'8.6.2017, su alcuni dei capitoli di prova articolati dai convenuti+intervenuta nella seconda memoria ex art. 183, co. 6 c.p.c. . Sono stati poi escussi anche quattro testi attorei, (...), (...), (...) e (...), escussi sui capitoli articolati dall'attrice in seconda memoria . I testi sono stati escussi anche a prova contraria. All'udienza dell'8.6.2017, il teste S. ha dichiarato: "Capitolo 4) è vero. Abito a 200 metri dai luoghi di causa e sono coetaneo dei figli di (...), tanto che spesso mi recavo a casa loro per giocare. Dagli anni '60 li ho sempre visti passare sotto il portico con mezzi agricoli e con qualsiasi attrezzatura necessaria alla coltivazione dei campi (rastrella-fieno e motofalciatrice), oltre che con le autovetture". Capitolo 5: "Ho già risposto". Capitolo 6: "È vero. In particolare, (...) ci passava anche perché quello ero l'unico modo per raggiungere la propria abitazione, che recentemente, da circa un anno, ha lasciato". Sentito a prova contraria sui capitoli di parte attrice, ha ribadito che i (...) son sempre passati sotto il portico, chiarendo tuttavia di non saper dire quante volte ci passassero ma di averli visti passare "qualche volta con vetture e trattori", chiarendo tuttavia di averli visti passare talvolta "col trattore lungo la strada vicinale" (cfr. risposta al cap. 8). (...) (fratello del convenuto (...) e cugino di (...), padre degli altri (...) convenuti e marito della (...)) ha riferito "Capitolo 4: "È vero. Sono nato e cresciuto in quei luoghi. La famiglia (...) è sempre passata sotto il portico, dove si trovava una concimaia. Per portare lì il mangime venivano ovviamente utilizzati mezzi meccanici. Sono stato proprietario dell'abitazione, ora dei (...): cedetti la proprietà a mio fratello, il quale la vendette a (...), che a sua volta la alienò ai (...). Attualmente, e da quando cedetti la proprietà dell'abitazione a mio fratello, risiedo a circa 100 metri dal portico. Anche dopo essermi trasferito, ho continuato avederli passare sotto il portico; preciso di non averli visti transitare sotto il portico, ma ho visto i mezzi accedere e recedere dall'accesso al portico stesso". Capitolo 5: "Ho già risposto". Capitolo 6: "È vero. So però che mio nipote, (...), contestò il passaggio". Il teste I. ha poi riferito: "Capitolo 4: "È vero. Abito a 500 metri dai luoghi di causa. Andavo ad uccidere il maiale a casa di (...), di cui ero amico; spesso andavo a trovarlo. La famiglia (...) ha sempre attraversato il portico a piedi, con il trattore e con le autovetture, che venivano ricoverate nei vecchi garages, i quali erano situati sotto il portico". Capitolo 5: "Ho già risposto". Capitolo 6: "È vero. Non sono a conoscenza di contestazioni da parte di alcuno". Viene sentito a prova contraria sui capitoli di parte attrice. Capitolo 3: "È vero". Capitolo 8: "Non è vero"". Per parte attrice sono stati escussi i testi (...), (...), (...) e (...): gli ultimi due si sono limitati a confermare che, dal momento dell'acquisto dell'immobile da parte degli attori (2004) al momento dell'avvio del giudizio, i convenuti e anche gli affittuari di (...) passavano effettivamente nel sottoportico con ogni mezzo, anche trattori. I primi due invece sono i precedenti proprietari dell'abitazione e del compendio degli attori e all'udienza dell'8.6.2017 il difensore dei convenuti ne ha eccepito l'incapacità a testimoniare, ex art. 246 c.p.c. Va evidenziato che nelle more del presente giudizio sulla questione della nullità della testimonianza di teste potenzialmente incapace si sono pronunciate le Sezioni Unite della S.C., affermando che "L'incapacità a testimoniare disciplinata dall'articolo 246 c.p.c. non è rilevabile d'ufficio, sicché, ove la parte non formuli l'eccezione di incapacità a testimoniare prima dell'ammissione del mezzo, detta eccezione rimane definitivamente preclusa, senza che possa poi proporsi, ove il mezzo sia ammesso ed assunto, eccezione di nullità della prova". "Ove la parte abbia formulato l'eccezione di incapacità a testimoniare, e ciò nondimeno il giudice abbia ammesso il mezzo ed abbia dato corso alla sua assunzione, la testimonianza così assunta è affetta da nullità, che, ai sensi dell'articolo 157 c.p.c., l'interessato ha l'onere di eccepire subito dopo l'escussione del teste ovvero, in caso di assenza del difensore della parte alla relativa udienza, nella prima udienza successiva, determinandosi altrimenti la sanatoria della nullità". "La parte che ha tempestivamente formulato l'eccezione di nullità della testimonianza resa da un teste che si assume essere incapace a testimoniare, deve poi dolersene in modo preciso e puntuale anche in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi altrimenti ritenerel'eccezione rinunciata, così da non potere essere riproposta in sede d'impugnazione" (Cass. SU sent. 9456/2023 del 6/4/2023): non consta che dopo l'escussione la difesa dei convenuti abbia eccepito la nullità della testimonianza (il difensore di parte convenuta/intervenuta si limitò ad affermare la falsità della testimonianza dello (...), senza eccepirne formalmente la nullità: i rilievi sulla nullità non sono comunque stati reiterati in maniera precisa in sede di p.c.), sicché la testimonianza non può dirsi nulla (ferma ogni valutazione sull'attendibilità dei testi). Lo (...) ha riferito: "Capitolo 2: "È vero" ADR "Abitavo nell'abitazione che poi ho alienato ai D. ADR Non ricordo la data in cui sono stati costruiti i garages. Quando ero ancora proprietario dell'abitazione, i convenuti ricoveravano le proprie autovetture fuori dalla proprietà. ADR Non posso più riferire in merito al passaggio sotto il portico successivamente al momento in cui ho alienato l'abitazione". Sentito anche sul cap. 8 ha confermato di aver visto i convenuti utilizzare la diversa strada vicinale per raggiungere i campi di loro proprietà con i mezzi agricoli Sentito a prova contraria sui capitoli dei convenuti, il teste ha poi affermato "Capitolo 4. Ho abitato nell'immobile poi alienato ai D. dal 1990 al 2000 circa. Ricordo di aver visto R.T. transitare sotto il portico trasportando una carriola Capitolo 5: Ricordo che (...), dopo un paio di anni da quando avevo iniziato ad abitare in via F., passava sotto il portico con un camioncino per il trasporto delle api, ma io mi sono sempre opposto Capitolo 6 Posso rispondere soltanto dal 1990. A precisazione di quanto sopra dichiarato, faccio presente che l'edificazione dei garages iniziò quando ancora ero proprietario dell'abitazione: edificazione alla quale mi sono sempre fermamente opposto. Sotto il portico ho visto passare i figli di R.T., ma soltanto a piedi. Dopo la costruzione dei garages, hanno invece iniziato a passare con trattori ed autovetture". La (...) pure ha affermato che quando acquistarono l'immobile, nessuno dei convenuti utilizzava il portico per passare con auto o mezzi meccanici, iniziando a passare qualche volta solo dopo la realizzazione del garages, mentre prima utilizzavano la strada sul retro. 8.3. Stante la difformità delle affermazioni dei testi, per vagliarne il contenuto occorre considerare gli elementi oggettivi emersi in corso di causa. 8.3.1. Anzitutto, i convenuti non hanno meglio chiarito quali siano stati i vari passaggi di proprietà del complesso immobiliare: si intuisce che l'area un tempo era per l'intero dei (...), ma l'esposizione dei convenuti è estremamente generica nel delineare gli specifici passaggi di proprietà dei singoli immobili/frazioni di immobili. Dalla testimonianza del teste (...) si comprende come in passato tutti i beni fossero della famiglia (...). L'abitazione e gli annessi oggi degli attori appartenevano originariamente a (...), cugino di S., padre dei convenuti/marito della (...) che poi li cedette al fratello (il convenuto (...)), che poi li cedette a (...) che nel 2004 li hanno ceduti agli attori. La cessione tra (...) e (...) risale al 1995 (tanto si evince dal punto 8 dell'atto di vendita (...) - (...) e anche dalla citazione con cui (...) agirono in negatoria servitutis, all'inizio degli anni 2000, nei confronti dei convenuti, cfr. doc. 2, pag. 1 attoreo). 8.3.2. Si è esposto poi come l'assetto delle corti retrostante il portico si sia modificato di molto all'inizio degli anni 2000, quando (...) e (...) realizzarono i due garages (in disparte della loro abusività o meno). È poi rilevante per valutare le dichiarazioni dei testimoni l'attuale assetto dell'area e l'esistenza, all'attualità, di ulteriori passaggi alternativi, in fatto, per accedere ai beni dei convenuti e le caratteristiche di questi ultimi. Sul punto il CTU (...), alla luce delle osservazioni svolte dal CTP attoreo, (...) (cfr. relazione (...), pagg. 28 ss., riscontrate dal CTU dalle pagg. 30 ss.) ha chiarito che in effetti i singoli beni dei convenuti sono accessibili anche per altre vie oltre che per il sottoportico, senza che il punto venisse significativamente contrastato dai convenuti negli scritti conclusivi. In particolare: (i) (...) (...)+(...). Edificio residenziale sviluppato in più livelli (interrato, terra, primo, secondo) con area esterna e portico comune a due u.i. In questo edificio sono presenti tre unità immobiliari: (a) m.n.(...) sub.(...) graffato con il m.n.(...) sub. (...) = abitazione e legnaia al piano primo, cantina con wc al piano terra (di proprietà di (...): il CTU ha evidenziato che in effetti l'immobile è accessibile dalla pubblica via V. di F. e dal mappale (...) attraverso la prima parte del sottoportico (cfr. relazione (...), pag. 31); (b) m.n. (...) sub.(...) = abitazione al piano terra, cantina al piano interrato (di cui (...) è usufruttuaria: nudo proprietario il figlio (...)) (c) m.n. (...) sub.(...) graffato con il m.n. (...) sub. (...) graffato con il m.n. (...) sub. (...)= abitazione ai piani terra, primo e secondo (di proprietà di (...)). Il CTU ha osservato che gli stessi sono accessibili direttamente dalla pubblica via V. di F. e non necessitano del passaggio attraverso il mappale (...) sub (...) (cfr. relazione (...), pag. 32) (ii) (...) (...) sub. (...) Edificio accessorio ad uso garage al piano interrato e giardino pertinenziale al piano terra (di proprietà di (...)): è effettivamente un bene parzialmente intercluso: per accedervi con le auto è necessario passare per il sottoportico, a meno di non voler passare attraverso un'altra capezzagna; (iii) (...) (...)+(...) (di proprietà di (...), con diritto di superficie in favore di (...): in corso di causa, nel 2020, la proprietà del (...) sub. (...) graffato al (...) e del (...) risulta essere stata ceduta a (...), con diritto di abitazione in favore di (...) e (...), cfr. relazione CTU (...), pag. 25). Edificio residenziale sviluppato in più livelli (interrato, terra) con area esterna pertinenziale. In questo edificio sono presenti due unità immobiliari: - m.n. (...) sub. (...) = autorimessa al piano interrato -m.n. (...) sub. (...) graffato con il m.n. (...) = abitazione al piano terra con area esterna pertinenziale Tali beni, ad eccezione dell'autorimessa, sono accessibili direttamente dalla pubblica via F. (cfr. relazione (...), pag. 34). Per l'autorimessa, vale lo stesso discorso riferito a quella di (...); (iv) (...) (...) (usufrutto (...), nudo proprietario (...)). Edificio ad uso deposito e fienile, sviluppato in più livelli (terra, primo) con portico ed area esterna pertinenziale. Il CTU ha accertato che è accessibile dalla pubblica via V. di F. e dal mappale (...) attraverso la prima parte del sottoportico (cfr. relazione (...), pag. 31) (v) (...) (...)-(...)-(...) (il primo di (...), il secondo e il terzo originariamente di (...): in corso di causa, il secondo e terzo sono stati ceduti a (...), con diritto di usufrutto in favore di (...) e (...), cfr. relazione CTU (...), pag.26) trattasi di terreni coltivati a prato: il CTU concorda che l'accesso agricolo e con automobili per il mappale n (...) (abitazione) sia possibile dalla pubblica via attraverso la capezzagna esistente e che interessa detto mappale. Per quanto concerne i mappali n (...) evidenzia che il passaggio attraverso la capezzagna (indicata come via ulteriore dagli attori) sarebbe adeguato per un passaggio con mezzi di ridotte dimensioni, stante le caratteristiche del tratto (cfr. relazione CTU, pag. 33-34); (vi) (...) (...) (in usufrutto alla (...), nudo proprietario (...)) trattasi di terreno adiacente l'ambito residenziale ad uso orto. Il CTP Maesano ha evidenziato che lo stesso sarebbe accessibile direttamente da via F., a piedi. L'osservazione non è stata recepita dal CTU (...), unicamente perché il quesito non demandava verifiche sulle servitù pedonali; (viii) (...) (...)-(...)-(...) (di proprietà di (...) per 2/3 e di (...) per 1/3 con usufrutto in favore della (...) il primo; intestati, in varie quote, a tutti i convenuti e anche agli attori il secondo e il terzo) trattasi di terreni adiacenti l'ambito residenziale, utilizzati come area di manovra e transito; (vii) (...) (...) (di proprietà di (...)) trattasi di terreno adiacente l'ambito residenziale, utilizzato come giardino privato. Per questi terreni, costituenti giardini vari, il CTP attoreo (...) (cfr. osservazioni allegate alla CTU (...), pag. 3) ha evidenziato che a piedi gli stessi sarebbero accessibili attraverso l'abitazione di cui al mapp. (...) sub. (...) (che ha accesso sulla pubblica via F. per i mezzi). Il CTU, pur dando atto dell'osservazioni, non prendendo posizione sul passaggio pedonale (in quanto la questione non gli era stata demandata) si limita a dare atto che con i mezzi l'unico passaggio sarebbe attraverso il sottoportico (cfr. relazione (...), pag. 33). Ancora, il CTU ha rilevato che "La particella n (...) e da questa la n (...) sono raggiungibili dal cancello carraio presente tra il mappale n (...) (cortile sul retro del mappale n (...)) e il mappale n (...). L'accesso a tale mappale dalla via pubblica è consentito attraverso un passaggio, con larghezza di circa m 3,50, sul mappale n (...) di proprietà (...) (sul lato e parallelamente al fabbricato mappale n (...)) per raccordarsi con un tratto obliquo che interessa il mappale n (...) di proprietà (...) e (...), fino a raggiungere il cortile, mappale n (...) di proprietà (...), il tutto con una lunghezza di circa m 30,50" (cfr. relazione CTU (...), pag. 35). In generale, dalla disamina complessiva della CTU e delle osservazioni, emerge che vari beni dei convenuti (l'area adibita a giardino, l'orto) non necessitino, per le loro caratteristiche, di un accesso con vetture o mezzi agricoli e siano accessibili in via pedonale per altre vie che non necessariamente passando per il sottoportico. Gli unici beni per cui invece il passaggio attraverso il sottoportico con mezzi sarebbe necessitato, all'attualità, sono i garages realizzati da (...) e (...) negli anni 2000. Per quanto concerne i campi coltivati ad erba (mappali (...)-(...)-(...)) essi sono accessibili tramite una capezzagna che parte dalla corte sub. (...) e prosegue verso i campi (tra la corte e la capezzagna vi è un cancello: in ipotesi, secondo gli attori, tale capezzagna potrebbe essere utilizzata anche per accedere ai garages: le caratteristiche della strada, per come riscontrate dal CTU, paiono tuttavia escluderlo). Il CTU ha dato pure atto come visto (cfr. relazione (...), pag. 34) che per accedere a tali mappali esiste pure una via alternativa, una capezzagna che diparte dalla via pubblica, tuttavia non adatta al passaggio di mezzi agricoli di medie e piccole dimensioni (si tratta di quella menzionata nel capitolo di prova 8 articolato dagli attori). 8.4. Considerate le caratteristiche oggettive dei luoghi di causa e la loro evoluzione nel corso degli anni, le testimonianze possono essere vagliate nel senso che segue. I testi di parte convenuta ((...), (...), e (...)) sono stati tutti generici nel riferire dell'utilizzo fatto del sottoportico: anzitutto essi hanno riferito che sarebbe sempre stato utilizzato dalla "famiglia (...)" senza indicare esattamente quale componente della famiglia li utilizzava. I testi parrebbero poi essersi riferiti a un periodo assai risalente, quando ancora non erano stati realizzati i garages di (...) e (...): quanto al passaggio di mezzi agricoli, si è visto che in passato l'area posta dopo il portico difatti confinava con i campi, quindi verosimilmente nel passato i mezzi agricoli utilizzavano con più frequenza il passaggio attraverso il sottoportico ((...) ha fatto riferimento a un periodo in cui nel sottoportico vi era una concimaia). Sia S., sia I., hanno fatto anche riferimento al fatto che sotto il portico passavano delle automobili: ciò perché probabilmente, in passato, i (...) utilizzavano dei parcheggi effettivamente collocati nel sottoportico (ora sostituiti dall'accesso alle abitazioni degli attori e anche di alcuni convenuti) oltre a quello collocato nel seminterrato, con accesso dalla corte (in sostanza, quello raffigurato nella fotografia sub. (...) allegata alla CTU). Non è dato però sapere esattamente quale componente della famiglia utilizzasse quest'ultimo parcheggio. È poi evidente che la situazione si è modificata a seguito della realizzazione nei primi anni 2000 dei due garages, da parte di (...) e (...): da quel momento, effettivamente, il passaggio in auto deve essere stato costante, perché l'unico modo per accedere (o comunque il più comodo) era attraverso il sottoportico, non essendo agevolmente percorribile la capezzagna. Di converso, non risultano pienamente attendibili le affermazioni dei testi (...), secondo cui, in assoluto, il passaggio pedonale, con mezzi agricoli o altri mezzi, sarebbe iniziato solo dopo la realizzazione dei garage di (...) e (...) e (...): verosimilmente, già in precedenza, almeno saltuariamente il passaggio veniva esercitato (almeno quello con mezzi agricoli), seppur con modalità meno intense rispetto a quelle successive alla realizzazione dei garages. Inoltre, stante l'affastellamento delle porzioni di immobili e considerato che il sottoportico è di proprietà di più soggetti, non può escludersi che in passato vi fosse anche un passaggio pedonale attraverso lo stesso. In generale, tuttavia, le dichiarazioni dei testi dei convenuti sono state assai generiche, non specificando esattamente quale membro della famiglia utilizzava il passaggio e con che modalità/con quale intensità: ancora, i testi non hanno riferito a quando esattamente sarebbe risalito tale passaggio e specificamente verso quali dei vari beni di proprietà dei convenuti era diretto. Il mero riferimento all'utilizzo del sottoportico non è in sé significativo, anche perché si è visto che la parte iniziale del sottoportico è pacificamente di proprietà/riferibile ai convenuti, sicché può anche rilevarsi che il semplice fatto che i convenuti vi accedessero con mezzi agricoli e talvolta anche con auto non è in sé sufficiente a dimostrare il passaggio anche verso gli immobili posti al di là del sottoportico. 8.5. Già per tali ragioni, le testimonianze raccolte non possono considerarsi idonee a provare rigorosamente un possesso ad usucapendum di un passaggio a favore dei vari e differenti immobili oggetto delle domande dei convenuti e la domanda riconvenzionale subordinata dovrebbe essere rigettata. Va inoltre evidenziato che in conclusionale (cfr. pagg. 11 ss.) gli attori hanno eccepito che, in ogni caso, l'eventuale esercizio del passaggio, negli anni antecedenti l'acquisto da parte dei loro danti causa (...) (1995) non potrebbe integrare un possesso (eventualmente utile ai fini dell'usucapione) perché compiuto con la tolleranza di (...), dante causa degli (...). I rilievi sono anzitutto ammissibili, in quanto "In materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, la deduzione del proprietario che il bene sia stato goduto dal preteso possessore per mera tolleranza costituisce un'eccezione in senso lato e, pertanto, essa è proponibile per la prima volta anche in grado di appello, sempre che la dimostrazione dei relativi fatti emerga dal materiale probatorio raccolto nel rispetto delle preclusioni istruttorie, concernendo il divieto di cui all'art. 345 c.p.c. le sole eccezioni in senso stretto, ossia quelle riservate in esclusiva alla parte e non rilevabili d'ufficio." (Cass. Sez. II, ord. n. 31638 del 6/12/2018). I rilievi sono poi condivisibili. È opportuno ricordare che ""In tema di usucapione, per stabilire se un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o altro diritto reale sia stata compiuta con l'altrui tolleranza e sia quindi inidonea all'acquisto del possesso, la lunga durata dell'attività medesima può integrare un elemento presuntivo nel senso dell'esclusione della tolleranza qualora non si tratti di rapporti di parentela, ma di rapporti di mera amicizia o buon vicinato, giacché nei secondi, di per sé labili e mutevoli, è più difficile, a differenza dei primi, il mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo." (Cass. Sez. II, sent. n. 11277 del 29/5/2015; cfr. in tal senso, Cass. Sez. II, ord. n. 11315 del 10/5/2018). Anche a voler prescindere dal fatto che i convenuti non sono stati in grado di dimostrare in maniera chiara tempi, modalità e oggetto esatto dell'esercizio del passaggio (nel senso indicato in precedenza) ed anche a voler ammettere che negli anni passati fu esercitato un passaggio, continuo e non interrotto (pedonale e con mezzi agricoli e/o con automobili) fino al 1995 lo stesso dovrebbe essere considerato mero atto tollerato, ex art. 1144 c.c., perché fino a tale anno gli unici proprietari dell'area erano componenti della famiglia (...) (in particolare, gli immobili degli attori erano di (...)), tutti legati da legami di parentela stretti (l'originario proprietario, (...) e suo fratello erano cugini del padre dei convenuti/marito della (...)). 8.6. In conclusione, pertanto, anche la domanda riconvenzionale subordinata dovrà essere rigettata. 9. Rigettate le domande riconvenzionali dei convenuti, deve dunque essere accolta la domanda attorea diretta ad accertare l'inesistenza di una servitù di passaggio a carico dei beni degli attori e a favore dei beni convenuti, non avendo questi ultimi dimostrato di poter esercitare tale passaggio in virtù di un titolo convenzionale o per altre ragioni. La domanda potrà essere accolta, in relazione ai beni censiti ai mappali oggetto delle domande riconvenzionali svolte dai convenuti ai beni di questi ultimi che hanno formato oggetto del presente giudizio. Conseguentemente dovrà essere accertata l'inesistenza di una servitù di passaggio gravante sull'immobile attualmente di proprietà degli attori, così censito al catasto del Comune di A. (V.); foglio (...), mapp. (...) e a favore dei seguenti beni, così censiti al Catasto del Comune di A.: foglio (...): m.n. (...) (ex (...) e (...)); (...) sub (...); (...); (...) sub (...), (...), (...), graffato al m.n. (...) sub (...); (...) (ex (...)); (...), (...) (ex(...)); (...); (...), (...): (...); (...); (...); (...). Essendo stato dimostrato che i convenuti passavano attraverso il sottoportico, a piedi o con mezzi agricoli/veicoli, per l'effetto, i convenuti dovranno essere condannati ad astenersi dall'esercitare il passaggio, pedonale o con vetture/mezzi agricoli, attraverso la porzione di sottoportico riferibile agli attori, censita al foglio (...), mapp. (...) (la condanna non viene estesa ai convenuti (...)/(...), in ragione della rinuncia alle domande di condanna nei confronti di quest'ultimi da parte degli attori). 10. Deve invece essere rigettata la domanda risarcitoria articolata dagli attori e diretta a chiedere il risarcimento del danno derivante dal passaggio da parte di convenuti/intervenuta attraverso il sottoportico. Non è dato comprendere quali siano le esatte conseguenze dannose lamentate dagli attori, stante la totale genericità della domanda attorea (del tutto irrilevanti quindi le istanze istruttorie articolate dagli attori e già rigettate, perché volte a dimostrare il "disagio" asseritamente cagionato dal continuo passaggio). 11. Venendo alla regolamentazione delle spese di lite, nei rapporti tra attori e (...), (...), (...), (...), (...) e (...) le spese seguono la soccombenza e vengono così liquidate sulla base articoli 1-11 D.M. n. 55 del 2014 (modificato ex D.M. n. 147 del 2022), in base ai valori medi previsti per lo scaglione di riferimento - individuato ex art. 5, co. 1 D.M. n. 55 del 2014, stante il valore indeterminato del giudizio, nello scaglione relativo ai procedimenti con valore indeterminabile a complessità media - e, precisamente: Euro 2.127,00 per la fase di studio della controversia, Euro 1.416,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 3.738,00 per la fase istruttoria ed Euro 3.579,00 per la fase decisionale, per complessivi Euro 10.860,00 oltre accessori. Agli attori dovranno essere altresì rimborsati gli esborsi, per Euro 477,00 (CU, marca). Nulla sulle spese di lite tra gli attori e i convenuti (...)/(...), in ragione della rinuncia alla condanna alle spese da parte attrice, effettuata all'udienza di p.c. Le spese delle consulenze tecniche d'ufficio vanno poste definitivamente a carico dei convenuti (...), (...), (...), (...), (...) e dall'intervenuta (...). P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza eccezione e deduzione disattesa, così provvede: (i) rigetta le domande riconvenzionali proposte dai convenuti (...), (...), (...), (...), (...) e dall'intervenuta (...); (ii) in parziale accoglimento delle domande attoree, accerta l'inesistenza di una servitù di passaggio gravante sull'immobile attualmente di proprietà degli attori, censito al catasto del Comune di A. (V.) al foglio (...), mapp. (...) e a favore dei seguenti beni, così censiti al Catasto del Comune di A.: foglio (...), m.n. (...) (ex (...) e (...)); (...) sub (...); (...); (...) sub (...), (...), (...), graffato al m.n. (...) sub (...); (...) (ex (...)); (...), (...) (ex(...)); (...); (...), (...): (...); (...); (...); (...); (iii) per l'effetto, condanna (...), (...), (...), (...), (...) e (...) ad astenersi dall'esercitare il passaggio, pedonale o con vetture/mezzi agricoli, attraverso la porzione di sottoportico di proprietà degli attori, censita al foglio (...), mapp. (...) del catasto del comune di A.; (iv) rigetta per il resto le domande attoree; (v) condanna (...), (...), (...), (...), (...) e (...), in solido tra loro, al rimborso delle spese di lite in favore di (...) e (...), pari ad Euro 10.860,00 per compensi, Euro 477,00 per esborsi, oltre accessori come per legge sui compensi; (vi) nulla sulle spese tra gli attori e (...)/(...); (vii) pone definitivamente a carico dei convenuti (...), (...), (...), (...), (...) e dall'intervenuta (...) le spese delle consulenze tecniche d'ufficio. Così deciso in Vicenza il 17 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 19 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA TRIBUNALE DI VICENZA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL GIUDICE ISTRUTTORE IN FUNZIONE DI GIUDICE UNICO SILVANO COLBACCHINI ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, promossa DA (...) SPA (CF: (...)) con l'avv. (...) CONTRO (...) SRL (CF: (...)) con l'avv. (...) in punto: appalto (opposizione a decreto ingiuntivo) CONCLUSIONI di parte opponente: "1. in via pregiudiziale di rito, dichiarare con Sentenza, ai sensi dell'art. 819 ter c.p.c., il difetto di competenza del Giudice Ordinario in favore del Collegio Arbitrale in virtù della clausola compromissoria prevista all'art. 25 del contratto di subappalto prot. n. 64693 del 4.7.2019 (che recepisce integralmente l'art. 28 delle Condizioni Generali di Contratto) per come integrato dall'atto aggiuntivo prot. n. 65508 del 9.7.2020 e dal prospetto di definizione variante del 30.9.2020, clausola specificamente sottoscritta ed approvata dalle parti ai sensi e per gli effetti dell'art. 1341 c.c. (pag. 18 contratto di subappalto) e, per l'effetto: a) revocare il Decreto Ingiuntivo del Tribunale di Vicenza n. 1432/2021 del 30.6.2021; b) condannare la opposta alla restituzione della somma di Euro 61.202,00 versata da (...) a seguito di notifica del titolo esecutivo e dell'atto di precetto; c) valutare d'ufficio l'applicabilità dell'art. 96, comma III, c.p.c., e, in caso positivo, condannare la Soc. (...) S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore della Soc. (...) S.p.A., di una somma di danaro equitativamente determinata; d) condannare l'opposta alla refusione delle spese del presente giudizio; 2. nella denegata ipotesi di rigetto della superiore eccezione pregiudiziale, rimettere la causa sul ruolo, concedendo i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. In ogni caso, si reiterano le ulteriori conclusioni nel merito: 3. revocare il Decreto Ingiuntivo del Tribunale di Vicenza n. 1432/2021 del 30.6.2021 stante l'insussistenza dei presupposti per procedere in sede monitoria e, in ogni caso, l'evidente infondatezza della pretesa creditoria azionata da (...), con condanna di quest'ultima alla restituzione della somma di Euro 61.202,00 versata da (...) a seguito di notifica del titolo esecutivo e dell'atto di precetto; 4. sempre nella denegata ipotesi di rigetto della superiore eccezione pregiudiziale, in via riconvenzionale, accertato il grave inadempimento contrattuale della Soc. (...) S.r.l., dichiarare la risoluzione del contratto di subappalto prot. n. 64693 del 4.7.2019 per come integrato dall'atto aggiuntivo prot. n. 65508 del 9.7.2020, condannando l'opposta al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi che saranno precisati e quantificati in corso di causa essendo ancora in corso i lavori originariamente affidati alla opposta Soc. (...) S.r.l., o nella diversa misura che sarà ritenuta di giustizia, anche ed eventualmente mediante compensazione con importi che, all'esito del giudizio, dovessero risultare dovuti alla Soc. (...) S.r.l.; 5. valutare d'ufficio l'applicabilità dell'art. 96, comma III, c.p.c., e, in caso positivo, condannare la Soc. (...) S.r.l., in persona del legale rapp.te p.t., al pagamento, in favore della Soc. (...) S.p.A., di una somma di danaro equitativamente determinata. Con vittoria di spese (anche generali, 15,00%) e compensi di lite." di parte opposta: "ritenuta sussistente la competenza del Giudice Ordinario, si insiste per la conferma del D.I. opposto, non avendo l'opponente preso alcuna posizione sul credito azionato e per aver esso stesso (con il riconoscimento del debito) sottratto dalla potestas judicandi degli arbitri l'odierno giudizio. In subordine, e nella denegata ipotesi l'Onorevole Giudicante ritenesse applicabile l'exceptio compromissi, voglia compensare integralmente le spese del presente giudizio, in coerenza con il granitico insegnamento della Suprema Corte secondo cui l'esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, sia perché la disciplina del procedimento arbitrale non contempla provvedimenti emessi inaudita altera parte, sia perché non è rilevabile d'ufficio il difetto di competenza per essere la controversia devoluta agli arbitri." SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Su ricorso di (...) srl il tribunale, con decreto n.1432/2021 -immediatamente esecutivo -, ingiungeva a (...) spa di pagare alla ricorrente la somma di Euro 55.729,39, oltre ad accessori, quale residuo corrispettivo di lavori eseguiti su incarico dell'ingiunta. Avverso tale decreto proponeva opposizione (...) spa eccependo l'incompetenza del giudice ordinario (per la presenza di clausola compromissoria) e deducendo nel merito l'infondatezza della pretesa di pagamento attesi i ritardi e i gravi inadempimenti di cui (...) si era resa responsabile nell'esecuzione dei lavori. Chiedeva, pertanto, la revoca del decreto ingiuntivo opposto, la condanna dell'opposta alla restituzione di quanto versatole per effetto della clausola di provvisoria esecutività e, in via riconvenzionale, previa declaratoria di risoluzione del contratto per fatto e colpa di (...), la condanna della stessa al risarcimento dei danni. (...) srl, costituitasi nelle forme di rito, contestava in fatto e in diritto le argomentazioni ex adverso dedotte e chiedeva il rigetto dell'opposizione. Acquisita la documentazione offerta, ritenuta la rilevanza dell'eccezione di arbitrato, con ordinanza 10/1/2023 la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti nei termini in rubrica trascritti. MOTIVI DELLA DECISIONE L'eccezione di arbitrato sollevata tempestivamente dall'opponente è fondata. L'art. 25 del contratto di subappalto sottoscritto in data 18/9/2019 tra (...) spa e (...) srl riporta integralmente l'art. 28 delle condizioni generali giusta il quale "Tutte le controversie derivanti dal presente contratto saranno risolte da un Collegio Arbitrale di tre membri dei quali uno nominato dalla parte richiedente contestualmente alla richiesta di arbitrato, da effettuarsi con lettera raccomandata A.R., il secondo dall'altra parte con la medesima modalità entro 15 giorni dalla richiesta di arbitrato. Il terzo arbitro, con funzione di Presidente, sarà nominato da due arbitri come sopra nominati, o, in difetto di accordo, entro 30 giorni dalla nomina dell'ultimo arbitro, dal presidente del Tribunale di Vicenza che provvederà anche alla nomina dell'arbitro che la parte abbia omesso di nominare entro il termine di 15 giorni come sopra indicato. Sede dell'arbitrato è Vicenza. Gli arbitri decideranno in via irrituale secondo diritto e le parti si impegnano fin d'ora a considerare la loro decisione, ancorché assunta a maggioranza, come manifestazione della propria volontà contrattuale ed a darvi immediata esecuzione". Trattandosi di arbitrato irrituale (...) srl doveva rivolgersi, per far valere la propria pretesa creditoria, non al giudice ordinario ma al collegio arbitrale. Va ricordato a tale riguardo che "Non comporta una questione di giurisdizione la deduzione della esistenza di un compromesso o di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, da essa derivando, invece, l'improponibilità della domanda per rinuncia all'azione, atteso che, con l'arbitrato irrituale, è demandato agli arbitri lo svolgimento di una attività negoziale in sostituzione delle parti, e non certo l'esercizio di una funzione giurisdizionale" (Cass. SU 16044/2002). Dall'improponibilità della domanda davanti al giudice ordinario discende la revoca del decreto ingiuntivo opposto e la condanna di (...) srl alla restituzione a (...) spa della somma di Euro 61.202,00 dalla stessa versatale per effetto della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto. (...) srl va condannata alla rifusione in favore di (...) spa della metà delle spese di lite, procedendosi per la rimanente parte a compensazione attesa la natura processuale della pronuncia. P.Q.M. definitivamente pronunciando nell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.1432/2021, promossa da (...) spa contro (...) srl così decide: DICHIARA improponibile, giusta clausola compromissoria per arbitrato irrituale, la domanda di cui al ricorso monitorio, e per l'effetto REVOCA il decreto ingiuntivo opposto; CONDANNA (...) srl a restituire a (...) spa la somma di Euro 61.202,00, oltre ad interessi legali dal dì del versamento al saldo. CONDANNA (...) srl al pagamento in favore di (...) spa della metà delle spese del presente giudizio, le quali si liquidano d'ufficio -per l'intero- in complessivi Euro 5.406,50, di cui Euro 406,50 per spese e Euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre a spese generali e ad accessori di legge. COMPENSA la rimanente parte. Vicenza 11 aprile 2023 Depositata in Cancelleria il 17 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale di Vicenza, Sezione Prima Civile, in composizione monocratica, in persona del Giudice dott. FRANCESCO LAMAGNA, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo il 05.11.2012 al n. 7220/2012 R.G., promossa con atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n. 2447/2012 - emesso dal Tribunale di Vicenza in data 16.08.2012, depositato in data 20.08.2012 e notificato il 25.10.2012 DA (...) S.R.L., IN LIQUIDAZIONE E CONCORDATO PREVENTIVO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in (...) G. in (...) (P.), Via L. n. 56 (part. Iva (...)), nonché ING. (...), personalmente, residente a (...) del G. (v.), Via F. (...) n. 43 (cod. fisc. (...)), rappresentati e difesi, inizialmente, per mandato a margine dell'atto di citazione, dall'Avv. De.Ar. del foro di Padova (cod. fisc. (...)) e, successivamente, a seguito di atto di rinuncia alla procura alle liti depositato in data 13.02.2014, dall'Avv. Gi.Ma. del foro di Treviso (cod. fisc. (...)), con domicilio eletto presso e nello studio dell'Avv. Ma.Be. (cod. fisc. (...)) in Vicenza, Corso (...) e ciò in forza di mandato rilasciato a margine della comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata il 03.02.2015; - attori-opponenti - CONTRO (...) S.P.A. in L.C.A., giusta D.L. n. 99 del 2017 convertito in L. n. 121 del 2017 e giusta decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze del 25.6.2017, con sede legale in V. (V.), Via (...) F. n. 18, (cod. fiscale (...)), in persona dei Commissari liquidatori, in proprio, rappresentata e difesa, dall'Avv. Fa.Se. del foro di Vicenza (cod. fiscale (...)), con studio in Vicenza (VI), Viale (...) ed ivi elettivamente domiciliata; - convenuta-opposta - Oggetto: accertamento della illegittimità e nullità di clausole del contratto di conto corrente bancario e del conto anticipi; nullità della fideiussione. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE EX ART. 132 C.P.C. NELLA FORMULAZIONE INTRODOTTA DALLA L. 18 GIUGNO 2009, N. 69 Al fine di un opportuno inquadramento dell'oggetto del presente giudizio è necessario premettere che l'allora (...) S.p.A. inoltrava, in data 14.8.2012, avanti questo Tribunale, ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti della società (...) S.r.l. e dell'Ing. (...), quest'ultimo nella sua qualità di fideiussore, per il pagamento, in via solidale, della somma pari ad Euro 516.756,54, di cui Euro 455.438,36, quale saldo debitore del conto anticipi fatture n. (...) acceso presso la filiale di (...) G. in (...) (P.), ed Euro 61.327,28, quale saldo debitore del conto corrente ordinario n. (...), anch'esso acceso presso la medesima filiale, il tutto oltre agli interessi di mora al tasso convenzionale maturati e maturandi dal 1.7.2012 al saldo effettivo. In data 16.8.2012, alla luce della documentazione prodotta, questo Tribunale emetteva nei confronti degli odierni attori-opponenti il decreto ingiuntivo n. 2447/2012, provvisoriamente esecutivo, il quale veniva regolarmente notificato. Con atto di citazione del 24.10.2012, ritualmente notificato in data 25.10.2012, la società (...) S.r.l. e l'Ing. (...), personalmente, proponevano formale opposizione ritenendo il citato decreto ingiuntivo infondato e illegittimo per i seguenti motivi: - nullità e/o inammissibilità e/o inefficacia del decreto opposto per mancanza di prova scritta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 633 e 634 c.p.c. e art. 50 D.Lgs. n. 385 del 1993, ritenendo il saldo conto depositato dalla Banca una prova non sufficiente per la dimostrazione del suo asserito credito; - superamento dei tassi soglia di cui alla L. n. 108 del 1996, illegittima applicazione della commissione di massimo scoperto, illegittima capitalizzazione degli interessi, addebito di spese non correttamente pattuite; - quanto, invece, alla posizione del fideiussore, quest'ultimo faceva presente che l'ammontare massimo garantivo di Euro 550.000,00 comprensivo degli interessi di mora maturati garantiva le obbligazioni della (...) solo successivamente al suo rilascio e non certo quelle anteriori, inoltre, essendo egli stesso persona fisica ed avendo rilasciato la fideiussione non nell'ambito dell'attività professionale svolta, ma quale consumatore, invocava l'inefficacia delle clausole in essa contenute, ai sensi degli artt. 1469 bis e seguenti c.c., da giudicarsi "contra legem". In data 28.10.2013, si costituiva regolarmente la (...) S.p.A. la quale contestava, in fatto e in diritto, tutti i motivi di opposizione proposti dalla (...) e dall'Ing. (...) ed in particolare: - contestava la seppur non eccepita nullità dei contratti per mancanza di forma scritta ex art. 117 comma 3 t.u.b. e quindi ribadiva la validità dei contratti bancari intercorsi con la società attrice-opponente; - contestava l'applicazione di interessi oltre soglia usura, di interessi ultra-legali, spese, commissioni e valute non concordate tra le parti, in quanto riteneva l'operato della banca corretto e conforme ai contratti sottoscritti e comunque evidenziava che non erano mai stati contestati gli estratti conto inviati alla cliente, con contestuale accettazione degli stessi per facta concludentia; - riteneva legittima la capitalizzazione degli interessi in quanto, pur essendo il contratto stipulato nel 1995 e quindi ante delibera CICR, il quadro giurisprudenziale dell'epoca era graniticamente orientato nel riconosce la validità delle clausole anatocistiche, mentre post Delibera CICR la banca si era adeguata a quanto in essa disposto mediante la pubblicazione delle nuove disposizioni in Gazzetta Ufficiale; - in merito infine alle eccezioni svolte dal fideiussore, riteneva erroneo il ragionamento da quest'ultimo svolto sulla limitazione della garanzia alle obbligazioni contratte dalla (...) solo dopo il rilascio della stessa, facendo presente che il fideiussore aveva sottoscritto precedentemente un'altra fideiussione dell'importo di Euro 450.000,00 che si riservava di produrre. In ogni caso, rilevava che il fideiussore era stato ingiunto dell'importo vantato dalla Banca con riferimento al conto anticipi fatture e all'affidamento in conto corrente alla data del 30.6.2012. Infine, riteneva generica la lamentela sulla nullità delle clausole vessatorie ex art. 1469 bis e ss. c.c. contenute dell'atto fideiussorio. All'udienza di prima comparizione delle parti del 19.11.2013, il procuratore degli attori opponenti contestava in fatto e in diritto il contenuto della comparsa di costituzione avversaria e insisteva per la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, chiedendo altresì la concessione dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c. Il procuratore della Banca opposta invece si opponeva all'accoglimento dell'avversa istanza di sospensione e si associava alla richiesta di concessione dei termini per il deposito di memorie. Nella medesima udienza, il Giudicante rigettava l'istanza di sospensione ritenendo che non sussistessero i gravi motivi atti a giustificarla e concedeva i termini richiesti. La causa seguiva l'iter processuale con lo scambio delle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c. Si susseguivano poi una serie di rinvii per la pendenza di trattative tra le parti. Nelle more, e precisamente in data 31.01.2017, il credito oggetto di ingiunzione veniva ceduto, nell'ambito di un'operazione di cartolarizzazione ex L. n. 130 del 1999, da (...) S.p.A. ad (...) S.r.l., con effetto a far data dall'01.01.2017. La cessionaria, però, incaricava la medesima Banca cedente a gestire le posizioni a sofferenza e i contenziosi ad essi collegati e/o connessi. All'udienza del 06.10.2017, il procuratore della convenuta-opposta dava atto dell'intervenuta messa in liquidazione coatta amministrativa della (...). Il Giudice, preso atto, dichiarava l'interruzione del processo, il quale veniva regolarmente riassunto dagli odierni attori-opponenti. Si costituiva in giudizio la procedura in LCA, in proprio e in qualità di mandataria di (...) S.r.l., precisando che nonostante l'apertura della procedura di liquidazione, la Banca era stata autorizzata a proseguire tutti i rapporti pendenti (tra cui quello di servicer di (...)). La stessa, pertanto, pur riportandosi a tutte le difese già svolte dalla cedente che richiamava integralmente, eccepiva in via preliminare l'improcedibilità della domanda di condanna e di compensazione svolta nei confronti della (...) in LCA, ex art. 83, comma 3, t.u.b., nonché la carenza di legittimazione passiva di (...) in quanto a quest'ultima era stato ceduto il solo diritto di credito e non l'intero contratto. A seguito di tale eccezione, nella memoria di replica autorizzata del 29.6.2018, gli attori opponenti precisavano di aver svolto esclusivamente un'eccezione riconvenzionale e non una domanda riconvenzionale, con il precipuo scopo di paralizzare le ragioni di credito avversarie; in ogni caso e per mero scrupolo, gli stessi rinunciavano alla domanda di condanna (e limitatamente ad essa) della Banca convenuta opposta al pagamento in loro favore della quota di controcredito eccedente le pretese creditorie della Banca medesima ed insistevano invece per la prosecuzione del giudizio ai soli fini dell'accertamento della minor somma eventualmente dovuta alla controparte. Nella medesima memoria, gli attori-opponenti contestavano anche in capo ad (...) la titolarità del credito asseritamente vantato, non essendo stata fornita la prova della stipulazione e comunque dell'efficacia della cessione invocata, in quanto, da un lato, non avevano prodotto il contratto di cessione del 06.01.2017 in forza del quale si sarebbe perfezionata la cessione; dall'altro, non avevano dedotto, allegato ed offerto di dimostrare circa la sussistenza cumulativa, nei crediti oggetto di causa, dei cinque requisiti elencati dalle lettere da i) a v) dell'avviso di cessione pubblicato in G.U. (dimesso sub. Lett. F) e alla cui concorrenza risultava condizionata l'efficacia della cessione del credito oggetto di causa in favore di (...) S.r.l. Inoltre, all'udienza del 02.10.2018, il procuratore degli attori opponenti eccepiva la nullità della fideiussione monitoriamente escussa per la violazione della normativa anti trust ed insisteva per l'ammissione delle istanze istruttorie, così come formulate nella seconda memoria ex art. 183 comma 6, c.p.c. Parte ex adverso si opponeva alla suddetta eccezione di nullità in quanto tardiva, nonché all'accoglimento della richiesta c.t.u. contabile perché esplorativa. Il Giudice, ritenute le eccezioni di rito e di merito sollevate dalle parti decidibili all'esito del giudizio, disponeva la c.t.u. contabile richiesta. Alla successiva udienza del 25.10.2019, fissata per il conferimento dell'incarico, si costituiva ex art. 111 c.p.c. la società (...) S.p.A., poi divenuta (...) S.p.A. per modifica della denominazione sociale, la quale si dichiarava mandataria della società (...), in virtù della procura speciale conferita con scrittura privata autenticata dal Notaio (...) in (...) del (...) rep. (...) racc. (...) e ciò in virtù del contratto di cessione intervenuto tra la società (...) e la (...) in LCA ai sensi del D.L. n. 99 del 25 giugno 2017, convertito con modifiche dalla L. n. 121 del 31 luglio 2017 e del D.M. n. 185 del 25 giugno 2017, pubblicato in G.U. il 31.07.2017 n. 177 e facendo proprie tutte le difese, deduzioni eccezioni già formulate nonché le conclusioni già rassegnate dalla (...) S.p.A. in bonis e poi confermate dalla (...) S.p.A. in LCA nella qualità di mandataria di (...) S.r.l. Veniva pertanto espletata la consulenza tecnica d'ufficio, con il quesito sottoposto al perito e allegato al verbale dell'udienza di conferimento dell'incarico, la quale così concludeva: "Nello specifico lo scrivente ha analizzato i seguenti conti correnti: Conto corrente n. (...) Trattasi di conto anticipi acceso presso l'istituto di credito nel novembre 2004. Lo scrivente ha quantificato il TEG trimestrale secondo le istruzioni impartite dalla (...) dopodiché ha provveduto al confronto con i tassi soglia stabiliti dai DM per la categoria "anticipi, sconti". La verifica non ha evidenziato alcun superamento delle soglie di usura. Conto corrente n. 0811269 Trattasi di c/ordinario acceso presso la (...) il 3 gennaio 1995. La verifica del TEG e della CMS non ha evidenziato alcun superamento delle soglie di usura definite trimestralmente dai DM. Si è comunque provveduto alla rideterminazione del saldo di c/c in quanto: 1. tra gli atti di causa non sono state rilevate comunicazioni afferenti l'adeguamento di cui alla delibera CICR 2000 pertanto fino al I trimestre 2006 lo scrivente ha applicato la c.d. capitalizzazione semplice; 2. le CMS risultano contrattualizzate solo per quanto concerne la percentuale pertanto risultano indeterminate ed indeterminabili stante la mancata indicazione delle modalità di calcolo e delle tempistiche di addebito. Alla luce di tali considerazioni, lo scrivente ha provveduto alla determinazione del saldo di c/c seguendo la seguente metodologia: 1. Inserimento analitico delle operazioni dal 30.09.2003 al 16.08.12. 2. Rettifica degli interessi debitori e creditori. 3. Rettifica delle CMS. 4. Ricalcolo degli interessi debitori e creditori al tasso convenzionale stante il mancato superamento delle soglie di usura. 5. Applicazione della c.d. capitalizzazione semplice sino al I trimestre 2006. Tale capitalizzazione comporta l'addebito e l'accredito gli interessi passivi e attivi solo a chiusura del rapporto di c/c. Il saldo di c/c così determinato ammonta ad Euro - 61.560,88". Depositato l'elaborato peritale, le parti, all'udienza del 04.10.2019, chiedevano congiuntamente fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni, la quale veniva celebrata in data 04.09.2020. A tale udienza, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come da rispettivi fogli depostati telematicamente, chiedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c.. La causa veniva pertanto riservata per la decisione alla scadenza dei termini concessi per il deposito degli scritti conclusivi. In data 11.09.2021, questo Giudicante emetteva sentenza parziale non definitiva, pubblicata in data 14.09.2021, ritenendo di poter definire le questioni preliminari sollevate dalle parti, ma di dover rimettere la causa sul ruolo in merito alla domanda di accertamento negativo dell'asserito diritto di credito della (...) in LCA ai fini della conferma o meno del decreto ingiuntivo opposto, così provvedeva: "Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, non definitivamente definendo il presente giudizio, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa, così provvede: 1. Accerta e dichiara che (...) S.r.l. è carente di legittimazione passiva formale e attiva sostanziale per non aver fornito la prova della titolarità del diritto di credito oggetto del decreto ingiuntivo opposto n. 2447/2012, emesso dal Tribunale di Vicenza in data20.8.2012, e di conseguenza anche la sua mandataria (...) SpA (già (...) SpA), intervenuta ex art. 111 c.p.c.. 2. Accerta e dichiara la legittimazione passiva formale e attiva sostanziale di (...) SpA in LCA, in proprio, in quanto il decreto ingiuntivo summenzionato è stato emesso in suo favore, quando era ancora in bonis, limitatamente però alla domanda di accertamento negativo dell'asserito diritto di credito, non ostando al riguardo l'art. 83, comma 3, t.u.b.. 3. Rimette, con separata ordinanza, la causa sul ruolo del Giudice Istruttore dott. Francesco Lamagna per l'ulteriore corso del giudizio. 4. La regolamentazione delle spese all'esito del giudizio". Con separata ordinanza, emessa in pari data, la causa veniva rimessa sul ruolo davanti al medesimo Giudice Istruttore, per procedere all'integrazione dell'indagine tecnica già svolta, difettando l'impianto probatorio di sufficienti elementi idonei a definire il giudizio. Di conseguenza, veniva fissata l'udienza per la convocazione del c.t.u., dott. Alberto Matteazzi, per il giorno 12.11.2021, riservando di formulare in tale occasione gli ulteriori quesiti cui dare risposta. Affidato quindi l'incarico al nominato c.t.u., lo stesso prestava giuramento di rito sui seguenti quesiti: "letti gli atti del procedimento; esaminata la documentazione prodotta; ritenuto di dover disporre una integrazione della c.t.u. contabile, avente ad oggetto il seguente quesito: - per tutti i contratti intercorsi tra le parti, e quindi anche sia per il contratto contoanticipi n. (...) stipulato in data 17.11.2004, sia per il contratto anticipi in c/c su fatture per l'importo pari ad Euro 260.000, con scadenza a revoca, stipulato in data 6.3.2006, sia per il contratto di conto corrente n. (...), relativo alla linea di credito dell'importo di Euro 50.000, da utilizzarsi nella forma tecnica dell'elasticità di cassa, anch'esso stipulato in data 6.3.2006: a) verifichi il ctu al momento della pattuizione contrattuale il c.d. tasso di soglia pubblicato trimestralmente dal DM Ministero dell'Economia e della Finanze relativo alla categoria di operazioni cui fa parte il contratto esaminato; - b) calcoli il TEG stabilito in contratto, ai sensi della L. n. 108 del 1996, tenuto conto degli interessi, commissioni e spese connesse al credito e sulla base dell'accordato, verificando se già alla stipula si verifichi il superamento del tasso soglia - c.d. verifica dell'usura contrattuale. Detta verifica deve essere effettuata considerando la formula della (...), includendo non solo gli interessi ma tutte le commissioni e spese connesse al credito annualizzando i predetti oneri sulla base delle indicazioni del contratto di affidamento con l'importo a denominatore del fido accordato tenendo conto del suo massimo utilizzo per tutta la durata del periodo di computo. Tenga conto di quanto stabilito da SS. UU. n. 16303/2018 per le commissioni di massimo scoperto anteriori 1.1.2010. Alternativamente ed in aggiunta verifichi la predetta usura contrattuale anche includendo gli oneri in ipotesi di sconfino ripetuto e gli oneri occasionali sempre annualizzandoli. Nell'ipotesi in cui la pattuizione contrattuale originaria, con i criteri sopra indicati, risulti maggiore del tasso soglia, proceda al ricalcolo dell'intero rapporto con le prescrizioni di cui all'art. 1815 c.c.. c) Verifichi anche se sia ravvisabile il superamento delle soglie usurarie, sempre con i criteri sopra indicati, per effetto dell'esercizio dello ius variandi da parte della Banca (purché detto ius variandi sia stato pattuito ed esercitato nel rispetto di quanto prescritto dall'art. 118 t.u.b.), e in caso positivo, depuri il saldo dagli interessi dal primo superamento in poi. - d) Proceda l'ausiliario alla quantificazione dell'eventuale minor credito eventualmente dovuto ovvero alla somma dovuta in restituzione dalla banca". Concessi i termini per lo svolgimento dell'incarico e per le eventuali osservazioni delle parti, la causa veniva rinviata all'udienza del 06.05.2022. In data 14.04.2022, veniva depositata l'espletata integrazione alla relazione d'ufficio, che giungeva alle seguenti conclusioni: "In merito all'indagine integrativa richiesta, lo scrivente riepiloga i risultati dell'analisi svolta. I contratti oggetto di verifica sono: 1. il contratto anticipi n. (...) stipulato in data 17.11.2004; 2. il contratto anticipi in c/c su fatture per l'importo di 260.000 Euro, con scadenza a revoca, stipulato in data 6.03.2006; 3. il contratto di conto corrente n. (...), relativo alla linea di credito dell'importo di 50.000 Euro, stipulato in data 6.03.2006; In merito alla verifica dell'usura ab origine, svolta in considerazione anche delle osservazioni pervenute dal Rag. S., c.t. di parte convenuta, lo scrivente ha rilevato il superamento del tasso soglia di periodo da parte del TEG pattuito nel contratto anticipi in c/c su fatture del 6.03.2006. Sono stati quindi svolti due ricalcoli uno riguardante il conto anticipi, dal quale sono stati stornati gli interessi addebitati a partire dal I trimestre 2006 (periodo coincidente con la pattuizione usuraria riscontrata), l'altro riguardante il conto corrente essendo state le competenze del conto anticipi giro-contate su quest'ultimo. In particolare, la metodologia di ricalcolo del saldo del conto corrente ordinario è stata la seguente: 1. Inserimento analitico delle operazioni dal 30.09.2003 al 16.08.2012; 2. Rettifica degli interessi debitori e creditori calcolati sul rapporto di conto corrente ordinario; 3. Rettifica delle CMS per rilevata indeterminatezza e indeterminabilità delle relative pattuizioni; 4. Rettifica, a partire dal I trimestre 2006, degli interessi calcolati sul conto anticipi, addebitati sul conto corrente ordinario; 5. Ricalcolo degli interessi debitori e creditori al tasso convenzionale stante il mancato superamento delle soglie di usura; 6. Applicazione della c.d. capitalizzazione semplice fino al I trimestre 2006. Tale capitalizzazione comporta l'addebito e l'accredito degli interessi passivi e attivi solo a chiusura del rapporto di conto corrente. I saldi ricalcolati risultano i seguenti: Omissis Con riguardo alla verifica del superamento delle soglie usurarie per effetto dell'esercizio dello ius variandi da parte della Banca, lo scrivente non ha riscontrato alcuna contrattazione usuraria". All'udienza del 06.05.2022, entrambe le parti congiuntamente chiedevano che fosse fissata l'udienza di precisazione delle conclusioni e, pertanto, la causa veniva rinviata all'udienza del 01.07.2022 per tale incombente, successivamente spostata d'ufficio al 19.07.2022. A tale udienza, i procuratori delle parti precisavano come da rispettivi fogli depositati telematicamente, chiedendo i termini di cui all'art. 190 c.p.c. La causa veniva riservata per la decisione, sulle conclusioni in epigrafe trascritte, alla scadenza dei termini concessi per il deposito degli scritti conclusivi. Così delineato l'ambito del dibattito processuale, ritiene questo Giudicante che l'impianto probatorio sia idoneo a definire il giudizio sia in merito alla domanda di accertamento del credito vantato dalla (...) in LCA sia in merito alle domande formulate dall'Ing. (...) di nullità e/o annullabilità e/o inefficacia della fideiussione dallo stesso sottoscritta in data 19.10.2006. In merito alla prima questione, ritiene questo Giudicante che, alla luce dell'integrazione richiesta al c.t.u., nei termini indicati nella parte motiva della sentenza non definitiva n. 1709/2021, pubblicata il 14.09.2021, in relazione alla rilevazione dell'usura ab origine nei contratti oggetto di causa, le risultanze della relazione integrativa possano essere recepite e condivise giacché prive di errori logici e giustificate dalle indagini esperite e dalle spiegazioni contenute nella stessa relazione. Secondo infatti un ormai consolidato orientamento della Suprema Corte "Qualora il giudice del merito aderisca al parere del consulente tecnico d'ufficio, non è tenuto ad esporne in modo specifico le ragioni poiché l'accettazione del parere, delineando il percorso logico della decisione, ne costituisce adeguata motivazione, non suscettibile di censure in sede di legittimità, ben potendo il richiamo, anche "per relationem" dell'elaborato, implicare una compiuta positiva valutazione del percorso argomentativo e dei principi e metodi scientifici seguiti dal consulente" (Cfr. Cass. civ. ord. n. 25671 del 22.09.2021; conforme Cass. n. 30364 del 21.11.2019; Cass. n. 15147 del 11.06.2018). Risulta, infatti, dalla relazione peritale che il consulente d'ufficio si sia attenuto alla metodologia indicata nel quesito assegnatogli, ovvero che lo stesso abbia effettuato la verifica dell'usura c.d. contrattuale "considerando la formula della (...), includendo non solo gli interessi ma tutte le commissioni e spese connesse al credito annualizzando i predetti oneri sulla base delle indicazioni del contratto di affidamento con l'importo a denominatore del fido accordato tenendo conto del suo massimo utilizzo per tutta la durata del periodo di computo" e che abbia tenuto conto di quanto stabilito da SS.UU. n. 16303/2018 per le commissioni di massimo scoperto anteriori all'01.01.2010, come richiesto. Alternativamente e in aggiunta risulta che lo stesso abbia verificato la predetta usura contrattuale anche includendo gli oneri in ipotesi di sconfino ripetuto e gli oneri occasionali sempre annualizzandoli. L'ausiliario inoltre ha specificato di aver adottato la seguente corretta metodologia, ovvero: "1. Inserimento analitico delle operazioni dal 30.09.2003 al 16.08.2012; 2. Rettifica degli interessi debitori e creditori calcolati sul rapporto di conto corrente ordinario; 3. Rettifica delle CMS per rilevata indeterminatezza e indeterminabilità delle relative pattuizioni; 4. Rettifica, a partire dal I trimestre 2006, degli interessi calcolati sul conto anticipi, addebitati sul conto corrente ordinario; 5. Ricalcolo degli interessi debitori e creditori al tasso convenzionale stante il mancato superamento delle soglie di usura; 6. Applicazione della c.d. capitalizzazione semplice fino al I trimestre 2006. Tale capitalizzazione comporta l'addebito e l'accredito degli interessi passivi e attivi solo a chiusura del rapporto di conto corrente". Da tale verifica è emerso che il conto corrente ordinario, anziché un saldo negativo come da estratto conto di Euro 63.343,39, ha maturato, invece, un saldo attivo di Euro 26.369,46, mentre il conto anticipi, anziché un saldo da estratto conto negativo di Euro 459.105,61, ha maturato un minor saldo negativo di Euro 455.718,55. Permane, pertanto, una situazione debitoria a carico della società opponente e del fideiussore pari ad Euro 429.349,09, oltre agli interessi di mora convenzionali maturati. Quanto alle domande svolte dall'Ing. P., quale fideiussore, al fine di ottenere una declaratoria di non debenza della somma ingiunta nei confronti dell'odierna convenuta-opposta, deve dapprima inquadrarsi la fattispecie in esame, alla luce della qualifica fornita dalla Banca dell'atto fideiussorio quale contratto autonomo di garanzia. Come noto, la fideiussione è un contratto tipico disciplinato nel nostro ordinamento dall'art. 1936 c.c., secondo il quale il fideiussore è "colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza". La caratteristica principale della fideiussione è l'inscindibile collegamento che sussiste tra l'obbligazione principale e quella del garante, tanto che la disciplina codicistica prevede sia la solidarietà dell'obbligazione tra debitore principale e garante, sia la possibilità per il fideiussore di "opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall'incapacità". Il contratto autonomo di garanzia, invece, è un contratto atipico nel quale, al contrario della fideiussione, non vi è alcun vincolo di accessorietà tra l'obbligazione principale e la garanzia stessa, tanto che in un tale contratto si pone a carico del garante un'obbligazione autonoma e diversa, poiché non rivolta al pagamento del debito principale, ma ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata. In questo caso, l'unico rimedio esperibile dal garante è la c.d. exceptio doli nei casi in cui il creditore abbia agito con dolo al fine di indurre il garante alla conclusione del negozio, chiedendo poi l'adempimento della prestazione. Dunque, in sintesi, mentre nella fideiussione l'obbligazione del fideiussore e quella del debitore principale sono strettamente connesse tra di loro, nel contratto autonomo di garanzia, l'obbligazione assunta dal garante è completamente autonoma rispetto a quella principale. Dall'autonomia di tale ultimo tipo di garanzia deriva l'impossibilità per il garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c. nonché, per quest'ultimo, di chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, ed opporre al garante tali eccezioni successivamente al pagamento da questi effettuato. Orbene, pur essendo a conoscenza questo Giudicante che il tema dell'individuazione degli elementi contrattuali caratterizzanti l'uno o l'altro tipo di garanzia è discusso in giurisprudenza, ritiene di aderire a quell'orientamento, ribadito anche di recente dalla Suprema Corte, secondo cui: "Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza, rispetto alla fideiussione, per l'assenza dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all'art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo." (Cfr. Cassazione civile sez. II, 17/06/2022, n.19693). Di conseguenza, solo l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione. Nel caso di specie, pur essendo previsto, all'art. 7 del contratto fideiussorio espressamente che "il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovutole per capitale, interessi, spese, tasse e ogni altro accessorio", è altresì previsto all'art. 9 che l'unica eccezione non opponibile sia quella relativa al momento in cui la banca decida di recedere dai rapporti in essere con il debitore, lasciando quindi inalterata la possibilità del fideiussore di opporre tutte le altre eccezioni spettanti al debitore principale. Ne consegue che la sola previsione di un pagamento immediato a prima richiesta non è sufficiente a far venir meno l'accessorietà della garanzia rispetto all'obbligazione principale garantita. Qualificato, pertanto, il contratto, oggetto di causa, come contratto fideiussorio, ne consegue che l'Ing. (...) ha diritto a sollevare le eccezioni inerenti il rapporto principale ai sensi dell'art. 1945 c.c. Tuttavia, le domande dallo stesso svolte in merito a tale rapporto non possono trovare accoglimento per i seguenti motivi. Non può, infatti, essere accolta la domanda volta ad accertare e dichiarare che la fideiussione prestata dal medesimo garantisca le obbligazioni sorte successivamente alla sua sottoscrizione, avvenuta in data 19.10.2006, atteso che, come correttamente evidenziato dalla difesa della convenuta-opposta, la fideiussione in esame sostituiva, aumentando l'importo garantito da Euro 450.000,00 ad Euro 550.000,00 quella precedente. Sul punto, la difesa dell'Ing. (...) nulla ha replicato, ne consegue che la domanda dallo stesso svolta risulta sfornita della relativa prova, non essendo dato sapere a quale data la precedente fideiussione risalga. Invero, lo stesso, al fine dell'accoglimento della contestazione sollevata, avrebbe dovuto produrre in giudizio l'atto fideiussorio in relazione al quale far risalire il periodo antecedente che non garantiva le obbligazioni assunte dalla società (...) nei confronti dell'I.D.C.. Neppure l'ulteriore domanda di declaratoria di nullità, annullabilità o inefficacia della fideiussione ai sensi dell'art. 1469 bis c.c. può trovare accoglimento, giacché la stessa, oltre ad essere formulata in modo generico, risulta comunque infondata atteso che l'Ing. P., al momento della sottoscrizione della fideiussione, non rivestiva la qualifica di consumatore, in quanto socio di capitali della società garantita (...) S.r.l., come dallo stesso dichiarato nell'atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo. Infine, pur accertata la nullità parziale delle clausole n. 2, 6 e 8 della fideiussione in esame per conformità di quest'ultima allo schema ABI sanzionato dal noto Provv. n. 55 del 2005, emesso dalla (...) in funzione di Autorità antitrust, accogliendo l'interpretazione fornita dalle Sezioni Unite n. 41994 del 30.12.2021, non può comunque essere disposta la liberazione del fideiussore per riviviscenza del termine di sei mesi di cui all'art. 1957 c.c., risultando dalla documentazione depositata in atti che la Banca abbia comunicato, in data 09.08.2012, a mezzo raccomandata, sia alla società (...) sia all'Ing. (...), quale fideiussore, la revoca degli affidamenti e la conseguente intimazione di pagamento e che il ricorso per decreto ingiuntivo sia stato depositato in data 14.08.2012 e notificato ad entrambi gli ingiunti in data 05.09.2012, nel rispetto dunque del termine semestrale di cui alla citata norma. A tal riguardo, deve rilevarsi che nel contratto di fideiussione per cui è causa sono presenti delle clausole - tra cui, in particolare, quella relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all'art. 1957 c.c., oltre che quelle c.c.. dd. di reviviscenza e di sopravvenienza - che rientrano tra le clausole dello schema elaborato dall'ABI, dichiarato dalla (...) in netto contrasto con l'art. 2, comma 2, lett. a) delle L. n. 287 del 1990 e che, pertanto, comportano la nullità, oltre che dell'intesa illecita, anche del contratto sottoscritto "a valle". Tali clausole, infatti, sono del tutto sovrapponibili a quelle indicate (agli artt. 2, 6 e 8) nel Provv. n. 55 del 02 maggio 2005, in relazione alle quali la (...) ha dichiarato che lo schema ABI fosse contrario alla normativa antitrust. In particolare, la clausola di rinuncia al termine ex art. 1957 c.c. e la clausola di sopravvivenza addossano al fideiussore le conseguenze negative derivanti: a) dall'inosservanza degli obblighi di diligenza della banca (che ha omesso di agire nel termine di 6 mesi previsto dall'art. 1957 c.c.); b) oppure dall'invalidità o dall'inefficacia dell'obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa (venendo così meno il carattere accessorio tipico dell'obbligazione fideiussoria). In proposito, il Supremo Collegio, con la recente sentenza n. 25273/2020, ha statuito che "in riferimento ai contratti "a valle" dell'intesa si è ritenuto che l'accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, con stipulazione di contratti o negozi che costituiscono l'applicazione di quelle intese illeciteconcluse "a monte" (nella specie relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative), comprenda anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa illecita da parte dell'Autorità indipendente, preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato, a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza." Ciò posto, deve sottolinearsi che questo Giudicante presta adesione alla ricostruzione giurisprudenziale secondo cui, qualora la fideiussione sia effettivamente stipulata (come nel caso di specie) secondo lo schema ABI del 2003, debbano considerarsi nulle le clausole corrispondenti agli articoli 2, 6 e 8, come censurate nel Provv. n. 55 del 2005 della (...), dovendosi riconoscere valenza presuntiva della sussistenza della condotta anticoncorrenziale "a monte" al provvedimento della (...) di accertamento dell'infrazione, come evidenziato da Cass. Sez. Un. n. 41994 del 30.12.2021 e Cass. 13846/2019 (la Suprema Corte si esprime in termini di "elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale"), con riguardo all'accertamento dell'esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall'articolo 2 della L. n. 287 del 1990, ed in specie alle clausole relative a contratti di fideiussione delle banche. La considerazione, poi, che la fideiussione di cui trattasi sia stilata su di un modulo precompilato "standard", predisposto unilateralmente dalla banca, vale a dimostrare il carattere di "uniformità" di applicazione dello schema ABI 2003 da parte dell'opposta, che trae conferma, sia pure indirettamente, anche dalla mancata prova contraria, che, per il principio di vicinanza, spetta alla banca. Quest'ultima, infatti, avrebbe potuto agevolmente dimostrare in via documentale che all'epoca della sottoscrizione della fideiussione da parte dell'ing. (...) essa utilizzasse a garanzia dei crediti concessi fideiussioni omnibus contenenti varie e differenti clausole, difformi da quelle contestate. Le clausole, di cui agli artt. 2, 6 e 8 della stipulata fideiussione, invece, corrispondono sostanzialmente a quelle, pure aventi la stessa numerazione, di cui allo schema ABI del 2003, censurate dalla (...). Ne consegue, quindi, in base a quanto disposto dall'articolo 2 della L. n. 287 del 1990, che dette clausole vanno dichiarate nulle e prive di effetti, per violazione di norme imperative, ex art. 1419 c.c. (per l'applicabilità dell'art. 1419 c.c., vedi Cass. 24044/2019). Nella chiarita prospettiva, mette conto evidenziare che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 41994 del 30.12.2021, pronunciata nelle more del presente giudizio, ha dato soluzione alla dibattuta questione della nullità totale o parziale delle fideiussioni omnibus ovvero della sola tutela risarcitoria, enunciando il seguente principio di diritto: "I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della L. n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell'art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schemaunilaterale costituente l'intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti". Con la menzionata pronuncia il Supremo Collegio ha chiarito pure l'ulteriore controversa questione del collegamento funzionale tra i contratti a monte e quelli a valle, spiegando che la disciplina dettata dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, lett. a), ha per oggetto la protezione, in via immediata, dell'interesse generale alla libertà della concorrenza, con la conseguenza che, "qualsiasi fattispecie distorsiva della competizione di mercato, in qualunque forma essa venga posta in essere, anche - come nel caso di specie - mediante una combinazione di atti di natura diversa, costituisce comportamento rilevante ai fini del riscontro della violazione della normativa in parola". Le SS. UU., inoltre, non hanno mancato di precisare (come già in precedenza evidenziato) che "in tema di accertamento dell'esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2 e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento della (...) di accertamento dell'infrazione, ... possiede ... un'elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale." L'opponente, invece, in via principale, ha eccepito la nullità dell'intera fideiussione, ex art. 1418 c.c.. L'assunto, tuttavia, non è condivisibile e va disatteso. Il richiamo all'art. 1418 c.c. va inteso rispetto alla contrarietà del contratto a norme imperative, vale a dire, in questo caso, per la violazione della normativa antitrust. A ben vedere, però, il provvedimento della (...), che pure analizza tutte le articolazioni dello schema ABI 2003, ha accertato l'intesa anticoncorrenziale in relazione alle tre clausole menzionate, senza estendere le proprie censure all'intero schema fideiussorio omnibus. Del resto, è lo stesso legislatore a prevedere nell'art. 1419 c.c. che la nullità di singole clausole non comporta, di per sé, la nullità dell'intero contratto: l'opzione tra l'applicazione dell'art. 1418 c.c. e l'art. 1419 c.c. non può essere legata ad intenti comunque "sanzionatori" verso chi si è valso a proprio favore di clausole anticoncorrenziali, ma è ancorata, per disposizione normativa, alla verifica se "i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità". Deve ritenersi, pertanto, che, in base all'art. 1419 c.c., debba essere affermata la nullità delle sole clausole di cui agli artt. 2, 6 e 8 della fideiussione sottoscritta dall'opponente ing. (...) e che la nullità parziale non si estenda all'intera garanzia, dovendosi considerare che il contraente l'avrebbe ugualmente stipulata, anche senza le parti colpite da nullità, a prescindere dalla rilevanza delle stesse nell'originario testo della fideiussione omnibus sottoscritta. Il garante l'avrebbe stipulata, infatti, visto che la fideiussione, con sostituzione della disciplina codicistica alle pattuizioni nulle, è al medesimo più favorevole, in quanto privata delle clausole di "sopravvivenza", di "reviviscenza" e di deroga all'art. 1957 c.c.: se l'interessato era disponibile a rendere la garanzia a condizioni più onerose, è da ritenersi che, a maggiore ragione, tale disponibilità permanga in caso di clausole più favorevoli. Quanto alla Banca, considerata la nullità delle pattuizioni censurate, avrebbe ugualmente stipulato la fideiussione, sia pure per sé meno tutelante, pena, altrimenti, il rimanere priva di qualsivoglia garanzia. La raggiunta conclusione comporta inevitabilmente la revoca nei confronti degli odierni opponenti del decreto ingiuntivo opposto n. 2447/2012, emesso dal Tribunale di Vicenza in data 16.08.2012 e depositato in data 20.08.2012. Al contempo, va disposta la condanna della società (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore e dell'ing. (...), in qualità di fideiussore, in via tra di loro solidale, a pagare alla (...) S.p.A. in LCA la somma di Euro 429.349,09, oltre agli interessi di mora al tasso convenzionale dalla data di messa in mora al saldo. Per quanto attiene alla regolamentazione delle spese e competenze di lite, in considerazione della reciproca parziale soccombenza, della relativa novità delle questioni trattate, come da ultimo definite dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, ritiene il Giudicante sussistenti giusti motivi per disporne tra le parti la parziale compensazione nella misura della metà, mentre per la restante metà le spese processuali vanno poste a carico degli opponenti, risultati maggiormente soccombenti. Dette spese vanno liquidate, pertanto, in favore della Banca opposta come da dispositivo, mediante la previsione di un importo forfettario a titolo di compenso per l'attività professionale svolta, calcolato sulla base dei parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, avendo riguardo al decisum (Euro 429.349,09) - compreso nello scaglione di riferimento tra Euro 260.000,01 ed Euro 520.000,00 - e con il compenso calcolato ai valori medi per le fasi di studio, introduttiva, istruttoria/trattazione e decisoria. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa come sopra promossa, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa o assorbita, così provvede: 1) accerta e dichiara la nullità parziale ex art. 1419 c.c., nei termini indicati in parte motiva, della fideiussione sottoscritta in data 19.10.2006 dall'opponente ing. (...); 2) revoca il decreto ingiuntivo n. 2447/2012, emesso dal Tribunale di Vicenza in data 16.08.2012 e depositato in data 20.08.2012; 3) condanna la (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, nonché l'ing. (...), in qualità di fideiussore, in via tra di loro solidale, a pagare alla (...) S.p.A. in LCA la somma di Euro 429.349,09, oltre agli interessi di mora al tasso convenzionale dalla data di messa in mora al saldo; 4) rigetta tutte le ulteriori domande proposte in giudizio dalle parti; 5) condanna la (...) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, nonché l'ing. (...), in via tra di loro solidale, a rifondere alla Banca opposta le spese e competenze di lite nella misura della metà, che liquida, per l'intero, in complessivi Euro 21.942,00, di cui Euro 555,00 per esborsi in senso stretto ed Euro 21.387,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge, dichiarando tra le parti la compensazione della restante metà delle spese e competenze di lite; 6) pone definitivamente a carico delle parti - in solido tra di loro nei confronti del C.T.U. e per la giusta metà per ciascuna parte nei rapporti interni - le spese dell'espletata indagine tecnica nella misura già liquidata in atti. Così deciso in Vicenza il 7 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott. FRANCESCO LAMAGNA, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 27.11.2020 al n. 7022/2020 (...), promossa con atto di citazione notificato in data 26.11.2020 DA (...) S.A.S. DI (...) (P.I. (...)), con sede in S. (V.), Viale dell'I. n. 251, in persona del legale rappresentante pro tempore (...), rappresentata e difesa dall'avv. Cr.Am. del Foro di Vicenza (C.F. (...)), per mandato depositato nel fascicolo telematico in allegato all'atto di citazione del 23.11.2020, presso il cui Studio sito in Schio (VI), Via (...), ha eletto domicilio, il quale Difensore ha dichiarato di voler ricevere le comunicazioni di Cancelleria e le notifiche al fax n. (...) e all'indirizzo di P.E.C. (...); - attrice opponente - CONTRO (...) (C.F. (...)), nata a T. (R.) il (...) e residente a S. (V.), Via delle G. n. 12, in proprio e quale genitore esercente la potestà sul figlio minore (...) (C.F.: (...)), nato a T. (V.) il (...), giusta autorizzazione ex art. 375 c.c. del Tribunale di Vicenza di data 07.07.2016, entrambi rappresentati e difesi dall'avv. Va.So. del Foro di Vicenza (C.F. (...)), come da mandato di data 11.09.2019 in calce all'atto di precetto, presso il cui Studio sito in Vicenza, Corso Palladio n. 82, sono elettivamente domiciliati, il quale Difensore ha dichiarato di voler ricevere la comunicazioni di Cancelleria e le notifiche al fax n. (...) e all'indirizzo di P.E.C. (...); - convenuti opposti - Oggetto:azione di merito a seguito di opposizione all'esecuzione ex artt. 615 e 617 c.p.c.. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE EX ART. 132 C.P.C. NELLA FORMULAZIONE INTRODOTTA DALLA L. 18 GIUGNO 2009, N. 69 Al fine di un opportuno inquadramento dell'oggetto del presente giudizio è necessario premettere che, con "ATTO DI CITAZIONE EX ART. 616 C.P.C. Azione di merito per opposizione ex artt. 617 e 615 c.p.c." del 23.11.2020, la (...) s.a.s. di (...) (di seguito, per brevità, anche solo "(...) s.a.s.") promuoveva il giudizio di merito conseguente all'opposizione all'esecuzione n. 452/2020 R.G.E. dell'intestato Tribunale, attraverso cui i convenuti opposti, con atto di precetto del 24.12.2019, notificato il successivo 07.01.2020, avevano azionato il credito residuo di Euro 136.494,87 che gli stessi ritenevano ancora loro dovuto in forza del lodo arbitrale emesso il 23.05.2018, con il quale si era stabilito il valore della quota di proprietà del socio deceduto (...) (rispettivamente marito e padre degli odierni opposti, ora suoi eredi universali) nella (...) s.n.c. di (...) e (...) e condannato la (...) s.a.s. (già (...) s.n.c. di (...) e (...)) al pagamento in favore degli eredi del de cuius della somma di Euro 592.000,00, oltre interessi e spese. Avverso tale lodo (...) s.a.s. aveva proposto impugnazione avanti la Corte d'Appello di Venezia (la quale, con Provv. del 15 novembre 2018 aveva in prima battuta rigettato l'istanza di sospensione dell'esecutività del lodo), mentre la sig.ra (...) ed il figlio (...) avevano frattanto promosso due susseguenti procedimenti esecutivi, il secondo dei quali era stato anch'esso opposto dall'odierna opponente, ragion per cui pendeva causa innanzi al Tribunale di Vicenza, in persona del G.I. dott. S.C., al n. 1710/2019 (...) Tornando alla procedura esecutiva n. 452/2020 R.G.E., della cui opposizione questo giudizio costituisce il proseguimento nel merito, la stessa era instaurata dagli odierni convenuti a seguito della notifica dell'atto di pignoramento presso terzi del 29.01.2020. La (...) s.a.s. vi si opponeva, appunto, mediante apposito atto del 03.03.2020, recante seco richiesta di sospensione dell'esecuzione. Il G.E., dott.ssa (...), con ordinanza del 04.10.2020, rigettava la suddetta istanza, fissando ai sensi dell'art. 616 c.p.c. il termine perentorio di 60 giorni dalla comunicazione per l'introduzione del giudizio di merito, che veniva quindi instaurato in data 27.11.2020 dalla medesima società opponente. Nell'ambito della medesima procedura, all'udienza del 30.10.2020, veniva emessa ordinanza di assegnazione somme in favore della (...) e del figlio minore e dichiarato chiuso il procedimento esecutivo. Sulla base della premessa che tutti i titoli esecutivi su cui controparte aveva fondato il procedimento esecutivo de quo erano già stati oggetto di contestazione e risultavano, in ogni caso, sub iudice (all'epoca in cui l'opponente scriveva avverso il titolo esecutivo costituito dal lodo arbitrale del 23.05.2018 pendeva giudizio di impugnazione avanti la Corte d'Appello di Venezia rubricato al n. 3697/2018 (...); avverso l'atto di precetto notificato il 20.02.2019 pendeva giudizio di opposizione agli atti esecutivi avanti il Tribunale di Vicenza rubricato al n. 1710/2019 (...); e avverso il medesimo atto di precetto pendeva un'ulteriore opposizione all'esecuzione rubricata al n. 925/2019 R.G.E. sempre avanti l'intestato Tribunale), la (...) s.a.s. proponeva, dunque, l'odierna opposizione per i seguenti motivi, i quali tutti hanno naturalmente trovato più diffusa esplicitazione nell'atto introduttivo del giudizio da cui sono riportati: 1. "INVALIDITÀ DELL'ATTO DI PIGNORAMENTO PER NULLITÀ E/O INESISTENZA DELLA NOTIFICA DELL'ATTO DI PRECETTO - VIOLAZIONE DELL'ART. 145 C.P.C."; 2. "IMPROCEDIBILITÀ DELL'ESECUZIONE PER OMESSA CORRETTA ATTESTAZIONE DI CONFORMITÀ EX ART. 557 COMMA 3 C.P.C."; 3. "ASSENZA DI VALIDO TITOLO ESECUTIVO PER SOMME LIQUIDATE E RICHIESTE IN ORDINANZE DI ASSEGNAZIONE SOMME EMESSE IN ALTRE PRECEDENTI ESPROPRIAZIONI"; 4. "ILLEGITTIMITÀ DELL'ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE 26.6.2019 INTEGRATA CON PROVVEDIMENTO DI CORREZIONE 9.7.2019 PER VIOLAZIONE DELL'ART. 288 C.P.C."; 5. "ABUSO DEI MEZZI DI ESPROPRIAZIONE - PARCELLIZZAZIONE DEL CREDITO - RISARCIMENTO DEL DANNO"; 6. "DIFETTO DI TITOLO PER ERRATO CALCOLO DEGLI INTERESSI E PER CONTRASTANTE IMPUTAZIONE DELLE SOMME". Tale opposizione era contrastata dagli odierni convenuti, i quali si costituivano ritualmente per mezzo del deposito della comparsa di costituzione e risposta del 16.02.2021, chiedendo il più pieno respingimento di tutte le domande attoree. Affermavano, sostanzialmente, la sig.ra (...) ed il figlio (...) che le contestazioni sollevate ex adverso attraverso il radicamento dell'opposizione che qui giunge alla fase di merito erano relative a somme da assegnarsi o di già assegnate (Euro 27.327,06 era il ricavato dell'esecuzione de quo) di gran lunga inferiori al credito da essi vantato (Euro 136.494,87 era l'importo da ultimo precettato in data 07.01.2020): l'azione di merito promossa da parte attrice opponente era quindi da ritenersi, prima di ogni altra cosa, in via preliminare ed assorbente, priva di interesse e di per ciò inammissibile ex art. 100 c.p.c. I convenuti opposti proseguivano, poi, contestando nel merito e partitamente ognuno dei sei motivi di opposizione formulati dalla (...) s.a.s., i quali tutti reputavano infondati e non meritevoli di accoglimento. La causa veniva chiamata alla prima udienza di comparizione dell'11.03.2021 all'esito della quale il Giudice, su concorde richiesta delle parti, concedeva loro i termini di cui all'art. 183, co. VI, c.p.c., rinviando la causa all'udienza del 15.10.2021 per l'adozione dei provvedimenti istruttori. A tale udienza, ritenuto che la causa appariva matura per la decisione, il Giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l'udienza del 10.06.2022, all'esito della quale la causa veniva riservata per la decisione, sulle conclusioni delle parti in epigrafe trascritte, con concessione alle stesse dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica. Così riepilogate, nei loro termini essenziali, le prospettazioni e difese delle parti, più diffusamente compendiate nei rispettivi scritti difensivi, questo Giudice ritiene di accogliere solo parzialmente e con i limiti che verranno appresso indicati l'opposizione spiegata da (...) s.a.s. di (...), reputando fondato soltanto uno dei motivi portati da quest'ultima a supporto delle proprie ragioni ed, in particolare, il terzo ("III TERZO MOTIVO DI OPPOSIZIONE: ASSENZA DI VALIDO TITOLO ESECUTIVO PER SOMME LIQUIDATE E RICHIESTE IN ORDINANZE DI ASSEGNAZIONE SOMME EMESSE IN ALTRE PRECEDENTI ESPROPRIAZIONI"), così come meglio esplicitato dalla medesima opponente nei propri scritti difensivi. Prima di addentrarci nel merito, corre tuttavia l'obbligo di precisare come, pur considerando l'assoluta rilevanza per le parti in causa di quanto tra loro deciso dalla Corte di Cassazione in data 24.01.2023, con sentenza n. 2164, dimessa in atti il successivo 26.01.2023 dall'attrice opponente, a questo Giudice sia precluso di tenerne conto ai fini del presente giudizio. Com'è noto, è un precetto di ordine pubblico sostanziale posto a presidio del contraddittorio, oltre che un principio di ordine processuale, che con l'udienza di precisazione delle conclusioni si abbia la cristallizzazione dell'assetto difensivo sui cui poi scende il giudicato che copre il dedotto e il deducibile, con la conseguenza che le eventuali sopravvenienze verificatesi in questa cosiddetta "zona grigia" tra l'udienza di precisazione delle conclusioni ed il momento della deliberazione della decisione non possono che essere fatte valere in un successivo processo. Pertanto, un fatto, come la pubblicazione della citata pronuncia da parte della Suprema Corte, sorto dopo l'udienza di precisazione delle conclusioni, che nel presente caso si è tenuta il 10.06.2022, potrà eventualmente farsi valere in un successivo giudizio, dovendosi considerare tamquam non esset e, dunque, processualmente inutilizzabile nell'ambito del presente giudizio. Venendo al merito, deve subito rilevarsi, come anticipato poco supra, che è il terzo motivo, tra i sei fondanti l'opposizione spiegata da (...) s.a.s., l'unico a doversi ritenere fondato e quindi meritevole di accoglimento, e ciò per le seguenti ragioni. Lamentava sostanzialmente la società opponente che parte (nello specifico complessivi Euro 14.428,73) delle somme richieste nell'atto di precetto di data 24.12.2019 dalla sig.ra (...) e dal figlio non era dovuta in quanto relativa a competenze, spese ed imposte scaturenti da ordinanze di assegnazione afferenti altre e precedenti procedure esecutive tra le medesime parti (la n. 2800/2018 e la n. 925/2019 R.G.E. Tribunale di Vicenza) e, dunque, non passibile di imputazione in diverse sedi e tantomeno nell'ambito dell'esecuzione (la n. 452/2020 R.G.E.) oggetto dell'odierna opposizione. Ebbene, come peraltro già rilevato nella precedente fase sommaria dal G.E. dott.ssa (...) mediante l'ordinanza di data 04.10.2020, tale doglianza sollevata da parte attorea coglie nel segno. È infatti consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che: "Il giudice dell'esecuzione, quando provvede alla distribuzione o assegnazione del ricavato o del pignorato al creditore procedente e ai creditori intervenuti, determinando la parte a ciascuno spettante per capitale, interessi e spese, effettua accertamenti funzionali alla soddisfazione coattiva dei diritti fatti valere nel processo esecutivo e, conseguentemente, il provvedimento di liquidazione delle spese dell'esecuzione, in tal caso ammissibile, implica un accertamento meramente strumentale alla distribuzione o assegnazione stessa, privo di forza esecutiva e di giudicato al di fuori del processo in cui è stato adottato, sicché le suddette spese, quando e nella misura in cui restino insoddisfatte, sono irripetibili" (Cass. civ., Sez. III, 05.10.2018, n. 24571; prec. conf.: Cass. civ., Sez. III, 25.06.2003, n. 10129). Tale principio di diritto, che questo Giudice ritiene di condividere, ha trovato ulteriore conferma nelle più recenti ordinanze n. 1004 del 17.01.2020 e n. 3720 del 14.02.2020 da parte della Sesta Sezione della Suprema Corte dalle quali pertanto non ci si può, come non si vuole, discostarsi nella fattispecie concreta. Ritenuto che l'importo complessivo di Euro 14.428,73 richiesto, tra le altre voci, nel precetto del 24.12.2019 per competenze, spese e imposte derivanti da esecuzioni diverse rispetto a quella oggetto dell'odierna opposizione non sia dovuto ai convenuti opposti, dovrà pertanto revocarsi l'ordinanza del 30.10.2020 da parte della G.E. dott.ssa (...), che di quell'importo teneva conto nella fase di assegnazione delle somme pignorate nell'ambito dell'esecuzione n. 452/2020 R.G.E., nonché a monte ridursi l'importo del credito precettato da Euro 136.494,87 ad Euro 122.066,14. L'accoglimento di tale motivo di opposizione reca quale diretta conseguenza, oltre alla pronuncia di parziale - appunto - fondatezza dell'opposizione spiegata da (...) s.a.s., anche il rigetto della domanda dei convenuti opposti volta a far dichiarare l'inammissibilità dell'azione promossa ex adverso in quanto asseritamente priva di interesse ex art. 100 c.p.c. Si è infatti appena dato atto che l'interesse ad agire in opposizione da parte di (...) s.a.s. non solo era vivo ed esistente, bensì anche meritevole di tutela giuridica e di perciò fondato e legittimo. Quanto agli ulteriori motivi di opposizione formulati da (...) s.a.s., gli stessi andranno tutti respinti per le seguenti ragioni. Con il primo motivo l'opponente deduceva la "INVALIDITÀ DELL'ATTO DI PIGNORAMENTO PER NULLITÀ E/O INESISTENZA DELLA NOTIFICA DELL'ATTO DI PRECETTO - VIOLAZIONE DELL'ART. 145 C.P.C.", sostenendo che la notifica dell'atto di precetto del 24.12.2019 risultava effettuata il successivo 07.01.2020 ad un "familiare convivente", e più precisamente ad (...), che era persona estranea alla società e non rivestiva alcun ruolo al suo interno. Ora, escludendo, le regole sulla notificazione alle persone giuridiche, la possibilità di notificare ai "familiari" (se non nell'ipotesi prevista dal terzo comma dell'art. 145 c.p.c., che tuttavia l'opponente non ravvisava potersi applicare al caso di specie), in tesi attorea ne sarebbe conseguita l'invalidità della notifica del citato precetto, la quale avrebbe invalidato anche la successiva esecuzione. Ebbene, tale motivo di opposizione risulta infondato alla luce dei seguenti insegnamenti giurisprudenziali di legittimità, i quali, consolidatisi nel tempo, anche questo Giudice ritiene di condividere: "Qualora la sede di una persona giuridica coincida con l'abitazione del suo legale rappresentante deve ritenersi correttamente eseguita la notificazione di un atto mediante consegna della copia alla moglie del legale rappresentante, mancando la prova che nella detta abitazione, e quindi nella sede della persona giuridica, vi fosse persona specificamente incaricata di ricevere le notificazioni a quest'ultima dirette" (Cass. civ., Sez. Un., 28.04.1976, n. 1492). Premesso che risultano pacifiche in atti le seguenti circostanze, e cioè che tale "(...)", la quale ha ricevuto la citata notifica, è la figlia di (...), legale rappresentante della (...) s.a.s., e che la sede di tale società in S., Viale dell'I. n. 251, coincide con la residenza dello stesso (...), l'applicazione al caso di specie del principio di diritto stabilito nella citata pronuncia delle Sezioni Unite pare allora incontrovertibile. A ciò si aggiunga che, sempre secondo i precetti dei giudici di legittimità: "In tema di notificazione alle persone giuridiche l'art. 145 c.p.c., nel prevedere che l'atto possa essere consegnato a persona incaricata della relativa ricezione, non assegna rilevanza alla specifica qualifica che detto consegnatario riveste in seno la persona giuridica, né impone che un siffatto accertamento sia compiuto dall'ufficiale giudiziario" (Cass. civ., Sez. Lav., 06.08.1982, n. 4406; Cass. civ., Sez. Lav., 23.01.1998, n. 642). Ed ancora che: "In materia di notificazione di atti a persona giuridica mediante consegna a persona addetta alla sede, non si richiede che il consegnatario sia espressamenteincaricato di ricevere gli atti, essendo sufficiente che si trovi nel luogo ove avviene la notifica non occasionalmente, ma in virtù di un suo particolare rapporto (di lavoro o di altro tipo) con l'ente destinatario, in modo da far ragionevolmente ritenere che l'atto sarà consegnato al destinatario stesso" (Cass. civ., Sez. I, 12.07.2002, n. 10134). E, per chiudere sul punto, si veda infine Cass. civ., Sez. Lav., 13.03.2013, n. 6345, ove viene stabilito che: "In tema di notificazioni ad una persona giuridica ed alla stregua dell'art. 145, primo comma, cod. proc. civ., nel testo dettato dall'art. 2 della L. 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile "ratione temporis", la notifica alla persona fisica che la rappresenta può avvenire, alternativamente, con la consegna dell'atto ... presso la sede della società, ovvero, quando in esso ne siano specificati residenza, domicilio e dimora abituale, nei luoghi e con le modalità prescritte dagli artt. 138, 139 e 141 cod. proc. civ., dovendo altresì ritenersi possibile, in assenza di un espresso divieto di legge, la notifica all'amministratore tramite il servizio postale ai sensi dell'art. 149 cod. proc. civ. Ove, peraltro, la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario, ai sensi dell'art. 7 della L. 20 novembre 1982, n. 890, deve presumersi che l'atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall'art. 139 cod. proc. civ., in quanto il problema dell'identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal consegnatario dell'atto, con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l'onere di fornire". Proseguendo, dovrà procedersi al rigetto anche del secondo motivo di opposizione rappresentato dalla pretesa "IMPROCEDIBILITÀ DELL'ESECUZIONE PER OMESSA CORRETTA ATTESTAZIONE DI CONFORMITÀ EX ART. 557 COMMA 3 C.P.C.", posto che tale contestazione, relativa alla supposta difformità di date tra l'attestazione di conformità ed il titolo costituito dall'ordinanza di assegnazione del 26.06.2019, oltre a fondarsi su di un verosimile ed involontario refuso (nell'attestazione di conformità è indicata quale data del titolo il 26.09.2019 in luogo del 26.06.2019), è comunque afferente ad atti di una precedente esecuzione (la n. 925/2019 R.G.E. e non la n. 452/2020 R.G.E. contrastata con l'opposizione de qua) e, dunque, deve reputarsi non solo infondata, ma financo inconferente. Stessa valutazione deve farsi in ordine anche al quarto motivo di opposizione ("ILLEGITTIMITÀ DELL'ORDINANZA DI ASSEGNAZIONE DD. 26.6.2019 INTEGRATA CON PROVVEDIMENTO DI CORREZIONE 9.7.2019 PER VIOLAZIONE DELL'ART. 288 C.P.C.") mediante cui l'attrice opponente ha lamentato di non essere stata convocata nell'ambito della procedura di correzione dell'errore materiale che era stata instaurata ex adverso ai sensi dell'art. 288 c.p.c. ai fini, appunto, di correggere un errore di trascrizione presente nell'ordinanza di assegnazione del 26.06.2019 resa nell'ambito dell'esecuzione n. 925/2019 R.G.E. (in buona sostanza invece che indicare il corretto importo di Euro 1.000,00 il Giudice dell'Esecuzione aveva per mero refuso indicato la somma di Euro "1.00,00"). Ora, ancora una volta l'attrice opponente ha svolto una contestazione che risulta gravemente fuori contesto, oltre che infondata: in primo luogo, infatti, tratta ancora di atti e provvedimenti relativi non alla procedura esecutiva oggi opposta (la n. 452/2020 R.G.E.), bensì a quella precedente sub n. 925/2019 R.G.E.; in secondo luogo, non dovremmo neppure soffermarci a dover osservare che ogni eventuale opposizione all'ordinanza di assegnazione in parola avrebbe dovuto svolgersi nei modi e secondo i tempi (ormai ampiamente decorsi) di cui all'art. 617 c.p.c., e sicuramente non attraverso un motivo di opposizione ad una diversa esecuzione. Risultano, infine, infondati anche il quinto ("ABUSO DEI MEZZI DI ESPROPRIAZIONE - PARCELLIZZAZIONE DEL CREDITO - RISARCIMENTO DEL DANNO") ed il sesto ("DIFETTO DI TITOLO PER ERRATO CALCOLO DEGLI INTERESSI E PER CONTRASTANTE IMPUTAZIONE DELLE SOMME") motivo di opposizione, i quali, assieme ai precedenti motivi tutti, ad eccezione - come abbiamo visto - del terzo, giungono davvero a sfiorare la temerarietà della lite, con la conseguenza che di ciò non potrà che tenersi conto in fase di liquidazione delle spese di lite. Con il quinto motivo di opposizione (...) s.a.s. lamenta sostanzialmente che i convenuti opposti, nella loro qualità di creditori, avrebbero abusato dei mezzi di espropriazione ricorrendo anche alla terza esecuzione, che è quella oggetto dell'odierna opposizione. Ora, posto che rimane incontestato in causa il fatto che all'esito anche di tale terza esecuzione la sig.ra (...) ed il figlio (...) andranno creditori nei confronti della (...) s.a.s. di un importo non di molto inferiore a quello precettato pari ad Euro 136.494,87 (a tale importo andranno infatti detratti quegli Euro 14.428,73 che abbiamo visto supra computati illegittimamente poiché costituenti competenze derivanti da altre esecuzioni, oltre alle somme sinora eventualmente percepite in forza dell'ordinanza di assegnazione del 30.10.2020 che non potevano comunque superare gli Euro 600,00 mensili), pare davvero destituita di fondamento la doglianza attorea in parola, posto che intangibile deve rimanere il diritto di ogni creditore di (almeno tentare di) soddisfare il proprio credito. Dovrà pertanto respingersi anche tale motivo di opposizione in uno alla collegata richiesta di risarcimento del danno asseritamente patito dall'attrice opponente per il preteso abuso del diritto ad agire in executivis posto in essere ex adverso, risultando tale richiesta del tutto sfornita del necessario supporto probatorio, oltre che infondata per le ragioni appena addotte. Quanto al sesto motivo di opposizione, con lo stesso, per un verso, non si fa che reiterare le doglianze su spese e competenze legali conteggiate in precetto in relazione a precedenti esecuzioni sul qual punto si fa pertanto doveroso rimando, per brevità, a quanto già dedotto nella precedente parte motiva; per altro verso, a tale ultima doglianza (...) s.a.s. ne aggiunge un'altra relativa questa volta agli interessi moratori conteggiati nel medesimo atto di precetto, la quale anch'essa deve rigettarsi poiché gli stessi devono ritenersi calcolati correttamente sulla base delle somme che alla data del 30.11.2019 potevano dirsi effettivamente percepite da parte degli odierni opposti. Per concludere, si osservi come la presente pronuncia debba ritenersi dirimente ed assorbente anche in ordine ad ogni altra domanda svolta dall'attrice opponente nei confronti dei convenuti opposti. Per quanto attiene alla regolamentazione delle spese di lite, in considerazione della peculiarità del caso concreto, caratterizzato dall'attivazione di un rimedio, quale l'opposizione di cui trattasi, spiegata sulla base di sei motivi, cinque dei quali sono risultati infondati, mentre solo uno, il terzo, ha portato ad un accoglimento seppur parziale, questo Giudicante ritiene sussistenti giusti motivi per disporne tra le parti l'integrale compensazione. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa, così provvede: 1. in parziale accoglimento dell'opposizione all'esecuzione spiegata da (...) s.a.s. di (...), revoca l'ordinanza di assegnazione somme di data 30.10.2020 da parte della (...) dott.ssa (...) nella procedura esecutiva n. 452/2020 R.G.E. Tribunale di Vicenza e riduce l'importo del credito precettato con atto del 24.12.2019 da (...), in proprio e quale rappresentante del figlio minore (...), ad Euro 122.066,14; 2. rigetta ogni altra domanda e/o eccezione proposta in causa dalle parti; 3. dichiara integralmente compensate tra le parti le spese e competenze di lite. Così deciso in Vicenza il 12 aprile 2023. Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI VICENZA PRIMA SEZIONE CIVILE Il Tribunale in composizione monocratica ex art. 50 ter c.p.c., nella persona del Giudice dott. Davide Ciutto ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4801/2020 promossa da: COMUNE DI ROSA' (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. FA.EL. e dall'avv. DE.GI. ATTORE contro COMUNE DI BASSANO DEL GRAPPA (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'avv. ZA.NI. CONVENUTO OGGETTO: azione di condanna per pagamento somme a titolo di gestione affari altrui/ di regresso-surroga/ di indebito arricchimento. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione regolarmente notificato, il Comune di Rosà ha chiesto la condanna del Comune di Bassano del Grappa al pagamento della somma di Euro 300.387,76 per l'avvenuta corresponsione, per conto di quest'ultimo, dell'integrazione economica per il ricovero presso strutture residenziali di tre minori in forza di provvedimenti dell'(...) locale e dell'autorità giudiziaria. In particolare ha esposto: che in base all'art. 6, comma 4, della L. n. 328 del 2000 e all'art. 13 bis della L. Regione Veneto n. 5 del 1996 le spese necessarie per il mantenimento di soggetti per i quali si rende necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali sono a carico del Comune presso il quale gli stessi hanno la residenza prima del ricovero; che in base ad un'interpretazione sistematica e analogica la previsione di tale onere per il Comune di prima residenza sussiste tanto nel caso di ricovero permanente quanto nel caso di ricovero diurno o semiresidenziale; che tale interpretazione è infatti sostenuta da pareri resi dalla Regione Veneto e anche dell'ufficio legislativo del Ministero della Solidarietà Sociale che hanno confermato che la normativa statale e regionale può essere applicata in via analogica anche al caso di ricovero diurno; che nel caso di specie il Comune di Rosà si è fatto carico delle spese di tre minori precedentemente residenti presso il Comune di Bassano del Grappa; che l'(...) competente e l'autorità giudiziaria avevano infatti previsto dei trattamenti inizialmente a carico del Comune convenuto, quale ente di prima residenza, non più pagati dallo stesso a seguito del trasferimento di residenza del nucleo famigliare dei beneficiari presso il Comune di Rosà; che a fronte del predetto mancato pagamento il Comune di Rosà, all'esclusivo scopo di non interrompere il servizio con pregiudizio per il percorso educativo/sociale dei minori, ha provveduto al pagamento dell'importo complessivo di Euro 300.387,76; che l'interpretazione del dato normativo fatta dal Comune di Bassano - secondo cui gli oneri di integrazione in caso di prestazioni in regime semiresidenziale sono a carico del nuovo Comune di residenza in caso di trasferimento - si pone in contrasto con la ratio delle norme in questione, le quali sono finalizzate alla continuità del servizio anche di natura semiresidenziale; che con riferimento all'integrazione per la minore (...), il Comune di Bassano ha smesso di farsi carico delle spese una volta che la minore si è trasferita presso il Comune di Rosà nel luglio del 2011, quanto era ospitata in regime diurno presso la Comunità "Ramaloch" di Bassano del Grappa; che da quel momento e fino al compimento della maggiore età della minore, il Comune di Rosà ha sostenuto tutte le spese, con riserva di ripetizione, per complessivi Euro 196.555,36; che anche in relazione ai minori (...) e (...), il convenuto, dopo aver sostenuto le spese per il ricovero diurno disposto dall'(...), dal momento del trasferimento di residenza presso il Comune di Rosà avvenuto nel novembre del 2015, ha smesso di provvedere all'integrazione economica; che anche in tal caso per evitare l'interruzione del servizio il Comune di Rosà provvedeva a pagare gli oneri di assistenza; che nonostante in seguito il nucleo famigliare si fosse nuovamente trasferito presso il Comune di Bassano del Grappa nell'estate del 2017, il convenuto ha illegittimamente rifiutato l'iscrizione anagrafica gli stessi; che a fronte dell'inerzia del Comune convenuto e dell'irreperibilità al precedente indirizzo dei predetti minori, l'attore disponeva in data 8.4.2019 la cancellazione d'ufficio della famiglia; che per tali soggetti ha quindi corrisposto la somma di Euro sino al maggio del 2019 per complessivi Euro103.832,40; che, pertanto, per entrambi gli interventi di integrazione vanta un credito di Euro 300.387,76 oltre interessi e rivalutazione monetaria a titolo di gestione di affari altrui, essendosi occupato per conto del Comune di Bassano del Grappa delle spese spettanti al convenuto, o, in via subordinata, di surroga/regresso avendo pagato il debito del convenuto, o, in via ulteriormente subordinata, di ingiustificato arricchimento. Per tali ragioni ha quindi insistito per accoglimento della domanda di pagamento, con vittoria di spese. 2. La convenuta si è costituita contestando l'interpretazione del dato normativo sostenuta da parte attrice, rilevando come l'onere a carico del Comune di residenza al momento della adozione del programma di intervento sia previsto soltanto per il ricovero stabile presso strutture residenziali, con pernottamento, e non per quello diurno, perché nel primo vi è di fatto il trasferimento di residenza del soggetto, mentre nel secondo il soggetto continua a vivere stabilmente presso il proprio nucleo famigliare. Essendo, quindi, tale disposizione derogatoria rispetto a quella generale che prevede l'onere a carico del Comune presso cui il soggetto ha la residenza, i contribuiti economici per i ricoveri diurni o semiresidenziali proseguiti dopo il trasferimento presso altro Comune sono a carico del Comune di nuova residenza, non avendo alcun valore i pareri legali forniti della Regione Veneto, in quanto contrastanti con la chiara lettera della legge, e neppure quello prodotto del Ministero, non esprimendosi lo stesso sulla questione specifica del ricovero diurno. Ha precisato quindi che la prassi di tutti i Comuni dell'(...) n. 3 era pacificamente nel senso di provvedere all'integrazione in caso di trasferimento di residenza soltanto per i ricoveri in regime residenziale, e non per quelli diurni, come provato dai verbali delle assemblee dei sindaci prodotti. Ha contestato quindi nel merito anche l'effettiva erogazione delle somme come indicate, non essendo la stessa stata provata. In relazione alla richiesta di pagamento per la minore (...), ha precisato che la stessa si trovava originariamente in regime residenziale e che dopo un certo periodo dalla fine del servizio era stata collocata in regime diurno, e che pertanto aveva provveduto a pagare quanto previsto fino al momento del trasferimento di residenza, interrompendo legittimamente i successivi pagamenti essendosi la stessa trasferita presso il Comune di Rosà; anche per la richiesta relativa agli altri due minori ha ribadito che non dovrebbe in ogni caso applicarsi la normativa invocata, perché il ricovero originariamente era nato come semiresidenziale e pertanto il Comune di Bassano del Grappa non aveva l'onere di continuare a corrispondere tali importi anche dopo il trasferimento di residenza. Ha contestato, infine, l'infondatezza delle doglianze circa il rifiuto di iscrizione anagrafica, non essendoci i presupposti per procedere a tale iscrizione in base a quanto accertato dalle autorità preposte. Ha contestato quindi i titoli alla base della domanda, non sussistendo i requisiti né della gestione di affari altrui avendo il Comune di Bassano rifiutato tale intervento, né della surrogazione/regresso, trattandosi di adempimento del terzo, né infine dell'ingiustificato arricchimento per difetto del requisito della sussidiarietà, dovendo l'attore richiedere prima richiedere tali somme ai beneficiari degli interventi di assistenza. Ha chiesto quindi il rigetto della domanda con vittoria di spese. 3. Dopo lo scambio delle memorie istruttorie, il procedimento è stato assegnato allo scrivente giudice, il quale ha fatto precisare le conclusioni assegnando i termini per lo scambio delle memorie conclusionali e trattenendo all'esito la causa in decisione. 4. L'aspetto controverso della presente causa riguarda l'interpretazione delle norme richiamate in tema di integrazione economica secondo cui l'onere economico per gli interventi di assistenza è a carico del Comune presso cui il soggetto (o la famiglia del minore) ha la residenza al momento dell'inizio del progetto, dovendo stabilirsi se esse si riferiscano a tutte le tipologie di integrazione economica fatta dai Comuni, e quindi sia quelli residenziali sia quelli semiresidenziali o diurni, oppure soltanto ai primi; in altri termini, va stabilito se tali disposizioni siano state dettate dal legislatore statale (e poi riprese, nel caso della Regione Veneto, pedissequamente dal legislatore regionale) per individuare un unico criterio di imputazione dei costi nel caso di interventi assistenziali ovvero se tali norme riguardino specificamente soltanto gli interventi di carattere strettamente residenziale ossia quelli che prevedano un collocamento integrale della persona presso una determinata struttura accreditata dal sistema regionale. Ora, va premesso, sul piano delle fonti regolanti tale materia, che la legge quadro n. 328/2000 costituisce, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), normativa in tema di livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, per cui le successive leggi regionali adottate in tale materia, nell'ambito della potestà esclusiva in materia di interventi di assistenza sociale in favore dei soggetti residenti nel territorio nazionale, non possono derogare al livello minimo previsto dalla legge nazionale, ma soltanto assegnare nuovi diritti oppure prevedere altre prestazioni. Va tuttavia rilevato che nel caso di specie che l'articolo 13 bis della L. n. 5 del 1996 del 1996 ricalca quanto previsto dall'art. 6, comma 4, L. n. 328 del 2000 (salvo la specificazione che tra i soggetti beneficiari vanno ricompresi anche i minori), per cui non si pongono problemi interpretativi ulteriori rispetto al significato da attribuirsi norma nazionale, non essendoci altre normative di fonte regionale che possono essere prese a riferimento. 4.1. Per verificare quindi la corretta interpretazione di tale norma non può che farsi riferimento ai consueti criteri di interpretazione della legge previsti all'articolo 12 delle preleggi del codice civile, costituenti criterio generale di interpretazione delle fonti del diritto, secondo cui deve procedersi anzitutto all'interpretazione letterale delle parole della disposizione di legge secondo la connessione di esse, per poi indagare l'intenzione del legislatore, al fine di accertare la ratio oggettiva della disposizione normativa, verificando, quindi, se necessario, l'ammissibilità, di una interpretazione estensiva, possibile allorquando pur non essendo contemplati dalla norma tutti i casi astrattamente da essa regolabili, può tuttavia ritenersi, sulla base di una valutazione insieme teleologica e sistematica, che anche quelli non indicati siano parimenti assoggettati alla stessa disposizione. Solo in ultima istanza, qualora la controversia non possa essere decisa attraverso una precisa disposizione di legge, può farsi ricorso all'analogia, applicando disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, oppure, da ultimo, secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico. 4.2. Muovendo quindi da un'interpretazione innanzitutto letterale della norma regionale invocata (art. 13 bis L. n. 5 del 1996 che recita "Per i soggetti, inclusi i minori, per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica") va subito rilevato che secondo il significato palese delle parole, la predetta norma sembra far riferimento esclusivamente al ricovero presso strutture residenziali e non ad altre tipologie di interventi. Ciò si ricava dall'utilizzo delle locuzioni "ricovero stabile" e "presso strutture residenziali" le quali non possono che fare riferimento al collocamento integrale, a tempo indeterminato, del soggetto beneficiario presso la struttura accreditata, cioè comprensivo sia degli eventuali servizi di assistenza sociale (attività ricreative, di accompagnamento o di recupero psicologico) sia di quelli di natura strettamente alberghiera, con il diritto alla somministrazione dei pasti e alla disponibilità di un alloggio all'interno della struttura per il riposo notturno, come si ricava appunto dal preciso riferimento alla "struttura residenziale", la quale, facendo riferimento proprio al concetto di residenza, non può che riferirsi al mantenimento dell'avente diritto e non soltanto alla ospitalità parziale necessaria per lo svolgimento di altre attività. Ciò è confermato anche dai commi 2 e 3 della stessa disposizione ("2. Nel caso di minori, il comma 1 si applica anche in relazione a ricoveri stabili presso i soggetti indicati all'articolo 2 della L. 4 maggio 1983, n. 184 "Diritto del minore ad una famiglia." e successive modificazioni, in ordine ai quali la Regione definisce requisiti, forme di autorizzazione e di vigilanza.3. Nel caso di minore straniero non accompagnato ospitato in struttura residenziale, il comune obbligato all'eventuale integrazione economica è quello che ha in carico l'assistenza del minore secondo le determinazioni del Comitato per i minori stranieri di cui al D.P.C.M. 9 dicembre 1999, n. 535") relativi all'ospitalità rispettivamente del minore collocato presso altre famiglie e del minore straniero dove si fa appunto riferimento espressamente ai "ricoveri stabili" e all'ospitalità in "struttura residenziale.". 4.3. Attesa l'identità di disciplina tra fonte statale e regionale, occorre interrogarsi se con tali disposizioni il legislatore abbia voluto ricomprendere non solo i casi di ricovero nel senso appena precisato, ma anche quelli diversi sul piano funzionale, di assistenza sociale in regime semiresidenziale, prevedendo che anche in queste ipotesi sia il Comune di prima residenza quello onerato dei relativi costi anche in caso di successivo trasferimento. Per svolgere tale indagine occorre necessariamente indagare sia la ratio della disciplina de qua sia il contesto normativo nel quale essa viene a collocarsi. 4.3.1. Ebbene, con la legge quadro n. 328/2000 il legislatore ha voluto regolare la materia dell'assistenza ai soggetti in situazione di povertà, nell'ambito di una complessiva attività di delega amministrativa alle regioni e ai comuni, superando il vecchio regime del c.d. domicilio di soccorso, previsto dall'art. 72 della L. n. 6972 del 1890 ed introducendo un nuovo criterio di allocazione delle spese al Comune di residenza al tempo dell'inizio dell'intervento. Ciò è stato fatto, da un lato per risolvere la questione di difficile accertamento della residenza del beneficiario, dipendendo da ciò in base ai vecchi criteri previsti dalla cit. L. n. 6972 del 1890 l'individuazione del Comune tenuto al mantenimento, dall'altro per sgravare definitivamente il Comune ove ha sede la struttura residenziale da tale onere economico. Per cui, con la nuova disciplina il legislatore ha voluto individuare, con un criterio semplice e lineare, nel Comune presso il quale il soggetto era residente prima dell'intervento, l'ente tenuto all'integrazione economica, e ciò perché, considerata la residenza del beneficiario al momento dell'avvio della misura, è proprio tale Comune quello maggiormente indicato per occuparsi della relativa spesa, e non quello della struttura residenziale. Con tale normativa si è inoltre voluta tutelare anche la continuità di erogazione del servizio nei confronti del beneficiario, messa a rischio dalla possibile interruzione nei pagamenti da parte dei Comuni in attesa dello svolgimento delle predette verifiche sulla residenza, con pregiudizio al diritto di assistenza del soggetto. Con la legge quadro citata il legislatore statale, oltre a disciplinare il c.d. domicilio di soccorso, ha inoltre previsto a carico dei Comuni ulteriori interventi di assistenza sociale necessari per fronteggiare non solo le classiche forme di povertà e di assistenza primaria, ma anche situazioni di grave difficoltà psicologica pregiudicanti il sano sviluppo della persona, in particolare in favore dei minori vittime di contesti familiari problematici, individuando, accanto al ricovero residenziale, anche altri servizi definiti di natura semiresidenziale o di accompagnamento, con cui tali soggetti vengono ospitati e seguiti da comunità/centri residenziali in un'ottica di recupero e di risocializzazione. L'art. 6, comma 2, infatti prevede che ai Comuni spetta, nell'ambito della disciplina adottata dalla regione, la programmazione e realizzazione dei "servizi sociali a rete" (lett. a) e che gli stessi siano tenuti ad erogare i servizi e delle prestazioni economiche, nonché le attività assistenziali già di competenza delle province (lett. b), nonché ad autorizzare e accreditare le strutture a "ciclo residenziale" e "semiresidenziale" a gestione pubblica; mentre il successivo comma 3, prevede che i Comuni promuovono forme di collaborazione per lo sviluppo di interventi di aiuto e per favorire "la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita comunitaria" (lett. a) e coordinano attività e programmi volti all'integrazione sociale (lett. b). Solo con il comma 4, invece, il legislatore si occupa specificamente del ricovero stabile presso strutture residenziali, senza null'altro precisare rispetto agli altri servizi appena indicati. 4.3.2. L'indicazione, quindi, nell'ambito della stessa disposizione, dei vari servizi posti a carico dei Comuni nell'ambito dei piani regionali con la specifica allocazione al Comune di prima residenza dei soli costi di quelli residenziali consente di ritenere il comma 4 dell'art. 6 della L. n. 6972 del 1890 (e così l'omologo art. 13 bis L. n. 5 del 1996 Regione Veneto) disposizione speciale non applicabile a tutti i servizi di assistenza in carico ai Comuni. In tal senso, come visto, depone l'accennata ratio del comma 4, la quale è chiaramente derogatoria rispetto al principio di competenza territoriale di spesa comunale previsto in via generale dalla stessa legge quadro. Ciò in quanto la ragione che ha portato il legislatore ad imputare al Comune di prima residenza gli oneri economici derivanti dal ricovero stabile va rinvenuta nel fatto che solo in tal in tal caso si pone un problema di residenza del soggetto beneficiario, il quale, trasferendosi in via stabile presso la struttura, acquisisce ivi una vera e propria residenza in altro comune. Per cui, dato che si è ritenuto che il nuovo Comune non possa farsi carico di tale spesa solo perché ospita la struttura, la legge ha voluto porre un criterio di imputazione dei costi del tutto ragionevole a carico del primo Comune, senza che possano in seguito sorgere problemi relativi agli accertamenti della residenza o di discontinuità del servizio prestato in favore della parte debole assistita. Ebbene, le stesse ragioni, evidentemente, non possono al contrario essere invocate a sostegno dell'imputazione dei costi per gli altri servizi previsti dalla normativa ed esercitati dai vari enti preposti nell'ambito delle attività gestite dalle aziende sanitarie locali regionali in collaborazione con i comuni, come i servizi semiresidenziali. Infatti, per tali attività non si pone un problema di trasferimento di residenza o di collocamento in via stabile del minore presso strutture presenti in altri Comuni, perché la residenza viene mantenuta presso la famiglia, e quindi presso un determinato Comune, il quale, per il principio di competenza territoriale confermato dalla legge quadro, è tenuto a farsi carico di tale servizio. Né può essere invocata un'interpretazione che si fondi sull'assimilabilità dei servizi prestati (residenziale e semiresidenziale), in quanto entrambi a vantaggio di soggetti deboli, o sulla salvaguardia della continuità nell'erogazione del servizio, perché tale disposizione pone esclusivamente un criterio di imputazione di costi per lo specifico caso del collocamento presso strutture residenziali nel senso sopra precisato. 4.4. Deve essere quindi esclusa, alla luce della ratio della norma in questione, una sua applicazione estensiva, non volendo il legislatore prevedere un'attribuzione di costi generalizzata al primo Comune anche per gli altri servizi, pur potendo le Regioni, nell'ambito della loro discrezionalità legislativa alla luce della competenza esclusiva in tale materia, legiferare in tal senso e quindi prevedere che anche per tali servizi vi sia la competenza del primo Comune. Non sussistendo quindi alcuna lacuna normativa e neppure l'identità di ratio tra le due situazioni va quindi negata anche l'interpretazione analogica della norma agli altri servizi, perché, come visto, il criterio generale previsto dalla legge quadro in tema di spesa per le attività assistenziali, ricavabile anche dai principi generali dell'ordinamento, è quello di competenza territoriale, che impone al Comune di residenza il relativo onere economico. Inoltre, trattandosi di norme in tema di finanza pubblica, non è consentita una allocazione di costi resi a favore di cittadini aventi residenza presso il Comune al di fuori di un'espressa indicazione legislativa. I contrari pareri allegati da parte attrice non hanno sul punto alcuna valenza, posto che quello del Ministero non si occupa della specifica questione oggetto del presente procedimento, mentre quelli regionali si fondono esclusivamente sull'applicazione analogica della predetta disposizione, valorizzando una sovrapposizione dei due tipi di servizi (residenziale e semiresidenziale) che va viceversa esclusa, volendo il legislatore con tale normativa risolvere uno specifico problema legato esclusivamente ai ricoveri presso le strutture residenziali. 5. Venendo quindi al caso di specie e facendo applicazione di tale interpretazione delle norme in questione non può che rigettarsi la domanda per entrambe le richieste di pagamento. 5.1. Infatti, per quanto riguarda le spese di assistenza d'integrazione per la minore (...) è pacifico, e non contestato, che al momento del trasferimento della residenza, avvenuta a luglio del 2011, la stessa era sottoposta ad interventi di assistenza di carattere diurno, essendosi quelli di natura residenziale interrottisi qualche anno prima ed essendo la stessa tornata a vivere con la madre. Pertanto, i successivi interventi prima di assistenza diurna e poi di ricovero stabile, non possono che essere posti a carico nel Comune di Rosà, il primo per il principio di competenza territoriale, il secondo in base all'art. 6. comma 4, L. n. 6972 del 1890, in quanto Comune presso il quale la minore aveva la residenza al momento dell'intervento. 5.2. Anche per quanto riguarda gli altri due minori (...) e (...) la competenza degli interventi era in capo al Comune di Rosà, perché al momento del trasferimento di residenza dal Comune di Bassano del Grappa gli stessi erano esclusivamente sottoposti a trattamenti semiresidenziali presso le comunità indicate, come non contestato, senza quindi alcuna necessità di verificarne la natura. Per cui, dal momento del trasferimento presso il Comune di Rosà, i relativi costi non potevano che essere posti a carico di quest'ultimo, senza alcuna possibilità di richiesta di ripetizione delle somme versate nei confronti del Comune di Bassano del Grappa. È infondata, poi, anche la contestazione attorea secondo cui a partire dall'anno 2017 i minori risultavano certamente residenti presso il Comune di Bassano, come provato dalle relazioni di servizio dell'(...), invocando un'illegittimità di diniego all'iscrizione della loro residenza, la quale si sarebbe protratta per diversi mesi. Infatti, tali questioni, oltre a non poter essere affrontate in tale giudizio, non potendo il giudice verificare in alcun modo se vi fosse o meno la residenza presso il Comune convenuto, potevano essere dedotte e invocate, nelle forme previste dalla legge, soltanto dai richiedenti l'iscrizione e non dal Comune di Rosà, il quale non aveva alcuna legittimazione in tal senso, potendo lo stesso, come poi avvenuto, esclusivamente provvedere alla cancellazione dell'iscrizione anagrafica in caso di evidenza di definitiva assenza degli stessi dal Comune data dalla riscontrata loro irreperibilità. 6. Per tali ragioni, la domanda proposta dal Comune di Rosà deve essere rigettata per tutti i soggetti per cui lo stesso ha provveduto al pagamento, in quanto le spese effettuate erano di competenza dell'attore in base all'interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie. 7. Quanto alle spese presento giudizio, appare equa una statuizione di integrale compensazione ai sensi dell'articolo 92, comma 2, c.p.c. sia per l'assenza di precedenti a riguardo sia per l'oggettiva controvertibilità della questione relativa all'applicazione della normativa anche ai casi in questione sia infine alla luce dei pareri della Regione Veneto, che hanno contribuito a determinare in buona fede il Comune di Rosà a proporre il presente giudizio. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza nella suindicata composizione monocratica, ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente nella causa iscritta al n. 4081/2020 R.G., così provvede: rigetta per le ragioni indicate in motivazione la domanda di pagamento proposta dal Comune di Rosà nei confronti del Comune di Bassano del Grappa; compensa integralmente le spese di lite tra le parti. Così deciso in Vicenza il 9 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 10 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VICENZA - Sezione Penale in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Giulia Poi alla pubblica udienza del 19/01/2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA (art. 544 3 comma c.p.p.) nel procedimento a carico di: (...) nato in data (...) a Z. (V.) residente a V. in Via P. n. 23 - con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Gi.To. del Foro di Verona libero - assente difeso di fiducia dall'avv. Al.Ra. del Foro di Verona Imputato Del delitto previsto e punito dall'art. 73 co. 3 D.Lgs. n. 159 del 2011 perché Violava il divieto impostogli dal Questore di Vicenza con provvedimento emesso nei suoi confronti in data 08.08.2017 e notificatogli il 09.01.2018, di far ritorno nel comune di Vicenza per un periodo di tre anni, facendosi cogliere in Vicenza il 09.06.2019. Il Giudice revoca il decreto penale di condanna opposto. MOTIVAZIONE Con decreto penale del 27.7.2021, il GIP di Vicenza ha condannato (...) alla pena di Euro 4.500 di ammenda per il reato in epigrafe indicato. A seguito di rituale opposizione, in data 30.5.2022 è stato emesso decreto di giudizio immediato. All'udienza del 21.7.2022 il Giudice ha dichiarato l'assenza dell'imputato, ha revocato il decreto penale opposto e ha dichiarato aperto il dibattimento, provvedendo sulle istanze istruttorie. All'udienza del 19.1.2023 il Giudice, rilevata la sussistenza dei presupposti per una pronuncia ex art. 129 c.p.p., ha invitato le parti a concludere e, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, ha pronunciato sentenza dando lettura del dispositivo. (...) deve essere mandato assolto per le ragioni di seguito indicate. Il Pubblico Ministero ha contestato all'imputato la violazione dell'art. 76 co 3 D.Lgs. n. 159 del 2013 perché avrebbe violato il divieto impostogli dal Questore di Vicenza con provvedimento emesso nei suoi confronti in data 8.8.2017 e notificatogli il 9.1.2018, di far ritorno nel Comune di Vicenza per un periodo di tre anni, facendosi cogliere in Vicenza il 9.6.2019. Va premesso che il combinato disposto degli artt. 2 e 76 co. 3 del D.Lgs. n. 159 del 2011 sanziona la condotta dei soggetti indicati nell'articolo l che siano pericolosi per la sicurezza pubblica e che si trovino fuori dei luoghi di residenza, quando il Questore ve li rimanda con provvedimento motivato e con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare senza preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre anni, nel comune dal quale sono allontanati. Presupposti di detto provvedimento di rimpatrio sono, pertanto: una valutazione di pericolosità formulata dalla suddetta autorità di polizia nei confronti del soggetto, in quanto appartenente alle categorie delineate nell'art. 1; il fatto che il luogo in cui la persona viene trovata sia diverso da quello di residenza; che la persona cui il provvedimento è destinato abbia un luogo di residenza stabile; che detta persona sia rimandata in quel luogo. L'atto amministrativo tipizzato dalla legge si presenta, pertanto, come un atto complesso che deve contemplare due prescrizioni: l'ordine di rimpatrio con foglio di via obbligatorio e il divieto di fare ritorno nel luogo da cui il soggetto è stato allontanato. Considerato che il presupposto di legittimità dell'atto è dato dal fatto che la persona si trovi in un luogo diverso rispetto a quello di residenza, l'ordine di rimpatrio risulta essere un elemento essenziale dell'atto alla pari del divieto di rientro nel Comune da cui il soggetto è stato allontanato. A tale conclusione si giunge dal tenore letterale delle predette norme: da un lato l'art. 2 prevede che, qualora persone pericolose si trovino al di fuori dei luoghi di residenza, il Questore possa rimandarvele con provvedimento motivato e foglio in via obbligatoria; dall'altro l'art. 76 co. 3 dispone che, una volta scontata la pena da parte del contravventore, questi sia tradotto al luogo del rimpatrio. In entrambi i casi si evince che l'effetto coercitivo e l'effetto inibitorio formano contestuale oggetto del provvedimento impositivo della misura personale, e che l'eventuale assenza di uno dei due elementi costituisce un motivo di illegittimità del provvedimento, implicando un vizio dell'atto che appare riconducibile all'ipotesi di nullità per carenza di elemento essenziale ex art. 21 -septies della L. n. 241 del 1990. Nel caso di specie, il Questore della Provincia di Vicenza, in data 7.8.2019 ordinava a (...) di allontanarsi dal territorio dei Comune di Vicenza, avendo ritenuto la persona pericolosa per la tranquillità collettiva e la sicurezza pubblica sociale, anche sulla base dei suoi pregiudizi penali, e le ordinava di non ritornarvi per un periodo di tempo pari a tre anni dalla data di notifica. Nel suddetto provvedimento, tuttavia, non viene indicato il luogo di dimora in cui l'imputato potesse essere rimandato. Il processo non ha consentito di accertare con esattezza se l'imputato all'epoca dei fatti avesse una residenza effettiva (non si sa se la residenza anagrafica in V. in via P. n.23 sia un'abitazione effettiva o rappresenti una mera residenza formale) ovvero se fosse senza fissa dimora ma in ogni caso la circostanza non appare dirimente in quando, anche se l'imputato era senza fissa dimora all'epoca del fatto, questo non esclude che, per le ragioni sovra esposte, il provvedimento emanato dal Questore di Vicenza manchi di un elemento essenziale e quindi risulti viziato da nullità. Sul punto si è espressa in tal senso la Cassazione, la quale ha affermato che "in tema di misure di prevenzione, le prescrizioni di fare rientro nel luogo di residenza e di non ritornare nel Comune oggetto dell'ordine di allontanamento costituiscono condizioni necessarie ed inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio; ne consegue che la mancanza di una delle due imposizioni, determinando l'illegittimità dell'atto amministrativo, sindacabile dal giudice penale, fa venir meno il presupposto logico e giuridico della fattispecie legale tipica del reato di cui all'art. 76, comma 3, D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza che aveva escluso la sussistenza del reato in relazione a foglio di via obbligatorio emesso nei confronti di un soggetto senza fissa dimora contenente il solo ordine di allontanamento" (così Cass. Sez. I sent. 7894/2019). Essendo il provvedimento amministrativo legittimo presupposto del reato, la sua illegittimità comporta l'insussistenza dello stesso. Per tale ragione, deve essere pronunciata sentenza di assoluzione dell'imputato perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Visto l'art. 438 c.p.p. ASSOLVE (...) dal reato ascritto perché il fatto non sussiste. Motivazione riservata in trenta giorni. Così deciso in Vicenza il 19 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VICENZA - Sezione Penale in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Claudia Molinaro alla pubblica udienza del 10/01/2023 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA (art. 544 3 comma c.p.p.) nel procedimento a carico di: (...) nata in R. il (...) domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Emanuele Luppi del Foro di Verona libera - assente con difensore di ufficio avv. Gi.Al. del foro di Vicenza Imputata (in concorso con (...) per la quale si procede separatamente): A) per il delitto di cui agli artt. 110, 624 - 625 comma 1 n. 4 e 61 comma 1 n. 5 c.p., perché, in concorso tra loro, al fine di trarne profitto, si impossessavano di una collana in oro giallo a maglia grossa con pendente una medaglietta rettangolare con ritratto del figlio della (...), avente un valore complessivo di Euro 400 di proprietà di (...); in particolare: (...) e (...), dopo essere scese da una vettura di piccole dimensioni di colore grigio, si avvicinavano con una scusa alla (...), a quel punto la (...) abbracciava la (...) mentre la (...), approfittando del momento di distrazione, sfilava la collana suddetta, in tale modo sottraendola alla (...) ed impossessandone, fuggendo repentinamente entrambe subito dopo per mezzo dell'autovettura con cui erano sopraggiunte. Fatto aggravato ex art. 625 comma n. 4 per essere stato commesso con destrezza; fatto ulteriormente aggravato ex art. 61 n. 5 per aver profittato di circostanze di persona {la (...) è classe (...)) tali da ostacolare la pubblica e privata difesa; Commesso in Mason Vicentino (Vicenza), in Via (...), verso le 11.30, 3 maggio 2016. MOTIVAZIONE 1. Svolgimento del processo. Con decreto di citazione emesso dal Pubblico Ministero il 10.5.2018 (...), in concorso con (...), veniva citata a giudizio per rispondere del delitto di cui agli artt. 110, 624 e 625 n. 4 e 61 n. 5 c.p. All'udienza del 26.10.2018, presente (...), veniva disposta la separazione del procedimento a carico della coimputata irreperibile e concesso un rinvio, su richiesta della difesa di (...), con sospensione dei termini di prescrizione. All'udienza del 12.11.2019 l'imputata, sottoposta ad arresti domiciliari per altra causa, rinunciava a comparire. Veniva disposta la correzione dell'errore materiale della data di commissione del reato, da intendersi realizzato il 3 maggio, anziché il "113" maggio. Ammesse le prove richieste dalle parti, veniva disposto un rinvio all'udienza del 7.7.2020. In tale data, con il consenso delle parti, ai sensi dell'art. 555, comma 4 c.p.p., veniva acquisita comunicazione della Questura di Vicenza del 4.3.2017 e il Pubblico Ministero rinunciava all'audizione del teste di P.G. (...). All'udienza del 5.3.2021, mutata la persona del giudice, in mancanza della persona offesa e teste del Pubblico Ministero, (...), l'udienza veniva rinviata al 22.10.201 e, successivamente, attesa la necessità di trattare un procedimento prioritario, al 15.2.2022. In tale data, non risultando con certezza lo status libertatis dell'imputata, il Tribunale disponeva verifiche in ordine alla permanenza della misura degli arresti domiciliari per altra causa e rinviava all'udienza del 15.2.2022, con notifica del verbale d'udienza alla stessa. Come da comunicazione di vane ricerche del 18.2.2022, risultando che l'imputata non aveva mai raggiunto il luogo degli arresti domiciliari e, per contro, ne era stata rilevata la presenza all'estero dalla polizia di frontiera straniera, all'udienza del 22.3.2022 il Tribunale disponeva procedersi oltre, non risultando le condizioni per il riconoscimento del legittimo impedimento dell'imputata a comparire in udienza. In data 9.12.2022 veniva assunta la testimonianza della persona offesa, (...). A seguito della discussione delle parti, veniva disposto un rinvio per repliche e all'udienza del 10.1.2023, in assenza di repliche, all'esito della camera di consiglio, veniva data lettura dell'allegato dispositivo. La mancata comparizione dell'imputata e l'assenza di idonea procura speciale non consentivano di procedere ai sensi dell'art. 545 bis c.p.p. 2. Ricostruzione dei fatti. Il presente procedimento trae origine dalla denuncia-querela sporta da (...) per i fatti occorsi in data 3.5.2016 e di seguito descritti. La signora, nata il 3.7.1940, sedeva alla porta di casa in attesa del marito, quando veniva avvicinata da due donne di giovane età, che le chiedevano se potesse aiutarle a trovare un lavoro presso qualche casa della zona. Una- la più anziana delle due- era più alta dell'altra. Entrambe avevano i capelli lunghi e scuri, legati in una coda di cavallo. (...) non le aveva mai viste prima. Entrambe, quindi, le si facevano accanto, la ringraziavano e l'abbracciavano, prima la più giovane e, subito dopo, contemporaneamente, anche la più anziana. Quindi le due donne si allontanavano, correndo verso un'automobile di color grigio, parcheggiata lungo la pubblica via in loro attesa. Nell'immediatezza, (...) si accorgeva di non avere più al collo la collana d'oro in maglia grossa che indossava in quel momento. Si trattava di un regalo che lei stessa, insieme agli altri figli, aveva fatto al marito, ma che portava indosso lei, con un ciondolo d'oro, recante l'effige di uno dei figli deceduto. Perciò la donna aveva gridato alle giovani di lasciarle almeno la medaglietta ritraente il figlio, ma invano. T., sia in fase di indagine che a dibattimento, riconosceva da un album fotografico a colori, nell'immagine ritraente l'odierna imputata, la più giovane delle due donne che le avevano asportato la collana (foto n. 11 del fascicolo fotografico e relativa legenda, prodotti dal pubblico Ministero all'udienza del 9.12.2022). 3. Valutazione delle prove, accertamento della responsabilità dell'imputata e qualificazione giuridica dei fatti. Alla luce delle dichiarazioni della persona offesa si ritiene provata la penale responsabilità penale dell'imputata (...) per il reato a lei ascritto. 3.1 Non vi è alcun dubbio sull'identificazione dell'odierna imputata, riconosciuta dalla persona offesa a dibattimento, senza alcuna esitazione e a seguito di descrizione della persona nei tratti essenziali e del tutto genuinamente, considerata l'età di (...) (di anni 76 all'epoca dei fatti e 82 nel momento della deposizione) e il decorso di oltre sei anni dai fatti. Del resto, anche in sede di indagini e in prossimità del fatto, la donna aveva individuato in (...) una delle autrici delle condotte denunciate. Non appare rilevante la circostanza che (...) abbia indicato in (...) la più giovane delle due originarie coimputate, quando, anagraficamente, risulta essere la più anziana (cfr. p. 10 del verbale di fonoregistrazione, udienza 9.12.2023). La persona offesa, infatti, non conosceva le due donne e, non avendo alcuna informazione sull'età delle stesse, ben poteva ritenere che fosse (...) la più giovane delle due. Del resto, nemmeno dal raffronto delle effigi, relative a (...) e (...), di cui al fascicolo fotografico (n. 11 e n. 14), risulta con evidenza quale delle due sia più anziana e quale più giovane. Né incide sul riconoscimento di (...), la circostanza del mancato riconoscimento, a dibattimento, della coimputata. Semmai, la sicurezza con cui (...) ha indicato nell'imputata una delle donne che l'avevano avvicinata, così confermando l'esito del riconoscimento operato presso la Questura di Vicenza, corrobora il risultato probatorio e costituisce prova affidabile dell'identificazione dell'odierna imputata. Nessun dubbio, poi, può porsi sulla credibilità della testimone, persona priva di rapporti pregressi e successivi con le imputate (cfr. p. 9), che ha reso una deposizione coerente, lineare e priva di contraddizioni. 3.2 Quanto all'accertamento del fatto risulta provato, al di là di ogni ragionevole dubbio, ciascuno degli elementi costitutivi del reato così come contestato dal Pubblico Ministero. La dinamica è stata chiaramente ricostruita dalla persona offesa. In materia di valutazione della testimonianza della persona offesa, è noto il principio secondo cui il giudizio di responsabilità dell'imputato può fondarsi sulle sole dichiarazioni della stessa, purché superino un vaglio di credibilità soggettiva e di attendibilità intrinseca più rigoroso di quello necessario per le altre testimonianze, che può richiedere anche l'individuazione di elementi estrinseci di riscontro, qualora la persona offesa sia costituita parte civile e risulti così portatrice di un interesse economico (Cass. pen., Sez. Un., 19.7.2012, n. 41461; Cass. pen. sez. V., 13.2.2020, n. 12920; Cass, pen., Sez. III, 22.5.2013, n. 44184). Come sopra osservato, (...) è risultata particolarmente credibile, non solo perché priva di interessi economici nel presente procedimento, non essendo la stessa costituita parte civile, ma anche perché non aveva mai avuto alcun rapporto con le imputate. La stessa, inoltre, ha reso una deposizione puntuale, priva di contraddizioni e intrinsecamente logica. 3.2.1 Pertanto, alla stregua delle dichiarazioni rese dalla stessa, deve ritenersi integrata la sottrazione del monile dal collo della donna. Quest'ultima, distratta dall'abbraccio delle due donne durante la perpetrazione del gesto, ricordava di aver notato la mancanza della collana immediatamente dopo, quando le due erano già in fuga. La teste, infatti, spiegava che era solita toccare continuamente con la mano il ciondolo, recante ì'effige del figlio prematuramente scomparso. Per tale ragione, sciolto l'abbraccio, (...) si rendeva conto di essere stata privata del bene. Seguiva nell'immediato l'impossessamento della collana da parte delle imputate, che fuggivano verso un'automobile parcheggiata nelle vicinanze in loro attesa, senza dare alcun seguito alle richieste dell'anziana, che chiedeva loro di lasciarle almeno la medaglietta ritraente il figlio. Indubbia è altresì la sussistenza del dolo specifico della fattispecie in capo all'imputata: il valore della collana d'oro in maglia grossa, l'assenza di una conoscenza pregressa che giustificasse l'abbraccio, la tecnica di avvicinamento della persona offesa e la fuga repentina, senza nemmeno lasciare l'immagine del figlio all'anziana, costituiscono indici significativi che le due donne agirono allo scopo di conseguire un ingiusto profitto. 3.2.3 Sussistono altresì le contestate circostanze aggravanti. In particolare, quanto alla circostanza di cui all'art. 625, n. 4 c.p., deve essere riconosciuta l'aggravante della destrezza nell'avvicinamento della vittima mediante la c.d. tecnica dell'abbraccio. T. ha riferito di essere stata avvicinata dalle due donne dapprima con il pretesto di una richiesta di aiuto per cercare lavoro e, successivamente, con l'azzeramento della distanza tra lei e le due donne, che l'abbracciavano e, approfittando del contatto fisico, riuscivano ad impossessarsi della collana, senza che se ne accorgesse nell'istante della sottrazione. Non vi è dubbio, quindi, che si tratti di condotta caratterizzata da particolare abilità e astuzia, idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla "res", senza limitarsi ad approfittare di una situazione di disattenzione, non provocata dall'autore del fatto, così come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della configurazione dell'aggravante (in tali termini Cass, pen., Sez. Un, Sentenza n. 34090 del 27/0412017 Ud. (dep. 12/07/2017) Rv. 270088 - 01; e, con particolare riferimento alla tecnica dell'abbraccio: Cass, pen., Sez. 4 -, Sentenza n. 139 del 18/12/2019 Ud. (dep. 07/01/2020) Rv. 277952 - 02). Parimenti ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 5 c.p., Le due donne, infatti, approfittavano di un momento di solitudine di (...), che stava attendendo il marito seduta fuori dalla porta di casa. La donna, già in età avanzata (76 anni), si lasciava avvicinare al punto da farsi abbracciare da due sconosciute, senza nemmeno respingerle, allontanarle o chiedere aiuto e, quindi, tentare di difendersi. Solo in un secondo momento (...) realizzava di essere stata derubata, ponendo in essere il gesto automatico di toccarsi la collana, senza più trovarla. Ne risulta in concreto ostacolata la difesa della vittima, con integrazione, pertanto, di tutti gli elementi costitutivi dell'aggravante in parola (cfr. di recente, Cass, pen., Sez. 5 -, Sentenza n. 4273 del 10/12/2021 Ud. (dep. 07/02/2022) Rv. 282741 - 02, che ha riconosciuto come "la commissione del reato in danno di persona ottuagenaria è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della minorata difesa purché venga accertato che la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano altre circostanze, di diversa natura, di segno contrario"). 4. Trattamento sanzionatorio Venendo alla determinazione del trattamento sanzionatorio, tenuto conto della sussistenza delle due circostanze aggravanti e, pertanto, dei limiti edittali di cui all'art. 625, comma 2 c.p., si stima congruo il minimo edittale di pena di anni 3 di reclusione ed Euro 300,00 di multa. Non possono essere riconosciute le circostanze attenuanti generiche, non essendo emersa alcun elemento valorizzatale a tal fine. L'imputata, gravata da numerosi precedenti, anche per fatti successivi a quello per cui si procede, infatti, partecipando soltanto alla prima udienza e rendendosi successivamente irreperibile, non ha fornito la propria versione dei fatti, né ha manifestato resipiscenza od offerto alcunché a fini riparatori. Visto l'art. 535 c.p.p., alla condanna consegue il pagamento delle spese processuali. Visti gli artt. 163 e 164 c.p., non può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, ostandovi non solo l'entità della pena irrogata, ma altresì avendo (...) riportato numerose successive condanne per delitti della stessa specie, così non potendo essere sciolta positivamente la prognosi di astensione dalla commissione di ulteriori reati. La non comparizione dell'imputata all'udienza in cui veniva data lettura del dispositivo e la mancanza di procura spedale non consentiva di procedere ai sensi dell'art. 545 bis c.p.p. Visto l'art. 544, comma 3 c.p.p. il termine per il deposito della motivazione viene indicato in giorni 30, in ragione del carico del ruolo. P.Q.M. Visti gli artt. 533, 535 c.p.p., dichiara (...) responsabile del reato ascritto e la condanna alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 300 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Motivazione riservata in giorni 30. Così deciso in Vicenza il 10 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria l'8 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VICENZA - Sezione Penale in composizione monocratica nella persona della dott.ssa Veronica Salvadori alla pubblica udienza dell'11/01/2023 (svoltasi con rito direttissimo) ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA (artt. 442 - 544 3 comma c.p.p.) nel procedimento a carico di: (...) Codice Unico Individuo (CUI) (...) nato in M. in data (...) residente a (...), di fatto senza fissa dimora - domicilio eletto presso il difensore - sottoposto alle misure dell'obbligo di presentazione quotidiana alla P.G. e del divieto di dimora nella provincia di Vicenza in data 15/11/2022 Sottoposto a misure - già presente con difensore avv. Cristiano Pippa del Foro di Verona di fiducia Imputato a) Artt. 624-625 n. 3 e 4 c.p. Perché, al fine di trarne profitto per sé o per altri, con destrezza apriva l'autovettura marca Renault, Mod. Clio targata (...), di proprietà di (...), la quale 'si trovava nei pressi del veicolo, intenta a gettare i rifiuti differenziati negli appositi contenitori, e prelevava la borsa posta all'interno del veicolo, in tal modo impossessandosi del predetto bene e di quanto ivi contenuto, incluso un telefono cellulare marca IPHONE modello 11 di colore bianco, sottraendoli alla suddetta (...). Con l'aggravante di aver commesso il fatto portando indosso armi - segnatamente un coltello richiudibile marca O. di lunghezza totale di cm. 14 - e con destrezza. In Vincenza, il 14 novembre 2022 E se si consente: b) Art. 4 della L. n. 110 del 1975 per avere portato fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un coltello richiudibile marca O. di lunghezza totale di cm. 14, chiaramente utilizzabile per le circostanze di tempo e di luogo per l'offesa alla persona. In Vincenza, il 14 novembre 2022 L'imputato chiede procedersi con il rito abbreviato. Il Giudice ammette il rito abbreviato. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. A seguito di convalida dell'arresto in flagranza avvenuta all'udienza del 15 novembre 2022, si procedeva con rito direttissimo nei confronti di (...) (CUI (...)), accusato dei delitti di cui agli artt. 624-625 comma 1 nn. 3 e 4 c.p., come contestati dal Pubblico Ministero nel decreto di presentazione. Alla medesima udienza, l'imputato prestava il consenso alla trattazione con rito direttissimo anche in ordine alla contravvenzione di cui all'art. 4 L. n. 110 del 1975 e chiedeva termine ai sensi dell'art. 558 c.p.p. Alla successiva udienza del 21 dicembre 2022, la difesa dell'imputato promuoveva richiesta di rinvio, anticipando di volere formulare istanza di definizione del procedimento nelle forme del rito abbreviato. All'udienza dell'11 gennaio 2023 la difesa, munita di procura speciale, chiedeva la definizione del procedimento con le forme del rito abbreviato e il Tribunale, ritenuta l'istanza formalmente ammissibile, ammetteva l'imputato al rito richiesto e invitava le parti a discutere: queste concludevano come da verbale e il Giudice pronunciava la sentenza, di cui alla presente motivazione, mediante lettura del dispositivo. Nel corso del giudizio veniva disposta a carico dell'imputato la misura dell'obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria unitamente al divieto di dimora nella provincia di Vicenza. MOTIVI DELLA DECISIONE 2. All'esito del giudizio risulta provata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai delitti a lui contestati. Nel merito, costituiscono fonti di prova, ai fini della decisione, il verbale di arresto in flagranza, di perquisizione personale e di contestuale sequestro e la relativa annotazione di polizia giudiziaria a firma del personale della Polizia di Stato di Vicenza, recanti data 14 novembre 2022 oltre alla denuncia-querela sporta dalla persona offesa, (...), nella medesima data. Dalla lettura dei predetti atti - il cui contenuto è pienamente utilizzabile nel presente giudizio abbreviato - si evince quanto segue. 2.1. (...) in sede di querela affermava che alle 14:30 del 14 novembre 2022 aveva posteggiato la propria autovettura - nello specifico una Renault Clio tg (...) - lungo via T. a V. al fine di gettare i rifiuti negli appositi contenitori collocati lungo la strada: precisava di non aver attivato il dispositivo di blocco delle serrature, chiudendo solo le portiere, proprio in ragione della brevità della sosta. All'improvviso, insospettita da un rumore simile a quello di una portiera richiusa, voltandosi verso il proprio veicolo, aveva notato che un individuo si era introdotto all'interno dell'abitacolo. Allarmatasi, aveva quindi iniziato a gridare e il soggetto, colto sul fatto, aveva rapidamente asportato la borsa dai sedili posteriori prima di darsi alla fuga in direzione della stazione degli autobus "SVT". Pertanto, lo aveva inseguito per circa 250 metri perdendo però le sue tracce: a quel punto aveva fatto ritorno nei pressi della propria vettura e con l'aiuto di alcuni passanti aveva contattato le forze dell'ordine. Dopo alcuni minuti era arrivata una pattuglia del personale della Polizia di Stato, raggiunta, subito dopo, da una seconda auto di servizio all'interno della quale vi era un soggetto che aveva riconosciuto subito come l'autore del furto (v. querela in atti). 2.2. Dal verbale di arresto, si evince che, alle 14:32 del 14 novembre 2022, la centrale operativa della Polizia di Stato era stata contattata da (...), la quale riferiva di avere visto un individuo introdursi all'interno della propria vettura ed asportare i propri effetti personali e aveva, inoltre, fornito una sommaria descrizione del predetto, specificando che l'uomo aveva carnagione olivastra e che indossava una giacca sportiva di colore azzurro. Pertanto, il personale di polizia si era portato rapidamente lungo la direzione di fuga del sospettato e aveva intercettato un giovane, corrispondente alla descrizione fornita dalla richiedente, che si stava dirigendo di corsa in via M.. Una volta fermato, in seguito a perquisizione personale, erano stati rinvenuti, all'interno del borsello che questi portava a tracolla, un cellulare marca Iphone modello 11 di colore bianco, unitamente ad un coltello richiudibile di marca O. avente lunghezza totale di cm 14 (v. verbale di perquisizione e di sequestro relativamente all'arma rivenuta, come in atti). In tale circostanza, la (...), avvicinatasi al personale di polizia, aveva riconosciuto l'autore del furto nell'arrestato e, contestualmente, aveva riconosciuto anche come proprio il telefono rinvenuto addosso al predetto, che le era stato quindi immediatamente restituito. Il soggetto arrestato era stato poi identificato in (...) (v. verbale di identificazione come in atti). In seguito, risalendo lungo il tragitto di fuga percorso dall'arrestato, gli agenti avevano rinvenuto a terra anche altri effetti personale della (...), consistenti nel contenuto della borsa che le era stata sottratta. 2.3. All'udienza di convalida dell'arresto, l'imputato, in merito ai fatti contestatigli, riferiva che, avendo rinvenuto l'autovettura con la portiera aperta, aveva sottratto il telefono della persona offesa, lasciando all'interno dell'abitacolo, invece, la borsa e gli altri effetti personali. Quanto al coltello rivenuto sulla propria persona, invece, sosteneva di tenerlo con sé per consumare i pasti. 3. Così ricostruiti i fatti, risulta pienamente provata la penale responsabilità dell'imputato. 3.1. In primo luogo, è certo, all'esito delle risultanze istruttorie, che (...), introdottosi all'interno dell'abitacolo dell'autovettura di proprietà di (...), le abbia sottratto la borsa e i relativi effetti personali. Depone in tal senso la lettura della querela della persona offesa: quest'ultima, difatti, aveva dato l'allarme poiché aveva visto che un uomo, introdottosi all'interno del proprio veicolo, le aveva sottratto la borsa, dandosi alla fuga una volta scoperto. Tale ricostruzione dei fatti trova conforto anche nel verbale di arresto redatto a seguito dell'intervento del personale della Polizia, che aveva proceduto a fermare ed arrestare un individuo in fuga nei pressi del luogo di commissione del furto. Inoltre, il soggetto intercettato corrispondeva pienamente alla descrizione fisica fornita dalla (...) in sede di segnalazione al 113. Da ultimo, la donna, nell'immediatezza del fatto, aveva proceduto a riconoscere nell'arrestato l'individuo che le aveva sottratto i propri effetti personali. Tale quadro probatorio è poi corroborato dal rinvenimento sulla persona di (...), a seguito di perquisizione personale del telefono cellulare (che la (...) riconosceva come proprio e di cui l'uomo, invece, non forniva alcuna giustificazione circa la provenienza) e del ritrovamento lungo la strada percorsa dallo stesso durante la fuga di altri effetti personali contenuti all'interno della borsa. Peraltro, lo stesso imputato, in sede di convalida dell'arresto, ammetteva, di aver sottratto solo il telefono alla persona offesa, negando invece di averle preso l'intera borsa. Tuttavia, tale circostanza è smentita dal fatto che, nell'immediatezza, gli agenti, ripercorrendo il tragitto di fuga di (...), hanno rinvenuto anche la borsa e il restante contenuto della refurtiva: appare evidente, pertanto, che, anche se la borsa non è stata ritrovata nella disponibilità dell'imputato, questi, nell'atto della fuga, se ne è liberato appena prima del sopraggiungere degli agenti, impossessandosi solamente degli oggetti di valore immediatamente spendibili. L'aver abbandonato parte della refurtiva, difatti, non è dipeso da circostanze derivanti dalla volontà dell'imputato, giacché egli, essendo inseguito dapprima dalla persona offesa e poi dagli agenti di polizia, è stato costretto a disfarsi del maltolto per disperdere le proprie tracce ed eludere l'arresto. 3.2. La condotta così descritta sul piano materiale configura indubbiamente l'elemento oggettivo del reato di furto come contestato nel capo di imputazione. Infatti, l'imputato ha sottratto beni di proprietà altrui, impossessandosene e acquistando, seppure per un arco di tempo limitato, la disponibilità della cosa al di fuori della vigilanza della persona offesa. Sussiste poi la circostanza aggravante contestata dell'aver commesso il fatto portando sulla propria persona un'arma: infatti, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l'aggravante è configurabile per il solo fatto del suo possesso in occasione dell'azione criminosa, a prescindere dal suo utilizzo ai fini della commissione del reato di furto, essendo tendente a punire con maggiore severità la predisposizione di strumenti volti a rendere più agevole la sottrazione e l'impossessamento di beni mobili (cfr. sul punto Cass. 10057/2019). Non appare invece configurabile, dovendosi escluderne l'applicazione, la circostanza aggravante della destrezza, non essendo sufficiente che l'autore del fatto si limiti a approfittare di situazione non provocate di disattenzione o del momentaneo allontanamento della persona offesa (cfr. ex multis Cass. 35024/2020). Sussiste poi l'elemento soggettivo del reato, poiché è indubbio, alla luce di quanto premesso, che (...) abbia agito con la coscienza e volontà di appropriarsi della borsa o comunque del suo contenuto, anche in considerazione dell'oggetto materiale della condotta, con chiaro fine di profitto. In conclusione, risultano integrati tutti gli elementi costitutivi del reato contestato. 3.3 Non merita accoglimento la tesi difensiva secondo cui il furto si sarebbe arrestato alla soglia del tentativo. Invero, per giurisprudenza costante, il furto si ritiene consumato quando la refurtiva passa sotto il dominio esclusivo del soggetto agente, prescindendo dal lasso temporale o dal luogo in cui il bene è stato oggetto di condotta predatoria (v. ex multis Cass. n. 33605/2022). Nel caso di specie, il bene risulta completamente uscito dalla signoria della proprietaria, in quanto (...), allontanandosi notevolmente dal luogo di commissione del reato e facendo perdere almeno momentaneamente le proprie tracce, ha acquisito un autonomo potere di disposizione su di esso per un lasso temporale apprezzabile. 4. Per quanto riguarda la contravvenzione di cui all'art. 4 L. n. 110 del 1975, non v'è dubbio che (...) sia stato trovato al di fuori della propria abitazione in possesso di un coltello con lama richiudibile della lunghezza di cm 14: tale circostanza è stata puntualmente descritta in sede di perquisizione personale e di contestuale sequestro ad opera della polizia giudiziaria. È pacifico, inoltre, che tale oggetto rientri nella categoria delle armi improprie: trattasi, infatti, di strumento da taglio atto a offendere, ai sensi dell'art. 4, comma 2, L. n. 110 del 1975, come si evince anche dalla descrizione dello stesso desunta dal verbale di perquisizione. Ciò posto, deve verificarsi se il porto di tale oggetto da parte di (...) fosse sorretto da un valido motivo. La giurisprudenza di legittimità ha specificato che in tale ambito il giustificato motivo ricorre solo "quando le esigenze dell'agente siano corrispondenti a regole relazionali lecite rapportate alla natura dell'oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive del portatore, ai luoghi dell'accadimento e alla normale funzione dell'oggetto" (cfr. ex multis, Cass. n. 4498/2008 e n. 9662/2014). A tal proposito, si evidenzia in primo luogo che (...), al momento dell'arresto, ha fornito come giustificazione circa il possesso dell'arma il fatto che essa era unicamente destinata a strumento per il consumo alimentare. Tale giustificazione appare assai poco credibile, tenuto conto dei luoghi dell'accadimento e delle modalità di verificazione del fatto, delle condizioni soggettive del portatore e delle caratteristiche del coltello: difatti (...) è gravato da precedenti specifici in materia di porto abusivo di armi, nonché da numerosi precedenti penali e segnalazioni di polizia per reati contro il patrimonio, per cui è ragionevole ritenere che l'arma da taglio rinvenuta non fosse finalizzata ad un uso prettamente "domestico", bensì fosse funzionale all'esecuzione materiale di condotte criminose, essendo, peraltro, un oggetto facilmente estraibile giacché si trovava all'interno del marsupio che lo stesso portava a tracolla. Alla luce dì quanto esposto, dunque, ricorrono tutti gli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie di cui all'art. 4, comma 2, di cui alla legge sopra citata. Si osserva infine, in punto di diritto, che la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma primo, n. 3 cod. pen. con riferimento al porto dì un'arma, non determina l'assorbimento nel reato di furto di quello di illecita detenzione della predetta arma o di porto ingiustificato di essa, previsto dall'art. 4, L. 18 aprile 1975, n. 110, atteso che la circostanza aggravante non postula l'illiceità della detenzione o del porto dell'arma ed è finalizzata a tutelare un bene giuridico diverso, stigmatizzando la predisposizione di strumenti volti a rendere più agevole la sottrazione e l'impossessamento dei beni mobili (cfr. Cass. Sez. 5, n. 37212 del 28/04/2017). Può essere riconosciuta, l'attenuante della lieve entità, di cui al comma 3 dell'art. 4 L. n. 110 del 1975, tenuto conto che per giurisprudenza costante "In materia di reati concernenti le armi, ai fini della configurabilità del caso di lieve entità previsto dal comma 3 dell'art. 4 della L. 18 aprile 1975, n. 110, deve tenersi conto non solo delle dimensioni dello strumento atto ad offendere, ma anche di tutte le modalità del fatto e della personalità del reo, che possono dare un particolare significato al fatto obiettivo del porto ingiustificato" (ex multis Cass. Sez. I, n. 26636/2019). Nel caso di specie, il fatto può essere considerato di lieve entità, tenuto conto delle dimensioni ridotte e del tipo di arma, unitamente alle già descritte modalità del fatto. 5. Ciò posto, ritiene il giudice che non sussistano le condizioni di applicabilità dell'art. 131 -bis c.p. invocato dalia difesa in sede di conclusioni. E insegnamento giurisprudenziale che, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, c. p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza e dell'entità del danno o del pericolo (v. Cass. Sez. U. n. 13681/2016), Ebbene, nel caso di specie, la valutazione complessiva di tutti gli elementi della fattispecie concreta induce a escludere l'applicabilità del suddetto istituto con riferimento a entrambi i reati contestati: invero, quanto alla contravvenzione le già menzionate circostanze di tempo e di luogo in cui l'imputato è stato rinvenuto in possesso del coltello, unitamente al fatto che costui è gravato da numerosi precedenti, impediscono di ritenere il fatto di lieve entità. In merito al furto si osserva che le modalità particolarmente insidiose della condotta, tradottesi nell'approfittamento di un momento di distrazione della vittima, la natura della refurtiva (l'intera borsa della donna contenente tutti i suoi effetti personali, tra cui un telefono cellulare di valore) portano a escludere che il fatto sia di lieve entità, tenuto conto anche che la condotta dell'odierno imputato non è affatto episodica. 6. Quanto al trattamento sanzionatorio da irrogare a (...) si osserva preliminarmente che non sussistono elementi specifici di segno positivo valorizzatili ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, anche considerata la condotta successiva dell'imputato che medio tempore si è reso responsabile di altri delitti contro il patrimonio (v. ordinanza del Tribunale di Verona del 26 novembre 2022 da cui si evince che egli è stato nuovamente tratto in arresto per il delitto di furto avente a oggetto beni lasciati incustoditi alTinterno di vettura posteggiata sulla pubblica via). Inoltre, alla luce della tipologia e del valore dei beni sottratti alla persona offesa, ancorché recuperati dal personale di polizia, non è riconoscibile la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 4, dato il non esiguo e facilmente sostituibile valore della refurtiva. È, invece, riconoscibile l'attenuante della lieve entità di cui al comma 3 dell'art. 41.110/1975 per le ragioni sopra esposte. Infine, si evidenzia come i predetti reati risultino attinti dal vincolo della continuazione, in quanto espressivi della medesima matrice volitivo-cognitiva in ragione della loro contiguità spazio-temporale: ciò giustifica l'applicazione della disciplina di favore di cui all'art. 81, cpv. c.p., dovendosi individuare quale reato più grave, all'esito del bilanciamento fra circostanze, il delitto di furto aggravato. La pena base deve, dunque, essere individuata, tenuto conto degli indici di cui all'art. 133 c.p. globalmente considerati, nella misura di due amai di reclusione e di Euro 1.000,00 di multa. Si impone poi l'aumento della sola pena pecuniaria per il il secondo reato contestato da determinarsi in Euro 200,00. La pena così individuata deve essere ridotta di un terzo in ragione della scelta del rito alternativo. La pena finale è, dunque, pari ad anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa, così determinata: esclusa l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 4) c.p. e riconosciuta l'attenuante di cui al co. 3 art. 4 L. n. 110 del 1975, pena base anni due di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa; aumentata per la continuazione di Euro 200,00 di multa per il reato di cui all'art. 4 1. cit.; ridotta per il rito ad anni uno e mesi quattro di reclusione e 800,00 euro di multa. Non può essere poi concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, non potendo formularsi una prognosi positiva in ordine al fatto che l'odierno imputato si asterrà in futuro dal commettere ulteriori reati, atteso che, oltre ad essere senza fissa dimora e senza una fonte di reddito, l'imputato, in data successiva ai fatti per cui è processo, ha posto in essere una condotta omogenea a quella odiernamente contestata: questo nonostante allo stesso fosse stata applicata una misura cautelare obbligatoria che è parsa del tutto inefficace a esplicare alcun effetto deterrente e rieducativo. Tale dato è valorizzabile alla luce non solo dei numerosi precedenti penali specifici in materia di reati contro il patrimonio, ma anche dal comportamento successivo dell'imputato il quale, in seguito all'applicazione della misura cautelare, omettendo di ottemperarla, si è reso irreperibile. Deve essere disposta la confisca e la distruzione del coltello in sequestro, rappresentando il corpo del reato e non avendo, comunque, l'imputato alcun titolo di detenere tale arma al di fuori della propria abitazione. Segue per legge la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. L'attuale carico di lavoro impone l'individuazione di un termine non inferiore ai trenta giorni per il deposito della motivazione. P.Q.M. Visti gli artt. 442,533 e 535 c.p.p., esclusa l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 4) c.p., riconosciuto il vincolo della continuazione, dichiara l'imputato responsabile dei reati ascrittigli e, previa riduzione per il rito, lo condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l'art. 240 c.p., dispone la confisca e la distruzione di quanto in sequestro. Visto l'art. 544 comma 3 c.p.p., indica in giorni trenta il termine per il deposito della motivazione. Così deciso in Vicenza l'11 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI VICENZA SEZIONE PRIMA In composizione monocratica, in persona della Dott.ssa Aglaia Gandolfo ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile promossa da: (...) (C.F.: (...)), elettivamente domiciliata in Vicenza (VI), Galleria (...), presso e nello studio dell'Avv. ZA.AN. del Foro di Vicenza, che la rappresenta e difende giusta mandato allegato all'atto di citazione Attrice contro AZIENDA ULSS 8 (...) in persona del legale rappresentante pro tempore (P.IVA: (...)) elettivamente domiciliata in Padova (PD), Galleria Alcide De Gasperi 4, presso e nello studio dell'Avv. LO.LO. del Foro di Padova, che la rappresenta e difende giusta mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta Convenuta Avente ad oggetto: Responsabilità professionale MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione ritualmente notificato (...) esponeva: che la madre convivente (...) veniva ricoverata presso l'Ospedale San Bortolo di Vicenza in data 1.4.2020 con diagnosi di "dispnea in corso di crisi ipertensiva e verosimile erisipela arto inferiore dx"; che i tamponi nasofaringei per la rilevazione di infezioni da Covid-19 eseguiti nelle date del 2.4.2020 e del 6.4.2020 riportavano esito negativo; che la paziente era quindi prossima ad essere dimessa, stante la regressione delle patologie che avevano giustificato il ricovero, ma un nuovo tampone eseguito in data 15.4.2020 aveva riportato un esito positivo; che la madre veniva pertanto trasferita nel reparto Covid di Geriatria, dove le sue condizioni di salute peggioravano velocemente, sino al decesso avvenuto in data 20.4.2020 "per insufficienza respiratoria acuta e sovrainfezione", vale a dire a causa del virus contratto; che la paziente, dopo il ricovero, non aveva più avuto alcun contatto con persone esterne, per cui il contagio doveva essere avvenuto all'interno della struttura ospedaliera, la quale è tenuta a rispondere delle infezioni nosocomiali in forza della responsabilità contrattuale scaturente da obbligazioni di ambito organizzativo (tra cui, per quanto rileva nella fattispecie, quelle dettate dalla Circolare del 22.2.2020 del Ministero della Salute, contenente le norme tecniche da adottare nelle strutture sanitarie per la prevenzione e gestione dell'epidemia in corso); che alla controparte era quindi imputabile una negligenza omissiva nell'adozione e/o nell'applicazione dei Protocolli disciplinanti il contenimento della diffusione del c.d. Coronavirus. L'attrice chiedeva pertanto che venisse accertata la responsabilità esclusiva dell'Azienda (...) di riferimento e che la stessa venisse condannata a risarcire sia il danno patrimoniale subito iure proprio per Euro 2.700,00 per spese funerarie, sia il danno non patrimoniale parimenti subito iure proprio per la perdita del rapporto parentale, quantificato in Euro 284.394,30 sulla base delle Tabelle di Milano all'epoca applicabili (tenuto conto che madre e figlia convivevano da dieci anni, in un rapporto di stretta vicinanza fondata sulla cura continuativa e sull'affetto reciproco), sia infine il danno non patrimoniale iure hereditatis quantificato in Euro 30.000,00 a titolo di danno biologico terminale (stante il lasso di tempo intercorso tra il contagio e il decesso) e in Euro 50.000,00 a titolo di danno morale terminale (stante la consapevole percezione da parte della paziente dell'avvicinarsi della propria morte), così per la complessiva somma di Euro 367.094,30 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data del decesso al soddisfo. Costituitasi in giudizio, l'Azienda (...) ULSS 8 (...) replicava: che il contagio della paziente poteva essere avvenuto prima del ricovero in ospedale, con impossibilità di rilevazione della carica virale con i tamponi del 2.4.2020 e del 6.4.2020 (i quali inoltre potevano anche essere dei c.d. "falsi negativi", come accade in una percentuale non indifferente di casi) e con manifestazione asintomatica fino al 15.4.2020; che comunque al momento del ricovero la paziente presentava sintomi compatibili con un'infezione da Covid-19 già in atto, poiché era dispnoica e febbrile, presentava rantoli "a velcro" alla base di entrambi i polmoni e riportava una saturazione di ossigeno nel sangue del 94%, mentre le radiografie al torace rivelavano un'accentuazione della trama interstiziale di entrambi i polmoni, sintomo tipico delle infezioni pneumologiche Covid-19 correlate, e gli esami di laboratorio suggerivano un'infezione di natura virale, pur essendo state escluse quelle da Legionella e Pneumococco; che la paziente non è mai stata prossima alle dimissioni, in quanto la stessa soffriva quotidianamente di picchi febbrili (segnatamente dal 2 al 4 aprile e dal 9 al 15 aprile, con un apparente miglioramento intermedio compatibile con l'andamento bifasico delle infezioni da Covid-19, in dipendenza delle c.d. tempeste citochimiche) e in quanto anche l'ulteriore radiografia toracica dell'11.4.2020 aveva confermato l'infezione polmonare in essere; che (...) era anche un c.d. soggetto a rischio, a causa dell'età avanzata (essendo la stessa ottantatreenne) e a causa di pregresse malattie polmonari e delle attuali condizioni di obesità, ipertensione e disfunzioni diabetiche; che in ogni caso erano state osservate tutte le linee operative e le norme protocollari per prevenire il rischio di diffusione dell'epidemia da Covid 19 tra operatori e degenti, tanto che parte attrice non ha individuato la condotta alternativa e diligente idonea ad evitare l'evento esiziale; che inoltre erano stati adottati tutti i rimedi terapeutici possibili in base alle conoscenze dell'epoca, rivelatisi inefficaci, per cui la prestazione che veniva richiesta alla struttura sanitaria doveva reputarsi di speciale difficoltà, con l'effetto che la responsabilità della stessa potrebbe imputarsi solo in caso di dolo o colpa grave ai sensi dell'art. 2236 c.c.; che risultavano quindi infondate sotto il profilo sia dell'an debeatur sia del quantum debeatur le voci di danno di cui veniva chiesto il risarcimento tanto iure proprio quanto iure hereditatis; che inoltre le spese funerarie non andavano rimborsate per difetto di legittimazione attiva dell'attrice, poiché le fatture prodotte in causa risultavano intestate a soggetti terzi. L'Azienda ULSS 8 (...) chiedeva in definitiva che venisse dichiarato in via preliminare il difetto di titolarità attiva in capo alla controparte delle posizioni dedotte in giudizio, in ragione della carenza di prova della qualità di erede, mentre nel merito chiedeva il rigetto delle pretese avversarie, anche eventualmente in applicazione dell'art. 2236 c.c., domandando in subordine la riduzione del risarcimento al danno effettivamente provato e al grado di responsabilità accertato. Alla prima udienza di comparizione delle parti e trattazione della causa il Giudice, ritenuto che l'eccezione preliminare svolta da parte convenuta potesse essere decisa unitamente al merito o comunque all'esito dello scambio delle memorie ex art. 183 c.p.c., assegnava alle parti i relativi termini. La causa veniva poi istruita mediante l'assunzione delle prove testimoniali ammesse, cui seguiva il rigetto delle ulteriori richieste probatorie, tra cui quella di parte attrice mirata all'esperimento di una C.T.U. medico-legale per l'accertamento delle cause e dell'epoca del contagio. Il Giudice fissava quindi udienza di precisazione delle conclusioni, rassegnate dalle parti come in epigrafe, e tratteneva così la causa in decisione, previa concessione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle note di replica di cui all'art. 190 c.p.c.. Tanto premesso, occorre in primo luogo esaminare l'eccezione preliminare svolta dalla parte convenuta e avente ad oggetto l'asserito difetto di titolarità in capo alla parte attrice delle posizioni giuridiche ereditarie azionate da (...), non avendo la stessa - in tesi - dimostrato la propria qualifica di erede di (...). Tale eccezione non merita accoglimento. L'attrice ha infatti prodotto un certificato anagrafico di famiglia che la individua quale figlia della paziente deceduta, quindi ex lege erede legittimaria e ipso iure chiamata all'eredità, la quale eredità si può intendere (in mancanza di ulteriori evidenze di un'accettazione espressa) comunque tacitamente accettata con la proposizione delle presenti domande esperite iure hereditatis. Dal suddetto certificato di famiglia emerge invero che l'attrice medesima aveva anche quattro fratelli, parimenti figli di (...), ma tale circostanza non osta all'azionabilità in giudizio dell'intera posizione ereditaria (cfr. Cass. n. 8505/2020 e Cass. n. 27417/2017). Passando ad esaminare il merito della controversia, si rammenta che, avendo l'attrice azionato una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria convenuta, era suo onere - oltre che allegare l'inadempimento della controparte (ossia il mancato rispetto delle norme di prevenzione e contenimento del contagio da Covid-19) - parimenti dimostrare la verificazione di un danno (ossia il decesso della madre per contrazione del suddetto virus) e il collegamento causale tra il predetto inadempimento e il dedotto danno (vale a dire, in sostanza, la diffusione del virus all'interno dell'ospedale per effetto della negligenza degli operatori sanitari e il conseguente contagio avvenuto in danno della paziente proprio durante il periodo di ricovero). Ritiene il Giudice che non sussista la prova di tale ultimo segmento della responsabilità contestata. Ripercorrendo la sequenza degli eventi, va infatti sottolineato: che (...) è stata ricoverata presso il nosocomio vicentino in data 1.4.2020; che ancora il tampone effettuato in data 6.4.2020 dava esito negativo; che il successivo tampone, effettuato in data 15.4.2020, dava invece esito positivo. Ora, è la stessa attrice che riferisce che il periodo di incubazione del virus Covid-19 dura da quattro a quattordici giorni, e tale affermazione corrisponde alle nozioni ormai di comune conoscenza ed esperienza, tanto da poter rientrare nell'alveo del c.d. notorio. In tale periodo, intercorrente tra l'esposizione al virus e la manifestazione della malattia se sintomatica, l'infezione non è ancora rilevabile dai test diagnostici, i quali dunque sortiscono esito negativo. I tamponi negativi effettuati in data 2.4.2020 e in data 6.4.2020 potrebbero dunque iscriversi in tale finestra, apertasi a seguito di un contagio avvenuto antecedentemente al ricovero in ospedale. Si consideri infatti il seguente scenario: se (...) avesse contratto il virus, in ipotesi, in data 25.3.2020, qualsiasi tampone effettuato fino all'8.4.2020 avrebbe riportato un esito negativo e, in particolare, comprensibilmente negativi sarebbero stati i due tamponi effettuati il 2.4.2020 e il 6.4.2020, mentre la positività del test avrebbe potuto essere registrata solo dal 9.4.2020 e, quindi, in concreto, solo con il tampone di fatto effettuato in data 15.4.2020. Per meglio dire: poiché tra il 6.4.2020 e il 15.4.2020 non è stato effettuato alcun tampone, per cui non è possibile sapere il giorno esatto di emersione della positività all'infezione, il contagio sarebbe potuto avvenire, secondo la finestra di incubazione ribadita dalla stessa parte attrice ancora nella propria comparsa conclusionale, tra il 24.3.2020 (ossia quattordici giorni prima del primo giorno successivo all'ultimo tampone negativo) e l'11.4.2020 (ossia quattro giorni prima del primo tampone positivo). Questo arco di diciannove giorni è stato trascorso dalla paziente per ben otto giorni fuori dall'ospedale. Ebbene, la prova del nesso causale cui prelude l'accertamento di una responsabilità in capo alla struttura sanitaria deve essere fornita secondo il parametro logico-probabilistico del c.d. id quod plerumque accidit. A tal proposito, si deve considerare che i fatti di causa sono avvenuti nei mesi di diffusione senz'altro più acuta e incontrollata del virus Covid-19, per cui non è di certo bassa la probabilità che il contagio sia avvenuto al di fuori dell'ospedale, prima del ricovero: da tale considerazione discende che non può ritenersi dimostrato in causa il nesso causale tra l'eventuale inadempimento della struttura sanitaria e il danno di cui in questa sede viene chiesto ristoro economico. Anzi, sempre applicando il criterio valutativo della c.d. preponderanza dell'evidenza, può dirsi più probabile che il contagio sia avvenuto appunto al di fuori dell'ospedale, atteso che non si ha contezza alcuna circa l'adozione pregressa da parte della paziente e dei suoi più frequenti contatti (tra cui l'odierna attrice) dei dispositivi di protezione individuale (mascherine e guanti di lattice) e degli accorgimenti sanitari già all'epoca raccomandati (sanificazione frequente delle mani e degli ambienti domestici), mentre per contro l'istruttoria testimoniale esperita in corso di causa ha dimostrato che all'interno dell'ospedale venivano adottate precauzioni di attestato livello di efficacia. In particolare, risulta che il personale medico e ausiliario fosse stato formato specificamente per affrontare l'emergenza in corso, risulta che siano stati adottati accorgimenti organizzativi per evitare contatti tra pazienti infetti e pazienti non infetti, risulta che venissero utilizzati in tutto l'ospedale i basilari dispositivi di protezione individuale, e quindi mascherine chirurgiche e guanti sterili monouso con igienizzazione frequente delle mani (cfr. deposizione della teste (...), amica dell'attrice e direttrice sanitaria, del teste (...), infermiere, del teste (...), dirigente medico responsabile del reparto di medicina generale, del teste C.R., direttore medico responsabile dell'intera struttura, del teste D.C.C., infermiera, e del teste (...), dirigente medico). Inoltre, è emerso che le linee guida per il contenimento dell'epidemia erano state diffuse all'interno della struttura, che le stesse sono state rispettate - non essendo stati riportati casi di violazione all'addetto responsabile del rispetto dei protocolli (teste (...)) - e che anzi per il trattamento dei "Pazienti non Covid" venivano adottati anche dispositivi di protezione maggiore rispetto a quelli previsti dalle raccomandazioni impartite dall'ULSS 8 (...) (cfr. doc. 3, pag. 5, ULSS) e a quelli contenuti delle indicazioni ad interim del Ministero della Salute (cfr. doc. 5, pag. 14, ULSS). Nello specifico, è stato accertato che le necessarie precauzioni sanitarie sono state adottate anche al momento del ricovero di (...) e per lo specifico trattamento di questa paziente (teste (...) e teste (...)). Alla luce di una simile ricostruzione fattuale e attenendosi alle risultanze probatorie acquisite in causa, dunque, appare più probabile che il contagio sia avvenuto prima del ricovero, piuttosto che dopo lo stesso, con l'effetto che all'epoca (...) era una c.d. paziente-covid (forse asintomatica, ma su tale tema si approfondisce nel prosieguo) la cui infezione non poteva ancora essere rilevata con la strumentazione e con le conoscenze in allora a disposizione. Si può però osservare vieppiù quanto segue. Quella del contagio pregresso è una ricostruzione avvalorata anche dai sintomi che (...) presentava già al momento del ricovero (con l'unica precisazione che, seguendo la tesi di una paziente sintomatica già alla data dell'1.4.2020, i tamponi effettuati nelle date del 2.4.2020 e del 6.4.2020 dovrebbero essere considerati probabilmente alla stregua di c.d. falsi negativi). Come documentato in atti, infatti, la paziente al momento del ricovero era dispnoica e febbrile, subiva picchi ciclici di febbre alta, presentava rantoli "a velcro" alla base di entrambi i polmoni, riportava un'accentuazione della trama interstiziale di entrambi in polmoni rilevata dagli esami radiografici sia del 2.4.2020 sia dell'11.4.2020 e soprattutto una saturazione di ossigeno nel sangue del 94% (doc. 1 ULSS). Tutti indici che, appunto, rientrano nella sintomatologia riconducibile alle infezioni da Covid-19. E non coglie nel segno la difesa attorea secondo cui, ammettendo che i suddetti sintomi fossero già rivelatori di un'infezione da Covid-19, i medici avrebbero dovuto sottoporre a tampone anche la figlia convivente, ricoverare la paziente immediatamente in un reparto Covid e somministrarle una terapia specifica. Invero, i dati clinici a disposizione dei medici all'epoca erano due tamponi con esito negativo, per cui la loro condotta è stata coerente con le informazioni mediche acquisite. Ipotizzando, dunque, che (...) fosse una paziente-covid sintomatica già al momento del ricovero, non si rinviene a fortiori (rispetto alla ricostruzione della paziente-covid la cui infezione non era ancora oggettivamente rilevabile alla data dell'1.4.2020) alcuna responsabilità contrattuale addebitabile all'odierna convenuta. Per completezza motivazionale, deve osservarsi ancora quanto segue. Anche ammettendo che il contagio fosse avvenuto, anziché in data anteriore al ricovero, ossia nell'intervallo temporale individuato tra il 24.3.2020 e il 31.3.2020, viceversa all'interno dell'ospedale, quindi tra l'1.4.2020 e l'11.4.2020, è stato appurato che la struttura ospedaliera in questione ha rispettato i protocolli vigenti e ha inoltre prestato, fin dal momento dell'emersione della positività, le cure di cui era prescritta la somministrazione sulla base delle conoscenze all'epoca disponibili: tanto è sufficiente per ravvisare l'adempimento dell'odierna convenuta. Difatti, in un contesto connotato dall'assoluta novità della patologia pandemica e dalla drammatica emergenza che per un certo tempo ha prostrato l'intero Servizio Sanitario Nazionale, può ben sostenersi, a parere del giudicante, che la gestione di un "Paziente sospetto Covid" e la cura di un "Paziente Covid" implichino prestazioni implicanti "la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà", con l'effetto che, in applicazione dell'esenzione di cui all'art. 2236 c.c., i medici ospedalieri intervenuti nella fattispecie potrebbero rispondere dei danni poi verificatisi (ossia la morte della paziente medesima) solo in caso di dolo o colpa grave. Dolo o colpa grave non ravvisabili nel caso dedotto in giudizio: tali componenti soggettive non sono state infatti individuate dalla parte attrice e, in ogni caso, la loro sussistenza è stata esclusa dagli esiti delle prove orali assunte. Detto altrimenti, nessuna condotta professionale esigibile risulta omessa nel caso di specie. Le domande attoree vanno quindi rigettate. La novità della questione dedotta in giudizio giustifica, a parere del giudicante, la compensazione di metà delle spese di lite, mentre il residuo mezzo, in forza del principio della soccombenza, va posto a carico di (...) e va liquidato, come in dispositivo, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, modificato dal D.M. n. 147 del 2022, in base allo scaglione di riferimento per il valore della causa (da Euro 260.000 a Euro 520.000). P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni ulteriore domanda, istanza ed eccezione, così provvede: 1. rigetta le domande proposte da (...); 2. compensa tra le parti metà delle spese di lite e condanna (...) a rifondere in favore di ULSS 8 (...) il residuo mezzo, per la frazione liquidato in Euro 11.228,50 per compenso, oltre 15% per spese generali e oltre i.v.a. e c.p.a., come dovute per legge. Così deciso in Vicenza l'1 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE PRIMA CIVILE Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica nella persona del Giudice dott. FRANCESCO LAMAGNA, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta a ruolo in data 05.03.2020 al n. 1688/2020 R.G., promossa con atto di citazione notificato in data 25.02.2020 DA (...) S.R.L. (C.F. (...) e P.I. (...)), con sede in V., Via M. n. 23, in persona del proprio legale rappresentante (...), rappresentata e difesa, in forza di mandato depositato nel fascicolo telematico in allegato all'atto di citazione del 24.02.2020, dall'avv. Ma.Da. del Foro di Vicenza (C.F. (...)), presso il cui Studio, sito in Vicenza, Contrà (...), ha eletto domicilio, il quale Difensore ha dichiarato di voler ricevere la comunicazioni e notifiche di Cancelleria al fax n. (...) e all'indirizzo PEC (...); - attrice - CONTRO (...) AVV. F. (C.F. (...)), nato ad A. (A.) il (...) e residente in M. (A.), Via (...) n. 67, rappresentato e difeso in proprio nel presente giudizio quale avvocato del Foro di Avellino; nonché (...) (C.F. (...)), nato a T. il (...) ed ivi residente in Via (...), rappresentato e difeso dal primo, giusta procura alle liti depositata nel fascicolo telematico in allegato alla comparsa di costituzione del 25.08.2020; nonché il di loro (...) (C.F. e P.I. (...)), con sede in Padova, Via (...), PEC (...); i quali tutti hanno eletto domicilio presso lo Studio del primo, sito in Padova, Passaggio (...), il qual Difensore ha dichiarato di voler ricevere la comunicazioni e notifiche di Cancelleria all'indirizzo PEC (...); - convenuti - Oggetto:risarcimento danni da responsabilità professionale. RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE EX ART. 132 C.P.C. NELLA FORMULAZIONE INTRODOTTA DALLA L. 18 GIUGNO 2009, N. 69 Al fine di un opportuno inquadramento dell'oggetto del presente giudizio è necessario premettere che, con atto di citazione notificato in data 25.02.2020 (...) s.r.l. conveniva in giudizio avanti l'intestato Tribunale gli avvocati (...) e (...), il quale ultimo veniva precisato aver ottenuto la cancellazione dall'Albo di appartenenza nel dicembre 2019, nonché il di loro (...), per farne accertare la responsabilità professionale per inadempimento contrattuale e, previo accertamento dell'insussistenza di ogni credito vantato dai predetti legali nei propri confronti, per sentirli condannare alla restituzione delle somme riscosse per l'attività professionale non svolta ovvero svolta senza la dovuta diligenza ex art. 1176, co. II, nonché al risarcimento dei pregiudizi patrimoniali e non subiti, quantificati come pari, perlomeno, alle somme illegittimamente riscosse dai convenuti per cause non istaurate ovvero per iniziative giudiziarie risultate inammissibili. A fondamento delle domande proposte, l'attrice deduceva che, in un contesto temporale che per vero non veniva indicato, veniva messa in contatto dal suo consulente contabile, dott. (...), con l'avv. (...) allora iscritto all'Albo degli Avvocati del Foro di Torino, il quale introduceva ai soci di (...) s.r.l., sig.ri (...), (...) e (...), anche il suo collega avv. (...) del Foro di Avellino, con il quale aveva costituito lo Studio legale associato denominato (...), ubicato a P.. S. s.r.l., che affermava di vivere in allora una grave crisi economica e finanziaria, riteneva di affidare alla suddetta coppia di legali la trattazione dei contenziosi che all'epoca la vedevano coinvolta, da un lato, nel recupero di un credito di oltre Euro 600.000,00 per la vendita dei propri macchinari, magazzino e know-how ad una società di diritto croato, tale (...), e, dall'altro, nel fronteggiare la revoca dei rapporti e le conseguenti richieste di pagamento che gli istituti bancari avevano posto in atto nei confronti di essa società e dei suoi soci quali garanti. Narrava l'attrice che, quanto ai rapporti con la (...), accadeva quanto segue: - gli avvocati (...) e (...) suggerivano di promuovere un procedimento per sequestro conservativo dei macchinari ceduti alla società croata e veniva così promossa la relativa azione cautelare avanti il Tribunale di Vicenza, il quale tuttavia la rigettava per difetto di giurisdizione (V. Doc. n. 1 attoreo); - suddetta ordinanza di rigetto veniva reclamata dagli stessi legali, ma il Collegio confermava la decisione del primo giudice, provvedendo pure alla condanna dell'attrice alla rifusione delle spese di lite in favore della controparte ed al raddoppio del contributo unificato (V. Doc. n. 2 attoreo); - gli avvocati (...) e (...) rappresentavano a (...) s.r.l. la possibilità di impugnare suddetta ordinanza di rigetto del reclamo perché pronunciata da un collegio in composizione diversa rispetto a quello che aveva assistito all'udienza di discussione e così l'attrice si determinava a tale impugnazione, provvedendo a versare ai due legali il fondo spese richiesto sia a titolo di contributo unificato che di onorari (V. Doc. n. 3 attoreo); - secondo quanto affermato dalla stessa attrice, nonostante le rassicurazioni del tempo, tale iniziativa giudiziaria non veniva però mai avviata dai due legali; - nel contempo, i medesimi (...) e (...) suggerivano a (...) s.r.l. di promuovere anche un procedimento ex art. 702 bis c.p.c. allo scopo di far dichiarare risolto per inadempimento il contratto di compravendita dei macchinari, magazzino e know-how con la (...) ed anche in tale occasione l'attrice si determinava ad agire in giudizio e provvedeva quindi al versamento del fondo spese richiesto dai legali (V. Doc. n. 4 attoreo); - anche in tal caso, tuttavia, a dispetto di quanto era stato riferito ad essa attrice, i convenuti non instauravano alcun giudizio volto all'ottenimento di tale pronuncia; - inoltre, premesso che la (...) era partecipata integralmente da una holding italiana costituita con la partecipazione, oltre che per una quota di minoranza del sig. (...), di imprenditori amici e clienti - in tesi attorea - del rag. T.B., il quale era a suo tempo il consulente contabile dell'attrice che aveva suggerito la cessione dei beni aziendali alla società croata, gli avvocati (...) e (...) avevano altresì suggerito l'avvio di una causa per responsabilità professionale a carico del (...) cui (...) s.r.l. si era parimenti determinata, provvedendo al pagamento del relativo fondo spese (V. Doc. n. 5 attoreo); - anche tale giudizio, affermava parte attrice, non veniva poi mai instaurato; - sempre relativamente al contenzioso con (...), l'attrice deduceva che l'avv. (...) aveva accettato una proposta transattiva da parte della società croata volta a definire la pretesa creditoria di (...) s.r.l. pari asseritamente ad oltre Euro 600.000,00 dietro il versamento della somma di Euro 50.000,00 senza che gli fosse stata conferita alcuna autorizzazione in tal senso; - in ultimo, in relazione ai rapporti con la società croata, gli avvocati (...) e (...) suggerivano a (...) s.r.l., che si determinava in tal senso, ad avviare un procedimento ex artt. 669 bis e 700 c.p.c. nei confronti di tale (...) s.r.l. volto ad ottenere, in favore dell'attrice, la nuova intestazione dei certificati di qualità emessi dalla stessa (...) s.r.l. e volturati alla (...) ed anche in tal caso (...) s.r.l. provvedeva a versare il consueto fondo spese in favore dei convenuti (V. Doc. 7 attoreo); - tale iniziativa giudiziale terminava, tuttavia, con una declaratoria di inammissibilità per ragioni prettamente di diritto, e cioè per difetto di strumentalità tra l'azione cautelare promossa e la futura azione di merito, con condanna dell'attrice alla rifusione delle spese legali in favore della controparte. Quanto, invece, ai rapporti con gli istituti di credito, l'attrice così esponeva: - su suggerimento dell'avv. (...), (...) s.r.l. faceva revisionare l'andamento dei propri rapporti con gli istituti di credito al dott. (...), consigliatole dal primo, ed in particolare incaricava quest'ultimo di valutare l'andamento dei propri conti accesi presso (...) e (...), nonché il rapporto con la società di leasing (...), oggi (...) s.p.a.; il tutto al fine di avviare, poi, con il patrocinio degli avvocati convenuti, i procedimenti giudiziali volti ad ottenere l'accertamento negativo dei credito vantati nei propri confronti dalle banche; - per tale attività di consulenza l'attrice versava direttamente al dott. (...) due fondi spese di Euro 3.660,00 ciascuno (V. Docc. n. 9 e 10 attorei); - sulla base degli esiti di tali analisi l'avv. (...) suggeriva a (...) s.r.l. di avviare un giudizio in prevenzione avanti il Tribunale di Reggio Emilia per la posizione (...) ed uno avanti al Tribunale di Milano per la posizione (...) e l'attrice si convinceva in tal senso, provvedendo a versare un fondo spese di Euro 8.344,00 all'avv. (...) ed uno analogo all'avv. (...), oltre a pagare l'importo di Euro 786,00 a titolo di anticipazione del contributo unificato sia per la causa (...) che per quella (...) (V. Docc. n. 11 - 14 attorei); - tali giudizi cosiddetti "in prevenzione", deduceva però l'attrice, non erano mai stati avviati dai suddetti legali; - quanto poi all'ulteriore giudizio in prevenzione che gli avvocati (...) e (...) avevano suggerito all'attrice di avviare, e cioè quello nei confronti della (...) s.p.a. per la restituzione di somme pagate a titolo di interessi stimate in Euro 400.000,00 e la consegna di documentazione contrattuale, (...) s.r.l. versava un altro fondo spese per Euro 7.612,80 fatturato questa volta dal solo avv. (...) (V. Doc. n. 15), ma anche in questo caso nessun procedimento veniva avviato; - da ultimo, sul punto, su richiesta dell'avv. (...), (...) s.r.l. versava un ulteriore importo per integrazioni dell'attività di consulenza del dott. (...) nell'ambito dei giudizi in prevenzione che i legali avevano riferito all'attrice aver avviato nei confronti di (...) e (...), importo che corrispondeva però non direttamente al consulente, bensì allo stesso avvocato (...) (V. Docc. n. 17 - 19 attorei) che non lo faceva poi mai pervenire al dott. (...), che dunque mai redigeva le nuove relazioni tecniche. Questa la ricostruzione dei fatti proposta dall'attrice sulla base della quale la stessa deduceva di aver versato il complessivo importo di Euro 88.503,00 agli avvocati (...) e (...) (V. Doc. n. 26 attoreo) senza tuttavia - in tesi attorea - che gran parte delle iniziative giudiziali prospettate fossero effettivamente avviate ovvero senza che i giudizi instaurati fossero seguiti con la diligenza richiesta dall'art. 1176, co. II, c.c. S. s.r.l. deduceva, infine, di aver provveduto a revocare ogni incarico ai due legali (V. Docc. n. 23 e 23 bis), senza ottenere la restituzione di quanto - sempre in propria tesi - indebitamente versato ed, anzi, ricevendo sollecito, da parte degli stessi legali, di provvedere al saldo delle loro competenze che veniva quantificato in Euro 21.669,98 (V. Docc. n. 28 e 29 attorei). Da tanto, l'instaurazione del presente giudizio in data 05.03.2020 e le richieste risarcitorie riportate nelle conclusioni sopra trascritte svolte nei confronti degli avvocati (...) e (...) e del di loro (...), alle quali questi ultimi rispondevano costituendosi in giudizio mediante il deposito telematico della propria comparsa di costituzione e risposta in data 27.08.2020. I suddetti legali esponevano, in punto di fatto, che: - in data 18.12.2019 formulavano proposta di mediazione allo scopo di definire bonariamente ed in via stragiudiziale l'insorgenda lite con l'attrice e che il successivo 14.01.2020 veniva sollecitata una risposta da parte di quest'ultima che, tuttavia, non arrivava (V. Docc. n. 2 e 3 convenuti); - si sarebbe così perfezionata l'ipotesi prevista dall'art. 4, co. I, del D.L. n. 132 del 2014 che prevede che la mancata risposta all'invito o il suo rifiuto può essere valutato dal Giudice ai fini delle spese di lite e di quanto previsto dagli articoli 96 e 642 c.p.c.; - precedentemente, in data 30.07.2019 la (...) s.r.l. revocava loro i mandati professionali, contestandogli sia l'abbandono senza consenso di un procedimento ex art. 702 bis c.p.c. che l'invio di una proposta transattiva mai autorizzata in ordine ad una vertenza in corso, e che, il successivo 12.09.2019, la stessa cliente confermava la revoca precedentemente comunicata includendo anche la cause nei confronti delle banche e della società di leasing (V. Docc. n. 4 e 5 convenuti); - le comunicazioni di revoca di cui ai Docc. n. 4 e 5 prodotti dai convenuti e formate dalla (...) s.r.l. avrebbero costituito un riconoscimento di debito dell'attività svolta dai medesimi legali; - prima della comunicazione di revoca del mandato professionale del 30.07.2016 (...) s.r.l. non aveva mai contestato il loro operato e che, anzi, avrebbe riconosciuto come svolte dai medesimi avvocati una lunga serie di attività giudiziali e stragiudiziali riprodotta al Doc. n. 6; - ai Doc. n. 7 avevano predisposto un conteggio analitico delle prestazioni effettuate e degli acconti corrisposti dall'attrice, arrivando ad una differenza in loro favore pari ad Euro 21.666,98. I convenuti continuavano, allora, la loro esposizione in diritto dissertando sul valore di prova legale della Posta Elettronica Certificata (PEC), la quale, ai sensi della normativa di settore, conferirebbe valore giuridico alla trasmissione di documenti prodotti ed inviati per via informatica e così dunque anche il Doc. n. 6, costituito dall'elenco analitico che (...) s.r.l. aveva fatto delle prestazioni svolte dagli avvocati (...) e (...), risultando allegato alle comunicazioni PEC di revoca del 30.07.2019 e 12.09.2019, avrebbe avuto pieno valore giuridico nei rapporti tra l'attrice ed i medesimi legali, rappresentando asseritamente titolo per la determinazione dei loro compensi ai sensi del D.M. n. 55 del 2014. Il documento appena richiamato avrebbe inoltre costituito, sempre in tesi dei convenuti, un riconoscimento di debito da parte di (...) s.r.l. in relazione alle prestazioni svolte in suo favore dagli stessi avvocati, che sarebbero quindi determinabili e liquidabili mediante l'applicazione dei Parametri Forensi di cui al D.M. n. 140 del 2014. Tali le ragioni per cui i convenuti chiedevano all'adito Tribunale di rigettare le richieste di risarcimento svolte da parte attorea, oltre che l'accertamento del loro diritto al percepimento del corrispettivo per le attività svolte ai sensi dei predetti Parametri Forensi. Alla prima udienza di comparizione tenutasi il 15.09.2020 il Giudice concedeva alle parti i termini di cui all'art. 183, co. VI, c.p.c. e fissava l'udienza del 26.02.2021 per l'adozione dei provvedimenti istruttori. A tale udienza il Giudice ammetteva la prova testimoniale formulata da parte attrice, la quale unica aveva provveduto al deposito di memorie istruttorie, fissando per la relativa assunzione l'udienza del 06.07.2021, alla quale venivano escussi i testi attorei (...) ed (...) con rinvio all'udienza del 09.09.2021 onde consentire lo svolgimento di trattative per la bonaria definizione della lite tra le parti. All'udienza del 09.09.2021 i procuratori delle parti davano atto che le trattative non avevano sortito esito positivo e chiedevano pertanto concordemente la fissazione dell'udienza di precisazione delle conclusioni che veniva celebrata, dopo un rinvio, il giorno 23.06.2022 ed all'esito della quale la causa veniva riservata per la decisione, sulle conclusioni precisate dalle parti come in epigrafe trascritte, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle eventuali memorie di replica, che la sola parte attrice provvedeva a depositare. Così delineato l'ambito del dibattito processuale, deve rilevarsi come le domande attoree siano fondate per quanto di ragione e negli stretti limiti in appresso indicati meritino accoglimento, seppur parziale appunto. Ebbene, la fattispecie concreta portata all'esame di questo Giudice deve inquadrarsi nell'alveo della categoria giuridica della responsabilità del professionista e, pertanto, al caso di specie vanno applicate le regole che disciplinano il tema della responsabilità professionale dell'avvocato. In via generale, si osserva che le obbligazioni inerenti all'esercizio dell'attività professionale di avvocato sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo. Pertanto, ai fini del giudizio di responsabilità, rileva non già il conseguimento o meno del risultato utile per il cliente, ma le modalità concrete con le quali il professionista avvocato ha svolto la propria attività, avuto riguardo, da un lato, al dovere primario di tutelare le ragioni del cliente e, dall'altro, al rispetto del parametro di diligenza a cui questi è tenuto (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 20.05.2015, n. 10289; Cass. civ., Sez. VI, 28.02.2014, n. 4790; Cass. civ., Sez. III, 05.08.2013, n. 18612; Cass. civ., Sez. II, 27.03.2006, n. 6967). L'avvocato è quindi tenuto ad espletare il proprio mandato in conformità al parametro di diligenza fissato dall'art. 1176, co. II, c.c. che è quello del professionista di media attenzione e preparazione, qualificato dalla perizia e dall'impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta, salva l'applicazione dell'art. 2236 c.c. nel caso di prestazioni implicanti la risoluzione di problematiche tecniche di particolare difficoltà (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 22.03.2017, n. 7309; Cass. civ., Sez. II, 16.02.2016, n. 2954; Cass. civ., Sez. III, 22.05.2015, n. 10526; nonché recenti nel merito: Trib. Milano, Sez. I, 20.02.2020, n. 1640; Trib. Milano, Sez. I, 15.04.2015). Sul punto, la Suprema Corte ha precisato che "nell'adempimento dell'incarico professionale conferitogli, l'obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c. impone all'avvocato di assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole. A tal fine incombe su di lui l'onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo, dovendo ritenersi il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all'esercizio dello "jus postulandi", attesa la relativa inidoneità ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l'assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull'opportunità o meno d'iniziare un processo o intervenire in giudizio (cfr. Cass. Sez. 3, 19/07/2019, n. 19520; Cass. Sez. 2, 30/07/2004, n. 14597)" (Cfr. Cass. civ., Sez. VI, 17.11.2021, n. 34993; Cass. civ., Sez. VI, 07.01.2021, n. 56; Cass. civ., Sez. III, 19.07.2019, n. 19520; Cass. civ., Sez. VI, 1309.2017, n. 21173; Cass. civ., Sez. III, 20.11.2009, n. 24544). Più in particolare, "L'avvocato deve considerarsi responsabile nei confronti del proprio cliente, ai sensi degli artt. 2236 e 1176 cod. civ., in caso di incuria o di ignoranza di disposizioni di legge ed, in genere, nei casi in cui, per negligenza o imperizia, compromette il buon esito del giudizio, mentre nelle ipotesi di interpretazione di leggi o di risoluzione di questioni opinabili, deve ritenersi esclusa la sua responsabilità, a meno che non risulti che abbia agito con dolo o colpa grave. Pertanto, l'inadempimento del suddetto professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile cui mira il cliente, ma soltanto dalla violazione del dovere di diligenza adeguato alla natura dell'attività esercitata, ragion per cui l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine - positivamente svolta sulla scorta degli elementi di prova che il cliente ha l'onere di fornire - circa il sicuro e chiaro fondamento dell'azione che avrebbe dovuto essere proposta ediligentemente coltivata e, in definitiva, la certezza morale che gli effetti di una diversa sua attività sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente medesimo" (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 11.08.2005, n. 16846; Cass. civ., Sez. III, 10.06.2016, n. 11906). Trattasi, dunque, di una responsabilità per colpa commisurata alla natura della prestazione dell'avvocato, che risulta circoscritta ai sensi dell'art. 2236 c.c. ai casi di dolo o colpa grave unicamente quando la prestazione implichi la risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà. Come generalmente ammettono dottrina e giurisprudenza, il professionista può allora liberarsi dalla imputazione di ogni responsabilità se ed in quanto dimostri l'impossibilità della perfetta esecuzione della prestazione ex art. 1218 c.c. o di aver agito con diligenza. Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, il cliente, e dunque (...) s.r.l. nel caso di specie, il quale sostenesse di aver subito un danno per l'inesatto adempimento del mandato professionale del suo avvocato avrebbe l'onere di provare: 1. l'esistenza del titolo consistente nel contratto d'opera professionale; 2. la difettosa o inadeguata prestazione professionale; 3. il nesso di causalità tra la difettosa o inadeguata prestazione professionale e il danno lamentato; 4. l'esistenza effettiva di un danno risarcibile. Di conseguenza, anche in ossequio ai canoni generali sull'onere probatorio in materia di responsabilità contrattuale, onere della parte attrice non è affatto quello di provare l'inadempimento dell'avvocato, spettando a quest'ultimo dimostrare di aver esattamente adempiuto le prestazioni professionali derivanti dal conferimento del mandato difensivo usando la diligenza richiesta o, ai sensi dell'art. 1218 c.c., dimostrando la impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione per causa a lui non imputabile. Nel caso di specie, la società attrice doveva quindi provare l'esistenza del contratto d'opera intellettuale stipulato con gli avvocati (...) e (...) e "solo" allegare l'inadempimento di questi, mentre spettava ai predetti professionisti fornire la prova che l'inadempimento non vi era stato oppure che non gli era imputabile, avendo loro agito con le dovute perizia, prudenza e diligenza di cui all'art. 1176, comma 2, c.c. Orbene, nella fattispecie concreta, (...) s.r.l. ha effettivamente assolto tali oneri probatori a suo carico, provando l'esistenza di un contratto d'opera professionale stipulato con i professionisti convenuti e correttamente allegando l'inadempimento perpetrato da questi ultimi, secondo le regole tipiche che vigono in materia di responsabilità contrattuale. Tuttavia, la società attrice, in relazione a svariate voci di danno che la stessa ha dedotto e che esamineremo partitamente nel prosieguo, non ha saputo dar compiuta contezza dei pregiudizi economici patiti a causa del dedotto inadempimento degli avvocati (...) e (...) e, ancor prima, non ha provato la sussistenza - invero necessaria, come abbiamo visto - di quel nesso di causalità tra la contestata prestazione professionale e il danno lamentato, motivo per cui la domanda attorea andrà incontro ad un accoglimento parziale come verrà meglio precisato nei paragrafi che seguono. 1. Sulla prova del contratto In relazione alla prova della stipulazione del contratto d'opera professionale, (...) s.r.l. può ritenersi aver fornito sufficiente dimostrazione di aver conferito mandato agli avvocati (...) e (...) affinché questi proponessero e/o proseguissero i procedimenti giudiziali e svolgessero le attività stragiudiziali di cui all'atto di citazione introduttivo del presente giudizio. Siffatta circostanza, sebbene alcuna delle parti abbia ritenuto di produrre in causa le procure rilasciate ai predetti professionisti invero necessarie ai fini dell'esercizio dello jus postulandi, appare innanzitutto pacifica e non contestata, oltre che risultante da prova scritta - che potremmo definire indiretta - costituita dalla corrispondenza e dai preavvisi di parcella dimessi ai Docc. 3, 4, 5, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 23, 23 bis, 24, 25, 27 e 28 di parte attrice. Sul punto, per quanto occorrer possa, giova rilevare come l'orientamento della Suprema Corte sia consolidato nel ritenere che "in tema di attività professionale svolta da avvocati, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte. Ne consegue che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell'attività processuale, e che non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma" (Cfr. Cass. civ., Sez. VI, 31.03.20212, n. 8863; Cass. civ., Sez. VI, 06.07.2015, n. 13927; Cass. civ., Sez. II, 16.06.2006, n. 13963). Alla luce di quanto sopra pare quindi fuor di dubbio che tra le parti sia stato perfezionato un contratto di patrocinio, in forza del quale gli avvocati (...) e (...) avrebbero dovuto proporre le azioni giudiziali e perseguire le trattative stragiudiziali meglio illustrate nell'atto introduttivo del presente giudizio e che analizzeremo subito infra. 2. Sull'inadempimento Sotto un primo profilo, e cioè quello delle cause mai avviate, può ritenersi che la società attrice abbia correttamente allegato l'inadempimento dei professionisti convenuti secondo le regole tipiche che vigono in materia di responsabilità contrattuale. In particolare, come si è ampiamente esposto nella precedente parte narrativa, (...) s.r.l. ha affermato che l'inadempimento degli avvocati (...) e (...) sarebbe principalmente consistito nell'aver omesso di avviare i seguenti procedimenti giudiziali, nonostante le promesse e le rassicurazioni fornite in tal senso alla cliente e, circostanza assai grave, l'incasso dei relativi fondi spese per un totale di Euro 29.000,80: - l'impugnazione volta ad ottenere l'annullamento dell'ordinanza di rigetto del reclamo resa in data 12.04.2018 dal Tribunale di Vicenza (V. Docc. n. 1 e 2 attorei) per cui era stata pagata la parcella n. 26 del 09.12.2018 dello (...) per complessivi Euro 545,00 (V. Doc. n. 3 attoreo): la circostanza della mancata proposizione di tale iniziativa giudiziale risulta, oltre che non contestata dalle parti convenute, provata dalla testimonianza resa dal dott. (...) all'udienza del 06.07.2021 ed, in particolare, dalla sua risposta al capitolo 5 e dalla certificazione rilasciata dal Tribunale di Vicenza dimessa al Doc. n. 20 attoreo da cui non emerge la proposizione di alcuna impugnazione avverso l'ordinanza resa in sede di reclamo sub R.G. n. 1417/2018; - il procedimento ex art. 702 bis c.p.c. volto ad ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita stipulato con la (...) per cui era stata pagata la parcella n. 22 del 28.11.2018 per complessivi Euro 870,00 sempre intestata allo (...) (V. Doc. n. 4 attoreo): anche tale circostanza può ritenersi dimostrata con la risposta fornita al capitolo 7 dal teste (...) all'udienza del 06.07.2021 ed, in particolare, dalla sua risposta al capitolo 5 e dalla certificazione di cui al Doc. n. 20 attoreo rilasciata dal Tribunale di Vicenza; - la causa per responsabilità professione nei confronti del rag. T.B. per cui è stata pagata allo (...) la parcella n. 25 del 09.12.2018 per complessivi Euro 1.713,00 (V. Doc. n. 5 attoreo): anche il mancato proponimento di tale iniziativa giudiziale risulta, oltre che non contestato dai convenuti, provato dalla testimonianza resa dal dott. (...) all'udienza del 06.07.2021 ed, in particolare, dalla sua risposta al capitolo 10 e dalla succitata certificazione rilasciata dal Tribunale di Vicenza (V. Doc. n. 20 attoreo) da cui non emerge la proposizione di alcuna azione giudiziale contro il (...); - le cause cosiddette "preventive" nei confronti degli istituti bancari (...) presso il Tribunale di Reggio Emilia e (...) presso il Tribunale di Milano per cui sono state pagate da (...) s.r.l. all'avv. (...) la parcella n. 32 del 31.10.2017 per complessivi Euro 8.344,00 (V. Doc. n. 11), all'avv. (...) la parcella n. 21 del 31.10.2017 per complessivi Euro 8.344,00 (V. Doc. n. 12) ed al loro (...) le parcelle n. 2 e 3 del 22.05.2018 per Euro 786,00 ciascuna (V. Docc. n. 11 - 14 attorei): la circostanza che tali azioni giudiziali non siano mai state avviate dai professionisti convenuti risulta provata dalle testimonianze rese all'udienza del 06.07.2021 dal dott. (...) e dalla signora (...) con particolare riferimento alle risposte date ai capitoli 19, 20, 25 e 26, oltre che dalle certificazioni rese dai Tribunali citati prodotte ai Docc. n. 21 e 22 di parte attrice; - le cause nei confronti della società di leasing (...), oggi (...) s.p.a. per cui è stata pagata all'avv. (...) la parcella n. 12 del 31.05.2017 per complessivi Euro 7.612,80 (V. Doc. n. 15 attoreo): la circostanza che anche tali procedimenti non sono mai stati avviati dai professionisti convenuti risulta provata dalle testimonianze rese all'udienza del 06.07.2021 dal dott. (...) e dalla signora (...) con particolare riferimento alle risposte date ai capitoli 22, 23 e 25, oltre che dalla certificazione resa dal Tribunale di Milano dimessa al Docc. n. 22 di parte attrice. A fronte di tali allegazioni, sarebbe dunque stato onere delle parti convenute provare che non si era dato luogo ad alcun inadempimento o che esso era eventualmente dovuto a causa a loro non imputabile, e ciò, come si è detto supra, alla luce di quanto disposto in via generale dall'art. 1218 c.c.. Gli avvocati (...) e (...), invece, non hanno assolutamente saputo dimostrare - come sarebbe stato agevole fare - di aver proposto le azioni giudiziali sopra illustrate per le quali avevano già ricevuto il versamento dei relativi fondi spese, né che tali omissioni fossero riconducibili a decisioni informate e consapevoli della cliente. Al contrario, dalle deduzioni svolte dai predetti professionisti nell'unico atto difensivo depositato in causa, e cioè dalla comparsa di costituzione e risposta del 25.08.2020, si desume chiaramente che alcuno dei sopra descritti procedimenti è stato dai medesimi proposto, avendo per un verso sostenuto che la mancata "prosecuzione da parte della procedura 702 bis appena introdotta" (V. pag. 10 della comparsa in cui i convenuti parlano appunto di "non prosecuzione" quando invece più corretto e veritiero sarebbe stato parlare di omessa proposizione) era dipesa e costituiva il frutto di una decisione autonoma del legale rappresentante della stessa società attrice, sig. (...), e, per altro verso, non avendo nulla - ma davvero nulla - contestato in ordine alle affermazioni attoree circa l'omessa proposizione degli altri procedimenti in parola, che - per tutto quanto detto finora ed anche in virtù del principio di non contestazione - deve dunque ritenersi a tutti gli effetti provata. Quanto alla asserita "non prosecuzione" del procedimento ex art. 702 bis c.p.c. per ordine del sig. (...), tale circostanza dedotta da parte dei convenuti non solo risulta smentita dalle prove addotte al riguardo dalla società attrice (V. certificazione del Tribunale di Reggio Emilia sub Doc. n. (...) attoreo e le testimonianze rese all'udienza del 06.07.2021 dai testi (...) ed (...)), ma anche dalle stesse "parole" dell'avv. (...) come riportate nella chat telefonica prodotta al Doc. n. 25 attoreo e mai oggetto di contestazione o disconoscimento alcuno da parte di quest'ultimo. A tal precipuo riguardo, va inoltre osservato come, in applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità nelle pronunce che si sono citate supra, competa al professionista incaricato di fornire tutte le necessarie informazioni in ordine alle iniziative processuali da assumere e, segnatamente, di dissuadere il cliente dall'intraprendere iniziative processuali produttive del rischio di effetti dannosi o, al contrario, di consigliare di proseguire un giudizio. Deve inoltre evidenziarsi ulteriormente al riguardo che, secondo quanto sancito dalla Cassazione, "il cliente, normalmente, non è in grado di valutare regole e tempi delprocesso, né gli elementi che debbano essere sottoposti alla cognizione del giudice, così da rendere necessario che egli, per l'appunto, sia indirizzato e guidato dal difensore, il quale deve fornirgli tutte le informazioni necessarie, pure al fine di valutare i rischi insiti nell'iniziativa giudiziale" (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 12.04.2011, n. 8312; Cass. civ., Sez. III, 19.07.2019, n. 19520) e che "la responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, cod. civ.; tale violazione, ove consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa né ridotta quando tali modalità siano state sollecitate dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 20.05.2015, n. 10289). Ed allora, non può revocarsi in dubbio che la decisione di non proseguire, rectius, di non avviare il procedimento ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c. e tutte le altre procedure illustrate sopra sia ascrivibile esclusivamente agli odierni convenuti che dovranno pertanto essere condannati a restituire alla società attrice quanto da quest'ultima versato in loro favore per l'avvio di giudizi che si è provato non essere mai stati davvero instaurati. Sotto un secondo profilo, e cioè quello della cause terminate - in tesi attorea - con una declaratoria di inammissibilità, non può invece ritenersi che parte attrice abbia correttamente allegato l'inadempimento dei professionisti convenuti secondo i dettami della responsabilità contrattuale cui si è fatto cenno sopra. S. s.r.l. chiedeva infatti che in relazione, testualmente, "a quei procedimenti giudiziari che si sono conclusi con una declaratoria di inammissibilità (in particolare, ricorso per sequestro nei confronti di (...) e il successivo reclamo e il ricorso avverso (...) s.r.l.)" le venisse restituito il complessivo importo - che, si badi bene, veniva quantificato per la prima volta in sede di comparsa conclusionale - di Euro 33.291,20 che la stessa aveva dovuto asseritamente versare precedentemente per spese legali e raddoppio del contributo unificato. Non essendo stati forniti a questo Giudice ulteriori elementi su cui formare il proprio convincimento, sarà comprensibile capire come la domanda attorea in commento debba andare incontro ad un rigetto poiché, appunto, in relazione ai procedimenti giudiziali appena indicati, per potersi ritenere allegato l'inadempimento dei professionisti convenuti, a mente anche delle pronunce giurisprudenziali riportate sopra ed alle quali qui si fa espresso richiamo, non può, come non deve ritenersi bastante la mera deduzione, da parte attrice, dell'ottenimento di non meglio precisate declaratorie di inammissibilità dei procedimenti in discorso in conseguenza di una (ancora) non meglio precisata condotta "improvvida e imperita" da parte degli avvocati (...) e (...). Suddetta domanda attorea dovrà dunque andare disattesa poiché non supportata da sufficienti elementi di prova e risultante pertanto infondata. Ed a ben vedere, anche a voler per un sol momento sorvolare sul mancato adempimento, in punto specifico, dell'onere probatorio da parte dell'attrice, la quale non ha ritenuto di indicare di quali voci di spesa si componeva l'importo di Euro 33.291,20 di cui chiedeva il rimborso e neppure a quali eventuali parcelle e/o condanne al doppio del contributo poteva farsi eventualmente riferimento, anche a sorvolare su ciò, si diceva, la domanda attorea in parola dovrebbe andare disattesa sulla base delle seguenti ulteriori considerazioni: - quanto al ricorso per sequestro verso (...), dall'esame dell'ordinanza dichiarativa dell'inammissibilità per difetto di giurisdizione del Tribunale di Vicenza emerge che, si riportano testualmente le parole del Giudice di tale procedimento, dott.ssa (...), "Attesa la oggettiva difficoltà della materia si giustifica la compensazione delle spese di lite". Da quel poco che può desumersi dalla lettura di questo solo provvedimento (agli atti non risulta depositato null'altro in relazione al procedimento in parola), la condotta degli avvocati (...) e (...), nel caso specifico, non appare essere stata né improvvida né imperita e, dunque, nemmeno la causa della pronuncia di inammissibilità resa dal Tribunale di Vicenza, bensì, contrariamente a quanto voleva la società attrice, era la materia oggetto del contendere ad essere caratterizzata da un'oggettiva difficoltà di trattazione che ne ha giustificato persino la compensazione delle spese di lite, senza alcuna comprovata colpa degli odierni convenuti; - quanto al pedissequo reclamo, dall'esame dell'ordinanza di inammissibilità con cui il Collegio ne ha concluso l'iter processuale avanti il Tribunale di Vicenza (rinvenuta al Doc. n. 2 attoreo) non può desumersi altro che l'oggettiva difficoltà della materia trattata, ma non un comportamento colposo o negligente da parte dei professionisti oggi convenuti; - infine, sul punto, quanto al "ricorso avverso (...) s.r.l." che (...) s.r.l. annovera tra i procedimenti terminati con una pronuncia di inammissibilità asseritamente dovuta a negligenza e imperizia degli avvocati (...) e (...), i documenti, gli unici che paiono far riferimento a tale (...) s.r.l., sono il Doc. n. 7 attoreo, che è costituito dalla parcella n. 3 del 09.01.2018 intestata all'avv. (...) per complessivi Euro 995,00, di cui però solo Euro 125,00 per il "procedimento (...) - Art. 770 c.p.c. Trib Vicenza", e il Doc. n. 8 attoreo, che è invece rappresentato dall'ordinanza conclusiva di tale procedimento con cui il Tribunale di Vicenza, nella persona del Giudice dott. (...), nel dichiarare l'inammissibilità del ricorso e nel condannare alle spese di lite (...) s.r.l., non ritiene comunque di disporne la condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. "per difetto dei relativi presupposti": anche qui, dunque, come per i precedenti due casi trattati, da quel poco che ci è dato vedere e soprattutto capire da quell'eseguo numero di documenti dimessi in causa dalla società attrice (i quali, si ribadisce, non possono ritenersi sufficienti a fondare l'accoglimento della svolta domanda), non paiono ravvisarsi gli estremi per una statuizione di responsabilità professionale in capo ai professionisti. Sempre mancando, inoltre, va rilevato fino all'ultimo, la spiegazione, rectius, la giustificazione della richiesta di restituzione della non irrilevante somma di Euro 33.291,20 svolta, troppo genericamente e approssimativamente, da parte attrice. Sotto un terzo e ultimo profilo, non può infine ritenersi correttamente allegato da parte attrice, secondo i canoni della responsabilità contrattuale sopra richiamati, neppure l'inadempimento, questa volta imputato al solo avv. (...), relativo alla pretesa - in tesi attorea, appunto - accettazione, da parte dello stesso, di una proposta transattiva di (...) per Euro 50.000,00 volta asseritamente a definire una pretesa creditoria di (...) s.r.l. di oltre Euro 600.000,00, il tutto senza aver ottenuto la preventiva necessaria autorizzazione da parte di (...) s.r.l. Ora, rispetto a queste scarne e sole deduzioni, parte attrice non ha ritenuto di fornire nessun ulteriore elemento di prova per permettere a questo Giudice di formare il proprio convincimento sul punto; va da sé, quindi, che anche tale domanda attorea, volta ad ottenere il risarcimento dei danni (non meglio precisati né quantificati peraltro) che la suddetta pretesa accettazione senza mandato da parte dell'avv. (...) le avrebbe provocato, dovrà andare incontro a rigetto poiché risultante sfornita di adeguata prova e dunque anche della fondatezza necessaria al suo accoglimento. 3. Sul nesso di causalità Constatata quindi, con riferimento ai soli procedimenti mai avviati, la concreta esistenza dell'inadempimento, totale verrebbe da dire, e la sua riconducibilità ai professionisti convenuti, va ora vagliata la sussistenza della prova del nesso di causalità fra l'inadempimento e il danno. In relazione al riparto dell'onere probatorio in punto di nesso eziologico, la giurisprudenza di legittimità è granitica nell'affermare che la relativa prova grava sulla parte attrice: "in materia di responsabilità del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di avere sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale" (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 27.05.2009, n. 12354). Inoltre, è principio altrettanto consolidato della giurisprudenza di legittimità che "la responsabilità dell'avvocato - nella specie per omessa proposizione di impugnazione - non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell'attività professionale, occorrendo verificare se l'evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni,difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone" (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 05.02.2013, n. 2638; Cass. civ., Sez. III, 20.08.2015, n. 17016; Cass. civ., Sez. III, 18.07.2016, n. 14644; Cass. civ., Sez. III, 24.10.2017, n. 25112; in termini anche Cass. civ., Sez. III, 06.07.2020, n. 13873 e, recentissima, Cass. civ., Sez. III, 25.11.2022, n. 34787). In buona sostanza, dunque, "le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzo e non di risultato, in quanto il professionista, assumendo l'incarico, si impegna alla prestazione della propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non al suo conseguimento. Ne deriva che l'inadempimento del professionista (nella specie: avvocato) alla propria obbligazione non può essere desunto, "ipso facto", dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti lo svolgimento dell'attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione, in luogo del tradizionale criterio della diligenza del buon padre di famiglia, il parametro della diligenza professionale fissato dall'art. 1176, secondo comma, cod. civ. - parametro da commisurarsi alla natura dell'attività esercitata -, sicché, non potendo il professionista garantire l'esito comunque favorevole auspicato dal cliente (nella specie, del giudizio di appello), il danno derivante da eventuali sue omissioni (nella specie, tardiva proposizione dell'impugnazione) intanto è ravvisabile, in quanto, sulla base di criteri (necessariamente) probabilistici, si accerti che, senza quell'omissione, il risultato sarebbe stato conseguito (nella specie, il gravame, se tempestivamente proposto, sarebbe stato giudicato fondato), secondo un'indagine istituzionalmente riservata al giudice di merito, e non censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata ed immune da vizi logici e giuridici" (Cfr. Cass. civ., Sez. III, 26.02.2002, n. 2836; Cass. civ., Sez. III, 19.02.2019, n. 4742). Da tanto possiamo innanzitutto trovare conferma della bontà del rigetto, comminato nel paragrafo che precede, della domanda attorea volta ad ottenere la restituzione di quanto pagato per spese legali e contributi unificati (Euro 33.291,20 asseritamente) a seguito di pronunce di inammissibilità emesse all'esito di procedimenti instaurati dagli avvocati (...) e (...) avanti il Tribunale di Vicenza e ciò poiché, non solo la (...) s.r.l. non ha correttamente allegato in quali condotte dei predetti professionisti consistesse, nell'eventualità, il dedotto inadempimento, ma anche perché la stessa attrice non ha neppure minimamente assolto l'onere che, come abbiamo visto dalle pronunce appena citate, le incombeva di provare che il danno (sempre asseritamente) sofferto era stato causato dalla "difettosa prestazione professionale". Tornando al profilo che qui interessa, e cioè a quei procedimenti mai instaurati per cui supra si è ritenuto provato l'inadempimento allegato da parte attrice, è opportuno rilevare tuttavia che l'inadempimento attribuito ai professionisti convenuti, in tali ipotesi, consiste innanzitutto in un'omissione (per non aver mai dato avvio alle procedure de quo), con la conseguenza che, al fine della verifica del nesso eziologico, occorre richiamare le regole dettate in tema di accertamento della causalità omissiva. Pertanto, questo Giudice, in forza della clausola generale di equivalenza prevista dall'art. 40 del codice penale, è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione, nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli (nella specie, da un contratto di prestazione d'opera professionale di avvocato) secondo le regole di avvedutezza e diligenza che devono guidare l'"homo eiusdem condicionis ac professionis" (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 19.11.2004, n. 21894; Cass. civ., Sez. III, 18.07.2011, n. 15709; Cass. civ., Sez. III, 14.02.2012, n. 12). Più nello specifico, "trattandosi dell'attività del difensore, l'affermazione della sua responsabilità implica l'indagine ? positivamente svolta ? sul sicuro e chiaro fondamento dell'azione, che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e quindi la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico del professionista l'onere di dimostrare l'impossibilità, a lui non imputabile, della perfetta esecuzione della prestazione" (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 27.05.2009, n. 12354). Giova, inoltre, ricordare che è consolidato l'orientamento giurisprudenziale riportato anche nei paragrafi che precedono che, sul punto, sostiene che "la responsabilità professionale non è data dal solo non corretto adempimento della prestazione, ma presuppone la dimostrazione che l'evento produttivo del pregiudizio lamentato sia riconducibile alla condotta del professionista, che un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, che, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, l'esito sarebbe stato diverso e, in particolare per quanto attiene alla professione forense, che l'assistito, secondo criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni. Nel caso specifico, la responsabilità dell'avvocato per mancato rispetto dei termini per proporre opposizione a decreto ingiuntivo sussiste solo ove si dimostri che quell'opposizione, se proposta, avrebbe avuto concrete possibilità di essere accolta" (Cfr. Cass. civ., Sez. II, 15.12.2016, n. 25895; Cass. civ., Sez. VI, 16.05.2017, n. 12038). Nella fattispecie concreta all'esame si sarebbe dunque dovuto verificare se, qualora i professionisti convenuti avessero operato diligentemente - avviando i procedimenti giudiziali sopra descritti come concordato con la cliente che, allo scopo, già ne aveva pagato i relativi fondi spese e contributi - i relativi giudizi dinnanzi ai Tribunali di Vicenza, Reggio Emilia e Milano avrebbero potuto avere esito favorevole per la società odierna attrice. Ebbene, in base alla documentazione dimessa in giudizio da quest'ultima parte, che non risulta affatto sufficiente ai fini della valutazione prognostica che questo Giudice dovrebbe eseguire in relazione al probabile esito (favorevole) delle azioni giudiziali che avrebbero dovuto essere diligentemente proposte (e poi proseguite) dagli avvocati (...) e (...), non si nega che vi sia stata una condotta gravemente negligente da parte dei predetti professionisti nel non instaurare i procedimenti giudiziali de quibus, ma, nel rispetto del consolidatissimo orientamento della Corte di Cassazione che si è riportato sopra, deve ritenersi mancante la prova di quel nesso eziologico necessario tra la condotta (omissiva) dei convenuti ed il risultato derivatone. Per compiere il giudizio prognostico ex ante ritenuto necessario dalla giurisprudenza di legittimità per valutare il probabile esito dei procedimenti giudiziali mai instaurati dagli avvocati (...) e (...) non possono infatti ritenersi sufficienti i documenti e le allegazioni svolte al riguardo dalla società attrice e, nello specifico: - quanto all'azione di responsabilità professionale nei confronti del rag. T.B., alcun documento viene prodotto (ad eccezione della parcella dello (...) sub Doc. n. (...)) e nessuna deduzione viene svolta nello specifico al riguardo; - quanto all'impugnazione dell'ordinanza pronunciata dal Tribunale di Vicenza in sede di reclamo, anche qui, a parte l'ordinanza prodotta sub Doc. n. (...) (e alla parcella dello (...) sub Doc. n. (...)), null'altro viene dedotto o prodotto; - idem quanto al procedimento ex art. 702 bis c.p.c. per la risoluzione del contratto di compravendita con (...) in relazione al quale, oltre alla solita parcella intestata allo (...) dimessa sub Doc. n. (...), nulla di più è dato sapere; - le medesime considerazioni devono inoltre svolgersi anche con riferimento ai procedimenti giudiziali che avrebbero dovuto essere instaurati nei confronti degli istituti di credito (...) e (...), nonché nei confronti della (...) s.p.a., relativamente ai quali le uniche produzioni documentali dimesse agli atti di causa risultano essere sempre e solo le parcelle emesse dai professionisti convenuti prodotte sub Docc. n. (...) - (...) attorei. Tanto considerato, deve dunque ribadirsi provato l'inadempimento dei professionisti convenuti al mandato loro conferito dalla società attrice in ordine all'avvio dei procedimenti giudiziali sopra descritti ed, in particolare, la loro condotta negligente omissiva; tuttavia, non può ritenersi dimostrato il nesso causale tra la stessa condotta ed i danni (patrimoniali e non patrimoniali) lamentati (e non meglio precisati, a dire il vero) da (...) s.r.l., ragion per cui non potranno trovare accoglimento le domande di risarcimento formulate da quest'ultima, e dunque anche quella "di risarcimento del danno non patrimoniale rilevante ai sensi dell'art. 185 c.p. e dell'art. 2059 c.p.", alla quale andrà comunque riconosciuto il diritto alla restituzione di tutti quegli importi versati per l'instaurazione di suddetti procedimenti mai avviati e dunque illegittimamente trattenuti dai convenuti. 4. Sul danno risarcibile, rectius, sul quantum della restituzione dovuta Così accertata la negligente condotta professionale dei convenuti, ma con le rilevanti specificazioni di cui al paragrafo che precede circa la riscontrata mancanza del nesso di causalità tra la condotta dei medesimi e il risultato derivatone per la cliente, questo Giudice, a mente in particolare della succitata recentissima ordinanza del 25.11.2022, n. 34787 da parte della Terza Sezione Civile della Suprema Corte, ribadisce la non configurabilità nel caso di specie di un vero e proprio danno a carico della società attrice corrispondente al mancato avvio dei procedimenti in parola per i motivi addotti in precedenza. Anche ritenuta provata la grave negligenza cui sono incorsi gli avvocati (...) e (...), a mente - si ribadisce - delle numerose pronunce giurisprudenziali citate - deve dunque escludersi nel caso di specie, per i motivi suesposti e, nello specifico, per una fatale mancanza di prova in ordine al nesso eziologico che avrebbe dovuto collegare la condotta dei legali convenuti al risultato ottenuto dalla società cliente, l'affermazione della tipica responsabilità professionale in capo ai convenuti per il sol fatto del non aver correttamente adempiuto, questi ultimi, allo svolgimento degli incarichi professionali che gli erano stati conferiti. Escluso, quindi, di dover trattarsi ora dei vari profili del danno risarcibile, deve comunque fermamente riconoscersi, come preannunciato, il diritto della società attrice di vedersi restituite le somme incontestatamente corrisposte agli avvocati (...) e (...) di ammontare pari a complessivi Euro 29.000,80 a titolo di anticipazioni e compensi professionali per l'avvio di tutti quei procedimenti giudiziali risultati poi mai instaurati (V. parcelle sub Docc. n. 3, 4, 5, 11, 12, 13, 14 e 15 attorei), atteso che rispetto a tali somme deve ritenersi non dovuto, ai sensi dell'art. 1460 c.c., il compenso al professionista inadempiente. Parimenti devono essere rimborsate a (...) s.r.l. le ulteriori somme da questa corrisposte ai fini dell'avvio di tali procedimenti giudiziali poi mai avviati e, dunque, in primo luogo, Euro 7.320,00 corrispondenti alla somma complessivamente versata al dott. (...) per la consulenza prestata in materia bancaria, su indicazione dei predetti professionisti, al fine dell'avvio delle relative cause, poi mai instaurate (V. sub Docc. n. (...) e (...) attorei le fatture n. (...) del 05.04.2018 e n. (...) del 13.06.2018 intestate ad (...) s.r.l.s. di cui (...) era amministratore unico); nonché, in secondo luogo, Euro 1.094,34 corrispondenti alla somma corrisposta a titolo di integrazione dell'attività di consulenza del dott. (...) che però, su esplicita richiesta dell'avv. (...), è stata versata a quest'ultimo, che l'ha illegittimamente trattenuta senza mai girarla al predetto consulente (V. sub Doc. n. (...) la fattura n. (...) del 22.05.2019 dell'avv. (...) avente ad oggetto "Integrazione perizia bancaria"). In definitiva, per quanto sin qui esposto ed argomentato, le parti convenute devono essere condannate al pagamento in favore della società attrice della complessiva somma di Euro 37.415,14, così partita: - Euro 12.020,00 in solido tra gli avvocati (...) e (...) in ragione del fatto che tale importo deriva dalle parcelle intestate allo (...) di cui erano gli unici associati (V. Docc. n. 3, 4, 5, 13 e 14 attorei) e dalle fatture pagate al dott. (...) per la sua consulenza in materia bancaria (V. Docc. n. 9 e 10 attorei); - Euro 8.344,00 al cui pagamento è condannato l'avv. (...) al quale solo è intestata la parcella per le cause "preventive" bancarie prodotta al Doc. n. 11 attoreo; - Euro 17.051,14 al cui pagamento è invece condannato l'avv. (...) al quale solo risultano intestate le parcelle relative alle cause "preventive" bancarie e (...) s.p.a., nonché la fattura per l'integrazione della consulenza del dott. (...), tutte prodotte ai Docc. n. 12, 15 e 17 attorei. Tali somme devono inoltre maggiorarsi dei soli interessi legali dalla data della domanda sino al soddisfo e non anche della rivalutazione monetaria, vertendosi sostanzialmente in tema di restituzione di somme a vario titolo corrisposte dall'attrice a terzi e agli stessi convenuti a titolo di compensi professionali e per le altre causali cui in precedenza si è fatto cenno. Per concludere, deve procedersi al rigetto delle domande tutte svolte dai convenuti nel proprio atto di costituzione ("- Accertare e dichiarare il diritto degli Avvocati (...) e (...) al percepimento del corrispettivo per le attività svolte - Accertare e dichiarare il compenso dovuto agli Avvocati (...) e (...) nella misura di Euro ..., confermando e determinando il medesimo ai sensi dei Parametri previsti dal D.M. n. 140 del 2014- Conseguentemente, condannare la (...) al pagamento delle somme dovute"), in primo luogo, poiché irritualmente formulate ed, in secondo luogo, perché gravemente sfornite di prova. Innanzitutto, dette domande costituiscono sostanzialmente delle riconvenzionali e, pertanto, se ne rileva l'assoluta irritualità di formulazione da parte dei convenuti, oltre che l'inammissibile genericità, posto che questi ultimi non hanno neppure ritenuto di indicare l'esatta quantificazione del compenso richiesto (testualmente: "- Accertare e dichiarare il compenso dovuto agli Avvocati (...) e (...) nella misura di Euro ..., confermando e determinando il medesimo ai sensi dei Parametri previsti dal D.M. n. 140 del 2014"), determinando con dei puntini di sospensione invece che con un importo esatto il quantum preteso. Inoltre, si evidenzia come a nulla possa servire la dissertazione svolta dai medesimi convenuti circa il valore giuridico da attribuire ai documenti inviati per PEC e, nello specifico, all'elenco analitico delle prestazioni effettuate e alle comunicazioni di revoca del mandato professionale inviatigli da (...) s.r.l. (V. Docc. n. 4 - 7 convenuti) da cui gli stessi professionisti farebbero (infondatamente) discendere una sorta di riconoscimento di debito dell'attrice in relazione al loro (preteso) svolgimento delle prestazioni professionali ivi elencate: è infatti evidente che tale allegazione da parte attorea era il frutto di una falsa rappresentazione della realtà fornita dai due professionisti che aveva portato la cliente a ritenere instaurate e proseguite procedure giudiziali che, come abbiamo visto, erano lungi dall'esserlo. Inservibile ed infondato, se non financo inconferente, deve dunque reputarsi un tale dedurre da parte dei convenuti, con la conseguenza che anche le relative domande di riconoscimento del diritto a percepire i compensi per le prestazioni (asseritamente) svolte dovranno andare incontro al rigetto più pieno. Le spese di lite vanno poste in solido a carico delle parti convenute, in osservanza del principio di soccombenza, e liquidate in favore della società attrice come da dispositivo, mediante la previsione di un importo forfettario a titolo di compenso per l'attività professionale svolta, calcolato sulla base dei parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, come modificato dal D.M. 8 marzo 2018, n. 37, avuto riguardo al decisum (Euro 37.415,14) e con il compenso calcolato ai valori medi - per lo scaglione di riferimento compreso tra Euro 26.000,01 ed Euro 52.000,00 - per le fasi di studio, introduttiva, trattazione/istruttoria e decisoria. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, Prima Sezione Civile, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione ed istanza disattesa, così provvede: 1) Accertato l'inadempimento contrattuale da parte degli avvocati (...) e (...) in relazione al mandato difensivo agli stessi conferito da (...) s.r.l., dichiara risolto il rapporto di prestazione professionale tra l'attrice ed i convenuti, ai quali nulla più è dovuto dalla prima a tale titolo, e condanna gli stessi convenuti a restituire all'attrice la somma complessiva di Euro 37.415,14, da maggiorarsi degli interessi legali a decorrere dalla domanda e sino al saldo, al cui pagamento vengono condannati quanto ad Euro 12.020,00 in solido entrambi i convenuti, quanto ad Euro 8.344,00 il solo avv. (...) e quanto ad Euro 17.051,14 il solo avv. (...). 2) Rigetta ogni altra domanda proposta dalle parti. 3) Condanna le parti convenute, in solido tra loro, a rifondere alla società attrice le spese e competenze di lite, che liquida nell'importo complessivo di Euro 8.040,00 di cui di Euro 786,00 per esborsi in senso stretto ed Euro 7.254,00 per competenze professionali, oltre al rimborso delle spese generali, I.V.A. e C.P.A., come per legge. Così deciso in Vicenza il 27 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 31 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE SECONDA CIVILE in composizione monocratica in persona del Dott. Ludovico Rossi ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al N. 5137 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2020, riservata in decisione all'udienza del 28 settembre 2022, vertente tra: (...) S.P.A. (P.I. (...)), in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. El.Ro. (C.F. (...) ), ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Montecatini Terme (PT) Viale (...), in virtù di mandato in calce all'atto di citazione - attrice - contro (...) (C.F. (...) ) e (...) (C.F. (...) ) - convenuti, contumaci - OGGETTO: simulazione assoluta - revocatoria ordinaria/risarcimento danni ex art. 2043 c.c. RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato l'attrice conveniva (...) e (...), deducendo che: - (...) era stato addetto vendite di (...) s.r.l. dal 31.12.2015 al 30.5.2017; il 9.5. e 8.6.2017 Sam effettuava in favore del (...), per un errore, un doppio pagamento dello stipendio del mese di aprile 2017, per Euro 3.543,00. Il convenuto non restituiva l'importo; - Sam chiedeva e otteneva dal Giudice di Pace di Pistoia un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 604/2019, per Euro 3.543,00 di capitale oltre spese ed interessi, non opposto; - la società notificava quindi al convenuto atto di precetto per Euro 4.808,91, procedendo a pignorare ex art. 521 bis c.p.c. la moto (...) di proprietà del (...), targata (...); il debitore veniva quindi avvisato dall'(...), ex art. 521 bis c.p.c., di "astenersi dal compiere qualsiasi atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito per la soddisfazione del quale si agisce, il motoveicolo che si assoggetta alla espropriazione" e di consegnare entro 10 giorni dalla data di notificazione dell'atto il motoveicolo pignorato, completo di documenti all'IVG di Vicenza; - in violazione dell'intimazione il (...), il 23.8.2019, 15 giorni dopo la notifica del pignoramento e nelle more della sua trascrizione, vendeva il proprio veicolo all'ex moglie (...), per Euro 5.000,00, a fronte di un valore di mercato di Euro 17/20.000,00: la vendita rendeva impossibile procedere alla trascrizione del pignoramento; - da successive verifiche emergeva che (...) non fosse titolare di patente A3, necessaria alla guida del mezzo; - con raccomandata dell'1/4.10.2019 Sam preannunciava ai convenuti l'avvio delle azioni a sua tutela, senza ricevere riscontro; - il 16.9.2019 Sam si fondeva per incorporazione in (...), che diveniva titolare di tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo all'incorporata; - il 21.11.2019 (...), evidentemente ancora nel possesso del veicolo, pubblicava sui social delle stories in cui compariva in sella alla moto pignorata; l'attrice sporgeva quindi denuncia querela ai Carabinieri, invitando poi i convenuti con raccomandata A/R alla stipula della convenzione di negoziazione assistita, senza ottenere riscontro; - da successive indagini emergeva che la moto veniva ceduta il 22.11.2019 dalla (...) a (...), per Euro 10.000,00. Tanto premesso in fatto, l'attrice deduceva la simulazione assoluta della vendita della moto, asseritamente conclusa tra il (...) e la (...), sussistendo gravi, precisi e concordanti indizi che porterebbero a ritenere la vendita come solo apparentemente conclusa e "in frode alla legge": (a) la tempistica, essendo il contratto stato concluso solo pochi giorni dopo la notifica del pignoramento; (b) il fatto che l'apparente acquirente fosse l'ex moglie del (...); (c) la mancata corresponsione del prezzo; (d) il fatto che la (...) fosse priva della patente di guida e che la moto sia stata utilizzata anche dopo alla cessione dal (...); (e) il prezzo di vendita notevolmente inferiore rispetto al prezzo di mercato del mezzo; (f) la circostanza che nonostante le varie comunicazioni della convenuta e gli inviti a negoziare il mezzo sarebbe stato rivenduto a terzi, distraendolo da possibili azioni revocatorie dell'attrice. (...) invocava quindi la "responsabilità solidale dei convenuti ex art. 2043 c.c.", fondata, per il (...), sull'aver alienato un bene già sottoposto ad esecuzione, per la (...) per aver contribuito a sottrarre il bene all'esecuzione già avviata. Quanto a quest'ultima, deduceva che in base alla giurisprudenza sussisterebbe la responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo all'acquirente di un bene del debitore, laddove (a) l'atto dispositivo del patrimonio sia revocabile ex art. 2901 c.c.; (b) dopo la stipulazione, il terzo compia atti elusivi della garanzia patrimoniale; (c) sussista il consilium fraudis del terzo acquirente e sussista (d) un eventus damni causato da fatto illecito del terzo. Osservava che: (A) sussistessero i presupposti per la revocatoria, (i) essendo (...) debitore, (ii) essendoci il consilium fraudis del debitore, notoriamente incapiente e indebitato anche presso terzi, la (iii) partecipatio fraudis della (...), ricavabile dal rapporto con l'ex coniuge, da cui si poteva desumere che la (...) fosse a conoscenza delle difficoltà economiche dell'ex e dal fatto che non fosse titolare di patente di guida e dall'esiguità del prezzo; (iv) la sussistenza di un eventus damni, rappresentata dal fatto che per effetto della vendita il (...) si era reso totalmente incapiente, non risultando ulteriori beni aggredibili; (B) sussistessero gli atti elusivi della garanzia patrimoniale, posto che la (...), che pure era stata informata per raccomandata dall'attrice dell'esistenza del pignoramento sul mezzo da lei acquistata e invitata a definire la controversia, lo aveva successivamente venduto a terzi, al prezzo dichiarato di Euro 10.000,00, comunque inferiore al valore di mercato; (C) sussistesse il consilium fraudis in capo al (...) e (D) l'eventus damni posto che per effetto della doppia cessione, si era reso impossibile per cavalleria Toscana recuperare il proprio credito. Deduceva pertanto che per effetto della sua condotta la (...) avrebbe dovuto essere condannata, in solido con il (...), al pagamento non solo delle spese dell'esecuzione, ma anche dell'importo precettato, che sarebbe altrimenti rimasto soddisfatto tramite l'esecuzione ex art. 521 bis c.p.c. L'attrice deduceva pertanto che secondo quanto stabilito dall'art. 517 c.p.c. il "costo dell'esecuzione dovrà essere quindi determinato in considerazione del credito precettato aumentato della metà", e quindi in Euro 7.212,27, importo che avrebbe consentito a (...) di ottenere il soddisfacimento del proprio credito comprensivo di capitale, interessi e spese sostenute per il recupero. Indicava pertanto in tale importo il danno causato dalla condotta dei convenuti. L'attrice deduceva inoltre che i convenuti, pur invitati alla stipula della convenzione di negoziazione assistita prima dell'avvio del giudizio, non avevano risposto. Chiedeva pertanto la loro condanna ex art. 96 c.p.c., rassegnando le conclusioni su esposte. I convenuti, cui l'atto era stato regolarmente notificato, non si costituivano e alla prima udienza del 19.1.2021 ne veniva dichiarata la contumacia e venivano concessi i termini ex art. 183, co. 6 c.p.c. Pervenuto il giudizio allo scrivente Magistrato, veniva disposto l'interrogatorio formale dei convenuti contumaci. All'udienza del 9.3.2022 si presentava la (...), che rendeva l'interrogatorio, mentre il (...), cui l'ordinanza istruttoria pure era stata notificata dall'attrice, non compariva. All'esito, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni al 28.9.2022. A tale udienza, tenutasi con modalità cartolare, si riscontrava il deposito delle note di ts e venivano assegnati i termini di legge per conclusionali e repliche. 2. La domanda attorea, diretta all'accertamento e declaratoria di simulazione assoluta della vendita della motocicletta tra (...) e (...), è infondata e deve essere rigettata. Ai sensi dell'art. 1414 co. 1 c.c. il contratto assolutamente simulato non "produce effetto tra le parti". Nella ricostruzione dell'attrice, dunque, essendo la vendita assolutamente simulata, il (...) sarebbe rimasto l'effettivo proprietario della motocicletta. Tale impostazione è tuttavia incompatibile con l'ulteriore circostanza (posta da (...) a fondamento dell'ulteriore domanda risarcitoria) secondo cui la (...) avrebbe successivamente venduto la motocicletta a terzi. In altri termini e semplificando, delle due l'una: o il contratto (...)/(...) era assolutamente simulato e (...) era rimasto titolare del mezzo (ma tale ricostruzione è incompatibile con il fatto che il mezzo è stato poi effettivamente venduto a terzi dalla (...)) o la (...) è divenuta effettivamente proprietaria del mezzo, vendendolo poi a terzi (e arrecando in questo modo all'attrice il danno, posto che la vendita (...)/(...) sarebbe stata al più suscettibile di revocatoria, resasi inutile per la successiva cessione a terzi: questi sono i presupposti dell'ulteriore domanda, risarcitoria, svolta dall'attrice, che, come si vedrà deve ritenersi fondata). Ciò a meno di voler considerare che la vendita (...)/(...) fosse relativamente simulata, e che per effetto di essa la (...) si fosse resa solo fittiziamente intestataria del mezzo, cedendolo a terzi e versandone il ricavato all'ex-marito: l'attrice non ha tuttavia svolto tale diversa ricostruzione, né ha svolto domande specifiche in tal senso. Essendo pacifico - oltre che ammesso dalla convenuta, in sede di interrogatorio formale, cfr. verbale del 9.3.2022 - che la moto fu successivamente venduta a terzi dalla (...), tutti gli elementi indiziari menzionati dall'attrice (gli stretti rapporti tra le parti, ex coniugi; il ridotto prezzo di vendita del mezzo; le tempistiche sospette della conclusione dell'accordo), sono irrilevanti, potendo al più fondare una domanda di revocatoria dell'atto. Tali conclusioni non sono superate dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio della (...). Questa, pur avendo ammesso di non aver versato il corrispettivo concordato con il marito per il mezzo, ha sostanzialmente affermato che il veicolo le sarebbe stato ceduto dall'ex, quale datio in solutum a fronte di vari debiti dell'ex-coniuge per obblighi di mantenimento. 3. Le ulteriori domande attoree, dirette ad ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento del danno cagionato a (...) per effetto della vendita e della successiva cessione dalla (...) a terzi è fondata e va quindi accolta, nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. Con tali ulteriori domande, (...) ha chiesto il risarcimento del danno che le sarebbe derivato dai predetti atti, ex art. 2043 c.c. prospettando che la vendita conclusa tra (...) e l'ex coniuge (...) sarebbe stata suscettibile di revocatoria e che conseguentemente detta cessione - unitamente alla successiva vendita della moto, dalla (...) al (...) - costituirebbe un illecito, da cui le sarebbe derivato un danno (costituito dal mancato incasso delle somme che l'attrice avrebbe ricavato portando a termine l'espropriazione mobiliare avente ad oggetto la moto). Era dunque onere dell'attrice provare tutti gli elementi dell'illecito aquiliano: a) il fatto illecito, consistente in una condotta commissiva/omissiva, consumata in violazione di un precetto legale; (b) l'imputabilità del fatto al danneggiante; (c) il dolo o la colpa del danneggiante; (d) l'evento dannoso (danno evento); (e) il nesso di causalità tra fatto illecito e danno evento; (f) il danno (conseguenza); (g) il nesso di causalità tra danno evento/e danno conseguenza. Con riferimento all'illecito, essendo rappresentato dalla conclusione di un atto suscettibile di revocatoria, (...) avrebbe dovuto provare che sarebbero sussistiti i presupposti di tale azione, con riferimento alla cessione (...)/(...), giacché "L'accoglimento della domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., proposta dal creditore nei confronti del terzo acquirente di un bene dal suo debitore in forza di un atto di disposizione assoggettabile a revocatoria, presuppone: 1) che l'atto dispositivo del patrimonio del debitore sia revocabile ai sensi dell'art. 2901 c.c.; 2) che, dopo la sua stipulazione, il terzo abbia compiuto atti elusivi, in modo totale o parziale, della garanzia patrimoniale; 3) che il fatto del terzo sia connotato da un'originaria posizione di illiceità concorrente con quella del debitore ("consilium fraudis") ovvero da una posizione di illiceità autonoma; 4) che sussista in concreto un "eventus damni" causato dal fatto illecito del terzo." (Cass. Sez. III, ord. n. 4271 del 19/2/2019). L'attrice ha ottemperato a tale onere. 3.1. Sarebbero infatti sussistiti tutti i presupposti ex art. 2901 c.c. per la revocatoria della cessione della moto tra (...) e (...), vale a dire: (i) l'esistenza di un credito in capo al soggetto che agisce; (ii) il compimento di un atto di disposizione da parte di un soggetto che sia debitore del primo, vale a dire di un atto negoziale in forza del quale il debitore modifica, anche solo qualitativamente, la propria situazione patrimoniale; (iii) il conseguente eventus damni, ossia il pregiudizio che da detto atto possa derivare alle ragioni creditorie; (iv) infine, la scientia fraudis, intesa quale consapevolezza, in capo al debitore-disponente, di recare pregiudizio al creditore (consapevolezza che, solo in presenza di un atto a titolo oneroso, è richiesta anche in capo al terzo). 3.1.1. Quanto al diritto di credito, è stato provato che al momento della cessione l'attrice fosse creditrice (in forza di d.i. non opposto) del (...). 3.1.2. Quanto all'atto pregiudizievole e all'eventus damni, l'attrice ha dedotto e provato che la cessione della motocicletta tra il (...) e l'ex (...) ha avuto l'effetto di annullare integralmente la garanzia patrimoniale del (...), per il resto nullatenente, oltre che gravato di altri debiti. 3.1.3. Sussistono poi gli ulteriori presupposti di cui all'art. 2901 c.c., rappresentati (i) dalla consapevolezza del pregiudizio in capo al debitore (...), ex art. 2901, n. 1 c.c. e (ii) dalla consapevolezza del pregiudizio in capo alla (...). Va evidenziato che l'attrice, nell'atto introduttivo ed in corso di causa, ha insistito sulla pretesa volontà fraudolenta della (...). In realtà, posto che nel caso di specie il contratto oggetto di domanda è successivo al sorgere del credito, è del tutto irrilevante la specifica finalità che avrebbe indotto i convenuti a concludere l'atto, poiché la prova della dolosa preordinazione va fornita solamente in caso di atto dispositivo anteriore al credito: (...) doveva pertanto solamente provare che i convenuti fossero consapevoli che detto atto arrecava pregiudizio alle proprie ragioni; sono del tutto irrilevanti le ragioni che avrebbero indotto le parti dell'accordo a stipularlo, dovendosi solamente dimostrare la consapevolezza del pregiudizio arrecato dall'atto alle ragioni del creditore. 3.1.3.1. Ciò premesso, è provato che il debitore fosse consapevole che la stipula del contratto fosse pregiudizievole delle ragioni dell'attrice. P. giorni prima della cessione era stato eseguito il pignoramento mobiliare, con gli avvertimenti di cui al 521 bis c.p.c.; si è poi detto che cedendo la moto, (...) si era spogliato dell'unico bene aggredibile dai debitori. 3.1.3.2. È provato che anche la (...), ex-coniuge del (...), fosse consapevole del pregiudizio. In relazione al grado di consapevolezza del terzo è stato chiarito che "In tema di azione revocatoria ordinaria, la consapevolezza dell'evento dannoso da parte del terzo contraente, prevista quale condizione dell'azione dall'art. 2901 primo comma n. 2, prima ipotesi, cod. civ., consiste nella conoscenza generica del pregiudizio che l'atto di disposizione posto in essere dal debitore, diminuendo la garanzia patrimoniale, può arrecare alle ragioni dei creditori, e la relativa prova può essere fornita anche a mezzo di presunzioni. Nel caso di vendita contestuale in favore di un terzo di una pluralità di beni del debitore, ovvero di vendita dell'unico bene immobile di proprietà del debitore, l'esistenza e la consapevolezza del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell'esercizio da parte di questi dell'azione pauliana, possono ritenersi "in re ipsa": in questo caso, incombe sul debitore, e non sul creditore, l'onere probatorio di dimostrare che il proprio patrimonio residuo sia sufficiente a soddisfare ampiamente le ragioni del creditore" (Cass. Sez. II, sent. n. 7507 del 27/3/2007; in senso conforme, cfr. Cass. Sez. III, sent. n. 3676 del 15/2/2011). Tanto premesso, è dimostrato che la (...) fosse consapevole del debito dell'ex-coniuge verso l'attrice. La circostanza, negata dalla convenuta in sede di interrogatorio, può comunque ragionevolmente presumersi dal legame tra i coniugi; peraltro la (...) ha ammesso che fosse a conoscenza del fatto che il (...) era in condizioni economiche precarie, non pagando gli alimenti dei figli dal settembre 2018 (cfr. verbale 9.3.2022, risposta a cap. 1). Posto poi che nella prospettazione della convenuta, la cessione della moto in suo favore doveva costituire un modo per l'ex marito di estinguere parte dei debiti da mantenimento nei suoi confronti, deve ritenersi che la (...) fosse ampiamente consapevole del pregiudizio che tale operazione arrecava agli altri creditori del (...). Sarebbero pertanto sussiste tutte le condizioni per l'accoglimento dell'azione revocatoria. 3.2. È poi provato e pacifico che dopo la stipula dell'atto in ipotesi revocabile (cessione (...)-(...)) la seconda abbia compiuto atti elusivi, cedendo la moto al terzo (...) per Euro 10.000,00, il 22.11.2019 (cfr. doc. 14; la circostanza è stata ammessa dalla convenuta contumace in sede di interrogatorio). 3.3. È stato poi dimostrato che il fatto della (...) fosse connotato da una posizione di illiceità: anche se la convenuta in sede di interrogatorio lo ha negato, è stato provato che l'1.10.2019 (cfr. doc. 9) il difensore dell'attrice aveva inviato sia al (...), sia alla (...) una comunicazione segnalando che il bene al momento della prima vendita era assoggettato a pignoramento, preannunciando l'avvio di iniziative legali (ivi inclusa, seppur non menzionata, l'azione revocatoria). Ciò nonostante, dopo appena un mese, la (...), ha ceduto nuovamente il mezzo. 3.4. È poi stato provato l'eventus damni, inteso come danno-evento e il suo nesso con l'illecito della (...) e del (...). L'attrice ha dimostrato che se il mezzo non fosse stato riceduto e fosse rientrato nel patrimonio del debitore originale per essere assoggettato all'espropriazione mobiliare (vuoi spontaneamente, a seguito di un accordo tra le parti, vuoi al termine dell'azione revocatoria ordinaria), sarebbe stato altamente probabile che (...) sarebbe rientrata del proprio credito, ammontante, considerando il capitale e le spese successive all'emissione del d.i., ad Euro 4.808,91 (cfr. doc. 4): la moto infatti è stata ceduta al (...) per la somma di Euro 10.000,00, ampiamente satisfattiva del credito dell'attrice (in disparte della circostanza che (...) ha anche dimostrato che il valore di mercato del mezzo era pari ad almeno il doppio). 4. Quanto alle conseguenze dannose dell'illecito, di cui l'attrice ha diritto ad essere risarcita, (...) le identifica, per la (...), non solo nell'importo precettato, ma anche nelle spese e compensi dell'esecuzione e ulteriori interessi maturandi che avrebbe potuto ricavare portando a termine l'espropriazione, quantificando la somma complessiva nel credito precettato aumentato della metà ex art. 517 c.p.c., pari ad Euro 7.212,17. Si tratta di una impostazione condivisibile solamente in parte. Anche se l'importo precettato (comprensivo di compensi legali e interessi maturati alla notifica del precetto) era pari ad Euro 4.808,91, per definire l'espropriazione della H. con esito positivo (vendita e assegnazione del ricavato all'attrice creditrice), (...) avrebbe dovuto sostenere tutta una serie di ulteriori spese, che avrebbero più che probabilmente finito per coincidere con la differenza tra importo precettato e somma aumentata della metà - Euro 2.403,26 (Euro 7.212,17-4,808,91): basti solo pensare agli esborsi (spese di notifica del precetto, del pignoramento; spese di (...); contributo unificato e marca per l'iscrizione del pignoramento; compensi dell'IVG, tanto quale custode tanto come soggetto, tanto come commissionario) e ai compensi del difensore di (...) per il pignoramento, oltre agli interessi legali maturandi sulla somma capitale fino al buon esito dell'espropriazione. Tali somme possono però essere tuttavia costituire un danno consequenziale all'illecito solamente nella misura in cui si tratta di spese effettivamente sostenute dall'attrice, e di cui - essendosi l'espropriazione mobiliare interrotta per effetto della cessione del mezzo - non ha potuto ottenere il ristoro. Per il resto, si tratta invece di spese di cui Cavalleria avrebbe in ipotesi dovuto farsi carico, e di cui avrebbe potuto ottenere il rimborso recuperandole dal ricavato dalla vendita, ma che al momento dell'illecito non aveva effettivamente sostenuto. Ciò chiarito, le uniche spese che l'attrice ha provato di aver sostenuto sono: le spese di notifica del precetto, per Euro 11,53 (cfr. doc. 4, pag. 14 del file), quelle di notifica e di pignoramento, per Euro 49,20 (cfr. doc. 5, pag. 1), cui può aggiungersi l'esborso per CU e marca del pignoramento (pari per legge, rispettivamente ad Euro 139 ed Euro 27, per complessivi Euro 166) e i compensi per il difensore per la fase di studio del pignoramento mobiliare, pari - considerando il valore del pignoramento e le tariffe applicabili all'epoca, applicate ai medi- ad Euro526,00, per complessivi Euro 752,73, da assommarsi alla somma di cui l'attrice era creditrice e che avrebbe potuto ricavare dalla vendita forzata del mezzo (e, dunque, il credito precettato pari ad 4.808,91). La (...) dovrà quindi essere condannata al pagamento di complessivi Euro 5.561,64 (Euro 4.808,91 + 752,73). Quanto alla posizione del (...), questi era ed è già debitore, in forza del d.i. non opposto, della somma di Euro 4.808,91. Al più, dunque l'ulteriore danno che il (...) sarà tenuto a risarcire all'attrice, in solido con la (...), corrisponde alle ulteriori spese sostenute da (...) per l'espropriazione del mezzo e di cui non ha potuto ottenere ristoro (pari come detto ad Euro 752,73). In conclusione, pertanto, (...) deve essere condannata al pagamento in favore dell'attrice della somma di Euro 4.808,91 ed entrambi i convenuti, in solido tra loro, al pagamento dell'ulteriore importo di Euro 752,73. Sui predetti importi spetteranno gli interessi dalla proposizione della domanda giudiziale fino al soddisfo. 5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono così liquidate, sulla base della L. n. 27 del 2012 e articoli 1-11 D.M. n. 55 del 2014 (modificato ex D.M. n. 147 del 2022) in base ai valori previsti per lo scaglione di riferimento - individuato in considerazione della somma concretamente riconosciuta all'attore in quello tra Euro 5.201,00 ed Euro 26.000,00 - applicati ai minimi, in considerazione della linearità delle questioni giuridiche e in fatto e dell'istruttoria concretamente svolta e precisamente: Euro 460,00 per la fase di studio della controversia, Euro 389,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 840,00 per la fase istruttoria ed Euro 851,00 per la fase decisionale, per complessivi Euro 2.540,00 oltre accessori. Agli attori dovranno essere altresì rimborsati gli esborsi, per Euro 339,11 (237,00 per contributo unificato, 27 Euro per marca, Euro 38,29 per spese di notifica citazione, Euro 23,82 per spese notifica ordinanza istruttoria, Euro 13,00 per spese di visure). I convenuti dovranno rimborsare all'attrice anche i compensi per la negoziazione assistita, ex art. 20, co. 1 bis, D.M. n. 55 del 2014, applicati ai minimi - in considerazione della linearità delle questioni trattate in sede di negoziazione - per Euro 221,00 per la fase di attivazione. 6. L'attrice ha chiesto altresì la condanna dei convenuti al risarcimento del danno, ex art. 96 c.p.c., per non aver risposto all'invito alla negoziazione assistita. La domanda deve essere rigettata. Pur potendo la mancata risposta all'invito essere valutata ex art. 96 c.p.c., ex art. 4, D.L. n. 132 del 2014 e pur essendo la condotta distrattiva ampiamente censurabile (oltre che foriera di possibili responsabilità di carattere penale in capo al (...)), non si ravvisano nel caso di specie i presupposti per l'applicazione dell'art. 96 c.p.c., anche in considerazione della generica articolazione della domanda attorea sul punto e dell'accoglimento solo parziale delle domande risarcitorie. P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: (i) rigetta la domanda attorea di declaratoria di simulazione del contratto di compravendita del motoveicolo (...) targato (...), concluso in data 23.9.2019 tra (...) e (...); (ii) in parziale accoglimento delle ulteriori domande attoree, condanna (...) e (...) al pagamento in favore di (...) s.p.a. delle seguenti somme, oltre interessi legali dall'introduzione del presente giudizio al saldo: - la somma di Euro 4.808,91, la sola (...); - l'ulteriore somma di Euro 752,73, (...) e (...) in solido tra loro; (iii) rigetta per il resto le domande attoree; (iv) condanna (...) e (...), in solido tra loro, alla refusione delle spese processuali per il giudizio in favore di (...) s.p.a., liquidate in Euro 2.540,00 per compensi, Euro 339,11 per esborsi, oltre accessori come per legge sui compensi e alla refusione delle spese per la negoziazione assistita, liquidate in Euro 221,00 per compensi, oltre accessori come per legge sui compensi; (v) rigetta la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. dei convenuti, proposta dall'attrice. Così deciso in Vicenza il 26 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA SEZIONE SECONDA CIVILE in composizione monocratica in persona del Dott. Ludovico Rossi ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, iscritta al (...) 2414 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 2018, riservata in decisione all'udienza del 21 settembre 2022, vertente tra: (...) (C.F. (...)), rappresentato e difeso dall'Avv. Na.Ga. (C.F. (...)), elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. Fr.Ra. in Vicenza, piazza (...), in virtù di mandato in calce all'atto di citazione - attore- e (...) (C.F. (...)), rappresentata e difesa dall'Avv. An.In. (C.F. (...)), elettivamente domiciliata presso il suo studio in Peschiera del Garda (VR), via (...), in virtù di mandato a margine alla comparsa di costituzione e risposta - convenuta - OGGETTO: preliminare di cessione d'azienda RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con atto di citazione ritualmente notificato l'attore conveniva la (...), chiedendo l'accoglimento delle domande sopra riportate. A sostegno delle proprie richieste, (...) deduceva che: - nel 2016 l'attore, intenzionato ad avviare una sua attività nel (...) I., tramite i siti internet visionava l'offerta concernente la tabaccheria-ricevitoria-edicola sita in V., viale F., 162, pubblicizzata dall'Agenzia "Azienda (...) di S. (V.); - contattata l'agenzia, l'attore con il padre (...) si recava a Vicenza ove incontrava (...), con cui discuteva le questioni preliminari inerenti la vendita dell'attività; dopo vari incontri, diretti ad ottenere informazioni sulla contabilità della tabaccheria, (...) scopriva che anche se tutti gli incontri si erano svolti con (...), questi non era intestatario della licenza, facente capo alla suocera, signora (...), di cui il (...) era mero coadiuvante. (...) chiedeva chiarimenti e (...) avrebbe riferito di essere lui, di fatto, ad occuparsi dell'attività della suocera, in là con gli anni; - con l'ausilio dell'agenzia si procedeva allo scambio di una proposta d'acquisto, accettata dall'attore, per il prezzo complessivo di Euro 80.000,00 e provvigione per l'agente pattuita in Euro 3.315,00, con versamento immediato (14.12.2016) a mezzo bonifico bancario su c.c. intestato alla (...), della somma di Euro 5.000,00 a titolo di caparra confirmatoria: per determinare le modalità di pagamento della restante somma, i tempi per la stipula dell'atto di vendita, nonché la stabilizzazione della figura dell'attore all'interno del tabacchino, posto che nelle more del definitivo (...) avrebbe ivi svolto quotidianamente attività lavorativa, furono concluse due distinte scritture private: (i) con la prima, sottoscritta nel gennaio 2017, la (...) si obbligava a cedere e vendere all'odierno attore l'azienda avente ad oggetto attività di tabaccheria - ricevitoria- edicola; ai soli effetti dell'art. 31 L. 22 dicembre 1957, n. 1293 le parti dichiarano che l'azienda oggetto di trattativa costituisce il complesso aziendale funzionante nello stesso locale di Vicenza; a seguito della sottoscrizione, l'attore eseguiva 2 bonifici, il 3.1.2017 per Euro 5.000,00 e il 10.1.2017 per Euro 10.000,00 in favore della (...), a titolo di caparra confirmatoria ed ulteriore anticipo della somma pattuita per la vendita. Nella scrittura il prezzo della vendita veniva confermato in Euro 80,000,00 e l'attore dichiarava di essere a conoscenza che prima del 30.10.2017 la (...) non poteva cedere l'azienda, convenendo che dal mese di gennaio 2017 o avrebbe gestito in prima persona l'attività, venendo nominato rappresentante temporaneo o sarebbe stato assunto come dipendente part- time, con costi a carico della parte promittente venditrice. (...) tuttavia non fu né nominato rappresentante temporaneo, né veniva assunto come dipendente; (ii) la seconda veniva sottoscritta il 22 maggio 2017, dopo che la (...) aveva contattato il (...), lamentando di non aver ricevuto la caparra. Dubitando del comportamento del (...), (...) fissò un incontro presso un commercialista di Monza, indicato dalla venditrice, per chiarire la situazione; in tale sede fu sottoscritta la seconda scrittura privata. In tale atto, diversamente che nel primo, la venditrice si impegnava a nominare rappresentante l'attore con onere di questi di sopportare vari costi (lotto, lotteria, tabacchi). Anche in questo caso, tuttavia, la (...) non nominò il (...); - nelle more, dal gennaio 2017 al luglio 2017, l'attore aveva svolto ininterrottamente attività lavorativa presso la tabaccheria, versando gli incassi sul conto corrente della tabaccheria intestato alla convenuta, pur non avendo l'accesso a detto conto, ma essendogli stata fornita unicamente la carta bancomat, abilitata solo al versamento e non al prelievo, con cui via via versava gli incassi; - (...) avrebbe versato altre somme: con bonifico dell'1.6.2017 Euro 1.500,00 quale ulteriore acconto della somma finale; con bonifico del 12.1.2017 Euro 800,00 a titolo di deposito cauzionale del contratto di locazione dell'immobile in cui si svolgeva l'attività, somma versata su conto corrente di (...) e (...); - in esecuzione delle intese, (...) avrebbe dovuto versare ulteriori (i) Euro 9.000,00 con 6 pagherò cambiari con scadenza mensile, ciascuno per Euro 1.500,00, effettivamente consegnati alla (...), di cui il primo scadente il 30.5.2017 ed i successivi scadenti il giorno 20 a far data dal mese di giugno 2017 al mese di ottobre 2017; (ii) Euro 5.000,00 al definitivo (da concludersi entro e non oltre il 30.10.2017) ed alla consegna dell'azienda a mezzo di n. 5 effetti cambiari da Euro 1.000,00 ciascuno ed intestati alla (...), scadenti il 30 di ciascun mese a partire da novembre 2017 fino a marzo 2018; (iii) Euro 18.000,00 con assegno circolare da consegnarsi contestualmente alla stipula del definitivo; (iv) Euro25.000,00 da versarsi dopo la sottoscrizione dell'atto notarile tramite 10 pagherò cambiari per Euro 2.500,00 cadauno, intestati alla (...), ciascuno scadente il 15 del mese a far data dal novembre 2017; - nonostante (...) versasse tutte le settimane le somme incassate svolgendo l'attività di tabacchino sul conto della (...), somme che avrebbero dovuto essere utilizzate anche per coprire i costi dell'attività, gli incassi non sarebbero mai stati sufficienti a coprire i costi, sicché (...) avrebbe dovuto versare somme personali sul conto della (...) per coprire i maggiori costi: complessivamente l'attore versava Euro 32.930,00; (...) per far fronte alle spese della tabaccheria si vedeva costretto a versare a (...) Euro 500,00 con bonifico del 14.3.2017, Euro 1.783,59 con bonifico del 16.3.2017, Euro 1.3197,43 con bonifico del 5.5.2017; - nel luglio 2017 (...) chiedeva invano a (...) di poter accedere al conto e verificare il contenuto; - a fronte del rifiuto di (...) gli comunicava verbalmente di non voler procedere all'acquisto dell'attività, chiedendo la restituzione delle somme versate; - (...) avrebbe quindi convocato l'attore con il padre a Monza presso lo studio di una consulente, Dott.ssa (...), senza tuttavia fornire chiarimenti; dopo qualche giorno (...) intimava all'attore di continuare a lavorare e procedere ai versamenti, come sempre fatto, segnalando che aveva deciso di rimettere in vendita la tabaccheria, per la minor somma di Euro 50.000,00; - l'attore alla fine del mese di luglio rinveniva un incarico a vendere a terzi, conferito dal (...), datato il 3.4.2017: a quel punto (...), avuta la certezza della malafede della convenuta, si rivolgeva al difensore, che inviava una raccomandata alla (...), chiedendo chiarimenti; - il difensore veniva contattato da R.L., la consulente incontrata da (...) e il padre con il (...) che tuttavia con due successive comunicazioni negava la stipula delle due scritture; - successivamente, con raccomandata a/r del 23.10.2017, (...) veniva diffidato dalla (...) a stipulare il contratto definitivo di vendita, in data 20.11.2017, presso lo studio del Notaio (...); - nelle more, l'attore aveva tuttavia raccolto altre prove del raggiro ai suoi danni, apprendendo che la (...), lungi dal volerlo stabilizzare, aveva reperito un altro acquirente, (...), che già nel mese di novembre 2017 aveva iniziato a gestire la tabaccheria. In diritto l'attore, premettendo che presupposto della cessione di un'attività di tabaccheria è la cessione dell'azienda contenuta nel locale di tabaccaio (ex art. 31, L. n. 1293 del 1957), osservava che la (...) non avesse presentato al monopolio l'istanza finalizzata alla fruizione delle disposizioni di cui all'art. 31, L. n. 1293 del 1957 e che dunque si fosse fraudolentemente impegnata a cedere la licenza e l'attività entro il mese di ottobre 2017. Osservava di essere stato immesso nel possesso della tabaccheria e di aver sempre adempiuto, come da scrittura privata, ai suoi oneri. Chiedeva pertanto dichiararsi la risoluzione del contratto preliminare (la seconda scrittura privata, del maggio 2017) per inadempimento della convenuta. Chiedeva inoltre il risarcimento del danno conseguente all'inadempimento della (...) e la condanna di quest'ultima al pagamento della somma complessiva di Euro 77.168,02, di cui Euro 20.000,00 quale doppio della caparra versata, Euro 25.000,00 quale restituzione della somma versata in acconto prezzo, Euro 21.572,00 pari all'ammontare degli oneri e somme versate sul c.c. della convenuta dall'attore, nel corso della gestione della tabaccheria, Euro 3.618,02 per esborso di oneri dell'azienda e Euro 6.915,00 per il deposito della cauzione, canoni di locazione e la provvigione versata all'agenzia per l'acquisto della tabaccheria. La prima udienza, indicata in citazione per il 23.7.2018, veniva differita ex art. 168, bis co. 5 c.p.c. al 24.7.2018. Si costituiva la (...) con comparsa depositata 2.7.2018, svolgendo anzitutto dei chiarimenti in fatto, deducendo che: - era stata effettivamente proprietaria della tabaccheria sita in V., viale F., 162; risiedendo tuttavia in Milano l'attività veniva gestita dal genero (...), quale coadiutore; - aveva deciso di mettere in vendita l'attività tramite l'Agenzia Azienda sì, che individuava il (...), che si incontrava con il (...) che avrebbe da subito chiarito di essere mero coadiutore; (...) si sarebbe deciso ad acquistare l'attività, sottoscrivendo la proposta d'acquisto nel dicembre 2016 per il prezzo di Euro 80.000,00, proposta accettata dalla (...); - (...) bonificava alla (...) complessivi Euro 20.000,00 a titolo di caparra confirmatoria e acconto; non avendo disponibilità immediata dei residui Euro 60.000,00, intervenivano vari accordi orali, mai formalizzati per iscritto, per effetto dei quali si permetteva a (...) di lavorare in tabaccheria e gestirla, occupandosi degli oneri e facendo propri i profitti: in questo periodo (...) avrebbe dovuto versare sul conto corrente della (...) ulteriori acconti sul prezzo; - tuttavia, dopo il versamento di Euro 20.000,00, la (...) avrebbe percepito unicamente Euro 2.500,00 in contanti (menzionati nel preliminare del 22.5.2017) e Euro 1.500,00 con bonifico del 6.6.2017; - la (...), anche prima dell'ingresso del (...), non gestiva la situazione finanziaria dell'attività e non percepiva utili: gli incassi venivano versati esclusivamente sul c.c. intestato alla ricevitoria, conto su cui era possibile eseguire solo versamenti, avvalendosi della carta bancomat in possesso del solo (...): quanto ivi versato veniva usato solamente per il pagamento dei RID/SEBA; - la (...), in concreto, non conosceva gli incassi dell'attività, perché su detto conto venivano versate solamente le somme necessarie al proseguimento dell'attività; nel momento in cui (...) subentrò nella gestione dell'attività, gli veniva consegnata la carta; - tra gennaio e aprile 2017 venivano predisposte due bozze di preliminare, non sottoscritte dalla (...); la convenuta precisava di non aver mai ricevuto le somme che il (...), nelle more, le avrebbe versato in acconto sul c.c., e di non aver mai ricevuto versamenti tramite bonifico o altro mezzo di pagamento, non avendo mai incontrato il (...) nelle more, non avendo mai sottoscritto la promessa di acquisto del gennaio 2017 (doc. 4 attore) o le ricevute dei presunti versamenti in contanti (cfr. doc. 8 attore); - verosimilmente, il (...) non versava l'intero incasso giornaliero sul c.c. della tabaccheria: e infatti, in quel periodo, a causa della mancanza di fondi sul conto della tabaccheria il (...) si vide costretto a versare somme di sua tasca a copertura dell'esposizione del tabacchino; - la mancanza di fondi creò difficoltà all'attività, legate al fatto che (...) non presenziasse con continuità e regolarità presso il tabaccaio; - stanti le inadempienze del (...), la (...) chiedeva di incontrarlo. Seguiva il 22.5.2017 un incontro presso la commercialista della convenuta, (...), alla presenza del marito della convenuta, del (...) e del (...), cui chiedeva se avesse la disponibilità per saldare il prezzo convenuto per la vendita; - in tale occasione veniva manifestata la volontà da parte del (...) di mettere in vendita nuovamente la tabaccheria; in quell'occasione il (...) firmava 8 cambiali, di cui la prima datata 30.5.2017; - al termine dell'incontro veniva quindi sottoscritto il preliminare del 22.5.2017; - a seguito di tale incontro, stante il mancato incasso delle cambiali per incapienza del (...), la ricevitoria veniva rimessa in vendita e lo stesso padre del (...) si adoperava in tal senso; - seguiva un secondo incontro presso lo studio della (...), nel corso del quale il padre del (...) avrebbe presentato dei documenti bancari, attestanti la volontà di richiedere un finanziamento per l'acquisto dell'attività e, al contempo, chiedeva la riconsegna delle cambiali in possesso della Dott.ssa (...), la quale, tuttavia, non le riconsegnava; - nel corso di tale incontro la (...) insisteva per il pagamento degli ulteriori acconti per la vendita mai pervenuti e (...), unitamente al genitore, avrebbe risposto che avrebbe saldato l'intero importo entro il mese di ottobre 2017. Qualche giorno dopo, a metà luglio, (...) avrebbe tuttavia avvisato (...) che non aveva più intenzione di acquistare la proprietà, chiedendo nuovamente la restituzione delle cambiali, non riconsegnate dalla (...); - dal luglio 2017 (...), in violazione del preliminare, cessava di lavorare presso la ricevitoria, salvo che per qualche giorno a settembre; - nel frattempo, le inadempienze di (...), che non aveva più versato gli incassi, costringendo il (...) a effettuare versamenti sul conto dell'attività, erano tali da determinare il blocco della consegna dei prodotti per diverse settimane, in quando i RID/SEBA non venivano pagati per mancanza di fondi; - (...) veniva quindi diffidato a presentarsi dinnanzi al Notaio per la stipula del definitivo, per il 20.11.2017, senza tuttavia comparire; - in seguito, veniva trovato un nuovo acquirente, (...), che, dopo un incontro nel dicembre 2017 iniziava a lavorare presso la tabaccheria, acquistandola di lì a breve, nel gennaio 2018. Ciò premesso in fatto, la convenuta disconosceva formalmente le proprie sottoscrizioni, asseritamente apposte sulla bozza di preliminare/promessa di vendita del gennaio 2017, prodotto come doc. 4 dall'attore, sulle 6 ricevute per Euro 2.500,00 ciascuna, prodotte sub. doc. (...) dall'attore, sul conferimento di incarico datato 3.4.2017, prodotto dall'attore sub. doc. (...) (documentazione tutta allegata in copia). Contestava di non aver percepito le ulteriori somme menzionate dall'attore, all'infuori della caparra vari acconti su riconosciuti (per complessivi Euro 24.000,00). Deduceva che era piuttosto emerso che in base al preliminare del 22.5.2017 - l'unico effettivamente stipulato - (...) si era impegnato a curare la gestione dell'attività, saldando i vari addebiti rid/sepa per forniture e al pagamento di tutte le spese ed utenze, compreso il canone di locazione, imposte e tasse fino al rogito. Deduceva che, al contrario, (...) non avrebbe adempiuto a tali oneri, posto che molti debiti sarebbero stati saldati dal (...); deduceva quindi che (...) non potesse richiedere la restituzione delle somme versate sul conto corrente, posto che le stesse non potrebbero essere considerate come parte del maggior dovuto quale acconto, ma come pagamenti in esecuzione dell'ordinaria attività gestoria. Deduceva che, quale inadempimento, non poteva essergli contestata la circostanza che potesse aver deciso di rimettere in vendita l'attività a terzi: osservava sul punto che non vi fosse prova delle asserite discussioni tra il (...) e il (...) e la possibilità di rivendita del contratto fosse stata convenuta nel preliminare del 22.5.2017; anzi la volontà della convenuta di rimettere in vendita l'attività a terzi sarebbe stata evidenziata all'incontro del 22.5.2017. Negava che le trattative col soggetto cui poi venne ceduta l'azienda, (...), fossero iniziate nell'ottobre 2017, risalendo al dicembre 2017, dopo che il (...) era stato diffidato (senza buon esito) a stipulare il preliminare. Negava l'asserita violazione dell'art. 31 L. n. 1293 del 1957, riepilogando contenuto e portata di detta disposizione in quanto, come precisato nello stesso preliminare del 22.5.2017, la (...) non avrebbe potuto cedere l'azienda e procedere alle formalità previste dalla norma prima dell'ottobre 2017. Deduceva che fosse stato piuttosto il (...) a essersi reso inadempiente, omettendo di corrispondere le ulteriori somme dovute a titolo di acconto e caparra confirmatoria, oltre a quelle originariamente corrisposte, dichiarando fin dal luglio 2017 di non essere più interessato all'acquisto dell'attività e omettendo di procedere alla stipula del definitivo. Pur dando atto che le parti si erano accordate per l'assunzione del (...) a seguito della stipula del preliminare, evidenziava che da contratto fosse onere dell'attore attivarsi per farsi assumere/coprire i relativi costi posto che ai sensi della normativa di settore il (...) non avrebbe potuto lavorare all'interno dell'attività senza l'autorizzazione dei Monopoli. La (...) instava quindi per il rigetto delle domande attoree; proponeva domanda riconvenzionale, chiedendo accertarsi il grave inadempimento di (...) e dichiararsi il contratto preliminare del 22.5.2017 risolto per inadempimento di quest'ultimo. Chiedeva il risarcimento dei danni consequenziali all'inadempimento del (...): deduceva infatti di aver subito un danno patrimoniale, essendo stata costretta a svendere l'attività allo (...), per un prezzo nettamente inferiore a quello concordato dal (...) (Euro 31.500,00 in luogo di Euro 80.000,00). Osservava che, detratte le somme di Euro 20.000,00 versate a titolo di caparra confirmatoria e acconto dal (...) ed Euro 2.500,00 in contanti ed Euro 1.500,00 successivamente incassati quali acconto, residuava in suo favore un credito di Euro 24.500,00. Evidenziava che a causa delle iniziative giudiziarie coltivate, anche in sede penale, dal (...), aveva subito uno stato di profonda preoccupazione e stress: chiedeva quindi il risarcimento di Euro 20.000,00 a ristoro del danno alla salute. Chiedeva infine condannarsi l'attore ex art. 96 c.p.c. Alla prima udienza, tenutasi il 14.7.2018, venivano concessi i termini ex art. 183, co. 6 c.p.c. All'udienza del 18.1.2019 la causa veniva rinviata al 12.4.2019 per vagliare la possibilità di una soluzione transattiva. Seguivano una serie di rinvii, da ultimo al 26.11.2021. Pervenuto il giudizio allo scrivente Magistrato, l'udienza del 26.11.2021 veniva anticipata al 25.11.2021; a scioglimento della riserva assunta a detta udienza, ritenuta la necessità di acquisire nuova copia del doc. 2 (prodotto dall'attore in formato non leggibile), rigettate per il resto le istanze istruttorie, veniva formulata una proposta conciliativa. All'udienza del 9.3.2022, preso atto del deposito del documento in formato leggibile, parte attrice dava il suo assenso alla proposta, rifiutata dalla convenuta. La causa veniva quindi rinviata per la precisazione delle conclusioni al 21.9.2022. A detta udienza, tenutasi in modalità cartolare, si riscontrava il deposito delle note di trattazione scritta in cui le parti rassegnavano le conclusioni su esposte. La causa veniva quindi trattenuta in decisione, con termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. 2. Va preliminarmente evidenziato che a fronte dello specifico disconoscimento della sottoscrizione dei docc. attorei n. 4 (la promessa di vendita dell'azienda asseritamente sottoscritta nel gennaio 2017), 8 (le 6 ricevute per Euro 2.500,00 ciascuna asseritamente sottoscritta dalla convenuta) e 14 (il conferimento di incarico datato 3.4.2017), svolto dalla convenuta in comparsa di costituzione, l'attore non ha formulato specifica istanza di verificazione/né si è offerto di produrre gli originali di tali documenti, limitandosi ad affermare che gli sarebbero stati consegnati già sottoscritti dal (...), coadiutore della (...) (cfr. prima memoria 183, pagg. 6-7). Gli unici atti regolanti i rapporti tra le parti sono dunque la proposta di acquisto del tabacchino e l'accettazione della (...), del 14.12.2016 (cfr. doc. 2 attore) e la scrittura privata del 22.5.2017 (cfr. doc. 7 attore), quest'ultima oggetto delle contrapposte domande di risoluzione delle parti. 2.1. È dunque pacifico e provato che nel dicembre 2016 le parti sottoscrissero la proposta dell'acquisto (l'attore) e l'accettazione (la convenuta), avente ad oggetto la tabaccheria. Nella proposta, assai sintetica, viene indicato il prezzo d'acquisto, per 80.000,00 Euro, di cui Euro 5.000,00 versati al saldo della proposta, Euro 15.000,00 entro il 30.12.2016, 24.000,00 al rogito e il residuo tramite 18 effetti cambiari da Euro 2.000,00 ciascuno, ciascuno con scadenza al 15 del mese, dal gennaio 2017 (cfr. doc. 2 attore). Le versioni delle parti contrastano sui successivi sviluppi. L'attore ha sostenuto che nel gennaio 2017 avrebbe sottoscritto il preliminare d'acquisto (disconosciuto tuttavia dalla (...)), venendo immesso nella gestione del tabbaccaio. Al di là della sottoscrizione o meno di tale contratto, è pacifico - e non contrastato dalle parti - che il (...) sia stato immesso nella gestione del tabaccaio. È poi pacifico che il 22.5.2017 le parti conclusero, in forma di scrittura privata, il contratto oggetto delle domande delle parti (cfr. doc. 7 attore). 2.2. In tale accordo, denominato "promessa di vendita con riserva di proprietà", la (...), premesso di essere proprietaria dell'attività di tabaccheria, ricevitoria, edicola in Via F., 162, V., prometteva di vendere al (...) l'azienda "sopra descritta costituita da avviamento commerciale, tutte le attrezzature e i beni mobili usati risultanti dall'elenco allegato "A" (art. 1), chiarendo che l'attività commerciale veniva esercitata in locale di terzi. All'art. 4 il prezzo d'acquisto viene fissato in Euro 80.000,00, da corrispondersi con le seguenti modalità: "a) Euro 15.000,00 ... sono stati complessivamente versati prima d'ora con bonifico del 4.01 e 11.01.2017, a titolo di caparra confirmatoria; b) Euro 2.500,00 ... son stati prima d'ora versati in contanti, in due tranche da Euro 1.250,00 cadauna ... a titolo di acconto sul prezzo; c) Euro 5.000,00 ... da versarsi con assegno circolare o con bonifico bancario ... entro la firma della presente scrittura e comunque non oltre il 30.5.2017; d) Euro 9.000,00 .... verranno rilasciati a mezzo n. 6 effetti cambiari-pagherò entro la firma della presente scrittura, da versarsi in rate mensili da Euro 1.500,00 ... intestati alla promittente venditrice sig.ra (...), di cui la prima scadente il 30 di maggio e le successive scadenti il giorno 20 a far data dal mese di giugno 2017 e fino ad ottobre 2017. Qualora la promittente acquirente paghi le rate con assegno circolare o bonifico bancario precedentemente alle rispettive scadenze, i relativi effetti cambiari non verranno messi all'incasso; e) Euro 5.000,00 ... verranno corrisposti contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo e alla consegna dell'azienda, a mezzo n. 5 effetti cambiari cadauno scadenti il giorno 30 di ogni mese a partire da novembre 2017 e fino a marzo 2018 .... da rilasciarsi dopo il nulla osta rilasciato dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di stato al sub ingresso nell'attività di rivendita dei generi di Monopolio ... f) Euro 18.500,00 ... con assegno circolare, corrisposti contestualmente alla stipulazione del contratto definitivo e alla consegna dell'azienda; g) Euro 25.000,00 ... verranno versati dopo la sottoscrizione dell'atto notarile in 10 effetti cambiari. Si precisa che parte promittente venditrice si avvarrà del patto di riservato dominio fino all'estinzione totale del pagamento". All'art. 5 si chiariva che il (...) dichiarava di "essere a conoscenza che prima del 26.10.2017 la sig.ra P.(...) non potrà cedere l'azienda, ma da gennaio 2017 gestirà in prima persona l'attività, venendo nominato rappresentante temporaneo unitamente al Sig. (...)", chiarendosi, al successivo art. 6 che "i costi per la regolarizzazione ed eventuale assunzione con relative spese di gestione saranno a carico" di (...) e che "le tasse saranno totalmente a carico del sig. (...), quale coadiutore dell'attività promessa in vendita, sino alla data di stipula del contratto definitivo, pur non esonerando la Promittente Acquirente dalla responsabilità solidale per i debiti (anche tributari) relativi al periodo della sua gestione .... Veniva poi previsto che (...) avrebbe provveduto al "pagamento dei vari addebiti rid/seba (lotto, lotteria, tabacchi, bollo auto, dolciumi, (...), marche da bollo). Si impegna a far visionare pagamenti e incassi dell'azienda solo per controllo al sig. (...) e per conto della sig.ra (...). Gli utili infatti saranno goduti dalla Promissaria Acquirente.". (...) si impegnava altresì al pagamento di tutte le spese ed utenze relative alla gestione, compreso il canone di locazione (cfr., sempre art. 6) e al pagamento di tutte le imposte e tasse maturanti nel periodo di gestione. All'art. 7 veniva previsto che il contratto di cessione d'azienda avrebbe dovuto essere stipulato entro e non oltre il 30.10.2017. L'art. 11 stabiliva che qualora la (...) "nelle more della definizione della presente vendita, intendesse cedere l'attività in oggetto ad una terza persona" (...) "dichiara sin d'ora di accettare il subentro nella medesima attività da parte del terzo promissario acquirente, con conseguente rinuncia al presente acquisto, a fronte della restituzione degli acconti pagati fino a quel momento", direttamente dal nuovo promittente acquirente. 2.3. Per una più chiara comprensione del contenuto dell'accordo, è opportuno precisare che l'attività di rivendita di tabacchi è un'attività regolamentata, sottoposta a un regime di concessioni e autorizzazioni amministrative. Le rivendite devono essere gestite personalmente dagli assegnatari dei provvedimenti autorizzativi (art. 28 L. n. 1293 del 1957), che possono al più avvalersi di familiari coadiutori ed assistenti, autorizzati dalla PA, secondo le disposizioni di dettaglio (D.P.R. n. 1074 del 1958, artt. da 63 a 64). In ragione di tale regime vincolato, l'art. 31 della L. n. 1293 del 1957 stabilisce che "Le rivendite ordinarie e speciali non possono a qualsiasi titolo essere cedute. Quando si verifichi cessione dell'azienda ubicata nello stesso locale della rivendita, l'Amministrazione può consentire che il rivenditore rinunci alla gestione ed il cessionario consegua, alle condizioni in vigore, l'assegnazione della rivendita a trattativa, privata", autorizzazione che, ex art. 69 D.P.R. n. 1074 del 1958, può essere concessa a condizione che siano trascorsi almeno due anni dalla precedente cessione d'azienda. In questo contesto, va evidenziato che anche se l'azienda tramite cui viene esercitata la rivendita può essere autonomamente ceduta, l'ulteriore asset essenziale è costituito dall'assegnazione amministrativa della rivendita. In questo contesto, visti i vincoli di carattere amministrativo, le prassi negoziali hanno portato a varie soluzioni, quali quelle di vendite condizionate risolutivamente o sospensivamente al successivo consenso ex art. 31 della p.a. o contratti preliminari. Il contratto oggetto di causa deve essere qualificato come un contratto atipico, contenendo elementi tipici del preliminare di cessione d'azienda - cessione, che, per come descritto nell'accordo, avrebbe dovuto essere stipulata con la clausola di riservato dominio, in capo alla (...), fino all'integrale saldo delle somme convenute - ma regolando anche, nelle more della stipula del definitivo, la gestione dell'attività da parte del (...). Nel caso di specie le parti avevano quindi ritenuto di concludere un preliminare avente ad oggetto la vendita, con patto di riservato dominio a favore della promissaria venditrice (...) (che sarebbe rimasta proprietaria dell'attività, anche successivamente alla vendita fino all'intero saldo del prezzo); di converso nel preliminare come si è visto è stato previsto che il (...) avrebbe dovuto versare una parte del prezzo solamente a seguito del rilascio del nulla osta della PA. 2.4. È pacifico - per stessa ammissione della (...) - che questa non gestisse, a causa dell'età, la tabaccheria, avvalendosi di un coadiutore, il genero (...). Dall'esame dei vari accordi conclusi tra le parti si evince che (...), dopo aver manifestato l'interesse all'acquisto, sottoscrivendo nel dicembre 2016 la proposta d'acquisto, accettata dalla (...), venisse immesso sin dal gennaio 2017 nella gestione della tabaccheria (le parti ne danno atto e che la gestione fosse passata al (...) è riconosciuto anche dal contratto preliminare oggetto delle domande delle parti, cfr. doc. 7, art. 6). Come sia stata regolata l'attività nel periodo intercorrente tra il gennaio 2017 e la stipula del preliminare del 22.5.2017 (se, come asserisce il (...), in ragione delle condizioni previste in un altro preliminare, la cui sottoscrizione è stata tuttavia disconosciuta nel presente giudizio o giuste intese verbali tra (...) e (...), per conto della (...)) è nel complesso indifferente, perché nell'Acc. del 22 maggio 2017, unico da considerarsi regolante i rapporti tra attore e convenuta, le parti tacciono sulla gestione pregressa. Va evidenziato che anche se l'assetto dato dalle parti (in cui (...), un estraneo privo di autorizzazione amministrativa, veniva immesso nella gestione della tabaccheria peraltro non esercitata dalla (...) personalmente ma da un suo coadiutore) potrebbe contrastare con le summenzionate disposizioni di carattere amministrativo, la questione non rileva nel presente giudizio, essendo tale irregolarità non rilevante sotto il profilo civilistico nei rapporti tra le parti, come osservato anche dalla giurisprudenza di legittimità così espressasi in vicenda similare: "L'art. 28 della L. n. 1293 del 1957, per il quale le rivendite devono essere gestite personalmente dagli assegnatari, che sono gli unici responsabili verso l'Amministrazione, impone al titolare di gestire personalmente la rivendita di generi di monopolio ottenuta in concessione e gli vieta di cederla a terzi, ma non esclude la validità "intra partes" del contratto di cessione della gestione della rivendita, come fonte di reciproci diritti ed obblighi." (Cass. Sez. VI, ord. n. 31738 del 4/12/2019). 3. Così inquadrati i rapporti tra le parti, si può procedere all'esame delle domande. Le domande attoree, dirette alla declaratoria di risoluzione per inadempimento della (...), sono infondate e devono pertanto essere rigettate per i motivi di seguito esposti. 3.1. L'attore ha dedotto che il contratto dovrebbe essere risolto, ex art. 1453 c.c., lamentando in ultima analisi unicamente detto inadempimento: la (...) avrebbe gravemente inadempiuto, non attivando l'iter per la nomina del "rappresentante" ex art. 31, L. n. 1293 del 1957 (cfr. citazione, pagg. 9-13 e da ultimo conclusionale, pagg. 10-12). Tali rilievi, derivanti da una lettura parziale del contratto e da una mancata considerazione delle disposizioni di legge regolanti la disciplina delle tabaccherie, su menzionate, sono infondati. Si è detto che ex art. 31 della L. n. 1293 del 1957 le rivendite non possono essere cedute, potendo al più essere ceduta l'azienda ubicata nel locale; in tal caso, ai sensi di detta norma, la PA può consentire che il rivenditore rinunci alla gestione, assegnandola al cessionario. Coerentemente a tale quadro normativo, nel contratto del 22.5.2017 la (...) non si era affatto impegnata ad attivare l'iter di cui all'art. 31 prima della stipula della cessione d'azienda, essendo anzi chiaramente indicato nel contratto che il (...) fosse a conoscenza che "prima del 26.10.2018 la sig.ra (...) non potrà cedere l'azienda". In ultima analisi, da una lettura complessiva dell'accordo (e in particolare, delle disposizioni relative a termini e modalità di pagamento) emerge che le parti si fossero determinate a cedere l'azienda (prevedendo comunque il riservato dominio in capo alla (...)) entro il 30.10.2017 (previo versamento dei vari acconti, secondo le modalità previste) e che solo una volta concluso il definitivo, la (...) avrebbe dovuto attivare l'iter di cui all'art. 31 (ciò perché comunque, prima della fine di ottobre, non avrebbe potuto farlo, non essendo decorsi i due anni ex art. 69, D.P.R. n. 1074 del 1958). 3.2. La difesa attorea, facendo incongruamente riferimento alla nomina del "rappresentante" ex art. 31 - perché tale norma fa invece riferimento all'assegnazione amministrativa della rivendita - parrebbe riferirsi anche alla circostanza che, nelle more della conclusione del contratto, (...) non sarebbe stato nominato rappresentante (come previsto dall'art. 5 del contratto, cfr. doc. 7 attoreo). Anche sotto tale profilo i rilievi sono infondati. Con tale previsione contrattuale, evidentemente, le parti volevano dare una veste giuridica alla gestione di fatto dell'attore della tabaccheria, prevendo che il (...) avrebbe potuto essere nominato assistente per il servizio materiale di vendita (ex art. 64, D.P.R. n. 1074 del 1958); ciò perché il (...), non essendo parente della convenuta, non avrebbe potuto essere nominato coadiutore. Ad ogni modo, ai sensi dell'art. 6, (...) si sarebbe dovuto far carico delle spese - e dunque dell'iter - per la regolarizzazione della sua posizione; l'attore non ha dedotto di essersi mai attivato in tal senso. Ad ogni modo, la mancata regolarizzazione del (...) secondo le disposizioni di settore su riportate (sempre ipotizzando che potesse essere possibile, da un punto di vista squisitamente amministrativo) non costituisce in sé un inadempimento rilevante ex art. 1453 c.c. non essendo stato allegato o comunque provato che, in suo difetto, (...) si sarebbe trovato impossibilitato alla gestione della tabaccheria, nei mesi intercorrenti tra stipula del preliminare e definitivo. 3.3. Ne discende anche il rigetto delle domande risarcitorie, aventi ad oggetto (i) gli Euro 21.572,00 che l'attore avrebbe versato, sul conto della tabaccheria, nei mesi in cui fu immesso nella gestione. In disparte che l'attore non ha specificamente e dettagliatamente provato detti esborsi, in forza del contratto concluso (...) era infatti tenuto al pagamento delle spese, oneri e tasse del tabaccaio, potendo conservare la residua parte di utili, sicché le somme devono considerarsi come correttamente versate, in esecuzione dell'accordo; (ii) degli Euro 3.681,02, a rimborso degli oneri dell'azienda, per le stesse ragioni; (iii) degli Euro 6.915,00, a rimborso dei canoni di locazione (che pure erano a suo carico in forza del contratto) e della provvigione versata all'agenzia per l'acquisto della tabaccheria. 3.4. L'attore ha altresì richiesto la restituzione del doppio della caparra e dei vari acconti versati. Tale domanda, come meglio si vedrà, può essere accolta, nei limiti che si diranno, quale effetto dell'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, svolta dalla (...). 4. Si può procedere all'esame delle domande riconvenzionali proposte dalla convenuta. 5. La (...) ha chiesto (cfr. comparsa di risposta, pagg. 16) dichiararsi la risoluzione del contratto, ex art. 1453 c.c. per inadempimento del (...) perché questi (i) non avrebbe saldato gli ulteriori importi dovuti in acconto; (ii) si sarebbe rifiutato di procedere alla stipula del contratto definitivo, avendo comunicato dal luglio 2017 di non essere più interessato all'acquisto; (iii) avrebbe omesso di adempiere agli oneri di cui si era fatto carico per la gestione dell'attività, tanto che molte spese sarebbero state coperte dal (...). 5.1. Quest'ultimo inadempimento è rimasto indimostrato. Le contestazioni della (...) sono del tutto generiche sul punto, da ultimo anche in conclusionale (cfr. pag. 5). La documentazione prodotta dalla convenuta a dimostrazione dell'assunto (cfr. doc. 6) si riferisce in massima parte a pretesi versamenti di (...) successivi al luglio 2017, quando i rapporti tra le parti già erano degenerati e pacificamente il (...) aveva comunicato la propria volontà di non procedere alla stipula della cessione; per il resto, trattasi di documenti dal contenuto generico, che non dimostrano che gli effettivi insoluti siano specificamente riferibili al periodo di gestione di (...) o ai mesi precedenti. 5.2. È invece pacifico che (...) - che nella scrittura per cui è causa si era impegnato a versare varie somme in acconto prima della formalizzazione della vendita - abbia omesso di procedere ai versamenti degli acconti previsti. Nel contratto (cfr. doc. 7 attoreo), come detto, si dà atto che (...) aveva già corrisposto Euro 15.000,00 nel gennaio 2017 ed Euro 2.500,00 in contanti. Nella scrittura non si dà invece atto del fatto (ammesso dalla stessa (...), cfr. comparsa di risposta, pag. 3) che nel gennaio 2017 (...) aveva versato altri Euro 5.000,00 con un ulteriore bonifico. Da contratto (...) avrebbe tuttavia dovuto versare anche altri acconti tra cui Euro 5.000,00 a mezzo bonifico/assegno alla convenuta, entro il 30.5.2017, (cfr. art. 4, lett c) e, ancora, Euro 9.000, per cui venivano rilasciati 6 pagherò cambiari, che avrebbero dovuto essere versati tramite assegno circolare o bonifico entro il 20 di ogni mese. La convenuta ha riferito di aver incassato Euro 1.500,00, nei primi giorni di giugno 2017. L'attore non ha tuttavia provato o ancor prima allegato di aver proceduto a saldare le ulteriori rate, nel termine concordato, rendendosi inadempiente quindi ai propri obblighi verso la (...). 5.3. Ancora, è pacifico e non contestato che (...) abbia dichiarato, dal luglio 2017, di non voler procedere alla stipula del definitivo, rifiutandosi quindi di presentarsi, quando intimato, alla stipula dinanzi al Notaio designato dalla convenuta, rendendosi inadempiente anche sotto questo profilo alla scrittura del 22.5.2017. 5.4. L'attore ha sostenuto - sin dall'atto introduttivo e, invero, alquanto genericamente - che le ragioni per cui si sarebbe sottratto ai propri impegni erano rappresentati dall'anti-economicità della gestione (sul punto, l'attore ha riferito che non avesse accesso agli estratti conto della tabaccheria, alludendo alla circostanza che, diversamente da quanto affermato, il conto non fosse collegato solamente alla carta - adibita al solo versamento - consegnata al (...) - o utilizzato per i pagamenti di Rid/Sepa collegati, verso fornitori e enti per imposte etc., lasciando intendere che al conto corrente avrebbero avuto accesso anche altri soggetti - anche se non è dato comprendere se si trattasse della (...) - che lo depauperavano) e dal fatto che la convenuta avrebbe sostanzialmente iniziato a intessere una trattativa parallela per la rivendita della tabaccheria. 5.4.1. Il primo rilievo, oltre che generico, è del resto contraddetto dalla stessa condotta del (...). Questi ha sostenuto che sin da quando fu immesso nella gestione della tabaccheria (gennaio 2017), si sarebbe avveduto dell'eccessività degli esborsi che doveva sostenere per la tabaccheria/della sua non reddittività. Tuttavia - del tutto contraddittoriamente - l'attore avrebbe successivamente stipulato il preliminare per cui è causa (nel maggio 2017) senza peritarsi di prevedere, in contratto, delle disposizioni per meglio regolare la gestione/accesso al conto. La convenuta ha poi prodotto copia dell'estratto conto corrente della tabaccheria (cfr. doc. 8 convenuta, depositato con la 2a 183 c.p.c.), dal cui esame emergono effettivamente i vari versamenti addebiti Sepa/rid operati, senza che l'attore muovesse rilievi specifici su tale documentazione. 5.4.2. Il secondo rilievo è inconducente, perché, come visto, nel contratto del 22.5.2017 era stata espressamente prevista la facoltà per la convenuta di individuare un diverso acquirente e di procedere alla cessione in suo favore (acquirente che avrebbe dovuto restituire a (...) gli acconti, cfr. art. 11), sicché è del tutto irrilevante quando e se la (...) avesse avviato delle trattative con terzi. 5.5. Tanto chiarito, il mancato versamento da parte del (...) degli acconti concordati e il suo rifiuto di procedere alla stipula del definitivo costituiscono grave inadempimento dell'attore nell'esecuzione del contratto. Deve pertanto essere dichiarata la risoluzione del contratto di "promessa di vendita con riserva di proprietà" del 22.5.2017, per grave inadempimento del (...). 6. La (...) ha quindi chiesto condannarsi il (...) al risarcimento del danno - detratta la caparra confirmatoria e gli acconti versati da quest'ultimo - e in particolare (i) di un danno patrimoniale, costituito dal minor importo a cui avrebbe venduto l'azienda, successivamente, allo S. (Euro 31.500,00) rispetto al prezzo concordato con (...), per Euro 80.000; (ii) di un danno non patrimoniale, costituito dalla lesione alla salute cagionatole dalla vicenda, per Euro 20.000,00. La domanda è infondata, non avendo la convenuta provato il nesso tra gli asseriti inadempimenti del (...), oltre che i relativi danni (conseguenza/evento). 6.1. Quanto alla prima voce di danno, la convenuta sostanzialmente ha inteso sostenere che per effetto della mala gestio del (...), l'azienda poi ceduta allo S. si sarebbe deprezzata, "obbligandola" a cederla ad un valore di gran lunga inferiore rispetto a quella concordato col (...). Va ribadito che la convenuta non ha provato quanto sostenuto, vale a dire che il (...) avrebbe inadempiuto alla regolare gestione dell'azienda. Peraltro, la convenuta non ha allegato alcun elemento per provare gli asseriti danni lamentati. Del tutto irrilevanti i valutativi e generici capitoli di prova, di cui la (...) ha chiesto l'ammissione (da ultimo nelle conclusioni su riportate). Sotto il profilo documentale, la (...) si è limitata a produrre sub. doc. (...), allegato alla seconda memoria ex art. 183, co. 6 c.p.c. un semplice conto economico, afferente comunque alla sola annualità 2016: per vagliare il dedotto calo di reddittività e perdita di avviamento dell'azienda, avrebbe dovuto fornire documentazione relativa anche all'annualità in cui, per sei mesi, (...) partecipò alla gestione - 2017 - ed anche alle annualità precedenti, per verificare se effettivamente la perdita di valore dell'azienda possa dirsi ricollegabile alla dedotta mala gestio (comunque non provata) o a fattori ulteriori. 6.2. La domanda da risarcimento del danno non patrimoniale è rimasta, oltre che genericamente allegata, del tutto indimostrata (avendo la convenuta prodotto una mera prescrizione medica, peraltro incompleta, basata sulla dichiarazione della stessa parte, attestante genericamente lo stress/preoccupazione della convenuta, senza il minimo riferimento alla sussistenza di un danno biologico, anche di carattere psichico, giuridicamente apprezzabile, cfr. doc. 6 convenuta). 7. L'attore aveva richiesto anche la restituzione della caparra confirmatoria (il doppio di Euro 15.000,00 cfr. doc. 7 attoreo, art. 4, lett. a), perché nella sua prospettazione, la risoluzione era imputabile alla (...)) e agli acconti corrisposti in esecuzione del contratto risolto. La domanda deve essere accolta (con la precisazione che, per la domanda relativa alla caparra, la restituzione dovrà avere ad oggetto unicamente la caparra e non il suo doppio, non essendo stato provato l'inadempimento della (...)), quale conseguenza restitutoria della risoluzione del contratto ex art. 1458 c.c. Non osta a tale conclusione la circostanza che la (...) sia risultata adempiente al contratto, posto che la convenuta non si è limitata a far valere il recesso e diritto di trattenere la caparra, ex art. 1385 c.c., ma come visto ha inteso richiedere la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. e il risarcimento del danno ulteriore (danno tuttavia non dimostrato). È opportuno rammentare che ai sensi dell'art. 1385 c.c. la parte non inadempiente di un contratto in cui sia stata prevista la dazione di una caparra confirmatoria, può scegliere di recedere dal contratto, ritenendo la caparra (se si tratta del soggetto che l'ha ricevuta) o esigendo il doppio (se si tratta del soggetto che l'ha data). L'art. 1385 co. 3 c.c. prevede che se la parte non inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione, il risarcimento è regolato dalle norme generali. Limitando l'analisi a quanto rileva per il giudizio, sulla base del quadro normativo e in considerazione della funzione della caparra - mezzo di autotutela per la parte e anche liquidazione anticipata e convenzionale del danno - la giurisprudenza (cfr. in particolare Cass. Sez. U, sent. n. 553 del 14/1/2009) ha chiarito che domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. e domanda volta a far accertare il recesso ex art. 1385 c.c., pur presupponendo entrambe l'inadempimento dell'altra parte, si caratterizzano per disomogeneità funzionali, rendendo incompatibili tra loro i due rimedi. Ne discende che la parte che si assume adempiente ha due opzioni: esercitare il recesso ex art. 1385 c.c. e trattenere la caparra (o chiedere la restituzione del doppio) o richiedere sentenza costitutiva ex art. 1453 c.c. e agire per il ristoro integrale del danno, rinunciando in tal caso alla liquidazione convenzionale del danno costituito dalla caparra, che potrà eventualmente essere trattenuta quale anticipo sul maggior danno, se provato: ciò se ad agire ex art. 1453 c.c. è la parte adempiente che ha ricevuto la caparra, che - in disparte della possibilità che venga trattenuta quale acconto sul maggior danno - andrebbe restituita per effetto degli effetti restitutori della risoluzione giudiziale (cfr. in tal senso Cass. Sez. II - , Sentenza n. 20957 del 8/9/2017); mentre se invece ad agire ex art. 1453 c.c. è la parte che ha dato la caparra, nel caso in cui all'esito del giudizio venga dichiarata la risoluzione del contratto, la parte avrà diritto alla restituzione della caparra, in conseguenza degli effetti restitutori e al risarcimento del danno, se provato (cfr. in tal senso, Cass. Sez. II, sent. n. 8571 del 27/3/2019). Non avendo la convenuta dimostrato i danni richiesti, sarà quindi tenuta, ex art. 1458 c.c., a restituire al (...) caparra e acconti versati (che non a caso, venivano scomputati dalla convenuta, nel quantificare le proprie richieste risarcitorie, cfr. comparsa di risposta, pag. 20). Conseguentemente, la convenuta dovrà essere condannata alla restituzione di caparra e acconti per Euro 24.000,00, essendo stato dimostrato ed ammesso dalla stessa (...) che (...) versò detto importo (di cui 15.000,00 di caparra, altri 7.500,00 per acconti che la convenuta ha ammesso di aver percepito, ancor prima della conclusione del contratto - cfr. da ultimo conclusionale, pag. 15 - a cui vanno aggiunti gli ulteriori Euro 1.500,00 - pari al valore della prima rata degli Euro 9.000,00 di acconti, garantiti da cambiali, che l'attore avrebbe dovuto versare mensilmente ex art. 4, lett. d) del contratto e che la (...) ha ammesso di aver percepito, portando all'incasso la cambiale, cfr. comparsa di risposta, pag. 6). Quanto agli interessi, all'esito del giudizio non è stata dimostrata la mala fede della convenuta ex art. 2033, co. 2 c.c. Conseguentemente, gli interessi legali saranno dovuti dal momento della domanda. 8. In considerazione della soccombenza reciproca, essendo state rigettate ed accolte solo alcune delle contrapposte domande svolte, sussistono giustificate ragioni per compensare integralmente le spese di lite tra le parti (cfr. Cass. SU n. 32061/2022). 9. Non può poi essere accolta la richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. dell'attore articolata, peraltro genericamente, dalla convenuta in considerazione dell'esito complessivo del giudizio, in cui il (...) non è risultato del tutto soccombente, posto che "La responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. integra una particolare forma di responsabilità processuale a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, sicché non può farsi luogo all'applicazione della norma nel caso di soccombenza reciproca" (Cass. Sez. I sent. n. 24158 del 13.10.2017; in tal senso, cfr. Cass. Sez. VI - Ord. n. 32090 del 9.12.2019). P.Q.M. Il Tribunale di Vicenza, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede: - rigetta la domanda attorea, diretta alla declaratoria di risoluzione del contratto di "promessa di vendita con riserva di proprietà" concluso da (...) e (...) il 22.5.2017 per grave inadempimento della (...); - in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale della convenuta, dichiara risolto il contratto di "promessa di vendita con riserva di proprietà" concluso da (...) e (...) il 22.5.2017 per grave inadempimento del (...); - rigetta per il resto le domande riconvenzionali della convenuta; - per effetto della risoluzione, in parziale accoglimento delle domande attoree, condanna (...) al pagamento in favore di (...) di Euro 24.000,00, oltre interessi legali dall'introduzione del presente giudizio al saldo; - rigetta la domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. dell'attore, formulata dalla convenuta; - dichiara le spese di lite del presente giudizio interamente compensate tra le parti. Così deciso in Vicenza il 24 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2023.

  • REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI VICENZA IL GIUDICE ISTRUTTORE IN FUNZIONE DI GIUDICE UNICO SILVANO COLBACCHINI ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado, promossa DA (...) SRL (CF: (...)) (...) (CF: (...)) (...) (CF: (...)) (...) (CF: (...)) (...) (CF: (...)) con l'avv. Al.Ra. CONTRO (...) SPA (CF: (...)) con gli avv.ti Pa.St.e Gi.La. in punto: bancari (opposizione a decreto ingiuntivo) e nella causa (n.7378/2018 R.G.) alla prima riunita, promossa da (...) SRL (CF: (...)) con l'avv. Al.Ra. CONTRO (...) SPA (CF: (...)) con gli avv.ti Pa.St. e Gi.La. in punto: opposizione a precetto SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Su ricorso della (...) spa il tribunale, con decreto n. 1051/2018, ingiungeva a (...), (...), (...), (...) srl e (...) di pagare alla ricorrente: i primi quattro la somma di Euro 337.692,46, oltre ad accessori; la quinta la somma di Euro 140.000,00, oltre ad accessori, giusta saldi debitori di due contratti di mutuo e di un contratto di conto corrente stipulati con (...) srl di cui gli altri ingiunti si erano costituiti fideiussori. Avverso tale decreto proponevano opposizione gli ingiunti deducendo: il collegamento tra il contratto di mutuo e il contratto di conto corrente; l'applicazione nel corso del rapporto di interessi passivi, spese e commissioni non espressamente previsti; l'inopponibilità della fideiussione rilasciata da (...) (in quanto illeggibile); l'invalidità delle fideiussioni 15/10/2006 e 3/4/2012 in quanto collegate al contratto di conto corrente (nullo perché sprovvisto della forma scritta ad substantiam); l'illegittimità della segnalazione a sofferenza. Chiedevano, pertanto: la revoca del decreto ingiuntivo opposto, la rideterminazione del saldo, la declaratoria di invalidità del conto corrente e delle fideiussioni, la cancellazione della segnalazione a sofferenza, instando, altresì, in via riconvenzionale, per la condanna della Banca alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La Banca opposta, costituitasi nelle forme di rito, contestava punto per punto le argomentazioni ex adverso dedotte e chiedeva il rigetto dell'opposizione. Con distinto atto di citazione in opposizione a precetto (...) srl conveniva davanti a questo tribunale la (...) spa esponendo: - che le era stato notificato atto di precetto sulla base degli stessi titoli (mutui) dedotti a fondamento del decreto ingiuntivo; - che la pretesa creditoria della precettante era inficiata dalle stesse gravissime illegittimità già illustrate nell'atto di opposizione al decreto ingiuntivo. Tanto premesso l'opponente chiedeva che, previa sospensione dell'efficacia esecutiva del precetto e del titolo, l'azione promossa dalla controparte fosse dichiarata improcedibile ovvero che la causa venisse riunita a quella precedentemente instaurata. La Banca opposta si costituiva nelle forme di rito deducendo la legittimità della propria iniziativa giudiziale e chiedendo il rigetto dell'opposizione. Con Provv. 11 dicembre 2018 il giudice istruttore sospendeva l'efficacia esecutiva del precetto. Dopo il provvedimento presidenziale ex art. 274 c.p.c. la causa, 'contenuta' in quella precedentemente instaurata, non aveva più alcun ulteriore sviluppo. Acquisita la documentazione offerta, concessa la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, disposta ctu contabile esaurite le incombenze di rito, la causa, ritenuta matura, all'udienza del 18/10/2022 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti nei termini in rubrica trascritti. MOTIVI DELLA DECISIONE Il ctu dottor Cornelio Ponso in risposta al quesito sottoposto ad indagine: "Esaminati gli atti e assunta ogni opportuna informazione, determini il ctu il credito vantato dall'istituto bancario nei confronti degli opponenti attenendosi ai seguenti principi di diritto: ANATOCISMO -per il periodo antecedente alla deliberazione del CICR del 9/2/2000 non è ammessa la capitalizzazione degli interessi se nonalle condizioni previste dall'art. 1283 cod. civ. (interessi dovuti per almeno sei mesi e convenzione posteriore alla loro scadenza); -per il periodo successivo alla deliberazione del CICR del 9/2/2000 può farsi luogo alla capitalizzazione degli interessi maturati a condizione che eguale periodizzazione venga prevista sia per gli interessi passivi che per gli interessi attivi; INTERESSI -il tasso di interesse va calcolato sulla base degli accordi intercorsi tra le parti; in assenza di accordi trova applicazione il tasso legale ovvero (per i contratti stipulati in data successiva al 10/3/1992) il tasso stabilito dall'art. 117, 7 comma lett. a) T.U.B. (i tassi attivi sono quelli a favore del cliente); -il tasso effettivo applicato va calcolato tenendo conto delle commissioni (ivi compresa la commissione di massimo scoperto) e di ogni altra remunerazione e onere direttamente connessi al prestito; USURA (criteri da utilizzare a decorrere dal 1/4/1997) -il tasso-soglia usurario va determinato sulla base dei tassi medi di interesse rilevati dalla (...) incrementati dei tassi medi delle commissioni di massimo scoperto (ove oggetto di distinta rilevazione); -se gli accordi tra le parti prevedono l'applicazione di interessi usurari non è dovuto alcun interesse, anche nell'ipotesi in cui il tasso, originariamente usurario, cessi successivamente di esserlo;-se gli accordi tra le parti prevedono l'applicazione di interessi che, al momento della pattuizione, non erano superiori al tasso-soglia usurario, nel caso in cui tali interessi vengano successivamente ad assumere carattere usurario si dovrà provvedere a ridurli al tasso-soglia (semprechè, ovviamente, gli interessi concretamente applicati dall'istituto bancario siano superiori al tasso-soglia); -se gli accordi tra le parti prevedono l'applicazione di tassi non superiori al tasso-soglia usurario e se l'istituto bancario applica di fatto dei tassi usurari si dovrà procedere al ricalcolo degli interessi sulla base degli accordi intercorsi; PRESCRIZIONE (ove eccepita) -il termine decennale di prescrizione va computato a far data dai singoli versamenti (tali dovendosi considerare solamente quelle rimesse che non si limitano a ripristinare la provvista -in ipotesi di apertura di credito- ma che eliminano un debito immediatamente esigibile da parte della Banca); -qualora le movimentazioni del conto siano oggetto di ricalcolo l'individuazione dei versamenti va effettuata sulla base delle movimentazioni ricalcolate." ha formulato, sulla base di condivisibili considerazioni da ritenersi qui recepite, le seguenti conclusioni: "...il sottoscritto CTU deve precisare che vi è disallineamento temporale tra la data della risoluzione unilaterale del rapporto di conto corrente n.(...) e di tutti gli altri rapporti in essere, ivi compresi i due mutui ipotecari (dicembre 2017) e quelle del limitetemporale dei conteggi effettuati che, in base alla documentazione in atti, si ferma al 2 trimestre 2015. Per questo la risposta è che la somma ingiunta dalla Banca deve essere decurtata di complessivi Euro 5.462,97, di cui Euro 4.453,10 relativi al ricalcolo di interessi, spese e competenze del conto (...) - linea "apertura di credito in c/c" ed Euro 1.009,87 linea "anticipi e sconti"" Sulle altre questioni sollevate dagli opponenti il giudicante osserva: 1. Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione per soddisfare il requisito della forma scritta ad substantiam prescritta per i contratti bancari è sufficiente la firma del cliente. 2. Contrarre un debito per estinguerne un altro è operazione del tutto usuale nel mondo economico. I motivi di una tale operazione possono essere i più vari: sostituire un debito a breve con un debito a lunga scadenza; profittare di un tasso di interesse più favorevole; evitare che un creditore faccia valere la propria pretesa fornendo allo stesso adeguate garanzie; etc. Pertanto, nessun profilo di nullità è dato ravvisare nel fatto che i finanziamenti concessi a (...) dalla Banca siano andati a ridurre/estinguere posizioni debitorie che il mutuatario aveva nei confronti della stessa Banca. 3. Le nullità (dei mutui e delle fideiussioni) prospettate dagli opponenti come conseguenza della nullità del contratto di conto corrente non sussistono attesa la piena validità di quest'ultimo. Per tali motivi, previa revoca del decreto ingiuntivo opposto nei confronti di (...), (...), (...), (...) srl, gli stessi vanno condannati al pagamento in favore della (...) spa della somma di Euro 332.229,49, oltre ad interessi come da ricorso monitorio nel rispetto dei limiti di legge. L'opposizione proposta da (...) va invece respinta. Gli opponenti vanno condannati alla rifusione nei confronti della Banca dei tre/quarti delle spese di lite, procedendosi per la rimanente parte a compensazione atteso il parziale accoglimento dell'opposizione. Le spese della ctu vanno poste per un quarto a carico della Banca e per la rimanente parte a carico degli opponenti. P.Q.M. definitivamente pronunciando nella causa di opposizione avverso il decreto ingiuntivo n.1051/2018 proposta da (...), (...), (...), (...) srl e (...) contro la (...) spa, e nella causa (alla prima riunita) di opposizione a precetto proposta da (...) srl contro la (...) spa, ogni altra o diversa domanda respinta, così decide: RIGETTA l'opposizione proposta da (...) siccome infondata. REVOCA nei confronti di (...), (...), (...), (...) srl il decreto ingiuntivo opposto. CONDANNA (...), (...), (...), (...) srl al pagamento in favore della (...) della somma di Euro 332.229,49, oltre ad interessi come da ricorso monitorio e nel rispetto dei limiti di legge. CONDANNA gli opponenti al pagamento in favore della Banca opposta di tre/quarti delle spese del presente giudizio, le quali si liquidano d'ufficio - per l'intero- in complessivi Euro 15.000,00 per compenso professionale, oltre a spese generali e ad accessori di legge. COMPENSA la rimanente parte. PONE le spese della ctu, come liquidate in atti, per un quarto a carico della Banca opposta e per la rimanente parte a carico degli opponenti. Così deciso in Vicenza il 19 gennaio 2023. Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2023.

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